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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO 1996

 

 

 

LUNEDI’ 1 LUGLIO 1996

"Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?".

(Sal. 49,16—17)

Iniziamo questo mese di luglio con un esame di coscienza, particolarmente adatto a me prete e a tutti coloro che si gloriano del nome di cristiani. E’ molto facile riempirsi la bocca di Bibbia, di Teologia; fa fine, impegnato, culturale. E’ anche molto facile dire agli altri come devono comportarsi, sdottorarsi su ogni cosa. Ma quello che affermiamo, che indichiamo agli altri, è fondamento della nostra vita? Mi diceva un giovane: "Sono stufo di sentire i miei genitori, voi preti dirmi che cosa devo fare. Lo so anch’io che cosa dovrei fare e come dovrei comportarmi. Vorrei trovare qualcuno che mi incoraggi, e soprattutto che mi dimostri con la sua vita che è possibile vivere ciò che mi si insegna".

 

 

MARTEDI’ 2 LUGLIO 1996

"Gesù, levatosi sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia". (Mt. 8,26)

Sembra persino ingenuo questo modo di raccontare di Matteo. Il mare e il vento vengono "sgridati" da Gesù. Ma qui, Matteo vuole aiutarci a capire chi sia Gesù. Chi è il padrone della natura? Chi di noi può trasformare una tempesta in bonaccia? Solo colui che è l’autore delle leggi della natura, può modificarne il corso. Quindi se Gesù fa questo è Dio. E se Gesù può comandare al vento e al mare, quanto più può comandare al male e vincerlo. Con Gesù, sulla barca, non si ha più paura, con Gesù nella tua vita non hai più paura, non nel senso che non avrai più burrasche ma nel senso che Lui il male lo ha già vinto anche per te.

 

 

MERCOLEDI’ 3 LUGLIO 1996

"Voi siete edificati sul fondamento degli apostoli, avendo come pietra angolare lo stesso Gesù Cristo". (Ef. 2,20)

Questa frase di Paolo mi conforta e mi aiuta a comprendere il senso della Chiesa. Noi siamo fondati su Gesù, quindi siamo nella sua santità e nella sua pienezza, ma deriviamo anche la nostra fede dagli apostoli che sono uomini come noi e che quindi portano i loro doni e le loro povertà. Ad esempio, oggi ricordiamo Tommaso, un uomo tutto di un pezzo sia nel dubbio che nella fede, un realista e un uomo di completo abbandono. La Chiesa quindi è santa e peccatrice, io sono santo e peccatore. Non ho quindi il diritto di puntare il dito contro gli altri ma ho la gioia di vedere che nonostante i miei peccati e quelli degli altri, faccio parte della comunità di Gesù, sono in compagnia di tanti che, pur con i loro limiti, appoggiano la mia fede.

 

 

GIOVEDI’ 4 LUGLIO 1996

"Il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati". (Mt. 9,6)

A scuola, a casa, al lavoro, dovunque ci vengono richieste delle prestazioni. A seconda di come vi riusciamo, veniamo giudicati: promossi o respinti. A volte, applichiamo questo criterio al rapporto con Dio. Crediamo che per essere amati e accettati da Lui, per ricevere i suoi doni e la sua grazia, dovremmo fare qualcosa. Ma questo "sistema" non funziona con Dio. Egli non vuole le nostre prestazioni, vuole invece noi stessi, così come siamo. I nostri fallimenti e peccati non sono ostacoli al suo amore, al rapporto con Lui. Lo diventano soltanto quando non crediamo alla sua misericordia, quando pensiamo che, peccatori come siamo, non possiamo essere in comunione con Lui. Dio, invece, come ci ha dimostrato Gesù è un "Padre misericordioso" che "vuole che tutti gli uomini siano salvati" e che proprio per questo ha mandato suo Figlio, Gesù.

 

 

VENERDI’ 5 LUGLIO 1996

"Ed ecco portarono a Gesù un paralitico steso su un letto". (Mt. 9,2)

Quanti paralitici ci sono oggi! Tanti handicappati fisici, ma quanti paralitici che camminano, si muovono, corrono, parlano alla televisione, sui giornali. E quanti paralitici della fede! Persone che hanno fermato la loro crescita della fede al catechismo dell’infanzia, altri che hanno atrofizzato il loro amore con l’egoismo, altri ancora che sopravvivono pensando di poter fare a meno del cibo dell’Eucaristia, del sacramento del perdono, altri che non pregano più da anni. Il paralitico del Vangelo è stato fortunato: qualcuno l’ha portato da Gesù. Come è bello aver degli amici che ci portino da Gesù! E noi possiamo essere a nostra volta persone che portano altri a Gesù. E Gesù che è venuto a salvare e a guarire, se troverà un briciolo di fede, potrà far camminare anche i paralitici e gli atrofizzati.

 

 

SABATO 6 LUGLIO 1996

"Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". (Mt. 9,13)

Qual è il modo migliore di vincere il peccato? Combatterlo e fuggirlo con le nostre forze o trovare l’ombra misericordiosa di colui che è venuto a salvarci? C’era una volta un uomo che si irritava in modo tale alla vista della sua ombra ed era così infelice per i propri passi che decise di lasciarsela dietro di se. Diceva a se stesso: semplicemente la sfuggo. Così si alzò e corse via. Ma ogni qualvolta posava il piede a terra era seguito dalla propria ombra. Diceva a se stesso: devo correre di più. Così corse più veloce, più veloce, e corse così a lungo fino a quando cadde a terra morto. Costui si sarebbe liberato della propria ombra, se fosse andato semplicemente all’ombra di un albero... ma non gli venne questa idea.

 

 

DOMENICA 7 LUGLIO 1996 – 14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"Ecco, a te viene il tuo Re, Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino". (Zac. 9,9)

Colpisce nel brano di Zaccaria che questo re glorioso, abbia rifiutato un glorioso cavallo ed abbia scelto un asino. Questo re, che pure è vittorioso, non ha la pretesa di imporsi, di sbalordire, apparire come dominatore, né tantomeno intimorire. Anche Gesù si è trovato perfettamente a suo agio nell’entrare in Gerusalemme, sulla groppa di quell’asino. Quell’asino è una lezione importante: mentre per noi l’ambizione, la gloria, non sono mai troppe, Gesù ci ricorda che per il Signore niente è troppo poco Gesù avanza, guadagna terreno nel mondo, silenziosamente, lentamente, discretamente. li ritmo dell’asino gli va bene. L’asino dice anche fatica, pazienza, ripetitività, ostinazione, compiti ingrati. La vittoria di Cristo esige il prezzo della tenacia, della dedizione quotidiana, del sacrificio, del lavoro oscuro. Se riuscissi a fare l’asino di Gesù, avrei raggiunto Lui e la fede!

 

 

LUNEDI’ 8 LUGLIO 1996

"La fanciulla non è morta, ma dorme". (Mt. 9,24)

Quella bambina era proprio morta! E il padre, la madre, i flautisti e i vicini di casa lo sapevano bene, è per questo che si mettono a deridere Gesù. Provate ad immaginarvi la scena: E’ morta una persona a voi cara e qualcuno viene a dirvi: "Ma guarda che dorme!" Eppure, sia Gesù, che la persona che vi dicesse quella frase, avrebbero perfettamente ragione. Per il credente nel Dio della vita, la morte non è la parola definitiva della vita, la cassa da morto non è l’ultima dimora. La morte è il sonno apparente di questa parte di vita, è un passaggio alla vita definitiva. Risulta allora chiaro che cosa vuoi dire la preghiera che diciamo per i nostri morti: "L’eterno riposo.. .". E’ il riposo dalle fatiche della vita, è il sonno del giusto che riposa sicuro in Dio, è 1’ "Eterna gioia" di chi si ritrova nella vita piena di Dio.

 

 

MARTEDI’ 9 LUGLIO 1996

"Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pasto re". (Mt. 9,36)

In parrocchia arriva umanità di ogni genere: poveri, barboni puzzolenti, persone che cercano soluzioni ai problemi della vita, disperati... Qualche volta, la sera, cercando di farmi ripassare davanti i volti delle persone incontrate, mi sembra davvero con Gesù di sentire compassione per tutta questa gente: perché tanta sofferenza, tanta cattiveria, tanta indifferenza? E Dio dov’è? E i pastori sociali, politici, religiosi che fanno o che cosa possono fare? La compassione di Gesù però non si ferma al dire "poveretti!", non si ferma neppure al dare qualcosa... la sua compassione diventa dare se stesso, diventa lotta concreta contro il demonio che viene scacciato, diventa scelta degli ultimi facendosi ultimo, diventa preghiera accorata, fiduciosa al Padre. E se, la sera, mi accorgo di aver fatto poco o niente di solutorio per i problemi di chi è passato nella giornata, ma mi accorgo anche di aver fatto quello che ritenevo possibile, allora ho il diritto di pregare il Padre per loro e di fidarmi che la mia preghiera non può non essere ascoltata.

 

 

MERCOLEDI’ 10 LUGLIO 1996

"E’ tempo di cercare il Signore, finché Egli venga". (Os. 10,12)

Sovente in confessione sento dire: "Del Signore mi ricordo quando ne ho bisogno" o anche "Reverendo, ha un bel dire, non ho tempo per la preghiera, per la Messa, ho tanto da fare... Noi, spesso, presi dalle nostre preoccupazioni utili e inutili, in pratica viviamo da atei e ci giustifichiamo anche dicendo "Ma io del male non ne faccio a nessuno", "se tutti fossero come me, il mondo andrebbe meglio". Dio ti cerca per donarsi a te, vuol farsi trovare per mostrarti il suo volto, Lui è il senso della tua vita e tu non hai tempo per Lui, ti sembra già una grossa concessione quando gli dai un’ora del tuo tempo. Eppure è Lui il Signore del tempo e te lo concede! Che non debba succederci che scaduto il nostro tempo non abbiamo più tempo per scoprire Lui e l’eternità!

 

 

GIOVEDI’ 11 LUGLIO 1996

"Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla". (Gv. 15,5)

S. Benedetto, patrono d’Europa, che ricordiamo oggi, aveva capito molto bene questa parola del Vangelo se contestando la società del suo tempo si era ritirato a Subiaco per rimanere unito a Dio e vivere sotto il suo sguardo. E anche quando si trovò attorniato di discepoli, e dovutosi trasferire a Montecassino per formare con essi una comunità, non si lasciò distrarre dalle nuove preoccupazioni ma mise al primo posto della sua regola lo star uniti a Dio attraverso preghiera e lavoro. Se non siamo uniti a Cristo, alla sua linfa vitale, al suo Spirito che può operare in noi e attraverso noi, possiamo diventare anche dei grandi "manager della religione" ma il nostro frutto avrà la debolezza delle cose che passano. E’ solo fondando la nostra vita su di Lui che possiamo lasciarlo agire dentro di noi e lo Spirito potrà portare i frutti secondo la volontà di Dio.

 

 

VENERDI’ 12 LUGLIO 1996

"Siate semplici come le colombe". (Mt. 10,16)

Racconta Padre Gheddo:

L’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, ha iniziato la causa di Canonizzazione di un cappuccino morto a 96 anni: fra Cecilio Cortinovis, che ha passato la vita a dare la minestra ai poveri nel convento dei Cappuccini di Viale Piave a Milano. Cecilio non aveva studio nè cultura, non ha mai occupato posti di responsabilità, non ha mai fatto nulla che potesse interessare i giornali o la televisione. Ha sempre e solo aiutato i poveri, dando loro da mangiare, vestendoli, curandoli, amandoli. I poveri della città, i barboni, i terzomondiali, gli sbandati, gli ex carcerati, i marginali, tutta gente che consideriamo i rifiuti della società. Uno potrebbe pensare: persona insignificante, non influente nella società. Eppure Fra Cecilio ha toccato il cuore di moltissima gente a Milano; venivano a trovarlo, a chiedergli una preghiera ed un consiglio. Quel frate che parlava metà in italiano e metà in Bergamasco, sapeva farsi ascoltare anche da professori universitari, professionisti, studenti, gente del popolo. Perché? Perché aveva Dio con sé, faceva tutto per amore di Dio e viveva tutto nella massima semplicità e abbandono in Lui.

 

 

SABATO 13 LUGLIO 1996

"Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio ché è nei cieli". (Mt. 10,32)

Il discepolo e il maestro sono una cosa sola. Il cristiano è colui che riconosce Cristo e da Cristo è riconosciuto ed è anche colui nel quale gli altri dovrebbero riconoscere Cristo. Vi invito oggi ad un esame di coscienza che non sia solo per dire quanto siamo lontani da questa realtà, ma che ci aiuti a "rivestirci di Cristo". Le persone che oggi incontrerò, riusciranno a riconoscere in me, nel mio parlare e nel mio agire, il Cristo? Cioè vedranno in me uno disposto a perdonare settanta volte sette? Uno che è capace di andare a cercare la pecorella smarrita? Uno che si china sui malati e sofferenti con la stessa delicatezza di Gesù? Uno che con semplicità ma con fermezza dice la propria fede? Uno che sa amare fino al dono della vita? Gesù, oggi, anche attraverso me vuoi continuare la sua presenza di salvezza nel mondo. Mio unico impegno è non impedirglielo ma offrirgli me stesso perché Lui si possa ancora manifestare.

 

 

DOMENICA 14 LUGLIO 1996 – 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"Ecco, il seminatore uscì a seminare". (Mt. 13,3)

Quando Gesù ha raccontato la parabola del seminatore non poteva certamente moltiplicare tipi di terreno in cui cade la Parola di Dio. Infatti ci sono più terreni: strada pietraia, cespugliosa e terra fertile. Ma c e anche un tipo di terreno nel quale spesso, purtroppo, mi identifico, ed è il "terreno deposito". La Parola di Dio ascoltata centinaia, migliaia di volte, viene trattenuta, si accumula ma non cambia, non smuove. Diventa inutile perché non utilizzata. E’ mia senza che me ne appropri. Sono in grado di ricordare e citare il Vangelo ma stento a documentare con la mia vita i cambiamenti avvenuti. Il luogo peggiore per svilire la Parola, questo dono prezioso, è la soffitta, in mezzo alle tante carabattole, raccolte nel cammino della vita.

 

 

LUNEDI’ 15 LUGLIO 1996

"Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra". (Mt. 10,34)

Come mettere d’accordo queste parole di Gesù con il canto degli angeli sulla grotta di Betlemme che augurano "Pace agli uomini di buona volontà" o con il saluto: "Pace a voi!", con cui il Risorto incomincia ogni sua apparizione? Gesù non è venuto a portare la pace, come di solito la intendiamo noi. Gesù non ci libera dalle difficoltà della vita, dalle lotte quotidiane, dalle paure, dalle croci. Esse fanno parte del nostro cammino. Gesù non porta la pace dei compromessi come spesso succede tra i popoli dove i trattati spesso sono fondati sulla legge del più forte o sulla contrattazione (io non ti faccio più la guerra, se tu mi dai questo). La pace di Gesù è qualcosa di interiore e di profondo. E’ la presenza di Dio che ti dà forza, è la speranza che supera i limiti umani e il tempo, è il coraggio della non violenza, è la gioia profonda che ti rende sereno anche durante la prova, è la certezza della misericordia del Signore che ti cerca anche quando ti sei allontanato.

 

 

MARTEDI’ 16 LUGLIO 1996

"Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli". (Mt. 11,20)

Prova a guardare nella tua vita passata: in mezzo alle prove che hai incontrato non ci sono forse tanti "miracoli" di grazia che Dio ha riversato su di te? Di alcuni non puoi non rendertene conto, di altri, forse, non ti sei neanche accorto o magari ne prendi coscienza solo anni dopo. Ma tutto questo ti ha irrobustito nella fede? Ti ha "convertito"? Gesù rimprovera le città dove Lui ha operato miracoli perché non sono riuscite a capire, attraverso i suoi segni, l’amore che Egli aveva per loro e perché dalla riconoscenza non sono riusciti a passare alla fede. Il primo passo per una vera "conversione" e riconoscere quanto Dio ci ama, poi imparare a dire grazie, e poi trasformare il grazie in cambiamento di vita.

 

 

MERCOLEDI’ 17 LUGLIO 1996

"Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". (Mt. 11,25)

Gesù ne ha fatto l’esperienza: ha predicato agli scribi, ai farisei, ai sommi sacerdoti e che cosa ne ha ottenuto? Non solo non hanno accolte il regno ma si sono coalizzati per ucciderlo, Gesù ha guardato con amore un uomo che si era arrampicato su una pianta, Zaccheo e questi si è convertito; ha detto una parola di amore e di perdono ad una peccatrice ed essa lo ha seguito per sempre. Il frutto più bello della sua vita è un ladro, crocifisso che lo riconosce e gli chiede di ricordarsi di lui. Anche gli apostoli ne hanno fatto l’esperienza: perseguitati dai loro capi dell’ebraismo trovano accoglienza e conversione da parte dei pagani. E anche oggi continua questa esperienza: vale di più un sorriso tenero e vero di una Madre Teresa di Calcutta o la melliflua benedizione di qualche prelato bottonato di rosso che "nel nome del Regno" gioca con astuzie politiche per ottenere il suo successo personale? "Ti benedico, o Signore, per la semplicità dei bambini che sanno ancora dirti "ti voglio bene". Ti benedico, o Signore, per quel barbone che piangendo mi ha consegnato il coltello comprato per farsi fuori solo perché ha capito che "Dio non vuole". Ti benedico, o Signore, per quei due anziani che, acciaccati dalla vita, sanno ancora volersi bene e cercano di fare del bene agli altri. Ti benedico... (prova a continuare tu).

 

 

GIOVEDI’ 18 LUGLIO 1996

"Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore". (Mt. 11,29)

Ci sono momenti in cui la stanchezza gioca degli strani tiri. Una domenica sera, alla terza Messa, dopo aver battezzato, confessato, mi stavo infilando la casula e mi veniva da pensare: "Ecco, il tuo mulo si mette il basto per provare a tirare ancora un po’ ". Certo, la Messa dovrebbe essere gioia, il. servizio del Signore e dei fratelli un onore, ma qualche volta ne senti il peso specialmente quando non vedi risultati in te stesso e negli altri. E allora? Prova a guardare a Gesù: la gente lo subissava, non gli lasciava neanche il tempo di riposare e Lui era disponibile. Poteva starsene tranquillo in paradiso e per amore nostro va a finire su una croce. Poteva strafulminare i suoi nemici e i peccatori e invece li accoglie e li perdona. Lui ha sentito la fame, la sete, la fatica ma è andato avanti perché amava suo Padre e noi. Anche noi possiamo sentire la fatica, la pesantezza del quotidiano ma se c e un cuore mite, un cuore umile, un cuore che ama...

 

 

VENERDI’ 19 LUGLIO 1996

"Se aveste capito che cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa". (Mt. 12,7)

Ci diciamo persone civili. Chissà come mai nel mondo allora, e anche nella Chiesa di Gesù, ci sono ancora tante lotte e guerre di religione! Dovremmo aver capito tutti, ormai, che Dio è un Dio di Amore, che non siamo noi, poveri uomini, a dover "difendere" la religione, che è più importante l’uomo che non l’etichetta religiosa che porta, che l’intransigenza religiosa ha fatto e fa danni incalcolabili, eppure siamo ancora alle divisioni, alle contrapposizioni, alle guerre di religione (per Dio o per il potere?). "Misericordia io voglio e non sacrificio" ci dice Gesù. Vale di più una Messa detta perché gli altri si convertano alla mia religione o un cattolico e un protestante che pur mantenendo il loro credo, solidarizzano, magari, per aiutare un extracomunitario che ha una fede ancora diversa dalla loro? Vale di più allontanare definitivamente certe persone nel nome di un codice di diritto canonico, o cercare di comprendere il problema di chi ti sta davanti cercando di non spegnere quella "piccola fiammella esitante"? E in famiglia, vale di più la rottura per presunti motivi di intransigenza religiosa o la mitezza e la pazienza che prova ogni giorno a ricostruire valori comuni?

 

 

SABATO 20 LUGLIO 1996

"Ecco il mio servo che io ho scelto... la canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante". (Mt. 12,20)

Qualcuno mi ha fatto una osservazione sulla quale sovente mi fermo a pensare: "Tu sei tanto accogliente verso certe persone, dedichi molto tempo a persone che, magari, hanno certi pseudo problemi che potrebbero risolversi da soli e poi, magari, sei sbrigativo con le persone con cui vivi. Accogli tutti, ma vai a cercare chi ha veramente bisogno?". Gesù è venuto "per chi ha bisogno di Lui". Non è venuto ad aprire un ufficio di accoglienza e di assistenza, è andato in giro a cercare le pecorelle smarrite. Non è venuto a fare lo psicologo a buon mercato ma cercava di giungere al cuore delle persone. Non ha disdegnato nessuno ma ha detto la sua preferenza per i poveri e per i piccoli. E’ stato esigente ma non ha condannato. Se vogliamo essere cristiani, allora, è Lui il modello di vita a cui ispirarci e se lasciamo spazio al suo Spirito, sarà ancora la sua forza a schiodarci dalle nostre poltrone e dalle nostre abitudini per fare cose grandi in noi e attraverso noi.

 

 

DOMENICA 21 LUGLIO 1996 – 16^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

E i servi dissero: "Vuoi dunque che andiamo a raccogliere la zizzania?". (Mt. 13,28)

Occorre, per imitare Dio, la grande virtù della pazienza. L’impazienza è la radice di tutti gli integralismi, dei fanatismi, delle intolleranze, delle inquisizioni. La zizzania c 1e in tutti i campi, anche nel tuo campo e proprio nel momento in cui tu giudichi, condanni, disprezzi gli altri, ritenendoti "puro", ti trasformi in zizzania. il vero scandalo è quello offerto da coloro che pensano di dimostrare le proprie virtù denunciando le colpe degli altri. La pazienza invece è imparentata con l’umiltà. Se Dio fosse impaziente come noi, quante volte avrebbe già dovuto estirparci? La parabola della zizzania rimanda alla mietitura finale. A nessuno è lecito anticipare i lavori. In quel giorno il giudice sarà Gesù. Ossia Colui che ha seminato il buon grano, ed è morto per tutti. Quasi a suggerire che, fino a quando non hai dato la vita, non hai diritto di giudicare nessuno.

 

 

LUNEDI’ 22 LUGLIO 1996

Gesù le disse: "Maria". (Gv. 20,16)

Se vuoi offendere un bambino, chiamalo dicendogli "Ehi, tu". Un bambino ha bisogno di sentirsi chiamare per nome. Il suo nome è la sua identità. Ma anche noi, se pensiamo di essere agli occhi di Dio soltanto uno dei cinque miliardi degli uomini sulla terra, ci sentiamo sminuiti. Maria Maddalena vede Gesù risorto, ma non lo riconosce. E’ solo quando sente il suo nome sulla bocca del suo caro Maestro, che apre gli occhi, il cuore e lo vede. Ecco che cosa dice il primo catechismo dei bambini: Il Signore conosce il tuo nome. Prima che tu nascessi, il Signore ti conosceva; ti ha chiamato e tu sei venuto al mondo. Ti chiama per nome perché ti ama, da sempre. Anche il Signore ha un nome. Il suo nome è: "Signore Dio". Tu puoi chiamarlo per nome, puoi parlargli insieme, puoi amarlo.

 

 

MARTEDI’ 23 LUGLIO 1996

"Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?". (Mt. 12,48)

Gesù non è scortese nei confronti di sua madre o dei suoi parenti ma vuol farci capire che nel suo Regno non si entra per raccomandazioni, per privilegi, per parentele ma per fede personale. Maria, Giacomo, Giovanni partecipano a Gesù per fede, non perché parenti. E’ inutile dire: "lo sono cristiano perché la mia famiglia è cristiana, perché ho parenti preti e suore" ma "lo sono cristiano perché cerco di fare la volontà di Gesù". Non saremo giudicati su come si sono comportati i nostri parenti, ma sul nostro comportamento, non conteranno le raccomandazioni, le "bustarelle", gli inghippi diplomatici, conterà solo la nostra fede personale.

 

 

MERCOLEDI’ 24 LUGLIO 1996

Rispose Geremia: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane". (Ger. 1,6)

E’ istintivo per Geremia, davanti all’incarico che Dio gli affida, riconoscere la propria inadeguatezza e quindi protestare la propria impreparazione. Siamo, come dice S. Paolo, dei vasi di creta, fragili, incaricati di portare cose preziose. Come faccio, io peccatore, a testimoniare la fede? Come posso amministrare, io povero prete bisognoso di misericordia, un sacramento come quello della confessione? Non faccio più danno che bene? Come faccio io, che non ho ancora capito la volontà di Dio ad annunciare e a spiegare agli altri una Parola che mi supera? Tutto vero, tutto reale, ma se Dio ti ha dato un incarico, fidati di Lui. Ricordati sempre che il Regno è suo, non tuo. Non spaventarti perché è Gesù che è morto sulla croce per donare la salvezza. Cerca solo di fidarti e renderti disponibile, non mettere il bastone in mezzo alle ruote allo Spirito Santo ma lascia che Lui ti porti dove vuole. Dio non ha bisogno del tuo orgoglio, delle tue presunte qualità, ha bisogno della tua povertà.

 

 

GIOVEDI’ 25 LUGLIO 1996

"Noi abbiamo un tesoro in vasi di creta". (2Cor. 4,7)

Il mistero dell’Incarnazione di Gesù continua anche nei cristiani. Il Dio eterno assume un corpo umano limitato, il Creatore si fa creatura, il Potente è umanamente debole... ma questa scelta fa che la potenza diventi misericordia, che il mistero assuma dei contorni precisi. Per il cristiano è la stessa cosa: Dio si abbassa alla nostra debolezza, non ha paura delle nostre miserie e addirittura, ci affida il compito di essere portatori del suo messaggio. Siamo consapevoli della nostra debolezza, ma allo stesso tempo pieni di gioia per il dono che ci viene fatto. Non si tratta di orgoglio che ci fa "più bravi degli altri" ma di riconoscenza vissuta in semplicità ma anche con "tremore e timore" della responsabilità affidataci.

 

 

VENERDI’ 26 LUGLIO 1996

"Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta; ora il trenta". (Mt. 13,23)

Noi vorremmo essere buon terreno che dà frutto. E allora queste due righe ci danno i vari passeggi. Prima ossa: ascoltare la Parola. Il seminatore, di questo siamo sicuri, semina abbondantemente, ma bisogna accogliere questo seme, bisogna cercare ogni occasione per poter ascoltare la Parola e poi bisogna I "comprenderla", quindi non essere I ascoltatori distratti, quindi accorgersi che non è una delle mille parole che I ogni giorno bombardano i nostri orecchi, accorgersi che questa Parola è Gesù stesso, il Figlio di Dio che ci interpella, lasciare cioè che questa Parola ponga le sue radici non solo nella mente ma soprattutto nel cuore. E poi? Poi si tratta di lasciarla operare! Il seme ha in sé tutta la sua potenza vitale, il compito del terreno è solo quello di essere disponibile a lasciare che la sua forza si sviluppi e non importa neppure se il frutto sarà 100 per uno o 30 per uno, ciascuno produrrà secondo i doni, le capacità, le forze che si ritrova. In parole povere, è come se Gesù ci dicesse: Accogli, renditi disponibile a Dio e poi lascia fare a Lui.

 

 

SABATO 27 LUGLIO 1996

Udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderà e chi andrà per noi?" E io risposi: "Eccomi, manda me!". (Ger. 7,11)

Dio, che può tutto si fa mendicante, vuole aver bisogno di noi. Il primo che ha risposto in maniera totale a questa domanda di Dio è stato proprio suo Figlio Gesù che ha accettato l’invito del Padre ed ha donato a Lui e a noi la sua vita. E dietro a Gesù, Maria, gli Apostoli, i santi... Ma questa richiesta di Dio non è solo per i preti, per "gli addetti al religioso". E’ ancora una richiesta rivolta concretamente a ciascuno di noi. "Chi manderò da quei due vecchietti che non riescono più ad uscire di casa, per fargli la spesa?" "Chi manderà da quel ragazzo che ha bisogno di una parola di conforto?" "Chi manderà da quelle popolazioni che non solo non hanno mai sentito parlare di mio Figlio, ma che mancano di tutto?" "Chi andrà, in nome mio, a trovare quell’ammalato?" Chissà se Dio può contare su di me?

 

 

DOMENICA 28 LUGLIO 1996 – 17^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"Il Regno dei Cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo; un uomo va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo". (Mt. 13,44)

Almeno in certi momenti della nostra vita abbiamo desiderato di trovare un tesoro o di vincere un qualche premio ad una lotteria. Ma la vera fortuna di ogni vita, l’occasione insperata, è la scoperta, in Gesù, del Regno dei cieli. Ma per possederlo bisogna fare come l’uomo della parabola: vendere tutto quello che si ha e trovare gioia per quello che si acquista. Gesù sembra dirci: le cose belle si pagano, e ancora: si riesce a far questo solo se c’è determinazione e gioia. Mi chiedo allora: l’ho già trovato il "tesoro" della mia vita? Se l’ho trovato, sto vendendo le carabattole della mia vita o penso di poter tenermi tutto insieme al tesoro? Se ho lasciato qualcosa, vivo di rimpianti o peggio ancora cerco di far pagare agli altri i rimpianti per le cose che alla fin fine non ho lasciato veramente? Il mio è un "volto pieno di gioia" che in qualche modo tradisce il segreto di aver trovato il Regno di Dio?

 

 

LUNEDI’ 29 LUGLIO 1996

"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno". (Lc. 10,41—42)

Carissima Marta, non posso non avere una grande simpatia per te! Mi assomigli. O meglio, io vorrei assomigliarti nell’essere un buon padrone di casa, efficiente, pronto, cortese, ospitale, una di quelle persone che mette a suo agio gli ospiti, uno del quale gli altri possano dire: "E’ una persona squisita nella sua cortesia". Eppure mi rendo conto che Gesù, apprezzando il tuo lavoro e godendone i frutti, ha ragione nel farti e nel fare a me quell’appunto. lo mi agito troppo. Sono eternamente stanco e penso che tutto dipenda da me. Cerco di fare il bene ma, onestamente, qualche volta, per goderne io i frutti. Come te, Marta, mi danno fastidio quelli che pensano di aver risolto tutto con la meditazione, le formule di preghiera, trovo perfino difficoltà a capire i contemplativi, però devo ammettere che se qualche volta non mi fermo, non ritorno all’incontro con Colui che motiva il mio agire, non mi fido che sia Lui ad operare, non ripenso che il Regno è suo e non mio, mi perdo. Cara Marta, tu, senza perdere le tue caratteristiche e la tua personalità, hai certamente ottenuto conto di quell’appunto di Gesù, allora chiedi, per me, al Padre, che tu ora vedi, di calmarmi un po’ e di riportarmi, almeno qualche volta, ad aver più fiducia in Lui che non in me.

 

 

MARTEDI’ 30 LUGLIO 1996

"Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". (Mt. 13,36)

Perché tanta cattiveria nel mondo? Se Dio esistesse veramente perché l’avrebbe permessa? perché la tollererebbe? Eppure Dio non solo la permette, la tollera, ma impedisce ai suoi servi troppo zelanti di sterminare i malvagi con il pretesto di far scomparire il male. Il dolore, la cattiveria, il male sono misteri ed è assurdo allora volerceli spiegare per filo e per segno. Di una cosa sola siamo certi per fede, che Dio è più forte del male, che non pu8 essere connivente con esso, che, se lo permette e chiede a noi, come a suo Figlio di passare attraverso la croce del dolore e della cattiveria degli uomini, un motivo ci sarà. Come reagire davanti al male? Cercare in tutte le maniere di allontanarlo da noi come nemico di Dio e nostro; invocare la forza di Dio che può vincere il male e trasformarlo; fidarci di Dio anche nel momento del buio: se Dio aspetta a vincerlo non è di certo per la gioia sadica di vederci soffrire ma perché, nella sua sapienza, saprà Lui che anche attraverso la sofferenza e il male può nascere amore e salvezza.

 

 

MERCOLEDI’ 31 LUGLIO 1996

"Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore". (Ger. 15,16)

Almeno nella mia gioventù (ma anche ora, quando il tempo me lo permette) sono stato un "divoratore di libri". Tutto ciò che era scritto, storia, romanzi, scienza mi attirava, volevo conoscere, giocare con chi aveva scritto quelle pagine, appropriarmi di alcuni pensieri... Non lo rimpiango, anche se mi accorgo che il rapporto diretto con le persone e con la vita è più importante e coinvolgente di quello delle pagine di un libro. Ma la Parola di Dio, il suo studio, il suo commento, se fatto con fede, raccoglie entrambi questi aspetti: è Dio che attraverso la storia ti parla, ma non solo per raccontarti dei fatti che stanno all’ origine della tua fede ma per coinvolgere la tua vita nella Sua, per informare il tuo essere e il tuo agire. E’ una parola efficace; se l’hai letta nella maniera giusta non può lasciarti come prima; non puoi non provare gioia nel sapere che c’è un Dio che ti parla; non puoi non lasciarti ferire da questa "spada a due tagli che penetra al fondo del tuo cuore". E oltretutto è una parola viva che "non ritorna a chi l’ha detta senza aver portato il frutto per cui è stata detta"... Ma, la sentiamo davvero l’esigenza di conoscere, ascoltare, "divorare con avidità" questa parola?

     
     
 

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