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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MARZO 1997

 

 

 

SABATO 1 MARZO 1997

"Dopo non molti giorni il figlio partì per un paese lontano e sperperò le sue sostanze". (Lc. 15,13)

Forse noi non siamo mai andati lontano da casa come il figliol prodigo della parabola, ma se ci pensiamo bene, e probabile che abbiamo anche noi sperperato tante ricchezze: il tempo, la Capacità, i talenti, le infinite occasioni di bene. lì nostro peccato più continuato è quello di omissione, quello di non vivere a fondo il nostro impegno di uomini e di credenti. Il passare del tempo, spesso ci fa tristezza e non solo per l’accumularsi di anni, ma ancor più per il rimpianto delle cose non fatte, delle occasioni mancate. Umanamente non è rimedio per il tempo perduto, per le ricchezze sperperate, ma la parabola parla di festa per chi, come il prodigo, ritorna povero e lacero alla casa di origine: è un ritorno alla vita, Il rimpianto umano è sempre difficile da cancellare; può essere però compensato da una rinnovata intensità nel vivere. Ci si può ancora rivestire dell’abito da festa: festa di un amore ritrovato, di una fede riscoperta, di una vita che ha trovato finalmente il suo senso. Solo la sapienza e l’amore del Padre possono compiere il miracolo di ridar vita al tempo perduto.

 

 

DOMENICA 2 MARZO 1997

"Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del Tempio". (Gv. 2,15)

Gesù si indigna e se la prende contro i profanatori del Tempio. Anche noi, giustamente ci sentiamo indignati quando sentiamo che qualcuno profana le chiese, usa malamente dell’Eucaristia, assalta i sacerdoti. Ma c’è anche un’altra "profanazione del tempio" che deve indignarci, farci ribellare e farci agire. Noi siamo il tempio di Dio. Quando si approfitta del corpo di qualcuno, si profana il tempio di Dio. Quando si abusa del corpo di innocenti per le proprie bramosie egoistiche, quando si sfrutta indegnamente il lavoro di altri, quando si abusa di se stessi con la droga o con l’alcool, quando si attenta alla propria o alla altrui salute magari guidando spericolatamente. Sono tutte profanazioni del tempio di Dio che meritano le "frustate di Gesù", e devono farci agire, denunciare prontamente, trovarci pronti a pagare magari di persona. il nostro e l’ altrui corpo, il lavoro, la vita, sono sacri quanto il tabernacolo e l’Eucaristia; chi attenta ad essi o li commercializza per i propri fini egoistici, fa "abuso di Dio".

 

 

LUNEDI’ 3 MARZO 1997

"Nessun profeta è bene accetto in patria". (Lc. 4,24)

I profeti dell’Antico Testamento avevano un messaggio che superava la loro persona; Gesù è la parola di Dio che supera ogni ragionamento umano; i santi sono stati sempre scomodi perché hanno testimoniato un mondo fondato su Dio; i veri cristiani danno fastidio perché non si intruppano. Ed ecco che la sorte dei profeti, di Gesù, dei santi, dei cristiani è quella di non essere accettati da molti. Ma il segno che queste persone hanno lasciato rimane indelebile, anche se difficile: dietro ai profeti rimane un resto del popolo di Israele che cerca la fedeltà a Dio; a coloro che hanno accolto Gesù "Dio ha dato il potere di essere figli di Dio"; i santi hanno generato santità attorno a loro; i veri cristiani fanno brillare la santità di Dio e del suo regno. Non bisogna allora spaventarsi davanti alle difficoltà che incontriamo quando vogliamo essere fedeli al Vangelo. E’ normale che il bene susciti opposizione: è il male che si sente portare via una fetta del suo potere. Bisogna solo perseverare, consapevoli della nostra debolezza, ma sicuri della forza di Dio.

 

 

MARTEDI’ 4 MARZO 1997

"Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". (Mt. 18,21)

Ci aiuta nella riflessione un brano di A. Pronzato:

Forse la domanda scaturiva da una ennesima disputa accesasi tra i discepoli. Oppure Pietro, quel giorno, si sentiva in vena di generosità e si è fatto avanti con una cifra, sette — il numero della perfezione della pienezza divina —, che doveva sembrargli perfino eccessiva. "Non ti dico fino a sette..E Pietro avrà tirato un sospiro di sollievo. Gesù stava abbassando le tariffe. Ma il sorriso di compiacimento gli si spegne subito sulle labbra quando sente: "... ma fino a settanta volte sette." Una moltiplicazione il cui risultato non dà una cifra, ma un avverbio: sempre! E Pietro è costretto a prendere atto che il perdono non ha un calmiere, un tariffario, delle limitazioni. Si passa la vita perdonando. A tutti. Tutte Le volte che.., Non: per questa volta si, ma in un altra occasione non la passerai liscia. Quell’individuo sì, quell’altro invece è escluso. Sempre e tutti. Il perdono non può essere un atto eroico, isolato, l’eccezionale prodotto rare volte. Dovrebbe rappresentare una costante, l’elemento normalità nella vita del credente.

 

 

MERCOLEDI’ 5 MARZO 1997

"Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento". (Mt. 5,17)

Gesù è l’uomo più libero che sia esistito ed ha insegnato a noi uomini il cammino della libertà vera. Eppure dice di non essere venuto ad abolire neanche il minimo precetto della legge antica. Sembra un controsenso ma questo è dovuto al falso concetto di libertà che spesso noi abbiamo. Mi è capitato spesso sentire definire la libertà come: "Fare ciò che voglio". Libertà per Gesù è invece realizzare il progetto di uomo secondo la volontà di Dio. il piano di Dio è un piano amorevole nei nostri confronti. Egli desidera che noi, individualmente e come comunità di suoi figli, troviamo il senso della vita e incontriamo Lui, pienezza della nostra realizzazione. Per questo la Bibbia racconta la sua e la nostra storia della salvezza. La legge di Dio, allora, non è un peso, il vincolo di un padrone che per tener buoni i suoi schiavi, impone norme e pene, è la strada della vera libertà. Gesù, come uomo libero, accetta la legge di Dio e la osserva perché è in essa che realizza la volontà del Padre. io sarò perfettamente libero e aiuterò i miei fratelli nella libertà se accetterò la legge di Dio non come imposizione ma come dono di Dio per giungere liberamente a Lui. La legge del peccato ci rende schiavi del peccato, la legge di Dio ci rende capaci di Dio stesso.

 

 

GIOVEDI’ 6 MARZO 1997

"Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra". (Lc. 11,17)

C’è una stretta connessione tra l’essere divisi e andare in rovina. Nel Vangelo è detto per i regni della terra, ma lo stesso può dirsi per tutte le realtà umane. Nella divisione c’è sempre un senso di fallimento, di distruzione. Fanno tristezza le famiglie che si dividono e le amicizie che si rompono. Un amore diviso genera pena, infelicità; una personalità divisa è distrutta. Un mondo politicamente, economicamente diviso richiede lotte, spesso terribili e distruttrici, e in ogni lotta anche il vincitore è un vinto. Cristo è stato deluso nel suo desiderio più cocente, quello per cui ha accoratamente pregato nella sua ultima cena: "Che siano una cosa sola", pensava ai discepoli e a noi in termini di unità e noi non ne siamo stati capaci; anche come cristiani siamo divisi. La ricerca dell’unità deve essere la nostra aspirazione per ottenere la pace, unità nella famiglia che parte dal rispetto dell’altro, unità nella Chiesa che vuoI dire rispettare Dio e il ruolo di ogni persona.

 

 

VENERDI’ 7 MARZO 1997

Uno degli scribi gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". (Mt. 12,28)

Sappiamo benissimo quale è stata la risposta di Gesù e come Lui sintetizzi tutta la legge nel comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. A questo proposito ecco una esperienza riflessione di G. Ciravegna: Sono andato una volta in un istituto per minorenni. C’erano tre ragazzi omicidi: uno aveva ucciso il papà, uno aveva ucciso la fidanzata, uno non ricordo chi. Uscito sono rimasto un po’ stordito ed ho detto: "Signore, ma come è possibile questo?". Poi mi sono dato una spiegazione: la massima parte di quei ragazzi non era mai stata sulle ginocchia di una mamma, non aveva mai giocato con un papà, non aveva mai litigato con dei fratelli. Questi ragazzi sono poi stati condannati, e dovevano esserlo perché erano responsabili, ma dietro il banco degli imputati dovevano esserci anche tutti coloro che al momento opportuno hanno detto: "No, non ti voglio". Che voglia di un mondo diverso! Dio ha creato la famiglia, noi abbiamo inventato gli istituti. Dio ha creato la famiglia, noi abbiamo inventato i ricoveri per i vecchi. Dio ha creato la famiglia, noi abbiamo creato i manicomi. Dio ha creato la famiglia, noi abbiamo creato i dormitori pubblici.

 

 

SABATO 8 MARZO 1997

"Due uomini salirono al Tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano". (Lc. 18,10)

Una prima osservazione: sono due persone che sentono il bisogno di pregare. Oggi non sempre questa esigenza è sentita. C’è tempo per la televisione, per lavare la macchina, per... ma per Dio, per la Messa, il tempo non c’è. Poi, anche tra chi ha deciso di pregare, quello che conta sono gli atteggiamenti interiori. li fariseo è talmente convinto del suo ruolo di "perfetto", di "difensore dell’ortodossia" che, una volta salito al Tempio per pregare, invece che incontrare Dio e parlare con Lui, incontra e parla solo con se stesso. E sì, perché nella preghiera c’è questo rischio in quanto, almeno verbalmente, il Signore non risponde ed è facile cadere nel monologo egoistico. Il pubblicano, invece, vuole incontrare Dio perché riconosce che solo Lui può perdonano, ha bisogno di Dio, è consapevole della propria miseria. In fondo questa parabola viene a dirci che la preghiera esiste solo quando i due interlocutori di essa stanno al posto giusto: Dio è riconosciuto nella sua trascendenza e misericordia e l’uomo nella sua povertà e miseria bisognosa di tutto.

 

 

DOMENICA 9 MARZO 1997

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". (Gv. 3,16)

Questa affermazione è il culmine della fede. Quando si parla di credere, normalmente viene in mente una lista di verità, di dogmi cui aderire. Il credente, invece, prima di tutto crede a un fatto: l’amore di Dio manifestato nel dono del Figlio. Uno ha fede se crede, principalmente, all’amore. Se crede che Dio ama il mondo, ama tutti gli uomini, ama ciascuno di noi. E accanto all’amore, l’immagine ruvida della croce: ecco il modo con cui Cristo ha dimostrato il. suo amore per il mondo. La croce dice un amore sconfitto, eppure vittorioso. Umiliato, eppure circonfuso di gloria. Tradito, eppure fedele. Il credente trova salvezza guardando a questo amore crocifisso. Ma questo dono può essere accolto o rifiutato. Per cui il giudizio non è rimandato alla fine dei tempi: avviene già qui, ora, sulla terra. Ed è l’uomo stesso che si giudica, si pone come salvezza o condanna, in base all’atteggiamento che assume davanti all’amore apparso in Cristo.

 

 

LUNEDI’ 10 MARZO 1997

"Se non vedete segni e prodigi, voi non credete". (Gv. 4,46)

Ancora una volta Gesù si difende dall’essere considerato un mago, o un facile dispensatore di miracoli. Ciò che Gesù desidera, attraverso queste parole, è trovare uomini che abbiano in Lui una fiducia totale con una fede spoglia di ogni esteriorismo: credere senza aver bisogno di segni e prodigi, credere senza miracoli, credere senza vedere. Capita che all’inizio della vita spirituale l’uomo possa avere delle soddisfazioni interiori assai intense, che gli servono da punto d’appoggio. Si è contenti di pregare. Si gusta il tempo della meditazione come un tempo di pienezza. Succede anche che certi avvenimenti felici succedano dopo un’intensa preghiera ed essi vengono letti come "segni di Dio". Ma abitualmente, la vita con Dio è spoglia di ogni soddisfazione sensibile. E’ il tempo del silenzio di Dio, il tempo della purificazione della fede. Però, sono proprio questi momenti più difficili che ci danno la possibilità di incontrare Dio per se stesso.

 

 

MARTEDI’ 11 MARZO 1997

Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina". (Gv. 5,8)

Gesù, dille ancora queste parole! Dille a chi giace nei letti degli ospedali come a coloro che trascinano se stessi nella disperazione. Dille per noi, Signore, quando non troviamo la strada per uscire dai nostri dubbi, quando ci trasciniamo nei nostri peccati ripetitivi, quando siamo anchilosati nella fede. Grida il tuo "Alzati e cammina!" al mondo indifferente davanti alle sofferenze dei poveri e dei piccoli, a chi sembra lasciarsi vivere indifferente da una vita senza speranze, a chi si rintana solamente nei suoi piccoli poteri e possedimenti. Passa ancora in mezzo a noi e rinnova la profezia del tuo amico Isaia che diceva: "gli occhi dei ciechi vedranno i colori, le orecchie dei sordi udranno, la lingua del muto canterà di gioia e lo storpio si metterà a saltare come una gazzella".

 

 

MERCOLEDI’ 12 MARZO 1997

"In verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita". (Gv. 5,24)

Gesù cambia le nostre prospettive. Noi pensiamo al passar del tempo col timore della morte che consideriamo come passaggio dalla vita alla morte. Il Vangelo, invece, ci dice che possiamo passare dalla morte alla vita. Non parla della morte che ci prenderà in un temuto ed imprecisato momento ma dell’assenza di senso, di valori e di mete che rende inutile, morta la stessa vita. Si può vivere ed essere morti dentro. La proposta di Gesù per sentirei vivi è ascoltare la sua parola: "chi l’ascolta, vivrà". Ascoltare la parola è viverla, farne ragione essenziale di se stessi, perché questa parola che è Sapienza di Dio, è anche illuminata sapienza dell’uomo: una ragione essenziale per vivere. Quando le illusioni muoiono, solo la Parola è speranza di vita.

 

 

GIOVEDI’ 13 MARZO 1997

"Giovanni era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce". (Gv. 5,35)

Può essere il rimprovero che anche noi ci facciamo quando pensiamo a tante persone che hanno popolato il nostro passato. Gesù rimprovera coloro che hanno ascoltato il Battista, si sono riscaldati e illuminati alla sua luce, poi sono ritornati alla loro mediocrità, al loro grigiore. Noi ci rimproveriamo di non aver vissuto più intensamente le nostre amicizie e i nostri affetti, ci rammarichiamo per parole non dette, per gesti non compiuti. Molte persone sono state una "luce" nella nostra vita e noi ce ne siamo rallegrati "solo per poco". Gesù è una luce maggiore di quella di Giovanni. Vedete, dice il Signore, di non perdere anche questa. La fretta, la superficialità ci hanno impedito di cogliere a fondo le luci che si sono accese nella nostra vita. Che non ci accada di perdere anche "la luce vera, quella che illumina ogni uomo". E’ la luce di cui dovremmo avere sempre una brama insaziata.

 

 

VENERDI’ 14 MARZO 1997

"Dicevano: "Il Cristo, quando verrà nessuno saprà di dove sia". (Gv. 7,27)

Chi è Gesù per me? Ecco come risponde Madre Teresa di Calcutta: Ecco che cos’è Gesù per me: la Parola fatta carne. Il Pane di vita. La Vittima sacrificata sulla croce per i nostri peccati. Il Sacrificio offerto nella santa Messa per i peccati del mondo e miei. La Parola, che deve essere annunciata. La Verità, che deve essere proclamata. La Via, che deve essere percorsa.

La Luce, che deve essere accesa.

La Vita, che deve essere vissuta.

L’Amore, che deve essere amato.

La Gioia, che deve essere condivisa.

Il Sacrificio, che deve essere offerto.

La Pace, che deve essere donata.

Il Pane di vita, che deve essere mangiato.

L’Affamato, che deve essere nutrito.

L’Assetato, che deve essere dissetato.

Il Nudo, che deve essere ricoperto.

Il Senzatetto, che deve essere ospitato.

Il Malato, che deve essere curato.

Il Derelitto, che deve essere amato.

L’lndesiderato, che deve essere desiderato.

Il Lebbroso, cui lavare le piaghe.

Il Mendicante, cui donare un sorriso.

L’Ubriacone, che deve essere ascoltato.

L’infermo mentale, che deve essere protetto.

Il Piccolo, che deve essere abbracciato

Il Cieco, che deve essere guidato.

Il Muto, per il quale si deve parlare.

Lo Storpio, con cui si deve camminare.

Il Tossicodipendente, con cui stringere amicizia.

La Prostituta, che deve essere allontanata dal pericolo,

e guardata con amicizia.

Il Carcerato, che deve essere visitato.

Il Vecchio, che deve essere servito.

Per me, Gesù è il mio Dio.

Gesù è il mio Sposo.

Gesù è la mia vita.

Gesù è il mio unico amore.

Gesù è il mio tutto in tutto.

Gesù per me è tutto!

 

 

SABATO 15 MARZO 1997

"Non dice forse la Scrittura che il Cristo...". (Gv. 7,41)

Anche la scienza biblica non sembra essere sempre sufficiente per conoscere Cristo. Gli scribi e i farisei erano la più alta autorità dottrinale in fatto di Sacra Scrittura, eppure per loro Gesù non adempie le caratteristiche tipiche del Messia. Questa situazione sembra dunque dirci che se vogliamo conoscere i]. Signore è importante la scienza, la conoscenza, la Scrittura ma occorre soprattutto il cuore e l’umiltà, bisogna rinunciare alle proprie vedute, bisogna lasciarsi condurre. Per arrivare a Cristo bisogna passare attraverso Cristo, ce lo ha detto Lui stesso: "lo sono la Via, la Verità, la Vita". La Sacra Scrittura può essere una strada privilegiata, ma solo se accolta come parola viva di Cristo vivo. Se noi la consideriamo solo come parola da investigare, da manipolare a nostro uso e consumo, invece di rivelare, essa nasconde a noi ciò che vuoi dire.

 

 

DOMENICA 16 MARZO 1997

Si avvicinarono a Filippo e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù". (Gv. 12,21)

"Vogliamo vedere Gesù". Anche oggi ci sono tante persone che, confessandolo apertamente o inconsciamente, fanno a noi cristiani questa richiesta. E non vogliono qualcuno che parli loro di Gesù, ma qualcuno che lo mostri loro. Non si "insegna" Gesù, lo si racconta, lo si interpreta. Non si discute su Gesù, lo si manifesta. Se ogni cristiano avesse un poi più di coraggio e meno "rispetto umano", se lasciassimo che Gesù manifesti attraverso noi i suoi doni, se fossimo più convinti e gioiosi della salvezza che ci è stata donata, noi faremmo vedere Gesù al mondo. "Non ho bisogno di sentire le tue pie e spesso false e impacciate parole di consolazione ci dice l’ammalato Ho bisogno di vedere concretamente Gesù che si china sul mio letto di sofferenza". "Per riempirmi la pancia — ci dice all’affamato — non ho bisogno di conferenze internazionali sulla fame. Ho bisogno di vedere attraverso te, Gesù che moltiplica i pani". "Ho bisogno di vedere la tua speranza, la tua gioia, il tuo ottimismo — ci grida il mondo —. Ho bisogno di vedere Gesù, ed ho diritto di chiederlo".

 

 

LUNEDI’ 17 MARZO 1997

"Neanche io ti condanno: va’ e d’ora in poi non peccare più". (Gv. 8,11)

Vi voglio raccontare un piccolo dramma quotidiano nella mia vita di prete. Ogni volta che qualcuno si presenta per confessarsi, mi faccio tante domande: "Come posso giudicare una coscienza?" "Devo attenermi alla legge che spesso non tiene conto delle persone e delle situazioni?" "Devo agire secondo il perdono che va donato a tutti?" "Sono chiamato a difendere la verità, la giustizia o la misericordia totale?". Ma questo dramma è comune a tutti quando ci chiediamo se sia giusto perdonare ancora quando ci sembra che l’altro ne approfitti solo per perpetrare altro male. Gesù, interpellato sul caso dell’adultera, per prima cosa tace. Il giudizio non può avvenire nella foga, nell’ira, nello schiamazzo. C’è bisogno di riflessione, dobbiamo trovare noi stessi, i nostri limiti, i valori di Dio. Dopo il silenzio l’affermazione: "Chi di voi è senza peccato..." che disarma le mani, e poi quel meraviglioso perdono che però è impegnativo: "Se hai capito il dono della mia misericordia che ti ha salvato, allora non peccherai più". Quando Gesù in un altro brano incontrerà un paralitico da Lui guarito, gli dirà anche un’altra frase che sta bene con il perdono: "Bada a non peccare più, perché non ti succeda qualcosa peggiore di prima".

 

 

MARTEDI’ 18 MARZO 1997

"Se non credete che Io sono morirete nei vostri peccati". (Gv. 8,24)

I giudei non capiscono Gesù. Lui afferma di essere Dio che salva e loro continuano a vederlo solo come un uomo. Anche oggi succede così. Molti riescono a vedere in Gesù il grand’uomo, il filosofo, il moralista ma non lo riconoscono come Figlio di Dio. E Gesù dice: "Ma se io non sono Dio, come posso salvarvi dai peccati? Se la mia morte in croce è solo quella di un martire per una ideologia, come può salvarvi?". "Se credessimo in Cristo solo su questa terra saremmo i più stupidi tra gli uomini" scriverà S. Paolo in una delle sue lettere, in quanto se Gesù non è il Figlio di Dio risorto, da che cosa ci può salvare e quale prospettiva futura può avere la nostra vita? Ma Gesù si presenta a noi come "lo sono", cioè come Dio. E’ davvero il vivente risorto dai morti; le sue parole sono vere; noi siamo a pieno titolo suoi fratelli e figli del Padre, siamo destinati all’eternità. Solo l’accoglierlo così ci dà la possibilità di non "morire nei nostri peccati".

 

 

MERCOLEDI’ 19 MARZO 1997

"Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l ‘Angelo". (Lc. 2,51)

Ogni volta che il Vangelo mi propone un confronto con la figura di S. Giuseppe, mi ritrovo imbarazzato. lo sono l’uomo delle parole, lui quello del silenzio. lo parlo di preghiera, lui contempla. lo mi interrogo e lui si interroga ma poi si fida. lo voglio apparire, lui sparisce.., ma soprattutto "fece come l’Angelo gli aveva ordinato". Anch’io vorrei fare la volontà di Dio ma spesso mi sembra di non capire ciò che Egli vuole da me e, quando mi sembra di aver capito qualcosa, ecco che nascono mille interrogativi, mille legami che sembrano dirmi l’impossibilità di realizzare il suo volere e mi ritrovo sempre allo stesso punto. "Non scoraggiarti" sembra dirmi Giuseppe "Anch’io non ho capito tutto. Il mio segreto è molto semplice. Ero intimo con Dio, con Gesù e con Maria. L’amore ha fatto il resto ".

 

 

GIOVEDI’ 20 MARZO 1997

"Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte". (Gv. 8,51)

A prima vista questa affermazione ci sembra "grossa". Gli apostoli sono morti, S. Francesco, che certamente ha osservato la parola di Gesù, è morto. Che cosa vuoi dunque dire Gesù? Gesù parla della morte totale dell’uomo. L’uomo muore fisicamente ma la sua anima è immortale. La morte dell’anima è quando essa vive separata dal suo Creatore, quindi la morte dell’anima è il peccato e Gesù ci insegna a non lasciarci vincere da esso attraverso l’osservanza dei comandamenti. Ma se, nonostante tutto, pecchiamo, la nostra morte è definitiva? Gesù, attraverso il sacramento della penitenza, attraverso il suo sangue versato per noi ci dà la possibilità della riconciliazione, di ridare vita alla nostra anima immortale.

 

 

VENERDI’ 21 MARZO 1997

"I giudei portarono pietre per lapidare Gesù". (Gv. 10,31)

Quanto è facile cercare di risolvere i problemi a colpi di pietra: "I delinquenti? Mettiamoli tutti al muro!" Accumuliamo pietre per ogni occasione: ce ne sono per i nostri nemici, per chi non la pensa come noi, per chi, con il suo modo di vivere, ci rimprovera qualcosa. Anche per Gesù, fin che ci aiuta: bene! quando sembra lontano alle nostre necessità, ci sono pietre anche per Lui. Ma quel mucchio di pietre, tirate o accumulate rischiano di diventare pietre sullo stomaco proprio per noi, dure da digerire, pronte a ricadere su di noi, li continuo accusare, il puntare il dito alla fine inaridisce il cuore e non ci permette di accogliere il fratello, di vedere il positivo, di incontrare Gesù.

 

SABATO 22 MARZO 1997

Caifa disse: "E’ meglio che un uomo solo muoia piuttosto che perisca la nazione intera". (Gv. 11,50)

Siamo alla fine del cammino quaresimale e all’inizio della Settimana Santa di Gesù e Giovanni ci presenta il contrasto tra Gesù che dona la vita e coloro che non accettandolo, vogliono togliergli la vita. Gesù, con il gesto di far tornare alla vita Lazzaro ha in pratica firmato la sua condanna a morte. I buoni danno fastidio all’ordine costituito. Le paure e le lotte per il potere non lasciano spazio per la verità: meglio togliere di mezzo il giusto. Innocente o colpevole Gesù deve essere sacrificato alla ragione di stato. Ma proprio mentre Gesù viene sacrificato si realizza la salvezza della nazione. E questo ci fa pensare che la storia è fatta dagli uomini, ma guidata da Dio.

 

 

DOMENICA 23 MARZO 1997 – DOMENICA DELLE PALME ANNO B

"La gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese rami di palme e andò incontro a Lui gridando: "Osanna! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore". (Gv. 12,12 -13)

Anche noi, oggi, nelle nostre chiese e nelle nostre processioni canteremo "Osanna, al Figlio di Davide". Ripeteremo così il gesto e il canto di speranza dei semplici e dei poveri che vedevano in Gesù il liberatore che entrava in Gerusalemme. Ma anche per noi c e un rischio, quello di tramutare il nostro "Osanna" con un "A morte", come è successo a quella folla nel giro di tre giorni. A Gesù non interessano i consensi superficiali, facilmente orchestrabili delle folle, ma quelli scaturiti dalla libertà e dalla fede dei singoli individui. A Lui interessano i cuori, le convinzioni, non gli applausi.

 

 

LUNEDI’ 24 MARZO 1997

"Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania e qui gli fecero una cena". (Gv. 12,1-2)

Una cena in casa degli amici. Mentre già si addensano le ombre dei tradimenti, degli abbandoni, della croce, mentre il diavolo sta scatenando tutta la sua potenza per attaccano, Gesù passa una serata a Betania. E’ un po’ un saluto, quasi un addio ma anche un momento intimo molto bello. Gesù si trova bene lì, a parlare con Lazzaro, colui al quale ha ridato la vita, nell’ospitalità premurosa di Marta e nell’ascolto gratuito, contemplativo, amoroso di Maria. Lì c’è qualcuno che lo ha capito, accolto, che lo ha pregato, che ha rinnovato la sua fede in Lui. Mi chiedo: se fossi vissuto ai tempi di Gesù, Egli sarebbe venuto volentieri, con gioia, a passare una delle sue ultime sere prima della passione a casa mia? E si sarebbe trovato bene come a Betania? Gesù vuole venire in casa nostra a portare la sua presenza, la sua pace, ma c’è posto per Lui o la nostra. casa è già occupata da tante altre cose e persone?

 

 

MARTEDI’ 25 MARZO 1997

"In verità vi dico: uno di voi mi tradirà". (Gv. 13,21)

Il Vangelo non è mai finito, continua a riproporsi nel tempo. Anche oggi, Gesù può ripetere: "Uno di voi mi tradirà", ed è abbastanza inutile che noi ci guardiamo in giro per trovare il colpevole. Quella frase, purtroppo, può essere proprio per me. Ciascuno di noi porta in sé la terribile possibilità di essere traditore. Ciascuno di noi può essere o Giovanni o Giuda o Pietro. Anche noi, come loro, non abbiamo ancora capito Gesù, portiamo tutto il peso dalla nostra umanità, siamo deboli davanti alla tentazione, rischiamo, invece di accogliere Gesù com’è, di volerlo programmare noi. Gesù, tu lo sai che noi vogliamo seguirti, ma sai anche la nostra debolezza e allora questa mattina dicendo il Padre nostro ti ripetiamo con forza "non ci indurre in tentazione", cioè non permettere che la tentazione sia più forte delle nostre forze, non permettere che essa faccia di noi dei traditori del tuo amore.

 

 

MERCOLEDI’ 26 MARZO 1997

"Rabbi, Sono forse io?". Gli rispose: "Tu lo hai detto". (Mt. 26,25)

Questo ultimo giorno prima del Triduo di Pasqua ci mette già nel clima dell’ultima Cena. Gesù si dona e l’uomo lo tradisce. C’è soltanto da precisare: il dono arriva prima del tradimento. Giuda è inevitabilmente in ritardo. E’ questo il suo vero dramma. Quando va a vendere Gesù ai suoi nemici, non si rende conto di essere stato preceduto dall’interessato stesso che si era già "offerto" a tutti gli uomini. Ciò è avvenuto durante l’Ultima Cena. In questa occasione Gesù, più che svelare il traditore, svela semplicemente che la consegna può essere fatta soltanto perché il dono è a disposizione. Il dono precede la cattura. La malvagità degli uomini non riuscirà mai a precedere la misericordia di Dio. L’unica volta in cui Giuda riuscirà ad arrivare prima, a non essere in ritardo, sarà quando andrà ad impiccarsi. Ma, forse, anche li...

 

 

GIOVEDI’ 27 MARZO 1997

"Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine".

(Gv. 13,1)

Gesù, in questi giorni contempliamo la tua Pasqua. Tutto per Te comincia di qui. Tu vuoi fare la volontà di tuo Padre: come uomo e come Dio vuoi amare come Lui! E questo amore ti spinge ad amarci fino all’estremo: Tu Dio Creatore ti fai schiavo per la tua creatura, Tu, Signore, lavi i piedi sporchi di noi poveri peccatori; Tu, servo di Dio, usi il grembiule della donna di casa per servirci. Ti fai tutto a tutti: spezzi il tuo corpo per noi, "ti fai mangiare" da noi. Sei un Dio affamato di amore: l’unica cosa che desideri da noi è che accogliamo il tuo amore e da te impariamo ad amare. Tutto quello che succederà dopo è già qui: la tua passione, la tua morte, la tua risurrezione hanno senso perché sono per lavarci i piedi, le mani, il cuore. Grazie, Gesù! Fa’ che non vada perso tutto questo tuo amore. Fa’ che, colpiti e coinvolti dal tuo amore, impariamo anche noi la strada del servizio e della donazione, e con Te possiamo fare il "passaggio" dalla morte alla vita, dall’egoismo all’amore vero.

 

 

VENERDI’ 28 MARZO 1997

"E lo crocifissero". (Gv. 19,18)

La croce innalza Gesù di qualche spanna da terra, gli permette, in mezzo alle sue sofferenze, di vedere dall’alto. Ecco come un poeta, Charles Peguy, immagina un momento del supplizio di Gesù: "Allora, come in tutti i momenti, cominciò a ripensare la sua vita. Tutta la sua vita a Nazareth. Si rivedeva nel corso della sua esistenza. E si chiedeva come aveva potuto farsi tanti nemici. Era una follia. Come era riuscito a farsi tanti nemici? Era una follia. Era una sfida. Quelli della citt5, quelli dei sobborghi, quelli delle campagne. Tutti quelli che erano lì, che erano venuti. Che si erano radunati. Come a una festa. A una festa odiosa. I braccianti, gli uomini di fatica. I mercenari, i benestanti. Il Sommo Sacerdote, i principi dei sacerdoti. Gli scrivani, i farisei, gli esattori. I pubblicani che riscuotono le tasse e i Sadducei. Cristiani, voi sapete il perché: Egli era venuto ad annunciare il Regno di Dio. E tutta quella gente aveva ragione. Tutta quella gente non si era sbagliata. Era la grande festa della salvezza del mondo. Soltanto che era Lui a pagarne le spese."

 

 

SABATO 29 MARZO 1997 - SABATO SANTO

"Non ci sono riti oggi: la Chiesa rivive il mistero della sepoltura di Gesù".

 

 

DOMENICA 30 MARZO 1997

"Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino". (Gv. 20,1)

E facile immaginare il suo passo. E’ tipico di chi si reca al cimitero. Non si corre di certo quando si ha un appuntamento con la morte. Così come non si corre allorché si è intruppati in un corteo che segue una bara. Non si corre quando si va a versare lacrime sulla tomba di Colui nel quale si erano investite tutte le speranze, che si era amato più di tutto e di tutti. Ma ecco che Maria diventa all’improvviso testimone di un incidente. L’incidente più incredibile che si possa immaginare: la tomba vuota. E in seguito a questo incidente si scatena una corsa inarrestabile. Maria corre verso la casa dove stanno gli amici di Gesù. A loro volta, Pietro e Giovanni, informati dell’incidente, si mettono a correre in quella direzione. Tutti corrono, si incrociano, fanno persino un po’ di confusione, cercando di rendersi utili in qualche modo. Ma qui una disgrazia irreparabile è toccata alla Morte dopo essersi azzuffata con la Vita. Ed è successo qualche cosa di grave, di irreparabile, alla Morte, proprio a lei che sembrava padrona assoluta del campo, dominatrice incontrastata da sempre, abituata ad avere immancabilmente l’ultima parola.

 

 

LUNEDI’ 31 MARZO 1997

Ed ecco, Gesù venne loro incontro dicendo: "Salute a voi". (Mt. 28,9)

Il Vangelo della buona notizia era iniziato con un "Buon Giorno" rivolto dall’angelo a Maria, la giornata di Pasqua inizia con un "buon giorno" che Colui che ha vinto la morte rivolge ai suoi amici "Buon giorno" ci dice Gesù, perché é il giorno della nuova creazione,perché la speranza ha il motivo di gioire, perché la misericordia e il perdono sono arrivati, perché inizia il tempo della Chiesa, perché il Padre con la risurrezione ha confermato l’opera di Gesù, perché le porte dei cieli si sono spalancate. Si può essere ancora pessimisti? gioire perché speranza ha motivo di la miseri. Buon Giorno, umanità redenta!

     
     
 

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