Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

 NOVEMBRE 1995

 

 

 

MERCOLEDI' 1 NOVEMBRE 1995

“Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell'Agnello”. (Ap. 7,14)                  

“Voi cattolici, con il vostro culto dei santi, siete degli idolatri” mi diceva un amico protestante. Può aver ragione quando i santi per qualcuno diventano più importanti di Dio o quando li si venera solo per ottenere facili miracoli. “Ma gli rispondevo, quando tu ricordi con ammirazione quanto tuo padre ha fatto in mezzo a molte difficoltà, per salvare la tua famiglia, quando ricordi la sua fede profonda e la sua preghiera, quando lo pensi unito a Dio nell’eternità, quando raccogli i ricordi che hai di lui, quasi a chiedergli consiglio nelle tue difficoltà, pensi di essere idolatra?”. I santi sono persone che nella loro vita hanno cercato di realizzare la volontà e la santità di Dio, sono ora con Dio e in Lui hanno desiderio della nostra salvezza. Noi guardiamo a loro come a persone che con l’esempio della loro vita ci dicono che la santità è possibile, e che l’eternità con Dio è meta della nostra vita. Noi li sentiamo vicini, invochiamo la loro intercessione, lodiamo Dio per quanto ha realizzato in loro.

 

 

GIOVEDI' 2 NOVEMBRE 1995

‘Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, vedrò Dio”. (Gb. 19,26)

Oggi è giorno di mestizia o di gioia? Per la nostra umanità ricordare i nostri cari defunti è mestizia: non li abbiamo più con noi materialmente, sentiamo i nostri affetti feriti, ricordiamo quasi con rammarico il nostro passato rapporto con loro. Ma nella nostra fede è gioia in quanto noi oggi celebriamo la risurrezione di Gesù e in Lui quella dei nostri morti e annunciamo la vita eterna alla quale siamo chiamati, ed è proprio in questa prospettiva che noi cristiani possiamo trovare un rapporto nuovo con i defunti. Essi sono vivi (oserei dire: più vivi di noi) in Dio. Hanno trovato in Lui la pace vera. In Lui guardano a noi con speranza e preghiera di intercessione. “L’eterno riposo” ripeteremo oggi, forse con nostalgia nel cuore, ma non un riposo in una cassa, in un cimitero, ma “riposo in Dio”, “in Dio prega per me” nell’attesa di ritrovarci nel Dio della vita che è per sempre.

 

 

VENERDI' 3 NOVEMBRE 1995 

“E’ lecito o no curare di sabato?”. (Lc. 14,3)

Gesù è un osservante della legge mosaica. Ci mancherebbe, che il Figlio di Dio, fatto uomo, non rispettasse la legge di Dio, suo Padre! Ma Gesù non è un freddo formalista religioso, è un Dio che ama e che insegna amore. L’osservanza della Legge è la strada per riconoscere su di noi la trascendenza di Dio, ma l'amore e l’unica vera risposta che noi possiamo dare al Signore. Anche le migliori istituzioni nelle mani di uomini ingiusti e senza amore generano solo sofferenza e miseria. Se penso di onorare Dio con l’osservanza formale e qualche volta ossessiva delle norme della religione, non ne ricaverò che un senso di peso e di fatica, se offro a Dio il mio cuore allora anche l’osservanza della Legge diventa gioia. Se la Messa della domenica è un obbligo, poco per volta diventa una formalità da sbrigare al più presto, se è l’incontro con un Dio Amico che mi parla, che mi illumina, che mi dà forza, diventa gioia, desiderio, partecipazione.

 

 

SABATO 4 NOVEMBRE 1995 

“Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. (Lc. 14,11)

S. Carlo Borromeo che ricordiamo oggi aveva tutte le possibilità di essere uomo di potere, di ricchezza. A vent’anni, era già cardinale e segretario di Stato di suo zio, il papa Pio IV. Ma Carlo credeva veramente a Gesù e al suo Vangelo e mise a servizio di Dio la sua ricchezza e i doni di intelligenza che aveva abbondanti. Grazie a lui fu portato a termine il Concilio di Trento. Diventato Arcivescovo di Milano si diede da fare per rinnovare la vita pastorale della Diocesi e si prodigò senza riserve specialmente durante la peste del 1576. La vera grandezza tra i seguaci di Gesù non la si misura sull’entità del conto in banca, sui titoli che si mettono davanti al proprio nome, sul prestigio, ma sul servizio e sull’amore. Prova oggi a pensare se sei servo di te stesso o degli altri.

 

 

DOMENICA 5 NOVEMBRE 1995

“Zaccheo cercava di vedere Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura”. (Lc. 19,3)

C’è sempre una folla di persone e di cose che impedisce alla tua piccolezza di vedere Gesù. “Ho tanto da fare, quante corse per il lavoro, quante preoccupazioni, e poi la famiglia, il giusto e meritato divertimento, le discussioni, la televisione, i giornali, perfino la Chiesa". E una ressa di cose si frappongono tra noi e il Signore. Hai un bell’alzarti in punta di piedi, non vedi altro che schiene e nuche. Ci vuole un atto di coraggio, di pazzia, bisogna perdere la faccia, accorgersi della nostra piccolezza e superarla, servirsi di una pianta o di qualunque altra cosa ci possa elevare un po’. Si tratta di cambiare prospettiva, di cominciare a guardare dall’alto verso il basso. Dopo questo passo, proprio Colui che volevamo vedere farà il resto.

 

 

LUNEDI' 6 NOVEMBRE 1995

“Quando dai un banchetto, invita i   poveri, storpi, zoppi, ciechi, e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. (Lc. 14,13—14)

Un Dottore della Legge osservava lo spettacolo della piazza del mercato formicolante di gente. Improvvisamente gli apparve il profeta Elia. Il Dottore della Legge approfittò dell’occasione e chiese al profeta: “Illumina la mia ignoranza: c’è qualcuno di questi mercanti che entrerà nel futuro Regno di Dio?”. “Nessuno, proprio nessuno!”, rispose il Profeta, scrollando il capo. In quel momento arrivarono sulla piazza del mercato due uomini. Si misero a fare giochi di abilità, scherzi e buffonate per attirare la gente. Intorno a loro si formò un cerchio di grandi e piccoli che si divertivano e battevano le mani ridendo. Il profeta Elia esclamò: “Questi certamente entreranno nel futuro Regno di Dio!”. Il Dottore della Legge andò a parlare ai due pagliacci. “Che cosa vendete?” chiese. Risposero: “Anche se spesso il nostro cuore è triste, vogliamo vendere a tutti la gioia di vivere

 

 

MARTEDI' 7 NOVEMBRE 1995

“Beato chi mangerà il pane nel Regno di Dio”. (Lc. 14,15)

Quante volte anche noi, pensando al nostro futuro ci auguriamo la beatitudine eterna! Facciamo bene; è la nostra meta. Ma Gesù, raccontando la parabola degli invitati alle nozze che con delle scuse declinano l’invito, ci mette in guardia. E’ in questa vita che ci viene fatto l’invito per l’eternità. Dio ha mandato Gesù a farci questo invito. Ma esso, spesso, non trova accoglienza e le scuse ci sono sempre: “Ho tanto da fare; devo curare i miei interessi; non ho tempo.. .“. Sembra quasi che pensiamo che per accogliere Gesù dobbiamo rinunciare a tutto il resto. Ma l’invito di Gesù non è perché noi disprezziamo le sue creature, e ancor meno l’amore e gli affetti umani. Egli ci chiede solo che queste realtà create non diventino un ostacolo nel nostro cammino verso di Lui. Queste realtà sono fatte per rivelarci il Creatore, che in esse e al di là di esse rimane l’unica vera fonte della nostra felicità.

 

 

MERCOLEDI' 8 NOVEMBRE 1995 

“Chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. (Lc. 14,26)

Le spalle di Gesù non erano fatte per la croce, le mie spalle neppure. Però nella croce ti imbatti inevitabilmente: ti ammali, subisci un incidente, colui che ami muore, sei incompreso, subisci persecuzione a causa della tua fede... In ogni vita umana la croce è una realtà. Tuttavia sono sempre più pochi gli uomini che si misurano con essa. Non la accettiamo, la subiamo... Eppure, o porterai la tua croce o essa ti schiaccerà! Ma potremo portare la croce solo se scopriremo il suo senso e il suo ruolo. La croce ci riconduce alle nostre giuste dimensioni, quelle di uomini poveri, deboli, fragili, piccoli. La croce può liberarci dalla materia in cui rischiamo di soffocare, può liberarci dalla mediocrità. Essa può unirci a Gesù, può parlarci della vita e di Dio. Non ci salva dalla sofferenza ma ci può salvare dal suo non senso e dalla sua inutilità.

 

 

 GIOVEDI' 9 NOVEMBRE 1995

“Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del Tempio con le pecore e con i buoi”.  (Gv. 2,15)

Parlavo con un giovane che, di ritorno da un viaggio comprendente la visita ad alcuni santuari (e pomposamente chiamato pellegrinaggio), mi diceva: “Gesù per scacciare i venditori del Tempio si è fatta una sferza, ma dovrebbe usarla ancora sui venditori di pseudo—religioso. Si contrabbandano per fede riti pagani, si vendono immaginette di ogni tipo a prezzi esosi; si commerciano addirittura indulgenze: se dici una preghiera al posto di un’altra hai l’assicurazione al paradiso". L’ho lasciato parlare, provando anch’io vergogna per queste cose che non solo non aiutano la fede ma la sviliscono. Ma poi ho detto a questo ragazzo: “Tutto ciò che dici è vero, ma adesso sia io che te dobbiamo farci un bell’esame di coscienza perché la sferza di Gesù potrebbe accarezzare anche la nostra schiena quando, ad esempio, entriamo in chiesa senza neanche salutare e adorare la presenza del Signore, quando pensandoci i migliori e i puri giudichiamo gli altri; quando ci ricordiamo di Dio solo nei momenti di necessità e non ringraziamo; quando. E ciascuno continui il suo elenco.

 

 

VENERDI' 10 NOVEMBRE 1995

“I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”. (Lc. 16,8)

Gesù lodando un amministratore infedele e ricordandoci la scaltrezza del mondo di certo non vuole darci come modello un imbroglione ma ci ricorda che siamo amministratori dei beni di Dio. Troppe volte, per falsa umiltà, per timidezza, per quieto vivere, abbiamo quasi paura di manifestare e di far portare frutto ai doni che Dio ci ha dato. Se il Signore ti ha dato intelligenza, usala per il bene dei fratelli; se hai il dono della sensibilità nei confronti dei malati, non rintanarti in casa tua; se conosci un po’ di Bibbia, non tenertelo per te; se hai il dono della preghiera, inserisci in essa il mondo intero... Essere “furbi” non significa ingannare gli altri ma usare bene dei doni ricevuti, saperli condividere in modo da essere poi accolti nell’altra vita dove sarà Gesù stesso a condividere con noi l’amore suo, del Padre, dello Spirito Santo.

 

 

SABATO 11 NOVEMBRE 1995

“Dio Conosce i vostri cuori”. (Lc. 16,15)

Questa frase di Gesù può spaventarci o riempire il cuore di speranza e di tenerezza. Può spaventarci se siamo falsi, ipocriti, insinceri. Possiamo nasconderci davanti agli uomini, farci apparire diversi da quello che siamo, falsare la realtà, in certi casi possiamo perfino cercare di ingannare noi stessi, Lui conosce il cuore, le intenzioni e “tutto quello che dite nel segreto sarà conosciuto da tutti”. Ma Dio conosce anche che, nonostante la mia poca buona volontà, gli voglio bene, che anche se spesso cado nel giudizio del mio prossimo, non vorrei mai vederlo soffrire, che nonostante il caratteraccio che mi ritrovo vorrei sempre essere in pace con tutti, che tante volte mi lascio condizionare dagli avvenimenti ma nello stesso tempo vorrei essere capace di amare tutti in ogni Situazione.

 

DOMENICA 12 NOVEMBRE 1995

“Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi”. (Lc. 20,38)

Quante volte noi rendiamo Dio, il Dio dei morti! Quando Lui è autore del fato, quando è un Dio cui piace la sofferenza, quando pensiamo sia solo soddisfatto delle nostre preghiere e delle nostre candele votive, quando ci rivolgiamo a Lui solo in caso di necessità, quando vanifichiamo l’opera del suo Spirito creatore, quando disprezziamo la natura, quando riduciamo la nostra vita al materialismo, quando manchiamo di speranza... Dio è vita, e creatore della vita, ama la vita. Gesù si fa uomo per dirci il valore della vita, risorge per dirci che la vita è per sempre, ci chiede amore per rispettare l’essenza della vita. In Lui, morto e risorto per noi, i nostri defunti sono nella vita eterna e noi, figli del Dio della vita siamo chiamati a una vita che non ha fine.

 

 

LUNEDI' 13 NOVEMBRE 1995

“Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato in mare, ed esso vi ascolterebbe”.

(Lc. 17,6)

Con questo esempio—paradosso Gesù vuole indicarci quanto sia importante la fede vera, l’abbandono totale, la fiducia più piena in Dio. Non voleva di certo invitarci ad un facile quanto inutile e superbo miracolismo. Dopo quindici anni trascorsi in dure penitenze in una foresta solitaria, un uomo era infine riuscito a camminare sulle acque. Pieno d’orgoglio e soddisfazione, andò a dare la notizia al suo guru dicendogli: — Maestro, dopo quindici anni ho finalmente acquisito il potere di camminare sulle acque! Il guru lo sogguardò, poi disse: E non ti vergogni? Ciò che hai ottenuto non vale che due soldi. Chiunque può attraversare il fiume dando due soldi al battelliere. E tu hai impiegato quindici anni per ottenere tale risultato!

 

 

MARTEDI' 14 NOVEMBRE 1995

“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio”. (Sap. 3,1)

Nella cattedrale di Westminster una pietra tombale reca questa iscrizione latina: MISERRIMUS, cioè infelicissimo. E’ tutto ciò che è scritto riguardo al morto che giace là. Nelle catacombe di Roma, è inciso su una pietra incastrata in un muro questa bella iscrizione: Felicissima, cioè: beata. Che contrasto fra queste due voci che ci pervengono attraverso i secoli! L’una non è altro che il miserevole gemito di qualcuno che muore senza certezza e senza Cristo. L’altra risuona come un grido di gioia; quella donna non soltanto sapeva ciò che lasciava, cioè una vita di persecuzioni, ma sapeva anche verso chi andava, verso Cristo, per essere con Lui, nella felicità del cielo; cosa che è di gran lunga migliore (Fil 1,23). Per lei realmente “le sofferenze del tempo presente non erano da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata” (Romani 8,18). Ella lasciava senza rimpianto un’esistenza terrena difficile per una gloriosa speranza fondata sulla risurrezione di Gesù Cristo dai morti, colui che aveva sofferto per lei infinitamente più di quanto lei potesse aver sofferto per Lui (1 Pietro 1,3).

 

 

MERCOLEDI' 15 NOVEMBRE 1995

“Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. (Lc. 17,18)

Come è difficile provare gratitudine in questo mondo duro ed egoista in cui viviamo. Tutto sembra essere comprabile solo da parte di chi ha denaro. Ma esistono beni che restano fuori da ogni valutazione e da ogni tariffa. Con il denaro possiamo procurarci una casa, ma non una famiglia felice; un’assicurazione sulla vita, ma nulla contro il timore della morte; dei tranquillanti ma non la pace interiore; un avvocato, ma non un Salvatore; un posto al cimitero, ma non un posto nel cielo. Ma se è vero che i valori veri non possiamo acquistarli, lo sappiamo che possiamo averli gratuitamente? La salvezza dell’anima, il perdono dei peccati, la pace con Dio, la vita eterna ci sono offerte senza alcun prezzo. Dio non ha prezzi, è totalmente gratuito. E noi, siamo riconoscenti?

 

 

GIOVEDI' 16 NOVEMBRE 1995

“Quando verrà il Regno di Dio?”. (Lc. 17,20)

Un giorno, andando a trovare un amico in ospedale, fui fermato dai “soliti due” che attaccarono discorso dicendo:

“Lo sa che sta per venire il Regno di Dio?” e giù a base di catastrofi imminenti, di pochi salvati, di colpi di fulmine. “E voi lo sapete che il Regno di Dio è già qui? ed è non solo per pochi eletti ma per tutti? ed è non perché io converto voi o voi convertite me ad una religione, ma perché Gesù è morto e risorto per tutti?”. Il Regno di Dio non è suoni di tromba, clamori, è piccolo come un seme, ma con la potenza di una pianta. Non devo andare a cercarlo lontano perché è nel mio cuore e nella mia vita. Si manifesta là dove l’amore riesce a superare l’odio, dove una mano si tende verso chi è solo, dove Dio prende il posto del denaro. Questo Regno non ha bisogno del nostro potere ma solo della nostra disponibilità a lasciarlo venire.

 

 

VENERDI' 17 NOVEMBRE 1995

“Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà”. (Lc. 17,33)

In una miniera d’argento di Santa Maria, alle Miniere, ai piedi dei Vosgi, fanno vedere al visitatore un cunicolo lungo una cinquantina di metri, largo cinquanta centimetri e alto meno di un metro e mezzo che tre minatori hanno impiegato sette anni a scavare. Quando il filone argentifero fu esaurito, forarono un pozzo verticale con lo scopo di raggiungere un’altra vena metallifera, situata a una decina di metri al di sotto della loro, sfruttata da altri minatori. La loro intenzione era di rubare il filone a coloro che l’avevano scoperto. Dopo più di un anno di accanito lavoro, proprio quando credevano di arrivare alla meta, la roccia sprofondò sotto di loro; caddero in un’antica galleria inondata e perirono annegati. A causa della strettezza del pozzo e dell’arsenico di cui erano impregnate la roccia e l’acqua, nessuno poté mai ricuperare i loro corpi: la miniera del tesoro diventò così la loro tomba. Questo tragico racconto illustra bene l’errore fatale di chi impiega la sua vita per acquistare ricchezze: solitamente non miete altro che la morte come frutto del suo lavoro! Si può dire che egli sarà il solo responsabile della sua infelicità eterna, come i tre infelici minatori che avevano scavato con le proprie mani la loro tomba. Non è questo che vuole l’Iddio di amore, che offre ad ognuno il mezzo di salvezza: il suo Figliuolo Gesù che diede la sua vita sulla croce per salvare gli uomini perduti.

 

 

SABATO 18 NOVEMBRE 1995

“Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre”. (Lc. 18,1)

Quante idee diverse e confuse sulla preghiera. Da chi la definisce inutile a chi la fa consistere in un chilometrico rincorrersi di parole. Gesù intanto ci dice chiaramente che essa non è un hobby o un riempitivo per chi ha tempo: è necessaria come il pane quotidiano. Di essa non puoi fare a meno, se no rischi di morire di fame e di inedia. Ma come pregare? Ci sono formule particolari per pregare? Provate a chiedere a due innamorati se hanno formule fisse per comunicare! Si comunica con gesti, pensieri, parole, atteggiamenti, cortesie... Se non sei un formalista, ma sei innamorato di Dio, davvero la tua vita diventa preghiera continua. Sentirai il bisogno di dirgli grazie, di chiedere aiuto o perdono, di lodare, di agire, di dimostrare che vuoi bene; non cercherai più la formula, ma l’amato.

 

 

DOMENICA 19 NOVEMBRE 1995

“Chi non vuoi lavorare, neppure  mangi”. (2Tess. 3,10)

L’attesa del regno definitivo di Dio, ci ricorda oggi S. Paolo, non ci esonera dal vivere pienamente la nostra vita. Cristo, quando ritornerà (e nessuno conosce la data; e chi dà a vedere di saperla, la conosce sbagliata), dovrà trovare ognuno di noi al proprio posto di lavoro, con le mani — non la lingua— in azione. Il modo migliore per guadagnarsi l’eternità consiste nel guadagnarsi con onestà e fatica il pane che si mangia nella vita quaggiù. Io non vado in chiesa perché ho paura della fine del mondo, sono scoraggiato, deluso, frustrato, nauseato, ma perché intendo iniziare a creare un mondo nuovo con Colui che è già venuto e verrà a portare a compimento tutto.

 

 

LUNEDI' 20 NOVEMBRE 1995

“Signore, che io riabbia la vista”. (Lc. 18,41)

Deve essere ben triste non vedere la luce, i colori, gli ostacoli, i volti amati... ma è ancora più triste vivere senza vedere la verità, l’amore, la giustizia, il prossimo, Dio. Spesso siamo anche noi ciechi; abbiamo persino paura che troppa luce possa farci male agli occhi, preferiamo quasi rimanere rintanati nel nostro buio per continuare a vivere in un mondo irreale. Il cieco di Gerico, grida forte, non ascolta coloro che cercano di zittirlo, reclama il dono della vista e... l’ottiene. Signore, fa’ che non abbiamo paura della tua luce, e mandala perché ci faccia uscire dal buio della tristezza e del pessimismo. Fa’ che riusciamo a vedere le tue grandi opere, il volto misericordioso del tuo Cristo, la presenza dei fratelli. Fa’ che alla tua luce anche il banale quotidiano riacquisti il colore dell’amore e della gioia.

 

 

MARTEDI' 21 NOVEMBRE 1995

“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”. (Mc. 9,35)

“Reverendo, lei non ci ha mai visto in chiesa, ma siamo una famiglia religiosa, pensi, mio zio è il Monsignor TAL DEI TALI, sa, quello che ha parlato in televisione, mia madre andava a Messa tutti i giorni...”, quasi che aver dei parenti religiosi ci garantisse l’identità cristiana. Gesù ci dice che Maria è beata, non tanto perché è la mamma del Figlio di Dio ma perché ha compiuto la volontà di Dio. La vera parentela nel Regno di Dio non è quella del sangue e neppure quella delle etichette religiose (leggi concretamente: parrocchia, Opus Dei, focolarini, pentecostali, gruppi mariani... e chi più ne ha più ne metta...). Gesù è per tutti, non per qualcuno: nessuno, neppure i santi, neppure la Chiesa che agisce in suo nome e in suo potere può esclusivizzarlo e questo è estremamente bello perché ognuno ha la garanzia di poter diventare “parente” di Gesù al di là di ogni barriera umana, solo ascoltandolo e mettendo in pratica la sua Parola.

 

 

MERCOLEDI' 22 NOVEMBRE 1995

Disse il servo: “Ho avuto paura di te che sei un uomo severo”. (Lc. 19,21)

Spesso facciamo confusione tra timore di Dio e paura di Dio. Timor di Dio è rispetto davanti alla grandezza e misteriosità di Dio. Aver paura di Dio è non fede in Lui e nelle sue opere. La fede, infatti, è abbandono nelle sue mani, è riconoscere la sua paternità e quindi la sua misericordia. La paura non conduce a niente, anzi blocca, garantisce la propria poltronaggine (come il servo della parabola odierna), impedisce di gustare la vita e di mettere a frutto i doni di Dio. Che Dio sia molto esigente nei nostri confronti, è vero. Lui non si accontenta delle briciole, vuole il nostro cuore, ma mentre ci chiede molto ci dà ancor di più. Di un Dio che si è fatto uomo e che è salito sulla croce per salvarci non posso aver paura, ma proprio perché mi ha dato tanto devo rispondergli giocando su di Lui tutto.

 

 

GIOVEDI' 23 NOVEMBRE 1995

“Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. (Lc. 19,44)

Gesù piange davanti a Gerusalemme. Piange per l’amore incompreso. Lui ha portato la fedeltà di Dio, il suo amore, la sua pace, la prospettiva della salvezza e Gerusalemme caccia Gesù, anzi lo uccide. Gesù ha visitato la tua e la mia vita, ci offre gratuitamente la salvezza, ci dà i suoi segni, spezza il suo pane con noi, e noi, troppo indaffarati e miopi, non lo accogliamo. Qualche esempio: un povero ha bisogno di noi e noi non abbiamo tempo e cuore per lui. Gesù mi invita alla sua mensa domenicale e io non sento il bisogno del suo pane. I nostri occhi e il nostro cuore vogliono trovare pace, serenità, amore e preferiamo fidarci delle cose piuttosto che accogliere, grati, questi doni da Gesù che ce li offre. Il velo del pessimismo e dell’egoismo ci impedisce di vedere il regno di Dio che sta già venendo. Speriamo che anche davanti a noi, Gesù non debba piangere per tanta mìopia e ingratitudine.

 

 

VENERDI' 24 NOVEMBRE 1995

“Gesù, entrato nel Tempio, cominciò a scacciare i venditori”. (Lc. 19,45)

Bravo Gesù! Hai fatto bene! Ci vuole ogni tanto un po’ di pulizia specialmente nel tuo tempio! Il Tempio è casa di preghiera e non di commercio. Anche le nostre chiese, pur non escludendo l’aspetto importante della fraternità, dovrebbero riacquistare nelle strutture e nel loro uso (pensate ad esempio a certi matrimoni) il senso del raccoglimento e della preghiera. Ma ci sono anche altri templi che vanno purificati. Un anziano signore innamorato della montagna mi diceva: “Per me i monti, i ghiacciai sono il più bell’altare del Signore”. Purificare la natura significa amarla senza sfruttarla, rispettarla, vederla come segno di Dio. E poi c’è “il tempio dallo Spirito Santo che siete voi” come ci ricorda S. Paolo. E anche questo tempio ha bisogno di essere purificato dall’orgoglio, dal cattivo uso, dallo sfruttamento.

 

 

SABATO 25 NOVEMBRE 1995

“Coloro che sono giudicati degni dell’altro mondo non possono più morire perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio”. (Lc. 20,35—36)

Ci vuole fede anche per accettare una cosa che desideriamo tutti: la risurrezione dai morti. Infatti noi desideriamo l’immortalità ma vediamo che la morte ha il sopravvento sulla vita, desideriamo la pace ma ogni giorno attorno a noi e in noi la vediamo insidiata e spesso sconfitta, desideriamo e cerchiamo il bene, la verità, il bello ma il male riesce a mettere il suo zampino e a rovinare anche le cose più buone. Come credere alla vita eterna, alla verità conosciuta e amata, alla giustizia perfetta? C’è solo la risurrezione di Cristo a darci questa fede, ma anche qui il dubbio può attaccarci: devo fidarmi di ciò che hanno detto gli Apostoli? In mezzo a tutti questi dubbi ci sta solo una domanda che Gesù continuamente ci pone: “Credi che io sia Figlio di Dio?” Che lo Spirito Santo ci aiuti sempre a rispondere con sincerità: “Credo, Signore! Da chi altri andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”.

 

 

DOMENICA 26 NOVEMBRE 1995

Gesù gli disse: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. (Lc. 23,43)

Ancora oggi, pur essendo molto lontani dai tempi dei re, quando c’è il matrimonio di qualche blasonato, o quando avviene l’incoronazione di qualcuno dei pochi re della terra, il clima è quello delle grandi solennità: si scomodano i potenti della terra, le televisioni a suon di miliardi si accaparrano il diritto di trasmissione in mondovisione, viene seguito un cerimoniale preciso e solenne. Quanta differenza per l’incoronazione di Gesù! C’è la folla, ma urlante bestemmie, assetata di sangue. Non ci sono i vestiti sgargianti, sontuosi e firmati, c’è un uomo nudo sulla croce, la corona è fatta di spine e i due testimoni ufficiali (così era nel diritto ebraico) sono due malfattori a loro volta crocifissi. La regalità di Gesù è dare la vita. Ma quello che mi colpisce di più è il discorso programmatico del nuovo Re. Non è una serie di promesse vaghe, è una realtà per quel ladro e anche per noi: Oggi sarai con me nel Paradiso. Gesù è re per questo, per darci la possibilità di entrare nel suo Regno.

 

 

LUNEDI' 27 NOVEMBRE 1995

“Questa vedova, nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere”. (Lc. 21,4)

Soldi e religione: quanto è difficile coniugare bene insieme questi due termini. Innanzitutto la fede, la preghiera non si comprano con i soldi. Quanto è assurdo pensare di aver comprato una messa in esclusiva per un defunto. Dio non è sul mercato al miglior offerente. E anche se può essere una buona cosa non posso pensare di essermi comprato il perdono di Dio solo perché ho dato una grossa somma per i bisognosi o perché ogni anno compilo i bollettini  di papa Giovanni, di Santa Rita, dei salesiani  o  firmo  l'otto per mille. Dio, grazie al cielo, guarda al cuore e non al  portafoglio  e  se  un  cuore,  come quello della vedova, ama ed è talmente fiducioso da offrire in elemosina anche gli ultimi due spiccioli, non sono queste due povere monetine che tintinnano davanti a Dio ma è il concerto dell'amore, della fede, della speranza che fa gioire  il  cuore di  Dio  e siccome la provvidenza  di  Dio  non si lascia mai battere  in  generosità,  quell'atto di amore  viene  iscritto  come un grande prestito che noi abbiamo fatto proprio a Lui.

 

 

 

MARTEDI' 28 NOVEMBRE 1995

Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. (Lc. 21,8)

L'insistenza dei Testimoni di Geova e anche la pochezza e fragilità del loro modo di leggere e interpretare la Bibbia ha spinto alcuni gruppi di cristiani a diventare intransigenti nei loro confronti. Gesù dice una cosa sola: "Non seguiteli". Cioè non lasciatevi irretire da false chiacchiere o da false apparenze. Alla fede non si arriva con le discussioni ne con le contrapposizioni nette. Quest’estate sono stato fermato come al solito da due testimoni ed ho provato un modo nuovo di rapportarmi con loro. “Sono contento di vedere persone innamorate di Dio al punto di testimoniarlo — ho detto loro — Anch’io sono innamorato di Dio. Se davvero è così, Dio non può che essere innamorato di noi, anche se lo conosciamo in modo diverso. Non discutiamo, ma amiamo. Se volete possiamo anche pregarlo insieme. Se non ci riusciamo ancora, preghiamo Dio ciascuno per conto proprio ma gli uni per gli altri. Se c’è amore vero, Dio non può non ascoltarci.” Mi è sembrato un modo molto più costruttivo che mettersi a discutere sul nome dì Geova o sui 144.000 salvati.

 

 

MERCOLEDI' 29 NOVEMBRE 1995

“Con la perseveranza salverete le vostre anime”. (Lc. 21,19)

Gesù, nel vangelo che leggiamo oggi, prospetta agli apostoli e a noi la persecuzione per la testimonianza del vangelo. Non è una strada facile quella della fede. Non è facile vedere Dio non capito, non amato, dimenticato. Non è neanche facile capire Dio, i suoi progetti, specialmente quando Dio sembra assente nelle vicende tristi e violente della nostra vita. Eppure Gesù dice che in mezzo a tutte queste cose neppure un capello del vostro capo perirà”. Santa Teresa d’Avila diceva: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa. Dio non muta. La pazienza ottiene tutto. A chi possiede Dio non manca nulla. Dio solo basta”. Dunque non è facile ma il Dio che ha dato forza ai martiri, ai confessori della fede, agli umili è con te. Persevera e Lui è la tua roccia, il tuo scudo, la tua rupe di difesa e il tuo baluardo. E mentre la prova e il male si accaniscono contro di te, Lui “renderà la tua faccia dura come il bronzo” e sarà “tua gioia e tua salvezza”.

 

 

GIOVEDI' 30 NOVEMBRE 1995

“E come potranno credere senza averne sentito parlare?”. (Rm. 10,14)

Sociologi e teologi ci dicono che viviamo in un’epoca di scristianizzazione e non c’è neppure bisogno che ce lo dicano loro per rendercene conto personalmente ogni giorno. E un’altra cosa che ci colpisce è che proprio nell’epoca delle grandi comunicazioni di massa (pensiamo anche solo al ruolo della televisione) ci sia un’ignoranza sempre più profonda in campo religioso. Oggi possiamo dire che qui in Italia non c’è nessuno che almeno qualche volta nella vita non abbia sentito parlare di Gesù, ma se azzardate la minima intervista su chi è Gesù avrete le risposte più disparate e sconcertanti che spesso manifestano la sua non conoscenza, addirittura tra gli stessi battezzati. Allora c’è bisogno di sentir parlare di Gesù. Non come discorso di intrattenimento, come discussione da salotto, come giustificazione di scelte o come motivo di lotta tra religioni. C’è bisogno di sentir parlare di Gesù come Figlio di Dio venuto nel mondo per essere il volto umano di Dio Padre, di Gesù Salvatore e Redentore, di Gesù e del suo messaggio di amore e di pace che pu8 cambiare il cuore dell’uomo e il volto del mondo. Ma c’è anche bisogno che chi ne parla lo faccia con la bocca e con la vita fatta di scelte evangeliche. E non aspettiamoci questo solo da preti o suore... Dio ha scelto te e me... e oggi, non domani!

     
     
 

Archivio