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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1997

 

LUNEDI’ 1 SETTEMBRE 1997

"Entrò, secondo il suo solito, di sabato, nella sinagoga e si alzò a leggere". (Lc. 4,16)

Gesù è praticante e osservante: "secondo il suo solito", al sabato è alla preghiera della sinagoga. Anche la maggioranza di voi che leggete queste pagine, "secondo il vostro solito", ogni domenica vi trovate alla Messa. Siamo talmente "soliti", che se uno volesse potrebbe quasi fare una piantina dei banchi vedendo come, ogni domenica, l’abitudine, ci fa mettere quasi sempre allo Stesso posto. E questo può essere senz’altro un bene. Ma per Gesù non è certo solo un’abitudine, un rituale, un’osservanza. Gesù si alza, non sta passivo in chiesa, legge la Parola e l’attualizza. Ecco il modo di dare senso alle "buone abitudini". La preghiera liturgica non è uno spettacolo a cui si assiste. E’ l’incontro con Dio che parla. Non è un qualcosa da subire ma un momento in cui sono tre protagonisti che comunicano: Dio, i fratelli, noi.. Dio è sempre nuovo nel suo amore, è propositivo, è attuale. I ‘fratelli non sono una massa anonima biascicante parole, ma persone concrete che con tutti i limiti, hanno la fede, pregano con me, soffrono, gioiscono con me. C’è una mensa fatta di Parola e di Pane (cioè Gesù Cristo) cui siamo tutti invitati. Dio non vuole un’ora del tuo tempo: Egli, l’eterno, vuoi regalarsi a te!

 

 

MARTEDI’ 2 SETTEMBRE 1997

"C’era un uomo posseduto da un demonio e cominciò a gridare forte: "Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!". (Lc. 4,33—34)

Il brano di oggi ci aiuta a capire chi sia il nostro nemico, il diavolo. E’ uno che "possiede", cioè uno che attenta alla libertà dell’uomo, che vuole incatenano, alienano. Provate a pensare se l’opera del demonio non è sempre e ancora la stessa. Egli vuole dividerci da Dio, vuol possedere la nostra libertà, si serve delle nostre debolezze per parlare e agire dentro di noi. Ma il diavolo è anche un puro spirito e quindi riconosce subito Gesù e ne ha paura perché non sopporta la santità di Dio. Sa di essere sconfitto in partenza. Mentre riesce a possedere la libertà dell’uomo che lo fa entrare in casa sua, sa che la forza di Dio lo caccia via. Noi siamo deboli, non sempre riusciamo a capire che la vera libertà è abbandonarci alla volontà di Dio, e su questo il diavolo continua a giocare travisando la verità, facendoci sognare libertà e felicità irraggiungibili e false, e se noi crediamo, diventiamo suoi schiavi e da soli non siamo più in grado di liberarci. Gesù può e vuole liberarci. Se accogliamo il "Santo di Dio", il diavolo non può più nulla.

 

 

MERCOLEDI’ 3 SETTEMBRE 1997

"Gesù si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano e lo raggiunsero". (Lc. 4,42)

Gesù ha passato un’intera giornata a predicare, guarire, cacciare i demoni, è stato "mangiato" dalla folla, dalle parole, dal rumore: ha bisogno di silenzio, di raccoglimento. Penso che tutti noi facciamo, a volte, l’esperienza di sentire il bisogno del I silenzio. Come sarebbe bello poter "staccare la spina", spegnere il cicaleccio dei televisioni, delle chiacchiere inutili, dei convenevoli, ritrovare i la pace, ritrovare noi stessi, aver i tempo per Dio. E poi ci accorgiamo che la famiglia ha bisogno di noi, noi stessi abbiamo bisogno degli altri. Se allora è un’utopia immaginarci una giornata di solitudine, dobbiamo però crearci qualche angolo di deserto per non rischiare di perderci. Ma è possibile con il ritmo frenetico in cui viviamo? Dico di si. Basta volerlo. Ognuno di noi può riuscire a trovare ogni giorno un quarto d’ora in cui isolarsi (anche senza andare lontano, magari in pullman, o mentre fai i letti, o nella pausa pranzo...) per ritrovare se stessi, i valori per cui si corre, Dio con la sua parola di Vita... e poi, dopo, possiamo continuare a farci "mangiare" ma con una disponibilità rinnovata.

 

 

GIOVEDI’ 4 SETTEMBRE 1997

"Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini". (Lc. 5,10)

Proprio nel momento in cui Pietro e i suoi amici hanno fatto una pesca eccezionale, Gesù li chiama e li invita a cambiare mestiere. Sovente il Signore usa questa tattica. Viene a cercarti là dove tu sei, dove lavori, nella tua famiglia. Se sei attento è proprio lì che si rivela, si manifesta, ma il suo scopo è quello di chiamarti a qualcos’altro. Non che ci voglia far cambiare mestiere, ci vuole far portare Lui agli altri. Essere "pescatori di uomini" non è un qualcosa di riservato a preti e suore. Tutti noi dobbiamo dire Cristo con la nostra vita, li mondo non ha bisogno di burocrati della religione: ce ne sono già troppi, ha bisogno di vedere qualcuno convinto, toccato nel cuore da Cristo, gioioso dei doni ricevuti, pronto a passare dalle chiacchiere a dare una mano concreta. Essere "pescatori di uomini" non e neanche avere la supponenza di essere noi a convertire, a giudicare chi è buono, è aprire la porta a Cristo, lasciarlo passare da noi agli altri, al resto ci pensa Lui.

 

 

VENERDI’ 5 SETTEMBRE 1997

"Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro?". (Lc. 5,34)

Uno degli esempi riguardanti il Regno di Dio, che colpisce di più gioiosamente è l’esempio delle nozze. Un matrimonio dovrebbe essere la festa dell’amore che porta al congiungimento più pieno, che crea felicità nel vicini e parenti perché celebra la vita. Già l’Antico Testamento ci ricordava che Dio ci cerca come un fidanzato cerca la sua ragazza. Ora questa ricerca amorosa di Dio si è concretizzata in Gesù. Lui è la festa di Dio. La sua presenza non può che procurare gioia. Coloro che si dicono cristiani costituzionalmente non possono essere nella tristezza. La vita, le prove, le sofferenze possono farci del male ma se pensiamo a Gesù, alla sua presenza, alle sue promesse, non possiamo non gioire ed avere speranza anche in mezzo alle prove.

 

 

SABATO 6 SETTEMBRE 1997

"Perché fate ciò che non è permesso di sabato?". (Lc. 6,2)

Quanta gente vive di formalismi, di codici osservati, o meglio, fatti osservare agli altri. E quanta gente si maschera dietro a norme. Anche tra cristiani, spesso, ce ne sono che impugnano le norme ecclesiastiche come catene senza tener conto delle persone e delle situazioni. Mi capita sovente di incontrare persone che si sono allontanate proprio a causa di religiosi intransigenti e senza misericordia. Osservare una regola ha valore morale soltanto se chi lo fa aderisce all’intenzione del legislatore, cioè allo spirito della regola stessa. Gesù ricorda questo principio a coloro che fanno della Legge un giogo insopportabile di pratiche esteriori.

 

 

DOMENICA 7 SETTEMBRE 1997

"E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano". (Mc. 7,32)

Il Vangelo di oggi parla di una guarigione di un sordomuto. Sorridendo, come è giusto fare, nell’applicare il Vangelo alla vita, pensavo che Gesù avrebbe oggi un gran da fare a guarire i sordi, infatti io e quante altre persone siamo sovente completamente sordi davanti agli inviti di Dio, davanti alla sua Parola, davanti alle richieste dei fratelli. Ma penso anche che andrebbe con più cautela a guarire i muti, anzi... Quanta gente oggi parla troppo... chiacchiere salottiere, ignoranti che sdottoreggiano, scalzacani patentati che dai giornali e dalla televisione hanno la supponenza di dire tutto di tutto, preti che brandiscono il Vangelo come una spada per colpire gli altri che tirano fuori parole grosse e alla moda per nascondere il vuoto di una religiosità di maniera. Forse è meglio che il Signore lasci muto qualcuno perché è meglio che taccia piuttosto che unirsi al coro dell’inutile e dell’ipocrisia. Forse tacendo e meditando riusciamo ancora a cogliere qualche valore più profondo. Maria, la grande silenziosa (checché ne dicano certi "madonnari" che la fanno parlare a proposito e a sproposito) ci insegni a tacere "meditando tutte queste cose nel cuore".

 

 

LUNEDI’ 8 SETTEMBRE 1997

"Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo". (Mt. 1,16)

Dio è eterno, in Lui non c’è prima e dopo. Quindi da sempre Dio ha pensato all’incarnazione di suo Figlio, da sempre ha pensato a Maria, come Madre di Gesù. Da sempre ha pensato a ciascuno di noi. Ed eccolo allora, nel tempo, ad intessere la nostra storia dove tutto ha un significato. Maria è stata impastata insieme ad Adamo per accogliere e donarci Gesù, ma è stata impastata anche per noi per essere la nostra Madre che ci porta a Lui. Maria nasce nel tempo ma è eterna nel pensiero di Dio. E la sua maternità dura nel nostro tempo ma per generarci all’eternità. Alcuni anni fa il Papa ci ha ricordato che Dio non solo ci è Padre ma anche Madre e la tenerezza e la maternità di Dio ci sono manifestate attraverso il dono della maternità di Maria. "Madre di Gesù e Madre nostra, lodo Dio che ti ha pensata, intessuta e donata a noi. Tu che hai detto il tuo sì incondizionato, aiuta anche noi con materna pazienza ad entrare con il "sì" quotidiano nel cuore di Colui che ci ama come Padre e come Madre."

 

 

MARTEDI' 9 SETTEMBRE 1997

"La folla cercava di toccano, perché da Lui usciva una forza che sanava tutti". (Lc. 6,19)

Ci sono delle persone che noi consideriamo "speciali". Si sta bene con loro. Sembra quasi che anche solo la loro presenza sia rasserenante. La folla, gli umili, particolarmente sensibili a queste cose avvertono in Gesù questa forza particolare. Le sue parole pur essendo estremamente impegnative non sono imposizioni legalistiche; i suoi occhi penetranti, che mettono allo scoperto il cuore sono occhi accoglienti, invitanti, amorosi; i suoi gestisono familiari, paterni; da Lui scaturisce la forza per camminare nella fede; comanda ai demoni; fa star bene chi è con Lui, guarisce le malattie e perdona i cuori... Ecco perché andare a Gesù: perché con Lui si sta bene! Non tanto andare per obbedienza ("non vi chiamo più servi, ma amici"), per osservanza ("avete inteso che fu detto... ma io vi dico..."), per paura ("non temere piccolo gregge") ma per fiducia ("venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi"), per riposare in Lui ("venite in disparte con me e riposatevi"), per amore ("imparate da me che sono mite ed umile di cuore"), per arrivare al Padre ("chi vede me vede il Padre"), per sperare ("lo sono la Risurrezione e la Vita, chi crede in me vivrà in eterno").

 

 

MERCOLEDI’ 10 SETTEMBRE 1997

"Beati voi, poveri... Guai a voi, ricchi...". (Lc. 6,21.24)

Pagina "impossibile" quella del Vangelo di oggi o semplice esortazione populista? Se qualche volta, con un pizzico dì invidia, per coloro che ne hanno, diciamo, abbastanza convinti, che il denaro non dà la felicità, è ben più difficile dire onestamente "beato" a chi non ha pane da dare ai suoi figli o a chi magari da anni giace in un letto di malattia. Gesù maledice la ricchezza come attaccamento alle cose che da possedute diventano coloro che ci posseggono, schiavizzano, allontanandoci da Dio e dai valori fondamentali della vita. La maledizione è dunque unicamente per la nostra liberazione. Le cose sono belle e servono, il denaro può servire se non diventa il nostro padrone. La beatitudine rivolta ai poveri, ai sofferenti non sta ad indicarci la bellezza della sofferenza (Gesù ha pianto con chi piangeva, ha pregato e sudato sangue davanti alla propria sofferenza) o della povertà. Gesù ci ricorda che però il povero, il sofferente può affidarsi nelle mani di Dio. Dice Bernanos: "I poveri hanno il segreto della speranza. Mangiano ogni giorno nella mano di Dio..’

 

 

 

GIOVEDI’ 11 SETTEMBRE 1997

"Amate i vostri nemici". (Lc. 6,27)

Come si fa ad amare una persona che ti ha fatto del male, che continua a distruggere la tua reputazione, che per farti male fa del male alle persone che ti sono più care? Impossibile! Ma forse ci è impossibile perché commettiamo due errori: non guardiamo a Dio e facciamo enormi confusioni su che cosa significhi "amare Spesso per "amare", intendiamo "provare profondi affetti". L’amore è anche fatto di affetti, di simpatia ma non tutto è li. Non è facile provare profondo affetto per chi ti sta facendo del male. Amare è soprattutto volere il vero bene dell’altro. Allora, amare non è tanto dire "sono innamorato" del nemico ma cercare il suo vero bene. Ecco, allora, che Dio diventa il vero modello cui ispirarsi. Lui ama tutte le creature, anche chi gli è contrario, anche chi ha messo o mette suo Figlio sulla croce, nel senso che offre sempre e a tutti la possibilità di conversione, l’amicizia ritrovata con Lui, ma non per questo Egli diventa connivente, condiscendente con i). male. Amare il nemico, allora, vuol dire non chiudergli la porta, non lasciarci vincere dal rancore e dalla vendetta, difenderci dal male ma anche offrire sempre una possibilità.

 

 

VENERDI’ 12 SETTEMBRE 1997

"Il discepolo non è da più del Maestro". (Lc. 6,40)

Il Vangelo, certe volte, sembra dirci cose scontate, ma se ce le dice è perché purtroppo, molte volte, in pratica non sono scontate affatto. Quante volte incontriamo dei preti che sanno tutto, che a suon di autorità e di codici pensano di poter dottoreggiare e imporre, a nome di Gesù, pesi insostenibili sulle spalle altrui; quante volte, laici anche buoni, rivalutati nel loro giusto ruolo dalla Chiesa postconciliare si sentono talmente importanti e sicuri di sé da giudicare la Chiesa, da decidere in autonomia su cosa sia bene o male. Tutti dobbiamo ricordarci che il Maestro è uno: Gesù Cristo. Il nostro agire di singoli o di Chiesa non può non fare che continuo riferimento a Lui e al suo Vangelo. L’autorità, il potere, nella Chiesa, hanno significato solo se fanno con umiltà riferimento a Lui e se sono intese, non solo a parole, come vero servizio di Cristo ai fratelli. Un buon maestro, poi, vuole trasmettere ed insegnare e allora cerca di essere fedele al messaggio che non è suo, ma è anche attento alla persona che ha davanti. E’ perfettamente inutile voler trasmettere, anche cose meravigliose, se chi hai davanti non riesce a comprenderle perché espresse con un linguaggio non comprensibile.

 

 

SABATO 13 SETTEMBRE 1997

"Ogni albero si riconosce dal suo frutto". (Lc. 6,44)

Tante volte ci riteniamo specialisti nel riconoscere dalle apparenze i buoni e i cattivi e poi abbiamo delle amare sorprese. Infatti, per riconoscere la bontà di una pianta non basta vedere se ha tanti rami, tante foglie e neppure la bellezza dei frutti è sufficiente, occorre vedere se essi sono commestibili. Quante persone sia dentro che fuori della Chiesa, pretendono di essere cristiani ma ciò che conta è il cuore, l’interiore profondo dell’uomo. Cioè, bisogna che i gesti esteriori corrispondano ad una qualità di fondo, che i nostri gesti religiosi, per esempio, provengano da una fede interiorizzata. Provo allora oggi a chiedermi: sono un buon albero da frutto o un albero da foglie? Le mie azioni partono da un cuore che ha interiorizzato l’amore di Dio, o sono solo frutto di convenienze, di esteriorità?

 

 

DOMENICA 14 SETTEMBRE 1997

"Gesù umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla monte in croce". (Fil. 2,8)

Credo che prima di tutto bisogna capire bene i termini. Si può la croce"? La croce è segno di cattiveria. E’ una forma sadica di sofferenza inferta, mascherata da giustizia. Non è una cosa da esaltare. Le croci, come simbolo di tutte le sofferenze in cui incorrono gli uomini, sono tutt’altro che cose belle ed esaltanti. Perché allora esaltare la Croce di Gesù? Unicamente perché essa è il segno dell’amore senza limiti che Gesù ha per noi. Solo in questo senso la croce è la gloria di Gesù ed è il segno della nostra salvezza. Segno di dolore e di amore, di sconfitta e di vittoria, di cattiveria e di donazione, di divisione e di unità. Dovremmo pensarci quando, a volte con un po’ di leggerezza, facciamo il segno della croce. Da essa ci facciamo avvolgere, ad essa ci affidiamo, da essa ci facciamo salvare, con la forza che viene da essa intendiamo vivere le nostre croci quotidiane, in essa ci sono tutte le nostre sconfitte ma da essa scaturisce anche la nostra vittoria.

 

 

LUNEDI’ 15 SETTEMBRE 1997

"Donna, ecco tuo figlio!". (Gv. 19,26)

Gesù sulla croce è spogliato dei suoi vestiti, della sua dignità. Gesù si è spogliato di tutto per amore e per amore, proprio in questo momento supremo si spoglia anche di sua Madre e ce la dona. Gesù ci conosce a fondo. Sa che il nostro bisogno di tenerezza ha bisogno di affetto materno. Lui sa che quasi tutti gli uomini sul loro letto di morte pronunciano la parola "mamma". Anche Lui ha bisogno di sua Mamma ma sa che ne abbiamo più bisogno noi e allora ce la dona. E Maria che ha detto il suo ‘sì’ a Dio per generare Gesù e che sta ripetendo un altro ‘sì’ più doloroso ai piedi della croce accetta di essere nostra Madre, Madre di quei figli che mettono in croce suo Figlio. Il dolore di Maria per suo Figlio diventa consolazione e conforto per tutti gli altri suoi figli. Possiamo allora dire che come ha generato Gesù a Betlemme, ha generato noi sul Calvario. "Il discepolo la prese in casa sua". Vieni in casa nostra, Maria, abbiamo bisogno di Te, della tua tenerezza, del tuo dolore sofferto e offerto, del tuo conforto nelle prove, della tua forza d’animo, della tua umiltà... Abbiamo bisogno di Te, Mamma di Gesù e Mamma nostra!

 

 

MARTEDI’ 16 SETTEMBRE 1997

Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!". (Lc. 7,14)

Questo, come tutti i suoi miracoli, ci dimostra che Gesù è Signore delle forze della natura. Egli vince la morte. Ma direi, soprattutto, che Gesù, nel miracolo della risurrezione del figlio della vedova di Nain, ci indica la sua partecipazione ad ogni evento umano. Dio non è un estraneo alle vicende della nostra vita, non è un semplice spettatore, soffre con noi... "Belle parole, don Franco, ma se gli spiacciono le nostre sofferenze, perché non interviene? Perché, se si commuove davanti ai bambini che muoiono di fame o di malattia, la sua compassione non si manifesta in salvezza concreta? Gesù ha fatto risorgere il figlio di questa vedova, ma quante mamme piangono senza speranza i propri figli!". Rispondere a queste domande è praticamente impossibile. Di una cosa siamo certi: Dio non interviene continuamente con miracoli per modificare il corso della natura o l’egoismo degli uomini proprio perché rispetta la libertà dell’uomo ma la sua compassione e la sofferenza del Giusto Gesù ci dicono che tutto ha un senso nel cuore di Dio anche se umanamente è difficile da capire.

 

 

MERCOLEDI’ 17 SETTEMBRE 1997

"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto". (Lc. 7,32)

C’è una categoria di persone che potremmo definire "i mai contenti". Non ce n1e una che vada bene. Se sei attento a loro: "uno non è libero, devi sempre essere sotto il controllo di qualcuno", se non intervieni: "nessuno si interessa di me", se fai un regalo sbagli sempre, se dai loro ragione: "la ragione si dà ai fessi", se la pensi diversamente: "non si può mai dire una parola"... e giù a brontolare. Ricordo che quando ero piccolo c’era una trasmissione regionale con il titolo "i canton dij barboton" dove confluivano tutte le lamentele: dei "barboton" sono piene anche le nostre case, la società e anche la Chiesa. Ma coloro che hanno sempre da brontolare corrono un gran rischio: non sono mai contenti, non sanno vedere il bene, sono solo un peso per gli altri. Anche la generazione di Gesù era un po’ così, e si sono persi Giovanni Battista, e si sono persi Gesù. Anche noi se brontoloni a cui non ne va mai una bene, rischiamo di perderci il gusto della vita, i fratelli, l’avventura gioiosa del cristianesimo.

 

 

GIOVEDI’ 18 SETTEMBRE 1997

"Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato". (Lc. 7,47)

Quando prendiamo coscienza del nostro peccato e della nostra miseria ci rendiamo conto di non avere motivi da accampare per ottenere la misericordia di Dio. Quando, poi, ci sentiamo talmente lontani da Lui ci sembra che neanche il suo amore possa raggiungerci. Ma Gesù, che conosce le persone non per quello che appaiono ma per il loro cuore, riesce sempre a trovare motivi perché la sua misericordia possa manifestarsi. La donna del Vangelo di oggi era stata etichettata: "è una prostituta", una pubblica peccatrice. Ma per Gesù conta la persona. Anche Gesù non dice che questa donna non ha peccato, anzi le ricorda che i suoi peccati sono molti, ma nello stesso tempo riesce a vedere in lei il suo molto amore. Come guardo il mio prossimo? Vado avanti con schemi, stereotipi, giudizi preconfezionati? Sono capace di vedere il bene negli altri? Riesco, almeno qualche volta, a far a meno delle etichette? Mi metto anch’io con onestà e umiltà nella schiera di coloro che se vogliono essere perdonati devono molto amare?

 

 

VENERDI’ 19 SETTEMBRE 1997

"C’erano con Lui i Dodici e alcune donne". (Lc. 8,2)

Gesù è un Maestro che è venuto per tutti. Non ha paura di scandalizzare per arrivare a tutti. Insieme agli apostoli ci sono le donne. Non dimentichiamo che i rabbini dell’epoca escludevano le donne dal cerchio dei loro discepoli. Non dimentichiamo che secondo l’organizzazione del giudaismo di quel tempo, le donne facevano appena parte della comunità: esse potevano partecipare al culto della sinagoga, ma non ne erano obbligate. Gesù, invece, non fa distinzioni tra uomini e donne, accetta il loro aiuto, risorto apparirà prima di tutti alle donne. Oggi si parla molto di parità ma con dei grossi rischi, che essa sia solo una conquista di potere con la perdita dei ruoli o che essa sia solo una serie di parole che lasciano però uguale la mentalità classista e maschilista. Gesù rispetta i ruoli, i compiti, le caratteristiche, ma dice che ognuno, uomo o donna, ricco o povero è figlio di Dio, tempio dello Spirito, capace di annunciare e testimoniare il Regno.

 

 

SABATO 20 SETTEMBRE 1997

"Il seminatore uscì a seminare la sua semente". (Lc. 8,5)

Questo seminatore, per grazia di Dio, è ciascuno di noi.

lo, sono uomo a cui Dio affida la Parola io, allora, devo essere uomo di speranza, perché si può solo seminare nella speranza. Se divento l’uomo del mugugno, del lamento, delle recriminazioni, della delusione, della stanchezza, della sfiducia, dello sconforto, vuol dire che non ho ancora capito quale sia il mio mestiere, che non è quello di raccogliere, ma di seminare. E seminare con abbondanza, senza calcoli meschini, senza esclusione. Devo sentirmi attirato anche dai sassi, devo districarmi in mezzo alle spine, devo frequentare la strada e non solo le confortevoli cappelle dei conventi. E’ necessario mi renda conto che non ho il diritto di selezionare i terreni e decidere io, in partenza, qual è quello buono. Là dove Dio mi mette, con ogni persona che incontro devo essere me stesso, cioè un innamorato di Dio che semina, come dice S. Paolo, a tempo e fuori tempo.

 

 

DOMENICA 21 SETTEMBRE 1997

"Essi però non comprendevano queste parole". (Mc. 9,32)

Spesso noi pensiamo di aver capito tutto di Gesù, del suo messaggio, delle sue promesse, della Chiesa... eppure l’incomprensione è continuata nel corso della storia. Padre Balducci, dice: "Abbiamo piantato la croce sulla cima delle montagne e su tutti i colli, l’abbiamo messa a tutti i crocicchi, l’abbiamo appesa in tutte le camere e le aule (e perfino nelle stanze di tortura). Ma non possiamo dire di aver imparato la logica del Crocifisso, se tra noi vige ancora la logica del potere, della sopraffazione, se sulla croce preferiamo ancora metterci gli altri, se non abbiamo imparato la logica del servizio. E’ ancora troppo facile segnarci con devozione ma abbracciare con fatica e con amore le croci quotidiane spesso ci trova sprovveduti e incapaci di generosità."

 

 

LUNEDI’ 22 SETTEMBRE 1997

"Nessuno accende una lampada e la pone sotto il Letto". (Lc. 8,16)

Gesù è la luce del mondo. E’ venuto per illuminarci ma anche per chiederci di portare la sua luce al mondo. lo non sono la luce ma devo far riflettere la luce di Cristo. A questo punto mi domando: gli altri, vedendo il mio modo di agire, quale volto di Cristo vedono? La mia carità, la mia accoglienza del prossimo, il mio amore alla giustizia e alla verità, il mio perdonare... sono quelli di Cristo? I Santi sono coloro che maggiormente hanno manifestato la luce di Cristo. Essi ci aiutano a toccare con mano la presenza del Dio Amore in una società che decreta la sua morte, additano sentieri di luce, di giustizia, di libertà ai tanti prigionieri della colpa e dell’egoismo; turbano i mediocri, i scuotono gli indifferenti, svegliano i dormienti, condannano i disertori, gridano agli uomini di ogni tempo che solo I l’amore è la sorgente vera della gioia e della vita.

 

 

MARTEDI’ 23 SETTEMBRE 1997

"Non potevano avvicinano a causa della folla". (Lc. 8,19)

Gesù è attorniato da una folla che non lo lascia neppure più respirare. Sono diversi i modi di leggere questo fatto. Qualcuno dice: grande successo di Gesù, qualcun altro giustifica con questo le grandi parate e le folle oceaniche alle manifestazioni della Chiesa. Qualcuno dice: Gesù si fa tutto a tutti e qualche volta giustifica il super attivismo. Qualcuno si chiede: ma perché queste folle vanno da Gesù? ci vanno per fede, per curiosità, per speranza di miracoli? Qualcuno, poi, diffida delle folle che spesso sono mutevoli. Che cosa dire? Una prima cosa è questa: Gesù sente compassione per il suo popolo che è come un gregge senza pastore e abbraccia la logica dell’amore: quella di lasciarsi ‘mangiare’. E ancora oggi Gesù si "lascia mangiare" da tutti. Gesù, però, non si aspetta che tutti capiscano questo dono e perciò prende le distanze dall’interpretare le folle come un successo o dall’usarle come forza di potere. Poi Gesù pur accogliendo tutti vuol purificare la fede di ognuno e quindi non blandisce le folle ma le invita seriamente ad "ascoltare" e "mettere in pratica". Siamo contenti quando vediamo tanta gente in chiesa o ad una processione? Io sì, ma non per il potere o il prestigio della Chiesa, ma perché a tanti è data un’occasione per incontrare Gesù e, forse, tra i tanti, qualcuno ascolterà e metterà in pratica.

 

 

MERCOLEDI’ 24 SETTEMBRE 1997

"Diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il Regno". (Lc. 9,1 - 2)

Già tra gli apostoli c’era la mentalità del potere: "Chi siederà alla tua destra o alla tua sinistra?" Oggi, poi, in questo mondo di "rampanti", la caccia al potere è spietata e anche certi uomini di Chiesa che scimmiottano il mondo si vendono ad esso per ottenere "potere". Ma quale potere ha dato Gesù ai suoi apostoli? Il brano di oggi ci parla di tre poteri:

  1. Annunziare il Regno;

  2. potere sui demoni;

  3. potere sulle malattie.

Riprendiamoli. Il cristiano ha l’autorità di Dio nell’annunziare il Regno di Gesù, nel dire a parole e con la vita il Vangelo. Questo è compito di tutti, non solo dei preti. Ma per annunciare bisogna anche partire, andare, non starsene chiusi. Il potere sui demoni e la guarigione degli infermi è un altro potere reale che Gesù affida a noi, non tanto nel senso di essere esorcisti o guaritori, quanto nel combattere con tutte le nostre forze e soprattutto con la forza di Dio ogni forma di male. E il male lo si contrasta con il bene, con la condivisione delle sofferenze degli altri, con la carità concreta. Gesù lo dirà ancora più chiaramente nell’Ultima Cena: l’unico vero potere che ci è dato è quello di servire Dio e gli uomini.

 

 

GIOVEDI’ 25 SETTEMBRE 1997

"Erode cercava di vederlo". (Lc. 9,9)

Erode aveva avuto nella sua vita molte occasioni per vedere la volontà di Dio su di lui. Il fatto stesso di essere re lo inseriva direttamente nell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Giovanni Battista gli aveva parlato a nome di Dio, ma lui per paura- di una donna lo aveva fatto uccidere. Ora sente parlare di Gesù, dei suoi miracoli, ma, anche in questo caso, il suo interesse si ferma alla curiosità, al desiderio di facile miracolismo. Nella nostra società ci sono tanti Erodi alla ricerca di segni che però, spesso, degradano nella curiosità e nella superficialità. Provate a prendere in mano un quotidiano qualsiasi o un settimanale. Si può dire che non ci sia numero nel quale non si parli di Chiesa, di miracoli, di esoterismi vari. Ma l’interesse dov’è? Curiosità, fantastico, sensazionale, scandali... Sembra interessi di più un "miracolo di Padre Pio" che non la fede nel Dio in cui Padre Pio credeva. Interessa e incuriosisce di più il messaggio di qualche "veggente" che non il Regno di Dio annunciato nel Vangelo. Gesù passa anche oggi vicino a noi, ci parla, compie miracoli, ma se dalla curiosità non passiamo alla fede c’è il rischio di non incontrarlo, anzi, come è successo a Erode, di condannarlo.

 

 

VENERDI’ 26 SETTEMBRE 1997

"Mentre si trovava in un luogo appartato a pregare, i discepoli erano con Lui". (Lc. 9,18)

Gesù, prima di ogni evento importante nella sua vita o in quella degli apostoli, si mette in preghiera e chiede ai suoi amici di pregare con Lui. Nel caso del Vangelo di oggi, prima di chiedere loro: "Voi chi dite che io sia?", una domanda fondamentale, Gesù desidera che essi siano guidati dallo Spirito. La preghiera, infatti, non è soltanto dire delle parole a Dio, è entrare in comunione con Lui, è abbandonarsi con fiducia e accettare l’opera dello Spirito in noi. Infatti è solo con lo Spirito di Gesù che noi possiamo arrivare a dire: "Gesù è Signore". Se prima di ogni azione o di ogni scelta importante della nostra vita imparassimo a incontrare Dio, non tanto perché con una serie di preghiere Lui ci risolve i problemi, quanto per lasciarci guidare dallo Spirito nella sua volontà, allora saremmo più sereni, più attenti, più propositivi nel nostro agire. Ricordo che da ragazzo, prima della scuola, dello studio, del mangiare, del gioco ci facevano fare una preghiera. lo, forse, non capivo il perché, ma oggi mi rendo conto che se avessi messo nelle mani di Dio certe mie azioni, prima di affrontarle con le sole mie forze, forse avrei combinato molti meno guai.

 

 

SABATO 27 SETTEMBRE 1997

"Ma essi non comprendevano". (Lc. 9,45)

Tra le tante verità che il Vangelo ci annuncia, forse, per quanto riguarda noi, questa difficoltà a comprendere Gesù, è la più reale. Non mi scandalizzano quegli apostoli che non comprendono Gesù che parla della sua sofferenza.. e della sua morte in croce in quanto anch’io, spesso, mi chiedo: "Ma c’era proprio bisogno che la salvezza per noi portasse Lui a morire così?", come non mi scandalizza la difficoltà degli apostoli a comprendere la croce nella vita degli uomini perché anch’io grido sovente: "Perché?", davanti alle malattie, al dolore, alla sofferenza specialmente a quella dell’innocente e del giusto. Forse, allora, non si tratta di capire, comprendere, spiegare tutto, si tratta di entrare in punta di piedi nel mistero della croce di Cristo e degli uomini. Che un filosofo o un teologo, blaterando, cerchino di spiegare ad un malato il perché della sofferenza, non cambia di una virgola la sofferenza del malato; se qualcuno con amore, servizio, disponibilità si fa parte della sofferenza del malato, anche questo non cambia la sofferenza del malato, ma lo aiuta, non lo fa sentire solo, gli dà conforto. Gesù ha fatto proprio così.

 

 

DOMENICA 28 SETTEMBRE 1997

"E chiunque avesse a scandalizzare uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli appendessero una mola d’asino al collo e fosse gettato in mare". (Mc. 9,42)

Una riflessione provocazione di A. Pronzato: Chissà quante persone ho scandalizzato e continuo a scandalizzare. Ne sono intimamente convinto e profondamente addolorato. Tuttavia mi sembra onesto confessare che pure io rimango, qualche volta, scandalizzato. E lo sono proprio da quelli che non mi scandalizzano mai. Voglio dire quelle persone che si propongono come esemplari, hanno pretesa di sbandierarsi — oh, molto umilmente... — davanti ai tuoi occhi come modelli. Modelli di onestà, rispetto dell’autorità, spirito di fede, osservanza, sacrificio, pratiche assortite... Costoro mi sono di scandalo proprio perché loro sono sempre "a posto". Non c’è niente che li metta in crisi, che regali loro un rimorso bruciante. Mi aiuterebbero molto di più se li vedessi qualche volta, con un pezzetto di fango attaccato alle scarpe, se li cogliessi in un momento di dubbio, di sbandamento. Mi convincerebbero di più se qualche volta li sentissi dire: "non so", "non sono sicuro". Ho bisogno urgente di un loro scandalo. Il giorno in cui li sentissi riconoscere in pubblico una colpa, ammettere "sono stato un mascalzone, cercate di perdonarmi", no, non correrei a cercare una macina da mulino per appendergliela al collo. Mi butterei in ginocchio, insieme a loro, mi percuoterei il petto in sintonia con i loro colpi. E ci sentiremo tutti meno lontani da Gesù.

 

 

LUNEDI’ 29 SETTEMBRE 1997

"Vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo". (Gv. 1,51)

Qualcuno potrà forse dirmi che sono infantile, ma io considero i tre Arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele, preziosi amici del cammino verso Dio, e quasi tutte le mattine li invoco per la giornata. Invoco Gabriele perché porti a me nella giornata, la buona notizia del Vangelo e mi doni la semplicità e fedeltà di Maria per accoglierla, meditarla e metterla in pratica, lo invoco anche perché accompagni i missionari, i sacerdoti, i catechisti, i testimoni affinché continuino a portare al mondo la buona notizia di Gesù. Invoco Raffaele perché mi prenda per mano e mi accompagni nel cammino della giornata, mi aiuti a districarmi in mezzo ai problemi che incontrerò, mi tenga quando incespico, mi rincuori quando non ho voglia di camminare per le strade del Vangelo. Invoco Michele, che ha ricevuto da Dio il compito di combattere e vincere il diavolo e il male, perché mi faccia scudo e mi difenda nelle tentazioni, perché addestri le mie mani e la mia volontà a combattere ogni forma di male che incontrerò. Dite pure che sarà infantile, ma io mi sento in buone mani.

 

 

MARTEDI’ 30SETTEMBRE 1997

 

"Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?". (Lc. 9,54)

Quando ci si sente troppo sicuri, quando la missione perde il suo scopo di servizio e scade nella logica del potere umano, ecco che viene la tentazione di invocare i fulmini di Dio sui cattivi o su coloro che non la pensano come noi: pensate agli integralismi, alle guerre di religione o anche alle divisioni all’interno delle nostre comunità cristiane dove, a volte, si lanciano anatemi o si creano divisioni solo perché si fa capo a gruppi diversi. E’ il solito peccato: vogliamo risolvere le cose a modo nostro. Ci mettiamo al posto di Dio e, magari inconsciamente, pensiamo di fare meglio di Lui. Se invece di lanciare fulmini guardassimo di più al Dio "paziente e misericordioso, lento all‘ira e pieno di grazia", "che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi", a Colui che "è venuto non per condannare ma per salvare", scopriremo la meraviglia e la gioia del perdono che ci è stato accordato e in esso troveremo la forza non solo di non farci giudici degli altri, ma di essere capaci a nostra volta di misericordia.

     
     
 

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