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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

OTTOBRE 1997

 

 

MERCOLEDI’ 1 OTTOBRE 1997

"Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo". (Lc. 9,58)

Fa impressione pensare che Gesù, Figlio di Dio, Signore dell’universo, non abbia un posto dove posare il capo. Questo ci indica, prima di tutto, l’ansietà di Dio nel venirci a cercare, poi il distacco di Gesù dalla materialità delle cose e soprattutto il suo desiderio di trovare dimora presso il nostro cuore. A Gesù non serve una casa, non servono neppure le chiese se dietro non ci sono dei cuori disposti ad accoglierlo. Gesù cerca noi. E viene a noi come un povero. Ma viene a noi per portarci se stesso, cioè tutto. Non preoccupiamoci neppure se la nostra casa è in perfetto ordine o se ancora solo un tugurio; a mettere in ordine ci penserà Lui se noi lo accogliamo. Pensiamo a Zaccheo, quell’esattore delle tasse anche un po’ ladro, che una volta accolto Gesù in casa sua riesce a cambiar vita e a restituire il maltolto.

 

 

GIOVEDI’ 2 OTTOBRE 1997

"I loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli". (Mt. 18,10)

La devozione all’angelo custode non è soltanto una "pia pratica" per tener buoni i bambini. Di angeli ci parla la Bibbia e Gesù, nel vangelo di oggi, ci ricorda che i nostri angeli vedono il volto di Dio. A me piace invocare l’angelo custode in questo senso. Lui ha ricevuto da Dio un incarico nei miei confronti. Lui conosce il mio agire, ma nello stesso tempo lui vede il volto di Dio, conosce la sua volontà su di me. E allora, lo prego più o meno così: "Tu che vedi continuamente Dio, lodalo per me. Io, oggi, avrà tante cose da fare, non potrò sempre ricordarmi di Lui, tu però portami continuamente alla sua presenza. Tu, in Dio, sai qual è il suo progetto su di me, aiutami a capirlo e a rendermi disponibile ad accogliere le sue grazie. Tu conosci le mie debolezze, fa’ che abbia la capacità di affrontarle. Prendimi per mano e fa che con te, spirito amato, anch’io possa arrivare a vedere e lodare Dio per l’eternità".

 

 

VENERDI’ 3 OTTOBRE 1997

"Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato". (Lc. 10,16)

Gesù si fida proprio fino in fondo di noi! Ci rende suoi rappresentanti su questa terra fino al punto da identificarsi con noi. Certo dobbiamo fare attenzione a non sentirci per questo invulnerabili, dobbiamo non correre il rischio di fare come certi uomini di Chiesa che pensano di poter dottoreggiare su tutto e che spesso fanno passare per parola di Dio i loro balbettamenti o le loro idee personali, ma abbiamo la garanzia e la grande responsabilità di rappresentare a pieno titolo Gesù. Chi non crede, chi è alla ricerca di Gesù, ha il diritto di esigere di vedere in noi la sua presenza. Chissà se sentendomi parlare riescono a percepire la profondità della sapienza, della dolcezza di Gesù, chissà se vedendomi pregare colgono un amore profondo per Dio, se vedendomi nei miei rapporti quotidiani con il prossimo riescono a vedere l’amore di Gesù che si china verso tutti, che lava i piedi ai suoi discepoli, che perdona i suoi persecutori?

 

 

SABATO 4 OTTOBRE 1997

‘Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". (Mt. 11,25)

Ieri pensavamo al fatto che il cristiano dovrebbe essere un "altro Cristo". Oggi, la figura di Francesco ci dice che questo è possibile. Francesco si è lasciato prendere da Gesù, si è talmente identificato a Lui da incarnano completamente per il suo tempo e da riportarne addirittura visivamente nel suo corpo i segni della passione. Noi non siamo chiamati ad imitare Francesco copiandone la sua santità. Lui aveva doni e limiti suoi propri. Ma Francesco ci dice che noi, con i nostri limiti e con i nostri doni, possiamo concretizzare per noi e per gli altri la presenza di Gesù. Francesco ha preso sul serio il Vangelo e anche a noi questa parola è data non per essere solo letta o ammirata, ma perché accolta trasformi la vita. Francesco trovava forza e conforto nei sacramenti e noi abbiamo questi doni. Francesco amava la semplicità, la natura e, se vogliamo, anche noi natura e semplicità parlano di Dio. Tutto è a nostra disposizione affinché possa realizzarsi per noi il progetto di Dio. Per riprendere una frase di don Bosco: "La stoffa c’è, il sarto è disponibile, sta a noi accettare di confezionare e indossare un buon vestito".

 

 

DOMENICA 5 OTTOBRE 1997

"E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?... Per lo durezza del vostro cuore, Mosè scrisse questa norma". (Mc. 10,2.5)

Un mio amico prete, durante un’omelia ha detto: "In Italia, oggi, ci sono tre sacramenti" del matrimonio. Il primo, il più frequente, è la convivenza, poi c e il matrimonio civile, poi c’è anche il matrimonio religioso ". E’ una frase provocatoria, ma che rispecchia, purtroppo, la realtà. Oggi il matrimonio, per molti, è svilito, ridotto al "fin che la va, la va", anche i figli spesso sono ridotti a un accessorio. Non sarà proprio "per la nostra testa dura"? Perché ci siamo dimenticati di Dio, perché piacere e divertimento sono diventati il nostro idolo, perché il tradimento non è più un male ma una forma di "libertà", perché il divorzio è legge che difende i diritti. Gesù non scende a compromessi con il suo tempo, dice bene al bene e male al male, per Lui il peccato è peccato e non errore. Non si tratta di adattarsi alle mode per rendere la religione moderna, si tratta di riscoprire i valori che ci sono dietro alle scelte e alle indicazioni del Vangelo.

 

 

LUNEDI’ 6 OTTOBRE 1997

"Il sacerdote vide l’uomo ferito, ma passò oltre". (Lc. 10,31)

Chissà perché, nelle parabole di Gesù sono sempre sacerdoti, leviti, farisei, ricchi a fare figure meschine? Non è i che Gesù non possa vedere queste categorie di persone, per altro importanti nel cammino religioso e sociale del suo popolo. Gesù parla di queste categorie di benpensanti, teologi, persone che contano perché sono le categorie più a rischio di ipocrisia, di asservimento alla ricchezza e al potere. Sono ieri, come oggi, le persone che "sanno , che "possono", quelle che rischiano di non incontrare più né Dio, né il i prossimo. Infatti il sacerdote e il levita pur di non perdere la possibilità i di realizzare il proprio programma religioso, attraversano la strada. li loro itinerario spirituale non tollera ritardi. I doveri legali stanno al di sopra delle necessità del fratello, al di sopra del cuore, della compassione, della tenerezza. E’ la grande illusione di arrivare a Dio scavalcando il prossimo, di incontrare Dio senza incontrare il fratello.., e questa è anche una tentazione per ciascuno di noi.

 

 

MARTEDI’ 7 OTTOBRE 1997

"Una donna di nome Marta lo accolse nella sua casa". (Lc. 10,38)

Una delle esperienze più belle della vita è avere degli amici. Ti trovi bene quando sei con loro, sai che se vai a trovarli sei bene accolto, non disturbi, sai di poter contare su di loro, sai che condividere con loro una gioia non significa sminuirla ma aumentarla. Gesù ha provato questa gioia. Quella casa di Betania era sempre aperta per Lui e i suoi apostoli. Con Lazzaro si poteva parlare liberamente, Maria pendeva dalle labbra di Gesù, Marta era sempre pronta a farsi in quattro perché l’ospitalità fosse gradevole e gli invitati, oltre che a trovarsi a proprio agio, potessero gustare anche un buon pranzo. Gesù, l’amico di tutti, ha avuto degli amici in particolare. Mi chiedo se Gesù si trova altrettanto bene con me. Sono disponibile ad accoglierlo in casa mia? E’ uno che non disturba mai? Condivido con Lui le mie gioie e le mie pene? Sto ad ascoltarlo? Gioisco a mia volta della sua amicizia?

 

 

MERCOLEDI’ 8 OTTOBRE 1997

"Signore, insegnaci a pregare". (Lc. 11,1)

Quanti libri sono stati scritti sulla preghiera!

lo stesso ho scritto tante volte su questo argomento in quanto credo che ogni cristiano sia convinto dell’importanza del suo rapporto con Dio. Ma come pregare? Una volta ero convinto anch’io ci fossero scuole e tecniche di preghiera; oggi, pur non disprezzando chi può trasmettermi una sua esperienza, parto da un altro punto di vista. Quando due persone si vogliano bene, amano stare insieme, hanno bisogno di comunicare, di fare insieme delle cose. Due innamorati cercano tutti i minuti liberi per stare insieme. Due sposi che si vogliono bene, anche se ormai si conoscono da lungo tempo, non si diranno continuamente: "Ti amo", ma il loro dialogare, il loro scegliere, i loro stessi silenzi tengono sempre presente l’altro. La preghiera, penso sia questo nostro stare insieme con Dio, riconoscere chi è Colui che ci ama, dirgli sì delle cose, ma soprattutto star bene con Lui. E quando Gesù risponde alla domanda degli apostoli insegnando il Padre Nostro, ci indica proprio questa strada.

 

 

GIOVEDI’ 9 OTTOBRE 1997

"Il Padre darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono". (Lc. 11,13)

Siamo alla conclusione di tutto il discorso di Gesù sulla preghiera e ci viene chiaramente indicato chi dobbiamo chiedere: Lo Spirito di Gesù. Dio che si è compiaciuto di suo Figlio Gesù vuole regalarci il suo Spirito. Se noi abbiamo lo Spirito di Gesù, lo Spirito della Verità, ci avviciniamo sempre più al pensiero di Dio. Se abbiamo lo Spirito Consolatore, non ci sentiamo soli neanche nel momento in cui certe nostre richieste non sono accettate. Se abbiamo lo Spirito d’Amore, impareremo da Lui ad amare. Se abbiamo lo Spirito della Vita, ameremo la vita e guarderemo con più ottimismo alle creature. Se Dio ci dona lo Spirito della Gioia, la sua forza ci renderà sereni e la nostra fiducia in Dio sarà rinnovata. Ma noi lo chiediamo con sincerità e disponibilità lo Spirito Santo o siccome Egli è fuoco quando ci viene dato, per paura di bruciarci, ci scansiamo velocemente?

 

 

VENERDI’ 10 OTTOBRE 1997

"Chi non raccoglie con me, disperde". (Lc. 11,23)

Vi chiedo scusa se vi ripropongo un commento già scritto alcuni anni fa ma che, come parabola, mi sembra ancora valida. C’era una volta una parrocchia dove tutti avevano il loro ruolo: gli anziani erano riconosciuti per la loro esperienza, dicevano il Rosario e c’era anche qualche giovane che pregava con loro; senza arie di sufficienza i poveri venivano accolti ogni ora del giorno e, a parte qualche sbuffo per quelli un po’ troppo insistenti, si dava loro qualcosa e soprattutto, qualcuno li ascoltava; gli sposi trovavano cordialità in mezzo alle carte da preparare e riuscivano persino a capire, anche quelli che in chiesa non ci mettevano piede da anni, che il matrimonio era un segno serio, gioioso, bello, in cui Dio c’entrava. I malati sapevano di non essere abbandonati e qualcuno andava a trovarli. La domenica si celebrava volentieri l’Eucaristia, e anche se non si conoscevano, tutti i partecipanti trovavano una parola che veniva da lontano e un Pane misterioso che dava forza nel presente. Ma successe che alcuni cominciarono a dire che la fede va organizzata, si riunivano per parlare degli altri, dimenticando gli altri, per parlare di fede, dimenticando Gesù; organizzarono la carità e i poveri trovavano ad orario i burocrati della carità. Gli sposi subivano il corso prematrimoniale, alla domenica si trovava la più bella teologia ma non più l’accoglienza. Vennero personaggi illustri, ma la gente comune se ne andò a vivere la sua povera fede, altrove.

 

 

SABATO 11 OTTOBRE 1997

"Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano". (Lc. 11,28)

Mi sono tolto la curiosità di andare a vedere quante volte viene usato il termine "beati" nel Nuovo Testamento. Esso ricorre 50 volte di cui 25 volte proprio sulle labbra di Gesù. Dio porta beatitudine. Beati sono i poveri, i miti, gli afflitti, i puri, i costruttori di pace, i perseguitati a causa della giustizia... Beato è quel servo che il padrone troverà vigilante al suo ritorno... Beata è Maria che ha creduto al compimento delle parole che le sono state dette... Beati sono gli occhi che vedono il Salvatore... Beato sei tu se hai prestato qualcosa a qualcuno che non te lo può rendere... Beato è colui che mangerà nel Regno di Dio... Beati voi perché i vostri nomi sono scritti in cielo... E beati, come dice il vangelo di oggi, coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Ci accorgiamo allora che la beatitudine di Gesù non è un semplice augurio, non è neanche una parola dettata da invidia: "beato te perché hai tante cose", non è neanche felicità come viene comunemente intesa, in quanto un sofferente non è propriamente felice. La beatitudine di Gesù è lo stato di vita di colui che ha incontrato Dio, si lascia amare da Lui, si fida di Lui ai di là di ogni cosa, è pieno di Lui. E’ beato perché ha Gesù che è la beatitudine.

 

 

DOMENICA 12 OTTOBRE 1997

"E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che I un ricco entri nel Regno dei cieli". (Mc. 10,25)

Ma la ricchezza è poi proprio così terribile? L’Antico Testamento Vedeva l’uomo agiato come un benedetto da Dio, Gesù invece sembra quasi considerarla una maledizione che allontana dal Regno. Gesù beatifica i poveri e dice "Guai" ai ricchi non perché in sé la povertà sia una buona cosa e la ricchezza un male, ma perché Gesù conosce l’uomo e le sue debolezze. Sa che quando uno si attacca alle ricchezze, esse diventano il fine della sua vita, una schiavitù possessiva alla quale si sacrifica tutto il resto, un idolo che non dà più spazio a Dio. Le cose di questa terra sono buone o cattive a seconda del senso e dell’uso che l’uomo loro attribuisce. Si può essere poveri incattiviti, o aperti alla Provvidenza di Dio, ma molto più difficilmente ricchi aperti al prossimo e a Dio. In qualunque situazione ci troviamo, agiatezza, ricchezza, povertà, chiediamoci come le cose di questo mondo sono viste e usate da noi. Se i soldi e le cose sono più importanti di noi stessi, del prossimo o di Dio... è ora di cominciare a fare un po’ di pulizia.

 

 

LUNEDI’ 13 OTTOBRE 1997

"Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno". (Lc. 11,29)

Sembra strano che questa folla che aveva assistito alle guarigioni operate da Gesù, cerchi ancora portenti per dare fiducia a Lui. Eppure è sempre cosi. C’è sempre il desiderio di qualcosa di straordinario, di miracolistico, quando si fonda la fede unicamente sull’esteriorità. Pensate a noi che ancora oggi corriamo dietro ai "miracoli" del santo tal dei tali, o che partecipiamo a quel gruppo di preghiera perché lì avvengono portenti e guarigioni. E non ne abbiamo mai basta. Gesù chiama "malvagia" la generazione che cerca i segni per i miracoli e non riesce a vedere Colui che è il. miracolo dell’amore di Dio. Il vero credente, pur non misconoscendo il ruolo del miracolo, non richiede altri segni, poiché scopre nella stessa persona di Cristo, uomo - Dio, la presenza discreta e l’intervento di Dio.

 

 

MARTEDI’ 14 OTTOBRE 1997

"Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo". (Lc. 11,41)

Quanti problemi e casistiche morali hanno riempito nei secoli i libri di teologi e moralisti, quante disquisizioni sottili per stabilire: "fin qui è lecito, più in là è peccato". E i "buoni" si attengono alle norme per "guadagnarsi il paradiso". Eppure Gesù è chiaro: non conta il formalismo, conta il cuore. La purezza di cuore non è legata alle esteriorità formali della legge, anche se queste potrebbero essere un aiuto, ma è legata al dare agli altri ciò che vi è dentro. Cioè Gesù dice: "Liberatevi dalla preoccupazione di "acquisire la virtù" per una perfezione individuale, e rendetevi disponibili, con semplicità, all’incontro con ogni persona, liberatevi dalla religiosità della fredda osservanza, da quella della paura e lasciate che il vostro cuore ripieno di Dio debordi e vi conduca per strade nuove con la fantasia dello Spirito Santo che abita in voi

 

 

MERCOLEDI’ 15 OTTOBRE 1997

"Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza". (Rom. 8,26)

La figura di Santa Teresa d’Avila e della sua profonda spiritualità ci aiuta a comprendere meglio la frase di San Paolo che meditiamo oggi. La nostra materialità non ci permette da soli di elevarci fino alla pienezza della nostra umanità chiamata a "vedere Dio". Ma noi, grazie a Gesù, siamo tempio dello Spirito Santo, ed è proprio lo Spirito di Gesù ad elevarci e darci la possibilità di entrare nel mistero di Dio. E’ grazie a Lui che noi "siamo, viviamo, ci muoviamo", e grazie a Lui che possiamo dire "Gesù è Signore e che possiamo chiamare Dio: "Abbà, Padre". E’ ancora lo Spirito che ci fa pregare e che ci dà la grazia nei sacramenti. E’ lo Spirito dell’Amore che può aiutarci a riconoscere nel prossimo dei fratelli. Come fare ad avere lo Spirito? Senz’altro invocandolo nella preghiera, ma anche cercando di "rivestirci di Cristo", cioè conoscendo di più Gesù e lasciando che poco per volta il suo modo di pensare e di agire diventi il nostro.

 

 

GIOVEDI’ 16 OTTOBRE 1997

"Guai a voi che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi". (Lc. 11,47)

Due possono essere gli atteggiamenti nei confronti del passato. Quello di considerarlo "tutto sbagliato, perché oggi siamo noi il progresso" e quello di esaltarlo con una forma tale di nostalgia che giustifichi il nostro non poterne essere all’altezza. Anche dal punto di vista cristiano spesso ci sorprendiamo a dire: "I nostri padri, i nostri nonni, sì che erano dei buoni cristiani... si confessavano sovente, andavano ai vespri la domenica, allora c’erano delle bellissime feste religiose... Anche i predicatori d’allora, sì che sapevano fustigare il male, erano dei veri profeti.. Ma, noi, sappiamo ascoltare i profeti di oggi? Partecipiamo ai sacramenti che la Chiesa ci offre? Non ci accontentiamo, forse, anche noi di "costruire tombe" agli uomini del passato, alle usanze del passato, invece di prendere sul serio le numerose esigenze di incarnare il Vangelo nel quotidiano? Per noi, la Chiesa è un "mausoleo", un museo, un cimitero o essa è viva perché tale la rendiamo ed ha un progetto di futuro? Il nostro Dio è il Dio dei morti o dei viventi?

 

 

VENERDI’ 17 OTTOBRE 1997

"Guardatevi dal lievito dei farisei che è l’ipocrisia". (Lc. 12,1)

Ha un bel coraggio Gesù a prendere pubblicamente questa posizione! Non dimentichiamo che i farisei erano veramente i notabili di quel tempo... osservanti minuziosi della Legge... culturalmente preparati, esperti in questioni religiose. Gesù, non rimprovera loro queste qualità. Ma non può sopportare il loro orgoglio, il disprezzo per i piccoli, per questa folla che "non sa bene il catechismo", che non ha capito le teorie complicate e gli obblighi numerosi e complessi di coloro che si reputano i "dirigenti" del popolo. Il grande pericolo, il "cattivo lievito" di tutti coloro che pretendono di dirigere e consigliare gli altri è l’ipocrisia, è il presumere di essere diversi da ciò che si è, è rappresentarsi secondo i modelli in voga nel proprio ambiente, è approfittare delle debolezze altrui per emergere. Anche a noi, Gesù dice: "Guardati da ogni piccola ipocrisia: è un lievito che cresce; guardati da vivere secondo schemi preconfezionati e slogan; guardati dallo spirito di sufficienza orgogliosa; fai bene attenzione a te stesso quando pensi di essere perfetto e detentore della verità.

 

 

SABATO 18 OTTOBRE 1997

"Non salutate nessuno lungo la strada". (Lc. 10,4)

Sappiamo tutti ormai che questo comando di Gesù dato ai primi missionari non è un invito alla maleducazione, ma alla serietà del linguaggio e dei rapporti che manifesti la realtà dell’annuncio e la serietà della vita. Mi sembra che in parole povere Gesù voglia dirci: "Nell’annunciare il Vangelo non ridurti al commesso viaggiatore che vuole, in base a parole, stordire l’acquirente pur di vendere il prodotto, non fare come certi "preti televisivi" che scimmiottano il mondo dello spettacolo con fini cristiani. Non essere dl quei cristiani "DOC" che fanno di ogni occasione lo spettacolo della propria vana gloria. Non diventare come coloro che dietro ai "salotti cristiani" mascherano e giustificano una fede vuota. Lascia perdere coloro che pensano di parlare di Gesù ma parlano soltanto di Chiesa... San Luca, l’evangelista, che festeggiamo oggi, nello scrivere il suo Vangelo non si è perso in chiacchiere inutili, nella ricerca di miracolismi facili, in esaltazioni inutili. Ha amato, ha meditato, ha messo se stesso a servizio della Parola, ha testimoniato ciò che scriveva con la sua vita.

 

 

DOMENICA 19 OTTOBRE 1997

"Voi sapete che coloro che passano per capi delle nazioni esercitano su di esse il dominio...  Tra voi, però, non è così". (Mc. 10,42—43)

Gesù formula un progetto di comunità. E per illustrare il proprio concetto di autorità, compie una rapida incursione nel campo politico. Lì, i discepoli hanno sotto gli occhi alcuni modelli di comando e di comportamento. Ci sono "capi" e cosiddetti "grandi", notabili, ministri, funzionari di ogni genere, che esercitano il dominio "asservendo" gli altri con il potere, la forza, l’apparenza. Di fronte a questo spettacolo di gente che dà la scalata al potere, al successo, i discepoli devono rendersi conto che hanno l’obbligo di fare proprio l’opposto. La Chiesa, i cristiani non devono scimmiottare i poteri di questa terra, l’unico potere che hanno è il potere di Cristo, cioè il servizio a Dio e agli uomini, il dare la vita come ha fatto Lui. Quanto siamo lontani da questo, quando nella Chiesa è più importante l’appartenenza a quel gruppo che la fede in Gesù, quando i titoli "eminenza, eccellenza, monsignore, parroco" non sono nient’altro che la brutta copia di "direttore, amministratore, onorevole…", quando conta di più "avere dei beni" (oh, naturalmente, per il bene della Chiesa!) invece di avere l’ansia e il desiderio che Gesù sia conosciuto e amato, quando in una parrocchia c’è posto esclusivamente per notabili, benpensanti, gli pseudo intellettuali, che non per i poveri. Gesù ha potere in quanto servo, ha gloria sulla croce, ha autorità regale in quanto disponibile al dono totale della vita..

 

 

LUNEDI’ 20 OTTOBRE 1997

"Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni". (Lc. 12,15)

Una frase del genere scandalizzava i contemporanei di Gesù abituati a pensare che ricchezza e benessere fossero una benedizione del Signore, e lascia perplessi anche noi. Sembra quasi che Gesù ci faccia paura o ci inviti a disprezzare le cose di questa terra. Gesù, invece, ha come unico scopo quello di aiutarci a fondare le nostre speranze non su cose passeggere ma su Dio stesso. I beni di questo mondo, la natura, le persone, le cose, i sentimenti sono cose buone. Ma se il benessere è fine a se stesso è fonte di ingiustizie, preoccupazioni, avidità, odio. Con tutti i soldi, gli amici, gli intrallazzi di questa terra non posso comprarmi neanche un’ora della mia vita: con Dio ho in offerta l’eternità, ma non solo quella futura, la beatitudine dopo la morte, ma l’eternità che comincia di qui, cioè, pur nella lotta e nella tribolazione quotidiana ho Dio già fin da adesso e se il mio cuore riposa in Lui non ho più bisogno di tante cose ma, anzi, so servirmi bene delle cose senza esserne schiavo.

 

 

MARTEDI’ 21 OTTOBRE 1997

"Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. In verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli". (Lc. 12,37)

A leggerla umanamente questa piccola parabola sembra un assurdo. C’è un padrone che prima tarda ad arrivare, poi desidera trovare i servi pronti e svegli e, quando arriva, invece di farsi servire si mette lui stesso a servirli. Eppure la storia della Salvezza è proprio così: Dio chiede al suo popolo e a noi un’attesa paziente, vigilante, una fede che si regga anche nel buio della notte, "mentre il Padrone non c’è". Una fede che si fondi su di Lui. Se siamo capaci di vigilare, di attendere, la venuta non ci coglierà di sorpresa e la nostra ricompensa sarà abbondante e scopriremo addirittura di non essere più servi ma amici, scopriremo un Dio che si è fatto Lui seno della nostra miseria. Anzi, se abbiamo occhi capaci di vederlo e cuore capace di capirlo, Gesù con i suoi sacramenti non ci sta già servendo oggi, specialmente alla mensa della Parola e del suo Pane?

 

 

MERCOLEDI’ 22 OTTOBRE 1997

"A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto e a chi fu affidato molto sarà richiesto molto di più". (Lc. 12,48)

Non credo sia il caso di fare delle graduatorie per stabilire chi ha ricevuto di più. Tutto quello che abbiamo è dono gratuito. La vita, l’intelligenza, le capacità affettive... Quanto è assurdo sentire qualcuno che dice: "Mi sono fatto da solo". Ma quello che abbiamo ricevuto ci è dato per un fine. Affinché possa portare frutto in noi, e per gli altri. Se Dio ti ha affidato una famiglia, un figlio, un lavoro responsabile... se Dio ti ha affidato la fede, i sacramenti, la comunità cui partecipi è perché da te si aspetta quella risposta ed Egli sa che tu puoi darla. Se ti tiri indietro tutto il mondo sarà più povero e Dio deluso dell’essersi fidato di te.

 

 

GIOVEDI’ 23 OTTOBRE 1997

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra". (Lc. 12,49)

Molti, contrari alla religione, hanno pensato che Gesù sia venuto a portare agli uomini una religione che "tenga buoni" davanti ai grandi problemi della società. E anche molti cristiani pensano che la fede sia una specie di pillola - placebo. Invece Gesù si presenta come ‘fuoco". Ora il fuoco brucia, illumina, riscalda. Gesù non annacqua le passioni, non risolve i problemi appiattendoli o ignorandoli, non ci scarica dalle nostre responsabilità, il fuoco di Gesù ci invita a bruciare tante ipocrisie e falsità del nostro modo di agire, tanti egoismi e legami inutili di ricchezze e di poteri. La luce di Gesù illumina un cammino difficile. Non ci spiega tutto ma ci invita a seguirlo. Ci scalda il cuore; non solo non è geloso dei nostri affetti e delle nostre gioie ma viene ad indirizzarle, a rinnovare i sentimenti, a dar gusto alla vita. E se tutto questo può costare avversione, ricordiamoci di Lui che per donarci tutto questo non ha esitato ad accettare la croce.

 

 

VENERDI’ 24 OTTOBRE 1997

"In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuano... Sono uno sventurato?... Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù nostro Signore" (Rm. 7,18.24—25)

S. Paolo sa leggere dentro se stesso e constata una realtà che, se ci pensiamo bene, è tipica di ciascuno di noi. Dentro di noi c’è il bene e il male. Spesso riusciamo a capire che cosa è il bene e lo desideriamo ma poi ci scopriamo anche tentati dal male e questo ci attira e noi cediamo. Una riflessione del genere, esasperata, potrebbe portare allo scoraggiamento. Paolo, invece, riesce a scoprire in questa sua debolezza, la forza per poter lasciare operare la Grazia di Gesù. Quando noi riconosciamo la nostra debolezza, la nostra incapacità a salvarci da soli e ci accorgiamo che, nonostante le nostre debolezze, Dio ci ama e Gesù ci salva, diventiamo riconoscenti a quel Dio che ci rende capaci di libertà vera e che gratuitamente ci libera dal male.

 

 

SABATO 25 OTTOBRE 1997

"Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo". (Lc. 13,7)

Provo a riflettere sulla mia vita. Se il Signore arriva oggi a cercare frutti nell’albero della mia vita, che cosa trova? Gli anni sono passati, la grazia di Dio è stata abbondante, il tronco si è ingrossato; reca forse le ferite degli anni. Certi rami sono crollati sotto le intemperie, altri sono stati potati. Foglie ce ne sono in abbondanza: sono le foglie delle chiacchiere, delle apparenze. E frutti? Qualcuno mi sembra di averlo portato, anche se mi chiedo siano stati quelli che il Signore si aspettava. Certamente pochi in confronto a quanto ricevuto e nelle mie confessioni mi accorgo che il peccato che forse è il più grande è proprio quello delle omissioni. E, allora, chiedo a Gesù, vignaiolo di intercedere ancora per me, di portare pazienza e mi sembra di sentire la sua voce che mi dice: "lo, pazienza ne porto, ma tu non darti per vinto, continua a concimare con amore, lascia passare nel tuo cuore la mia linfa vitale, preoccupati poco dei frutti... se sei con me, essi verranno".

 

 

DOMENICA 26 OTTOBRE 1997

E il cieco disse a Lui: "Rabbuni, che io riabbia la vista". (Mc. 10,51)

Bartimeo, questo cieco di Gerico ha moltissime cose da insegnarci. Ne accenno solo alcune.

Lui che non ci vede, sa vedere benissimo Gesù, Colui al quale rivolgersi, per ottenere il miracolo. Non ci vede, ma sa gridare, anche a dispetto dei benpensanti che, da bene educati, cercano di zittirlo. Conosce la preghiera che è fatta non di preghiere ma di grido del cuore. Ha il coraggio di buttar via il suo mantello (l’unica sua casa, il suo mezzo di sussistenza per chiedere l’elemosina) pur di incontrare Colui che può liberarlo. Non si accontenta di essere guarito ma trasforma la sua gioia in rendimento di grazie che diventa sequela del Maestro. E’ l’ultimo discepolo che in ordine di tempo segue Gesù. Lui, il cieco, arriva per ultimo ma riesce a vedere la gloria di Gesù nella sua passione, morte, risurrezione. Chissà se anche i nostri occhi sapranno riconoscere Cristo sotto l’aspetto del povero e del sofferente?

 

 

LUNEDI’ 27 OTTOBRE 1997

"il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, disse: Ci sono sei giorni della settimana in cui si deve lavorare; in quelli venite a farvi curare e non in giorno di sabato". (Lc. 13,14)

Sono passati tanti anni da quando Gesù ci ha insegnato che l’amore supera l’osservanza della legge, eppure la Chiesa e noi cristiani facciamo ancora tanta difficoltà a comprenderlo. E’ più facile mascherarsi dietro l’osservanza della legge ("io non rubo, non ammazzo, non bestemmio, quando posso vado a Messa…" che non avventurarci con qualche fatica e rischio per le strade della carità sincera. Credo che in gran parte questo dipenda dall’idea che noi abbiamo di Dio. Se Dio, per noi, è un ragioniere che conta le Messe, che guarda di più all’osservanza di norme che non alla felicità dei suoi figli, che ci gode a sentire tante preghiere o che "mangia candele" è molto probabile che il nostro rapporto con Lui, sia quello di tenercelo buono osservando delle norme. Se Dio è un Padre buono che ama i suoi figli più delle cose, allora tutto cambia perché scopro che solo l’amore vero è in grado di mettermi in rapporto con Lui. S. Paolo aveva capito questo quando scriveva: "Fatevi imitatori di Dio e camminate nella carità" (Ef. 5,1 - 2).

 

 

MARTEDI’ 28 OTTOBRE 1997

"Ne scelse dodici ai quali diede il nome di Apostoli". (Lc. 6,13)

Quando commemoriamo gli apostoli, una delle cose che maggiormente stupisce è l’eterogeneità dei caratteri, la diversità degli ambienti e delle formazioni culturali da cui derivano (ad esempio oggi ricordiamo Simone detto Zelota appartenente cioè a quel gruppo che per fedeltà all’ideale teocratico degli ebrei predicavano anche la rivolta armata contro i romani, una specie di moderno integralista e Giuda Taddeo, uno che non riesce a capacitarsi perché Gesù si sia rivelato solo ai discepoli e non al mondo). Gesù non vuole apostoli fatti con lo stampino. L’unità della Chiesa nascente è attorno a Cristo nella differenza delle risposte personali. E se guardiamo alla storia dei santi non ce n e uno uguale all’altro. Tutti hanno avuto dei doni diversi e tutti hanno manifestato la santità in modo diverso. Non spaventarti, dunque, se ti ritrovi un carattere difficile, se hai dei grossi dubbi, se non capisci tutto...: fidati, Dio ha bisogno di te, così come sei!

 

 

MERCOLEDI’ 29 OTTOBRE 1997

"Signore, sono pochi quelli che si salvano?". (Lc. 13,23)

"Signore, come sarà il paradiso?" "Ma ci sarà poi proprio l’inferno?" "Ritroveremo i nostri cari? E se un mio caro sarà all’inferno come potrò io essere felice in paradiso?" Giustamente noi ci preoccupiamo della nostra eternità, ma se ci pensiamo bene tutte queste domande hanno poco senso. Il paradiso non è un posto dove si affittano gli appartamenti, magari a equo canone e neanche il luogo dove prenotare villetta con piscina. L’eternità è Dio e Dio è perfetto, quindi: lasciamo fare a Lui che le cose le fa bene. Piuttosto, l’importante è andarci. E la strada non è che una: se noi vogliamo essere in comunione con Dio per l’eternità, dobbiamo essere in comunione con Lui già nell’ aldiquà. Il nostro giudizio universale non sarà solo "alla fine dei tempi" e non dipenderà neanche unicamente dal Giudice: dipende da noi oggi. Sono le mie scelte odierne che firmano oggi la mia eternità. Se sono nell’odio, nell’odio resterò, se sono nell’Amore, nell’Amore resterò.

 

 

GIOVEDI’ 30 OTTOBRE 1997

"Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto. Ecco, la vostra casa sta per essere lasciata deserta". (Lc. 13,34 - 35)

Gerusalemme, città dei doni di Dio, città dell’intimità di Dio... Gerusalemme, città della rivolta contro Dio, città del rifiuto di Dio... E’ tutta la terra e tutta l’umanità che è simbolizzata in questa città. E su questa città scende il pianto affettuoso e amaro di Gesù, ma lo stesso pianto potrebbe essere per noi. Proviamo a sentire la stessa frase di Gesù mettendoci il nostro nome: "Franco, Franco, quante volte ti ho amato, quante volte ti ho protetto e difeso, quante grazie, quanti sacramenti, quanta Parola di Dio ho versato nella tua vita, e tu ancora fai il sordo, e tu ancora ti vendi a falsi idoli, prendi in giro e giudichi i miei profeti, vuoi fare solo di testa tua. Fai attenzione che la tua casa non resti vuota, fa attenzione, perché rischi di non riconoscermi più!

 

 

VENERDI’ 31 OTTOBRE 1997

Rivolgendosi ai Dottori della Legge, Gesù disse: "E’ lecito o no curare di sabato?". Ma essi tacquero. (Lc. 14,3 - 4)

Anche in quest’ultimo giorno del mese di ottobre, Gesù non ha paura di sconcertarci, di farci tacere, come succede ai Dottori della Legge. Le norme, le strutture, i cavilli, le false sicurezze non salvano, salva l’amore. Gesù guarisce un malato, e conta la guarigione e il miracolo d’amore, non il sabato o il lunedì. Paolo, nella prima lettura di oggi dice che preferisce diventare "anatema", cioè condannato, escluso dalla comunità, purché qualcuno si salvi, I santi hanno fatto "cose pazze" pur di amare. Don Bosco rischia di essere internato in manicomio dai suoi confratelli perché si comporta da "scriteriato". Don Milani e don Mazzolari vengono fatti tacere perché gridano forte la verità; santa Francesca Schervier non esita a travestirsi da uomo per entrare in una casa chiusa e recuperare una prostituta... No, davvero, quando ci guida l’amore non dobbiamo aver paura di scandalizzare qualcuno, e se qualcuno si scandalizza, poveretto lui, non ha ancora capito l’amore.

     
     
 

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