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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

  DICEMBRE 1995

 

 

VENERDI' 1 DICEMBRE 1995

“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. (Lc. 21,33)

Signore, io amo la vita. Davanti al mare e al cielo riesco a meravigliarmi, mi affeziono e provo gioia davanti alle persone amate ma sono ancora più felice per questa tua frase. Le tue parole non passeranno. Non passerà la tua promessa di amicizia con gli uomini. Anche se stento a vederlo, il tuo regno di giustizia, di verità, di pace, di amore verrà davvero e pienamente. La croce si tramuterà in risurrezione. Chi mangerà il tuo pane vivrà in eterno. Chi ascolta e vive la tua Parola è beato. Tu sei con noi tutti i giorni, sei il buon Pastore che ci conduci alla vita. Grazie, Signore, di questa tua parola immutabile e che ciascuno, amando Te e la tua parola in essa trovi il senso della propria vita.

 

 

SABATO 2 DICEMBRE 1995

“State ben attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”. (Lc. 21,34)

Gesù sa benissimo come funziona la nostra vita. E’ nostra quotidiana esperienza che quando lasciamo che nella nostra vita abbiano il sopravvento le preoccupazioni materiali, il denaro, il mangiare, il bere, il divertirci, le paure per la salute, per il futuro, l’affanno del voler sempre di più, queste cose ci mangiano la vita e alla fine ci accorgiamo che non siamo più noi a vivere ma sono questi affanni che ci vivono e spesso ci uccidono. Gesù non ci vuole disincarnati dalla vita e dalla storia, non viene a dirci che tutto nel mondo è male, che non dobbiamo più pensare a casa, cibo, lavoro, vuole semplicemente farci trovare il vero senso della vita come un cammino che non finisce nelle cose, ma come un cammino verso una meta che non delude.

 

 

DOMENICA 3 DICEMBRE 1995

“Vegliate, dunque...”. (Mt. 24,42)

Ecco l’Avvento con i suoi richiami psicologici e liturgici. Sentir parlare di avvento per i cristiani praticanti significa far scattare quel meccanismo che ci fa dire: “Natale è ormai alle porte”. Ma l’Avvento dovrebbe anche farci comprendere che cosa significhi per l’uomo l’attesa. Il più delle volte per noi, attesa significa quasi quel tempo (per lo più perso) che occorre per arrivare a una meta: è lunga e noiosa l’attesa di un tram che non arriva mai, la fila ad uno sportello... Questo è il senso passivo dell’attesa. Ma la parola ‘attesa’ che deriva dal verbo attendere, significa soprattutto “tendere a, essere protesi verso”. Per il cristiano l’attesa allora non è “lasciamo che passi la vicenda di questo mondo per giungere all’eternità” ma viviamo pienamente questo tempo che ci conduce al compimento del progetto di Dio e alla liberazione definitiva. Per questo Gesù ci dice di vegliare e pregare, cioè di non lasciarci sfuggire nulla e di valorizzare tutta la nostra vita con la preghiera che ci ripropone la comunione con Colui verso il quale tendiamo.

 

 

LUNEDI' 4 DICEMBRE 1995

“Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli”. (Mt. 8,11)

Nessuno ha l’esclusiva del Regno di Dio. Dio è per tutti, tutti sono figli suoi, tutti sono invitati al Regno. Mi sembra bello che l’avvento di Gesù nella nostra vita cominci con questa prospettiva. 

Nel Regno si entra attraverso una porta stretta ma con un orizzonte enorme. Non è più l’orizzonte delle religioni che relegano la salvezza all’appartenenza ad un determinato gruppo o all’adempimento di determinate norme, ma è l’orizzonte sconfinato di un Dio che si propone e invita tutti, di un Dio che vuoi far festa con tutti gli uomini. Uno slogan molto usato era “ogni uomo è mio fratello”, ma non soltanto per filantropia, per quieto vivere in una pace formale, ogni uomo è mio fratello perché Dio è Padre di tutti.

 

 

MARTEDI' 5 DICEMBRE 1995

“Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. (Lc. 10,23)

Questa beatitudine non è rivolta solo ai contemporanei di Gesù ma anche a tutti coloro che “pur non avendo visto, crederanno”. I nostri occhi materiali non hanno visto la venuta materiale di Gesù nel mondo ma possono vedere la sua presenza concreta nella nostra vita, i nostri orecchi non hanno sentito le parole concrete di Gesù sul Regno, ma grazie a Lui, il suo Regno è già in mezzo a noi. Ecco allora la necessità di avere orecchi e occhi che sappiano vedere ed ascoltare. Dio C'è, e oggi, come Padre, mi parla. Le sue parole sono potenti ma discrete, si manifestano nella grandezza de]. creato e nella potenza della redenzione, ma solo chi ha gli occhi della fede riesce a coglierle. L’Avvento, la venuta del Salvatore, è continuo. Il nostro tempo di Avvento allora non è solo l’attesa di commemorare il Natale, è l’incontrare quotidianamente Colui che viene a salvarci.

 

 

MERCOLEDI' 6 DICEMBRE 1995

“Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce, ristora l’anima mia.. ”. (Sal 22)

Una riflessione di Carlo Carretto:

Credere che Dio è il mio pastore, che mi conduce, che mi chiama per nome mi dà tanta sicurezza e tanta tenerezza. La mia debolezza sta nel sentirmi solo nella grande città. E’ soprattutto quando le cose non si capiscono, quando soffro, quando piango, quando l’esperienza del mio limite mi conduce contro il muro della mia incapacità, quando la mia povertà mi fa capire cosa significhi essere uomo, e allora che devo fare il salto nella speranza e credere al Dio dell’impossibile. E invece? Troppe volte mi ripiego su me stesso e dimentico ciò che gli ho detto nella preghiera: “Signore, Tu sei il mio pastore”. E lo dimentico nel momento in cui ne ho più bisogno. Non siamo soli nel cammino della vita; questo dovrebbe essere il pensiero costante della mia fede. Possiamo contare su Dio, e concretamente. E’ Lui che ci può aiutare. La nostra debolezza è guardare a noi, sempre a noi, solo a noi.

 

   

GIOVEDI' 7 DICEMBRE 1995

“Non chiunque mi dice “Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt. 7,21)

Una tentazione ricorrente quella di pensare che Dio possa comprarsi a base di parole e di formule. Gesù in tanti brani di Vangelo ci invita alla preghiera,ci dice anche di pregare incessantemente, di fidarci di Dio abbandonandoci a Lui, ma ci mette in guardia: la preghiera è un atto di fiducia, non una compravendita, è accettare la sua volontà, non avere la presunzione di ridurre Lui alla nostra volontà. Pregare è entrare con umiltà nel cuore di Dio, scoprire giorno per giorno il suo progetto di amore su noi, chiedere a Lui la capacità e la volontà di adeguarvisi e ripartire con forza. 

Se vuoi sapere se la tua preghiera è vera, se è efficace, se ha toccato il cuore di Dio, guardati: se dopo aver pregato sei cambiato, almeno nelle intenzioni, se sei ripartito con coraggio, se hai realizzato un atto concreto di carità, di perdono, di solidarietà, vuol dire che hai pregato davvero. Se non è così, forse, bisogna cambiar modo di pregare.

 

 

VENERDI' 8 DICEMBRE 1995

Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. (Lc. 1,38)

La festa dell’immacolata ci ricorda due cose: da una parte la realtà del male e del peccato, dall’altra quella della Misericordia e della Grazia. Che il male ci sia è una realtà che sta sotto i nostri occhi quotidianamente. Lo si condanna, ci si scandalizza di fronte alle sue manifestazioni più vistose, lo si deplora soprattutto quando esplode nel terreno del vicino o del nemico. Ma quando ce Io troviamo dentro e ci spinge a compiere qualche azione non troppo pulita spesso ci giustifichiamo: “in fondo che male c’è?”. Tutti siamo peccatori, ma ci sono peccatori che si sentono giusti. La Vergine Immacolata, ci aiuti a capire che il male, il peccato, il nostro peccato, diminuisce nel mondo e dentro di noi nel momento in cui, invece di accampare la solita giustificazione “non c e niente di male”, impariamo a chiamare il male coi suo vero nome: peccato, e quando impariamo a rivolgerci a Gesù che il male lo ha vinto e a sua Madre e Madre nostra che ci indica, con il suo abbandono fiducioso in Dio, che con Lui anche noi possiamo diventare “santi e lmmacolati”

 

 

SABATO 9 DICEMBRE 1995

“Gesù, vedendo le folle né sentì compassione? perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. (Mt. 9,36)

Quante masse sfinite, sbandate vediamo. Migrazione di interi popoli. Masse di persone anonime che gridano cercando giustizie, altre masse che cercano divertimento diventando altrettanto anonime all’ultimo concerto rocK. Masse di automobili con relativi uomini inscatolati che cercano lottando tra loro di sfruttare al massimo gli ultimi cinque minuti prima di bollare la cartolina. Gesù vede le folle ma vede le persone che formano la folla. Vede dei figli di Dio, dei suoi fratelli che hanno perso la loro identità. Vede la loro stanchezza, l’infelicità, la costrizione in cui vive la gran massa degli uomini. C’è bisogno di un Pastore, non di pastori mercenari (quanti ne abbiamo di questi in campo politico, economico, religioso   dediti soprattutto a tosare le pecore) ma di un unico Buon Pastore che aiuti l’uomo a riscoprire la propria identità di Figlio di Dio e che aiuti a riscoprire la vera fratellanza. Finché non ritroveremo questo Pastore, questa nostra preziosa identità, continueremo a restare massa anonima.

 

 

DOMENICA 10 DICEMBRE 1995

“Comparve Giovanni Battista a predicare nel deserto”. (Mt. 3,1)    

Giovanni inizia la sua predicazione nel deserto. Sembra strano che una voce così importante che annunzia la venuta del Salvatore si innalzi proprio nel deserto: chi l’ascolterà? Oggi si predica Gesù con l’aiuto di televisioni, di radio. Mai tanta carta stampata ha parlato di Gesù così abbondantemente. Ma la nostra predicazione e i tentativi di testimonianza cristiana non sono forse anche oggi voci che gridano nel deserto? Nella città popolosa spesso sta il deserto dei cuori, dei valori. Ci sono tanti rumori ma la voce si perde nel vuoto. L’Avvento, con questa voce solitaria che invita alla conversione, deve far riflettere noi cristiani:

  1. Riesco ancora a sentire che il Regno dei cieli è qui? riesco ancora a capire che c’è molto da convertirmi, che ci sono montagne di egoismo da abbassare e valli di vuoto da riempire per accoglierlo?

  2. Con umiltà, sapendo di essere servi di un Dio che vuole la salvezza di tutti, non dovremmo ricominciare con coraggio, come Giovanni Battista, la nostra predicazione e testimonianza, proprio dai “deserti” dove abitualmente viviamo?

 

LUNEDI' 11 DICEMBRE 1995

“Sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati”. (Lc. 5,24)

Quando gli anni passano forse si ha più tempo di pensare e di rivedere il cammino della propria vita, per cui mi  capita sovente di incontrare anziani che, profondamente rattristati, vengono a   cercare   il prete per   chiedere perdono di antichi peccati e sovente davanti alla domanda: “Ma di questo si è già confessato?” mi sento rispondere: “Sì. Ma Dio mi avrà perdonato?”. Se è sempre bene ricordarsi dei nostri peccati per imparare l’umiltà vera, se è bene dimostrare a Dio il nostro rammarico e pentimento per essi, di una cosa dobbiamo essere certi: Dio non ha due parole. Quando perdona, perdona sul serio e per sempre. Gesù ha affidato la garanzia di questo perdono alla Chiesa e non torna indietro. E’ chiaro che il perdono non toglie le conseguenze del peccato ma è altrettanto chiaro che la colpa è totalmente e definitivamente cancellata; non lasciamoci allora vincere dalla tentazione di dubitare di questo perdono, anzi, ogni volta che i peccati passati perdonati ci vengono in mente, ci venga anche spontanea la riconoscenza per Colui che, morto in croce per essi, ci ha fatto risorgere con il suo perdono.

 

 

MARTEDI' 12 DICEMBRE 1995

“Consolate, consolate il mio popolo”. (Is. 40,1)

Mi diceva un signore: “Io rischio di non andare più in chiesa perché, pur sapendo di essere peccatore, di avere moltissime cose di cui convertirmi, in certe chiese mi sento solo e sempre puntare il dito contro dal predicatore: Siete tutti peccatori, l’inferno si apre sotto i vostri piedi...“Gli rispondevo che anche Gesù non era molto dolce nei confronti del peccato e che quindi certe tirate di orecchi ci stanno proprio bene, ma dobbiamo anche ricordarci che “in cielo si fa festa anche per un solo peccatore che si converte”, che Gesù è venuto non per condannare, ma per salvare. Consolare, allora, non è batterci una pacca sulla schiena dicendoci ipocritamente che tutto va bene ma è sapere che nei nostri errori e peccati non siamo soli, c’è sempre Colui che è venuto con la sua misericordia per prenderci per mano, per rimanere con noi tutti i giorni della nostra vita, per condurci con pazienza alla casa del Padre.

   

 

MERCOLEDI' 13 DICEMBRE 1995

“Levate in alto i vostri occhi”. (Is. 40,25)

Quante volte la nostra giornata inizia sotto il peso delle preoccupazioni. Sali su un tram, al mattino e ti trovi pigiato tra persone, ciascuna chiusa in se stessa, con gli occhi assonnati e inespressivi che guardano o in terra o lo scorrere di vie piene di uomini impazienti inscatolati nelle loro macchine, e ti prende quasi la paura che il cielo non ci sia più sopra quelle vie sporche, che il sole un bel giorno, stufo del suo solito giro, abbia deciso di non splendere più, che l’uomo, macchina per lavorare, non abbia prospettive. “Levate gli occhi in alto”. Piantala di vedere solo scarpe che camminano, smetti la di piangerti addosso, riscopri ciò che hai dentro; il cielo c’è ancora anche dietro alle nuvole grigie, il tuo desiderio di infinito che hai dentro non è sparito, c’è sempre ed è desiderio di vita, di amore, di eternità. Non soffochiamolo questo desiderio, ma piuttosto cerchiamo di prenderne coscienza, nei momenti di silenzio e di riflessione perché così si comincia ad adorare Dio che ci ha creati.

 

 

GIOVEDI' 14 DICEMBRE 1995

“Dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il Regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono”. (Mt. 11,12)

Molti vorrebbero che la conquista del Regno di Dio fosse come una tranquilla passeggiata. Di certo Gesù non è per la violenza. Egli è la pace di Dio con gli uomini. Lui stesso non userà mai violenza. E’ sempre proposta, mai imposizione. Preferirà morire piuttosto che difendersi con potenza. Eppure dice che bisogna usare violenza per entrare nel suo Regno. Ma quale violenza? Quella che dobbiamo fare contro noi stessi, contro il nostro egoismo. Non è forse violenza”, dura prova, cambiare mentalità, passare dal materialismo al dono per gli altri, fare scelte di volontariato, accettare di essere presi in giro per la fede? Giovanni Battista ha realizzato questo, ma ci ha rimesso la testa, Gesù è salito sulla croce e noi vorremmo entrare nel Regno attraverso un’autostrada? Ricordiamoci che la porta stretta, quella in cui si fa fatica ad entrare, e la porta del Regno.

 

 

VENERDI' 15 DICEMBRE 1995

“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. (Mt. 11,17)

Gesù, come sempre, con due battute, stigmatizza un certo comportamento. Ci sono persone (e chiediamoci se almeno in alcuni atteggiamenti non facciamo anche noi parte della compagnia) che non sono mai contente. Persone sempre disposte a piangersi addosso. Persone che non sanno gioire. Persone che si lamentano di tutto e di tutti. Anche con Dio qualche volta ci comportiamo così: da Lui abbiamo ricevuto la vita ma ne vediamo solo gli aspetti negativi, è provvidenza continua per noi e ci lamentiamo per le cose che ci mancano e sindachiamo sul suo modo di operare; ci ha donato suo Figlio e noi non apprezziamo il suo perdono, la sua Parola; facciamo parte del suo popolo e noi vediamo solo le magagne della Chiesa. Oltretutto, queste persone e noi, quando siamo così, diventiamo contagiosi, spargiamo il virus del pessimismo, della tristezza, della non voglia di vivere mentre dovremmo essere gioiosi annunciatori di speranza. Il mondo che di mugugni ne ha già tanti, ha sete di un tuo sorriso.

 

 

SABATO 16 DICEMBRE 1995

“In quei giorni sorse Elia come fuoco; la sua parola bruciava Come fiaccola”. (Sir. 48,1)

E’ naturale che ciascuno di noi abbia paura di bruciarsi! Per cui ci teniamo alla larga dal fuoco. Anche la Parola di Dio che può scuoterci dalle nostre abitudini, la prendiamo alla larga, ci cauterizziamo contro le sue bruciature. Quando ripenso a quasi 25 anni di predicazione della Parola e mi vedo ancora così distante da essermi lasciato cambiare da essa, quando vedo una comunità amorfa, passiva dopo tanti anni di Parola di Dio, mi dico che invece di lasciarci trasformare abbiamo indossato una tuta di amianto. Come mai profeti come Elia avevano coraggio? come mai i primi cristiani riuscivano ad accettare di diventare martiri per il Vangelo e noi siamo timorosi, paurosi, incapaci anche di piccoli gesti di fede solo perché ci procurano qualche sofferenza? Perché le mollezze della vita, le abitudini, il quieto vivere hanno messo una crosta di pietra sul cuore. Anche questo Avvento sta passando. Chissà se a Natale, in mezzo ai panettoni e ai regali, ci sarà anche qualche piccola bruciatura dovuta alla Parola di Dio che riesca ad infiammare un po’ il cuore.

   

 

DOMENICA 17 DICEMBRE 1995

“Giovanni, che era in carcere, mandò a chiedere a Gesù: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”. (Mt. 11,2—3)

Caro Giovanni, come ti ringrazio per questa domanda che hai fatto mentre eri in carcere! Tu che hai giocato la tua vita per il Cristo, tu che hai fatto, per essere suo messaggero, la vita dura del deserto; tu che hai gridato con forza nel suo nome, tu che hai rinunciato addirittura ai tuoi discepoli per mandarli dietro a Lui, tu che sei finito in carcere per essere fedele alla Parola di Dio, hai anche tu i tuoi dubbi, hai anche tu bisogno di conferme. Caro Giovanni, come ti sento vicino in questo! Anch’io mi pongo le tue domande, anch’io vorrei delle conferme, vorrei essere sicuro di aver giocato bene la mia vita. E mi piace anche l’atteggiamento di Gesù che non si scandalizza della tua domanda, anzi, manda i tuoi e suoi amici a rassicurarti e a darti forza fino ad accettare il tuo prossimo martirio. Caro Giovanni, dammi un po’ della tua forza e fa’ che come te, nonostante gli interrogativi, riesca ancora a vedere i segni di quel Messia che continua a dar la vista ai ciechi, che fa camminare gli storpi, udire i sordi, che risuscita i morti e che continua silenziosamente a far crescere il suo Regno.

 

 

LUNEDI'  18 DICEMBRE 1995

“Destatosi dal sonno, Giuseppe, fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. (Mt. 1,24)

S. Giuseppe è davvero l’uomo della fede. Una fede non parolaia ma ben radicata nella vita. Se prima di questo sogno aveva cercato di risolvere il suo problema con una soluzione umana rispettosa di Maria, ora che ha la prova (un sogno!?) che Dio lo ha scelto per una missione, tace davanti al mistero, si rende disponibile, dice il suo sì incondizionato, gioisce silenziosamente nel sentirsi partecipe del mistero del Messia. Anche nelle altre pagine dei Vangeli c’è silenzio sulla figura di Giuseppe: lui non è uno che fa molto rumore, ma uno che, fidandosi di Dio e stando al proprio posto, fa spazio a Gesù che viene a salvare tutti. Anche nella Chiesa odierna c’è bisogno di tanti Giuseppe. Ci sono già troppi cristiani, preti o laici, che suonano la grancassa, che vendono parole grosse, che fanno “imprese mirabolanti”, che “salvano il mondo” ma che vendono solo se stessi, fumo e rumore, ma non danno Gesù. C’è bisogno di preti e laici—Giuseppe che abbiano fede, che non facciano “cose grandi”, che spariscano per fare spazio a Gesù.

 

   

MARTEDI' 19 DICEMBRE 1995

“Dirò le meraviglie del Signore. Ricorderò che tu solo sei giusto”. (Sal 70,16)

In questi giorni della novena di Natale, penso che una delle cose da riscoprire sia proprio la meraviglia. Non solo la meraviglia dei più piccoli che forse sentono ancora il “magico” di queste feste che stiamo preparando, ma la meraviglia profonda della fede che ci fa stupire davanti a un Dio che per amore si incarna e si fa bambino. La meraviglia del sentirci amati, la gioia di essere perdonati, la speranza di essere chiamati ad essere anche noi “figli nel Figlio”, il desiderio di cantare e di gridare al mondo che quel Bambino è fratello di tutti, il desiderio che altri, tutti partecipino a questa festa. Se oggi è facile che i sentimenti vengano contraffatti per creare climi natalizi ipocriti o peggio ancora vengano usati per venderci merce, non abbiamo paura dei sentimenti che ci portano davvero ad essere più buoni, più semplici, più solidali, più uomini e donne di ottimismo e di speranza.

 

 

MERCOLEDI' 20 DICEMBRE 1995

Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore”. (Lc. 1,38)

La porta dell’umanità che si era chiusa dietro le spalle di Adamo ed Eva si riapre grazie alla disponibilità totale di Maria e quel Dio, pellegrino di Amore trova ospitalità tra gli uomini che viene a salvare.

Quante volte ho chiesto: “Che cosa vuoi da me, Signore?”, “fammi capire la tua volontà”. Ma la risposta è poi semplice. Il Dio che viene non viene a portarmi via nulla, non mi chiede cose grandiose, chiede accoglienza per poter abitare con me, in me. Maria, con il suo realismo di donna pratica ha chiesto alcune spiegazioni all’angelo, ma come questo le ha detto di lasciar fare allo Spirito Santo, si è fidata. Quanto faremmo bene se invece di voler salvare noi il mondo con le nostre povere opere, lasciassimo solo la porta aperta perché Dio salvi, perché Gesù operi, perché lo Spirito dia sfogo al suo immenso amore creativo per gli uomini.

   

 

GIOVEDI' 21 DICEMBRE 1995

“In quei giorni Maria si mise in viaggio". (Lc. 1,39)

Ieri meditavamo sulla disponibilità e accoglienza di Maria, oggi il Vangelo ci fa capire che Maria non solo accoglie ma porta Gesù, non solo è serva di Dio ma anche serva degli uomini. Accogliere Gesù non significa tenerselo per sé, coccolarselo, escludersi in una specie di paradiso terrestre ma significa andare, portare Gesù. E così Maria con questo viaggio lungo che la porta nelle vicinanze di Gerusalemme non solo porta Gesù nella casa di Zaccaria, Elisabetta e Giovanni, ma anticipa a Gesù stesso il viaggio che Lui dovrà fare per andare a donare la sua vita per noi. La nostra vita si può paragonare a un viaggio ma chiara dovrebbe essere la meta: si può viaggiare verso il nulla e la morte; si può viaggiare solo verso se stessi, si può viaggiare verso Dio e incontrare gli altri; si può viaggiare da soli; si può viaggiare con Gesù verso il Padre, portandolo agli altri.

   

 

VENERDI' 22 DICEMBRE 1995

Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore”. (Lc. 1,46)

Un cuore pieno non può che lasciar traboccare ciò che ha dentro. Dal cuore di Maria traboccano la meraviglia, la gratitudine, la fede, la disponibilità, la gioia. Tutto questo si trasforma in parole che, guarda caso, non sono neanche “originali” in quanto il Magnificat è una preghiera fatta di parole e di preghiere che già ci sono nella Bibbia. Maria ha talmente “macinato”, pregato queste parole che le escono spontanee dal cuore. Che cosa esce dal mio cuore questa mattina nella preghiera? Che cosa esce dal mio cuore oggi negli incontri con le persone?

 

   

SABATO 23 DICEMBRE 1995

“In quei giorni, per Elisabetta, si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio”. (Lc. 1,57)

Ogni qual volta nasce un bambino il mondo si trasforma. Tutti si dedicano a questo piccolo essere e la gioia che irradia da lui vince quel distacco che gli uomini inalberano per tenersi lontani a vicenda. Si crea una sorta di fratellanza di tutti verso tutti. Ci dice speranza la nascita di un bambino. Ma la nascita di Giovanni Battista ci dice ancora di più. Dio non si è stancato della nostra umanità. Dio è fedele. Da due anziani nasce un figlio ed è come se il vecchio tronco, sfatto dell’umanità generasse un pollone nuovo, che apre la strada a quell’altra nascita che ricordiamo nel Natale e che speriamo di rivivere. La nascita di Giovanni prelude la nascita di Gesù e la nascita di Gesù prelude alla nostra rinascita. Dio sta preparando il mondo nuovo!

   

 

DOMENICA 24 DICEMBRE 1995

“Essa partorirà un Figlio e tu lo chiamerai Gesù”. (Mt. 1,21)

Un giorno, raccontando ai bambini la leggenda di S. Martino che divise il suo mantello e ne diede la metà ad un mendicante nudo, fui interrotto da un bimbetto che diceva: “Il mendicante era Dio!”. E subito un altro intervenne:

“Martino ha fatto bene”. Chiedo: “Perché?” La risposta fu semplice: “Se no Dio sarebbe morto di freddo”. E’ necessario dividere, perché Dio tra noi non muoia di freddo. Questa storia di Martino dovrebbe diventare la nostra storia di Natale. Dividere il blocco dei nostri pregiudizi, delle nostre facili pretese, il blocco del nostro ‘Io’, il blocco delle nostre autosufficienze. li Figlio di Maria, il Figlio di Dio, il nostro fratello rischia di morire di freddo. Ha bisogno di mani che dividono e di cuore che riscalda.

 

   

LUNEDI' 25 DICEMBRE 1995

“E il Verbo si è fatto carne”. (Gv. 1,14)

Ogni essere umano è una finestra la splendida, grandiosa finestra di una cattedrale. Ma che cos’è una finestra senza luce? A Natale la luce si è levata. A Natale è nato colui che illumina la mia vita anche quando non vi trovo che tenebre. Voglio porla, questa vita, nella sua luce, e la finestra si infiammerà di colori, e molti vedranno la luce. (Klaus Hemmere)

 

   

MARTEDI' 26 DICEMBRE 1995

“E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito”. (At. 7,59)

San Luca, negli Atti degli Apostoli, ci narra la “passione e morte” del primo martire cristiano, il diacono Stefano, quasi con le stesse parole della passione di Gesù. Con questo, Luca vuol ricordarci che il cristiano è colui che riproduce nella sua vita e anche nella sua morte il Cristo: Gesù è venuto per servire, Stefano è diacono cioè servitore; Gesù ha dato la sua vita, Stefano accetta il martirio; Gesù morendo ha perdonato e Stefano perdona ai suoi persecutori; Gesù si affida ai Padre, come Stefano mette il suo spirito in Lui; Gesù dà la vita per salvarci, dal sangue di Stefano nascerà la conversione di Paolo. Essere cristiani non è un titolo onorifico, non è un modo per comprarci il paradiso, e essere come Cristo. Come Cristo significa venire nel mondo per compiere la volontà del Padre, significa come Lui lottare per liberare noi e l’uomo dal male, dalla morte, significa come Lui di accettare di morire per vivere, insomma significa diventare delle “originali copie” di Lui oggi nel mondo.

   

 

MERCOLEDI' 27 DICEMBRE 1995

“Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi”. (Gv. 1,3)

Oggi è la festa di uno che “ha veduto”. Giovanni ha seguito Gesù, lo ha ascoltato, ha messo il suo capo sul cuore di Gesù, ha accolto Maria in casa sua, uno che pieno di Gesù lo annuncia. Chissà come mai, oggi, specialmente nei nostri paesi occidentali, il cristianesimo ha perso mordente, non trascina, non converte? E’ vero che il benessere e l’autosufficienza sembrano appagare molti, è vero che il lavoro, gli svaghi riempiono (o sembrano riempire) una vita esagitata, ma credo anche che molti sono indifferenti perché è raro incontrare dei veri testimoni. Testimoni di parole, di tradizioni ce ne sono tanti, ma il mondo ha bisogno di incontrare testimoni veri di Cristo. Persone che non raccontano se stessi ma che fanno vedere Gesù vivo tra gli uomini. Ma si può dare una testimonianza tale se non si incontra davvero Gesù? Attenzione a non diventare cristiani senza Cristo. E’ solo se Gesù illumina la mia vita che io porterò non me stesso, ma la sua luce.

 

 

GIOVEDI' 28 DICEMBRE 1995

"Erode mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme”. (Mt. 2,16)

Ci stupiamo della crudeltà di un re che per paura che qualcuno gli insidi un trono fa uccidere dei bambini, ma il mondo non è sempre lo stesso? Quante “interruzioni di gravidanza” solo perché “non sono disponibile ad accogliere un figlio”, “mi disturba nel mio lavoro”. E si ha la sfacciataggine di chiamare un figlio indesiderato un “incidente”. Quanti bambini massacrati in guerre e combattimenti voluti da potenti, quanti ne muoiono di fame e quanti bambini “uccisi‘ perché privati di affetto. La strage degli innocenti continua nel mondo e noi ci sentiamo sconvolti ma la successiva notizia del telegiornale ce li fa ben presto dimenticare e la genia degli Erode continua ad imperversare nel mondo e anche a rimanere impunita. Davanti alla grotta di Betlemme ci siamo emozionati, davanti alle stragi di bambini ci emozioniamo, ma poi? Sia quel Bambino che questi bambini silenziosamente ci interpellano.

 

 

VENERDI' 29 DICEMBRE 1995

“Il vecchio Simeone prese il Bambino tra le braccia e benedisse Dio”. (Lc. 2,28)

C’è un antico modo di intendere che ci dice che vecchi e bambini arrivano ad avere molto in comune per cui si capiscono vicendevolmente. Non so sia vero, comunque questa scena di Gesù preso tra le braccia del vecchio Simeone e offerto a Dio mi dà l’idea di un mondo vecchio, malandato, ma che finalmente, in mezzo a tutte le sue magagne ha un lampo di luce e riconosce un’antica speranza in quel Bambino che viene a ringiovanirlo. Quando leggo la storia di ieri e di oggi vedo che il mondo è vecchio, perfino il peccato è monotono, sempre uguale, e ve lo dico anche come confessore. Sembra proprio vero quel motto latino che dice: niente di nuovo sotto il sole. Ma in mezzo a questa tristezza ecco la fedeltà di Dio fatta bambino, ecco la speranza assopita che diventa realtà.

E’ l’ora di risvegliarci, di tentare con Lui di rinascere. E con Lui si può rinascere anche a 90 anni!

 

 

SABATO 30 DICEMBRE 1995

“Il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui”. (Lc. 2,40)

Il Vangelo certo non indulge a particolari circa 30 anni di vita di Gesu. Questo versetto raccoglie la crescita e tutta la prima parte della vita di Gesù. A noi, abituati alla managerialità, sembra uno spreco di tempo. L’atteso da secoli, passa la maggioranza del tempo, a fare “cose inutili” come giocare, andare a scuola, imparare a fare il falegname. Eppure se Dio ha scelto questa strada per manifestarsi, un motivo ci sarà. Non vorrà Gesù dirci che è proprio il silenzio, la ripetitività delle giornate, il nostro lavoro quotidiano, la vita di famiglia, il luogo privilegiato della salvezza? E, a noi che andiamo a cercare Dio, lontano, in forme strane di spiritualità, il silenzio di 30 anni della vita di Cristo, non vorrà forse dirci che Dio lo trovi nell’abituale della vita più che nello straordinario?

 

 

DOMENICA 31 DICEMBRE 1995

“La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente”. (Col. 3,16)

In questa ultima paginetta dell’anno voglio ringraziare con voi il Signore. Signore, anche quest’anno ci hai dato quotidianamente il tuo Pane. Ogni giorno ci hai rivolto la tua Parola: ci hai incoraggiati, spronati, scossi, ci hai mostrato la tua misericordia, ci hai invogliati a ricominciare. Ti ringraziamo di questo e, se facendo oggi il bilancio di questo anno ci troviamo ancora molto diversi da come tu ci avresti voluti, ti chiediamo perdono, sicuri che tu non ci abbandoni. Special­mente in queste ultime ore dell’anno abbiamo bisogno di ravvivare la nostra speranza. Gesù, tu sei la luce che ci rinnova e questa sera anche noi, come quei discepoli che se ne andavano verso Emmaus, dopo aver camminato con te senza riconoscerti ma avendo sentito il loro cuore palpitare, ti diciamo: “Resta con noi, Signore, mentre viene sera”.

     
     
 

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