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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MAGGIO 1996

 

 

MERCOLEDI’ 1 MAGGIO 1996

"Non è Egli forse il Figlio del carpentiere?". (Mt. 13,55)

Mi ha sempre gradevolmente colpito che la Chiesa ci faccia iniziare il mese di Maggio, dedicato a Maria, festeggiando il suo sposo Giuseppe, nella sua qualifica di lavoratore. Questo ci aiuta a comprendere la concretezza dell’incarnazione di Gesù. Gesù ha vissuto 30 anni in famiglia. ln essa si è formato, ha condiviso la condizione operaia di Giuseppe, ha ricevuto molto da quest’uomo semplice e retto che gli ha fatto da padre. La famiglia, il lavoro, la semplicità, la fede: valori ‘umili ma essenziali. Valori da riproporre nella nostra società. Troppe volte giornali, televisioni, forme di educazione propongono unicamente divertimento, denaro, primeggiare a tutti i costi, e poi ci lamentiamo che non c’è più morale, senso di famiglia, gusto del lavoro... Giuseppe si è santificato con la fede in Dio, con la fedeltà alla sua famiglia, con il suo lavoro, sapendo apprezzare nel sacrificio, la gioia delle piccole cose del quotidiano. Perché cercare la felicità in chimere lontane e non saper più gustare persone e momenti della nostra vita, perché vedere sempre e solo ciò che ci manca e non apprezzare il molto che abbiamo?

 

 

GIOVEDI’ 2 MAGGIO 1996

"Canterò senza fine le grazie del Signore, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli". (SaI. 88,2)

Maria doveva conoscere bene la Bibbia. Infatti, se noi sfogliamo specialmente il libro dei Salmi ne troviamo molti di meraviglia, di lode al Signore per tutto ciò che Egli ha fatto e fa. E Maria, quando "canterà il suo Magnificat" non farà altro che farsi eco di questa lode perenne al Creatore.Che spazio ha nella nostra preghiera, la lode? Essa deve partire da un fatto:vedere le meraviglie di Dio nella creazione, nella redenzione, nella nostra storia. Se non ho occhi meravigliati e limpidi di bambino non mi accorgo che vivo in mezzo a meraviglie e che sono io stesso una meraviglia. Ma poi lo sguardo ancor più meravigliato deve spostarsi sul Dio Creatore, Redentore, Provvidenza e allora non può che sbocciare la lode. Se volete, un piccolo suggerimento: prendete alcuni dei nomi di Dio, ad esempio Onnipotenza, Creatore, Salvatore, Amore, Roccia, Scudo, Provvidenza... e contornateli della creazione, della storia, della salvezza personale e poi lasciate che il vostro cuore, come quello di Maria, canti il suo "Magnificat".

 

 

VENERDI’ 3 MAGGIO 1996

"I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento". (Sal. 18,2)

Ieri, pensando a Maria, dicevamo che ha avuto occhi per vedere le meraviglie di Dio e cuore e bocca per lodarlo. Ecco tre libri che dovremmo imparare a leggere ogni giorno:

  1. Il libro del creato. Il mondo è pieno di doni: la musica del mare, il silenzio delle rocce, lo stormire delle foglie, l’eleganza di una falce di luna, il sole che spacca le pietre... Chi legge il libro del creato non può non innamorarsi dell’universo.

  2. Il libro dei volti. Hanno domandato a un tale: "Che cosa metteresti nella valigia, da leggere in vacanza?". Risposta: "Infilerei dieci persone. Le porterei con me sotto l’ombrellone e poi starei lì a farmi raccontare la loro storia. Perché ogni uomo ha bellissime esperienze da raccontare e dalle quali gli altri possono attingere a piene mani: non per depredare ma per arricchirsi". Non c’è bisogno di aspettare le vacanze per fare questo, quanti volti vedrai oggi, quante persone che possono parlare al tuo cuore!

  3. Il libro della Parola di Dio. Dio ti ha scritto una lunga lettera in cui ci sono parole vive per la tua giornata, perché lasciarlo ammuffire in biblioteca?

 

 

SABATO 4 MAGGIO 1996

"Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate di gioia". (Sal. 97,4)

Ancora, anche oggi, un salmo di lode, quella lode semplice e gioiosa che i "piccoli" come Maria lasciano sgorgare dal loro cuore. Vi propongo una pagina di un altro "piccolo di Dio", il vescovo Tonino Bello. "Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto. L’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo. Insegnami, allora, a volare con te, perché vivere non è trascinare la vita, non è rosicchiare la vita, vivere e abbandonarsi come un gabbiano all’ ebrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà, vivere estendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te!".

 

 

DOMENICA 5 MAGGIO 1996

"Chi ha visto me ha visto il Padre". (Gv. 14,9)

Filippo che aveva posto la richiesta "Mostraci il Padre e ci basta" sarà stato sconcertato dalla risposta di Gesù. Aveva in testa un’immagine grandiosa, solenne di Dio. Cristo, invece manifesta un Dio così umile, dolce, familiare, perfino debole, umano. E penso a Maria che tante volte ha visto suo Figlio dormire tranquillo, giocare con i compagni, lavorare con suo padre, e avrà detto "Gesù è Dio"! Quale mistero! Eppure la fede ci fa vedere Dio nelle parole e nelle opere di Gesù. Quando, nel Vangelo, vediamo Gesù accordare la sua preferenza ai piccoli, mostrare compassione per i sofferenti, concedere largamente il perdono ai peccatori, ridare fiducia agli squalificati, frequentare gli esclusi, esercitare la misericordia verso ogni miseria umana, non nascondere la propria simpatia per gli ultimi, tenersi alla larga dai potenti, apparire così umano, pieno di tenerezza, noi impariamo il Padre, siamo in grado di abbozzare i lineamenti del suo volto e dobbiamo concludere: Dio è così!

 

 

LUNEDI’ 6 MAGGIO 1996

"Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo". (Sal. 113,4)

Un giovane si recò un giorno dal suo maestro e gli chiese: "Rabbì, che cosa ne pensi del denaro?" "Guarda dalla finestra — disse il maestro — che cosa vedi?" "Vedo una donna con un bambino, una carrozza trainata da due cavalli e un contadino che va al mercato". "Bene. E adesso guarda nello specchio. Che cosa vedi?" "Che cosa vuoi che veda, Rabbì? Me stesso, naturalmente". "Ora pensa: la finestra è fatta di vetro e anche lo specchio è fatto di vetro. Basta un sottilissimo strato d’argento sul vetro e l’uomo vede solo più se stesso". Che cosa può fare la ricchezza! Può sequestrare il cuore e accecare gli occhi, può farti diventare idolatra e impedirti di vedere Dio.

 

 

MARTEDI’ 7 MAGGIO 1996

"Non sia turbato il vostro cuore". (Gv. 14,27)

I Vangeli ci presentano Maria come una donna serena e attiva, disponibile e fiduciosa e un Gesù che mai corre o si affanna; l’unica volta che Gesù usa un mezzo di locomozione è quando sale su un asino (Mt. 21,7): animale più lento dell’uomo! Cristo e Maria vivono, non si agitano; riflettono, non precipitano; osservano, non sorvolano. Sembrano dirci: "Non sapete che con le vostre agitazioni fate scoppiare di risate gli angeli del cielo? Siete così frenetici che passate le giornate senza averle assaggiate. Vi agitate, ma siete in ritardo su voi stessi. Calma, uomini nervosi, ansimanti, confusionari. Calma! La corsa vi ha rubato il tempo per incontrarvi, parlarvi, amarvi: vi ha rubato l’incontro ed ha introdotto lo scontro (pensate a quell’eccidio che sono i trecentomila incidenti stradali all’anno). Calma! Non è la corsa che conta, ma la direzione!".

 

 

MERCOLEDI’ 8 MAGGIO 1996

"Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete". (Gv. 15,7)

Meditiamo questa frase alla luce del mese di maggio dedicato a Maria. In ogni figlio rimane qualcosa della madre e in ogni madre rimane qualcosa del figlio. In Gesù c’è qualcosa di Maria e in Maria c’è Gesù. Ma se Gesù è il nostro fratello maggiore, allora anche in noi c’è qualcosa di Maria e Maria davvero porta tutti noi nel suo cuore. Allora per noi Maria è importante, non possiamo dimenticarla. L’uomo è un essere che ha bisogno di conforto e aiuto. Ebbene, l’occhio di Maria non ha perso quel supplemento di attenzione mostrato alle nozze di Cana. il suo ascendente sul Figlio non è venuto meno. Il "non hanno più vino" diventa: ‘‘Stanno cercando lavoro" , ‘‘il babbo è malato e la mamma deve occuparsi dei figli", "hanno bisogno di fede"...

 

 

GIOVEDI’ 9 MAGGIO 1996

"Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena". (Gv. 15,11)

Se analizziamo i momenti di gioia della nostra vita scopriamo che essi hanno tutti un qualcosa in comune. La gioia nasce dalla consapevolezza di essere amati e di poter amare. Se so di essere amato, stimato, provo gioia e forza e sono contento se vedo questa gioia allargarsi attorno a me. Se divento cosciente dell’amore che Dio ha per me, della sua stima, del suo perdono, della fiducia che ripone in me, non posso non aver gioia: Dio, il Creatore, il Sapiente, l’Unico, mi ama di un amore totale e personale, e me lo ha dimostrato e dimostra attraverso suo Figlio Gesù. Posso ancora essere pessimista, triste, posso ancora sentirmi solo? E se io sono amato così, posso temermelo per me solo o non devo sprizzare gioia da tutti i pori? Il mondo ha bisogno della mia gioia... Nel mondo c’è il grande contagio del possedere, della tristezza, io ho l’antidoto della gioia e ce l’ho in abbondanza; perché non regalarlo? Se farò così scoprirò un’altra meraviglia: donare gioia non ci impoverisce di essa, anzi, ce la moltiplica.

 

 

VENERDI’ 10 MAGGIO 1996

"Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati". (Gv. 15,12)

Per riflettere su questa frase fondamentale di Gesù ho scelto un racconto che forse può lasciarci perplessi: ciascuno lo mediti per se stesso. Un re musulmano fu preso da una grande passione per una schiava e la fece trasferire dagli alloggi degli schiavi al palazzo. Progettava di sposarla e di farne la sua favorita, ma, misteriosamente, la ragazza si ammalò gravemente il giorno stesso in cui entrò a palazzo. Peggiorava sempre più. Le fu dato ogni rimedio conosciuto, ma invano. E la povera ragazza lottava ora tra la vita e la morte. Il re, disperato, offrì metà del suo regno a chiunque l’avesse guarita. Ma nessuno osava curare una malattia che aveva sconcertato i migliori medici del regno. Finalmente si presentò un saggio che chiese il permesso di vedere da solo la ragazza. Dopo che ebbe parlato con lei per un’ora, egli si recò dinanzi al trono del re che attendeva con ansia il suo verdetto. "Maestà", disse il saggio. "lo conosco una cura infallibile per la ragazza. E sono così sicuro della sua efficacia che, se dovesse fallire, mi consegnerò spontaneamente per essere decapitato. La medicina che propongo, però, si dimostrerà estremamente dolorosa.., non per la ragazza, ma per vostra maestà". "Di’ qual è la medicina", gridò il re, e le sarà data costi quel che costi. Il saggio rivolse al re uno sguardo di compassione e disse: "La ragazza e innamorata di uno dei vostri servi. Datele il permesso di sposarlo e guarirà all’istante". Povero re! Desiderava troppo la ragazza per lasciarla andare. E l’amava troppo per lasciarla morire. (A. de Mello)

 

 

SABATO 11 MAGGIO 1996

"Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me". (Gv. 15,18)

Da sempre la verità cristiana è stata osteggiata. Pensiamo alle comunità primitive, ai martiri di Roma, ai martiri odierni in tanti paesi di missione. Ma c’è anche un altro modo di non accettare e di contrastare Cristo e i cristiani ed è quello di svilire, vanificare le loro parole e le loro opere. Provate a pensare, ad esempio, a qualche dibattito televisivo dove, andando controcorrente, qualche cristiano manifesta la propria fede o i propri valori morali. Facilmente viene zittito quando non viene addirittura deriso o accusato di moralismo ipocrita. Il male attacca il bene. Anche nella nostra vita possiamo trovare il sorrisino perché qualcuno ci ha visto in mano il rosario, l’accusa di "baciapile" perché per noi è una gioia la messa della domenica, la presa in giro davanti ad una scelta morale, la distorsione gratuita di un pensiero, la facile battuta nei confronti di una frase del Vangelo. Quando succede questo non giudichiamo e non spaventiamoci, è buon segno! Vuol dire che stiamo dando un po’ di testimonianza, che il nostro modo di vivere provoca. Dice Gesù alle donne che lo piangevano mentre portava la croce: "Se hanno fatto così al legno verde che cosa faranno di quello secco?".

 

 

DOMENICA 12 MAGGIO 1996

"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti". (Gv. 14,15)

L’obbedienza resta il criterio fondamentale. Gesù esige una verifica puntuale dell’amore che gli dichiariamo. E il criterio è unico: l’osservanza dei comandamenti. Qui si parla di "comandamenti" al plurale. Ma sappiamo che, lungo il discorso, Cristo ne ha enumerato uno solo, che compendia tutto il resto: "Amatevi gli uni gli altri". Quasi dicesse: amatevi e posso essere sicuro che state seguendo la mia strada; amatevi e vi considererò affidabili; amatevi. e... io metterà il resto; amatevi e potrete chiedermi tutto, siete in diritto di attendere tutto da me. Resta quel "se" piuttosto inquietante. I comandamenti non rappresentano un "optional" per il cristiano. Se si accetta l’amore si accetta, ancora una volta, l’amare, l’impegno ad amare. Detto in un altro modo: se non siete capaci di dare, vi dimostrate incapaci di ricevere.

 

 

LUNEDI’ 13 MAGGIO 1996

"Quando vi manderò il Consolatore, Egli mi renderà testimonianza". (Gv. 15,26)

Di questa promessa dì Gesù, gli Apostoli se ne sono resi conto dopo la Pentecoste. Loro, fifoni, diventano coraggiosi testimoni di Gesù; lo Spirito Santo fa compiere miracoli nel nome di Gesù: loro, poveri ignoranti, in meno di un secolo riescono a portare il messaggio di Gesù in tutti i paesi allora conosciuti. Ce ne possiamo rendere conto ancora noi dopo quasi duemila anni di Cristianesimo. Ancora lo Spirito opera, ancora, nonostante i tanti errori, la Chiesa è presente e operante nel mondo, ci sono ancora miracoli di liberazione, di carità, di servizio, di conversione. Lo stesso Spirito continua ad operare in noi e nonostante noi. Lo Spirito Santo è anima del mondo ma va anche invocato e accolto per poter operare, per renderci a nostra volta testimoni.

 

 

MARTEDI’ 14 MAGGIO 1996

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici". (Gv. 15,13)

Una delle novità del cristianesimo è questa; avere dato un senso al dolore, aver portato al mondo quella che potremmo chiamare l’interpretazione pasquale della sofferenza. Grazie all’interpretazione pasquale del dolore, nessuno è inutile: anche chi soffre, chi piange, chi muore. Lo diceva bene, ad esempio, il grande studioso e ricercatore Teilhard De Chardin, il quale così scriveva alla sorella inchiodata a letto: "Margherite, mentre scorazzavo per i mari e per continenti, appassionatamente intento a guardare tutti i colori che salivano dalla terra, tu, immobile e distesa, in fondo all’animo trasformavi silenziosamente in luce le peggiori ombre del mondo. Nell’ottica del Creatore, dimmi, chi di noi due ha avuto la parte migliore?".

 

 

MERCOLEDI’ 15 MAGGIO 1996

"Lo Spirito vi guiderà alla Verità tutta intera". (Gv. 16,12)

Un antico re dell’Arabia con la sua saggezza e giustizia aveva fatto felice il suo popolo. Aveva un figlio natogli in tarda età che manifestava una profonda riflessione e una gravità di pensieri insolite nei fanciulli. Il giovane principe (non aveva ancora quindici anni) un giorno chiese al padre: "Padre mio, tu che hai tanta dottrina, saggezza ed esperienza, dimmi: che cos’è la vita? Qual è il segreto per viverla bene? Il re rimase scosso da una tale domanda alla quale non gli parve saper rispondere subito. Convocò tutti i savi del suo regno e ripeté loro la domanda. Essi si consultarono, poi dissero al re che conveniva che leggesse tutto quello che i filosofi avevano scritto sull’argomento. Sono molti questi libri? Voglio vederli! Il giorno dopo cominciarono ad arrivare cammelli carichi di libri. Alla fine erano molte migliaia. Il re disse: "Io sono vecchio, non ho il tempo materiale di leggere tutti questi libri". Allora ordinò ai savi del suo regno di riassumerli. Passato un anno i savi portarono al re 500 volumi, frutto del loro lavoro di riassunto. Il re sentiva la vecchiaia avanzare e disse: "500 volumi per me sono troppi: riassumeteli ancora." Passato un anno i volumi divennero 25, ancora troppi. Il re chiese di riassumerli ancora ed essi divennero 10 poi 5 poi 1. Ma il vecchio re che sentiva la morte appressarsi chiese ancora che condensassero il tutto in una frase che rispondesse alla domanda del figlio. Mentre i saggi lavoravano il re stava per morire. Sereno e calmo come un buon lavoratore che ha compiuto la sua giornata, egli si spegneva tranquillamente e tenendo la mano del figlio gli diceva: "Figlio mio, tu fosti la mia gioia, quando nascesti. Tu piangevi e tutti attorno a te ridevano. Fa’ che al tuo morire tutti piangano e tu solo sorrida". In quel mentre entrò uno dei savi con un foglietto in mano. Lo consegnò al principe. Il re disse al figlio: "Su, leggi". Il principe lesse: Che cos’è la vita? Quale è il segreto per viverla bene? "Quando nascesti, tu piangevi, intorno a te tutti sorridevano: fa’ che al tuo morire tutti piangano e tu solo sorrida".

 

 

GIOVEDI’ 16 MAGGIO 1996

"Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua grandezza". (Sal. 97,2)

Pensiamo in questo mese a come Maria, nel suo "Magnificat" sa far cantare creato e storia, vedendo in essi la presenza di Dio. Sembra quasi dirci: guarda il fiore, sarà tuo. Guarda l’aurora, sarà tua. Ogni cosa è là che aspetta di essere vista. "Guardateci", ci dicono le stelle. "Fateci un pensiero! Siete vivi per questo". Cesare Pavese diceva: "Certe notti mi rincresce di andare a dormire perché mi pare tempo perso. Vorrei essere sveglio, disposto a respirare e vedere. Vedere, vedere, vedere!" L’occhio umano con le sue forze arriva a vedere fino a circa due milioni di anni luce! Una distanza così grande non riusciamo neppure ad immaginarla. Eppure tale è quella che ci separa dalla costellazione di Andromeda che nelle limpide serate di estate, nel cielo terso e buio della montagna, riusciamo a vedere a occhio nudo. Vedere! Apri gli occhi. Fa provvista di vastità, prima delle nebbie dell’autunno. C’è una filosofia che nega Dio e una filosofia che nega il mondo: la prima si chiama ateismo, la seconda cecità. Tutte e due prosciugano gli occhi dell‘uomo.

 

 

VENERDI’ 17 MAGGIO 1996

"Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere". (Atti 18,9)

Ci sono dei momenti nella vita di un cristiano in cui prende lo scoraggiamento, ad esempio hai fatto di tutto per trasmettere ai tuoi figli dei valori, e ti sembra di aver parlato a). vento, hai aiutato concretamente una persona ma quella non solo non ti ringrazia ma vanifica addirittura il bene compiuto; neanche i preti sono esenti da questi scoraggiamenti: hai cercato di testimoniare, hai predicato e scritto per anni e quando guardi i frutti ti sembra di non essere andato più in là di una piccola manciata. Viene voglia di non parlare più, di ritirarsi. Anche a noi viene detta la parola che meditiamo oggi: "Non temere, continua a parlare e non tacere". Hai fiducia nel seme che getti? Credi alla Parola che non è tua ma di Dio? Sei convinto di fare la volontà di Dio? Allora non preoccuparti se sembri inascoltato, se non vedi risultati, fidati di Dio e della sua Parola. Dice la Bibbia che questa Parola mandata non tornerà a Dio senza aver provocato i frutti per cui Dio l’ha inviata.

 

 

SABATO 18 MAGGIO 1996

"Dio è Re di tutta la terra, cantate inni con arte". (Sal. 46,8)

Le galassie sono qualche miliardo, più o meno una per ogni uomo della terra. Dal monte Palomar se ne possono seguire circa un miliardo, almeno per ora. Ogni galassia come la nostra (quella della via Lattea) è composta da alcuni miliardi di stelle simili al sole. Pensate, se il sole fosse cavo, potrebbe contenere cento milioni di terre! Nell’universo vi sono stelle così grandi che potrebbero contenere cinquecento milioni di soli! All’estremità dell’ estremamente grande vi è l’ estremamente piccolo come, ad esempio, la cellula. il nostro corpo ne ha circa centomila miliardi, In una manciata di neve fresca vi è mezzo milione di cristalli tutti diversi l’uno dall‘altro. Tutto ci sembra scontato, eppure tutto è miracolo! Tutto ci parla di Dio.

 

 

DOMENICA 19 MAGGIO 1996

"Perché state a guardare il cielo?". (At. 1,11)

Commenta A. Pronzato:

Quando c’è di mezzo il Risorto, difficile azzeccare la posizione giusta. Si rischia sempre di andarlo a cercare nel posto sbagliato: "Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?" (Lc. 25,5). Si rischia di fissare, sbalorditi, il cielo, mentre Lui pretende, o meglio, andiamo altrove. Qui, tuttavia, credo che il rimprovero non riguardi tanto il fatto che i discepoli puntino gli occhi in direzione del cielo. L’errore denunciato consiste nello "stare a guardare", nell’attardarsi, nel rimanere imbambolati, estatici, mentre bisogna rientrare in sé e partire immediatamente. Non si tratta di imprimere nella memoria un posto particolare, in vista di un pellegrinaggio, o per poi costruirvi una chiesa, e portarvi altri. Occorre andare incontro agli altri. E’ scoprire insieme, in un punto qualsiasi del mondo, non il luogo dove Gesù è stato assunto in cielo, ma il luogo, la persona, il volto, dove Lui è presente in terra.

 

 

LUNEDI’ 20 MAGGIO 1996

"Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora". (Sal 67,6)

All’epoca della Bibbia c’erano categorie di persone che contavano poco: gli orfani non avevano una famiglia che li proteggesse, le vedove non avevano una sicurezza e un ruolo sociale, venivano quindi abbandonate a se stesse. Anche oggi ci sono categorie che non contano, ad esempio, i bambini concepiti ma non nati: non parlano, si può tranquillamente decidere sulla loro pelle; i malati cronici: meglio farli fuori per avere il letto libero; i poveri: non possono né spendere, né produrre. Ed ecco intere fasce di persone abbandonate, emarginate, sole. Dio, però, non guarda a quanto abbiamo nel portafoglio, a quella che è la nostra posizione sociale, guarda alla persona, anzi se pur può fare qualche preferenza è proprio per chi ha meno. Gesù stesso chiamerà beati i poveri e gli ultimi non perché sia bello soffrire, ma perché, se lo accettano, Dio è la loro ricchezza. Attenti, però, noi, che abbiamo di più, condividendo con loro, prendendo le loro difese, abbiamo l’obbligo di dimostrare concretamente la paternità e la bontà di Dio nei loro confronti.

 

 

MARTEDI’ 21 MAGGIO 1996

"Io prego per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi". (Gv. 17,9)

Siamo nel cuore di Gesù, valiamo il suo sangue prezioso versato per noi, quindi Gesù prega il Padre per noi. La Chiesa, consapevole di questo dono, ci fa terminare ogni preghiera liturgica con la frase "Per Cristo nostro Signore". La Messa, poi, è la grande preghiera che ogni giorno Gesù fa per noi: ripresenta al Padre il suo sacrificio perché esso ci ottenga misericordia. E’ veramente bello sentire questa comunione di preghiera in quanto noi spesso balbettiamo, non sappiamo che cosa chiedere, Lui invece conosce quello che è bene per noi. Noi non sappiamo lodare, Lui è la lode perenne, noi offriamo le nostre miserie, Lui offre se stesso, noi stentiamo ad esprimere il nostro grazie, Lui è il grazie perenne della nostra umanità a Dio.

 

 

MERCOLEDI’ 22 MAGGIO 1996

"Vi è più gioia nel dare che nel ricevere". (At. 20,35)

In una delle sue "Omelie" S. Basilio Magno dice così:

Imita la terra, o uomo, produci anche tu i tuoi frutti per non essere inferiori alle cose materiali. La terra produce frutti, però non per goderseli e li produce a tuo beneficio. Tu, invece, puoi raccogliere a tuo vantaggio tutto ciò che vai producendo. Infatti la ricompensa e il premio delle buone opere vanno a coloro che le hanno compiute. Se hai dato all’affamato, diventa tuo tutto ciò che gli hai donato, anzi torna a te accresciuto. Verrà il momento in cui dovrai abbandonare le ricchezze, anche tuo malgrado, mentre porterai al Signore la gloria acquistata con le opere buone. Largheggia con ciò che possiedi, sii generoso, anzi, munifico nell’affrontare spese a beneficio dei bisognosi. Si possa dire di te: "Egli dona largamente ai poveri: la sua giustizia rimane per sempre" (Sai. 111,9) e scoprirai la gioia profonda di somigliare a Gesù che dona se stesso per la nostra gioia.

 

 

GIOVEDI’ 23 MAGGIO 1996

"Siano una cosa sola come Tu, o Padre, sei in me e io in Te". (Gv. 17,22)

Il fondamento dell’unità dei cristiani non è l’appiattimento delle idee, l’uniformità dei caratteri, la morte della persona a favore della comunità. E’ invece avere un unico Dio, Padre, Figlio, Spirito, fondamento e guida della vita individuale che porta ad esaltare quanto abbiamo a favore degli altri. Cerco di chiarire questo concetto con un esempio. Che cosa occorre affinché una famiglia "funzioni", sia creativa, doni serenità ai suoi membri? Che ognuno possa serenamente esprimere se stesso e i suoi doni nel rispetto degli altri e che nelle difficoltà prevalga il bene comune. Così è la fede e la comunità. Ciascuno è persona, ciascuno ha doni preziosi e personali da mettere a servizio degli altri ma l’unità è fondata su Dio e sull’amore. E’ Dio il fondamento dell’unità. Chi guarda a Lui non può essere uno che in nome suo, divide.

 

 

VENERDI’ 24 MAGGIO 1996

"Simone, mi ami?". (Gv. 21,16)

Gesù è un pedagogo di prim’ordine. Dopo il rinnegamento di Pietro avrebbe potuto rimproverare Pietro, esautorarlo dal suo compito, invece gli chiede solo ripetutamente se lo ama. Una mamma stava facendo raccomandazioni, rimproveri, prediche alla figlia (terza liceo). La ragazza ascoltava con espressione dura e tesa. Ad un certo punto guardò la mamma dritta negli occhi, e scandì: "Mamma, sono stanca e stufa delle tue prediche. Perché invece non mi prendi tra le tue braccia e mi tieni stretta? Nessun consiglio potrà mai farmi tanto bene. Per favore, abbracciami!". Ecco che cosa manca: la tenerezza, l’abbraccio. Lo psichiatra Eugenio Borgna, autore di importanti scritti sulla schizofrenia, racconta: "Una mia paziente rifiutava il cibo. Stava male. Riprese a mangiare quando trovò una rosa rossa accanto ad un piatto di riso".

 

 

SABATO 25 MAGGIO 1996

"Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere". (Gv. 21,25)

Certe volte fantastico: come sarebbe bello essere vissuti ai tempi di Gesù, averlo potuto seguire in tutto quello che faceva e che diceva ed aver avuto un bel blocco notes per appuntarvi tutti i particolari e poi poter scrivere per filo e per segno la sua storia. I Vangeli non sono stati scritti in questo modo. Ci sono stati dei testimoni diretti (Matteo e Giovanni) e indiretti (Marco e Luca) ma hanno scritto molto tempo dopo, quando la buona notizia di Gesù era già stata trasmessa a voce e quando si erano già formate le prime comunità cristiane con tutti i loro pregi e difetti, quindi non ci dicono tutto di Gesù. Ma forse è un bene! E’ soprattutto con la fede e con la vita che dobbiamo ricostruire il volto di Gesù perché l’amore eterno di Gesù, la sua passione per gli uomini non è mai finita. Storia eterna quella di Gesù, in cui ci siamo anche noi.

 

 

DOMENICA 26 MAGGIO 1996

"Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore". (At. 2,7)

Indubbiamente la sorpresa e lo stupore costituiscono l’elemento chiave della Pentecoste. Sembrava che tutto della storia di Gesù fosse finito e invece lo Spirito Santo butta fuori questo manipolo di paurosi ed iniziano le "meraviglie di Dio". La Chiesa, cioè noi, riusciremo a destare meraviglia solo se riusciremo ancora a raccontare con gioia ed entusiasmo "le grandi opere di Dio", abbandonando lo stile protocollare, distaccato, freddo, anonimo per adottarne uno all’insegna della freschezza, della fantasia, dell’impertinenza, della provocazione. Ripenso a certe nostre celebrazioni liturgiche, ripetitive, monotone, di addormentati. Ripenso a certe preghiere che "sanno di muffa" ancor prima di giungere alle labbra, a certi atti di carità impersonali, fatti più per dovere che per amore. Abbiamo bisogno di una forte dose di Spirito Santo che ci scuota, ci vitalizi, sproni la fantasia, ci sbatta fuori dalle abitudini. Se questo non

succede è perché non c’è più lo Spirito Santo o perché non lo lasciamo operare?

 

 

LUNEDI’ 27 MAGGIO 1996

"Il valore della vostra fede si prova col fuoco". (1Pt. 1,7)

"Dalla ferita esce sangue, ma entra saggezza", dice un proverbio delle Isole di Capo Verde. Certo, "soffrire è scomodo Ma perché ostinarsi a credere che sia anche inutile? Quando il dolore ci visita e visita prima o poi tutti noi gli chiediamo sgomenti: "Che cosa sei venuto a rapirmi?". Perché non chiedergli invece: "Che cosa sei venuto ad insegnarmi?". "Sono venuto ad insegnarvi che la sofferenza vi fa buoni per forza!" Sì, è vero. Qualora mancasse, saremmo, forse, le bestie più feroci della terra. Corriamo, urliamo, ci arrabattiamo, imprechiamo. Finalmente, un giorno ci piomba addosso una malattia... ed allora anche il più arrabbiato davanti al quale tremo tutto il mondo, si ferma e medita. Il pensiero del dolore impedisce di essere distratti. La sofferenza concentra Fa entrare in se stessi, crea silenzio. Chi soffre si sente solo, solo nella sua pelle. Ma il dolore ci fa anche uscire dal nostro io. Chi soffre si appoggia agli altri: parenti, amici, dottori, perché l’aiutino. Il dolore può anche farci guardare in su: o per benedire o per maledire. E’ impossibile restare neutrali davanti alla sofferenza. Non viene allora da dire che il dolore più che mistero è una rivelazione, un bianchissimo buio?

 

 

MARTEDI’ 28 MAGGIO 1996

"Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". (Mc. 10,28)

Pietro nella sua genuinità e nella sua irruenza, dice al Signore: "Qualcuno l’hai trovato che per te ha giocato la sua vita.., quale sarà il nostro premio?". Noi cristiani, qualche volta facciamo lo stesso discorso a Gesù: "E’ vero, Signore, che non sono perfetto come il Padre celeste, però ad alcune cose ho rinunciato per seguirti... qual è il premio che mi spetta?". Gesù potrebbe risponderci con una parola sola: "Ci sono io! non ti basto?". Gesù invece risponde a Pietro più dettagliatamente: "Ogni cosa a cui hai rinunciato per seguirmi con amore tu la ricevi già ampliata dalla fede, poi sei già con me nella vita eterna anche se per imitarmi devi passare ancora attraverso la tribolazione e la croce". Se il mio non è un calcolo ma un atto di amore, questo risulta estremamente vero. Chi aveva più "perfetta letizia" se non il poverello di Assisi? Chi è più piena di felicità e di gioia, Madre Teresa di Calcutta o il più ricco magnate dell’industria? L’amore stesso è il premio; Gesù stesso è il premio, e Gesù è Dio!

 

 

MERCOLEDI’ 29 MAGGIO 1996

"Chi vuoi essere grande tra voi si farà vostro servitore". (Mc. 10,43)

Gesù parla tanto di servizio perché è proprio questo il fondamento dell’amore. In un suo scritto S. Agostino dice: "Si racconta che i cervi, quando vogliono recarsi al pascolo in certe isole lontane dalla costa, per attraversare la lingua di mare, poggiano la testa sulla schiena altrui. Succede così che uno soltanto, quello che apre la fila, tiene alta la propria testa senza appoggiarla sugli altri; quando però egli si è stancato, si toglie dal davanti e si mette per ultimo, sicché anche lui può appoggiarsi sul compagno. In questo modo tutti insieme portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata: non affondano perché la carità e il servizio vicendevole fanno loro da nave

 

 

GIOVEDI’ 30 MAGGIO 1996

"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa". (1 Pt. 5,9)

Nel giorno del nostro Battesimo ci è stato detto che, inseriti in Cristo anche noi siamo diventati Sacerdoti, Profeti, Re e che siamo stati chiamati ad "essere santi perché Dio è santo". Spesso, invece di essere orgogliosi di questi doni noi li deleghiamo: sacerdoti sono i "don", ci pensino loro alla preghiera; annunciatori del Vangelo e profeti sono i missionari, io non sono preparato a "dire la fede"; reggitrice della Chiesa è la gerarchia e santi sono quei "fortunati" da invocare per qualche grazia. Invece santo devo essere io perché Dio mi partecipa i suoi doni santi; la Chiesa ha bisogno di me per diventare comunità di salvati; Cristo ha bisogno della mia vita, delle mie parole, del mio esempio per poter arrivare al cuore degli altri; la mia preghiera unita a quella dei fratelli, per Cristo, con Cristo e in Cristo ci fa partecipi del dono di Dio, del ministero della lode. Come ci ricorda anche Paolo: "Noi siamo il tempio di Dio in cui abita il suo Spirito".

 

 

VENERDI’ 31 MAGGIO 1996

"Ha guardato all’umiltà della sua serva". (Lc. 1,48)

Dobbiamo buttar giù il castello che abbiamo costruito attorno alla Madonna e che ci impedisce di vederla e di capirla. Maria non vive tra rose e gigli. Vive tra le case basse e gli orti di Nazareth. Tutti i giorni va all’unica fontana del villaggio con la brocca in testa e mentre aspetta paziente il suo turno, Gesù Bambino si diverte con i compagni sulla grande piazza davanti alla sorgente. Tornata a casa prepara i cibi che allora erano comuni ai poveri: uova, latte, burro, ricotta, olive, cipolle, zucchini, fave e le immancabili erbe amare. Preparati i cibi li dispone su un unico vassoio e da questo i commensali vi attingono con le mani. Insomma, a Nazareth non erano gli angeli a impastare la farina e a preparare il cibo; e neanche quando Maria ha dovuto fuggire in Egitto, ha trovato palme ricurve pronte ad offrire datteri al Bambino e a Giuseppe, come raccontano certe storie. La Madonna ha tutto il sapore di casa nostra. Come non amarla? Come non aprirle la porta?

     
     
 

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