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ALMANACCO  1995

 

 

IL  TEMPO  VA  NON  LASCIARTELO  SFUGGIRE

  Raccolta a cura di don Franco LOCCI

 

 

 

GENNAIO

 

Ogni anno, qualche rappresentante mi regala un’agenda e fa sempre una certa impressione vedere tutte quelle pagine bianche. Ci si chiede che cosa sarà di quei giorni, che cosa scriverà la vita per noi su quelle pagine e che cosa scriveremo noi su quelle pagine. Proviamo a pensarci da cristiani. A ognuna di quelle pagine bianche sono appese diverse speranze. Le speranze di Dio, prima di tutto. Ogni giornata che arriva è Dio che ti fa segno... è un dono di Dio, è segno della speranza di Dio nei tuoi confronti, è un suo messaggio: “Ti informo che oggi il tuo Dio si fida di te e da te attende qualcosa di buono, di diverso dal solito. Ma a ciascuna di quelle pagine sta anche legata una speranza degli uomini su di noi, infatti la nostra vocazione cristiana non costituisce un fatto individuale, ma è per la “pubblica utilità”. Quindi gli uomini hanno il diritto di aspettarsi qualcosa da noi. Su ognuna di quelle pagine di diario si scriveranno nomi, indirizzi, incontri... Ognuno ha il diritto di aspettarsi da me l’incontro con un uomo, con un cristiano... E allora mi accorgo che quelle pagine bianche non mi preoccupano più per il mistero che avvolgono ma diventano il gioioso invito all’avventura cristiana

 

 

LA MELA

Ogni mattina, il potente e ricchissimo re di Bengodi riceveva l’omaggio dei suoi sudditi. Aveva conquistato tutto il conquistabile e si annoiava un po’. In mezzo agli altri, puntuale ogni mattina, arrivava anche un silenzioso mendicante, che porgeva al re una mela. Poi, sempre in silenzio, si ritirava. Il re, abituato a ricevere ben altri regali, con un gesto un po’ infastidito, accettava il dono, ma appena il mendicante voltava le spalle cominciava a deriderlo, imitato da tutta la corte. Il mendicante non si scoraggiava. Tornava ogni mattina a consegnare nelle mani del re il suo dono. Il re lo prendeva e lo deponeva macchinalmente in una cesta posta accanto al trono. La cesta conteneva tutte le mele portate dal mendicante con gentilezza e pazienza. E ormai straripava. Un giorno, la scimmia prediletta del re prese uno di quei frutti e gli diede un morso, poi lo gettò sputacchiando ai piedi del re. il sovrano, sorpreso, vide apparire nel cuore della mela una perla iridescente. Fece subito aprire tutti i frutti accumulati nella cesta e trovò all’interno di ogni mela una perla. Meravigliato, il re fece chiamare lo strano mendicante e lo interrogò.“Ti ho portato questi doni, sire, rispose l’uomo, per farti comprendere che la vita ti offre ogni mattina un regalo straordinario, che tu dimentichi e butti via, perché sei circondato da troppe ricchezze. Questo regalo è il nuovo giorno che comincia.

                         

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Da domani sarò triste, ma oggi sarò contento: a che serve essere tristi, a che serve? Perché soffia un vento cattivo? Perché dovrei dolermi, oggi, del domani? Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro. Forse domani splenderà ancora il sole. E non vi sarà ragione di tristezza. Da domani sarò triste, da domani. Ma oggi, oggi sarò contento; e ad ogni amaro giorno dirò: Da domani, sarò triste. Oggi no. 

(Poesia di un ragazzo trovata in un Ghetto nel 1941)

                       

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Perché arrivi lo stupore, abbiamo bisogno di una pedagogia dei sensi. Bisogno di assaporare la mora di siepe; bisogno di udire la cicala ed il grillo, il tonfo delle castagne ed il rumore del mare. Bisogno di toccare la neve e le foglie; bisogno di sentire la docilità della terra battuta, la sassosità dei lastroni di pietra; bisogno di odorare le caldarroste... Ecco: abbiamo bisogno di riprendere il. contatto con la natura; bisogno di rompere le scatole che ci comprimono ed asfissiano. Scatola è l’automobile, il telefono, la televisione, l’ascensore... Tutte le volte che possiamo, andiamo a piedi e fermiamoci ad ammirare. Quante le occasioni mancate del nostro stupore! Non uccidere l’incanto! Quando guardi una cosa non dire il solito: “chissà quanto vale”, ma anche “quant’è bella!”. Coltivare lo stupore è educare la parte più delicata dell’uomo. Chi si stupisce ama senza cupidigia. Chi si stupisce ringrazia nella forma più delicata. Chi si stupisce è in pace con sé e con il creato. Chi si stupisce, ad un certo momento, si inginocchia.  

 

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Se ti dicono che a credere, sperare ed amare forse non si guadagna nulla, rispondi che a non farlo si perde sicuramente tutto.

   

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CUSTODISCIMI IN QUESTO GIORNO, SIGNORE

Signore, resta con me in questo giorno e anima le mie azioni, le mie parole e i miei pensieri.

Custodisci i miei piedi perché non passeggino oziosi, ma mi portino incontro alle necessità degli altri.  Custodisci le mie mani perché non si allunghino per fare il male ma sempre per abbraccia-

re e aiutare. Custodisci la mia bocca perché non dica cose false e vane e non parli male del prossimo, ma sempre sia pronta ad incoraggiare tutti e benedire Te, Signore della vita.Custodisci il mio udito perché non perda tempo ad ascoltare parole vuote e falsità, ma sia sempre pronto ad accogliere il tuo misterioso messaggio per compiere, anche oggi, la tua volontà.

 

 

FEBBRAIO

Non basta ‘avere’ la vita per considerarsi viventi a pieno titolo, come non basta “dare” la vita per essere padre o madre. Bisogna “adottare” la vita. E ciò può avvenire soltanto in uno slancio di amore. La vita è dono. E questo dono va riconosciuto nello stupore, e celebrato nell’azione di grazie. Va apprezzato come qualcosa di “unico”. La vita va vista come evento miracoloso. Non qualcosa di scontato, quasi inevitabile, dovuto. Qualcosa di cui appropriarsi egoisticamente e sbadatamente. Quando ci si abitua alla vita, questa si banalizza, diventa insignificante, insulsa. Quando “consumi” la vita meccanicamente, allora la profani. “Allorché, osservando un albero, vedi soltanto un albero, non puoi dire di aver visto un albero. Se, invece, guardando una pianta, ci vedi un miracolo, solo allora puoi affermare dì aver finalmente visto la pianta” (Anthony de Mello).  

 

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Lo stesso si può dire della vita. Finché non riesci a vedere la vita come miracolo, non puoi dire di vivere. Soltanto se un giorno, non indossi la vita così come indossi gli abiti che la sera prima hai lasciato sulla sedia accanto ai letto, ma le vai incontro in un atteggiamento di sorpresa, gratitudine, come dinanzi a un evento prodigioso, mai visto, hai la possibilità di riempire la tua giornata di cose belle, di non sciupare la vita.

                         

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L’ATTIMO

L’anima di un uomo si presentò alle porte del Paradiso dove l’Angelo Guardiano la interrogò:  Dimmi, buon uomo, che cosa hai fatto nella tua vita? L’uomo prese a raccontare tutte le cose che aveva fatto nella sua esistenza, le attività svolte, le opere compiute, i doveri assolti, fino a che l’Angelo non lo interruppe soddisfatto. Questo è quello che hai fatto negli anni della tua vita, ed era cosa buona, ma ora dimmi: cosa facevi in ogni tua giornata? Anche questa volta, l’uomo ebbe di nuovo molto da dire. Allora l’Angelo lo interruppe:  li tuo giorno era pieno di cose buone, ma dimmi ancora: cosa facevi in ogni ora della tua vita? Pure questa volta l’uomo ebbe molte cose da dire. Va bene! - gli disse infine l’Angelo. - Non resta che tu mi dica che cosa facevi in ogni tuo istante! Ma qui l’uomo ammutolì; ci pensò su, ma non seppe rispondere. Con rammarico sentì che i suoi anni e i suoi giorni erano stati pieni, ma gli istanti erano rimasti vuoti. L'uomo s’inginocchiò allora davanti all’Angelo, chiuse gli occhi e colmò l’intero attimo del suo essere col dolore del suo pentimento.

Nell’ultimo istante - disse l’Angelo illuminandosi - tu hai compreso! E lo fece passare.

                       

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Profonda riflessione del regista Ermanno Olmi:

“A pensarci, tutti i nostri gesti sono importanti, tutti vengono conservati nella grande memoria dell’eternità e finiscono così per avere tutti un valore infinito nel tempo. Non esistono atti insignificanti, così come non esistono uomini insignificanti. Falsa è la filosofia che oggi sostiene il contrario e predica l’inutilità delle cose, l’inutilità degli uomini. Nulla deve essere buttato via, niente deve essere considerato precario. Se è nella natura dell’uomo lavorare per l’infinito, come si può gettare via qualcosa?”.

                       

 

VIENE SEMPRE UN’ORA AZZURRA

La vita passa e tra i giorni che verranno deve giungere un’ora azzurra anche per noi. Vi è chi vive la vita e chi la sciupa. Chi vive per godere e chi per mangiare. Chi per comandare e chi solo per servire. Chi per amare e chi soltanto per soffrire. Chi per attendere sempre il domani e chi per morire forse stasera. Ma vi è chi, convinto di vivere la vita, la ignora invece completamente. Chi la sfiora appena, non la vede che in superficie e non la sente mai in profondità. Vi è chi raggiunge la sua sera senza aver vissuto, e chi prima del meriggio ha già sciupato più di una vita. Non incominciamo la giornata senza una promessa con noi stessi. Non chiudiamo il giorno senza ascoltare ancora una volta il nostro cuore. Viene sempre un’ora azzurra per amare e per soffrire. E allora la vita diventa grande e bella. Viene sempre un’ora illuminata per cantare la speranza.  (Nino Salvaneschi)

                         

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Alimenta la fede, e i tuoi mali moriranno di fame.   (Anonimo)  

 

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Le radici degli occhi sono nel cuore.   (Romano Guardin)  

 

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La felicità è come gli occhiali: si cercano mentre si hanno sul naso.  (Francois Xavier Droz)  

 

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PREGHIERA

“Liberaci dalla ricerca dell’eccezionale: facci capire che il santo è povero di orpelli e anche di ori: passa per strada e nessuno lo conosce. Fa’ che amiamo la povertà di questo anonimato, che amiamo anche noi passare inosservati, scomparire all’angolo della strada e che nessuno ci guardi dietro. Dacci di amare i giorni feriali, in cui non c’è dolce sulla tavola, né vestito di festa, né l’omelia della domenica, ma il pasto normale, la tuta da lavoro, la messa “liscia” e non succede nient’altro che la vita: questo accadere immenso, comprensivo di tutto, che è il precipitare, nel tempo, del tuo vivere eterno   (Adriana Zarr)

 

 

 

MARZO

Mi capita spesso di incontrare persone che sì sfogano: Sto attraversando un periodo nero. Mi sento sprofondato, perduto nel buio più fitto. Non trovo uno sbocco, e nemmeno lo cerco, tanto mi sono convinto ormai che non esiste. E la strada è sempre in salita. Mi manca il respiro, non ce la faccio più. Confesso, onestamente, di non tenere in mano la carta geografica, di non conoscere la via d’uscita. D’altra parte, la notte non è uguale per tutti. Le tenebre sono assai diverse per ogni individuo. Le situazioni - tipo, e relative soluzioni, esistono unicamente nei libri scritti da chi le ha vissute soltanto sulla pelle altrui. Mi limito perciò a suggerire, a bassa voce, per farmi perdonare la presunzione di fornire consigli, che sarebbe opportuno aggrapparsi a qualcosa, magari a una esile cordicella. importante è non rimanere fermi, perché allora si rischia la paralisi o l’assideramento. E, soprattutto, è indispensabile dare continui strattoni alla piccola fune.Una preghiera semplice, ripetuta, insistita anche di lamento, di protesta, di invocazione disperata  aiuta a compiere qualche passo. E quando vai a sbattere contro il muro, non arrenderti, non abbandonarti per terra nella vana attesa si rimarginino le ferite, si assorbano i lividi. Recupera immediatamente la corda, che forse ti è sfuggita di mano, e riprendi a forare le tenebre a colpi di preghiera. Nella tua notte spaventosa, quella cordicella può accendere una manciata di stelle.  

 

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Nel cuore dell’estate, tribù di grilli rompono il silenzio sottile della notte. Fanno un concerto alle stelle. Ma se si avvicina il rombo di un temporale, se calano le tenebre, i musici smarriscono il loro entusiasmo. Ben presto un silenzio minaccioso si stende sulle stoppie e sui prati. Capita, allora, che un grillo, soltanto un po’ esitante, continui ostinato a cantare. Uno solo. Fino al momento in cui la pioggia  un vero disastro!  invade la sua casa sotterranea. Ma non appena l’uragano si allontana brontolando, si sente di nuovo il cantore solitario che chiama le stelle. Ben presto i suoi innumerevoli compagni scioglieranno la paura e afferreranno i loro strumenti. Anche le giornate hanno i loro momenti cupi. Dopo i mazzi di canti di uccelli che sbocciano con l’aurora, le ombre più inquietanti possono minacciare da presso la luce, nello scorrere delle ore. Talvolta il pericolo strozzerà il canto nelle gole dei nostri amici appassionati. Può essere un rapace, un gatto... Tutti ammutoliscono all’improvviso...

Tutti meno la merla grigia, Insiste a pigolare finché dura il pericolo. Un piccolo grido di allarme e di coraggio. E’ la vita che non si arrende, indomita, invincibile.  

 

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L’AMULETO FATATO

Un sultano radunò a corte i maghi più famosi del suo regno e disse loro: A volte mi sento triste e oppresso per le contrarietà e le disgrazie della vita. Altre volte sono agitato ed eccitato oltre misura per i successi e gli eventi lieti della giornata. Non sono mai in pace. Procuratemi un amuleto che mi preservi da questi eventi, siano essi gioiosi o mesti. I maghi rifiutarono l’ incarico; soliti ad abbindolare gli sprovveduti con pratiche e sortilegi di ogni genere, ma non avrebbero mai osato incorrere nelle ire di un sultano con un amuleto che, alla resa dei conti, non avrebbe sortito alcun effetto. Ma un saggio maestro sufi si fece avanti e disse al sultano: Maestà, ti porterò io un amuleto; ogni volta che lo guarderai, se sarai triste ritroverai la serenità, se sarai agitato potrai riacquistare la calma. Sarà sufficiente che tu legga la formula magica che vi farò incidere sopra. L’indomani il maestro tornò. Tutta la corte era curiosa di vedere come il sufi avrebbe mantenuto la sua parola. Porse l’amuleto al sultano. Questi, la notte, non aveva dormito bene perché tormentato dalla notizia della disfatta del suo esercito. Il sovrano lesse la frase incisa sull’amuleto: “Anche questo passerà”    (Tradizione sufi)  

 

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LE FORMICHE

Figlio, il miglior amico di te stesso sei tu. Ma puoi anche essere il tuo peggiore nemico. Con questa aggravante: che la tua inimicizia contro di te è fatta di cento piccoli nemici, che abitano nel tuo cuore. Se ce ne fosse uno solo, sarebbe agevole spazzarlo via; ma sono tanti, e mentre ne uccidi uno ne sbuca fuori un altro. Ci vuole molta astuzia nel saperli individuare, molta pazienza, molta sincerità. E un occhio molto vigile. Perché essi sono come le formiche, che corrodono le fondamenta della casa senza che il padrone se ne accorga.

                                       (Lettera di un Samurai del XVIII0 secolo a suo figlio)

                                                                                                                       

 

 

PREGHIERA

Ti prego, mio Dio dammi anche oggi tanta fatica, tante preoccupazioni e magari qualche guaio (non grosso per favore). Ma liberami dalla noia. E’ come un animale viscido e nero, con mille braccia che paralizzano la volontà e il gusto di vivere. Meglio le ansie, i pericoli, la paura di sbagliare, di non arrivare in tempo; meglio tutto, perfino la morte, che almeno è un’inerzia inconsapevole. La noia, invece, è una morte lucida, con il cervello sveglio che lavora, giudica e avvilisce.  

 

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Non darmi, mio Dio, la ricchezza e la gloria: non mi interessano. Dammi qualunque cosa che mi impedisca di annoiarmi!   (Vittorio Ruttafava)

 

 

 

APRILE

Ogni momento della tua giornata è un nuovo arrivo. E ogni nuovo arrivo deve essere accolto, salutato, accettato. li tempo va celebrato. Occorre essere presenti. Tenersi pronti. Non lasciarsi prendere alla sprovvista. Bada che il tempo è puntuale. Ma ha fretta. Non può aspettare. Non può aspettarti. Peggio per te se sei distratto o impreparato. Il più grande rischio della tua giornata è quello di essere assente, mentre il tempo è presente. Hai l’ospite in casa, e tu stai fuori. Lui è venuto, esatto, all’appuntamento. E tu non ti accorgi di nulla. Ti comporti sbadatamente. Continui a rimanere “fuori”. Fuori da te stesso. Fuori dalla consapevolezza.

Il tempo è lì, disponibile, pronto all’impiego. E tu, troppo spesso, “manchi” al tempo, lo lasci inutilizzato. Le espressioni di uso corrente “perdere tempo”, “sprecare il tempo”, “far passare il tempo”... si possono ricondurre a una unica realtà: essere assenti mentre il tempo è presente. E poi c’è quell’espressione idiota: “ammazzare il tempo”. Il peggiore insulto. Quasi a dire all’ospite: non mi servi, non so che farmene di te, mi infastidisci, mi sbarazzo di te.Tieni presente che ogni momento e unico”. Ogni momento rappresenta un’occasione “unica”, che non si ripeterà più. Approfitta delle infinite possibilità che ti offre ogni singolo istante. Non è addizionando i singoli momenti pieni... a metà, che puoi illuderti di ottenere una somma passabile. Ogni momento va vissuto in pienezza. Ciascun istante deve costituire un “totale” soddisfacente.  

 

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I due fratelli Argon e Kapton erano due gemelli. Erano stati armati cavalieri nello stesso giorno, ma avevano due personalità completamente differenti: Argon era forte e valoroso, un perfetto guerriero; Kapton, invece, era timido e pauroso, amava di più la poesia e il canto che l’avventura. Un giorno comparve dinanzi a loro l’Angelo della Coscienza che disse: — E’ venuto il momento che io vi metta alla prova! Dovrete attraversare da soli la Foresta Tenebrosa portando con voi soltanto il vostro pugnale e il vostro cavallo. Dopo tre giorni ci ritroveremo alla Radura della Sorgente. Detto questo svanì. I due si prepararono, si salutarono e partirono ciascuno per la sua strada, inghiottiti dalla foresta. I giorni della prova trascorsero e, all’alba del terzo giorno, l’Angelo che attendeva i due fratelli alla radura vide sopraggiungere Argon, dritto e fiero in groppa al suo possente destriero. Che cosa hai dunque fatto durante questi giorni? —gli chiese l’Angelo della Coscienza. Argon si dilungò a narrare con compiacimento le sue imprese contro draghi e giganti e decantare il suo coraggio nell’attraversare orridi abissi e salvare donzelle in pericolo. Parlò così a lungo che era ancora intento a descrivere la sua avventura quando, a tarda sera, sopraggiunse a cavallo l’altro fratello, stravolto e sfinito. E tu, Kapton, che cosa hai fatto in questi tre giorni? gli domandò l’Angelo.

Con un sospiro Kapton confessò il terrore che aveva accompagnato il suo animo pauroso, consigliandogli di desistere e di tornare indietro ad ogni passo. Ad ogni scricchiolio aveva sobbalzato e ad ogni soffio del vento aveva tremato. Non sapeva neanche lui come fosse sopravvissuto al freddo, al buio e alla terribile solitudine di quei luoghi selvaggi. Mentre ascoltava quelle parole Argon provava pietà per Kapton e pensava tra sé: Povero fratello! Non avrei dovuto lasciarlo partire! Solo io potevo superare la prova perché sono coraggioso e forte.

Ma l’Angelo della Coscienza guardò con dolcezza Kapton e lo abbracciò con la sua luce. Ecco!  disse  tu hai superato la prova e hai mostrato veramente coraggio. A quelle parole Argon, che si credeva possente e invincibile, si fece piccolo, piccolo, inchinandosi per rispetto di fronte al fratello. E’ vero  disse, comprendendo tutto ad un tratto le parole dell’Angelo — per me tutto è stato un gioco, per te una lotta continua, Il drago che io ho ucciso non era temibile come il mostro che tu hai dovuto combattere. Tu hai dovuto sfidare il peggiore nemico della tua anima: il drago della tua paura. Allora l’Angelo prese per mano Argon e lo fece alzare. Anche tu, adesso, hai superato la prova e vinto, nella battaglia contro te stesso, la tua superba baldanza!  gli disse. E in quello stesso momento la luce dell’Angelo svanì agli occhi dei due fratelli per diventare la luce interiore della loro coscienza.    (Elena Bono)  

 

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Beato colui che ha troppo da fare per preoccuparsi di giorno, e troppo sonno per preoccuparsi di notte.  (L. A.)

                       

 

PREGHIERA

Signore, liberami dal muso lungo.  Tu non sei lagnoso. Tu non sei noioso. Tu non sei piagnoso. Oh, Signore, fa’ che, una buona volta, mostri chi sei: Tu sei la Festa! Ed allora, anche se mi hai fatto spilungone, fa’ che non senta il magone; anche se mi hai fatto damigiana, fa’ che scacci via ogni lagna! insomma, Signore, conservami il buon umore. Così, un giorno (il più lontano possibile, per favore!) ti sentirà dire: “Ero malinconico, ma tu mi hai rallegrato con il tuo sorriso: entra nella eterna gioia del mio paradiso”. Amen.

 

 

 

MAGGIO

“La vita è come il pane: con il trascorrere del tempo diventa più dura, ma quanto meno ne resta, tanto più la si apprezza”  (I. Montanelli).   

 

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E anche quando il panorama che si presenta davanti ai nostri occhi risulta piuttosto squallido, in esso non manca mai almeno un elemento, una scheggia di bellezza, sia pure avvolta in una crosta grigia, che giustifichi un apprezzamento. Sentenza rabbinica: “L’uomo dovrà rendere conto di tutto ciò che i suoi occhi hanno visto e di cui egli non ha goduto”. Mi confidava una donna, confinata in un ricovero: “La vita mi ha sempre presentato dei conti salati da pagare. Mi ha costretto ad inghiottire tanti bocconi amari. Anche qui sto vivendo l’esperienza dolorosa dell’ingratitudine dei figli. Per loro sono già scesa nella bara della dimenticanza... Nonostante tutto ciò, ho sempre amato la vita e continuo ad amarla. E ogni giorno ringrazio il Signore per questo regalo in cui non mancano le spine. Mi sono punta tante volte le dita... e anche il cuore, fino a gridare. Ancor oggi mi pungo. Eppure cerco sempre di sorridere alla vita. Le faccio un sorriso di riconoscenza... Si dice comunemente che la vita sorride ai giovani. Ebbene, io che sono vecchia, sorrido alla vita, anche se lei qualche volta si dimentica di sorridermi”. Quando mancano i denti, non si riesce più a mangiare il pane secco. Ma si può sempre sorridere, magari di nascosto, col cuore. il sorriso, in certe circostanze, può essere l’estrema risorsa per rischiarare un poco il buio che ci minaccia.  

 

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Il pessimista si lamenta del vento; l’ottimista si aspetta che cambi; il realista orienta le vele.  (W. Ward)  

 

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“Fate bene il bene”, amava ripetere il beato Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari della Consolata.  

 

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Madre Teresa di Calcutta dice alle sue suore: “Non voglio che facciate miracoli con sgarbo, preferisco che facciate sbagli con gentilezza”.  

 

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Perché simili, ripetuti consigli? Perché “la cortesia è un ramo della carità”. (Papa Giovanni XXIII)  

 

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Se le formiche potessero fare una classifica degli animali buoni e cattivi, metterebbero dalla parte degli animali del tutto inoffensivi e gentili, il leone, la tigre, il lupo, il boa; e dall’altra le bestie note per la loro ferocia: il pollo,l’oca, l’anatra... Ognuno vede, ognuno giudica dal suo punto di vista. Vedere le cose in positivo, parlare in positivo, è sempre molto meglio che vedere e parlare in negativo.  

 

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E’ molto più intelligente, ad esempio, dire al bambino al quale si insegna ad andare in bicicletta: “Guarda avanti!”, che: “Attento a non cadere!”.  

 

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 Diceva bene il filosofo Spinoza: “Non parliamo mai agli uomini della loro schiavitù, ma del loro potere”.  

 

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Esistono tre categorie di persone: quelle che fanno accadere le cose, quelle che guardano accadere le cose, quelle che non hanno mai capito cosa stesse accadendo.  

 

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Martina aveva solo un vecchio televisore in bianco e nero. Si metteva lì buona buona sulla sua seggiolina e guardava i cartoni animati sul piccolo schermo grigio. Talvolta la mamma si affacciava, guardava Martina e si dispiaceva che la piccola dovesse seguire i programmi ad immagini scialbe e sbiadite. Tutte le amiche di Martina hanno il televisore a colori! — sospirava la mamma.  Mettiamo nel conto dei nostri risparmi anche questa spesa per lei e facciamole una sorpresa! diceva. Il papà annuiva e, alla fine, a forza di annuire, riuscì a racimolare la somma necessaria. Così, un giorno, Martina ricevette in regalo un bel televisore nuovo. La bimba lo accese. E’ proprio a colori!  la rassicurò subito la mamma. Ma la piccina restò un attimo sorpresa a quelle parole; poi esclamò con tutto candore:  Veramente io la vedevo a colori anche prima!  (Elena Bono)

 

 

L’ILLUSIONE

Tu credi di essere infelice perché non hai questo, ti manca quest’altro, oppure perché sei ammalato,abbandonato, senza lavoro, senza amici. in realtà, ho conosciuto ricchi disperati, sapienti amareggiati, potenti nevrotici. E, per contro, morenti sereni, reclusi pacificati, poveri felici. E anche tu, ci scommetto. Come la mettiamo dunque? Quando ti deciderai a capire che la felicità non può venire dall’esterno ma nasce di dentro? Quando la smetterai di illuderti che essere felici è un diritto, senza far nulla per seminare nel tuo cuore il tuo dovere di felicità? E’ un parlare duro, lo so, anche scostante. Ma la felicità non te la dà nessuno e nessuna cosa, se prima non sei tu a voler essere felice per mezzo di te stesso, chiunque tu sia, intelligente o ignorante, cavaliere o mendicante. La felicità e l’infelicità nascono dal cuore; è la tua brama che vede distorto; è la tua concupiscenza che sporca le cose; è la tua accidia che appiattisce tutto; è la tua poca fede che rende opaca la terra. Rinnovati ogni giorno, amico. Ogni giorno rinasci. Dà alle cose e agli uomini il piccolo grammo della tua felicità conquistata. Ti verrà resa al centuplo.   (Anonimo inglese del XIII secolo)

                       

 

PREGHIERA DELLA FAMIGLIA

Vogliamo costruire una casa con Te, Signore una casa in cui si sta bene perché ci si ama, dove nessuno vuole essere più grande e più importante, ma tutti sono a servizio degli altri come Gesù che ha lavato i piedi alla famiglia dei suoi amici. Una casa che resiste alle difficoltà e ai tanti pericoli, perché il nostro amore è vero e fedele: amore di figli e di genitori, amore di padre e di madre come Gesù che ha dato se stesso per la grande famiglia della umanità. Aiutaci, Signore, a fare della nostra casa una piccola chiesa, per vivere insieme, uniti nel tuo amore.

 

 

GIUGNO

Oggi l’uomo è ingolfato dalle cose. Cose, cose, sempre più cose. Il guaio è che le cose non sono innocue: creano mentalità, fanno, addirittura, una “filosofia”, una “filosofia” che, per intenderci, chiameremo “cosismo”. Ebbene, il “cosismo” e un colosso che dovrebbe, davvero, far riflettere tutti. Le prove? Eccole in breve. Le cose finiscono con l’avere più importanza delle persone. Ieri si diceva: “la mia maestra”, oggi si dice “la mia auto”. Le cose sbilanciano l’uomo: lo portano a vivere tutto spostato dalla parte del vedere, del sentire, del toccare, dell’avere. A forza di avere sempre di più, l’uomo rischia di non essere più. Le cose ci incantano, ci schiavizzano: più cose si vedono e più diventano necessarie. Ieri erano le necessità a far nascere le cose, oggi sono le cose a far sorgere le necessità. Ieri si cercava l’acqua perché si aveva sete, oggi tutte quelle bibite, tutti quei gelati hanno moltiplicato la sete! Le cose minacciano di oscurare il senso stesso della nostra identità personale: chi compra un’automobile più raffinata può illudersi di essere, lui pure, più raffinato. Ma il “cosismo” produce un effetto peggiore ancora: toglie il senso del mistero a tutto. “La simpatia è spruzzata di deodorante, l’amicizia è un motorino, la scuola è uno zainetto firmato, l’amore materno è un ovetto latte cacao cioccolato che esaudisce tre desideri in una volta, il rapporto tra uomo e donna è una caramellina che profuma l’alito per potersi baciare senza nausea, il sesso è un profilattico che blocca le infezioni, la felicità è fare colazione con i cracker di “quando i mulini erano bianchi”.    (Tonino Lasconi)

 

 

 

SETACCIARE L 'ACQUA?

C’era una volta un ragazzo che voleva un dado; quando ebbe un dado, non desiderava che una palla; avuta la palla, voleva soltanto una trottola, non bramava che un aquilone, e, avuti il dado, la palla, la trottola e l’aquilone, si sentiva ancora infelice. Cercare di rendere felice una persona scontenta è come cercare di riempire un setaccio con l’acqua: per quanta acqua ci si versi, essa correrà sempre troppo rapidamente perché la si possa raccogliere.  

Fulton Sheen  

 

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Un riccone arrivò in Paradiso. Per prima cosa fece un giro per il mercato e con sorpresa vide che le merci erano vendute a prezzi molto bassi. Immediatamente mise mano al portafoglio e cominciò a ordinare le cose più belle che vedeva. Al momento di pagare porse all’angelo, che faceva da commesso, una manciata di banconote di grosso taglio. L’angelo sorrise e disse: “Mi dispiace, ma questo denaro non ha alcun valore”. “Come?”, si stupì il riccone. “Qui vale soltanto il denaro che sulla terra è stato donato”, rispose l’angelo. Oggi, non dimenticare il tuo capitale per il Paradiso.  

 

 

IL GRANDE ALBERO

Lao Tzeu stava compiendo un pellegrinaggio con i suoi discepoli. Giunsero in una foresta dove centinaia di boscaioli stavano tagliando gli alberi. L’intera foresta era stata quasi rasa al suolo, ad eccezione di un enorme albero che aveva migliaia di rami carichi di larghe foglie. Quell’albero secolare era così grande che diecimila persone avrebbero potuto sedersi sotto la sua fresca ombra. Lao Tzeu mandò i suoi discepoli a chiedere ai boscaioli perché quell’albero non era stato abbattuto. I taglialegna risposero: Quel pachiderma di rami e foglie è assolutamente inutile. Non ci si può fare nulla, perché i suoi rami sono  troppo nodosi, non ce n’è neppure uno diritto. Né li si può usare per fare legna da ardere, perché farebbero solo fumo. E’ un albero assolutamente inutile; per questo non lo abbiamo tagliato. I discepoli tornarono da Lao Tzeu a riferirgli la risposta. Il maestro rise e disse:  Siate come quest’albero. Se sarete utili, verrete tagliati e diverrete mobilio nella casa di qualcuno. Siate come questo albero, assolutamente inutili... allora crescerete, grandi e maestosi, e migliaia di persone troveranno ombra sotto di voi. Non è importante ciò che fate per gli altri, ma ciò che siete per loro Tradizione cinese  

 

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“Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci. E se siamo fedeli al nostro compito, arriva al cielo la nostra statura” (Dicknson, poetessa).

                       

 

                       

PREGHIERA

La preghiera dei “come”

Fammi tenero come la leccata della capra madre, verticale come il canto del gallo, delicato come il guscio d’uovo. Fammi diritto come la palma, esatto come la luna, benigno come ombra d’albero. Fammi libero come l’aria, compiuto come tela di ragno, ver­gine come miele. Fammi profondo come il cielo, profumato come fragola di pra­to, pietoso come pioggia sul deserto.Fammi pulito come l’inverno, colorito come la primavera, ardente come l’estate, mansueto come l’autunno. Fammi immenso come la Tua creazione, pieno di Te come il biscotto inzuppato di vino.

 

 

 

LUGLIO

Non c’è arte di vivere che non sia arte di vivere insieme:

insieme con se stesso e con l’intero universo, con la persona e con le persone amate, con il primo che incontri uscendo al mattino e con l’umanità tutta. Perché ogni pensiero che pensi, ogni parola che dici, ogni gesto che compi, hanno un effetto concreto nel tessere, punto per punto, la stoffa dell‘universo.    (P. G.)  

 

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In ogni uomo c’è un po’ di tutti gli uomini.   (G. C. Lichtenberg)  

 

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Nessuno è padrone della propria esistenza. Ciascuno di noi per quanto insignificante  produce un effetto su qualcun altro, così come un sasso provoca cerchi concentrici se gettato in uno stagno.(PaulLowney)



ASCOLTARE IL PROSSIMO PER ASCOLTARE DIO

Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà neppure più ascoltare Dio. Anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare. Avrà così inizio la morte della vita spirituale; alla fine non resteranno altro che le chiacchiere spirituali, la condiscendenza fratesca che soffoca in tante belle parole pie. Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza parlerà senza toccare veramente l’altro; ed infine non se ne accorgerà nemmeno più. Chi crede che il suo tempo sia troppo prezioso per essere perso nell’ascoltare il prossimo, non avrà mai veramente tempo per Dio e per il fratello, ma sempre e solo per se stesso.   (Dietrich Bonhoeffer)

 

 

TUTTI POSSIAMO ESSERE UTILI

Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica, non ci sarebbero le sinfonie; se la parola dicesse: non è una parola che fa la pagina, non ci sarebbero i libri; se la pietra dicesse: non è una pietra che fa il muro, non ci sarebbero le case; se la goccia dicesse: non è una goccia che fa il fiume, non ci sarebbe il mare; se il chicco dicesse: non è un chicco che forma il campo, non ci sarebbe il pane; se un uomo dicesse: non è un gesto di amore che può salvare l’umanità, non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né felicità sulla terra. Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota, come un libro ha bisogno di ogni parola, come la casa ha bisogno di ogni pietra, come il mare ha bisogno di ogni goccia, come il pane ha bisogno di ogni chicco, così il Signore ed i fratelli hanno bisogno di te, dovunque tu sei, unico e perciò insostituibile! Quand’anche avessimo fatto sparire la fame dal mondo, avremmo fatto molto, e tuttavia ancora troppo poco. L’uomo non è solo un essere da sfamare, da vestire, da alloggiare, da difendere, da curare e da assicurare; l’uomo è anche una creatura da illuminare, da guidare, da consigliare, da confortare, da incoraggiare, da elevare. L’uomo e un essere che ha bisogno di parole. “Volevo solo sentirti”, diciamo al telefono.

 

 

L’OCCHIO DEL FALEGNAME

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio. La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri. Uno prese la parola: “Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra”. Un altro intervenne: “Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”. “Fratel Martello — protestò un altro — ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”. “E i Chiodi? Si può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano! E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la tua unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”. Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.

La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo. li falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte. Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. Per accogliere la Vita.    (Dio ci guarda con l’occhio del falegname)

 

 

PER ESSERE UNA SOLA FAMIGLIA

Padre, che tanto ci ami, fa’ che formiamo una sola famiglia. Guarda i nostri genitori, fratelli e amici, coloro che lavorano, che soffrono e tutti gli uomini. Accogli i nostri morti nella gioia del Paradiso. Concedi a tutti noi di partecipare alla festa eterna del tuo Regno, con la Vergine Maria e tutti i Santi. Amen.

 

 

AGOSTO

 

 

DECALOGO DELLA GENTILEZZA

1. Sorridi nella monotonia del dovere quotidiano, per non rattristare il fratello.

2. Taci quando ti accorgi che qualcuno ha sbagliato, per non umiliarlo pubblicamente.

3. Elogia il fratello che ha operato il bene.

4. Rendi un servizio a chi è sottoposto.

5. Stringi cordialmente la mano al fratello che è nella tristezza.

6. Guarda con affetto chi cela un dolore.

7. Riconosci umilmente il tuo torto, rammaricandoti sinceramente del male fatto.

8. Saluta affabilmente gli umili, quelli che si sentono abbandonati.

9. Parla con dolcezza, con lievità inoffensiva, agli impazienti e agli importuni.

10. Fa’ in modo che tuo fratello sia sempre contento di te.

 

 

 

A PIENO CUORE

Spendi l’amore a piene mani! L’amore è l’unico tesoro che si moltiplica per divisione: è l’unico dono che aumenta quanto più ne sottrai. E’ l’unica impresa nella quale più si spende e più si guadagna. Regalalo, buttalo via, spargilo ai quattro venti, vuotati le tasche, scuoti il cesto, capovolgi il bicchiere e domani ne avrai più di prima.

 

 

PRENDERE GLI ALTRI PER IL VERSO GIUSTO

Un giorno, in pieno oceano, una nave da crociera, strapiena di turisti, sta per affondare. “Gettarsi in mare”, ordina il comandante. “Gettarsi in mare!”; ma nessuno si muove. Allora il comandante chiama il vice e gli dice: “Cerca di convincerli tu”. Dopo un po’ il vice ritorna e dice al capo: “Si sono lanciati tutti in mare”. “Come sei riuscito a convincerli?”. “Con la psicologia, signor comandante. Ho detto agli inglesi che sarebbe stato un gesto sportivo e si sono buttati. Ho detto ai francesi che era una cosa chic, ai tedeschi che era un ordine, agli italiani che era proibito, ai russi che era rivoluzionario “Ma come hai convinto gli americani?”. “Facilissimo. Ho detto che erano assicurati!”.  

 

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Anche la sigaretta, anche i fiammiferi vanno presi per il loro verso: perché non gli uomini?  

 

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Vi è la segnaletica stradale, vi è il codice stradale.... perché non dovrebbe esservi anche la pedagogia stradale? Ebbene, si, questa pedagogia c’è, ed è stata scritta niente meno che duemila anni fa. Basta far parlare un Libro che vale per tutte le stagioni e tutte le occasioni. Ecco la prova: se il Protagonista di quel libro scendesse oggi in un grande parcheggio, direbbe pressapoco cosi: “Fratelli, che state al volante.., avete sentito dire: occhio per occhio, dente per dente, insulto per insulto, precedenza negata per precedenza negata, abbaglianti per

abbaglianti...; ma io vi dico: se qualcuno non ti dà la precedenza a cui hai diritto, perdonalo e lascialo andare in pace; se qualcuno ti punta gli abbaglianti addosso, non farlo anche tu nei suoi confronti; se qualcuno ti insulta, non aspettarlo al primo semaforo per restituirgli gli insulti con relativi interessi.., perché non solo chi uccide il fratello sulle strisce o per un sorpasso azzardato è reo di giudizio, ma anche chi si adira contro di lui, e gli grida dal finestrino scemo o cornuto con relativi gesti illustrativi... Anzi, a chi ti rifiuta la precedenza, lasciagli anche il posto al parcheggio; se qualcuno con una macchina meno potente della tua cerca di sorpassare, rallenta e lascialo andare... Fratelli automobilisti... avete sentito dire che ogni altro automobilista è vostro nemico, ma io vi dico di amare i vostri fratelli automobilisti, di amare chi vi sorpassa, chi vi strombazza dietro, chi vi infastidisce con le sue manovre, perché anche ogni automobilista è figlio del Padre vostro celeste che ha creato la strada sia per i buoni che per i cattivi.. .“ (Confrontare con Matteo 5,38 ).  

 

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“Tutto ci potrà essere perdonato, ma non ci riusciremo mai a giustificare di fronte a Dio, a noi stessi e ai nostri fratelli di non aver fatto quello che era possibile, quel poco che a tutti è possibile per aiutare altri ad essere persone.”    (Abbè Pierre)  

 

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Ad un discepolo che si lamentava continuamente degli altri, il maestro disse: “Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. E’ più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra”.

 

 

PREGHIERA PER NON INVECCHIARE

Signore, fa’ che io sia del mio tempo, e non della mia età. Che non mi affezioni alle idee come un avaro al suo gruzzolo.Ma ne controlli, frequentemente, la validità, e, soprattutto, ne assicuri costantemente la “convertibilità”. Aiutami a non prendermi troppo sul serio. A sorridere ai miei successi come ai miei fiaschi. Fammi guardare con simpatia a ciò che fanno gli altri, specialmente se tentano qualcosa cui io non avevo mai pensato, oppure si avventurano in territori dove io non mi sono mai arrischiato.Che sappia comprendere più che giudicare. Apprezzare più che condannare. Incoraggiare più che diffidare. Fa’ che resista alla tentazione di “raccontarmi”. Fammi capire che è importante ciò che faccio oggi, non ciò che ho fatto dieci anni fa. E gli altri hanno diritto di avere da me ciò che sono, non ciò che sono stato.

 

 

SETTEMBRE

“Alla larga dalla saggezza che non piange, dalla filosofia che non ride, dalla grandezza che non si inchina davanti ai bambini” (K. Gibran).  

 

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“Soltanto la potenza che abbraccia può essere guida” (Martin Buber); 

 

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“solo chi ama ha il diritto di castigare” (Tagore).  

 

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Due affermazioni che sono un condensato di sapienza pedagogica. Solo chi abbraccia, solo chi ama può essere guida sempre: anche quando sgrida, anche quando fa lacrimare. Un uomo veramente ricco è quello i cui figli gli corrono tra le braccia quando ha le mani vuote. (Detto nepalese)

 

 

AUGURIO DI UN PADRE AL FIGLIO

Se saprai conservare la testa, quando intorno a te tutti perderanno la loro e te ne incolperanno; se crederai in te stesso quanto tutti ne dubiteranno, ma saprai comprendere il loro dubbio; se saprai aspettare senza stancarti di attendere, o essere calunniato senza calunniare a tua volta, o essere odiato senza dar sfogo al rancore, e non apparire troppo bello, né parlar troppo saggio; se saprai sognare ma non rendere i tuoi sogni padroni; se saprai pensare e non fare dei pensieri il tuo fine; se saprai incontrare il Trionfo e il Disastro e trattare questi due impostori allo stesso modo; se saprai sopportare di sentire ciò che hai detto di giusto falsato dai ribaldi per farne trappole ai creduli, o vedere le cose per cui hai dato la vita, spezzate, e curvarti, per ricostruirle con utensili già logori; se saprai fare un mucchio di tutte le tue vincite e rischiarle in un giro di testa o croce, e perdere, e ricominciare daccapo, e non fiatare verbo sulle tue perdite; se saprai forzare il tuo cuore e i nervi e i tendini per sostenere il tuo volere, anche quando sono consumati, e così resistere quando non c’è più nulla in te tranne la volontà che dice loro: “reggete!”; se saprai parlare con le folle e mantenere le tue virtù, o passeggiare coi Re senza perdere la semplicità; se non nemici né amici avranno il potere di offenderti, se tutti per te conteranno, ma nessuno conterà troppo; se saprai riempire il minuto che non perdona coprendo una distanza che valga i sessanta secondi, allora tuo sarà il mondo con tutto ciò che contiene, e  ciò che conta sarai un uomo  (RudyardKìpling)  

 

 

LO SCRIGNO

Un nonno, in punto di morte, affidò al nipote uno scrigno dicendogli che conteneva una cosa molto preziosa. Gli raccomandò di metterlo in un luogo sicuro e di non aprirlo fino a che non avesse compiuto la maggiore età. li ragazzo promise e ripose il dono in un posto segreto ricavato in una nicchia del muro in attesa che arrivasse la data fatidica. E più passavano i giorni, più diventava impaziente di scoprire che cosa vi fosse custodito dentro. Parecchie volte si era avvicinato alla parete per aprire il piccolo scrigno ed altrettante volte si era allontanato riuscendo a superare quell’attimo di debolezza. Un giorno però la curiosità ebbe il sopravvento e di soppiatto, come un ladro, il giovane estrasse il forziere e, sollevatone il coperchio, scoprì, con sua grande delusione, che era vuoto. Ma come? Il nonno morendo si era divertito a fargli uno scherzo? O qualcuno, scoperto il nascondiglio, gli aveva trafugato il tesoro? Il ragazzo non si dava pace. Poi decise di guardar meglio. Forse  pensò  mi è sfuggito qualcosa tra le pieghe del velluto. E frugando meglio si accorse che sul fondo del cofanetto vi era adagiato un foglio piegato recante questo messaggio dell’avo: “Se hai saputo aspettare ad aprire lo scrigno fino al giorno stabilito significa che sei un uomo di volontà, forte nel carattere e tenace nei tuoi propositi. Hai già in te quella ricchezza che mi ripromettevo di farti trovare. La gioia di questa scoperta sarà dunque per te la cosa preziosa che ti accompagnerà per tutta la vita. Se invece hai ceduto alla curiosità, aprendolo anzitempo, significa che non hai avuto sufficiente fermezza d’animo e non hai saputo essere perseverante nei tuoi proponimenti. Il ricordo bruciante di questa tua sconfitta si tramuterà per te in fortezza. Infatti, ogni volta che tentennerai di fronte ad un impegno, questo ricordo ti terrà saldo nei tuoi proponimenti e ti ritroverai sempre vittorioso. La gioia di questa scoperta sarà dunque per te la perla preziosa che ti accompagnerà per tutta la vita”. Il giovane ripiegò il foglio e lo ripose nello scrigno. Improvvisamente si senti grande e capì che crescere non è soltanto una questione di età. Si tratta di imparare a dominare i propri istinti, di vincere le proprie debolezze e correggere i propri difetti. E ringraziò in cuor suo il nonno del piccolo grande tesoro che gli aveva lasciato.

                                                 (Silvia Guglielminetti)

 

 

 

PREGHIERA DEI GENITORI PER I FIGLI

Padre della vita, benedici e custodisci i nostri figli che Tu stesso ci hai dato. Tu li ami con amore più grande e più puro del nostro. Tu hai per loro parole silenziose e forze soavi a noi sconosciute; Tu sei con loro in ogni momento e ne scruti la mente e il cuore. A Te li affidiamo. Sii per essi la via, la verità e la vita; fa’ che non si allontanino dalla vera fede e non siano corrotti dal male. Dona loro la salute del corpo e la forza dello spirito perché compiano fedelmente la loro missione nella vita. Chiamali ad essere operai fedeli nel tuo Regno. Amen.

 

 

 

PER L’AVVENIRE DEL FIGLIO

O Signore, è arrivato per nostro figlio il momento delle scelte fondamentali e impegnative, piene di responsabilità per il futuro: la scelta dello stato di vita, della professione. Guidalo con la luce del tuo Spirito, perché possa conoscere la vocazione alla quale Tu lo chiami, e possa orientare tutta la sua vita alla donazione e non all'egoismo. Concedi a noi di poterlo aiutare.

 

 

 

OTTOBRE

Quando ti sentirai leggero come l’aria, trasparente come lo sguardo di un bimbo, pacificato come il mare di primo mattino, non stupirti. Stai raccogliendo i frutti di aspre battaglie con te stesso, stai raccogliendo te stesso com’eri nel ventre di tua madre.(Niceforo)  

 

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Ogni giorno il primo. Ogni giorno una vita.  

 

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Ogni mattino dobbiamo porgere il calice del nostro esser per ricevere, per contenere, per ridonare. Porgerlo vuoto, perché il passato va rispecchiato solo nella sua chiarezza, nella sua forma e nella sua capacità. 

(Dag Hammarskjold)  

 

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Ogni mattina è una giornata intera che riceviamo dalle mani di Dio. Dio ci dà una giornata da Lui stesso preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di “non abbastanza”, nulla di indifferente e nulla di inutile. E’ un capolavoro di giornata che viene a chiederci di essere vissuto. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un solo giorno umano.   (Madeleine Delbrel)

                       

 

 

IL CORAGGIO DI VIVERE

Ricordo d’aver letto questa frase: “Bisogna vivere con il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà”. Mi sembra una massima straordinaria. Infatti insegna al tempo stesso a guardare con realismo alle miserie della vita, senza facili illusioni, ma anche a trovare in se stessi l’energia per ribellarsi. E’, in poche limpidissime parole, l’esaltazione della più alta virtù dell’uomo: il coraggio.   (Vittorio Ruttafava)

                       

 

TEMERE DI MENO, SPERARE DI PIU’

Un detto suona pressappoco così: “Temi di meno, spera di più; mangia di meno, mastica di più; gemi di meno, respira di più; parla di meno, dì di più; odia di meno, ama di più; tutte le cose buone saranno tue”. Da notare che in questo detto “temi di meno” è in testa all’elenco delle cose importanti da fare, se vuoi che tutte le cose buone siano tue. Nella nostra vita, il coraggio è una necessità assoluta.  (Norman Vincent Peale)  

 

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Il coraggio è l’arte di aver paura senza che questa appaia.   (Pierre Véron)  

 

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Perché scoraggiarsi? Uno dei ladroni fu salvato: è una buona percentuale.  (Samuel Beckett)

                       

 

 

C’E’ CORAGGIO E CORAGGIO

Il concetto del coraggio come misura del valore di un uomo è illusorio. In realtà quello che in uno è coraggio in un altro può essere stupidità, avventatezza e codardia. Gli atti di coraggio di una persona possono essere valutati soltanto in rapporto alle sue paure. Di due uomini che agiscono coraggiosamente in un momento critico, uno può non avere avuto la minima paura e perciò non deve destare troppa ammirazione per il suo coraggio, mentre l’altro, che è riuscito a vincere il terrore, ne merita moltissima. E come dobbiamo giudicare il coraggio di un uomo che non reagisce se qualcuno gli sferra un pugno... ma che è pronto a gettarsi in acqua per salvare una persona sul punto di annega re?   (Robert J. Levin)  

 

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L’uomo prudente è come lo spillo: la testa gli impedisce di andare troppo oltre. Vi sono due tipi di sciocchi: quelli che non dubitano mai di nulla; quelli che dubitano sempre di tutto.Non scrutare ogni tuo passo: solo chi guarda lontano si ritrova. (Sven Stolpe)

 

 

L’OMBRA

Il primo giorno di scuola, in un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma. Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante alto trenta metri. Improvvisamente la madre si fermò. Guardò il figlio dritto negli occhi e disse: “Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno  

 

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Una volpe contemplando la sua ombra al levar del sole, disse: “Oggi a pranzo mangerò un cammello”. Per tutta la mattina si aggirò in cerca di cammelli. A mezzogiorno però, rivedendo la sua ombra disse: “Un topo farà lo stesso  

 

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Giudica te stesso solo sotto il sole bruciante di mezzogiorno.   (K. Gibran)  

 

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Il segno più evidente della saggezza è la continua allegria. (Montaigne)  

 

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Tutto ciò che accumuliamo per noi stessi ci separa dagli altri; il nostro possesso è la nostra limitazione. (Tagore)

 

 

 

PREGHIERA

Signore, impedisci che faccia l’abitudine a me stesso. A quel me stesso solito che conosco anche troppo bene e che ormai tendo ad accettare o sopportare come si accetta o sopporta un vecchio conoscente. 

Devo “sorprendermi”. Devo obbligarmi, ogni giorno, a riconoscermi nuovo, diverso, inedito. Devo impararmi “sconosciuto”. Devo accettarmi “altro”. Devo esplorarmi al di là dei confini abituali. Devo accogliermi inaspettato. Devo frequentarmi insolito. (Alessandro Pronzato)

 

 

 

NOVEMBRE

 

 

IL PERICOLO DI NASCERE VECCHI

E' reale per tutti, il pericolo di nascere vecchi.

Vecchi di abitudini.

Vecchi di condizionamenti.

Vecchi di convenienze.

Vecchi di raccomandazioni.

Vecchi di esperienze (altrui).

Vecchi di suggerimenti.

Vecchi di una parte da recitare.

Per non parlare delle maschere che noi stessi ci mettiamo più tardi sul volto, per adeguarci alle circostanze. Si tratta di un lungo lavoro di spoliazione. Certe maschere, certi vestiti non sono semplicemente appiccicati alla pelle. Bisogna strapparli dalla carne viva. Ma è soltanto grazie a queste lacerazioni, a questi strappi decisi che acquistiamo, progressivamente, la nostra faccia. Diventiamo nuovi. Riusciamo bambini. Vestiti soltanto, questa volta, della verità del nostro essere.  (Alessandro Pronzato)

                       

 

IO, GLI ALTRI E GLI AFFETTI

Ho avuto una vita molto varia e ho conosciuto alcune persone interessanti. Ma ora che sono arrivata alla “fine della partita”, le figure che ancora sono impresse nella mia mente sono quelle delle persone alle quali sono stata legata da vincoli di affetto. Non solo sono le persone che ricordo più vividamente, ma capisco che è stato tramite loro se ho imparato qualcosa dalla vita. Tutto quello che della mia vita non si è perso nella nebbia, è passato attraverso il filtro, non della mia mente, ma dei miei affetti.   (Iris Origo)  

 

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Vuoi imparare ad invecchiare? Non calcolare tutto ciò che la vecchiaia ti toglie ma tutto ciò che ti lascia. 

(E. Legouvè)  

 

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Che dispiacere incontrare un vecchio infelice. Tutti i vecchi dovrebbero poter ridere, seminare saggezza.  

(Giovanni Arpino)  

 

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lnvecchiando ci accorgiamo che la sola cosa che ci riempia le mani non è quanto abbiamo preso ma quanto abbiamo donato.  (O. Paysan)  

 

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I giovani belli sono capricci della natura. i vecchi belli sono opere d’arte. (Marijonie Barstow Greenble)

                                                                       

 

 

L’ALCHIMISTA DISTRATTO

Gli alchimisti, come tutti sanno, erano scienziati che cercavano la pietra filosofale, una rara pietra che aveva il potere di trasformare in oro gli oggetti di ferro. In un paese lontano c’era un alchimista che aveva dedicato la sua vita alla ricerca di questa magica pietra. “Proverà tutte le pietre della terra, una dopo l’altra. Troverà certamente la pietra filosofale”, pensava. In principio, sembrava una cosa semplice. L’alchimista si era cinto i fianchi con una catena di ferro e aveva cominciato a toccarla con tutte le pietre che trovava. Camminava e camminava e, appena vedeva una pietra, la prendeva e con essa toccava la sua catena. Quel gesto era diventato tutta la sua vita. Passarono gli anni e l’alchimista, con i capelli arruffati, coperti di polvere, il corpo ridotto a un’ombra, le labbra serrate come le porte chiuse del suo cuore, continuava a vagare in cerca della pietra magica. Tutti ormai lo credevano pazzo. Un giorno, un ragazzo del villaggio si avvicinò e gli chiese: “Dimmi, dove hai trovato questa catena d’oro che ti cinge la vita?”. L’alchimista trasalì: la catena, che una volta era di ferro, era proprio diventata d’oro e splendeva alla sua cintura. Non era un sogno, ma quando era avvenuto questo mutamento? Si colpì con violenza la fronte: dove, oh dove, senza saperlo, aveva raggiunto la sua meta? Si era ormai abituato a raccogliere pietre e toccare con esse la catena, e poi gettarle via senza guardare se la trasformazione era avvenuta. Così il povero alchimista aveva trovato la pietra filosofale, e l’aveva perduta. Il sole calava a occidente, il cielo era d’oro. L’alchimista tornò sui suoi passi per cercare di nuovo. Ma ora il suo corpo era più curvo e privo di forze, il suo cuore più stanco e lui come un albero sradicato.  

 

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Trova la tua pace interiore, e migliaia di individui si salveranno al tuo fianco. (Serafino dì Sarov)  

 

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Siamo nel mondo per reciproco aiuto, come piedi, come mani, come palpebre, come i denti di sopra e di sotto; di conseguenza, è contro natura ogni azione di reciproco contrasto. (Marco Aurelio)

 

 

 

PREGHIERA

 

 

LA MIA VITA DECLINA

Signore Gesù Cristo, la mia vita declina di giorno in giorno. Dio delle anime e dei corpi, Tu conosci l’estrema fragilità della mia anima e della mia carne. Concedimi forza nella mia debolezza, sostienimi nella mia miseria. Dammi un animo riconoscente; che mi ricordi sempre dei tuoi benefici, Signore, pieno di bontà. Non ricordare i miei numerosi peccati, perdona tutti i miei tradimenti. Signore, non disdegnare la mia preghiera, conservami la tua grazia sino alla fine, custodiscimi come per il passato. Signore, Ti lodo e Ti glorifico, nonostante le mie indegnità, perché la tua misericordia con me non ha avuto limiti. Sei stato per me aiuto e protezione.

Sia lodato in eterno il tuo nome. Amen.  (Santi Efrem)

 

 

 

DICEMBRE

 

 

TRAGEDIA E POSSIBILITA’

La tragedia dell’oggi è che l’uomo non sa più di avere un cuore. Ubriaco di conoscenza, ha chiuso gli occhi dell’anima, i soli che sanno vedere “l’oltre” delle cose e degli eventi. Così è sommerso da mille miraggi, da infinite illusioni. Rincorre la libertà, ma ignora che la sola libertà è nel cuore. Chi è libero dentro, è sovrano. Rincorre la gioia, ma ignora che la gioia autentica è nel cuore. Chi ha nel cuore la gioia, vede l’universo sorridergli. Rincorre la pace, ma ignora che la vera pace è nel cuore. Chi ha la pace del cuore, non solo è “perfetto nella pace” ma è l’unico che la dispensi realmente a piene mani. Solo lasciandosi, con coraggio, giudicare dal proprio cuore, l’uomo ha una qualche speranza di salvezza. Perché ormai  riconosciamolo  la conoscenza mentale ha fallito. O meglio, ci ha portato alle soglie della distruzione totale. Solo una “dimensione” diversa, quella interiore, salverà l’umanità.

                                                                                      (W. Reich)

 

 

IL FELICE INFELICE

 

Occorre più felicità per riempire un castello, che una capanna. (Detto popolare)  

 

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E quando sono arrivato dove volevo, ho scoperto che non mi bastava. (Dorian. Gray)  

 

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L’uomo  è infelice perché non sa che è felice   (Fedor Dostoevskij)
   

 

 

LA REALTA’ E IL FUMO

Ci sono momenti felici, in cui le cose vanno bene e ci si sente incoraggiati, altri invece, difficili, in cui ci si sente avviliti. Ma non ha senso parlare di ottimismo e di pessimismo. L’importante è sapere che, se in un campo di patate si lavora bene, le patate crescono. Se tra gli uomini si opera bene, gli uomini crescono. Questa è la realtà: il resto è fumo. (Danilo Dolci)

 

 

 

COME FAR DURARE NATALE TUTTO L’ANNO

 

 

Sapete far durare Natale tutto l’anno?

Siete disposti a dimenticare quel che avete fatto per gli altri e a ricordare quel che gli altri hanno fatto per voi? A ignorare quel che il mondo vi deve e a pensare a ciò che voi dovete al mondo? A mettere i vostri diritti in fondo al quadro, i vostri doveri nel mezzo e la possibilità di fare un po’ di più del vostro dovere in primo piano? Ad accorgervi che i vostri simili esistono come voi, e a cercare di guardare dietro i volti per vedere il cuore? A capire che probabilmente la sola ragione della vostra esistenza non e ciò che voi avrete dalla vita, ma ciò che darete alla vita? A non lamentarvi per come va l’universo e a cercare intorno a voi un luogo in cui potrete seminare qualche granello di felicità? Siete disposti a fare queste cose sia pure per un giorno solo? Allora per voi Natale durerà per tutto l’anno.   (Henry Van Dyke)

                       

 

 

IN UNIONE CON PASSATO E FUTURO

Non dimenticare mai, quando ammiri un tramonto o contempli il mare o ti scaldi accanto al fuoco che la gioia che godi ti è possibile grazie a milioni di esistenze che ti hanno preceduto e che tutte, in infiniti, ignoti modi hanno preparato per te questo momento. E che la tua esistenza sta preparando per un altro  chissà chi? chissà quando? chissà dove?  un simile momento nel quale tu stesso, in qualche modo, rivivrai. (P. G.)  

 

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Dammi, Signore, un cuore di bimbo per Dio, un cuore di fratello per il prossimo, un cuore di giudice per me stesso.

   

 

 

L’INVITO

Il signore di un castello diede una gran festa, a cui invitò tutti gli abitanti del villaggio aggrappato alle mura del maniero. Ma le cantine del nobiluomo, pur essendo generose, non avrebbero potuto soddisfare la prevedibile e robusta sete di una schiera così folta di invitati, il signore chiese un favore agli abitanti del villaggio:

“Metteremo al centro del cortile dove si terrà il banchetto un capiente barile. Ciascuno porti il vino che può e lo versi nel barile. Tutti poi vi potranno attingere e ci sarà da bere per tutti”. Un uomo del villaggio prima di partire per il castello si procurò un orcio e lo riempì d’acqua, pensando: “Un po’ d’acqua nel barile passerà inosservata.., nessuno se ne accorgerà!”. Arrivato alla festa, versò il contenuto del suo orcio nel barile comune e poi si sedette a tavola. Quando i primi andarono ad attingere, dallo spinotto del barile uscì solo acqua. Tutti avevano pensato allo stesso modo. E avevano portato solo acqua. Se siamo scontenti del mondo, è perché troppi portano solo acqua. E tutta la Creazione ne soffre.

 

 

“A PRESTO, SIGNORE”

Quando mi verrai a cercare, o Signore, posso chiederti d’avere la bontà di bussare alla mia porta perché io sappia che tu arrivi? Lo so che hai detto che tu verrai come un ladro... Ma ciò non è indispensabile, puoi presentarti anche diversamente. E’ perché noi fossimo sempre pronti che hai detto così: Grazie, Signore!  Ma vedi, Signore, quando in casa io sbrigo le faccende, indosso il grembiule e facilmente mi sporco; e se un amico bussa all’uscio, prima d’aprirgli mi tolgo il grembiule per non offrirgli vista sgradevole. Lasciami il tempo di nascondere il grembiule per ben riceverti! Io te lo chiedo, ma so bene che farai come vorrai; e sarà per il meglio. Era solo un desiderio che ti ho voluto confidare: non si fa così tra amici? E sei tu il grande amico, colui che mai mi verrà meno e in cui ho piena confidenza. A presto, Signore!  

 

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Lettera al 1995 di Claudio Sorgi

 

Caro Anno Vecchio, scrivo a te che ormai già tutti mettono in archivio. Perché scrivo a te e non al tuo successore, come si fa di solito? Per un paio di motivi. Il primo è perché mi dà un po’ fastidio la mania diffusa di soccorrere il vincitore. Il vincitore è l’anno nuovo, il tuo successore. E’ il vincitore perché dal primo gennaio, sarà lui a dettare legge in capo a tutte le lettere, i giornali, i contratti... Ma oltre alla vergogna per lo scodinzolare, scrivo a te per pietà. Mi dispiace vederti morire solo e abbandonato, circondato dall’ingratitudine e dall’oblio. Avrai, sì, un po’ di giustizia. Magari un giorno gli storici ti chiameranno “cruciale” o “determinante”. Ma vuoi mettere come sarebbe meglio sentirsi dire subito qualcosa come “favoloso” o “mitico” o “indimenticabile”? Bene, te lo dico io. Per me sei indimenticabile! Non ti dimenticherò, nel bene e nel male perché tu sei una tappa della mia eternità. Ecco perché ti scrivo e ti ringrazio caro Anno Vecchio: tu mi hai condotto per mano verso la casa del Padre. Ora essa è più vicina. (Claudio Sorgi)

 
         
   

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