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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MAGGIO 1997

 

 

 

GIOVEDI’ 1 MAGGIO 1997

"Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena". (Gv. 15,11)

Il mese di Maria inizia con una festa di Giuseppe, il suo sposo, e ci ricorda anche l’umile ambiente in cui è vissuta la Santa Famiglia. La famiglia regale in cui Gesù si è fatto uomo è una comune famiglia di lavoratori che vive semplicemente e onestamente con il sudore della propria fronte, nella precarietà di ogni famiglia, con grande fede e speranza in Dio, nella carità vicendevole verso i fratelli. Tutto questo ci dice che Dio non vuole allontanarci dalla nostra realtà di vita: per farsi santi non bisogna pensare esclusivamente ai monasteri, la santità la si consegue con fatica e perseveranza nel luogo dove Dio ti ha messo, nella famiglia bella o brutta che ti ritrovi, nel lavoro esaltante o ripetitivo che eserciti. Il luogo migliore della preghiera e della fede non cercarlo altrove, è nella concretezza della tua famiglia, del tuo lavoro, dei tuoi rapporti; la tua carità, prima di aprirsi al mondo intero, deve partire dal tuo prossimo, cioè da chi ti e vicino. Gesù, prima della sua vita pubblica, rimane trent’anni in famiglia, e siccome non ha ancora finito di incarnarsi, oggi attraverso te vuol essere presente nella tua famiglia e nel tuo mondo del lavoro.

 

 

VENERDI’ 2 MAGGIO 1997

"Voi siete miei amici". (Gv. 15,14)

Che bello poter essere amici nientemeno che con Gesù, il Figlio di Dio! L’amicizia terrena è una delle poche cose che rallegrano la vita ed è così raro trovarla e donarla. Ho trovato alcune frasi in un libro di Pino Pellegrino che vi riporto. Ripensiamole oggi a proposito del nostro dare e ricevere amicizia e ripensiamole anche nei confronti del nostro amico Gesù.

L’amico e come la buca delle lettere:

puoi confidargli tutto quello che vuoi, non dice niente a nessuno.

L amico e come un’oasi: ristora, ma non trattiene.

L’amico e come un camino acceso: ti avvicini per sentire meno freddo.

L’amico e come la fosforescenza: brilla di più quando tutto intorno è buio.

L’amico e come una goccia di mercurio:

per non perderla, devi tenere la mano aperta; se la chiudi, ti sfugge.

 

 

SABATO 3 MAGGIO 1997

"Io sono la Via, la Verità e la Vita". (Gv. 14,6)

Capita di incontrare delle persone che apparentemente sono sicure di se stesse, delle proprie scelte, persone che sanno propinare consigli ad ogni piè sospinto, che dicono di conoscere la via di risposta ad ogni problema. Se anche fosse vero, nessuno potrebbe mai dire: "Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita per me e per gli altri", ma al massimo potrebbe dire: ‘lo conosco qualche strada per vivere, io conosco un po’ di verità, io ho la vita di questo istante presente". Dunque è solo Dio che è verità, vita e via. Dunque, Gesù si presenta come Dio. E, quindi, se io cerco la verità, solo in Lui posso trovarla; solo passando attraverso Lui, posso giungere al Padre, e solo da Lui, Creatore e Redentore, ho la vita. Gesù non è un semplice modello a cui guardare ma è il Dio che ci dà la vita, è l’unica Verità e quindi l’unico mezzo per il quale posso arrivare alla salvezza.

 

 

DOMENICA 4 MAGGIO 1997 – 6^ DOMENICA DI PASQUA ANNO B

"Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici". (Gv. 15,15)

Gesù, con questa frase ci rivela un Dio amico. Una vita cristiana progredisce nella misura in cui si sviluppa dentro di noi il senso dell’amicizia con Dio, fino a diventare prevalente rispetto ad ogni altra concezione del nostro rapporto con Lui. Finché restiamo attestati nel territorio della paura, consideriamo Dio come nostro padrone, lo vediamo nell’ottica punitiva, pensiamo solo al suo giudizio e ci collochiamo davanti a Lui solo come servi, vuol dire che non abbiamo ancora capito nulla del progetto di amore che Lui ha nei nostri confronti. Possiamo dire di essere stati veramente toccati dalla grazia solo quando sentiamo morire in noi o almeno attenuarsi lo spirito di servitù. Il test dell’amicizia rimane fondamentale per l’autenticità del nostro cristianesimo.

 

 

LUNEDI’ 5 MAGGIO 1997

"Vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato". (Gv. 16,4)

Davanti alle prove che nascono per dare testimonianza a Cristo non possiamo dire che Gesù non ci abbia avvisati. Seguire Cristo non è viaggiare in mezzo agli onori, scegliere Lui significa accettare quanto a Lui è stato fatto. Gesù è stato non capito, osteggiato, messo in croce, ma nello stesso tempo è stato fedele alla volontà del Padre, ha trasformato la sofferenza in amore, ha vinto la morte con la risurrezione. Il cristiano perseguitato, provato sa che sta percorrendo la stessa strada di Gesù, continua con amore e con fermezza a fare la volontà del Padre, offre, come Gesù, le prove per regalare testimonianza e salvezza, con Lui muore per portare molto frutto, con Lui risorge ogni 9iorno fino alla risurrezione finale. Belle parole! Ma, ce la faremo? Gesù ci ha promesso e mandato il Consolatore. Cioè, da soli non ce la facciano a conoscere la verità, ad amare pienamente, a perdonare come Lui ha perdonato, ma con la forza dello Spirito di Gesù possiamo avvicinarci al vivere come ha vissuto Lui.

 

 

MARTEDI’ 6 MAGGIO 1997

"E Bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore". (Gv. 16,6)

Sono, queste parole, abbastanza misteriose. Proviamo a cercarne una spiegazione. Gesù, durante la sua vita terrena, e stato una "presenza" visibile di Dio. Ma questa Presenza, così utile per noi che siamo esseri corporei e sensibili, era anche allo stesso tempo un limite: a causa della sua umanità, del suo corpo, Gesù era limitato ad un certo tempo e ad un certo luogo. Gesù non poteva fare tutto cià che avrebbe desiderato fare. E ne aveva coscienza quando ha detto "è bene per voi che io me ne vada". Mandando il suo Spirito, Gesù ha coscienza di moltiplicare la sua presenza: lo Spirito non ha più alcun limite, può arrivare dappertutto. "0 Signore, manda il tuo Spirito e sì rinnoverà la faccia della terra". Lo Spirito è la presenza "segreta" di Dio... dopo la presenza visibile che è stato Gesù. Ma il "tempo dello Spirito" è anche il "tempo della Chiesa". E’ la Chiesa, siamo noi, che siamo diventati il corpo di Cristo, la sua "visibilità"... con tutto ciò che comporta, sia di limiti ed imperfezioni.., ma anche con la certezza che lo Spirito è là, con noi, animando sempre il corpo di Cristo.

 

 

MERCOLEDI’ 7 MAGGIO 1997

"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete in grado di portarne il peso". (Gv. 16,12)

Gesù vuol dirci che la fede è un cammino, è una via in sviluppo. Ci sono quotidianamente cose nuove da scoprire in Dio, un po’ come succede ad un fidanzato, a uno sposo, ad un amico nello sviluppo di una relazione di amore. Come gli apostoli, io non sono che all’inizio. Accetto, o Signore, che Tu dica così anche a me. C’è una quantità di cose che io, ora, non posso capire ma che tu mi rivelerai poco per volta se sarò fedele ad ascoltare la voce dello Spirito che parla al mio cuore e che mi parla di Te, Gesù. Fa’ che io non mi consideri mai soddisfatto, pieno di me stesso e delle mie conoscenze dottrinali. E fa’, Signore, che io pensi anche a coloro con i quali vivo. Per essi è la stessa cosa. Anch’essi sono nel cammino della fede... ci sono delle verità, delle attitudini che anch’essi devono ancora scoprire. Dammi, Signore, la tua pazienza, la tua pedagogia. Che io non metta sulle spalle di altri, pesi che essi non possono portare... che io sappia camminare al ritmo della tua grazia, al ritmo dei tuoi passi, accompagnando i miei fratelli nel loro cammino.

 

 

GIOVEDI’ 8 MAGGIO 1997

"Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà". (Gv. 16,20)

Davanti alla croce di Gesù ci sono atteggiamenti diversi. C’è il dolore, intenso, compartecipe di sua Madre che vede il proprio Figlio e il Salvatore del mondo, morire. C’è l’ammirazione del centurione che lo porta all’atto di fede: "Costui è veramente il Figlio di Dio". C’è il pianto accorato delle donne, il dolore pieno di rimorsi e di speranze deluse degli apostoli. E c e la gioia degli scribi e dei farisei che finalmente pensano di essere riusciti a far fuori colui che dava tanto fastidio, e poi c’è l’indifferenza di tanti che passano, giudicano e non solo non si accorgono di un Dio in croce, ma neanche della sofferenza di un uomo. E oggi, non succede la stessa cosa? C’è tanta gente che vede nella croce il segno della salvezza e chi si beffa della croce, chi la croce vuole abolirla non solo dai tribunali, dalle scuole, dagli ospedali ma soprattutto dal cuore degli uomini. Se, come dice il Signore, la croce di Gesù e le croci degli uomini ci rattristano, non sono però senza speranza, sono il passaggio alla risurrezione che non può che rallegrarci.

 

 

VENERDI’ 9 MAGGIO 1997

Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia". (Gv. 16,20)

Questo fu vero allora. immaginiamo la gioia di Pasqua che si trasmette da discepolo a discepolo: "E’ risorto.., la morte non l’ha avuto.., è vivo!". Ma è vero anche oggi. Riesco qualche volta, con Gesù, a fare questa esperienza di passaggio dall’afflizione alla gioia? Essere a terra, scoraggiati, abbattuti da avvenimenti negativi, incapaci di trovare una soluzione umana, bloccati nel proprio peccato, feriti da una malattia... Mettersi, non si sa perché, a pregare... fare un po’ di silenzio e parlare a Gesù... Prendere il suo vangelo e leggere con calma la prima pagina che capita sotto gli occhi... Andare a trovare un amico e parlare... andare a trovare un prete e confessarsi... Ed ecco che, qualche volta, la tristezza si cambia in gioia. Capita anche che nulla sia cambiato delle circostanze esteriori (magari il dolore o la malattia sussistono) e tuttavia la tristezza se ne è andata, cambiata in gioia. Da’ questa gioia, Signore, a tutti coloro che sono nella tristezza, una gioia che viene dopo la tristezza, una gioia che misteriosamente sia come una sorgente nata in suolo arido.

 

 

SABATO 10 MAGGIO 1997

"Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena". (Gv. 16,24)

Gesù ci dice che la preghiera può essere la fonte della gioia. Se è vero che non sempre tutte le cose che chiediamo ci vengono date, perché Dio vedendo più lontano di noi, sa ciò che è il nostro vero bene, è anche vero che se la preghiera è un rapportarci con Dio dovrebbe sempre, in ogni caso, essere un rinnovare la certezza che Dio ci ascolta, ci è vicino, ci è Padre. Se io, dunque, parlo con il Padre misericordioso, attraverso suo Figlio che mi ama fino a dare la sua vita per me, nello Spirito che è l’Amore che crea ogni cosa, non posso che essere contento, protetto, amato. Quanto è lontano questo modo di vedere la preghiera, dal nostro abituale intendere quando diciamo: "devo pregare", "devo andare a Messa", quasi che la preghiera sia un obbligo oneroso da adempiere. Con un amico ci sto bene insieme. E questo nostro amico è niente meno che il Dio della vita e della gioia!

 

 

DOMENICA 11 MAGGIO 1997 – ASCENSIONE DEL SIGNORE

"E questi saranno i segni che accompagneranno coloro che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se avranno bevuto qualche veleno, non recherà loro danno. Imporranno le mani ai malati e questi guariranno". (Mc. 16,17—18)

Gesù, salendo al cielo promette ai suoi amici tutta una serie di segni che accompagneranno la loro missione. Oggi qualcuno è imbarazzato a spiegarli, qualcun altro esasperatamente dice che questi segni ci sono ancora e che qualcuno può operarli. Credo che Dio può tutto, quindi possono esserci ancora di questi segni quando e dove Lui li ritiene necessari, non di certo a comando di qualche cristiano stregone. E poi mi pare che se guardiano bene, questi segni ancora accompagnano l’opera dei credenti missionari: il demonio viene ancora combattuto quotidianamente e vinto specialmente in quei posti dove l’amore riesce a combattere l’egoismo; le lingue nuove vengono parlate non tanto perché i cristiani siano dei poliglotti, quanto perché il linguaggio dell’amore di Cristo è universale e può toccare ogni cuore; i serpenti non sono solo quelli che strisciano ma anche coloro che sputano veleno, cattiveria, invidia e coloro che attentano al buon nome di altri e sono vinti dalla carità, dalla verità, dalla pazienza di tanti testimoni. Le malattie guarite dalla carità non sono solo quelle fisiche ma anche le innumerevoli malattie che solo la carità, la pazienza, l’affetto, la speranza riescono a lenire. E allora, coraggio, qualcuno di questi miracoli, possiamo farlo anche noi!

 

 

LUNEDI’ 12 MAGGIO 1997

"Adesso credete?". (Gv. 16,31)

Gli apostoli pensano di avere capito tutto di Gesù e allora dicono: "Abbiamo la fede". Capita di incontrare dei cristiani che con altrettanta sicurezza dicono di avere tanta fede, di conoscere tutto, e con questo si permettono di giudicare la fede altrui e quasi esigono che gli altri misurino la propria fede sulla loro: "Se tutti fossero credenti come me, il mondo andrebbe meglio!". Gesù richiama gli apostoli e noi alla concretezza. E’ facile aver fede al momento della trasfigurazione gloriosa, è facile confondere la fede con la conoscenza di una dottrina, ma quando arriva la sofferenza, il buio, il silenzio di Dio, lo scandalo della croce? Questi apostoli così baldanzosi, come si comporteranno davanti alla passione di Gesù? Signore, so che qualche benpensante si scandalizzerà, ma voglio mettere davanti a Te la mia poca fede e ti prego per me e per i miei fratelli, rafforzala! E rendici capaci, magari in mezzo ai dubbi e agli interrogativi, di fidarci di Te, anche nel momento della croce.

 

 

MARTEDI’ 13 MAGGIO 1997

"Non prego per il mondo". (Gv. 17,9)

C’è anche qualcuno per cui Gesù non prega: per il mondo. Come mai, se Gesù è venuto per salvare tutti? Gesù è venuto per ogni uomo ma non può far niente per chi si oppone a Lui. Dio vuoi salvare tutti ma rispetta la libertà di ogni uomo. Il credente, a imitazione di Gesù deve offrire a tutti, la gioia dell’amore di Dio nella speranza che questo dono venga accettato. Ma quando ci si trova davanti al rifiuto non c’è più nulla da fare. Non si può battere la testa contro il muro e neppure si deve diventare conniventi con chi non accoglie Dio e lo combatte. "0 siete con me o contro di me", dirà Gesù, non ci sono vie di mezzo! E come la mettiamo con quell’altra frase: "Pregate per i vostri nemici"? Gesù ci dice di non pregare per il mondo che ha una mentalità contraria a Dio ma ci invita a chiedere a Dio la salvezza anche di chi ci è contrario, di chi pone ostacoli: se posso fare qualcosa per la salvezza anche del nemico, devo farlo. Una volta esaurite le mie possibilità non posso far altro che affidarlo a Dio che può tutto.

 

 

MERCOLEDI’ 14 MAGGIO 1997

"Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi". (Gv. 15,16)

E’ facile cadere nell’errore di metterci al centro del mondo e anche ai centro della fede. E’ Dio che ha pensato a noi fin dall’eternità. E’ Gesù che ha offerto per me il suo amore nel sacrificio della croce. E’ ancora Gesù che ci dà gli incarichi nella Chiesa. E meno male che tutto sia così, perché è sulla misura di Dio e non degli uomini. Se io fossi padre di famiglia o sacerdote solo perché l’ho scelto io, povero me! Ma se Dio mi ha messo in questo luogo, con questo compito, vuoi dire che ha fiducia in me, si serve della mia povertà per realizzare il suo bene. Ad esempio, se due sposi si rendessero conto che non sono solo loro ad essersi scelti, ma che Dio ha scelto e voluto questa unione, quanta forza in più per affrontare problemi e difficoltà!

 

 

GIOVEDI’ 15 MAGGIO 1997

"Prego per quelli che crederanno in me, perché tutti siano una cosa sola". (Gv. 17,21)

Gesù ha pregato e prega per noi. La sua venuta, la sua passione, la sua risurrezione non sono solo un evento della storia passata. E’ venuto per me, ha sofferto per me, ha pregato per me, è risorto per me affinché io sia una cosa sola con Lui e affinché noi siamo una cosa sola tra noi. Il desiderio di Gesù è che in Lui ogni divisione sia superata, ogni discordia sia vinta nell’amore e che tutti coloro che riconoscono Lui come Salvatore possano davvero essere uno con Lui nel Padre. Come mai, allora, nella Chiesa e tra i cristiani ci sono tante divisioni? Perché, purtroppo, spesso, invece di guardare a Gesù, i cosiddetti credenti hanno guardato a se stessi e ai propri interessi. Perché spesso anche tra noi prevale il nostro giudizio piuttosto che la misericordia di Dio, perché preferiamo salvare la forma, invece che la sostanza. Nella Bibbia, Dio è uno mentre è il maligno che viene chiamato "il divisore"

 

 

VENERDI’ 16 MAGGIO 1997

"Simone di Giovanni, mi ami più di costoro?". (Gv. 21,15)

Il peccato è vinto dall’amore. Quel Gesù che ha vinto il peccato offrendo per amore se stesso sulla croce non è con il dito puntato contro Pietro per rinfacciargli il suo rinnegamento, chiede solo a Pietro un amore più grande; non lo degrada, non lo allontana, gli dà ancora fiducia, anzi rinnova la sua vocazione e il suo servizio ai fratelli: deve solo amare di più. Già alla peccatrice Gesù aveva detto: "molto le è perdonato, perché molto ha amato". E’ inutile stare a crogiolarsi nel peccato e nei suoi sensi di colpa, tanto meno serve solo piangersi addosso o addirittura disperare di essere perdonati. L’unico modo per vincere il peccato è fidarsi di chi lo perdona e trasformarlo in grazia e amore. Anche religiosamente trasformiamo le nostre confessioni da elenchi di peccati, da momenti di autocompiacimento o auto giustificazione in momenti di conversione che riconoscendo il male lo vincono trasformandolo in amore gioioso.

 

 

SABATO 17 MAGGIO 1997

"Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere". (Gv. 21,25)

San Giovanni, l’evangelista, era il più giovane degli apostoli di Gesù. E’ stato colui che ha amato Gesù di una amicizia profonda ed è anche stato colui che ha vissuto più a lungo di tutti. Ha quindi avuto tempo per meditare e approfondire vita e insegnamenti del Cristo, e al termine del suo Vangelo, ci dice: "lo ho vissuto con Lui, ho meditato su di Lui tutta la vita ed ora mi accorgo che Gesù è sempre nuovo, c e sempre da approfondirlo, ha sempre qualcosa di nuovo da dirci e da darci". Dopo tanti anni che leggo il Vangelo, che cerco di meditarlo e di annunciarlo agli altri, mi stupisco nello scoprire che, ogni volta che mi apro a Lui, ha sempre qualcosa di nuovo da suggerirmi, da svelarmi di se stesso: Dio è inesauribile nel suo amore. Bisogna solo non ridurlo ad abitudine, a semplice religiosità. Fermati! Oggi Gesù passa, nuovo, nella tua vita. Se vuoi puoi incontrarlo e provare la gioia nuova che è venuto a portarti.

 

 

DOMENICA 18 MAGGIO 1997 - PENTECOSTE

"La folla rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua". (At 2,8)

La festa di Pentecoste è tutta una serie di doni, infatti lo Spirito di Gesù è amore e quindi donazione. E c’è anche un dono particolare per gli apostoli, quello di parlare in lingue. Ma a proposito di questo penso che la meraviglia degli ascoltatori "cosmopoliti" che si trovavano a Gerusalemme non riguardasse soltanto il fatto di ascoltare un messaggio nel proprio idioma nativo (una specie di "traduzione simultanea"), ma fosse qualcosa di più. Era percepire una parola diversa dalle altre, una parola che veniva da lontano, che provocava una profonda risonanza interiore. Si trattava di una parola che ristabiliva il contatto con Dio, risvegliava qualcosa dentro, accendeva una nostalgia, colmava un desiderio di luce custodito nel cuore. La parola di Dio è "internazionale", può giungere al cuore di tutti perché ogni cuore, anche il tuo, è fatto da Dio e a Dio può ritornare.

 

 

LUNEDI’ 19 MAGGIO 1997

"Se uno vuoi essere il primo, sia l’ultimo di tutti". (Mc. 9,35)

 

RICERCA DI DIO

Uno scienziato s’impegnò per anni e anni nel cercare Dio con i metodi della scienza. Non essendo riuscito nella sua impresa, si accanì contro tutti i credenti di ogni religione, sbeffeggiandoli e irridendoli. Un giorno, mentre passeggiava in un bosco, scorse un contadino che pregava inginocchiato davanti a una cappella.

— Poveretto! — gli disse — perché cerchi qualcosa che non c’è? — Chi sei tu che mi parli così? — gli chiese l’uomo. — Io sono uno che mi sono tuffato infinite volte in infiniti mondi per trovare Dio, e ti assicuro: Dio non c’é - Il contadino rispose: — Se non sei riuscito a trovare la perla con i tuoi tuffi, non dare la colpa all’oceano; da’ la colpa a te stesso. Non ti sei tuffato ancora abbastanza profondamente. — Perché — gli fece lo scienziato — tu forse l’hai trovato? e in quale oceano? — In quell’oceano che è il più vasto e infinito di tutti, e, insieme, il più piccolo di tutti — e nel dir questo gl’indicò il proprio cuore.

 

 

MARTEDI’ 20 MAGGIO 1997

"Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri". (Mc. 9,38)

La tentazione del settarismo, del gruppo elitario ed esclusivo era già presente anche nel gruppo dei Dodici. Un uomo caccia i demoni nel nome di Gesù, ma non e dei nostri Questa situazione è molto frequente e molto attuale nella Chiesa di oggi perché certamente la grazia di Cristo è all’opera ben al di là delle strutture visibili della Chiesa. Lavorare per Cristo, compiere azioni che vanno nel senso di Cristo, è già una cosa buona che permette di camminare verso una conoscenza e una parola conforme a Cristo. Per molti uomini del nostro tempo è il retto agire, il serio impegno di coscienza che può diventare in seguito una scoperta più esplicita di Cristo. E chi siamo noi per giudicare? per impedire il bene? Gesù ci invita a superare i settarismi, le etichette e ad aver fiducia nello Spirito Santo e a vedere e gioire della sua opera in ogni uomo. Lo Spirito soffia dove vuole, non siamogli di ostacolo.

 

 

MERCOLEDI’ 21 MAGGIO 1997

"Abbiate sale in voi stessi". (Mc. 9,50)

Ritorna sovente nel Vangelo il paragone del sale. Esso serviva per purificare, per conservare, per dare gusto. Gesù chiedendoci di essere "salati" vuole dirci proprio questo.

  1. Hai bisogno di purificarti. Purificare la fede dalle superstizioni, le idolatrie, le ipocrisie, le false esteriorità, i legalismi formali. Purificare la tua vita da ciò che è superficiale e allontana da Dio. Credere in Dio non è solo adesione di intelletto, non è iscrizione ad una religione, è abbracciare Dio nel suo mistero, è aderire a Lui anche quando ci sembra lontano.

  2. Hai bisogno di conservare con purezza la fede. E’ un dono prezioso ma fragile. San Paolo se ne rendeva ben conto quando ci diceva: "Chi sta in piedi, badi a non cadere".

  3. Hai bisogno di dar gusto alla tua vita e di espandere attorno a te il gusto della vita e della fede. Quanti cristiani insipidi ci sono al mondo. Dicono di credere in Cristo e pensano solo a se stessi, vanno in chiesa nelle solennità per far vedere fede e vestiti nuovi e schifano davanti a chi non ha "cultura" come loro, si fregiano di appartenere a gruppi di impegno cristiano, dove l’unico impegno è quello di parlarsi addosso. Hai bisogno di un po’ di fede che si veda; è ora di uscire dalle sacrestie e dagli individualismi (anche quelli mistici). Gesù conta su di te.

 

GIOVEDI’ 22 MAGGIO 1997

"E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?". (Mc. 10,2)

"Ha ancora senso parlare di indissolubilità del matrimonio in questa nostra società? Nella mia classe  mi diceva una maestra — su 21 bambini ben dodici sono figli di divorziati e separati". E’ verissimo: facciamo un rapido esame delle coppie che conosciamo e scopriremo quante di esse vivono nel matrimonio e quante in situazioni diverse. Tra gli stessi fidanzati che vengono in chiesa a chiedere il matrimonio, aleggia spesso la frase: "Se la và la và, se no ci penseremo. Gesù non fa sconti alla mentalità divorzista di allora e neanche a quella di oggi, ci invita invece a ripensare con serietà alla sacralità del matrimonio. E questo non è per metterci un cappio al collo ma per riconoscere il progetto di Dio nella famiglia e per imparare il rispetto vicendevole che certamente richiederà anche tanta fatica, ma che diventa così a misura dell’amore che intercorre nella Trinità e che quindi davvero può chiamarsi come dice il Concilio: "vera chiesa domestica".

 

 

VENERDI’ 23 MAGGIO 1997

"Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso". (Mc. 10,15)

Ci sono modi diversi di guardare ai bambini. C’è chi prova tenerezza, speranza di futuro, nostalgia di infanzia o di semplicità. C’è chi guarda ad essi con fastidio, con sufficienza. C’è chi sfrutta i bambini, I bambini poi sanno essere simpatici, accattivanti, noiosi, petulanti... Perché, allora, Gesù li indica a noi come modello per entrare nel Regno dei cieli? Perché il bambino ha bisogno di tutto: cibo, protezione, tenerezza, e noi abbiamo bisogno di tutto. Il bambino è recettivo, è capace di meraviglia e di gioia e questi sono i doni che Dio vuole farci. Il bambino può essere anche noioso e petulante ma Gesù ama coloro che "bussano finché sia aperto", che "chiedono con insistenza per ottenere". Diventare come bambini non è allora elevare a ideale l’innocenza del bambino, quanto piuttosto il sentirsi piccoli, l’essere recettivi, insieme al ricominciare umilmente da capo, come nel Vangelo di Giovanni dove Gesù dice a Nicodemo: "Se uno non nasce di nuovo, non può vedere il Regno di Dio".

 

 

SABATO 24 MAGGIO 1997

"Andate e battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". (Mt. 28,19)

Il segno della croce ci avvolge come un mantello fin dal giorno del nostro Battesimo. Dio ci ama talmente che ha manifestato per noi il suo nome di Padre, si è fatto conoscere come Figlio che dà la vita per noi sulla croce, come Spirito che dà la vita. Per me, il mistero della Trinità non un qualcosa da conoscere con l’intelligenza: ci perderemo; è un qualcosa di intimo, è Dio che mi ama al punto da consegnarmi la sua intimità e di farmi partecipe di se stesso: Dio è mio Padre, l’Onnipotente è il Misericordioso che si china su di me; in Lui posso scoprire l’umanità come fratellanza, Gesù fatto uomo, infatti ha sposato la nostra umanità ed è il fratello in cui ci riconosciamo fratelli. La sua creazione vive nello Spirito che ci è donato e abita in noi. In Dio, dunque noi ci muoviamo e siamo. Dio lo incontro e vive in me stesso, negli altri, nel mondo: Dio non mi è estraneo.

 

 

DOMENICA 25 MAGGIO 1997 – SANTISSIMA TRINITA’

"E’ più facile che un cammello passi per una cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio". (Mc. 10,25)

Un uomo e una donna portarono un giorno le loro lamentele a giudizio da un saggio rabbino.

"Mio marito", singhiozzò la donna, "è uscito di senno. Polverizza le nostre ricchezze in carità e doni. Potremmo vivere nell’agio, ed invece siamo costretti a mendicare un tozzo di pane "Mio fratello, invece", sospirò l’uomo, ‘‘non presta ascolto alle mie preghiere. Ho un figlio molto malato e ho chiesto invano un piccolo aiuto in denaro". Il rabbino volle indagare personalmente sulle ragioni di tali condotte; ascoltò perciò con attenzione le difese dei responsabili. Il marito dichiarò di temere una morte prematura; suo unico cruccio era assicurarsi la salvezza dell’anima per mezzo di elemosine ed elargizioni. Il ricco fratello dichiarò di temere sopra ogni altra cosa una vecchiaia di stenti e miseria; a scongiura di ciò, egli si impegnava nel risparmio di ogni singolo danaro. "Possa il Signore proteggervi da quel che più temete", disse il rabbino a conclusione della visita. Ed il Signore non tardò ad accogliere questa preghiera... Il filantropo che temeva una morte prematura, visse fino a tardissima età, elargendo ogni bene... ogni dove. E all’avaro fu risparmiata una meschina vecchiaia. Infatti morì di accidente pochi mesi dopo.

 

 

LUNEDI’ 26 MAGGIO 1997

"Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". (Mc. 10,28)

Pietro ha la mentalità del contabile e chiede a Gesù quale sia il premio riservato a coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo. La mentalità del dare e avere non gli permette di vedere ciò che ha già: ha il Figlio di Dio che lo salva, che lo ha scelto, che gli dà degli incarichi e dei doni. Anche noi, dopo una "buona azione", vorremmo avere subito un premio e quando tarda a venire ci lamentiamo e qualche volta ci scappa la frase "Ma, allora, vale la pena essere buoni?". Facendo così vanifichiamo il bene fatto e ci impediamo di vedere il valore del bene in se stesso. Gesù dice chiaramente che chi fa il bene è già premiato dal bene stesso; chi sceglie Gesù ha come premio e gioia Gesù stesso, e in Gesù trova anche il suo senso di eternità.

 

 

MARTEDI’ 27 MAGGIO 1997

"Potete bere il calice che io bevo?". Gli risposero: "Lo possiamo". (Mc. 10,38)

Il momento dell’entusiasmo è facile: "Gesù, possiamo seguirti ovunque!" "Gesù, ti amo con tutto il cuore!". E’ facile dire a Gesù: "Posso e voglio bere il tuo calice", ma poi arrivano certi momenti lunghi e difficili... Nell’entusiasmo e nell’amore ho detto a quel figlio: "Ti aiuterò ad uscire dal tunnel della droga". Passano mesi e niente cambia, mi ritrovo sempre davanti alle stesse bugie, ho dato fondo a tutte le mie risorse. Ho detto a Dio: "Ti offro questa mia sofferenza" e l’ho detto convinto, ma la malattia mi debilita, le forze vengono meno, gli amici si allontanano, neppure la preghiera sembra portare un po’ di serenità... Ormai Tu, Signore, lo sai. Te l’ho ripetuto tante volte: "Promesse non te ne faccio più. Troppe volte mi sono accorto che le mie povere forze e le mie debolezze non mi hanno permesso di mantenerle. Invece di prometterti, chiedo la tua luce, la tua forza perché se in me trovo il desiderio di servirti ma anche la mia debolezza, so che "nulla e impossibile a Dio" che si serve "delle cose deboli per confondere quelle forti".

 

 

 

MERCOLEDI’ 28 MAGGIO 1997

"E subito il cieco riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada". (Mc. 10,52)

Mi sembra particolarmente significativa questa frase del Vangelo di Marco che conclude il racconto della guarigione del cieco di Gerico. Per prima cosa ci dice che i miracoli di Gesù sono indirizzati sì a sanare i mali fisici, ma vogliono portare ad una guarigione del cuore e dell’uomo nella sua totalità. E poi ci dice che questo cieco riacquista la vista degli occhi e del cuore che gli permette di seguire Gesù. In questo senso siamo tutti ciechi che abbiamo bisogno di riacquistare la vista. Gesù c’è nella nostra vita, ma spesso stentiamo a riconoscerlo specialmente quando viene a noi nelle vesti di un prossimo difficile, quando non riusciamo a comprendere nei fatti della nostra vita quale sia la sua volontà. Farci aprire gli occhi da Gesù significa chiedere il dono della fede che ci permetta di vedere e il dono della volontà che ci dia la capacità di seguirlo concretamente.

 

 

GIOVEDI’ 29 MAGGIO 1997

"Si avvicinò al fico per vedere se mai vi trovasse qualche frutto, ma non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. Egli disse: Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti". (Mc. 11,13)

Un fatto a prima vista assurdo e inspiegabile quello della maledizione del fico. Belle pretese ha Gesù di trovare fichi quando non è stagione, e poi, perché la maledizione ad una povera pianta che non ne può nulla? Siamo davanti ad un gesto simbolico. Gesù è entrato in Gerusalemme accolto da grida osannanti che nel giro di pochi giorni si tramutano in urla di condanna a morte. Ha pianto sulla città tanto amata che uccide i suoi profeti. Il suo popolo tanto amato, curato da Dio attraverso i patriarchi, i profeti, non ha reso frutti e non sa neppure accettare il frutto di Gesù. La maledizione del fico è dunque la consapevolezza di Gesù che il suo popolo ha rifiutato l’alleanza, che in quell’albero non si possono più cercare frutti. E se Gesù viene oggi a cercare frutti di fede, di giustizia, di carità nella mia vita, che cosa trova? Forse le foglie dell’apparenza, dell’appartenenza religiosa, dell’osservanza formale ci sono, ma ci sono anche frutti concreti o, da soli, attiriamo su di noi la maledizione della sterilità?

 

 

VENERDI’ 30 MAGGIO 1997

"In quei giorni Maria si mise in viaggio". (Lc. 1,39)

Maria va a trovare sua cugina Elisabetta, per sincerarsi dell’opera di Dio in lei ma anche per portare il suo aiuto all’anziana parente. Facendo questo, Maria porta e dona se stessa e Gesù che è in Lei. Da allora Maria è in viaggio per incontrare i suoi figli, per mettersi a loro disposizione, per portare Gesù. Se accogli in te Maria, lei sarà per te una Madre sempre disponibile, molto delicata e nel contempo esigente, pronta a consigliarti e a guidarti ad Ogni istante. Maria eserciterà la sua azione soprattutto nella guida Spirituale, perché la sua missione è quella di favorire in te la crescita del Cristo. Essa ti dispone ad accogliere le ispirazioni e mozioni dello Spirito Santo. Chissà, se nel tuo cuore, sei disposto, come Elisabetta, a meravigliarti e gioire per questa visita: "A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? Il mio cuore ha esultato dì gioia appena le tue parole Sono giunte alle mie orecchie"

     
     
 

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