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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO 1997

 

 

 

MARTEDI’ 1 LUGLIO 1997

"Ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; e Gesù, dormiva". (Mt. 8,24)

Gesù dorme in mezzo alla tempesta. Avrà davvero avuto un sonno così pesante? Avrà solo voluto vedere come se la sarebbero cavata gli apostoli? Signore, sono in mezzo a una marea di guai e Tu dormi? Perché non intervieni? Il momento giusto sta passando e Tu resti indifferente. Penso che questo dormire di Dio non è dovuto al fatto che non gli importa di noi e neanche al fatto che non sappia le nostre debolezze. Vuole solo scuoterci dalla nostra apatia, vuole provocare la nostra fede. Perché spesso non è Gesù che dorme ma è la nostra fede che dorme. Abbiamo un Vangelo pieno di buone notizie che ci riguardano e noi lo abbiamo ridotto a pratiche religiose e a norme morali. Abbiamo speranze che odorano di vita e di eternità e noi ci fermiamo alle cose che oggi ci sono e domani non sono più. Abbiamo Gesù con noi, nella nostra barca e ci lamentiamo che per un momento è "addormentato". Non è Gesù che dobbiamo svegliare ma siamo noi che dobbiamo svegliarci!

 

 

MERCOLEDI’ 2 LUGLIO 1997

"Pregarono Gesù che si allontanasse dal loro territorio". (Mt. 8,34)

Da sempre il bene e gli affari economici non vanno d’accordo. Nel brano di Vangelo di oggi ci sono due malati che vengono guariti gratuitamente e c’è una mandria di porci che va persa: conta di più la mandria e allora Gesù che ha operato il miracolo e che attraverso questo voleva offrire la possibilità di combattere e vincere ogni forma di male, viene allontanato. Noi, qualche volta, ci lamentiamo dell’assenza di Dio nel mondo di oggi. Ma Dio sarà assente perché se ne lava le mani, o perché noi con il nostro materialismo lo abbiamo sfrattato? E quando nella nostra vita ci lamentiamo perché il Signore sembra non aiutarci, non saremo forse noi che in qualche modo non gli diamo la possibilità di operare?

 

 

GIOVEDI’ 3 LUGLIO 1997

Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio". (Gv. 20,28)

Oggi, festeggiando S. Tommaso Apostolo, mi viene facile identificarmi un po’ con questo amico di Gesù perché, almeno in qualcosa, scopro di somigliargli: nelle difficoltà di credere. Tommaso non si fida troppo della testimonianza dei suoi amici e anch’io ho spesso difficoltà ad accettare la testimonianza di una Chiesa fatta di uomini peccatori come me. Tommaso vuoi vedere e i toccare e anch’io vorrei avere sempre i prove tangibili, conferme sicure, indicazioni chiare. Ma c e anche un’altra i cosa in cui vorrei somigliare a Tommaso, ed è il suo atto di abbandono incondizionato, il suo dire con il cuore prima ancora che con le labbra: "Mio Signore e mio Dio!". Come sarebbe bello e liberante potersi abbandonare nelle mani di Gesù, riconoscere la sua forza e potenza, imparare i a cogliere i suoi segni, smetterla di i voler sempre e a tutti i costi sapere i tutto, lasciarci amare senza opporre i ostacoli, smetterla di giudicare per accogliere i fratelli. Tommaso, fratello somigliante a me nei dubbi, rendimi simile a te nella fede.

 

 

VENERDI’ 4 LUGLIO 1997

Gesù, passando, vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". (Mt. 9,9)

Quando ero ragazzo si parlava di vocazione come di qualcosa di straordinario, al punto che mi immaginavo che il Signore avrebbe dovuto parlarmi personalmente, magari in un momento di mistica preghiera. Passati tanti anni mi accorgo che il Signore "non mi ha mai parlato", mi accorgo che anche oggi stento a scoprire la volontà di Dio su di me. Ma allora, vocazione, non sarà, come per Matteo, incontrare Gesù che passa nella realtà della vita? Non sarà lasciarci trovare al tavolo del nostro lavoro quotidiano con la disponibilità di accogliere il dono della sua presenza? E non sarà forse, in questa nostra giornata, lasciarci scomodare dalle nostre abitudini, dal nostro attaccamento alle cose? Forse, sentire la vocazione è lasciarci trovare da Gesù là dove siamo e alzarsi dal nostro comodo, rendendoci conto che il regno di Dio cammina con le nostre gambe e non sui tavoli dei cambiavalute.

 

 

SABATO 5 LUGLIO 1997

"Possono, forse, gli invitati alle nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?". (Mt. 9,15)

Gesù sta parlando di noi. Siamo noi gli invitati alle nozze, alla festa di Colui che per noi è morto e risorto. Se vai ad una festa, non ci vai col muso lungo, se no rovini la tua giornata e quella degli altri. Non si può ridurre il cristianesimo a una osservanza di norme o a un noioso succedersi di riti. Il cristianesimo è gioia, amore per la vita, liberazione, perdono, speranza. Non possiamo andare a Messa come se dovessimo pagare una tassa, non possiamo pregare solo perché è un dovere, non possiamo amare il prossimo solo perché se no, il Signore non ci manda in paradiso. Il cristiano che non vive la gioia della sua fede, che non trasmette serenità o speranza a questo nostro mondo, tradisce il Cristo e i suoi doni. E se è vero che non sempre la vita ci fa ridere, almeno la serenità di non saperci soli e il sorriso nella carità devono contrassegnare la nostra fede.

 

 

DOMENICA 6 LUGLIO 1997

"Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua". (Mc. 6,4)

Una parabola orientale ci illustra quanto afferma Gesù: Sulla grande piazza era arrivato un famoso profeta. Pare dicesse cose molto interessanti. Un’occasione da non perdere. Tutti accorrevano ad ascoltare. Applaudivano entusiasti. Un grosso successo. Era il profeta che ci voleva. Col trascorrere del tempo, però, l’uditorio cominciò a sfoltirsi. Sulla piazza, abitualmente gremita cominciarono a crearsi dei vuoti. Qualcuno si stancava. Altri si infastidivano. Infatti il profeta diceva verità scomode, che disturbavano. Cose che la gente non amava sentirsi dire. Qualcuno lo insultò, altri lo derisero. Ci fu perfino chi pensò di chiamare la polizia. I più se ne andarono in silenzio, delusi. Non era quello il messaggio che si aspettavano. Rimasero in pochi. Ma lui in mezzo a quella mezza dozzina di ascoltatori distratti, continuava a gridare. Anche se mancavano gli applausi. Andò a finire che il profeta rimase solo. Ogni giorno, tuttavia, tornava in piazza a parlare. Un bottegaio, lì vicino, uscì fuori e lo interpellò: "Perché insisti a gridare? Non ti accorgi che è tutto inutile, ormai, la tua missione è fallita, la gente si è stufata di te, non vuole più saperne? A chi parli?" Il profeta rispose: "Vedi, da principio nutrivo la speranza di poterli cambiare, almeno un po’. Per questo dovevo gridare. Adesso, però, mi sono convinto che devo gridare per impedire che siano loro a cambiare me".

 

 

LUNEDI’ 7 LUGLIO 1997

"Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita". (Mt. 9,21)

Quante volte nella mia vita mi sono chiesto quale sia la vera fede e quante volte mi sono permesso di giudicare la fede altrui. Certi gesti ci sembrano più superstizioni che atti di fede, certe preghiere più parole o gesti rituali che non incontri vivificanti con Dio. Ma se è vero che certi gesti possono essere spesso frutto di ignoranza e superstizione, chi sono io per giudicare o per sapere esattamente che cosa stia dietro ad un gesto o ad un atteggiamento? Fede vuol dire fidarsi totalmente. E allora ci sarà più fede nel gesto di questa donna che vuole toccare Gesù per guarire o nella teologia che viviseziona Dio? Per essere guariti da Gesù occorrono due cose: sapere di essere malati ed essere sicuri che Lui può guarirci. Per ottenere il perdono, la guarigione dell’anima, è la stessa cosa.

 

 

MARTEDI’ 8 LUGLIO 1997

"Gesù, vedendo le folle ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore". (Mt. 9,36)

Ci sono tanti modi di guardare o di usare le folle. C’è chi giudica il successo in base al numero e la folla è usata per indicare l’indice di gradimento. C’è chi arringa la folla per portarla a fare ciò che vuole. C’è chi ha paura della folla perché la giudica una massa senza cervello... Gesù guarda alla folla con rispetto e tenerezza. Vede la folla ma vede le persone. Lui che ha vissuto concretamente le nostre esperienze sa quali sono le nostre sofferenze, le frustrazioni a cui spesso andiamo incontro, i nostri desideri, le speranze, i condizionamenti sociali, gli insuccessi... Vede la nostra fatica e le nostre stanchezze. E’ venuto proprio per questo: ricondurci in un unico gregge, farsi nostra guida, darci il conforto di un unico ovile. Anche oggi vediamo masse spostarsi (pensiamo alle lunghe colonne degli "esodi" per le vacanze), vediamo popoli interi che fuggono cercando una terra e una protezione, vediamo uomini agitarsi, correre, faticare, lottare, invecchiare spesso senza una meta, un fine. Anche oggi Gesù ci offre se stesso come guida, come pane per il cammino, come segno di speranza, di unità... Ma accettiamo noi e il nostro mondo di avere Lui come nostro Pastore?

 

 

MERCOLEDI’ 9 LUGLIO 1997

"Non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele". (Mt. 10,5—6)

Ma Gesù non è venuto perché tutti siano salvi? Come mai manda in missione gli apostoli solo al popolo di Israele? Gesù è davvero un buon maestro che vuoi far fare esperienza ai suoi discepoli. Ne limita quindi la missione, non perché la grazia non debba toccare tutti ma perché conosce i ]imiti di questi novelli missionari. Quando saranno pronti, quando avranno subito lo "scandalo" della croce, sperimentato la risurrezione, ricevuto lo Spirito Santo potranno andare a tutti i popoli. Questo metodo Gesù lo usa anche con noi. Ci dà prospettive amplissime: il nostro cuore deve battere col cuore di ogni uomo della terra, ma, con concretezza, le prime persone a cui possiamo testimoniare qualcosa sono "il prossimo" cioè chi è vicino a noi. Facciamo bene a sentire i problemi dell’evangelizzazione mondiale, ma cominciamo ad annunciare Gesù a chi ci è vicino. Commuoviamoci davanti alla fame del mondo, partecipiamo ad iniziative che operino per un’equa spartizione dei beni della terra, ma non dimentichiamoci dei poveri della nostra città, amiamo tutti ma ricordiamoci di amare prima di tutto i nostri familiari.

 

 

GIOVEDI’ 10 LUGLIO 1997

"E strada facendo, predicate che il Regno dei cieli è Vicino". (Mt. 10,7)

Ma è poi proprio vero che il Regno dei cieli è vicino? Dov’è la verità, quando si vendono per verità le più grandi bugie al più piccolo prezzo; dov’è la giustizia quando impunemente si ammazza e si calunnia? Dov’è la fede quando l’unico dio di questo mondo sembra essere il denaro e tutti i suoi derivati? Anche quando Gesù ha mandato gli Apostoli nel mondo le cose non andavano meglio. Eppure il Regno è già venuto. Gesù è già morto per noi ed è risorto per la nostra speranza. Il Regno dei cieli è sempre più vicino perché in questo mondo ci sono tanti santi che bruciano la loro vita per il bene degli altri, perché sono in tanti che pregano e che testimoniano. Il Regno non viene per la nostra organizzazione, viene per la testimonianza! Il Regno dei cieli è vicino non perché qualcuno continua a paventare l’imminente fine del mondo ma perché Cristo sta operando concretamente in noi. Quante occasioni lungo la nostra strada per annunciare il Regno: anche oggi incontrerai qualcuno che soffre, qualcuno che ha bisogno di un po’ di speranza, di un po’ del tuo tempo, del tuo conforto... Il Regno che sta venendo ha bisogno di te!

 

 

VENERDI’ 11 LUGLIO 1997

"Come il tralcio non può far frutto da solo, così anche voi se non rimanete in me...". (Gv. 15,4)

Gesù parla di frutti che il cristiano deve produrre. Ma non si tratta, genericamente, di produttività. Il problema principale non è quello di aumentare la quantità, cercare con i più moderni mezzi di "incrementare gli utili". Questa vigna, poi, non assicura guadagni e vantaggi a coloro che ne fanno parte. I frutti sono principalmente per gli altri. E’ una vigna ‘per pubblica utilità". Qualsiasi "passante" ha diritto di esigere i frutti. E i frutti coincidono sempre con l’amore. E nessuno è libero di produrre frutti adottando metodi e mezzi che più gli aggradino. E’ il Signore stesso che stabilisce rigorosamente le condizioni della fecondità. Due essenzialmente: rimanere in Lui e accettare la potatura.

 

 

SABATO 12 LUGLIO 1997

"Non li temete". (Mt. 10,26)

Gesù parla di persecuzione del cristiano. Non fa sconti. Certo: è successo così a Lui, il discepolo non può farsi illusioni. E le persecuzioni saranno quelle a livello sociale, mondiale: pensate alla Chiesa perseguitata nel mondo nel mondo. Solo nel 1994, durante la rivoluzione in Ruanda, sono stati uccisi, insieme a migliaia di cristiani, 110 sacerdoti, 48 religiosi, 23 religiose, 8 laici consacrati. Ma c’è un altro tipo di persecuzione di cui parla Gesù, quella che è vicina a noi, quella che parte dalle nostre famiglie, dai nostri conoscenti, dai parenti. Come è facile trovare accanimento nei confronti di chi opera il bene, incomprensioni, persecuzioni. Anche se ci fa male, non spaventiamoci quando incocciamo nella persecuzione: è segno che stai dando testimonianza, è segno che stai dando fastidio a qualcuno che si oppone a Gesù e a tutto quello che è il Bene. Se non ci fosse la prova, la tentazione, un po’ di persecuzione vorrebbe dire che siamo già del maligno.

 

 

DOMENICA 13 LUGLIO 1997

"E ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio". (Mc. 6,8)

So di "non essere ben fatto", infatti quando sento la parola ‘scandalo’ nei confronti della Chiesa (specialmente gerarchica) non mi vengono in mente, prima di tutto, preti o suore traditori, ricchezze del Vaticano e affini, mi viene in mente soprattutto certa mentalità pretesca e laicista che pensa di essere fedele al Vangelo fidandosi solo di se stessa, di norme ben codificate, di organizzazioni umane, di ammiccamenti sfacciati e scimmiottaggini del mondo. Mi danno enormemente fastidio le "strategie pastorali" per l’annuncio del Regno di Dio, l’acquisizione di beni inutili perché "potrebbero servire in prospettiva", le interminabili riunioni dove si discute, si viviseziona, si organizza... e per dirla con la Bibbia: si partorisce.., aria. Dal Vangelo di oggi risulta chiara una cosa sola che riguarda la missione degli apostoli e nostra: dobbiamo partire per portare... POVERTA’!

 

 

LUNEDI’ 14 LUGLIO 1997

"Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra". (Mt. 10,34)

Il messaggio del Vangelo è la pace: lo dicono gli angeli quando Gesù nasce, lo augura Gesù stesso in tutte le sue apparizioni di risorto. Eppure Gesù dice di non essere venuto a portare la pace. Chiediamoci allora, quale sia la pace di Gesù. E’ prima di tutto la pacificazione con Dio. Gesù, venendo sulla terra e presentandoci Dio come Padre suo e nostro ci dice che "Dio non ce l’ha con noi", non ci è contrario. Con la sua passione e risurrezione Gesù ci dice la misericordia e il perdono di Dio. Seconda cosa: l’uomo riacquista pienamente la dignità di figlio. Siamo tempio dello Spirito Santo, possiamo riacquistare fiducia in noi stessi: l’uomo è in pace con se stesso. La pace di Gesù è allora qualcosa di profondo, non un semplice trattato, accordo, compromesso. Però questa pace interiore scatena tutto ciò che è contrario a Dio, all’unità, quindi chi accetta la pace di Gesù è tutt’altro che immune dalle lotte e dalle persecuzioni i che, come dice Gesù, partono soprattutto da chi ti è vicino. Ma si può vivere in pace, in mezzo alle lotte? Se hai la pace di Gesù, sì! Infatti hai l’amicizia e la forza di Dio, credi all’uomo salvato e lo vedi con gli occhi di Dio, hai una speranza che supera le semplici contingenze e contrarietà del quotidiano.

 

 

MARTEDI’ 15 LUGLIO 1997

"Guai a te, Corazin! Guai a te, Betzaida!". (Mt. 11,21)

Queste maledizioni che il "dolce e buon Gesù" lancia, sono la contropartita delle "beatitudini" che Gesù ha pronunciato in altre circostanze: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio", "Beati i poveri, gli umili, i puri di cuore…" Le città che si affacciavano sul lago di Tiberiade erano state quelle che avevano avuto maggiori occasioni di ascoltare la parola di Gesù, di vedere i suoi miracoli. Avrebbero dunque dovuto rispondere maggiormente a questi doni di grazia: questa sarebbe stata la loro "beatitudine". Esse, invece, hanno rifiutato Gesù. La benedizione si trasforma in maledizione: "Maledetti coloro che non ascoltano la Parola di Dio..." "Maledetto tu che non sai cogliere i doni di Dio, i segni che Lui ti fa per parlarti. Chiediamoci: non sarò anch’io uno di quei fortunati che hanno avuto tante occasioni di conoscere, incontrare Gesù, anche nei sacramenti? E come ho preso sul serio questi doni? Quali sono le grazie particolari che ho ricevuto? E come vi rispondo?

 

 

MERCOLEDI’ 16 LUGLIO 1997

"Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". (Mt. 11,25)

Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, sa stupirsi e meravigliarsi dell’opera di Dio e il suo stupore diventa lode. Gesù loda il Padre perché si rivela ai piccoli, ai poveri. L’enormemente grande si manifesta all’enormemente piccolo, il potente si serve dell’impotenza, il Santo è riconosciuto dai peccatori. E’ lo stesso stupore adorante di Maria che vede abbassati i potenti e innalzati i miseri, che ringrazia Colui che ha fatto cose grandi in Lei, guardando alla povertà della sua serva. Se avessimo capito anche noi fino in fondo la logica del modo di operare di Dio, quanto saremmo più semplici e più felici! Perché correre fino a sfiancarci per cose che passano; perché fidarci unicamente della nostra intelligenza limitata e del nostro potere senza senso? Mosè era balbuziente, Davide un pastore, Gesù un uomo morto in croce, Pietro un peccatore, Don Bosco un contadino, Domenico Savio un bambino... E noi chi siamo? Un puntino minuscolo in un piccolo mondo sperso nell’immensità dell’universo, i ma grandi perché amati da Dio, capaci di ricevere il Corpo di Gesù, tempio dello Spirito Santo, destinati all’eternità... "Ti benedico, Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli".

 

 

GIOVEDI’ 17 LUGLIO 1997

"Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero". (Mt. 11,30)

Gesù parla di giogo. E il giogo è una cosa pesante che prelude ad un lavoro altrettanto pesante. Essere seguaci di Gesù non è uno scherzo. Con Lui non puoi mai pensare di essere tranquillo, di essere un arrivato. Seguirlo sul serio significa non avere una pietra su cui posare il capo, significa "andare fino ai confini della terra", significa sapere di essere odiati da parenti e amici, correre il rischio di essere "trascinati davanti ai tribunali", trovare la croce. Ma Gesù dice anche che il suo giogo è dolce e il suo carico leggero. Perché? Perché, intanto, quel giogo lo ha già portato Lui; perché è il giogo che ci fa addirittura collaboratori di Lui, perché è un giogo che ci unisce intimamente a Lui e "dove sono io voglio che siano anche i miei amici", perché non è il giogo della schiavitù ma dell’amore. Chi si trascina dietro il giogo del cristianesimo tra paure, compromessi, sotterfugi, brontolamenti è sfiancato dalla noia, abbattuto dalla solitudine. Chi prende il suo giogo con amore, chi lo porta per amore in stretta comunione con Gesù, non può non avere la sua forza, la sua speranza, la sua gioia.

 

 

VENERDI’ 18 LUGLIO 1997

"Ora vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio". (Mt. 12,6)

Il tempio era una casa per Dio in mezzo al suo popolo. Gesù ama il tempio, vi si reca sovente, vi predica volentieri, rispetta il sacerdozio e le norme religiose ma parla di un altro Tempio più importante. E’ Lui il Tempio di Dio, la presenza visibile di Dio sulla terra. I templi, le chiese, i tabernacoli, l’osservanza della domenica sono importanti, scandiscono il nostro rapporto con Dio, ma più importante di tutto è l’oggetto della nostra fede: Gesù Cristo. Le norme, le osservanze religiose contano se portano e arrivano a Lui. Detto in altre parole, se vado a Messa perché "devo andare", se osservo i comandamenti per non andare all’inferno o per sentirmi buono, se perdono perché non posso farne a meno, non ho ancora incontrato Gesù. Se Gesù, invece, è il Tempio nel quale confronto la mia fede, se diventa la discriminante delle mie scelte, allora incontro una persona, la legge non è più un peso, la Messa non è più un obbligo, non faccio più le cose per sentirmi "bravo", in Lui trovo la gioia, l’entusiasmo, il coraggio.

 

 

SABATO 19 LUGLIO 1997

"La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante". (Mt. 12,20)

Matteo vede realizzato il brano di Isaia in Gesù. Gesù, infatti, è venuto "non per condannare, ma per salvare", è venuto a cercare la pecorella che si era smarrita. Quante volte noi, invece di seguire Gesù, vogliamo passargli davanti e decidiamo noi di essere giudici della fede altrui. Come prete, quante volte mi chiedo se sia giusto dare dei sacramenti a persone che sembrano lontane da ogni pratica religiosa; quante volte si tranciano giudizi decretando che la fede di certe persone che frequentano santuari e ceri votivi, è solo superstizione. Gesù, invece, guarda un po’, gli unici che giudica come ipocriti sono i maggiorenti della religione, ed anche in questo caso lo dice con speranza di conversione da parte loro. Non sarebbe giusto che anche noi la smettessimo di giudicare la fede altrui, e invece ci dessimo da fare per far emergere il bene e la fede che c’è in ciascuno?

 

 

DOMENICA 20 LUGLIO 1997

"Vide molta folla e si commosse per loro perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose". (Mc. 6,34)

Gesù ama l’umanità di cui si è rivestito ed è diventato compartecipe. Si commuove davanti alle folle che lo cercano. Non era ancora fede in Lui, era la speranza di essere guariti, di avere pane da mangiare che spingeva queste folle, ma Gesù vede in questa gente che lo cerca quel desiderio profondo di giustizia, di pace, di verità che c’è nel fondo del cuore di ogni uomo. E la commozione di Gesù si trasforma in insegnamento. Noi da buoni pragmatisti diremmo: "Avrebbe potuto guarire, riempire le pance vuote!". Gesù, invece, insegna, dà un cibo che si chiama parola di Dio, suscita, almeno in qualcuno, la fede. La Chiesa, noi cristiani, che dobbiamo essere al servizio degli uomini, siamo chiamati a commuoverci e a donare, e facciamo benissimo a donare ospedali, carità, assistenza ma ricordiamoci che non basta soddisfare le esigenze materiali per rendere felice l’uomo. Noi siamo portatori, e quindi donatori, di qualcosa di molto più grande. Noi portiamo Gesù e la sua parola di salvezza: di questa soprattutto ha bisogno l’uomo.

 

 

LUNEDI’ 21 LUGLIO 1997

"Alcuni scribi e farisei interrogarono Gesù: Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". (Mt. 12,38)

E’ una domanda che noi siamo continuamente tentati di rivolgere a Dio. "Perché, o Dio, non scrivi leggibile il tuo nome nel cielo? Perché non ci dai una prova eclatante e meravigliosa della tua esistenza... di modo che ogni dubbio diventi impossibile? Gli atei e i pagani sarebbero obbligati ad inchinarsi a te, i credenti sarebbero rassicurati!". Dio non ci dà questo segno perché Egli non è come noi crediamo. Se Dio ci stupisse con un segno meraviglioso, Egli non sarebbe più il Dio che ha scelto di essere il Dio servitore degli uomini per meritare il loro amore. Dio non vuole obbligare l’uomo. Dio non vuole accattivarsi l’uomo a colpi di Potenza e di miracoli. Dio ha scelto di rispettare la libertà che Lui ha donato all’uomo. Dio ha scelto di guadagnare l’uomo morendo per lui. Egli è un Dio d’amore e noi siamo sempre tentati di affibbiargli un altro ruolo.

 

 

MARTEDI’ 22 LUGLIO 1997

"Gesù, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: Ecco mia Madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella, madre". (Mt. 12,49—50)

Rivelazione straordinaria! Il discepolo è un "parente di Gesù". Gesù offre la calda intimità della sua Famiglia agli uomini. Tra Dio e gli uomini non ci sono più solamente freddi rapporti di obbedienza e sottomissione come tra un padrone e gli schiavi. Al seguito di Gesù noi entriamo nella Sacra Famiglia e la caratteristica che ci distingue è quella di fare la volontà di Dio. Cercare e fare la volontà di Dio è entrare in intima comunione con Lui e allo stesso tempo entrare in comunione con gli innumerevoli fratelli e sorelle che anch’essi cercano di fare questa stessa volontà. Cercando la sua volontà, in tutti gli atti della mia giornata, io sono unito a tutti i "santi" della terra, a tutti i discepoli di Gesù che sono sparsi in tutti i paesi del mondo. E Maria, che fa la volontà di Dio alla perfezione, è allora davvero nostra Madre.

 

 

MERCOLEDI’ 23 LUGLIO 1997

"Ecco, il seminatore usci a seminare". (Mt. 13,3)

E’ stranissimo questo seminatore. Sembra sventato perché semina ovunque, sulla strada, sulle pietre, tra le spine e anche nel terreno buono. Sembra preoccuparsi solo della semina e dell’eventuale raccolto, neanche tanto della crescita. Eppure il modo di comportarsi di Dio è proprio cosi. Semina abbondantemente: quante volte lungo tutta la storia sacra ha parlato agli uomini nonostante le loro risposte negative; Gesù è venuto, ha parlato, ha fatto miracoli e... è finito in croce. Nella mia vita, magari malamente, ma quante volte ho annunciato la Parola, l’ho scritta, ho cercato di testimoniarla e, quali risultati visibili ho visto? E quella mamma che ha dato la vita per educare i suoi figli a dei valori e poi se li ritrova sbandati? Il seminatore ha fiducia nel seme. Dio ha fiducia nell’uomo, in ogni uomo anche se il cuore è indurito, se ci sono tanti rovi o se si vedono già gli uccelli appostati, pronti alla rapina, e continua a seminare nella speranza che almeno uno dei tanti semi che ci getta trovi una fessura in cui insinuarsi e un po’ di terra buona per poter crescere.

 

 

GIOVEDI’ 24 LUGLIO 1997

"Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono". (Mt. 13,16)

Ecco un’altra delle beatitudini di Gesù. Ma se è giusta la motivazione della beatitudine per gli apostoli che vedevano e sentivano Gesù in persona, direi che per noi dovrebbe suonare cosi: "Beati i vostri occhi se vedono e i vostri orecchi se sentono". Infatti Gesù continua a farsi vedere nel creato, nei sacramenti, nella coscienza, nei fratelli, ma noi abbiamo gli occhi giusti per vederlo? Gesù continua a parlarci attraverso la sua Parola, nel cuore, ma noi riusciamo ad intendere la sua voce in mezzo alle tante parole e al rumore della nostra vita? Una radio è perfettamente in grado di sentire e trasmettere un programma ma occorrono due cose perché questo succeda: che sia accesa e che sia sintonizzata sulla lunghezza d’onda giusta. Noi, se vogliamo realizzare la gioia di questa beatitudine dobbiamo essere "accesi", cioè disponibili alla recezione, non chiusi in noi stessi e "sintonizzati" su Gesù. E credo che queste due cose corrispondano al lasciare spazio allo Spirito Santo che è in noi e alla preghiera che apre la comunicazione tra Dio e noi.

 

 

VENERDI’ 25 LUGLIO 1997

"Noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi". (2Cor. 4,7)

Posso io, povero uomo, portare Dio e il suo messaggio? Posso io predicare il perdono, quando ho difficoltà a perdonare; parlare dell’amore di Dio, quando mi sento arido e incapace di rispondere col cuore e con la vita a Colui che mi ama? Dio ha sempre scelto la strada della debolezza. Gesù stesso "annientò se stesso e da ricco che era si fece povero per far ricchi noi". Maria riconosce che Dio "ha guardato alla povertà della sua serva ed ha fatto cose grandi in me". Non preoccupiamoci allora troppo delle nostre debolezze, impariamo a riconoscerle e a metterle nelle mani di Dio e fidiamoci di Lui: se ha scelto la nostra debolezza vuol dire che riesce a fare cose grandi in noi. Continua il brano di 5. Paolo: "Siamo tribolati ma non schiacciati; siamo colpiti ma non uccisi: portiamo nel mondo la morte di Cristo perché anche la vita di Gesù si manifesti in noi".

 

 

SABATO 26 LUGLIO 1997

"Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?" Egli rispose: "Un nemico ha fatto questo".

(Mt. 13,27—28)

Dio ha dei nemici e noi pensiamo subito al diavolo. Ed è vero, ma questo nemico si serve di tanti alleati. Infatti con Dio, o sei amico o sei contro di Lui: non ci sono vie di mezzo. Ed ecco, allora, tanti seminatori di zizzania; proviamo ad esaminarne qualche categoria chiedendoci se qualche volta non vi apparteniamo anche noi. Ci sono i seminatori della zizzania dubbi, coloro che mettono il dubbio su ogni cosa, dai dubbi intellettuali a quelli morali. Coloro che dicono sempre: "Ma sarà proprio così?" e subdolamente insinuano: "Ma ne vale la pena?". Ci sono i seminatori della zizzania violenza: per essi vale la legge del più forte, della vendetta. Ci sono i seminatori della zizzania avvelena bene: devono sporcare tutto; il bene, specialmente quello che fanno gli altri non esiste, hanno sempre secondi fini. Ci sono seminatori di zizzania, pettegolezzi: sono sempre pronti a cogliere particolari negativi veri o presunti e a ingigantirli per mettersi in mostra. L’elenco potrebbe continuare a lungo e alla fine nel campo del buon grano ci sono un bel po’ di erbacce. Bisogna non lasciarci soffocare fino al tempo della mietitura... allora ci sarà Qualcuno che ci penserà.

 

 

DOMENICA 27 LUGLIO 1997

"C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?". (Gv. 6,9)

Ci sono due modi diversi di metterci davanti alle necessità degli altri. Il modo del ragioniere che fa calcoli, studia possibilità, si spaventa e lascia perdere e il modo di chi, pur sapendo l’esiguità del suo intervento, si tira su le maniche cominciando a fare quel che può nella speranza che altri facciano anche loro la loro parte. Ho sempre avuto molti dubbi su una Chiesa che si siede per ragionare e programmare. Non dico che non sia utile ma quanti meravigliosi documenti di annuncio del Vangelo o di servizio agli altri, frutto di sedute interminabili, sono finiti a prendere polvere nelle librerie mentre la fede cristiana continua a languire e i poveri continuano ad essere poveri? Bisogna parlare, approfondire, ma intanto bisogna fare! Sono solo cinque pani ma comincia da quelli! Se il Cottolengo o don Bosco avessero aspettato ad avere i soldi, i locali, il personale, oggi non ci sarebbe il Cottolengo e non ci sarebbero i salesiani.

 

 

LUNEDI’ 28 LUGLIO 1997

"Il Regno dei cieli si può paragonare ad un granellino di senapa: esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, diventa albero e gli uccelli del cielo vi si annidano". (Mt. 13,31—32)

Un uomo, che pure si è proclamato Dio, e vissuto e morto in un paesino sperduto ai confini del grande impero di Roma. Che cos’è in confronto al mondo! Un gruppetto di semianalfabeti ha predicato la sua risurrezione e a causa della persecuzione si sono sparsi un po’ dappertutto e poco per volta si è propagata una fede. Ma ancora oggi, i credenti in Cristo sono una minoranza sia rispetto al mondo, sia rispetto a coloro che si fregiano solamente del nome cristiano: eppure, il granellino è diventato già pianta e in questi secoli molti hanno trovato rifugio e riposo trai suoi rami. Dio si serve delle cose piccole. Se so di essere piccolo è già il primo passo. Se uso le piccole cose di ogni giorno per il Regno, so di seguire la strada di Gesù. Se mi fido sempre meno di me stesso e sempre più di Dio, lascio carta bianca al suo operare.

 

 

MARTEDI’ 29 LUGLIO 1997

"Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti". (Mt. 13,4142)

Dio è paziente. Ne siamo profondamente convinti non solo per la parola di Gesù, ma anche per la nostra esperienza personale: se non fosse così che cosa ne sarebbe di noi, di questo mondo così cattivo? Ma se non è intollerante in questa vita, non è connivente con il male, deve espellerlo, e tanto peggio per chi si è identificato col male, compiendolo fino in fondo. La bontà e la misericordia di Dio vanno di pari passo con l’amore del vero e la sua giustizia. Fin che c’è tempo, possiamo essere o buon grano o zizzania. E anche chi è oppresso dalla malignità altrui ha speranza in Dio. Ma attenzione: ciò non sarà per sempre. La misericordia si cambierà in giudizio. Dio salva i suoi poveri e il bene e chi è oppresso dal male, ma il male sarà punito. Ci rendiamo conto che con le nostre scelte attuali stiamo giocandoci la vita eterna?

 

 

MERCOLEDI’ 30 LUGLIO 1997

"Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo". (Mt. 13,44)

Non è possibile ottenere il tesoro (ossia il Regno) senza acquistare anche il recipiente che lo contiene (il campo). Così succede per la Chiesa. Essa è prima di tutto il campo che contiene il tesoro. Per arrivare ad esso bisogna passare attraverso l’acquisto del campo anche se in esso vi sono ortiche, rovi, sassi e talvolta persino vipere. Credo che tra i tanti insegnamenti di queste piccole parabole di Gesù ci sia anche questo: è inutile dire "Cristo sì, Chiesa no", è inutile quel falso amore delirante della purezza che pretenderebbe di isolare il tesoro e di ricusare il campo. Con ciò non voglio dire che non ci sia niente da cambiare, e che tutto proceda per il meglio, nella migliore delle Chiese possibili, con i migliori parrocchiani che si possano desiderare, dotati dei migliori pastori o preti possibili. Ma gli amanti dell’ideale sono nemici del Regno.

 

 

GIOVEDI’ 31 LUGLIO 1997

"Il Regno dei cieli è simile ad una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci... Verranno gli Angeli e separeranno i cattivi dai buoni". (Mt. 13,47.49)

Nella parabola della rete vengono messe in evidenza due azioni distinte. La prima è la rete che raccoglie tutto e la seconda è la cernita. Lasciando a Dio questa seconda fase, fermiamoci un momento sulla prima. La rete va buttata. "Vi farò pescatori di uomini" aveva promesso Gesù agli apostoli. Un cristiano non è un buon discepolo se non butta la rete. Se la fede rimane nascosta non è fede, se la gioia del Vangelo non si comunica vuoi dire che il Vangelo non è arrivato al cuore. E non bisogna scoraggiarci di gettarla anche se, almeno all’apparenza, sembra non prendere granché o raccogliere alghe e pietre. E poi bisogna raccogliere tutto. Dobbiamo soprattutto evitare di selezionare troppo, fare la cernita. Occorre piuttosto tirare a riva tutto ciò che c’è nella rete. Non sappiamo veramente ciò che arriverà sulla sponda dell’eternità e quali saranno i criteri adottati dagli angeli. Dobbiamo, perciò, stare attenti a non anticipare la cernita finale che implica una sapienza divina.

     
     
 

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