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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GIUGNO 1996

 

 

 

SABATO 1 GIUGNO 1996

Gli, dissero: "Con quale autorità fai queste cose?". Rispose: "Vi farò anch’io una domanda!". (Mc. 11,28 - 29)

Erano andati da Gesù per "smascherarlo", per costringerlo a dire qualcosa di compromettente e Lui li costringe a manifestarsi. Noi spesso tempestiamo Gesù con i nostri interrogativi; vorremmo che si svelasse, che uscisse all’aperto. Lui invece smaschera le nostre ipocrisie e ci costringe a dichiararci. Noi vorremmo delle prove, e Lui è disposto a darcele, ma prima occorre la nostra dichiarazione di fede. Noi chiediamo miracoli e segni, Lui vuoi far scaturire in noi il miracolo della nostra fede. Non puoi pretendere qualcosa se non te ne rendi disponibile; è come se Gesù ci dicesse: "Tu mi chiedi qualcosa, ma io per dartela ho bisogno di te. Tu credi davvero in me?".

 

 

DOMENICA 2 GIUGNO 1996 – SANTISSIMA TRINITA’

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". (Gv. 3,16)

"Signore io non riesco a conoscere me stesso, non riesco a conoscere a fondo gli altri, come posso presumere di conoscere te che sei l’eternità, la verità, l’immenso?". Eppure Dio lo puoi conoscere perché si è rivelato e si rivela. Ha parlato e parla attraverso la creazione. Si è rivelato potente liberatore e pastore lungo la storia sacra, sì e rivelato soprattutto attraverso Gesù. Guardare a Gesù è vedere il Padre. Come Gesù, il Padre e lo Spirito amano gli uomini e li vogliono salvi. Come Gesù, Dio è esigente e misericordioso, lento all’’ira e pieno di misericordia, verità infinita e tenerezza, amore e gioia, potenza e dolcezza, pazienza e fedeltà... "Signore, allora posso conoscerti! Basta guardare il Vangelo, basta scoprire i lineamenti di tuo Figlio, basta vedere ciò che lo Spirito ha operato in Lui e in noi, basta riconoscerti nei mille volti dei fratelli in cui ti identifichi".

 

 

LUNEDI’ 3 GIUGNO 1996

"Aveva ancora uno, il Figlio prediletto". (Mc. 12,6)

Nella parabola dei vignaioli omicidi colpisce particolarmente questa frase. Il padrone ha mandato i suoi servi, i suoi amici, ora gli resta solo il figlio. Sembra che Dio si sia ridotto sull’orlo della povertà. A motivo degli uomini, ha dilapidato tutte le risorse, esaurito tutte le possibilità. Salvo il figlio. L’ultimo tesoro da rischiare in quel "gioco" dove finora è stato perdente. Gesù, dunque, è l’ultimo, ossia il definitivo, tutto. Dopo di che non resta più nulla. Adesso Dio è veramente il Povero per eccellenza. Povero perché ha donato tutto. Nella sua inguaribile passione per gli uomini, non ha tenuto per sé neppure il Figlio. Si è "giocato" anche quello. Dio è povero. La prova sta nel fatto che, con la venuta di Gesù, agli uomini non manca più nulla.

 

 

MARTEDI’ 4 GIUGNO 1996

"Portatemi un denaro perché io lo veda". (Mc. 12,15)

Il denaro: chi lo crede il motore del mondo, chi lo disprezza chiamandolo "lo sterco del diavolo", chi lo idolatria e chi pur disprezzandolo lo considera indispensabile. Gesù è l’unico che può parlare con autorità di denaro... perché non ne ha. E’ comodo discutere di povertà, con i conti correnti in banca, è facile dire che si dovrebbero ridistribuire equamente i doni della terra, avendo ben cura di non toccare i propri risparmi. Gesù, invece, per ricordarci di "dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare, ciò che è di Cesare" ha bisogno di una moneta che Lui non possiede. E’ un povero di denaro ma pieno di Dio e quindi può dirci che Dio è più importante di ogni ricchezza e che ogni dono viene da Lui e a Lui deve tornare.

 

 

MERCOLEDI’ 5 GIUGNO 1996

"Dio non è un Dio dei morti ma dei viventi". (Mc. 12,27)

Ma c’è poi davvero una vita dopo la morte? una risurrezione?

Spesso questa domanda si pone perché è da come rispondiamo che dipende anche il senso di questa vita. Gesù per aiutarci a dare questa risposta ci fa centrare il problema su Dio: se Dio è il Dio dei nostri padri, che sono già morti, o è un Dio dei morti (il che contraddice tutta la Bibbia), o i padri già morti devono conoscere in Lui una vita oltre la morte. Come può il Dio vivente appartenere a loro se sono definitivamente morti? Una relazione cessa se scompare uno dei due termini! Se dunque Dio è l’autore della vita e io appartengo a Lui, pur facendo l’esperienza della morte fisica non posso non credere alla risurrezione dei morti. Credere alla risurrezione non dipende dunque da ragionamenti umani ma dipende dal fatto della nostra fede nel Dio della vita.

 

 

GIOVEDI’ 6 GIUGNO 1996

"Non sei lontano dal Regno di Dio". (Lc. 12,34)

"Non sei lontano dal Regno di Dio", risponde Gesù allo scriba che ha capito che il comandamento principale di tutta la legge è l’amore. Non è lontano, ma per entrare in questo Regno, gli manca ancora una cosa: amare Gesù, il Signore che gli si è fatto vicino, e amare come Gesù. Anche noi, penso, abbiamo capito che Dio non è un padrone che vuole cieca obbedienza, se no sono guai, ma un Padre che ama e che vuole amore; non siamo quindi lontani dal Regno, ma per entrarvi totalmente dobbiamo accogliere e imitare Gesù: accogliere il suo amore che lo ha portato a dare la vita per noi e amare come Egli ha amato. Sono convinto che sempre uno diventa ciò che ama. Se amiamo Gesù, diventiamo come Lui e siccome Lui è il Regno, noi con Lui siamo nel Regno.

 

 

VENERDI’ 7 GIUGNO 1996

"E la numerosa folla lo ascoltava volentieri". (Mc. 12,37)

Può essere emozionante vedere, magari durante i viaggi apostolici del Papa, folle enormi di persone che si radunano per vederlo ed ascoltarlo. Altre volte è persino commovente, in certe chiese vedere cristiani, raccolti che ascoltano volentieri la lettura della Parola di Dio o il predicatore. E’ già una cosa importantissima essere disponibili ad ascoltare. Ma, mi chiedo: e dopo aver ascoltato? Se vado indietro nella mia vita, posso davvero ringraziare il Signore: quanta Parola di Dio è stata seminata in me, qualche volta ho addirittura l’impressione di averne fatto indigestione. Ma oltre all’ascolto, questa parola ha trovato un buon terreno in me? Le cose non posso fare a meno di saperle, ma come le vivo? La Parola di Gesù l’ho incontrata, ma Lui l’ho incontrato? Lo lascio entrare in me, lascio che sconvolga i miei pensieri, il mio modo di agire, sono disposto a lasciargli portare i frutti che Lui desidera da me, per il mio bene?

 

 

SABATO 8 GIUGNO 1996

"In verità vi dico: questa povera vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri". (Mc.12,43)

La poveraccia ha dato più di tutti. Eppure tanti gettavano molto, mentre lei ha messo quasi niente. Nella speciale contabilità di Gesù, le cifre sono importanti, non per la loro consistenza, ma per la provenienza. Non si tratta di quantità, ma di valore. Quelli che hanno dato molto, in realtà hanno dato meno, perché hanno tolto l’offerta dal superfluo, da ciò che avevano in abbondanza. La vedova ha dato di più, perché ha tolto l’offerta da ciò che le mancava. La differenza viene colta solo da Gesù. A dare ciò che si ha, tutti sono capaci. Dare ciò che non si ha, è una caratteristica di quei "piccoli" che Gesù predilige.

 

 

DOMENICA 9 GIUGNO 1996 – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

"Poiché c’è un solo Pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico Pane". (1Cor. 10,17)

Ci sono alcuni nostri modi di dire che mi aiutano ad avvicinarmi di più al mistero dell’Eucaristia. Per indicare una persona buona, semplice si dice: "buono come il pane", oppure "è tanto buono che si farebbe mangiare"; per indicare uno che è fannullone, di cui non ci si può fidare, si dice: "E’ un mangiapane a tradimento". La bontà del Signore, il suo desiderio di comunione con noi lo hanno fatto diventare pane per il nostro cammino: sa che da soli non ce la facciamo e Lui diventa il nostro sostentamento. Ma noi possiamo, anche nei confronti dell’Eucaristia, diventare dei mangiapane a tradimento non tanto quando la riceviamo indegnamente (e chi può dirsi degno di riceverla?) ma quando, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, non ci impegniamo a realizzare il Corpo di Cristo, cioè l’unità e la comunione con tutti. Si dice comunemente: "andare a fare la comunione" ma si dovrebbe anche dire "andare e fare comunione

 

 

LUNEDI’ 10 GIUGNO 1996

"Li ammaestrava dicendo: "Beati…". (Mt. 5,2—3 ss.)

Siamo talmente abituati a leggerla, questa pagina che rischiamo di non coglierne più l’aspetto sconvolgente e innovativo in essa contenuto. Ognuno di noi ha desiderio di "beatitudine" cioè di pace, serenità, di affetti e valori semplici vissuti, di speranza, di verità, di giustizia, di bellezza... Ogni giornata della vita e della lotta dell’uomo in fondo non è che la ricerca di questo. Gesù, però, chiama beati delle categorie di persone che noi consideriamo tutt’altro che fortunate. Dicendo così ci fa comprendere che la beatitudine non risiede nelle cose o nel loro possesso ma nella persona e nel suo rapporto con Dio. Si può essere beati in ogni situazione, come in ogni situazione si può essere scontenti, tristi, delusi. Tutto dipende da te, dai valori che tu persegui, dall’abbandono fiducioso che tu hai in Dio. Anche la giornata di oggi potrà essere per te una "beatitudine" o una "dannazione" a seconda di come ti porrai nei confronti di essa.

 

 

MARTEDI’ 11 GIUGNO 1996

"Strada facendo, predicate che il Regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni". (Mt. 10,7 - 8)

Mi capita molto spesso di incontrare persone che per giustificare la propria non pratica della religione si rifanno alla non testimonianza della Chiesa: "Le crociate, l’inquisizione, i soldi del Vaticano.. .". Alcune "non testimonianze" sono vere però mi chiedo anche se lungo la storia e al giorno d’oggi, la frase di oggi del Vangelo è realizzata. E penso alla schiera dei martiri di ieri e di oggi che per il Vangelo hanno dato la vita, penso alla fatica di tanti missionari, catechisti che si prodigano per il Vangelo, penso agli ospedali grandi e piccoli sorti in nome della fede in varie parti del mondo per guarire gli infermi, penso ai vari "Cottolengo", alle comunità terapeutiche per i tossicodipendenti, per i malati di AIDS, ai vari Sermig, ai vari "Bartolomeo e C.", alle comunità monastiche, ai cristiani impegnati nel sociale, alle mense dei poveri, all’aiuto ai bambini abbandonati, alle famiglie che adottano non il bambino più bello ma quello più bisognoso... E allora sono orgoglioso di far parte di questa Chiesa che realizza la parola del Vangelo che abbiamo meditato oggi.

 

 

MERCOLEDI’ 12 GIUGNO 1996

"Voi siete il sale della terra". (Mt. 5,13)

Sono strane le proprietà del sale. Il sale da solo non è un alimento. Eppure il nostro organismo ha bisogno di sali. il nostro cibo per aver gusto ha bisogno di sale. Eppure se ce n’è troppo diventa immangiabile e se troppo poco, insipido. Il sale conserva certi cibi e certe carni, ma poi per mangiarle devi lavarle bene. Gesù ci invita ad essere sale, gusto della terra. Ma se il cristiano non è "gustoso", non ha gusto della sua fede, non la rende gustosa con le sue scelte, con amore per la vita, con la gioia prorompente, che razza di gusto trasmette? li cristiano è sale ma se il sale rimane chiuso nel cassetto, ben nascosto al fondo di un armadio, ben chiuso in gesti e riti che sono solo personali, in fede individuale, in spiritualismi di piccoli gruppi, come può dare testimonianza? Il sale serve solo quando, in dosi giuste perde la sua identità e si fonde con il resto degli alimenti. Il cristiano diventa sale quando "esce dall’armadio", si fonda nella realtà quotidiana portandovi non se stesso ma il gusto di Cristo.

 

 

GIOVEDI’ 13 GIUGNO 1996

"Ma io vi dico...". (Mt. 5,21-22)

Ci colpiscono questi "Ma io vi dico" di Gesù. "Signore, ho sempre creduto che per essere un buon cristiano bastasse andare in chiesa, fosse sufficiente non rubare, non uccidere""Ma io vi dico!". Gesù non è venuto a cambiare esteriormente le cose, anzi ci dice che perfino le virgole dell’antica legge possono essere preziose, ma invita a cambiare interiormente, ad andare oltre, e qui è la vera rivoluzione! Dentro di te, dopo questi "Ma io vi dico" non puoi più nasconderti dietro le facili protezioni della legge, non puoi più vivere ambiguamente tra le parole che dici e la realtà che non vivi), non puoi pensare di comprarti il paradiso con qualche buona azione. A Gesù non importa l’esteriore, non lo cambia neppure, a Gesù interessa il tuo cuore, la tua vera felicità che consiste nell’adesione totale a Lui.

 

 

VENERDI’ 14 GIUGNO 1996

"Imparate da me che sono mite e umile di cuore". (Mt. 11,29)

Ci sono dei modi di dire nel nostro linguaggio che possono farci capire meglio il senso di questa festa. Si dice: "E’ senza cuore" di persone grette, incapaci di sentimenti; si parla di "Amico del cuore" per indicare un rapporto stretto ai confidenza; si dice "Ha un grande cuore" per indicare persone generose, disponibili, fedeli, pronte alla carità... Gesù ha "un cuore grande", perché ci ama e tutta la sua vita lo dimostra. Dal suo cuore nasce solo amore. E’ nato per salvarci. Voleva dire a tutti che lui predilige i poveri ed è nato poverissimo. Dal suo cuore nasceva un amore infinito per tutti ma soprattutto per i peccatori. E ce lo ha dimostrato concretamente regalandoci la vita sulla croce. Il cuore di Gesù è come una sorgente che non si prosciuga mai, Egli ama tutti e ama ciascuno, nel suo cuore c’è posto per tutti.

 

 

SABATO 15 GIUGNO 1996 – CUORE IMMACOLATO DI MARIA

"Il mio cuore esulta nel Signore". (1 Sam. 2,1)

Da sempre l’uomo ha considerato il cuore come la sede dei sentimenti e dei desideri, la fonte dell’amore. Anche la Bibbia ci dice che è solo Dio che conosce i cuori, che è Lui che vuole colmare i nostri cuori della sua presenza e della sua vita. Quanto grande deve essere stato il cuore di Maria! E’ un cuore umano che sa amare. E’ un cuore sgombro dall’egoismo. E’ un cuore riconoscente che sa cantare le meraviglie di Dio. E’ un cuore accogliente pronto a ricevere i doni di Dio. E’ un cuore partecipe delle necessità altrui. E’ un cuore umile che non si impone. E’ un cuore amante appassionato. E’ un cuore sensibilissimo che non solo vede ma partecipa alla altrui sofferenza. E’ un cuore attento capace di vedere le necessità degli altri ed è un cuore ardito che sa chiedere a tempo e fuori tempo. E’ un cuore capace di ascolto e di silenzio, pieno di meditazione. E’ un cuore dove Dio può riporre serenamente la sua dimora. Nel cuore di Maria c’è posto per te e per me, come per Gesù. Il cuore di Maria diventa modello di vita per ciascuno di noi. Il mondo d’oggi ha bisogno di cuori come il suo.

 

 

DOMENICA 16 GIUGNO 1996

"Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito". (Rom. 5,6)

Spazziamo via ogni equivoco e illusione. Non sono i nostri meriti, le nostre virtù, i nostri sacrifici che ci hanno guadagnato l’amore di Cristo. Tutto è precedente. Lui ci ha amati "prima", quando eravamo ancora peccatori. Noi eravamo ancora attestati nel terreno dell’inimicizia o dell’indifferenza. E Lui aveva già giocato la sua vita per noi. Gesù non è di quelli che si riempiono la bocca di "ti amo" che poi in parole povere significano "Ti amo finché mi servi, mi soddisfi; ti amo finché andiamo d’accordo; ti amo finché fai ciò che io dico"; invece Lui ci dimostra il suo amore con i fatti: non ci ama perché siamo simpatici, perché siamo buoni, perché poi diventiamo obbedienti, ci ama così come siamo, con le nostre debolezze, ci ama e ce lo dimostra in modo incontrovertibile, offrendo la sua vita. Solo quando ci renderemo un po’ conto di come siamo amati da Gesù, allora gli risponderemo con un amore che non sarà fondato sulla paura, sull’obbedienza, ma sulla riconoscenza e sulla gratuità.

 

 

LUNEDI’ 17 GIUGNO 1996

"Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra". (Mt. 5,39)

"Mi sono stufato di prendermela sempre. Cerchi di porgere l’altra guancia e giù schiaffoni, ti rendi disponibile a perdonare e gli altri ne approfittano... Ma, un tipo di religiosità così non è Dio premi i buoni e dia una bella strigliata ai cattivi? E perché Dio permette che il giusto e il povero (suoi amici) soffrano e patiscano come e a volte molto di più del ricco e del cattivo? Una santa, leggendo la passione di Gesù, le vite dei santi e dei martiri, diceva a Dio nella sua preghiera: "Se i tuoi amici li tratti così, capisco perché ne hai così pochi!". Eppure Dio è così! Ed è così per amore. Egli vuole offrire al malvagio la possibilità della conversione e al giusto la possibilità della purificazione e dell’amore. Imitare quel modello significa per il cristiano dare significato anche alla sofferenza e attraverso l’amore offrire sempre all’altro, anche al nemico, la possibilità di una prospettiva diversa.

 

 

MARTEDI’ 18 GIUGNO 1996

"Siate figli del vostro Padre celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti". (Mt. 5,45)

Gesù ci presenta Dio come modello. Ma se è già un modello impossibile da fotocopiare, per di più ci sono delle cose che in Lui non ci stanno neppure troppo bene, come questa, che Dio faccia piovere sui giusti e sugli ingiusti. Vedere l’ingiusto trionfare, il violento spadroneggiare impunito, il giusto soffrire e morire e vedere... che Dio non fa niente. "Dio dovrebbe intervenire, punire i cattivi, premiare i buoni!".

Ma il nostro Dio non è così e per di più dice a noi di non essere cosi. Chi più di Gesù può gridare al Padre l’ingiustizia di dover morire su una croce, Lui che "passò beneficando e sanando e facendo bene ogni cosa". Eppure Gesù muore sulla croce e offre la sua vita e proprio da quel legno su cui è inchiodato chiede ancora al Padre di perdonare ai suoi crocifissori. D’accordo, Lui è Figlio di Dio!... Ma, in particolare dal giorno del Battesimo, non lo siamo anche noi?

 

 

MERCOLEDI’ 19 GIUGNO 1996

"Il Padre tuo vede nel segreto". (Mt. 6,18)

Qualche volta, nelle mie fantasie, faccio un sogno, che in qualche caso sembra diventare un incubo: quello di poter andare oltre alle apparenze e di poter leggere davvero fino in fondo ciò che c e nel cuore. Mi immagino allora di vedere l’ipocrisia del "pio dabbene" che mentre prega sta giudicando il suo vicino di banco e la preghiera del barbone che si fa un segno di croce malfatto mentre entra in uno scatolone nell’angolo di un parco per ripararsi per la notte; il vuoto assoluto dietro il discorso del politico raffinato che sa modellare il suo viso a atteggiamenti di simpatia davanti alla telecamera e il gesto nascosto e sincero della mamma che senza dir niente sceglie la mela bacata per lasciare le altre ai figli. Ma poi ecco l’incubo: guardo a me stesso e vedo la mia ipocrisia, le mie maschere, il vuoto dietro le parole, gli atti di carità fatti per timidezza o per voler salvare il ruolo o la facciata... Eppure Dio ci vede come siamo!

 

 

GIOVEDI’ 20 GIUGNO 1996

"E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male". (Mt. 6,13)

Un rabbino se ne stava alla finestra osservando i passanti per la strada. Vide un uomo, lo chiamò e gli chiese: Dimmi, se trovassi per la strada una borsa piena di monete, la restituiresti al suo legittimo proprietario? L’uomo si irritò: Certo che la restituirei! Senza esitazione! Il rabbino scosse la testa e sospirò: Tu sei un folle! Stette ancora alla finestra e rivolse ad un altro passante la stessa domanda. Lo sconosciuto rispose: Non sono certo così stupido da rinunciare ad una borsa di soldi piovutami dal cielo! Tu sei un malvagio si indignò il rabbino. interpellò allora un terzo individuo che passava di lì. Alla medesima domanda quell’uomo rispose: Rabbì, come faccio a sapere a quale tappa del mio cammino spirituale sarei giunto in quel momento? Non so se riuscirei a resistere alla tentazione del Maligno. Forse Satana mi vincerebbe ed io mi approprierei della borsa ingiustamente. Oppure Dio mi aiuterebbe ed io cercherei il proprietario per restituirgli il denaro. Il rabbino questa volta disse: Come sono belle le tue parole! Tu sei un uomo di Dio! (Tradizione chassidica)

 

 

VENERDI’ 21 GIUGNO 1996

"Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!". (Mt. 6,23)

Invece di domandarci: "Perché vivere?", è meglio domandarci: "Per chi vivere?". Nella risposta a questa domanda, infatti, troviamo anche la risposta alla prima. L’Abbè Pierre, uno dei personaggi più noti ed amati dai francesi, (già deputato, lasciò tutto per dedicarsi ai più miserabili), racconta: "Molti anni fa conobbi un ex detenuto che aveva passato gran parte della propria vita in carcere per aver ucciso il padre. Appena uscito di prigione voleva suicidarsi, e qualunque cosa gli avessi detto sarebbe stata inutile: l’avrebbe fatto. Ho bisogno di te, del tuo aiuto, allora lo implorai. Aiutami ad aiutare gli altri, dobbiamo costruire la casa a chi non ce l’ha. Mi seguì, e alla fine mi confessò che voleva suicidarsi non perché era povero, ma perché non aveva una sola ragione per cui vivere. Il lavoro per gli altri gliela aveva data".

 

 

SABATO 22 GIUGNO 1996

"Se Dio veste così l’erba del campo, non farà assai di pii per voi gente di poca fede?". (Mt. 6,30)

Non ci prendiamo abbastanza sul serio. Non pensiamo abbastanza alla nostra grandezza, alla nostra dignità unica. In ognuno di noi vive l’immensità. Il grande Pascal, filosofo e scienziato, notava: "Tutti i corpi celesti, il firmamento, le stelle, la Terra e il suo regno, non valgono la mente più piccola, perché essa conosce il mondo esterno a sé, e conosce se stessa: invece il mondo dei corpi celesti non conosce nulla". E aggiungeva: "Tutti i corpi celesti insieme, e tutti gli spiriti, non valgono il minimo moto di carità: ciò appartiene ad un ordine infinitamente più elevato". Credere nella nostra dignità Anche di sabato sera, di ritorno dalle discoteche, l’uomo è sempre qualcuno, mai qualcosa. Rispettare la nostra dignità; la dignità di tutti. Perché un uomo che muore sulle vie di Calcutta (o anche più vicino a noi) fa meno notizia di un orso che muore in cattività, magari coccolato da schiere di veterinari?

 

 

DOMENICA 23 GIUGNO 1996

"Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima". (Mt. 10,28)

Questa frase di Gesù fa subito venire in mente i martiri da S. Stefano fino agli ultimi missionari uccisi per il Vangelo. Essi, i loro carnefici hanno potuto vederli in faccia. Da noi, oggi, la persecuzione adotta uno stile diverso. Non è più sfacciatamente crudele, impiega tattiche morbide, seducenti. I carnefici si sono civilizzati. Più che torturare, blandiscono. Non ricorrono tanto alle minacce, quanto alle lusinghe. In certi casi, mostrano indifferenza, fingono di ignorarti, ti ritengono trascurabile. In altri, invece di mettere in carcere i discepoli di Gesù, li invitano su palchi mondani, cercano così di anestetizzarli completamente e di trapiantarli di cuore e di coscienza sostituendoli con un portafoglio 9onfio ed efficiente. Per noi, forse, la frase del Vangelo di oggi può essere ritradotto così: "State in guardia contro quelli che, senza ricorrere alle maniere forti, evitando accuratamente di procurarvi il minimo graffio, addormentano la vostra anima e la rendono inservibile".

 

 

LUNEDI’ 24 GIUGNO 1996

"Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome". (Is. 49,1)

Tutti, almeno in qualche momento della nostra vita ci siamo posti qualcuna di queste domande: Chissà perché sono al mondo? Che senso ha la mia vita? Le risposte della scienza non ci appagano, quelle della filosofia sono dubbie e parziali. E’ solo credendo in un Dio che ci ama personalmente che possiamo dare un senso al nostro esistere. Per un bambino, il nome è qualcosa di molto più importante che una semplice parola: il nome è la sua identità. Se vuoi fare un dispetto ad un bambino storpiagli il nome, resterà offeso. Dio ti conosce da sempre, non ti lascia mai solo e a sua volta ti fa conoscere il suo Nome, se stesso, attraverso la storia, attraverso suo Figlio, attraverso la vita. Tu, se vuoi, puoi allontanarti da Lui quando pensi stupidamente di "arrangiarti da solo". Egli ti lascerà fare ciò che vuoi, perché rispetta la tua libertà, ma il tuo nome sarà ancora sulle sue labbra se tu intraprenderai la via del ritorno e, tra le braccia della sua misericordia, lo sentirai dire che "il tuo nome è scritto nei cieli"

 

 

MARTEDI’ 25 GIUGNO 1996

"Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci". (Mt. 7,6)

Chi di noi, se ha qualcosa che gli è profondamente caro, non lo difende e protegge? E chi di noi se possedesse un quadro d’autore permetterebbe al primo imbrattatele di modificarlo? Gesù ci dice che la nostra fede è preziosa, che i sacramenti sono doni santi di Dio, che la sua parola è Parola di Dio. Tutto ci è dato con familiarità e semplicità da parte di Dio, ma attenzione, sono cose preziose. Oggi molti credenti entrano in chiesa come si entrerebbe in una discoteca, non si saluta neppure l’Eucaristia con una genuflessione, si va a cercare il posto vicino all amico per poter con lui commentare meglio quanto succede, ci si mette in fila per la comunione, si allunga una mano più o meno pulita, si viaggia magari per mezza chiesa prima di ricordarsi che "quel Pane" va mangiato... Oh, ricordiamoci, non è il formalismo esteriore che dice la qualità della fede e della preghiera, ma certi gesti, certe attenzioni non dovrebbero aiutare noi e gli altri a comprendere e a vivere più a fondo i misteri celebrati?

 

 

MERCOLEDI’ 26 GIUGNO 1996

"Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste dì pecore, ma dentro sono lupi rapaci". (Mt. 7,15)

L’antico Testamento è pieno di falsi profeti. Appena nascono le comunità primitive, attorno ad esse si aggirano subito personaggi pronti a portare eresie per interessi personali e forse mai come oggi siamo attorniati, subissati da falsi profeti, in tutti i campi. Dalla televisione che, occultamente o meno, cerca di venderti prodotti e idee fino ai mille "profeti religiosi" che con voce suadente propinano religioni o fantasie ammantandole di frasi di Vangelo. Come riconoscere i falsi profeti? E’ ancora Gesù che nel Vangelo di oggi ce ne dà il criterio: "Li riconoscerete dai loro frutti". Cioè è come se Gesù ci dicesse: "Non fermarti alle parole, alle esteriorità; ci sono frutti belli a vedersi ma velenosi. Guardali alla luce della tua fede, quella fondata sui testimoni e sui martiri; guardali nella loro vita, guarda a coloro che li seguono se davvero sono cambiati dentro; non correre dietro al vento ma radicati nella tua fede, conoscila a fondo, non lasciarti ingannare dalle chiacchiere.

 

 

GIOVEDI’ 27 GIUGNO 1996

Non chiunque mi dice: "Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". (Mt. 7,21)

Si può comprare Dio con le parole? I politici, i filosofi, i giornalisti, a volte anche i preti vendono parole e con esse pensano di poter comprare le persone. Qualche volta ci riescono! Dio non puoi blandirlo con le parole, le nostre lodi non accrescono la sua grandezza, Lui vede ciò che c’è dietro le parole e siccome Lui cerca l’uomo, Lui vede il nostro cuore. Che cosa conta di più? Dirgli: "Sia fatta la tua volontà" o cercare e fare, come ne siamo capaci, la sua volontà? Conta di più che sì facciano esercizi spirituali, riunioni, simposi sulla povertà oppure dedicare un paio d’ore alla settimana per stare vicino ad un malato? Conta di più fare le "ferie spirituali" in qualche ameno convento o inserire nel tuo periodo di riposo un impegno concreto di servizio a coloro con i quali lo vivi? Conta di più dire a uno che ti chiede un po’ di tempo: "Non posso, devo pregare", o lasciare la preghiera per accogliere chi ha bisogno di te?

 

 

VENERDI’ 28 GIUGNO 1996

"Signore, se vuoi, puoi sanarmi". (Mt. 8,2)

Di questa preghiera che il lebbroso fa a Gesù, mi sembra che la parte più importante sia quel "Se vuoi". "Se vuoi" significa riconoscere in Colui al quale si fa la richiesta, la possibilità di esaudirla. Cioè: "lo so che a te tutto è possibile. Tu sei Dio. Tu hai dato origine e corso a tutto. Tu puoi modificare anche le leggi della natura perché sei tu che le hai istituite. "Se vuoi" significa anche: "lo ti chiedo perché a me sembra la cosa migliore, ma mi fido di te che sei Padre, che non puoi dare cose cattive ai tuoi figli; mi fido dì te che vedi più lontano delle mie piccole e immediate prospettive; mi abbandono fiducioso alla tua volontà che è meglio della mia". Quel "se vuoi" è un atto di fede, è espressione fiduciosa di richiesta, e abbandono sereno alla volontà di Colui che vuole il nostro vero bene.

 

 

SABATO 29 GIUGNO 1996

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede". (2Tm. 4,7)

Se Dio mi chiedesse conto oggi della mia vita, potrei ripetere questa frase di Paolo? In quanto a battaglie, lotte: quante ce ne sono state nella mia vita! Sovente mi sono sorpreso a mugugnare con il Signore: "lo sono nato pacifico; vorrei starmene tranquillo... perché invece devo lottare ogni giorno con gli altri, con me stesso, e qualche volta anche con Te?". Ma mi chiedo se è sempre stata una "buona" battaglia. In quanto a corse penso che tutti noi in questa nostra società siamo sempre sudati ed affannati, ma per quale meta? E la fede l’abbiamo conservata? Qualche volta l’abbiamo conservata nel senso che l’abbiamo riposta in soffitta e abbiamo lasciato che su di essa si depositassero buone spanne di polvere. Se da questo esame di coscienza ne usciamo piuttosto malconci, c e una cosa di cui possiamo essere sicuri che ci conforta: nelle lotte, nelle corse e nella fiducia ad oltranza in noi, c’è uno che non ci ha mai lasciato: Gesù, Colui che ha dato e continua a dare la sua vita per me.

 

 

DOMENICA 30 GIUGNO 1996

"E chi avrà dato anche solo un bicchier d’acqua a uno di questi piccoli, perché mio discepolo, non perderà la sua ricompensa". (Mt. 10,42)

Un bicchier d’acqua è una piccola cosa. Non ti tocca neppure nel portafoglio. Eppure nel Vangelo anche un bicchier d’acqua ha il suo significato. Tutto ciò che è amore ha senso profondo, nulla va perso nell’immensità di Dio. Davanti al bisognoso di qualunque cosa non conta se hai la possibilità di risolvergli i suoi problemi, conta la disponibilità, il sentirsi coinvolti, il dare con amore anche le piccole cose. E’ molto incoraggiante per me che nel Vangelo si parli del bicchier d’acqua perché se mi trovo sempre spiazzato di fronte ai gesti di amore e di carità dei grandi santi, almeno davanti al bicchier d’acqua non posso esimermi. E sono tanti i "bicchier d’acqua" che ogni giorno posso offrire: un sorriso invece di una faccia truce, una corte.. sia invece di uno sbuffo, un silenzio invece di una rispostaccia, una parola di incoraggiamento invece di un rimprovero, un interessamento al posto di un freddo burocratismo. Coraggio, un "bicchier d’acqua" Possiamo offrirlo tutti.

     
     
 

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