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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

AGOSTO 1997

 

 

VENERDI’ 1 AGOSTO 1997

"E si scandalizzavano per causa sua". (Mt. 13,57)

Attenzione! Questa frase del Vangelo può scandalizzare anche noi. Gesù, il buono, il giusto pu5 diventare pietra di scandalo per qualcuno? Siamo troppo abituati ad una figura sdolcinata di Gesù che se prendiamo sul serio certe pagine di Vangelo c’è da scandalizzarci. Eppure, il vecchio Simeone aveva già detto: "Egli è qui per la salvezza o la condanna di molti". E Gesù non fa nulla per non scandalizzare: "Il Regno è dei piccoli". "Quanto è difficile per un ricco entrare nel Regno dei cieli". "Chi vuoi venire dietro di me, prenda la sua croce ... Sembra proprio che Gesù sia venuto per scandalizzare le nostre idee preconcette su Dio e sul nostro modo di vivere e amare il prossimo. Non è un Dio facile né da capire, né da accettare, nè da vivere. E’ Dio e basta! Ma è solo lasciandoci scandalizzare da chi è più grande di noi, diverso da noi, che possiamo lasciarci portare là dove Lui vuole. Suggerisco a voi e a me un piccolo esercizio: proviamo a rileggere le pagine del Vangelo lasciando da parte i nostri preconcetti, proviamo a prenderle nella loro cruda durezza. Forse faranno un po’ male alla nostra pelle troppo delicata ma scopriremo un Gesù diverso, ma, quale stimolo alla nostra fede!

 

 

SABATO 2 AGOSTO 1997

"E mandò a decapitare Giovanni nel carcere". (Mt. 14,10)

Giovanni è proprio il precursore di Gesù in tutto: lo ha annunziato, ha "preparato la sua strada nel deserto", gli ha mandato i suoi discepoli e ora, nel buio di quel carcere, anticipa la sua morte offrendogli la sua testa. I grandi della terra pensano che per far tacere la verità, per tappare la bocca a chi dà fastidio, basti tagliare la testa, svilire le persone, ma gridano di più i martiri in quanto la loro voce non è più legata ad un corpo defettibile. Anche nei nostri rapporti umani spesso siamo portati ad usare questo metodo: c’è qualcuno che la pensa diversamente da noi, che ci dà fastidio: facciamolo tacere, rendiamolo innocuo discreditandolo e se per motivi di legalità non possiamo farlo fuori, sistemiamolo in modo che siano salvate le apparenze ma non possa più agire; nel mondo del lavoro, della politica, quanti trasferimenti, quanti elogi servono solo a tappare la bocca! Anche per Gesù, il Sommo sacerdote troverà una motivazione del genere: "E’ meglio che muoia, piuttosto che soffra tutto il popolo". Ma la strada della verità passa anche attraverso la persecuzione e nel martirio grida ancora più forte.

 

 

DOMENICA 3 AGOSTO 1997 – 18^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna".

(Gv. 6,26—27)

Si può cercare Gesù per molti motivi diversi. Gesù sa bene che molti sono andati da Lui dopo la moltiplicazione dei pani perché si auguravano di aver trovato uno che li sfamava gratis. E tu, se lo cerchi, perché vai da Gesù? Senti davvero fame di Lui? oppure vai da Lui per altri motivi? Se vado da Gesù per paura, per "tenermi buono Dio" riduco la persona di Gesù. Se vado solo per chiedergli delle cose, rischio di ridurlo ad un distributore di grazie. Devo andare da Gesù per Gesù. Questo è il solo modo per capirlo e per ricevere da Lui i doni veri, quelli che Lui vuole darci per il nostro bene. All’Amore gratuito si va solo con l’amore vero, sincero, disinteressato.

 

 

LUNEDI’ 4 AGOSTO 1997

"Voi stessi date loro da mangiare". (Mt. 14,16)

"Che bello, c’è tanta gente che è venuta da Gesù!" sembrano dirsi gli apostoli. "Alla solenne messa del Vescovo c’era tanta gente: che ci sia finalmente un risveglio di fede?" si dicono i preti togliendosi di dosso i sontuosi paramenti liturgici...Però quando arriva l’ora del pasto: "Mandali a casa!". La coda dei barboni nell’ufficio parrocchiale è "disdicevole" e poi "è tutta gente che non viene in chiesa, sono sporchi, spesso violenti. Dovrebbe pensarci la società". E dietro il nome "società" scarichiamo le nostre responsabilità. Gesù, invece, prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani vuole compierne un altro, quello di coinvolgere concretamente gli apostoli. Al termine della Messa il sacerdote se la cava con "La Messa è finita!". Ma per il cristiano non scocca mai l’ora di "congedare", di dire "io sono a posto". E’ sempre l’ora di condividere, di accogliere, di prestare. Certo, è poco quello che abbiamo. Ma se tu cominci a mettere a disposizione il tuo poco, Gesù farà il resto.

 

 

MARTEDI’ 5 AGOSTO 1997

"Congedata la folla, sali sul monte, solo, a pregare". (Mt. 14,23)

Molti di noi, forse, in questo momento sono in vacanza. E se non consideriamo la vacanza come "acchiappa tutti i divertimenti e torna a casa più stressato di prima", abbiamo l’occasione di avere un po’ di tempo per noi. Perché non dedicare qualche momento alla preghiera? Oh, non intendo (non ne sono capace) di diventare mistici, isolandosi magari per giorni e facendo chissà quali preghiere! ma fermarci per incontrare Dio che vive in noi, nella natura, nelle persone. Gesù aveva bisogno di questi momenti e noi più ancora di Lui. Dobbiamo ritrovare noi stessi nella dimensione di Dio. Chiederci per chi e per che cosa corriamo, lasciare uscire allo scoperto la nostra coscienza (che poi è la voce di Dio) che troppe volte nascondiamo, rivedere i nostri rapporti con il denaro, con i familiari, con il lavoro, con il prossimo. Lasciar cantare il nostro cuore. Riscoprire la misericordia di Dio. Prepararci a riallacciare quel rapporto diventato difficile... Abbiamo bisogno di riscoprire una natura che ci è sempre più estranea. Dobbiamo re-imparare ad ascoltare il silenzio. Non mandiamo Dio in vacanza. Dio è in vacanza con noi.

 

 

MERCOLEDI’ 6 AGOSTO 1997

"Ascoltatelo! ". (Mc. 9,7)

Il punto culminante della Trasfigurazione è la voce di Dio che ci indica Gesù: "Ascoltatelo". Il discepolo non è l’uomo delle visioni, ma dell’ascolto. Non si tratta di vedere, toccare il Signore. E’ essenziale ascoltare la sua voce, prendere sul serio il suo messaggio, lasciarsi mettere in discussione dalle sue parole. Ascoltare, non per saperne di più, per soddisfare la curiosità, ma per ubbidire, prendere coscienza dei compiti che ci vengono assegnati, realizzare il progetto di Dio su di noi e sul mondo. Quando si ascolta, non si allarga il campo delle nostre conoscenze teoriche. Si allarga il campo del nostro impegno. Anche il cristiano partecipa alla Trasfigurazione. Pure il suo volto, la sua vita può subire una trasfigurazione radicale. Questa trasfigurazione, tuttavia, è frutto di un ascolto assiduo della Parola.

 

 

GIOVEDI’ 7 AGOSTO 1997

"Voi chi dite che io sia?". (Mt. 16,15)

Gesù ha condotto i discepoli con sé, si è fatto conoscere da loro, li ha portati a riflettere ed ora pone la domanda fondamentale. Una domanda rivolta anche a noi. Ed è una domanda per rispondere alla quale non basta andare a rispolverare qualche risposta imparata a memoria nel catechismo. Per rispondere bisogna averlo incontrato, aver fatto esperienza personale con Lui. Come posso incontrarlo? Gesù è presente nella nostra vita in molti modi: la sua parola, i suoi sacramenti, la sua presenza nei fratelli, la sua Chiesa, la nostra coscienza, sono tutti segni attraverso i quali possiamo fare esperienza di Cristo e attraverso cui, anche noi come Pietro, possiamo giungere a dare la nostra risposta fatta di un atto di fede che dalle parole deve poi passare alla vita, per diventare noi, a nostra volta, testimoni del Cristo, Figlio di Dio, Salvatore.

 

 

 

VENERDI’ 8 AGOSTO 1997

"Quale vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?". (Mt. 16,26)

Spesso i lustrini del mondo ci attirano. Non siamo sempre esenti da una punta di invidia a persone che "stanno meglio di noi". Quando qualcuno ha denari, può venire spontaneo dire "Beato lui, con tutto quello che ha!". Non è detto che tutto il denaro sia cosa cattiva ma spesso certe ricchezze grondano del sudore sfruttato ai dipendenti, del sangue di altre persone e, allora, vorresti avere insieme alle ricchezze anche certi pesi terribili, sulla coscienza? Certo, molte volte farebbe comodo avere di più... ma a rischio di diventare duri di cuore, gretti di animo fino al punto di rendersi impermeabili a Dio e al grido dei poveri? Alla fine, chi è più ricco: colui che ha tanti beni ed ha perso il cuore o chi può essere tranquillo con la sua coscienza? Quando Gesù, senza disprezzare le cose e i beni, ci invita a viverne staccati, lo fa perché conosce noi uomini e le nostre debolezze e desidera che il nostro cuore possa essere libero, gustare i veri valori della vita e possa "riposare in Lui".

 

 

SABATO 9 AGOSTO 1997

"O generazione incredula e perversa! Fino a quando dovrò sopportarvi?". (Mt. 17,17)

Sembra quasi di vederlo questo Gesù che ne ha basta di gente che ricorre a Lui solo per facili miracoli. Gente che magari fa pellegrinaggi (il più delle volte "turistici") solo per ottenere qualche grazia, gente che sarebbe disposta a pagare in ceri il miracolo ottenuto, ma che non sente di voler incontrare Lui. "Padre, mi benedica la macchina perché non abbia incidenti". "lo benedico te, perché tu possa essere un onesto guidatore e possa comportarti un po’ più da credente, non solo per paura degli incidenti". "Ma, allora, lei non crede alle benedizioni, ai miracoli". lo credo ai miracoli, ne vedo tanti tutti i giorni: vedo delle coppie che avrebbero avuto tutti i motivi per dividersi che con pazienza e amore sono riuscite a ritrovare l’armonia, vedo ragazzi che perduti nella droga, con fatica enorme sono riusciti a venirne fuori, vedo peccatori incalliti che con la grazia di Dio sono cambiati, vedo gesti di condivisione che commuovono.., e questi miracoli mi convincono più di tante madonne piangenti o di miracoli a comando che avvengono tra persone esaltate. Credo nelle benedizioni, quando queste portano non solo la benedizione di Dio (che se è Padre ci protegge sempre) ma portano alla conversione... Poi se Dio, nella sua bontà, si serve di benedizioni, formule o se dà a sua Madre di apparire per condurci a Lui non posso che dire con tutto il cuore: "Deo Gratias".

 

 

DOMENICA 10 AGOSTO 1997 – 19^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno". (Gv. 6,51)

Non è difficile paragonare la nostra vita ad un cammino, un pellegrinaggio. Anche la nostra esperienza ce lo insegna: si nasce piccoli e con lo sviluppo si diventa adulti; si nasce in un luogo ma non si è perpetuamente legati ad esso. Siamo dunque in "viaggio" e non sempre questo cammino è chiaro, senza difficoltà. Gesù si fa pane di vita per essere il "viatico", pane per il cammino. Non possiamo andare a Dio senza Cristo. Ricevere l’Eucaristia è unirsi, assimilarsi a Cristo; è decidere di pensare come ha pensato Lui, mettere i nostri piedi nelle sue orme, agire come ha agito Lui. Mi viene in mente la figura di un vescovo del nostro tempo, Oscar Romero, primate della repubblica di El Salvador che, avendo difeso il suo popolo dal terrorismo di destra, ne fu anche la vittima eroica. Poco prima di essere colpito a morte presso l’altare della cattedrale di San Salvador, egli aveva rivolto ai fedeli presenti queste parole: "Questa santa Messa è un atto di fede. in questo calice il vino diventa Sangue, il. Sangue di Cristo che è prezzo della salvezza del nostro popolo. Possa questo sacrificio dare a noi il coraggio di offrire il nostro corpo per la giustizia e la pace". Terminate queste parole consacrò il pane e il vino, quindi alzò le braccia per l’elevazione. A questo punto, nel silenzio, echeggiò uno sparo, e l’Arcivescovo si accasciò al suolo, offrendo così il suo corpo sanguinante, assieme a quello pure sanguinante di Cristo, "per la giustizia e la pace".

 

 

LUNEDI’ 11 AGOSTO 1997

Il vostro Maestro non paga la tassa per il Tempio? Rispose Pietro: "Sì". (Mt. 17,24 - 25)

I discorsi sulle tasse non piacciono a nessuno. E ci sembra abbastanza strano che Gesù, Figlio di Dio, Signore dell’Universo, paghi la tassa religiosa del tempio. Eppure Gesù accetta questo perché Lui è servo di Dio ed è venuto a servire noi. E la tassa che Lui paga non è tanto quella del tempio, ma è Lui, il Tempio di Dio che si offre per noi. E noi cristiani dobbiamo pagare a Dio qualche tassa? Nessuna, fuorché riconoscere che Gesù ha pagato per noi. Se poi abbiamo capito l’amore di Dio, ecco che anche comprendiamo che l’unica moneta che siamo chiamati a spendere è quella dell’amore concreto fatto di solidarietà e di condivisione. Dio non chiede tasse fatte di soldi o di preghiere, chiede solo di lasciarci amare da Lui e condividere questo stesso amore con gli altri.

 

 

MARTEDI’ 12 AGOSTO 1997

"In verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini non entrerete nel Regno dei Cieli". (Mt. 18,3)

Gesù parla di "bambini" e ci invita a diventare "bambini". Comprendiamo facilmente che Gesù non parla di età. Gesù parla di cuore, di semplicità, di poveri, di persone sprovvedute e trascurate dai grandi, di bisognosi di ogni genere, di peccatori. Questi, davanti a Dio valgono più dei sapienti, dei ricchi, dei potenti, dei forti. Nel Regno di Dio non ci sono posti che si acquistano con i meriti, con i denari, con le spinte e le bustarelle, conta solo l’amore di Dio che guarda con amore al cuore dell’uomo e sa leggere in esso, al di là delle apparenze, la disponibilità e l’affetto. Diventare piccoli, allora non significa vivere nella timidezza, nella paura o nella "stupidaggine", significa ritrovare dentro di noi i valori veri, semplici, le esigenze primarie e definitive dell’uomo; significa smetterla di fare sempre calcoli per domandarsi quanto se ne guadagnerà, è essere disponibili a scoprire la propria precarietà, è affidarsi fiduciosi alle mani del Padre.

 

 

 

MERCOLEDI’ 13 AGOSTO 1997

"Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". (Mt. 18,20)

Sulla parola di Gesù si fondano i sacramenti: "Questo è il mio Corpo", "fate questo in memoria di me", ed abbiamo l’Eucaristia. "Tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche nei cieli", ed abbiamo la Penitenza. La Chiesa ha codificato sette segni della presenza salvifica di Gesù, ma se scorriamo il Vangelo troviamo altri "sacramenti", segni, assicurazioni di Gesù. "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". E’ un segno sicuro della presenza di Gesù, altrettanto certo dell’Eucaristia. Attenzione però alle generalizzazioni. Bisogna essere uniti nel "suo" nome. Non nel nostro nome Purtroppo certe riunioni di cristiani sono nel nome del parroco, nel nome di noi stessi e delle nostre idee... Non basta essere in chiesa o nelle aule parrocchiali per essere sicuri della presenza di Gesù! E poi, Gesù dice di "essere in mezzo . Non è quindi la garanzia della indefettibilità, è invece la presenza che ci stimola a cercarlo, a confrontarsi con Lui, e lasciarci guidare da Lui.

 

 

GIOVEDI’ 14 AGOSTO 1997

 

"Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello?". (Mt. 18,21)

La domanda di Pietro ritorna prima o poi nella vita di ogni cristiano e assume anche tanti aspetti quante sono le situazioni. "E’ sempre giusto perdonare?". E quando tu perdoni e l’altro non lo accetta o infierisce ancora di più? E quando il tuo perdono viene preso come accondiscenza al male? Anche il Vangelo non sembra poi sempre così chiaro. Ecco alcuni esempi su cui meditare: Gesù parla di giudizio finale in cui Dio salva o danna eternamente, quindi Dio non perdona a coloro che non accettano la sua misericordia. Durante la passione, quando Gesù viene schiaffeggiato, si rivolge a colui che lo ha colpito, dicendogli: "Se ho sbagliato, dimostramelo, se no, perché mi percuoti?", quindi il perdono non è mai solo far finta che non sia successo niente. Gesù, in certi momenti è particolarmente deciso contro i farisei e prende anche in mano la frusta contro i venditori del Tempio, quindi perdonare non vuol dire accettare passivamente il male e diventare conniventi con esso. Gesù, poi, distingue sempre tra peccato e peccatore, Il peccato è da condannare, il peccatore è un figlio di Dio da riportare al Padre.

 

 

VENERDI’ 15 AGOSTO 1997

"L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte". (1 Cor. 15,26)

Qualcuno ha difficoltà nell’accettare il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo. I Vangeli e gli Atti degli Apostoli non ne parlano. A me, invece, questa festa è del tutto naturale. Maria è stata scelta da Dio per portare al mondo il Salvatore. Con il suo sì è diventata la prima risposta completa e totale a Dio dell’umanità redenta. Dio, dunque, realizza per Lei quello che è il progetto che, in Gesù, ha per ciascuno di noi. L’assunzione di Maria con il suo corpo, nella maniera definitiva, è dunque un anticipo di quello che Dio vuole realizzare per noi. Questa nostra umanità povera, misera, peccatrice è destinata a partecipare in maniera piena alla vita di Dio. L’assunzione di Maria, dunque, ci parla di speranza, di cielo, ma anche di valori di terra. La nostra corporeità diventa sacra. In questa nostra vita, noi, nel corpo, possiamo generare Cristo. Il nostro corpo, le cose umane, non sono solo la zavorra dell’anima, sono il luogo concreto della nostra redenzione. Gli anni passano, il corpo si consuma, gli affetti vengono a volte feriti.., ma nulla va perso! Tutto è destinato a compimento nella vita nuova che oggi Maria, con la sua corporeità assunta al cielo, ci proclama.

 

 

SABATO 16 AGOSTO 1997

"Lasciate che i bambini vengano a me". (Mt. 19,14)

Gesù ama i bambini. Li accoglie. Sgrida coloro che li allontanano. Li pone davanti a noi come modello dell’atteggiamento con cui noi dobbiamo accogliere il Regno di Dio. Ma, mi chiedo: noi, questa società, amiamo davvero i bambini? Da una parte vediamo bambini super curati, superprotetti ma dall’altra scopriamo che i bambini vengono sfruttati. La pubblicità li usa per far leva sul sentimento e così vendere, oppure fa nascere in loro esigenze con le quali far leva sui genitori. Spesso le famiglie progettano i bambini a proprio uso e consumo e con molta facilità un bambino non programmato viene fatto fuori. Si cercano sempre più bambini belli, sani, robusti, intelligenti... gli altri valgono poco. I bambini, poi, sono impegnativi e spesso si demanda la loro educazione ad altri... E poi, pensiamo ai bambini sfruttati, a chi abusa dei bambini.., intanto i bambini contano poco, non votano, non comprano in prima persona...Qualche volta, anche da un punto di vista cristiano non amiamo i bambini: quanti genitori portano i bambini in chiesa per il Battesimo: una bella festa, i parenti, i padrini, i regalini.. ma non li portano a Gesù aiutandoli nella loro crescita a trovare una fede testimoniata e annunciata dai genitori stessi. Non basta commuoversi davanti ai bambini, ma che cosa diamo ai nostri bambini e ai bambini del mondo intero?

 

 

DOMENICA 17 AGOSTO 1997 – 20^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Come può costui darci la sua carne da mangiare?". (Gv. 6,52)

Anche noi ci facciamo la stessa domanda dei Giudei. La risposta, pur contenendo un mistero stragrande è poi molto semplice: colui che ci ha amato fino a dare la sua vita per noi, dà se stesso, il suo Corpo, la sua vita. Scopriamo allora che il termine "Comunione" si allarga a dismisura. Non è "l’andare a prender l’ostia" o ‘l’andare a prender Messa". E’ essere consci del dono, è entrare in sintonia con il Signore che ci parla, è diventare talmente "parenti" con Gesù da essere una cosa sola con Lui, è comunicare e partecipare alla sua vita, alla sua misericordia, alla sua solidarietà con tutti gli uomini. Gesù, sempre nel Vangelo di oggi, ci dice: "Colui che mangia di me, vivrà per me". Allora, essere in comunione con Gesù è anche estremamente impegnativo. Noi diventiamo Lui. Noi rappresentiamo Lui. Certo, con tutte le nostre povertà e miserie, ma con tutta la sua Grazia. Qualche volta, un po’ stupidamente, noi ci chiediamo quali siano le preghiere che dobbiamo dire dopo aver fatto la comunione. Se fossimo coscienti di ciò che ci fa la Comunione Eucaristia, in fondo non ci fideremo tanto delle parole da dire, ma dovrebbe esserci nel cuore l’ammirazione, la lode, il ringraziamento, la gioia.

 

 

LUNEDI’ 18 AGOSTO 1997

"Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?". (Mt. 19,16)

Anche noi siamo concreti: vorremmo un bell’elenco di cose per dirci cristiani, per avere il passaporto alla vita eterna. Ma la vita è imprevedibile. Non c è un manuale che copra tutte le situazioni, e allora? E’ vero che i comandamenti ci danno delle indicazioni, ma non sempre sono validi per tutto. Gesù risponde a quest’uomo buono indicando due movimenti: la spogliazione, la liberazione da ciò che ti lega troppo alle cose della terra; e l’acquisizione di Lui. E le due cose sono legate: non puoi metterti alla sequela di Gesù se sei affardellato di troppe cose. La povertà in se stessa non è una bella cosa. Diventa però valida quando serve per incontrare Colui che può riempirci di se stesso. Provate a pensare se non è vero questo anche per la Chiesa: ogni volta che ci fidiamo di noi stessi, delle nostre risorse, ogni volta che la Chiesa fa affidamento sulle cose e sul potere, si allontana "triste" da Gesù. Ogni volta che ci si fida della povertà, che si diventa semplici, si scopre la bellezza dell’amore di Dio che ci chiama a camminare gioiosamente insieme.

 

 

MARTEDI’ 19AGOSTO 1997

 

"Chi si potrà dunque salvare?". (Mt. 19,25)

Una domanda naturale quella degli Apostoli davanti alla durezza delle proposte di Gesù, ma anche una domanda che dimostra che i discepoli non hanno capito né Dio né Gesù. Non è tanto stabilire quali sono i criteri a cui riferirci per salvarci. Non ci sono regole preconfezionate, conti di "dout des", gerarchie che stabiliscano il "quanto". C’è Dio con la sua immensità, con un amore che non ha confini. C’è il Dio cui nulla è impossibile. C’è l’immensa misericordia di Gesù. Bisogna capire una cosa sola: da soli è impossibile salvarci. Non sono io che "se faccio il bene, mi salvo". Non c’è alcun bene che possa salvarmi, è la misericordia di Dio che mi salva. Se faccio il bene, lo devo fare perché amo il bene, non perché esso sia merce di scambio con Dio. Non sono io che "devo pagar pegno", il pegno lo ha già pagato Gesù.

 

 

MERCOLEDI’ 20 AGOSTO 1997

(Gli operai della prima ora) mormoravano contro il Padrone". (Mt. 20,11)

La parabola che meditiamo oggi ci aiuta a continuare la riflessione di ieri. Ci sono cristiani i quali credono che la religione consista in ciò che essi danno a Dio. Invece la religione consiste in ciò che Dio fa per noi. Esistono cristiani il cui esame di coscienza, la sera, più che a un inventario dei debiti contratti verso Dio, assomiglia a un inventano dei crediti che vantano nei confronti di Lui... e sempre bene rinfrescare la memoria a Dio... mentalità da mercenari. Incapacità congenita a considerarsi ‘servi inutili". Non capiscono che è pericoloso esigere da Dio "ciò che è giusto" (e se Lui, a sua volta, chiedesse dei conti a noi, con estremo rigore, come ce la caveremmo?). Il vero operaio, secondo il cuore di Dio, è quello che si disinteressa del salario. Gli ultimi diventano i primi perché hanno fatto cieco affidamento sulla bontà del padrone; i primi, i veterani, gli impiegati modello saranno relegati agli ultimi posti nel Regno perché hanno mercanteggiato. Dio, quando si tratta dei propri figli, non sa far di conto, sbaglia clamorosamente le operazioni, è allergico ai libri contabili, non si fida dell’aritmetica, ma unicamente della propria misericordia.

 

 

GIOVEDI’ 21 AGOSTO 1997

Il Re gli disse: "Amico come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale?". (Mt. 22,12)

Commenta questa frase A. Pronzato: Quel disgraziato della parabola si era illuso bastasse essere presente nella sala del convito, con gli stracci che si ritrovava addosso. Troppi fedeli pensano, per essere a posto, sia sufficiente andare in chiesa ogni tanto, fare la Comunione quando capita, recitare qualche preghiera recuperata nel vecchio cassone dei ricordi o cavata dal repertorio lontano del catechismo. Qualcuno addirittura è convinto di fare un piacere a Dio, assicurando la propria presenza alle funzioni liturgiche. Non si rendono conto che tutto è dono dall’alto, grazia immeritata, per cui si dovrebbe mostrare solo umile gratitudine. E soprattutto indossare una condotta adeguata, compatibile con quei doni. Alla porta di certe chiese, collocate in zone a rischio di nudità, ci sono cartelli che raccomandano — giustamente — di entrare nel luogo sacro "vestiti decentemente". Non basta, tuttavia, I responsabili — esperti o no di abbigliamento — dovrebbero rendersi conto che troppi di noi vestono "sconvenientemente" all’uscita della chiesa. Anche se non sono in spiaggia e fa freddo. Il vero problema è quello di "uscire" rivestiti di una condotta compatibile con ciò che si è celebrato.

 

 

VENERDI’ 22 AGOSTO 1997

 

"Qual è il comandamento più grande della Legge?". (Mt. 22,36)

Districarsi tra le leggi non è facile. Anche il buon ebreo non trovava facile mettere in ordine i 613 precetti della legge giudaica. Ecco quindi la domanda sul comandamento più importante. Una domanda che possiamo farci anche noi quando ci troviamo invischiati in tutta la serie di norme morali che la Chiesa ci propone. Gesù rispetta le leggi ebraiche, però non ci dà una ricetta pronto uso. Ci dà la chiave di lettura e di attuazione di ogni norma morale, valida per ogni tempo. Se sai capire che Dio ti ama e ti dà delle leggi non per opprimerti ma per indicarti la strada della felicità; se metti l’amore di Dio al primo posto, in questo amore scopri anche la gioia di poter trasmettere amore al fratello, e questa gioia diventa anche amore per te stesso, cioè perseguire il tuo vero bene. Se c’è questa coscienza non cerchi più le leggi come un qualcosa da osservare per essere buono o non incorrere in punizioni, non farai più la graduatoria tra le più importanti ma vivrai la legge come libertà per accogliere e dare amore.

 

 

SABATO 23 AGOSTO 1997

"Il più grande tra voi sia il vostro servo". (Mt. 23,11)

Lo ammetto, sono un po’ difficile, ma mi ha sempre dato fastidio usare certi termini che indicano onori ecclesiastici. Quando passo anche davanti alle Eminenze o Eccellenze me la cavo con un semplice: Buon Giorno e mi dà pure un certo fastidio sentirmi chiamare "Padre", tant’è che qualche volta, sorridendo, rispondo: "Ma, di figli, almeno per adesso, non ne ho!". Le persone dobbiamo riconoscerle per quello che sono, che esprimono e non per l’etichetta che si portano appiccicata addosso. Gli unici titoli non scritti, ma validi per noi cristiani, sono quelli di "salvati dalla misericordia di Dio" e di "servi inutili". Gesù, nel Vangelo di oggi ci riporta alla verità: se hai un compito, assolvilo secondo i doni ricevuti per il bene di tutti. Nel Regno di Dio le gerarchie hanno un solo ruolo: quello del servizio. Gesù stesso è il nostro metro: Egli è venuto non per essere servito ma per servire e per dare la sua vita per la salvezza di tutti.

 

 

DOMENICA 24 AGOSTO 1997 – 21^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". (Gv. 6,68)

Gesù non è un maestro "facile". Gli Apostoli stentano a farlo rientrare nelle proprie categorie. Ed ecco serpeggia tra loro il dubbio, gli interrogativi, il malumore. Qualcuno deluso se ne và. Gesù sente profondamente la tristezza della incomprensione e chiede ai dodici: "Volete andarvene anche voi?". Il momento più difficile è anche il momento della scelta più profonda della fede. Quando ci riesce difficile conciliare il Vangelo con la vita; quando Dio non rientra più nei nostri schemi; quando tutto sembra dirci: vale la pena credere? quando Dio sembra essere latitante davanti al nostro dolore o muto davanti ai tanti perché: ecco il momento favorevole per la fede. Non hai più nulla di tuo su cui appoggiarti, non rischi di farti un Dio su tua misura e allora puoi scegliere Lui, la sua parola. Non sai neppure dove ti condurrà... questo però è proprio il momento di fidarti di Lui.

 

 

LUNEDI’ 25 AGOSTO 1997

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti". (Mt. 23,15)

Per capire bene il senso di questi "guai!", bisogna, prima di tutto, vedere a chi sono indirizzati. Gesù si rivolge agli scribi e ai farisei. Sono le persone "per bene" di Israele, i fedeli, i puri, coloro che hanno avuto il pregio di mantenere e interpretare la tradizione religiosa di Israele. Se volete un paragone con oggi, è come se Gesù si rivolgesse a Vescovi, preti, teologi. Il "guai!" non deriva però dal ruolo di questi personaggi ma dall’uso sbagliato che essi hanno fatto della religione. La religione in modo retto serve ad esprimere il rapporto di Dio con il suo popolo e del popolo con Dio. Non deve essere invece usata per mascherare privilegi, per coprire con facciata di perbenismo il vuoto o addirittura per giustificare i propri interessi ed accrescere il proprio potere: non si può e non si deve ridurre Dio a quello che serve a noi! Chiediamoci se davvero nel nostro vivere, parlare, fare scelte etiche o morali rispettiamo Dio per quello che è, se confrontiamo la nostra vita con quella di Cristo, se non strappiamo certe pagine di Vangelo difficili, se non ci mascheriamo dietro ad atteggiamenti o riti per apparire diversi e migliori di quello che siamo.

 

 

MARTEDI’ 26 AGOSTO 1997

"Guide cieche che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello". (Mt. 23,24)

Qualche volta noi pensiamo che queste accuse di ipocrisia siano rivolte solo ai farisei, noi siamo immuni.. - Ma poi ci accorgiamo che invece il legalismo ipocrita, le discussioni sulle minuzie, tante volte tentano di coprire ancora oggi il vuoto dei valori. Ad esempio, puntualmente, ritornano le discussioni sulla Comunione in mano o in bocca. Esigere il rispetto per l’Eucaristia è importante ma conta di più la mano o la bocca o l’atteggiamento del cuore? Ricordiamo la frase di Gesù: "Non è ciò che entra nella bocca ciò che rende l’uomo impuro, ma ciò che esce dal suo cuore". Non sono le minuzie di una morale legalistica che fanno l’uomo giusto, non sono i colli torti o le mani giunte che fanno il cristiano. Non è vestendo la scimmia da uomo che per questo essa diventi uomo... e quante bestie incravattate e agghindate viaggiano oggi nel mondo!

 

 

MERCOLEDI’ 27 AGOSTO 1997

"Dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti". (Mt. 23,30)

Una delle più grandi ipocrisie che Gesù stigmatizza è quella della supponenza di essere migliori degli altri: "Se ci fossi io al Governo, sì che le cose andrebbero meglio!" "Se ci fossimo stati noi al tempo di Gesti, l’avremmo capito; di certo non sarebbe finito in croce!" "Se io fossi Papa... Se io fossi professore... lo sono me stesso, in questa storia, convivo con persone concrete, ho un ruolo concreto: lo sto vivendo da cristiano? Ce la metto tutta per essere onesto? Ho il coraggio di uscire dal coro dei luoghi comuni dell’ "intanto tutti fanno così"? Il mio accollare sempre agli altri le colpe non sarà forse un modo per mascherare il mio non fare? Si racconta nella vita di San Pietro di Alcantara che al conte d’Oropeia che deplorava il pervertimento della sua epoca, rispose: "La signoria vostra non si affligga: c’è un rimedio semplicissimo al male. Cominciamo io e voi, ad essere come dobbiamo essere e avremo rimediato per ciò che ci riguarda. Che ciascuno faccia altrettanto! La riforma sarà sicuramente efficace. li guaio è che ognuno parla di riformare gli altri e nessuno pensa a riformare se stesso".

 

 

GIOVEDI’ 28 AGOSTO 1997

"Vegliate dunque perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà". (Mt. 24,42)

Davanti e questa affermazione di Gesù si possono provare sentimenti diversi, a seconda dell’idea che si ha di Dio. Si può aver paura se si pensa che la venuta di Gesù sia quella del giudice che con la morte arriva improvvisamente per giudicarci e allora la vigilanza è simile allo stare in guardia di chi sa di correre un pericolo. Si può aver desiderio di incontrare qualcuno a lungo atteso che finalmente può arrivare per creare un incontro desiderato, ed è allora l’attesa gioiosa e speranzosa di incontrarci con lo "Sposo" che viene a realizzare le tanto attese nozze. Penso che dopo tutti i segni di amicizia, di salvezza, di donazione che Gesù ci ha dato, il nostro vegliare debba appartenere a questa seconda categoria: non attendiamo per paura (è sempre una cattiva consigliera) ma aspettiamo con fiducia Colui che essendo già venuto sta operando in mille modi per salvare l’uomo. A noi il riconoscerlo e incontrarlo.

 

 

VENERDI’ 29 AGOSTO 1997

"Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti". (Ger. 1,19)

Pensando oggi a questa affermazione nella festa del martirio di Giovanni Battista, ci sembra che non sia una promessa realizzata: Giovanni ci ha lasciato la testa. Ma se ci pensiamo bene, Giovanni è un perdente o un vittorioso? Giovanni ha vinto la grande battaglia con se stesso. Ha fatto morire se stesso per testimoniare Dio. Ha anteposto la verità al compromesso. Ha lasciato parlare in sè lo Spirito piuttosto che la propria, anche giusta, volontà umana. Ha lasciato crescere Colui che ha annunziato, ha anticipato Gesù non solo con le parole ma anche con il martirio. Nella nostra vita ci sono tante apparenti sconfitte che sono vittorie e tante vittorie che significano la sconfitta della verità e anche dell’uomo. Dio non ci propone di essere colui che ci fa andare bene le cose umanamente, ci dice che se noi ci fidiamo ciecamente di Lui, anche una sofferenza, una sconfitta umana, addirittura la nostra morte, possono diventare le più grandi Vittorie.

 

 

SABATO 30 AGOSTO 1997

"A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità". (Mt. 25,15)

I talenti, in questa parabola, non vengono guadagnati, conquistati, meritati, ma ricevuti. Tutti e tre i servi vengono accumunati in questa realtà del dono. Un dono diverso quantitativamente. Ma pur sempre dono. Per tutti. Nella vita cristiana, dunque, il punto di partenza non è rappresentato dal nulla. Non si parte da zero. "Mi sono fatto da me", proclamano, abitualmente con tono di soddisfazione, alcuni grossi personaggi, "arrivati" nei campi più diversi a posizioni di prestigio. Nella "carriera" cristiana, nessuno si è fatto da sé. L’esistenza viene costruita con materiale che ci è stato messo a disposizione, che ci è stato donato gratuitamente. Tutto è grazia. E l’impegno da parte nostra, è soltanto la risposta a un dono che ci siamo ritrovati nelle mani.

 

 

DOMENICA 31 AGOSTO 1997 – 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni". (Gc. 1,27)

Per san Giacomo, vedove e orfani rappresentano due categorie "deboli" della società in cui vive. Oggi non è difficile trovare gli equivalenti di quelle classi di "esclusi". L’importante è rendersi conto che il rapporto con Dio passa necessariamente attraverso l’attenzione al prossimo. Che non basta sentirsi a posto con Dio mediante la pratica religiosa e cultuale. Occorre trasformare la preghiera in solidarietà, fraternità, giustizia, misericordia, una liturgia che si celebra sulla strada. Dimostro di aver incontrato Dio se ho il coraggio di incontrare il fratello. Quando salta questo rapporto, la fede subisce la deformazione dell’intimismo, dello spiritualismo disincarnato. Una religiosità come alibi, evasione dalla responsabilità nei confronti dell’altro, non stabilisce certo una comunione con Dio. Un ascolto della Parola che non apra le orecchie e non renda disponibili alle sollecitazioni per la giustizia, la pace, l’unità, è sordità. Se Dio non ti fa "vedere" (ecco le vere apparizioni) il fratello da amare, il povero cui tendere la mano, il nemico da perdonare, vuol dire che Dio è scomparso dal tuo orizzonte. O meglio, che tu ti sei allontanato dagli orizzonti di Dio.

     
     
 

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