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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MARZO 1996

 

VENERDI’ 1 MARZO 1996

"Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli". (Mt. 5,20)

La legge che Dio ha dato a Mosè è un dono. Lo scopo di questa legge era mettere Dio al centro della vita del suo popolo e subordinare a Lui il comportamento interpersonale. Ma anche il dono più grande, se perde la sua anima, diventa banale o addirittura deleterio. Quando scribi e farisei di ieri e di oggi riducono il rapporto dell’uomo con Dio alla osservanza di alcune norme, fanno di Dio un padrone e dell’uomo il suo schiavo. Quando la Grazia e il peccato sono misurati solo dalle leggi, si riduce il rapporto tra l’uomo e Dio a quello del commerciante con il suo cliente. Gesù dicendoci che la nostra giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei, non vuole dire che le norme che essi ci insegnano non abbiano la loro validità, ma vuole aiutarci a ritrovarne il senso enorme: io non devo essere, buono per obbedire a Dio, devo invece riconoscere l’amore di Dio che mi spinge a realizzare e manifestare la santità del suo nome; io non mi accontento delle norme ma capisco e vivo l’amore.

 

 

SABATO 2 MARZO 1996

"Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori". (Mt. 5,44)

Si può amare un nemico? uno che ti sta distruggendo la vita, che ti denigra davanti agli altri, che sta uccidendo un tuo caro? Se noi pensiamo che amare sia avere sentimenti di benevolenza, sia sentire il cuore battere di affetto, la risposta è no! E’ normale che se uno ti sta facendo del male, tu senta in tutto te stesso non solo il bisogno di difenderti ma anche la repulsione e l’avversione verso di lui. Amare il nemico allora può forse essere riuscire a trattenere l’ira e la voglia di vendicarsi? Chi riesce a far questo ha già fatto un grosso passo. Gesù ci indica però un’altra strada, rispettosa della nostra umanità, ma nello stesso tempo trascendente le semplici pulsioni dei sentimenti. Si tratta di vedere il prossimo e anche il nemico con gli occhi di Dio. Tu hai davanti un uomo, un figlio di Dio, peccatore come te, amato da Lui. Tu non sei il suo giudice, il giudizio spetta a Dio. Tu devi difenderti e difendere dal male ma non puoi non vedere in lui un fratello. Tu sei responsabile anche della sua salvezza. L’amore del nemico è allora una lunga strada da parte del credente per somigliare a Dio e a Cristo che sulla croce prega per i suoi persecutori e che regala sua Madre Maria, come Madre di chi lo sta mettendo in croce.

 

 

DOMENICA 3 MARZO 1996 – 2^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

Dio disse ad Abramo: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tiro padre, verso il paese che io ti indicherò". (Gn. 12,1)

Aver fede, significa partire, mettersi in viaggio. Significa lasciare qualcosa di solido, di sicuro, per camminare verso l'incognito sulle ali di una promessa. Noi qualche volta sogniamo: "Se Dio mi desse una fede profonda!" E per profonda intendiamo sicura. Non è così. La fede è mettersi in cammino sulla parola, non ci sono altre sicurezze. Bisogna fidarsi della parola senza vedere. La terra promessa non è lì sotto gli occhi, c'è un mucchio di deserto prima, ci sono i dubbi, c'è la nostalgia della vecchia casa, delle buone abitudini, di una vecchia fede fatta di rituali ben collaudati. La fede non ti copre come un mantello. Ma ti spoglia.Ti espone a tutte le intemperie. Solo la Parola è l'unico equipaggiamento, unica risorsa, unico documento, unico punto di riferimento, oggi il Signore fa a ciascuno di noi la stessa richiesta fatta ad Abramo. Abbiamo il coraggio di metterci in viaggio?

 

 

LUNEDI’ 4 MARZO 1996

"Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in grembo".(Lc. 6,38)

Un uomo d’affari, accecato dall’egoismo e oberato dagli impegni di lavoro, ebbe un esaurimento nervoso. Il medico gli consigliò di prendersi una vacanza in montagna. Quando arrivò alla stazione, l’uomo vide una vecchietta che piangeva, seduta sola in un angolo della sala d’aspetto. Le si avvicinò e le domandò la causa del suo dolore. La donna rispose che era venuta a trovare suo figlio, ma aveva perso l’indirizzo. L’uomo d’affari si interessò al suo caso, trovò il nome del figlio nell’elenco telefonico, chiamò un taxi e accompagnò la vecchietta a casa. Quella sera era felice, calmo, sereno. Alcuni giorni dopo scrisse al suo medico. ‘Dottore, finalmente mi sento un uomo. Mi sono interessato agli altri e quando ho potuto li ho aiutati: ho trovato la mia cura Il servizio al prossimo è la terapia più efficace per i mali causati dall’amore di sé. E la cura ha effetti spirituali, psicologici e fisici.

 

 

MARTEDI’ 5 MARZO 1996

"Su, venite e discutiamo", dice il Signore". (Is. 1,18)

Mi piace molto questo atteggiamento di Dio che in diversi passi della Bibbia, discute con l’uomo. Forse è il vero atteggiamento della preghiera: si ha una tale fiducia in Dio che con Lui non c’è bisogno di essere compassati, di "conservare l’etichetta", di rifugiarsi in formule artefatte, con Lui si può parlare, si può addirittura discutere. Certo, non sarò mai io a dover dettare a Dio ciò che sia più opportuno che Lui faccia, ma se io ne parlo con Lui, forse è più facile che io capisca un po’ di più ciò che Lui fa. Forse può sembrare infantile, ma io lo ritengo un grande atto di fede. Una signora che ho conosciuto era abituata, un giorno la settimana, ad andare a trovare gli ammalati di un ospedale. Improvvisamente subì una paresi che la lasciò con gravi disturbi di ambulazione. Un giorno, mentre era in casa, si rivolse al Signore più o meno in questo tono: "lo vorrei andare a trovare i miei amici ammalati ed essi sono anche amici tuoi, se tu pensi che sia buona cosa che io possa fare questo servizio, dammi la forza per arrivare fin là". E da quel giorno, anche se faticando, ha ripreso le sue visite in ospedale.

 

 

MERCOLEDI’ 6 MARZO 1996

"Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire". (Mt. 20,28)

Spesso nel nostro cammino di fede, viaggiamo con un’idea sbagliata. Pensiamo che sia Dio a chiederci qualcosa. I comandamenti ci pesano, sembra che Gesù ci chieda un cammino di santità difficile, se non impossibile, la croce è vista solo nel suo aspetto negativo. Il Signore invece non viene per portar via, per costringere, per divertirsi a vederci soffrire, per farci vedere cose buone e poi chiederci di rinunciarvi. Dio viene per donare gratuitamente se stesso, Gesù è venuto per regalarci la sua vita, la sua morte, la sua risurrezione. I comandamenti sono strade per la felicità. La croce della nostra vita è stata portata da Gesù prima di noi. L’impegno che ci è chiesto è per la nostra felicità. Gesù ci serve con il suo amore, con i suoi sacramenti, continuando a donarsi ogni giorno a ciascuno e a tutti. La fede non è tristezza, è gioia!

 

 

GIOVEDI’ 7 MARZO 1996

"C’era un uomo ricco.., un mendicante di nome Lazzaro giaceva alla sua porta". (Lc.16,19 - 20)

Quanti "Lazzaro" ci sono alla porta di casa nostra. Alcuni li vediamo alla televisione e sui giornali. Gli affamati, gli esclusi, gli orfani, i mutilati dalle guerre... e forse proviamo vergogna per un mondo che riesce ancora a far tanti Lazzari, magari facciamo un’offerta... e poi passa, fino alla prossima volta. Altri li incontriamo: extracomunitari, questuanti, barboni, alcolisti, tossicodipendenti e non possiamo fare a meno di provare un senso di fastidio, magari proviamo ad aiutarne qualcuno ma Spesso con fatica ed anche con senso di delusione e di impotenza ed ergendo attorno a noi una serie di steccati che ci proteggono dalla loro invasione. Di altri forse non ce ne accorgiamo neppure; magari è tuo figlio che invece del Solito rimbrotto ha bisogno di una parola di incoraggiamento, magari è la famiglia della porta accanto che senti spesso alzare la Voce ma Con la quale non hai mai parlato, magari è tua zia a cui non hai più telefonato da un anno perché "intanto lei non telefona mai".. Lazzari vivi, presenti, ma nascosti, non visti cui si lasciano magari cadere le briciole ma che non sono mai commensali del tuo cuore. E tra questi Lazzaro c’è proprio Gesù, mendicante di amore, che ha come Scopo non quello di prenderti qualcosa, ma di insegnarti ad amare.

 

 

VENERDI’ 8 MARZO 1996

"La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo". (Mt. 21,42)

Oggi, festa della donna, prendendo spunto da questa frase del vangelo, facciamo una riflessione un po’ diversa. Anche la donna lungo i secoli è stata la pietra scartata dai costruttori. Grandi pensatori avevano poca considerazione della donna. Euripide la definiva il peggiore dei mali, Aristotele la definiva "per natura" difettosa. Se non ci fossero le donne, diceva Cicerone, gli uomini parlerebbero con gli dèi. Anche nel mondo biblico la donna ha poco posto. Eppure questa "pietra scartata" ha una sua identità precisa, è la matrice e la crescita del genere umano. Un proverbio arabo dice: "Gli uomini vedono la foresta, le donne vedono gli alberi e le foglie". G. Bayron afferma: "L’amore nella vita di un uomo è un momento a parte, nella donna è tutta la vita". Ringraziamo Dio che ci ha fatti con doni particolari, e invece di giocare i ruoli della vita in base alla forza e al potere impariamo ad apprezzarci e ad integrarci vicendevolmente.

 

 

SABATO 9 MARZO 1996

"Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati". (Mi 7,19)

Facendo il prete e dedicando un bel po’ del tempo al ministero della Confessione mi è capitato di vedere le situazioni e le sensazioni più diverse, da chi si confessa per abitudine, a chi confessa volentieri i peccati degli altri, a chi considera la Confessione come il lettino dello psicanalista (più a buon prezzo, naturalmente), a chi è talmente preoccupato dell’elenco dei propri peccati che non ha più tempo a pensare a Dio che perdona... Ma tra le tante, una delle più belle esperienze è quando incontro qualche persona che magari per anni è stata lontana dalla Chiesa e dalla fede che ritrova la via del Padre scoprendone a fondo la sua misericordia e provando davvero la meraviglia del suo amore e la gioia del suo perdono. Mi ricordo di un uomo che, dopo aver messo nelle mani di Dio i suoi anni di peccato, guardandomi con occhi umidi ma pieni di speranza mi domandava: "Ma davvero Dio mi perdona?", e davanti al segno di croce e alle parole del perdono non ha più detto nulla ma si è lasciato cadere in ginocchio piangendo liberamente, di gioia.

 

 

DOMENICA 10 MARZO 1996 – 3^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato acqua viva.

(Gv. 4,10)

Gesù, prima di soddisfare la sete della Samaritana si incarica di suscitarla. Egli non si limita a rispondere ai bisogni dell’uomo, ma intende farlo crescere, dilatare i suoi desideri, allargare i suoi orizzonti, portarlo oltre le sue attese. Giacobbe si è limitato a scavare un pozzo, cui bisogna tornare ogni volta ad attingere acqua. Gesù scava un pozzo all’interno della creatura, fa emergere i suoi desideri profondi. E questo pozzo diventa sorgente inesauribile di acqua viva. La fonte sta dentro a ciascuno e diventa principio interiore i conoscenza, di amore, di fecondità. L’invito è dunque quello di guardare in noi stessi, di scoprirvi quanto Dio vi ha seminato, di sentire la presenza del bene e del male e poi di andare da Colui che ci dà l’acqua viva che dura per sempre.

 

 

LUNEDI’ 11 MARZO 1996

"Come una cerva anela ai corsi d’acqua, così la mia anima anela a Te, o Dio". (Sal. 41,2)

Eugene Jonesco, uno dei maggiori drammaturghi contemporanei, a Rimini nell’agosto 1988 durante il Meeting annuale di "Comunione e Liberazione" dove si dava la sua ultima opera su San Massimiliano Kolbe martire, fu interrogato da un giornalista: "E’ d’accordo con l’affermazione di molti, secondo i quali oggi pochi uomini cercano Dio?". Rispose: "Non è vero. Gli uomini lo cercano sempre, magari negli idoli, nei mostri della politica, nei mostri del terrorismo, negli idoli della canzone o dello sport. Cercano qualcosa di essenziale, senza saperlo. Cercano la divinità. Mi creda: non è possibile una umanità senza Dio. lo non so se credo in Dio; so con sicurezza che Dio mi manca

 

 

MARTEDI’ 12 MARZO 1996

"Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me?". (Mt. 18,21)

"Ma è poi giusto perdonare sempre?" "Qualche volta dare il perdono non è come accettare e in fondo approvare il male?". Domande più che lecite, ma per trovare una risposta cristiana dobbiamo guardare a come si comporta Dio. Lui, giustizia infinita, attraverso l’amore e il sacrificio di Gesù è disposto sempre a perdonarmi. Non mi dice che ho fatto bene quando ho commesso il male. Il male fatto continua a portare le sue conseguenze, ma Dio è sempre pronto a perdonare chi davvero vuoi essere perdonato, e la strada del perdono spesso porta anche i suoi frutti. Il 14 luglio 1934, san Leopoldo, il confessore di Padova si trovava in tram per raggiungere un convento di suore. C’era molta calca e lui, piccolino di statura, dovette un po’ sgomitare per raggiungere l’uscita. Urtò un giovane tracotante che senza complimenti gli mollò un ceffone. Il santo sorridendo gli disse: "Mi faccia bello anche dall’altra parte, perché farei brutta figura andando in giro rosso solo da una parte". Il ragazzo rimase talmente confuso che si inginocchiò in mezzo alla gente e gli domandò perdono. Il cappuccino gli batté amichevolmente la mano sulla spalla e disse: "Niente, niente! Amici come prima!".

 

 

MERCOLEDI’ 13 MARZO 1996

"Ascolta, Israele, le leggi e le norme che io vi insegno, perché viviate". (Dt. 4,1)

Questa frase, come altre dell’Antico Testamento, presa a se stessa potrebbe far pensare ad un Dio calcolatore, legalista: "Vuoi un premio, allora sii obbediente, altrimenti... Scorrendo la Bibbia, invece troviamo un Dio che cerca, che ama con passione gli uomini, che fa di tutto per far loro capire il modo per essere pienamente realizzati e felici. E’ un rapporto d’amore e di comunione che Dio vuole stabilire con l’uomo. Dio vuole la mia obbedienza, è vero, ma la vuole perché nella Sua sapienza infinita sa quello che è meglio in assoluto per me. Gesù fa eco alla voce del Padre, dicendo: "Come il Padre mi ha amato, così anch’io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore" (Gv. 15,9 -10). La mia obbedienza non è dunque frutto della paura, ma dell’amore.

 

 

GIOVEDI’ 14 MARZO 1996

"Ascoltate oggi la sua voce: non indurite il cuore". (Sal. 95,8)

Un giovane Olandese aveva seguito la strada del figliuol prodigo. Dopo aver speso tutti i suoi averi, si arruolò in un reggimento in partenza per l’Indonesia. Di là, scrisse a suo padre per chiedergli del denaro. Dopo qualche settimana ricevette la lettera attesa. Vedendo che non racchiudeva né denaro né assegni, la gettò nella valigia senza neppure leggerla. Tre mesi dopo, cadde gravemente ammalato. Pensò alla lettera che non aveva letto, chiamò l’infermiere e gli chiese di cercarla nella sua valigia. Ecco il contenuto: "Ho incaricato il capitano P., se vuoi essere liberato dagli obblighi militari, di ricondurti a casa col prossimo battello. Al tuo ritorno, troverai una piccola ma graziosa tenuta pronta a riceverti. Scrivi due righe al capitano prima del 10 Maggio . Dall’angoscia che provò, l’ammalato si sentì pervadere da un freddo sudore! Si era alla fine di giugno. Era troppo tardi. Quante persone disprezzano il messaggio d’amore che Dio ha loro rivolto! Forse non fanno neppure lo sforzo di leggerlo nel libro di Dio: la Bibbia.

 

 

VENERDI’ 15 MARZO 1996

"Amerai il prossimo tuo come te stesso". (Mc. 12,31)

Ma come amare il prossimo? San Paolo, nella 1^ Lettera Tessalonicesi, dice: "Avete imparato da Dio ad amarvi gli uni, gli altri", cioè l’amore che Dio ha per noi è il modello per il nostro amore verso il prossimo. Le caratteristiche principali di questo sono:

- E’ un amore disinteressato, non ha secondi fini. Dio non ci ha amati perché ne fossimo degni, né perché fossimo amabili, né tantomeno per ricavarne qualche profitto.

- E’ un atto della volontà: non è, quindi, soltanto un sentimento o un’emozione, che sono sottoposti alla mutevolezza e all’incertezza tipiche della natura umana.

- E’ radicale, è un amore che va fino in fondo. Dio, per amore nostro, ha accettato l’incarnazione, la passione e la morte in croce.

 

 

SABATO 16 MARZO 1996

Il fariseo pregava così: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri e neppure come questo pubblicano". (Lc. 18,11)

Una preghiera iniziata bene, quella del fariseo, ma finita male. Una preghiera che rispecchia la vita di quest’uomo, una preghiera che non è neppure una preghiera perché alla fine dimostra quello che è: un parlare con se stesso e con la propria vanagloria. E qui mi esamino. La mia preghiera come una serie di formule per tenersi buono Dio? Un parlare con me stesso? E io come sono? Mi ritengo giusto al punto di voler giudicare gli altri con il metro della mia giustizia? La preghiera vera non è abbindolarsi con le parole ma è portare la propria realtà davanti a Dio e la nostra realtà è miseria e povertà davanti ad un Dio misericordia e amore, è riconoscere che ogni giudizio spetta a Lui e non a noi, è affidarsi fiduciosi alla volontà del Padre, è ripartire dalla preghiera confortati dal perdono e dall’aiuto di Dio per cercare di realizzare ciò per cui si è pregato.

 

 

DOMENICA 17 MARZO 1996 – 4^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

"Una cosa so: prima ero cieco, ora ci vedo". (Gv. 9,25)

I farisei e gli scribi detengono il sapere, il potere; lui, il cieco nato, non ha i libri dalla sua parte però possiede un fatto, può appoggiarsi ad un’esperienza diretta. Ha incontrato uno che gli ha dato la vista. Gli altri non riescono a inquadrarlo nella loro teologia, ma lui non rinuncia di certo al dono ricevuto solo per far loro piacere. Questa dovrebbe essere la testimonianza del credente: basata su un incontro, su una esperienza, su un contatto diretto. Gesù lo si può incontrare ovunque: nei libri, nelle teologie, nel creato, nel fratello ma l’importante è incontrarlo davvero, "vederlo", sperimentarlo. Se resta nelle pagine dei libri, ammuffisce con essi, se è solo un insieme di dogmi non lo incontri ancora. Gesù è vivo, splende davanti a te, ma bisogna lasciarci curare gli occhi per vederlo e poi, gli altri dicano quello che vogliono, la gioia e la grazia di quell’incontro, nessuno può togliercela.

 

 

LUNEDI’ 18 MARZO 1996

"Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino". (Gv. 4,50)

Credere e mettersi in cammino, ecco i due elementi della fede. Questo padre disperato che vede suo figlio morire si era già messo in cammino una volta per andare a cercare Gesù. Questo primo cammino era dettato da due elementi che sembrano contrastanti: la disperazione umana nel vedere il figlio morire e la speranza che quel Gesù possa ridargli vita. Ma adesso c’è ancora un altro cammino da fare: ha incontrato Gesù, gli ha strappato una promessa, ma non ha ancora visto niente, deve tornare a casa credendo e sperando. Anche il nostro cammino quotidiano è un viaggio verso Gesù, ma è anche un viaggio da Gesù verso la vita. Anche noi non "vediamo" chiaramente, non "sappiamo" per filo e per segno. Si tratta di fidarsi. Se credi che Gesù è il Figlio di Dio, che le sue parole sono verità, cammina sicuro, Lui non ti deluderà.

 

 

MARTEDI’ 19 MARZO 1996

"Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo". (Mt. 1,24)

E’ proprio vero che tante volte parla di più il silenzio che non un nugolo di parole. Giuseppe parla poco nel Vangelo, è anche considerato, un po’ ingiustamente, figura marginale nella storia della salvezza, ma è un uomo che crede e che agisce. Si fida di Dio, si fida di Maria, si fida delle indicazioni avute in sogno, agisce per il bene degli altri, continua in semplicità la sua missione, sa sparire per far spazio agli altri. Mi viene spontaneo, guardando a Giuseppe, ripensare a tante persone umili, lavoratrici, semplici, a certi papà o nonni che hanno lavorato, dato, fatto spazio. Dio anche oggi, come allora, per venire al mondo ha bisogno di persone così, obbedienti e silenziose, gioiose e umili, di fede e laboriose... E’ questo il popolo di Dio che porta avanti il suo Regno!

 

 

MERCOLEDI’ 20 MARZO 1996

"Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna". (Gv. 5,24)

In un giorno, un anno, una vita, quante cose le nostre orecchie hanno udito che non hanno lasciato traccia in noi? E’ una specie di selezione automatica: suoni, parole, fatti che colpiscono la nostra attenzione, ci interessano, si fissano in noi, ci influenzano, cambiano poco o molto il nostro modo di vivere; altri passano veloci, non ci scalfiscono neppure, sono subito dimenticati. Così, spesso avviene nel campo spirituale. Forse da parecchio tempo (anni? una vita?), le nostre orecchie odono la Parola di Dio senza ascoltarla veramente. Frequentiamo una chiesa, partecipiamo alla preghiera, cantiamo, ma tutto questo non ci penetra dentro, restiamo inossidabili. Una "religione" di facciata. Siamo degli illusi! La Parola di Dio è viva, deve portarci ad azioni di vita per noi e per gli altri. La Parola ci fa guardare ad una prospettiva di eternità, ma porta l’eternità nel nostro vivere quotidiano.

 

 

GIOVEDI’ 21 MARZO 1996

"Voi non volete venire a me per avere la vita". (Gv. 5,40)

Nella sala da pranzo di un albergo di montagna, in Savoia, si può leggere su un quadro, la seguente scritta: "Passante, pensa alla forza di queste tre parole:un Dio, un momento, un’eternità. Un Dio che ti vede, un momento che sta per sfuggirti, un’eternità che ti aspetta. Un Dio che tu dimentichi, un momento che sciupi, un’eternità che arrischi con tanta leggerezza Giorno per giorno si avvicina ad ognuno di noi l’eternità. Presto bisognerà lasciare quegli affari che ci assorbono, quel tale commercio che non ci dà requie, quei terreni che forse hanno fruttato molto. Tutte queste attività, anche se ci hanno arricchiti materialmente, non ci impediranno di morire poveri, poiché dei nostri beni, non potremo portar via niente (1 Tm. 6: 7). Alla fine tutto ci sfugge, e a che cosa ci serve l’essere vissuti, se non abbiamo nessuna speranza nell’aldilà?

 

 

VENERDI’ 22 MARZO 1996

"Allora cercarono di arrestarlo". (Gv. 7,30)

Quello che a prima vista stupisce nel Vangelo è questo accanimento contro Gesù. "Egli passò facendo del bene" e quelli si scervellano per trovare accuse contro di Lui, è perfettamente innocente ed essi vogliono arrestano. C’è una vecchia canzonetta che dice: "La verità mi fa male.. .". Forse la chiave di lettura sta proprio lì. Gesù è la Verità ed essi preferiscono le proprie leggi. La Verità apre alla libertà ma loro preferiscono star comodi nelle loro catene. E il mistero della condanna di Gesù si ripete ancora oggi per tante persone che amano la verità e per questo sono scomode al mondo. Signore Gesù, tu non hai esitato ad affrontare il pericolo per insegnare nel tempio e rendere testimonianza a Colui che ti ha mandato. Aiutaci a non tirarci indietro anche quando sentiamo l’ostilità crescere intorno a noi e donaci la libertà interiore necessaria per svolgere la nostra missione fino all’ora stabilita.

 

 

SABATO 23 MARZO 1996

"Mai un uomo ha parlato come parlato come quest’uomo". (Gv. 7,46)

Guida la nostra riflessione di oggi un piccolo brano di R. Guelluy: "Ci sono parole che fanno più male di uno schiaffo e parole che segnano per sempre, con la forza distruttiva che ha in sé qualcosa di irrimediabile... Ci sono parole che uccidono, parole che non avrebbero mai dovuto essere pronunciate. Ma ci sono parole d’amore che trasformano una vita, parole di fiducia che rialzano dalla disperazione. Ci sono richiami definitivi che decidono di un’esistenza e determinano il cammino di una persona". Una di queste parole di vita la dice Gesù oggi, proprio per te.

 

 

DOMENICA 24 MARZO 1996 – 5^ DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

"Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto".  (Gv. 11,21)

Quando vanno a dire a Gesù che Lazzaro è malato, Gesù non si muove. Arriva che Lazzaro è già morto da quattro giorni. Possibile che Dio sia sempre lontano quando lo si desidererebbe presente? Marta si lamenta, rimprovera quasi Gesù della sua assenza e noi, qualche volta, andiamo anche oltre: "Se Dio esistesse non permetterebbe tanto dolore". Gesù non si giustifica, né ci rimprovera per i nostri sfoghi, si limita a ripetere: "se credi, vedrai la gloria di Dio". "Credere" è al presente, mentre "vedere" riguarda il futuro. Noi invece prima vogliamo le prove, poi, forse, siamo disposti a credere. Dio non ci chiede la fede come ricompensa dovuta al miracolo, prezzo da pagare per le sue prestazioni, ma come condizione necessaria perché Dio possa agire.

 

 

LUNEDI’ 25 MARZO 1996 – ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

"Ecco, concepirai un Figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù". (Lc. 1,31)

L’annunciazione a Maria è un mistero "gaudioso", di gioia ma è anche un mistero di ombra. Maria non sa ancora pienamente, l’"ombra" dello Spirito Santo scende su di Lei. Il Verbo, la vera luce, è ancora chiuso nel suo grembo. L’annunciazione inaugura allora il tempo del segreto, il tempo in cui Dio forma il cuore. Forse l’annunciazione ci invita oggi a tenerci nell’ombra, a custodire il segreto d’amore che Dio affida a ciascuno di noi, a serbarlo in un cuore umile e colmo di fiducia. Solo se faremo così saremo poi capaci di andare verso gli altri e potremo metterci in cammino, in fretta, come Maria, verso quelli che ci chiamano, per dire la gioia del Dio che viene.

 

 

MARTEDI’ 26 MARZO 1996

"Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo, allora saprete che Io sono". (Gv. 8,22)

Prova qualche volta a fermarti davanti al crocifisso. Contempla nelle sue luci e nelle sue ombre il mistero di un Dio crocifisso per amore. Vedi nelle sue piaghe le sofferenze di tanti uomini, la cattiveria di chi infligge tali pene, la crudeltà di chi, ancora oggi, crocifigge in mille modi diversi tanti innocenti. Pensa a tutti coloro che pagano e soffrono per gli altri. Vedi soprattutto l’amore di Gesù, il Figlio di Dio, per noi. Lui si è fatto carico di tutto il male della terra e lo ha inchiodato sulla croce. Lui ha detto: mi faccio io peccato al posto tuo, vado io a morire al posto tuo. Guarda in silenzio e con amore il segno della tua salvezza e della tua liberazione. Lascia che dalla contemplazione e dal cuore salgano ai tuoi occhi le lacrime di affetto, di compassione, di liberazione. Poi poni su di te il segno della croce, lasciati abbracciare da essa e abbraccia a tua volta Colui che ti salva.

 

 

MERCOLEDI’ 27 MARZO 1996

"La Verità vi farà liberi". (Gv. 8,32)

Essere libero è il desiderio di ogni uomo che ogni giorno sperimenta le schiavitù del tempo, della salute, dei rapporti umani. E spesso, libertà è falsamente intesa come "fare ciò che voglio". Gesù ci dice che si ha la libertà solo se si è nella verità. L’uomo non è libero nella misura in cui non dipende da niente o da nessuno: e libero nella misura in cui dipende da ciò che ama, ed è schiavo nella misura in cui dipende da ciò che non può amare. Il problema della libertà non si pone in termini di indipendenza, ma di amore. La forza del nostro amore determina la nostra capacità di essere liberi.

 

 

GIOVEDI’ 28 MARZO 1996

"Se uno osserva la mia Parola, non vedrà mai La morte". (Gv. 8,51)

Mi chiedo se crediamo veramente al fatto che, nella fede, la morte è vinta. Morire è una parola che fa paura. Quante persone non vogliono neppure pronunciarla. Abbiamo coniato addirittura una serie di termini per sostituire questo verbo, quasi che eliminando la parola possiamo anche eliminare la realtà. Piuttosto che dire: "morire si preferisce dire: decedere, spegnersi, estinguersi, spirare, addormentarsi, chiudere gli occhi, andare nel numero dei più, far l’ultimo viaggio... La realtà della morte c’è e dobbiamo imparare a conviverci. Ma per il credente in Cristo c’è anche la realtà della vita.

 

 

VENERDI’ 29 MARZO 1996

"Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare". (Gv. 10,32)

Gesù è passato "facendo bene ogni cosa" ma la cattiveria, l’orgoglio hanno accumulato pietre contro di Lui. Non hanno voluto capirlo, non hanno voluto gioire, hanno pensato che le sue parole scomodavano, e allora? Un po’ di pietre ben tirate risolvono la questione! Qualcuno non la pensa come noi? Il giusto ci è di rimprovero? Facciamolo fuori! E le nostre pietre possono essere le nostre parole, la nostra ironia, il rovinare la reputazione, l’ignorare l’altro... Se invece di accumular pietre per difendere sicurezze e ortodossie imparassimo ad ascoltare, scopriremmo tante verità presenti in tutto e in tutti.

 

 

SABATO 30 MARZO 1996

"Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?". (Gv. 11,56)

C’è una festa che Dio ha preparato al suo popolo: è la festa della liberazione, della Pasqua. C’è una festa dell’amore e del perdono che Gesù ha preparato per noi. Gesù non può mancare a questo appuntamento, anche se altri stanno pensando di "fargli la festa". Un umorista diceva che tutti sono contenti della festa di Pasqua, eccetto gli agnelli. Gesù, l’Agnello di Dio, va alla festa sapendo che, per amore, dovrà dare la vita, che il suo sangue sarà la festa del perdono, del passaggio. C’è tutta l’umanità di Gesù che si ribella davanti alla sofferenza, ma c’è tutto il suo amore per compiere la volontà del Padre e l’amore per noi che lo spingono verso questa "sua ora" Gesù andrà alla festa; "gli faranno la festa" ma perché ci sia vera festa per noi.

 

 

DOMENICA 31 MARZO 1996 – DOMENICA DELLE PALME ANNO A

"Rimetti la spada nel fodero". (Mt. 26,52)

Mai Gesù si è trovato così indifeso come quando qualcuno dei suoi amici cerca di difenderlo nella maniera sbagliata. Lui vuoI vincere unicamente con l’amore. Quando si pretende di vincere con altre armi (potere, forza, leggi, astuzie mondane, diplomazia terrena, finanza), Lui ne esce sconfitto (dagli amici, non dagli avversari) e continua a ripetere: deponi quell’arma. Gesù non è impressionato dalle "spade e bastoni" dei nemici. Si mostra allarmato per una spada sola impugnata da uno dei suoi. Il maestro preferisce che gli amici, così come ha fatto Lui manifestino un amore più forte di tutto il male che li aggredisce. La spada non sconfigge il male, lo perpetua.

     
     
 

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