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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO 1997

 

 

 

SABATO 1 FEBBRAIO 1997

"Maestro, non ti importa che moriamo?". (Mc. 4,38)

"Signore, vedi quei bambini che oggi saranno violentati o moriranno perché angariati dai potenti, o per le malattie… non ti importa di loro?" "E di quell’uomo che sta soffrendo da mesi e mesi e non riesce neanche a morire, non te ne importa?". "Signore, perché dormi?" gridavano gli ebrei prigionieri. E noi, già liberati da Cristo, ma ancora prigionieri della nostra finitezza e miseria umana, ti gridiamo la stessa cosa. Tu Gesù, davanti allo stesso grido degli apostoli, hai risposto: "Non avete ancora fede?" Sì, Signore, non abbiamo ancora abbastanza fede: ne abbiamo abbastanza per gridare a Te la nostra impotenza, ma non abbastanza per fidarci che, se anche dormi, sei sulla nostra stessa barca. E allora non ci resta che fare come gli apostoli: buttarci in ginocchio e dirti: "Signore, aumenta la nostra fede!".

 

 

DOMENICA 2 FEBBRAIO 1997 – 4^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore". (Lc. 2,22)

Ti ringrazio, o Signore, perché come sacerdote, mi dai tante volte l’occasione di fare questo gesto di offerta: quando i genitori portano i loro bambini per il Battesimo, quando alzo il pane e il vino consacrati, quando ti presento le preghiere e le offerte a nome mio e del tuo popolo, quando durante le sepolture ti offro la vita di chi stato da te chiamato. Gesù mette se stesso, la sua missione nelle mani del Padre, sicuro del suo amore. Maria e Giuseppe offrono il dono più grande che Dio ha loro fatto. E il Padre non solo accetta ma restituisce abbondantemente. Tutto quello che ho, o Padre, è dono tuo. A Te lo riconsegno con riconoscenza e Tu mi ridoni tutto purificato, moltiplicato dalla tua misericordia. Ricevi anche la mia miseria; le mie mani, purtroppo, non sempre troppo pulite e spesso vuote, riempile della tua grazia.

 

 

LUNEDI’ 3 FEBBRAIO 1997

"Gesù non permise (all’indemoniato guarito di seguirlo), ma disse: Va nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato". (Mc. 5,19)

Può sembrare strano che Gesù rifiuti una "vocazione". L’indemoniato guarito vuole seguire Gesù, vuol diventare apostolo, ma Gesù ha progetti diversi per lui e lo manda alla propria famiglia e alla propria gente perché lui, guarito nel corpo e nello spirito, sia testimonianza vivente della misericordia di Dio. Dio ha in mente un progetto specifico per ciascuno di noi nella costruzione del suo regno. Non è necessario che tutte le vocazioni portino al sacerdozio, che tutti vadano in missione lontano. Nella Chiesa possono servire i preti, i profeti, i catechisti, gli animatori, coloro che dedicano tutta la vita alla preghiera, i testimoni.., e non c e neppure graduatoria sui migliori. Dio ha bisogno di te. Ti ha dato dei doni per te e per i fratelli. Cerca di conoscerli, di esserne riconoscente, di non nasconderli, ma di usarli per il bene tuo e degli altri e sentiti unito ai fratelli che con altri doni operano per il Regno. E’ la famiglia di Dio che guidata dallo Spirito continua a dire al mondo la sua volontà salvifica.

 

 

MARTEDI’ 4 FEBBRAIO 1997

Le disse: "Fanciulla, io ti dico, alzati!" E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare. E ordinò di darle da mangiare. (Mc. 5,42)

Gesù, dille ancora queste parole! Dille ai cristiani dalla fede addormentata, dille a coloro che si sono abituati alla morte del peccato, dille a noi quando ci lasciamo vincere dal pessimismo che fa morire la speranza, dille ai politici che pensano al proprio portafoglio invece che al bene comune, dille ai bambini inebetiti dalla televisione, dille a quelle coppie che vedono solo più le difficoltà al vivere insieme, dille ai giovani che addormentano i loro ideali nel materialismo, dille queste parole a quell’uomo che sta pensando al suicidio e a quella donna incinta che sta pensando, per comodo, di sbarazzarsi del suo bambino, dille a quei genitori disperati per il figlio drogato, dille attraverso la solidarietà di altri, a quei barboni che questa notte dormiranno al freddo nell’atrio di Porta Nuova, dille negli ospedali a chi si sente ormai un caso e un numero, dille a quegli anziani che tanto possono ancora dare ma che si sono chiusi nelle loro tristezze e solitudini, dì questa tua parola potente anche nelle nostre assemblee liturgiche spesso abitudinarie e sonnolenti. Fa rinascere gioia, speranza, desiderio di bene... Prendici per mano e tiraci su, e come a quella fanciulla, donaci te stesso da mangiare perché le nostre forze rinfrancate possano ritornare alla pienezza della tua vita.

 

 

MERCOLEDI’ 5 FEBBRAIO 1997

"Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua". (Mc. 6,4)

Gesù applica a se stesso un proverbio comune. Lui è venuto nella sua casa, non solo a Nazareth che lo aveva visto crescere, ma nel mondo che è suo, che "è stato creato in vista di Lui" e i suoi non l’hanno accolto: ripudiato dai suoi concittadini, dal suo popolo e spesso anche dalla sua Chiesa. E la storia si ripete; il mistero dell’incomprensione è ancora attuale: non è forse vero che spesso le difficoltà alla fede ci vengono proprio dalla nostra famiglia, dalla nostra parrocchia, dalle persone a cui abbiamo cercato di fare maggiormente del bene. Per Gesù questa incomprensione è fonte di rammarico, ma non lo scoraggia, ha talmente fiducia nella Parola di Dio che, se non è accettato in un posto si reca subito in un altro. Il vero amore non si chiude irritato in se stesso, è come un grande fiume che, trovato un ostacolo, si apre la strada in un altro posto fino a giungere al mare. Anche tu, cristiano, che soffri incomprensione, non scoraggiarti, fidati di Dio, della sua potenza, lascia scorrere in te la sua grazia, donala a piene mani e se ti sembra di non vedere risultati per te, lascia che i risultati li ottenga Lui., là dove vuole Lui..

 

 

GIOVEDI’ 6 FEBBRAIO 1997

"Gesù chiamò i dodici e cominciò a mandarli a due a due". (Mc. 6,7)

E’ la prima volta che gli apostoli si trovano soli, senza Gesù, lontani da Lui. Comincia, in esperimento, il tempo della Chiesa. Gesù, prima ha chiamato, ha fatto fare esperienza di sè agli apostoli, li ha istruiti, ha dato l’esempio di vita; ora arriva il momento di portare il suo messaggio. Questo movimento di chiamare e poi mandare è lo stesso che sta alla base di ogni forma di apostolato. Ciascuno di noi ha un nome caro a Gesù che è ‘passato’ nella nostra vita e ci ha chiamato per farci suoi discepoli: ci ha donato se stesso, la sua parola, i suoi sacramenti. Ma chiede anche a noi di andare in povertà a portare il suo annuncio e il suo regno agli altri. Gli apostoli si saranno sentiti soli, un po’ timorosi, magari insicuri su molte cose ma nel nome di Gesù sono partiti. Anche noi possiamo avere molti dubbi su noi stessi, sulle nostre capacità, sul come dire agli altri la nostra fede, ma dobbiamo partire consapevoli che andiamo non a nome nostro, ma nel suo nome e poi, a differenza degli apostoli che in quel primo momento non lo sapevano ancora, noi abbiamo la promessa di Gesù: "lo sono con voi ogni momento della vostra vita".

 

 

VENERDI’ 7 FEBBRAIO 1997

"La guardia andò, decapitò Giovanni in prigione e portò la sua testa su un vassoio". (Mc. 6,27)

Davanti al racconto del martirio di Giovanni Battista o alle storie dei supplizi subiti dai martiri romani, la mia povera fede subisce dei traumi: "Avrei io il coraggio di morire per il Vangelo?" Onestamente, rispondo "non so" perché conosco la mia pusillanimità, il mio amore per Dio che fa acqua da tutte le parti. Ma è inutile immaginarsi cose lontane che forse non capiteranno mai ed è bene tornare alla realtà perché, oggi, un po’ di martirio ci sarà come ci è stato ieri. Ad esempio, il martirio dell’incomprensione, quello di vedere il bene che cerchi di fare corrisposto da ingratitudine, il non vedere frutti, le piccole derisioni per le tue scelte religiose o di carità, la difficoltà di convivere con un te stesso che vorresti vedere diverso da come e... E’ su queste cose che devo confrontare la mia fede, il mio amore per Dio, la veridicità del mio amore per il prossimo.

 

 

SABATO 8 FEBBRAIO 1997

"Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’ ". (Mc. 6,31)

L’esigente Gesù che ci dice di prendere la croce e seguirlo, che ci chiede di lasciare tutto, che ci manda in tutto il mondo a testimoniarlo, non è per8 un esagitato che non è attento alle nostre esigenze umane. Sovente, nel Vangelo Gesù ci invita alla calma ("Marta, Marta ti agiti troppo e per troppe cose"), ci richiama al giusto riposo (in una parabola come quella delle dieci vergini sagge e stolte che invita alla vigilanza, dice che tutte si addormentarono, o in un brano come quello di oggi invita gli apostoli, stanchi della missione, a riposarsi in Lui). Nella fede c’è bisogno di momenti di silenzio, di inattività, di calma, di giusto riposo. Questi momenti ci disintossicano da un attivismo esagerato, spesso segno di egoismo, ci aiutano a rinfrancare lo spirito, a ritornare ai valori che fondano il nostro agire, ci rendono meno irritati e irritanti e quindi più disponibili agli altri. Sappi fermarti ogni tanto, prendi fiato, respira lungo, riscopri un po’ di pace: non solo farai il bene tuo, ma anche quello degli altri.

 

 

DOMENICA 9 FEBBRAIO 1997 – 5^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

"Tutta la città era riunita davanti alla porta". (Mc. 1,33)

Attorno a Gesù si riunisce molta gente attratta dalla sua personalità, dai suoi miracoli e stanno davanti alla porta della casa di Simone. Sembra un piccolo particolare che però diventa importante se noi lo mettiamo in relazione con un’altra parola di Gesù che dirà: "lo sono la porta dell’ovile: se uno entra attraverso di me sarà salvo; entrerà ed uscirà e troverà pascolo". La porta della casa di Simone è dunque un simbolo, è Gesù l’unica porta attraverso la quale accedere alla salvezza. Oggi molti uomini bussano a tante porte nella speranza di liberazione e di salvezza: le porte della ricchezza, del successo, degli esoterismi... e spesso quelle porte si aprono per rinchiudersi alle spalle e per diventare prigioni, oppure dietro a quelle porte non c’è una casa ma un baratro. Gesù è la porta di Dio, e la porta della nostra casa definitiva. Dietro quella porta ci sono le braccia aperte del Padre che ti accoglie e fa festa con te.

 

 

LUNEDI’ 10 FEBBRAIO 1997

"Lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello". (Mc. 6,56)

Ricordo, durante un pellegrinaggio in Terra Santa, una guida, secondo me poco avveduta che, in ogni posto dove passavamo ci invitava a "toccare la pietra"; forse con poca carità, ma certamente con un sorriso lo avevamo soprannominato "tuca la pera". Certo toccare le pietre di Gerusalemme o carezzare le pareti della grotta di Lourdes può essere, se male interpretato, quasi un modo credulone, persino un po’ idolatrico di esprimere la fede, ma è pur vero che noi siamo fatti di carne ed ossa, che abbiamo bisogno di segni concreti. E l’incarnazione di Gesù risponde proprio a questa esigenza: Lui, Dio, si è fatto carne, concretezza storica proprio per comunicare a noi se stesso. Lui, Dio, si fa pane nell’EucarIstia per concretizzare la nostra comunione con Lui. Non si tratta allora di ripercorrere la strada dei riti magici del "toccamento" ma bisogna invece farci aiutare dalla fede per lasciarci "toccare" da Gesù. Lui cambia il nostro cuore, perdona i peccati, ci apre alle sue promesse.

 

 

MARTEDI’ 11 FEBBRAIO 1997

"Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini". (Mc. 7,8)

Anche nella Chiesa di oggi è sempre presente la tentazione di ridurre la fede ad una pratica religiosa somma di tanti precetti. In fondo, avere ricette, menù, norme ben specifiche e dettagliate ci libera dalla fatica della ricerca, dagli impegni personali e poi, diciamocelo, quando ci sono norme e leggi specifiche è anche molto facile trovare le strade per eluderle e giustificarci. Seguire Gesù significa impegnare tutta la propria persona, significa continuamente metterci in questione. Avere come base il precetto dell’amore significa quotidianamente fare la fatica di tradurlo in pratica. Le norme possono servire, le indicazioni della Chiesa sono significativi segnali per non perdere la strada ma alla fine il credente deve solo e sempre cercare di uniformarsi a Cristo.

 

 

MERCOLEDI’ 12 FEBBRAIO 1997 - CENERI

"Il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà". (Mt. 6,4)

Iniziamo oggi la Quaresima, quaranta giorni per prepararci alla Pasqua e subito il Vangelo ci fa un programma di vita attraverso tre pilastri di tutta la vita religiosa: la carità, la preghiera e il sacrificio da viversi nella gioia e solo per Dio. Infatti Gesù, quasi a ritornello ci ripete: "Il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà", e questo ci indica la profondità dell’intimità di Dio con noi. Abitualmente noi viviamo troppo spesso nella superficialità, nell’apparenza, nell’esteriore. Dio dobbiamo cercarlo nel profondo perché è là che ci cerca lo sguardo di Dio. Il nostro cammino quaresimale sia allora questo andare a fondo attraverso la preghiera, con l’aiuto della rinuncia al superfluo per scoprire la carità di Dio nei nostri confronti che ci spinge alla solidarietà concreta e non superficiale con i fratelli.

 

 

GIOVEDI’ 13 FEBBRAIO 1997

"Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". (Lc. 9,23)

Sin dall’inizio della quaresima dobbiamo centrare subito l’obiettivo verso cui camminare. Per realizzare il grande compito della conversione, non basta intendere la conversione solo come un perfezionamento morale dell’individuo, non basta far consistere la Quaresima nella pratica di qualche devozione in più o in qualche esercizio di ascesi supplementare. La "via" del cristiano è "seguire" Cristo e seguirlo totalmente, anche sulla strada della croce. Scegliere Cristo non è una scelta facile, tranquilla. Con Lui si incontra la gioia della sua Pasqua di risurrezione ma passando attraverso la prova e la croce. La grande rinuncia della Quaresima e allora rinunciare a pensare di essere autosufficienti per salvarci, pensare che di Gesù si può assumere solo quanto ci piace, ci è congeniale, va d’accordo con i nostri pensieri. Accogliere e seguire Gesù significa fidarsi totalmente di Lui, quando ci promette una meta gioiosa ma anche quando, per giungerci, si incammina davanti a noi per passare attraverso il Calvario.

 

 

VENERDI’ 14 FEBBRAIO 1997

"Il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano". (Mc. 16,20)

Da sempre mi hanno affascinato le vite dei santi. Da ragazzo mi attraevano soprattutto i fatti miracolosi, la loro eroicità, le intuizioni grandiose che essi hanno avute. Man mano mi sono accorto che però queste non erano le cose più importanti della loro santità e, sfrondando su molte fantasie e pruriti di miracolismo di certi scrittori di vite di santi, scopro che, tr8tto comune di tutti i santi, è il loro essersi lasciati conquistare da Gesù e dal suo messaggio che li ha spinti ad usare tutte le loro doti per seguirlo e per portarlo agli altri. Man mano che si "rivestivano di Cristo" la loro azione diventava più incisiva, i loro gesti si riempivano di grazia e di potenza ed anche i "prodigi", di cui quasi non si accorgevano, operavano in loro. Anche oggi succede così. Attorno ai santi di oggi ci sono i prodigi di Gesù: liberazioni, conversioni, guarigioni, strutture di salvezza che non hanno spiegazioni umane. E noi, chiamati alla santità, siamo davvero canale affinché Cristo possa operare i suoi prodigi?

 

 

SABATO 15 FEBBRAIO 1997

"Levi Matteo, lasciando tutto, lo seguì". (Lc. 5,28)

Gesù non segue schemi prefabbricati. Egli sceglie come apostolo un pubblico peccatore, uno che raccoglieva tasse per conto dell’odiata armata di occupazione romana. Gesù si fida che un uomo toccato dalla grazia possa cambiare. Cominciamo col chiederci: lo credo che l’uomo, anche il più incallito peccatore o nemico possa cambiare? Do agli altri questa possibilità? Credo per me stesso alla possibilità di cambiare? Levi Matteo lascia "tutto", cambia totalmente per seguire Gesù. Ci sono delle cose alle quali io ho rinunciato per seguire il Cristo? Ci sono delle cose a cui dovrei rinunciare per seguirlo? La quaresima dovrebbe essere un tempo di purificazione e di "alleggerimento". Solo quando si è più leggeri, quando si lasciano certi pesi, si può pensare di mettersi in cammino per seguire Gesù.

 

 

DOMENICA 16 FEBBRAIO 1997 – 1^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B

"Subito lo Spirito lo sospinse nel deserto, e vi rimase quaranta giorni, tentato da Satana". (Mc. 1,12 -13)

La tentazione è sempre presente nella vita di Gesù ed è sempre la stessa che si presenta in modi diversi: "Perché soffrire? Se sei Figlio di Dio scegli la strada più facile! non dipendere dalla volontà del Padre, arrangiati da solo!". Può sembrarci strano che il diavolo combatta questa battaglia con Gesù, quando sa che Gesù è Figlio di Dio. Eppure è proprio dove c e il bene che il male tenta in tutte le maniere. Quando ci sembra che il male ci lasci troppo in pace è il momento di chiederci con preoccupazione se non siamo già suoi. Quando siamo tentati vuol dire che un po’ di bene c’è in noi, se il male prova ad allontanarci. Ma per vincere là tentazione ci vuole deserto e preghiera. Deserto nel senso di badare alle cose essenziali, scrollandoci di dosso tutto il superfluo; deserto nel senso di non attaccarci a noi stessi e alle nostre cose. E poi, preghiera, non tanto come parole dette al Signore, quanto come fiducia e abbandono in Lui. Io non mi sento capace di vincere la tentazione con le mie povere forze, ma so che con Lui il male ha già perso.

 

 

LUNEDI’ 17 FEBBRAIO 1997

"Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua". (Mt. 25,31)

Quante volte mi sono immaginato questo giudizio finale. La nostra educazione religiosa ci porta ad averne paura e, certo, ci sono cose, peccati, situazioni della nostra vita che ci ricordano i la nostra indegnità e che ci fanno dire che, se il Signore non userà misericordia..., saremo "fritti". Ma Gesù, quando ci parla di questo giudizio finale, ci fa capire chiaramente una cosa: il giudizio è già in atto ora. Non dobbiamo aspettare la fine dei tempi per essere giudicati, è l’uso che facciamo oggi dell’amore che ci giudica. Se riconosci che Dio ti ama, che Lui è l’Amore, se hai occhi per vedere le povertà e le necessità dei fratelli, se cerchi di non essere giudice per loro ma fai loro parte di ciò che Dio ti ha dato (tempo, ascolto, sorriso, consolazione, beni...), tu stai già risolvendo in positivo il tuo giudizio finale perché, consapevolmente o inconsciamente, stai scegliendo Dio e quel Gesù così bravo a "mimetizzarsi", a incarnarsi nel prossimo riconosce in te un "benedetto" capace di amore e quindi capace di partecipare all’Amore.

 

 

MARTEDI’ 18 FEBBRAIO 1997

"Sia santificato il tuo nome". (Mt. 6,9)

Il prefazio di una Messa ci ricorda che "I nostri inni di lode non accrescono la grandezza di Dio". Perché, allora, pregare perché sia santificato il nome di Dio, se Lui è già il Santo? Certo, noi non aggiungiamo o togliamo niente alla grandezza di Dio con le nostre preghiere o con le nostre azioni, ma ogni volta che lodiamo Dio con la vita o con le parole, noi ci facciamo presente la sua santità, grandezza, bellezza, Provvidenza; apriamo il nostro cuore a Lui, così com’è; permettiamo alla sua grazia di scendere in noi, di informare la nostra vita; diamo a noi stessi la possibilità di entrare in comunione con gli Angeli, i Santi, il Creato intero nel riconoscere l’amore e la grandezza di Dio. La preghiera di lode non è solo bella perché nasce dalla riconoscenza, ma perché mette nella disposizione giusta: quella di povere creature che, guardando al sole di Dio, si lasciano da Lui scaldare.

 

 

MERCOLEDI’ 19 FEBBRAIO 1997

"Quelli di Ninive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono ed ecco, ben più di Giona c’è qui". (Lc. 11,32)

Mi ha sempre stupito l’ingratitudine e la stupidità di noi cristiani. Abbiamo la Parola di Gesù e andiamo a cercare parole di uomini per i nostri problemi. Abbiamo Gesù che prega per noi e con noi offre al Padre il suo sacrificio nell’Eucaristia e noi, bellamente la saltiamo per, magari, andarci a rifugiare in qualche "gruppo di preghiera" che il più delle volte, invece di pregare, parla di se stesso. Abbiamo Gesù VIA, VERITA’ e VITA e ci lasciamo abbindolare da sette, maghi, esoterismi vari che titillano la nostra curiosità e il nostro orgoglio. Gesù, per farci capire questa nostra stupidità ci presenta una storia della Bibbia. Gli abitanti di Ninive, si erano convertiti quando Giona era andato a predicare la parola di Dio; ebbene, essi sono più meritevoli che non coloro che hanno Gesù e cercano la salvezza altrove.

 

 

GIOVEDI’ 20 FEBBRAIO 1997

"Chiunque chiede, riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto". (Mt. 7,8)

Tu, o Gesù, hai fatto delle promesse ben precise. Io ti ascolto, voglio crederti. Tuttavia... ci sono tante preghiere mie e degli uomini che sono apparentemente inesaudite! Sarà forse perché preghiamo male, perché non sappiamo esattamente chiedere ciò che è il vero bene? Sarà perché manchiamo di vera confidenza e familiarità con Dio? Può anche essere che tu ci esaudisci in modo diverso da ciò che noi ti domandiamo. E’ vero che qualche volta ho fatto questa esperienza: ti ho domandato una cosa ben determinata e non l’ho ricevuta... ma ho ricevuto da Te, dalla preghiera stessa, una grande pace, una forza di accettazione interiore. Non sarà, forse, esattamente questo ciò di cui parli, o Signore?

 

 

VENERDI’ 21 FEBBRAIO 1997

"Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario". (Mt. 5,23)

Penso che davanti a questa frase di Gesù molti di noi potrebbero dire: "Ma io, guardando bene, avversari veri e propri non ne ho!" E’ un po’ come quando il prete, tutte le volte che comincia la Messa, ci invita a chiedere perdono dei nostri peccati: "Ma io, tutti questi peccati non li vedo!". Sarà poi proprio vero che siamo immuni dai peccati e che non abbiamo avversari? Se ci ripenso bene mi accorgo che forse non ho nemici, ma il mio giudizio su quella persona è netto e definitivo, quando vedo da lontano quell’altro, perché è un chiacchierone antipatico, cambio marciapiede, "non posso vedere" quella persona perché non la pensa come me. Mettersi d’accordo con l’avversario non sarà allora anche recuperare questi nostri rapporti umani, impegnarci per la riconciliazione?

 

 

SABATO 22 FEBBRAIO 1997

"Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa". (Mt. 16,18)

Nel nostro linguaggio, nel vivere i rapporti umani, abbiamo bisogno di segni. I segni, però, devono essere "significativi", cioè realizzare ciò che indicano. Gesù ha parlato di unità dei credenti, di fedeltà alla verità, di comunione nel suo nome, ed ecco che ci indica queste cose nel segno di Pietro che diventa la roccia su cui Cristo edifica il suo corpo, la Chiesa. Pietro, il Papa, sono per i cristiani segno reale ed efficace di continuità e garanzia della fede, di unità e di comunione. Per noi cristiani, il Papa non è un semidio, ma un uomo come noi che però ha la garanzia di Dio per il suo servizio di pastore della comunità. Un uomo che diventa riferimento nel cammino di fede. Se vedessimo il Papa così, quante esagerazioni verrebbero meno, da chi vede il Papa un intoccabile, uno che qualunque parola dice ha sempre ragione, a chi lo umanizza soltanto e vede in lui solo una forma di potere terreno. Amare il Papa, rispettare il Papa, ascoltare il Papa e i vescovi con lui, dovrebbe scaturire dal voler amare, rispettare, ascoltare Cristo che nel Papa ci dà il segno concreto della sua presenza.

 

 

DOMENICA 23 FEBBRAIO 1997 – 2^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B

"Gesù si trasfigurò davanti a loro". (Mc. 9,2)

Mi sono chiesto tante volte che cosa significhi per Gesù la TRASFIGURAZIONE. Lui è Dio che incarnandosi ha trasfigurato il suo volto eterno in un volto umano; oggi sul monte il Padre, attraverso la trasfigurazione gloriosa, ci ricorda la divinità di suo Figlio; sulla croce, attraverso la sofferenza, il volto di Gesù sarà trasfigurato nel volto dell’uomo dei dolori; nella risurrezione il volto di Cristo sarà trasfigurato in colui che per primo ha fatto il grande passaggio ed è entrato nella vita. Ma l’incarnazione e la trasfigurazione di Gesù continuano anche oggi: Gesù è trasfigurato nel volto dei testimoni gioiosi della sua parola, nel volto dei poveri, dei miti, dei puri di cuore, dei malati... nel volto di ogni uomo. Sono trasfigurazione ora di dolore, ora di gioia, perché Lui è tutto in tutti, perché ogni cosa è sua, perché ci unisce intimamente a Lui. Dice S. Massimo che il volto di Cristo rappresenta per sempre ‘l’icona vivente dell’amore Questo volto dei volti, questo volto di un uomo, sfigurato per amore e trasfigurato dall’amore, è il volto stesso di Dio.

 

 

LUNEDI’ 24 FEBBRAIO 1997

"Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro". (Lc. 6,36)

E’ l’invito ad essere buoni, senza misura. E’ l’invito ad avere niente meno che Dio come modello. "Signore, non ti sembra di esagerare?" E Gesù ci risponde: "Se ti ho dato il Padre come modello, non è per spaventarti, ma perché tu abbia sempre davanti al tuo agire, il fondamento della tua vita; non è per chiederti qualcosa di impossibile ma perché tu sappia che ciò che è impossibile agli uomini non è impossibile a Dio. E’ perché tu, contemplando la sua misericordia verso di te e verso gli uomini, ti senta talmente amato da trovare la forza di amare anche quando è difficile. Mi aspetto che tu entri nel mio cuore, che mi somigli, che diventi il rappresentante del mio amore presso i miei figli".

 

 

MARTEDI’ 25 FEBBRAIO 1997

"Il più grande tra voi sia vostro servo". (Mt. 23,11)

Tra i titoli che dagli uomini vengono dati al Papa, ce n’è uno che mi sembra, almeno sotto alcuni aspetti, presuntuoso ed è quello di "santità", e ce né un'altro che invece mi sembra ben azzeccato: "Servo dei servi di Dio". Il potere del Papa, i compiti di responsabilità ricevuti sono per il servizio di Dio e degli uomini. E lo stesso vale per noi. Hai un ruolo, un compito nella tua azienda, nella tua famiglia, nella comunità parrocchiale? Vuol dire che Dio ti chiama, attraverso questi compiti a servirlo e a metterti a maggior disposizione dei fratelli. Non c’è nulla di più assurdo che vedere cristiani che lottano per il potere, la supremazia, gli onori. Nel Regno di Dio non contano i monsignori, i cavalieri di qualche ordine religioso, i cristiani di "prima", contano, secondo il Vangelo, i poveri, i servi inutili, gli ultimi.

 

 

MERCOLEDI’ 26 FEBBRAIO 1997

"Si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo e gli disse: Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla sinistra nel tuo Regno".

(Mt. 20,20 - 21)

Una mamma chiede, e lo farebbe ogni madre, il primo posto per i suoi figli e Gesù gira la risposta con un’altra domanda: "Avranno e avrete il coraggio di seguirmi ovunque, anche quando, invece di gloria e potere, ci sarà da bere un calice amaro?". Sembra una risposta dura quella di Gesù, ma, pensiamoci un momento: anche noi diremmo a chi vuole un primo posto nei nostri affetti: "Sei pronto ad essere con me sempre, anche quando tutto sembrerà essere contro di me?". Gesù non ci nasconde niente, ci aiuta solo ad essere uomini tutti d’un pezzo in ogni occasione. Qualche volta i suoi insegnamenti ci sembrano duri, lontani dalla realtà e dalle preoccupazioni del vivere umano, ma poi, se ci pensiamo bene, ci accorgiamo che proprio per queste preoccupazioni, rischiamo di essere meno uomini. Se vogliamo seguire Gesù, sappiamo che la sua strada, per giungere alla risurrezione, passa attraverso la croce.

 

 

GIOVEDI’ 27 FEBBRAIO 1997

"Allora, gridando, disse: Padre Abramo, manda Lazzaro ad intingere nell’acqua il dito e bagnarmi la lingua perché questa fiamma mi tortura".

(Lc. 16,24)

E’ la parabola del ricco e del povero Lazzaro le cui situazioni si capovolgono nella vita futura dove Lazzaro sarà felice in Dio e il ricco si troverà nella situazione di desiderare il modesto sollievo di una goccia d’acqua. Ma questa parabola non vale solo per il futuro, la vediamo illustrata soventissimo anche in questa vita. Spesso noi chiamiamo beati i ricchi, gli arrivati, i potenti. Basta un niente e chi ci sembrava "fortunato" si ritrova ad essere bramoso di affetto, invidioso quasi di una vita comune, semplice. Ecco, allora, che questa parabola ci invita, non solo ad essere attenti perché nel presente ci giochiamo il nostro futuro, ma anche perché nel quotidiano la nostra vera felicità dipende dai valori per i quali noi giochiamo la nostra vita. Sta tutto qui. Trovare il tesoro nascosto. E’ amaro altrimenti, accorgersi che, dopo tanto cercare, si è ancora a mani vuote, che ci si è affidati a ricchezze che passano. "Hai avuto i tuoi beni durante la vita", sarebbe per noi, come per il ricco della parabola, l’inevitabile giudizio.

 

 

VENERDI’ 28 FEBBRAIO 1997

"Vi sarà tolto il Regno e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare". (Mt. 21,43)

E’ una frase che deve farci pensare. Come è successo al popolo ebraico che a forza di "no" ha perso l’alleanza, può succedere anche a noi. Dio ci offre i suoi doni, ci offre Gesù, ma un dono lo si può accogliere con riconoscenza oppure rifiutare. Non basta rivestire l’etichetta di cristiani per essere salvati, occorre rivestire Cristo; non basta che io mi riempia la bocca di cristianesimo moraleggiante, occorre lasciarci trasformare da Lui. Il rischio di perdere il dono del Regno è sempre presente. Dio ha tanta pazienza nei nostri confronti, è disposto a perdonare i nostri peccati ma è necessario non chiudergli in faccia la porta. Anche l’occasione di questa Quaresima per una nostra conversione, può essere un dono che vuoi farci entrare nel Regno di Gesù, ma può anche passarci sulla testa e non toccarci per nulla. Il danno, però, è solo nostro, in quanto non accogliere il dono di Dio, significa privarsi di ciò che ci fa veramente uomini creati a sua immagine, redenti dal sangue di Gesù, chiamati nello Spirito a formare il suo popolo.

     
     
 

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