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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GENNAIO 1996

 

 

LUNEDI’ 1 GENNAIO 1996

"Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio". (Nm. 6,24—25)

Penso che anche questa mattina, primo giorno dell’anno, abbiamo detto la preghiera di Gesù, il Padre Nostro, e con Gesù abbiamo ripetuto "sia fatta la tua volontà". Quale sarà la volontà di Dio su di noi per questo nuovo anno? Insieme con gli uomini, oggi ci scambiamo auguri di bene, di salute e di pace; auguriamocI anche che "Dio faccia splendere su di noi il suo volto" cioè ci aiuti ad incontrarlo ogni giorno, a capire ciò che vuole da noi e ci dia la forza di compiere ciò che la sua bontà di Padre ha previsto per noi. Maria, a cui affidiamo il cammino di quest’anno, ha accettato la volontà di Dio, con umiltà e con forza: "Eccomi, sono la serva del Signore". Ci conceda Dio di poter dire e fare altrettanto per ogni giorno che ci verrà donato.

 

 

MARTEDI’ 2 GENNAIO 1996

"Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre". (1 Gv. 2,23)

Sono troppi, oggi, i cristiani senza Cristo. Quanti battezzati pensano di essere cristiani perché credono in Dio, ma non riconoscono in Gesù suo Figlio? Quanti dicono di essere cristiani ma trascurano i sacramenti, i doni di Gesù? E quanti non credono alla sua e alla nostra risurrezione? E non siamo forse anche noi tra quelli che, pur credendo in Gesù Figlio di Dio, stentiamo a riconoscere la sua presenza nel prossimo che batte alla nostra porta? Gesù, il Padre e lo Spirito sono l’unico Dio. A Filippo che entusiasta delle parole di Gesù gli chiedeva di vedere il Padre, Gesù rispondeva: "Chi vede me ha visto il Padre". Ogni volta che poniamo il segno di croce su di noi, ci affidiamo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ogni sacramento è nel nome della Trinità, la stessa comunità cristiana è unita come sono uniti il Padre, il Figlio, lo Spirito. Dio è così, è famiglia, è unità, e ci invita all’unità proprio perché Dio vuoI essere una cosa sola con le sue creature.

 

 

MERCOLEDI’ 3 GENNAIO 1996

"Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio". (1Gv. 3,2)

Quando dico a qualcuno: "Devi essere santo!", vedo sgranare gli occhi: "Eh, sì, altro che santo!". Eppure siamo figli di Dio, figli del Santo, fratelli di Gesù, Maria è nostra Madre, la trasmissione della nostra fede è nata dal sangue dei martiri, lo Spirito Santo abita in noi. No, amici, se vogliamo essere cristiani non possiamo fare a meno di aspirare alla santità. Ma non spaventiamoci! La santità non è una cosa terribile, noiosa, la santità è beatitudine, gioia. La santità si manifesta sì con i miracoli, ma non quelli grandi, eclatanti, ma quelli piccoli, quotidiani dì cui possiamo essere capaci anche noi, ad esempio il miracolo dell’ottimismo, del perdono, dell’accoglienza, del controllo della lingua, dell’ascolto... Signore, che la tua santità possa manifestarsi anche nella mia vita!

 

 

GIOVEDI’ 4 GENNAIO 1996

"Maestro, dove abiti?" "Venite e vedrete". (Gv. 1,38)

Dove cercare il Signore? In giro per il mondo? nella natura? nelle religioni? in qualche monastero sperduto? Dove abiti, Signore? nel cielo, sulla terra?... "Non cercarmi lontano dice il Signore io sono vicino a te, in te, attorno a te, mi puoi incontrare nel Vangelo, nella testimonianza dei cristiani ("Chi ascolta voi, ascolta me"), nella comunità ("Dove due o più sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro"), nel povero ("lo avevo fame..."), nell’Eucaristia ("Questo è il mio Corpo"). Non passarmi vicino senza accorgerti della mia presenza. Resta con me nella preghiera, vedi di capire chi sono, che cosa sono venuto a portarti, innamorati di me scoprendo quanto io ti amo. Non c’è bisogno di fuggire, di andare lontano, di cercare chissà quali imprese. Basta che tu scenda nel tuo cuore per incontrarmi. Lì ho posto la mia dimora perché ti voglio bene."

 

 

VENERDI’ 5 GENNAIO 1996

‘Figlioli, non amiamo a parole nè con la lingua, ma coi fatti e nella verità". (1 Gv. 3,18)

Penso dovremmo avere più rispetto e delicatezza nell’usare certi termini grandi e importanti come la parola amore". Si usa questa parola indiscriminatamente per indicare sentimento e sesso, ci si riempie la bocca di questa parola senza che essa venga minimamente recepita dal cuore. S. Giovanni, oggi ci ricorda che questa parola per essere davvero significativa deve fondarsi sulla verità e deve essere supportata dai fatti. Gesù l’ha realizzata così: Lui è la via, la verità, la vita. Lui non si è accontentato di dirci: "Ti amo" ma ce l’ha dimostrato morendo in croce per noi, mentre "eravamo ancora peccatori Ci ricorderà ancora S. Giovanni: Come faccio a dire a Dio, che non vedo: "Ti amo", se non amo il prossimo che vedo? Come posso spezzare il pane di comunione con i fratelli se poi non sono in comunione con alcuni di loro? Amare non è riempirsi la bocca di belle parole, non è neppure soltanto sentire nel cuore sentimenti appaganti, è invece cercare la verità, spezzare il pane, perdonare, vedere il positivo dell’altro, rendersi concretamente disponibili, cercare di camminare insieme, "dare la vita".

 

 

SABATO 6 GENNAIO 1996 – EPIFANIA DEL SIGNORE

"I Magi, entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre, e prostratisi, lo adorarono". (Mt. 2,11)

Il cammino dei Magi alla ricerca di Gesù è il simbolo del cammino della fede che ogni uomo può compiere nella sua vita. La luce della stella è la luce stessa che Dio ha messo dentro di noi. Se ascoltiamo questo richiamo al bello, al buono, al giusto, a Dio, bisogna mettersi in cammino. Ma in certi momenti la luce sembra sparire. E’ il momento in cui non disperare ma in cui, con umiltà, chiedere aiuto ad altri sicuri che se la nostra ricerca è sincera, sarà Dio stesso a venirci incontro. Se Dio è il totalmente altro, il mistero, Lui ci manda incontro Gesù, suo Figlio e incontrarlo non può che creare gioia nel nostro cuore. Tu, che leggi queste righe, o hai già incontrato Gesù e allora il tuo cuore è pieno di gioia o lo stai cercando e allora insisti, chiedi aiuto, non disperare, l’importante è mettersi in cammino e Lui stesso ti verrà incontro.

 

 

DOMENICA 7 GENNAIO 1996

"Gesù andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare". (Mt. 3,13)

"Reverendo, quando sono i battezzi?". Quante volte sento dei genitori farmi questa domanda. Allora io chiedo: "Perché volete far battezzare vostro figlio?" "Siamo cristiani, che diamine!" "Ma come mai in dieci anni che sono qui non vi ho mai visto?" "Perché, per essere cristiani bisogna venire in chiesa?" "Ma che cosa insegnerete a vostro figlio, che esempio gli darete?". Una volta da uno mi sono sentito rispondere: "Reverendo, non faccia tante storie, battezzi mio figlio, al resto ci penso io Il Battesimo è un dono gratuito di Dio ma è anche risposta da parte nostra. Se ti regalano l’ultimo modello di computer ma tu non lo conosci e non lo sai usare è un dono inutilizzato. Se non conosci e non vivi il Battesimo che hai ricevuto resta un dono senza risposta. Noi battezzati,

 

 

LUNEDI’ 8 GENNAIO 1996

"Ed essi lasciate le reti, lo seguirono". (Mc. 1,18)

Ogni chiamata ha sempre, in qualunque modo avvenga, questi movimenti: l’incontro (può essere uno sguardo, un interesse, un fatto che colpisce), un invito da parte di Gesù, un momento di approfondimento, una decisione, una rinuncia a qualcosa che legava precedentemente e un partire gioioso. Anch’io, anche tu, siamo dei chiamati. Gesù è passato vicino a noi, ci ha guardati con uno sguardo di predilezione, uno sguardo individuale, non uno sguardo di giudizio ma di amore, uno sguardo che è un invito. Anche a noi Gesù ha detto e dice: "Vieni e seguimi!". Vieni e seguimi sulla strada della gioia che sa trasformare anche il dolore in amore, sulla strada che conduce al Padre. Mi chiedo e ti chiedo: "Abbiamo lasciato le reti? quelle reti che ci invischiano nell’egoismo, nelle corse sfrenate ma solo per noi stessi, quelle reti che impediscono alle nostre ali di volare?".

 

 

MARTEDI’ 9 GENNAIO 1996

"Un uomo, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: Che C’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci" Io so chi tu sei, il Santo di Dio". (Mc. 1,23)

Quando oggi si parla di indemoniati, molti sorridono, altri dicono che sono solo problemi psichici che la scienza può spiegare, altri vedono diavoli, indemoniati ed esorcisti ad ogni piè sospinto. Il sano equilibrio e la fede ci possono aiutare in questo. Il male c’è ed opera nel mondo. Spesso l’uomo si trova legato. San Paolo stesso in una sua lettera diceva: "Vedo il bene e mi trovo a fare il male". Quante volte mi accorgo che certe tentazioni sono invincibili con la mia sola forza. Il male e il diavolo anche senza appariscenze esteriori, operano. Ma se il diavolo si accanisce tanto è perché sa di essere già vinto. Tende ad allontanarci il più possibile da Dio perché ha paura di Lui. Se noi, senza spaventarci, riconosciamo la nostra debolezza e sappiamo rivolgerci a Colui che ha già vinto il. male, veniamo liberati. Non e la nostra forza che vince il male, è il dito di Dio che caccia il diavolo, che guarda alla nostra debolezza e in noi può operare le sue meraviglie.

 

 

MERCOLEDI’ 10 GENNAIO 1996

"Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". (1 Sam. 3,10)

Mi diceva una signora: "Lei ha un bel dire che la parola del Signore è sempre nuova, ha sempre qualcosa da dirci, io quando la domenica legge il Vangelo, a forza di sentirlo, quasi riesco ad anticiparne le parole, ma onestamente, più che le solite cose, non mi dice altro! Ed anche voi preti, siete così ripetitivi!". L’abitudine, purtroppo, qualche volta è riuscita a far diventare solita e noiosa anche la buona notizia del Vangelo. Eppure, se mi metto nella disposizione giusta, quella parola vecchia di 2.000 anni ha ancora tante cose nuove da dirmi! Quel Gesù Cristo che "conosco a memoria" forse non l’ho ancora incontrato davvero, quel Vangelo avrebbe ancora tante cose da dirmi per la giornata di oggi, per la situazione che sto vivendo. E’ il Vangelo che non parla più o sono io che non so ascoltarlo, che non mi metto nella disposizione giusta? Il consiglio che il vecchio Eh dà al giovane Samuele vale anche per noi: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta".

 

 

GIOVEDI’ 11 GENNAIO 1996

"Svegliati, perché dormi, Signore?". (Sal. 43,24)

"Ho sempre pensato che la Bibbia fosse un libro edificante, pieno di dottrina, puro e mi trovo imbarazzato davanti a pagine che raccontano misfatti o che, invece di preghiere sembrano quasi bestemmie". Anche il salmo di oggi ci può sembrare di questo genere: davanti ad una prova in cui Dio sembra essere latitante dalla storia, l’autore sacro grida: "Perché dormi, perché nascondi il tuo volto, perché dimentichi la nostra miseria?". Certo, Dio è più grande di noi, non possiamo pretendere di comandarlo a bacchetta o che egli si adegui a fare ciò che vogliamo noi, ma proprio per la confidenza che ci dà il nostro essere suoi figli, noi possiamo rivolgerci a Lui magari anche gridando il nostro non capire i suoi piani. Anche Gesù ci ha insegnato a far così: Lui stesso ha gridato nel suo mistero di dolore amore. La preghiera non è solo "una pia elevazione dell’anima" ma è anche urlo di dolore che sa di poter trovare ascolto nel cuore di un Padre.

 

 

VENERDI’ 12 GENNAIO 1996

"Si recarono da Gesù con un paralitico portato da quattro persone". (Mc. 2,3)

Paralitico è uno che non può muoversi a suo piacimento. Come avrebbe fatto a raggiungere Gesù da solo? E’ un paralitico, un malato ma fortunato nella sua malattia se ha quattro amici che lo portano da Gesù, che per lui sono persino disposti a scoperchiare un tetto, a calarlo con corde purché giunga davanti a Colui che può guarirlo. E’ anche grazie alla loro fede che Gesù può operare il miracolo. Quanto è importante avere degli amici che ci portino a Gesù! Gli amici nella vita sono importanti, ma ancora più importanti gli amici veri, quelli che si interessano non solo alle nostre cose, ma alla nostra fede. E’ difficile avere tali amici? Certamente, ma bisogna anche cercarli. E poi ci sono amici che ci vogliono portare a Gesù che possiamo avere tutti: Maria Santissima, i santi, l’Angelo custode, i nostri defunti che vedono Dio. Anche se ci scopriamo "paralitici" lasciamo che essi ci portino a Colui che può guarirci.

 

 

SABATO 13 GENNAIO 1996

Nel passare vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". (Mc. 2,14)

Gesù non chiama Levi, il gabelliere, per metterlo al banco a incassare per conto del Padre. Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, diventano da pescatori di pesci, "pescatori di uomini", Levi invece non viene trasformato in esattore di imposte dovute a Dio, anzi d’ora in poi dovrà imparare a dare, non a riscuotere o a rivendicare. La chiamata di Levi ha anche questo significato: Dio non è un esattore di tributi. Non si compra l’amore di Dio con il denaro o altre offerte. La misericordia esige un cuore trasformato, e basta. Ci si mette in regola con Dio, non offrendo sacrifici, o altre cose materiali, o fornendo prestazioni religiose di vario tipo ma ricevendo e continuando a ricevere. Non ci sono imposte divine da pagare. C’è unicamente da lasciarsi amare e diventare capaci di amare.

 

 

DOMENICA 14 GENNAIO 1996 – 2^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

 "Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo". (Gv. 1,29)

Quante volte prima di metterci in fila per la Comunione abbiamo sentito il sacerdote ripetere queste parole di Giovanni Battista ed è scattata dentro di noi la molla della ripetitività "O Signore, non sono degno.. Ma ci hai pensato sul serio? E’ Lui l’Agnello che ha versato il suo sangue per segnare lo stipite di casa tua, per evitare che l’angelo della morte ti colpisca. E’ Lui che toglie il peccato: e tu sei talmente orgoglioso piccolo uomo, da pensare che il tuo peccato sia più forte di Lui e ti impedisce di unirti a Colui che ti salva?

 

 

LUNEDI’ 15 GENNAIO 1996

"Nessuno cuce una toppa di panno nuovo su un vestito vecchio e nessuno versa vino nuovo in otri vecchi". (Mc. 2,21—22)

Gli uomini fanno resistenza alla novità. Con le sue parole sul vecchio e sul nuovo, Gesù individua una prima fondamentale resistenza al suo messaggio: si può rifiutare la conversione evangelica in nome dell’equilibrio e della tradizione. i farisei pensavano che "convertirsi" a Gesù significasse semplicemente introdurre qualche semplice perfezionamento o abbellimento nel loro sistema di vita, come se la novità di Gesù fosse una pezza nuova da inserire su un vestito vecchio, come se fosse possibile mettere la novità di Gesù nelle vecchie botti. E’ per questo che il miracolo della conversione, nonostante l’incontro con la parola di Dio, non avviene in noi. Dice Maggioni: "Mi sembra che teniamo il Vangelo alla periferia del villaggio, illudendoci di essere seguaci di Cristo perché abbiamo costruito qualche monumento ricordo al centro della piazza".

 

 

MARTEDI’ 16 GENNAIO 1996

"Il sabato è. stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato". (Mc. 2,27)

Prendendo spunto da quanto Gesù ci dice a proposito del sabato, possiamo fare una piccola riflessione sul senso della nostra domenica. Essa è chiamata "giorno del Signore" non tanto perché Dio abbia bisogno di un giorno dedicato a Lui (Dio è l’Eterno, tutto il tempo è suo) quanto perché noi abbiamo bisogno di un tempo che ci richiami ai valori di fede che guidano la nostra vita. La domenica, allora, non è tanto osservare le norme che la riguardano (il non lavoro, l’andare a Messa) quanto piuttosto il ricordare e il rivivere le meraviglie che Dio ha operato per noi soprattutto nella risurrezione di Gesù. Santificare la domenica significa allora soprattutto santificare noi, mettendoci davanti a Colui che è santo. Il non lavorare è allora comprendere che se il lavoro è importante, esso non è il fine dell’uomo; il riposare è dare rispetto al corpo e allo spirito destinati alla risurrezione; il pregare è incontrare Colui che dà senso alla vita; l’andare a Messa è la gioia di celebrare con i fratelli la nostra redenzione operata da Gesù morto e risorto per noi, è ascoltare la sua parola, e entrare in comunione con Lui; il dedicare un po’ di tempo in più alla famiglia è riconoscere la nostra vocazione, nel luogo e con le persone con cui ci troviamo, a collaborare a formare la famiglia dei figli di Dio; il dedicare un po’ di tempo alle opere di carità è testimoniare che l’amore di Cristo, riversato su di noi, da noi deve arrivare al mondo intero. Se la vediamo così, la domenica non è più "giorno di precetto" ma gioia di un Dio che cammina ancora nel mondo.

 

 

MERCOLEDI’ 17 GENNAIO 1996

E Gesù disse all’uomo che aveva la mano inaridita: "Mettiti nel mezzo". (Mc. 3,3)

Gesù, prima di compiere il miracolo della guarigione dell’uomo dalla mano inaridita lo fa mettere "in mezzo", nella sinagoga. Si stava discutendo se fosse lecito compiere un miracolo, una guarigione in giorno di sabato e, come sempre succede, c’erano i fautori di entrambe le parti che, Bibbia alla mano, parlavano, discutevano, e intanto il malato continuava ad essere malato. "Mettiti in mezzo!" Le parole non salvano. Le discussioni sulla Bibbia sono sterili se ci si dimentica dell’uomo a cui sono indirizzate. Non importa chi ha ragione, importa che un uomo possa essere salvato. Soltanto con l’uomo al centro è possibile ragionare. Quanto fanno rabbia certi documenti e certi simposi sulla carità, sui poveri, sugli extracomunitari in cui le persone che si confrontano non si scontrate con la realtà concreta dei poveri. E quanto siamo ancora lontani dalla fede vera quando le realtà della fede sono norme da osservare e non amore da ricevere e da dare.

 

 

GIOVEDI’ 18 GENNAIO 1996

Gli spiriti immondi, gli si gettavano ai piedi gridando: "Tu sei il Figlio di Dio". Ma Egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero."

(Mc. 3,11—12)

Due cose colpiscono nella parola di Marco che meditiamo oggi: i diavoli riconoscono Gesù come Figlio di Dio, al contrario degli uomini che stentano a far questo e Gesù non accetta la loro testimonianza. Il male dichiarato non ha difficoltà a riconoscere il bene. Ma Gesù non vuole avvalersi di questa testimonianza. Gesù non vuole conquistarci con parole suadenti, con riti taumaturgici, attraverso eclatanti magie. Cristo desidera essere riconosciuto attraverso un itinerario di fede, non attraverso rivelazioni spettacolari e ambigue. Soltanto chi lo seguirà fino alla fine, compreso lo scandalo della croce, scoprirà la sua identità. E questo itinerario è il cammino proposto anche a noi. Non fidiamoci mai troppo di chi ci presenta un Cristo troppo facile, troppo miracolistico. Il Dio di Gesù è un Dio che ci viene incontro ma nascondendosi, facendosi cercare perché è solo in questa ricerca che veniamo fuori noi, che possiamo manifestare davvero la fede.

 

 

VENERDI’ 19 GENNAIO 1996

"Costituì dunque i dodici: Simone... e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì". (Mc. 3,16.19)

Non ci sono i dodici e poi Giuda, il traditore. Ci sono i dodici, e Giuda è uno di loro. E’ anche lui chiamato come gli altri. Non certo per essere traditore. Lo diventerà poi, perché con la libertà che Cristo gli ha lasciato deciderà di ‘inventare’ il tradimento. Giuda, ossia non una parte assegnata in anticipo, ma una possibilità. Siamo di fronte alla presenza inquietante del mistero del male. E si tratta di una presenza che posso ospitare anch’io. Giuda non è un estraneo, uno che sta fuori del gruppo. A forza di accanirmi a cercare i Giuda fuori corro il rischio di non accorgermi del Giuda che può crescere in me, inosservato, protetto, pronto a venir fuori al momento opportuno. Non sentiamoci troppo protetti, troppo al sicuro, perché cristiani, la possibilità di Giuda è in mezzo a noi ed è in noi. Ma anche la possibilità della salvezza è in noi!

 

 

SABATO 20 GENNAIO 1996

I suoi uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: "E fuori di se". (Mc. 3,21)

Una delle situazioni che maggiormente fa soffrire è quando ti rendi conto che proprio le persone che ti sono più vicine, che maggiormente dovrebbero capirti, amarti, forse anche sopportarti e perdonarti, sono proprio quelle che non ti capiscono, creano ostacolo, vogliono ricondurti al "buon senso", quello che è fatto di "si fa così!", di abitudini e tradizioni. A Gesù è successa la stessa cosa: le folle rimangono stupite per il suo insegnamento, i farisei si accorgono della sua pericolosità e decidono di toglierlo di mezzo, i miracolati gioiscono per le grazie ricevute.., e gli appartenenti al suo clan familiare gli danno del pazzo e vogliono ricondurlo alla "normalità": ne va di mezzo il buon nome del parentado! Quanti giovani uccisi nella loro crescita, nella fantasia da regole familiari ferree, quante forme di "potere occulto" esercitato per "il buon nome", "la bella figura", la banalità, l’imbecillità più assoluta! La Parola di Dio non può essere incarcerata o ingabbiata nei nostri piccoli schemi o stanchi rituali. Ogni volta che cerchiamo di far questo ci diamo la zappa sui piedi e inganniamo solo noi stessi e la tristezza dell’abituale ci uccide fermi nelle nostre poltrone che sanno di muffa.

 

 

DOMENICA 21 GENNAIO 1996

"Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensieri e intenti". 1Cor. 1,10

Gesù, nel Vangelo ha pregato per l’unità dei cristiani, Paolo nelle sue lettere invita frequentemente all’unità. Noi, oggi, purtroppo siamo testimoni di una storia che ha segnato e manifesta ancora oggi profonde divisioni nell’ambito della stessa fede, e anche all’interno delle nostre comunità balza evidente che non sempre siamo "un animo solo e un cuore solo". Unità non significa uniformità se no si spegnerebbero i doni dello Spirito. Unità non è neppure un dimenticare la storia che ha creato separazioni e divisioni, ne tantomeno in nome di una presunta autorità volere che gli altri la pensino come me. Unità tra cristiani, nelle comunità, nelle famiglie è puntare su valori comuni. Unità è mettere l’unico Dio al centro della nostra vita, è avere Gesù come modello, è operare la sua carità nel mondo, è essere riconoscenti allo Spirito per i doni che ha così variamente dato agli uomini per il bene comune, è non essere gelosi, è umiltà di sapere di avere bisogno dell’altro. Questo è il cammino lento e faticoso dell’unità.

 

 

LUNEDI’ 22GENNAIO 1996

"Costui scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni". (Mc. 3,22)

Come è facile che la verità sia travisata: hai fatto un gesto di carità disinteressata e vieni accusato di essere un approfittatore. Gesù guarisce per dimostrare la bontà e l’amore di Dio, per annunciare la liberazione dei peccati ed ecco che viene accusato di magia nera. Chiediamoci: l’insorgere in diverse epoche di marcate forme di demonizzazione non è forse indice di voler mantenere a tutti i costi il nostro modo di pensare, il nostro comodo? Il diavolo c’è e opera ma non c’è bisogno di vederlo ovunque o di travisare il bene attribuendolo alla nostra cattiva coscienza che non vuoi capire o accettare che il bene possa operare anche a]. di là dei nostri piccoli schemi.

 

 

MARTEDI’ 23 GENNAIO 1996

"Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre". (Mc. 3,35)

La famiglia di Gesù non è quella generata dal sangue ma quella generata dalla fede. infatti se guardiamo nel Vangelo, familiari di Gesù, sono gli Apostoli, sono i poveri, c’è Maria Maddalena, c e un ladro crocifisso, dei pubblicani, un’adultera... Allora, nonostante i miei peccati, anch’io posso essere familiare di Gesù, sono amato e redento da Lui, se lo accolgo Lui si serve di me, si fida di me, mi affida il suo regno. Anche la Chiesa, quella vera, non è solo la sontuosa gerarchia di vescovi vestiti di rosso o di preti vestiti di nero e ben incollettati, ma è formata da Rosina, la vecchietta abbandonata da tutti, da Lucia, la ragazza madre, da Giovanni, il commerciante che non sempre è stato onesto con i pesi... da Franco quando accoglie Gesù e cerca di fare la sua volontà.

 

 

MERCOLEDI’ 24 GENNAIO 1996

"Uscì il seminatore a seminare". (Mc. 4,3)

Questo seminatore della parabola di Gesù non sceglie il terreno. Non decide qual è il terreno buono e quale quello sfavorevole, quello adatto e quello meno adatto, quello da cui ci si può aspettare qualcosa e quello per cui non vale la pena darsi da fare. Il terreno si rivela per quello che è dopo la seminagione, non prima. Il nostro compito di testimoni non sta nel classificare i vari tipi di terreno, nel tracciare la mappa delle possibilità. Noi dobbiamo seminare, dobbiamo "sprecare" la semente, dobbiamo aver fiducia, come il contadino, nella bontà del seme, nel sole, nel tempo... Qualche volta, se guardiamo i risultati, prende lo scoraggiamento. Se guardo i miei dieci anni di parroco, che cosa ho fatto? Tanta fatica, tanta predicazione, catechesi e poi... dove sono le migliaia di ragazzi passati al catechismo, le centinaia di coppie che si sono sposate, le famiglie e il nugolo di poveri aiutati? Fallimento, verrebbe da dire! scoraggiamento potrebbe colpire. Ma se ho seminato, ho fiducia nel seme (che non è mio), ho fiducia nel tempo (che non è mio), ho fiducia nelle persone (che non sono mie), ho fiducia non in "io" ma in "Dio" e allora non mi scoraggio più.

 

 

GIOVEDI’ 25 GENNAIO 1996

Paolo disse: "Io sono un giudeo". (At. 22,3)

Così, negli Atti degli Apostoli, Paolo inizia la narrazione della sua conversione che è un inno alla misericordia di Dio. Dio ti ama. Non si lascia spaventare dai tuoi peccati. Ti cerca. Ti tocca nell’orgoglio della tua vita. Mette sulla tua strada qualcuno che ti può aiutare. Ha grandi progetti su di te. Si fida di te e vuole realizzare il suo Regno con te. Questa è la storia di Paolo, ma anche la mia e la tua storia, che pur essendo originali hanno in comune questo amore sconfinato e personale di Dio. Ma se Dio ci conduce è anche necessario che io lo lasci agire, che io gli risponda. Ecco allora le due caratteristiche di ogni conversione: l’iniziativa di Dio che non manca mai, ma anche la risposta dell’uomo. Paolo ci ricorda che dopo la folgorazione sulla strada di Damasco, mentre è cieco, a terra ha detto questo: "Signore, che vuoi che io faccia?" Oggi, con ciascuno di voi che legge queste righe, voglio ripetere al Signore la stessa domanda e nel silenzio rendermi disponibile alla enorme fantasia amorosa che Dio, anche oggi, ha su di me.

 

 

VENERDI’ 26 GENNAIO 1996

"Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te". (2Tim. 1,7)

E’ prezioso questo consiglio di S. Paolo e non riguarda solo il vescovo Timoteo ma ciascuno di noi. La polvere del quotidiano è il pericolo più grave per la fede. Oggi una preoccupazione, domani la non voglia di pregare, un altro giorno un egoismo e poco per volta la fede, l’entusiasmo, la gioia perdono brillantezza e poi gradualmente spariscono. Un giorno un monaco venne a trovare il Profeta. E’ duro consacrarsi totalmente a Dio gli disse. E’ duro vivere solo per lui. Lo so. Ma ecco, ti voglio consolare. Un giorno il Signore mi diede questo messaggio. Oggi io lo dà a te. Quando sarai nella tua cella, leggilo. E leggilo ogni volta che sentirai sconforto. Il monaco partì e giunto nella sua cella lesse il messaggio. C’era scritto: "Colui che Mi cerca Mi trova. Colui che Mi trova Mi conosce. Colui che Mi conosce Mi ama. Colui che mi ama, lo amo."

 

 

SABATO 27 GENNAIO 1996

"Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca.., e Gesù dormiva". (Mc. 4,37—38)

No. Avere Cristo sulla nostra barca non significa essere certi che tutto andrà per il meglio, nonostante la tempesta. Significa essere convinti che tutto sta andando per il meglio in mezzo alla tempesta. Non si arriva in porto nonostante la burrasca, ma attraverso la burrasca. Gesù non ci assicura contro i rischi del viaggio, non ci garantisce "il bello stabile". Ci chiede un posto, e basta. Forse dimentichiamo che lo scopo, la destinazione del nostro viaggio è Lui. Gli apostoli non sono arrivati quando hanno toccato l’altra riva, ma nel momento stesso in cui hanno preso Gesù sulla barca. (... E poi, chi ha mai detto che la barca sia nostra?). (Alessandro Pronzato)

 

 

DOMENICA 28 GENNAIO 1996 – 4^DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

"Beati.. (Mt. 5,1)

Felicità, tutti la cercano. Chi la cerca in cose lontane, chi la intravede in benefici materiali, chi pensa di trovarla nel possesso, chi la dice impossibile... Gesù parla di felicità, beatitudine ma in un modo sconcertante. Si può essere beati quando si è nella povertà, nella sofferenza, in un mondo ingiusto, nel pericolo, in guerra? Eppure Gesù è il più realista di tutti perché sempre e ovunque, nella vita ci sono queste cose che sembrano impedire la felicità. E allora è come se Gesù ci dicesse: non c’è felicità piena nella ricchezza, nello star bene e comodi, nel non incontrare difficoltà. C’è invece felicità vera e profonda se entrando con semplicità in te stesso, scopri che la felicità è Dio e solo da Dio e in Lui la ottieni. Le beatitudini sono la felicità non come noi la vogliamo e la organizziamo, ma come Dio la desidera per noi.

 

 

LUNEDI’ 29 GENNAIO 1996

"Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio". (Mc. 5,17)

Questi Geraseni si erano meravigliati della guarigione dell’indemoniato, ma quando vedono che il demonio uscito da quel malato si impossessa dei loro porci e li fa perire, vedono solo i loro affari sfumati: Gesù è pericoloso, valgono ben di più i miei affari che la vita e la liberazione di un uomo o l’incontro di chi può aiutarti a scoprire la verità, la libertà ma facendoti perdere i tuoi interessi. Noi cerchiamo la libertà, la felicità vera, noi cerchiamo Cristo. Ma, quando essere liberi, trovare Dio significa rinunciare a qualcosa, siamo disposti a lasciarci guidare dal Signore o non incominciamo a lamentarci, a tirarci indietro, a dire a Gesù: "Ma non ti pare di esagerare?".

 

 

MARTEDI’ 30 GENNAIO 1996

"Ed Egli vide trambusto e gente che urlava". (Mc. 5,38)

E’ morta una bambina! Quando veniamo a conoscenza di fatti come questi o restiamo annichiliti o manifestiamo il nostro dolore (e anche la nostra rabbia) nei modi più diversi e qualche volta con parole o gesti di solidarietà verso chi ha subito questo tragico lutto vogliamo quasi stordire la nostra impotenza. Ed ecco certi modi strani di manifestare la nostra partecipazione: parole artefatte che non dicono niente ("Condoglianze! che disgrazia, proprio a lei doveva capitare! Si faccia coraggio... e destino") oppure per consolare uno che piange non c’è di meglio che piangere e far rumore, oppure pensate a quali pugnalate nel cuore quando a uno che è già nel dolore per la morte di una persona cara, ricordiamo le gioie che con questa non potrà più avere. Gesù non fa così: non fa strepito ma è vicino. Non dice parole vane ma la parola che salva; non sta a commiserare, ma cammina con quest’uomo, lo difende dal pericolo di perdere quel po’ di fede che egli ha. A volte una stretta di mano, uno sguardo negli occhi, un gesto concreto di aiuto sono i modi i migliori per rispettare il dolore e per parteciparvi non incoraggiando pensieri di morte e di sofferenza ma quelli di i speranza e vita.

 

 

MERCOLEDI’ 31 GENNAIO 1996

"Non è costui il carpentiere?". (Mc 6,3)

Gesù predica come rabbi nella sinagoga di Nazareth, il suo paese, e i suoi. I concittadini di Gesù pur meravigliandosi per i miracoli sono gelosi: come può un falegname essere un maestro, come può il Figlio di Dio essere quel Gesù che hanno visto lavorare il legno? Oggi, festa di S. Giovanni Bosco, ricordiamo che anche a questo santo e successa la stessa cosa. I suoi confratelli, vedendo le sue opere, vedendo che lui "contadino" riusciva nella sua fede a fare cose, meravigliose, cercarono di farlo passare per matto e volevano farlo ricoverare in manicomio. La gelosia è terribile perché mette un velo davanti agli occhi, ti impedisce di vedere il bene, ti falsa ogni prospettiva, e proprio coloro che dovrebbero conoscere più facilmente il Signore, gli passano accanto e non solo non lo incontrano ma addirittura lo osteggiano. Ancora oggi Gesù cammina in mezzo a noi, ancora oggi è il povero, il falegname, il bambino trascurato, il fratello che incontri in casa ogni giorno, ma ci vogliono occhi puri per vederlo.

     
     
 

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