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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

 

 OTTOBRE 1995

 

DOMENICA 1 OTTOBRE 1995

“C’era un uomo ricco…”. (Lc. 16,19)

Il ricco e Lazzaro: da un lato un uomo semplicemente definito “ricco”, senza altri attributi, non è neanche un “ricco cattivo”. Dall’altra c’è Lazzaro, il cui nome significa: “Dio aiuta”. Quest’ultimo non chiede nulla: è presente e basta. Ma tra i due si avverte una distanza invalicabile. Il ricco non riesce neanche ad accorgersi di Lazzaro. Capita di leggere sulle porte di ingresso di certe case signorili: “Vietato ai venditori ambulanti e agli accattoni”, cioè: essi non hanno diritto di esistere. E se lo stesso divieto si trovasse capovolto alle soglie dell’aldilà: “Vietato ai ricchi”? Più che mai attuale questa pagina di Vangelo. Tanti Lazzari giacciono alla nostra porta, tanti Lazzari attendono nei paesi del Terzo Mondo, qualcosa di diverso da un rapporto di sfruttamento e di forza. Oggi, come ieri, ciò che conta è varcare l’abisso che ci separa da loro, prima che diventi un baratro invalicabile.

 

 

LUNEDI' 2 OTTOBRE 1995

“Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. (Mt. 18,10)

Ogni uomo è importante davanti a Dio. Lui non guarda le apparenze, i successi, i piccoli poteri umani, Lui guarda a suo figlio, Il pensare oggi al fatto che non solo abbiamo un ‘ anima immortale ma abbiamo anche un angelo che Dio ha messo al nostro fianco per aiutarci nel cammino e per indicarci la meta, ci dice la bontà del Padre, il suo amore vigilante e la speranza di poter anche noi arrivare a vedere il volto di Dio. Ma oggi, pensando agli angeli custodi, mi viene in mente che Dio nella sua bontà ha scelto anche me per essere “angelo”, cioè annunciatore di Lui agli altri. Posso essere angelo con la preghiera, con la parola, con la carità, con la pazienza, con la testimonianza, con la condivisione...

 

 

MARTEDI' 3 OTTOBRE 1995

“Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. (Lc. 9,54)

La tentazione di invocare i fulmini di Dio sui cattivi o su coloro che non la pensano come noi, è sempre presente: pensate alle guerre di religione, quelle grandi che ancora oggi arrossano di sangue il mondo e quelle piccole che dividono all’interno delle nostre comunità cristiane dove a volte si lanciano anatemi a persone della stessa fede solo perché appartengono a gruppi diversi. E’ il solito peccato: diventare noi giudici prendendo il posto di Dio. Lui solo conosce i cuori, Lui solo sa tutto, Lui solo può giudicare. E il giudizio di Dio non è per la distruzione ma per la salvezza. “Dio è paziente, lento all’ira, pieno di grazia e di misericordia”. Gesù non è venuto a condannare ma a dare la vita per la salvezza dei peccatori. Lo Spirito non è uno spirito di distruzione ma di vita. Se quando siamo adirati, con voglia di vendicarci, pensassimo alla pazienza che Dio ha con noi, ci calmeremmo e offriremmo sempre una possibilità ai fratelli perché “se non vi perdonerete tra voi, neanche il Padre celeste perdonerà i vostri peccati”.

 

 

MERCOLEDI' 4 OTTOBRE 1995

“Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. (Gal. 6,14)

Ci sono figure nella Chiesa che le hanno fatto più bene di tanti Concili Ecumenici, piani pastorali, organizzazioni varie. Francesco d’Assisi e tanti altri santi hanno un segreto così semplice e lampante che dovrebbe essere evidente per noi: erano innamorati di Dio. Non c e bisogno di altro. Se sei innamorato, prendi sul serio il Vangelo, hai a cuore i fratelli, trovi gioia nel cuore del Signore e non ti fermi alle cose, sai trasformare in amore anche le croci. Ho conosciuto persone innamorate che hanno fatto pazzie, sacrifici enormi per la persona amata, chissà perché noi che ogni mattina diciamo a Dio: “Ti amo con tutto il cuore” non siamo capaci di sacrificio, di fantasia, di coraggio per dimostrare al nostro Amato che gli vogliamo bene?

 

 

GIOVEDI' 5 OTTOBRE 1995

“Non salutate nessuno lungo la strada”. (Lc. 10,4)

Se leggiamo questa frase di Gesù isolata dal suo contesto ci può lasciare perplessi. Gesù che insegna la carità ci invita alla maleducazione? Gesù sta mandando i discepoli in missione e li mette in guardia contro i “lupi” che cercano in ogni modo di impedire l’annuncio del Vangelo: non bisogna dar adito ad essi con le chiacchiere vane, cioè non è con i salamelecchi, con le discussioni da salotto che si attira la benevolenza degli altri e la parola di Dio non ha bisogno di troppi contorni. Come è vera questa indicazione! Quante parole inutili nelle nostre riunioni, quanti inviti a pranzo e cena per il prete sono fatti più per convenienza sociale che per vero desiderio di approfondire la fede, quanti convegni per parlarci addosso, quanta ricerca di essere aggiornati nella fede che poi serve solo a mettere in evidenza la presupposta superiorità di qualcuno! E in mezzo a tutto questo il Vangelo di Gesù diventa solo più scusa, contorno, ciliegina su una torta che di cristiano non ha più niente. Non è la quantità di parole ben tornite che porta l’annuncio della salvezza, al massimo è la qualità del testimone che valorizza la grazia che viene solo da Dio.

 

 

VENERDI' 6 OTTOBRE 1995

“Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato”. (Lc. 10,16)

Gesù identifica a sé i discepoli. Noi cristiani parliamo a nome di Gesù, agiamo a nome di Gesù, siamo la presenza di Gesù sulla terra: quale grande responsabilità! Questo naturalmente non ci rende onnipotenti, invulnerabili all’errore e al peccato. Nessuno di noi deve far passare le proprie povertà come parola di Dio, però abbiamo la garanzia dello Spirito sul fatto che Gesù si serve di noi per continuare la sua opera di salvezza, e proprio per questo dobbiamo conformarci sempre più a Cristo. “Che cosa farebbe Gesù, se si trovasse oggi nella mia Situazione?” è una domanda che dobbiamo farci sovente, e se anche non sempre e subito ci vediamo chiaro, per lo meno chiaro diventerà almeno quello che è sbagliato fare.

 

 

SABATO 7 OTTOBRE 1995 

“Non rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”. (Lc. 10,20)

Anche nella religione siamo portati a quantificare, quasi che la fede aumenti o diminuisca a seconda dei battesimi, della partecipazione alle messe, o peggio ancora dalle offerte raggranellate. Gesù ci insegna ad essere servi ma anche servi inutili che dopo che hanno fatto tutto quello che devono fare lasciano al Signore che faccia Lui. Noi siamo seminatori chiamati a buttare il seme a tempo opportuno e inopportuno, in terreno buono, sassoso o spinoso, ma chi fa crescere e raccoglie è Dio stesso. Qual è la nostra gioia? E’ essere consapevoli che Dio si fida di noi, nonostante tutto, e ci affida la sua Parola e questo fa sì che noi siamo nel suo cuore, che i nostri nomi siano destinati all’eternità del suo amore.      

 

 

DOMENICA 8 OTTOBRE 1995

Gli Apostoli dissero al Signore: “Aumenta la nostra fede”. (Lc. 17,5-6)

S. Tommaso d’Aquino ci suggerisce oggi, con questa preghiera, un modo concreto per chiedere al Signore di aumentare la nostra fede. Concedimi, o Dio misericordioso, di desiderare con ardore ciò che tu approvi, di ricercarlo con prudenza, di riconoscerlo secondo verità, dì compierlo in modo perfetto, a lode e gloria del tuo nome. Metti ordine nella mia vita, fammi conoscere ciò che vuoi che io faccia, concedimi di compierlo come si deve e come è utile alla salvezza della mia anima. Che io cammini verso di te, Signore, seguendo una strada sicura, diritta, praticabile e capace di condurre alla meta, una strada che non si smarrisca fra il benessere o fra le difficoltà. Che io ti renda grazie quando le cose vanno bene, e nelle avversità conservi la pazienza, senza esaltarmi nella prosperità e senza abbattermi nei momenti più duri. Che io mi stanchi di ogni gioia in cui tu non sei presente, che non desideri nulla all’infuori di te. Ogni lavoro da compiere per te mi sia gradito, Signore, e insopportabile senza di te ogni riposo. Donami di rivolgere spesso il mio cuore a te, e quando cedo alla debolezza, fa’ che riconosca la mia colpa con dolore, e col fermo proposito di correggermi. Signore, mio Dio, donami un cuore vigile, che nessun pensiero curioso trascini lontano da te; un cuore nobile che nessun indegno attaccamento degradi; un cuore retto che nessuna intenzione equivoca possa sviare; un cuore fermo che resista ad ogni avversità; un cuore libero che nessuna passione violenta possa soggiogare. Concedimi, Signore mio Dio, un’intelligenza che ti conosca, uno zelo che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, una vita che ti piaccia, una perseveranza che ti attenda con fiducia, e una fiducia che alla fine arrivi a possederti.

(S. Tommaso d’Aquino)

 

 

LUNEDI' 9 OTTOBRE 1995

“E chi è il mio prossimo?”. (Lc. 10,29)

Anch’io, come quel dottore della legge, ti faccio questa domanda, Signore. So benissimo che la parola ‘prossimo’ significa “colui che ti è vicino”, so che tu dicendomi che Dio è Padre mi hai fatto capire che prossimo sono tutti gli uomini perché figli di Dio e fratelli, ma il prossimo non è come a me piacerebbe vederlo. Fare una buona azione ogni tanto è anche entusiasmante e gratificante, ma quando il prossimo è prepotente, quando ti asfissia con le sue pretese, quando non solo non e grato ma ti si rivolta contro, quando si maschera di falsità per carpire doni, non ne posso più! Ho cercato di amare il prossimo ma in certi momenti vorrei non essere cristiano per scrollarmi di dosso certo prossimo appiccicoso noioso, invadente, maleducato. E tu, Signore, anche oggi mi rispondi con la tua vita. Non mi hai amato per scherzo. Sei morto sulla croce non perché ero buono, hai sopportato degli apostoli che capivano poco, della gente che cercava solo miracoli, ti sei fatto prossimo a tutti. Signore Gesù, tu sai amare da Dio, aiuta anche me che spesso non so amare nemmeno da uomo.

 

 

MARTEDI' 10 OTTOBRE 1995

"Marta, Marta tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una cosa sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore”. (Lc. 10,41-42)

Un eremita si recò un giorno a visitare un convento. Mentre l’abate lo accompagnava in giro, l’eremita continuava ad esprimere la sua meraviglia nel vedere i monaci intenti ai vari lavori manuali. — Perché mai si danno così da fare per occupazioni terrene? Gesù non ha forse lodato Maria, che si è fermata ad ascoltarlo, e ripreso Marta, che si preoccupava troppo per l’andamento della casa? L’abate non rispose nulla; alla fine della visita, si limitò a condurre l’eremita in una cella perché potesse pregare e stare in silenzio. Verso le tre del pomeriggio, l’eremita, che cominciava ad avere fame, uscì dalla cella; trovato l’abate, gli chiese se quello fosse giorno di digiuno per i monaci. — No — rispose l’abate. — Hanno già mangiato tutti. — Ma... Come mai non mi avete chiamato? — Beh, a dire il vero, abbiamo pensato che, Siccome hai scelto la parte migliore, come Maria, ti sarebbe bastato il cibo spirituale. L’eremita abbassò lo sguardo e l’abate concluse con dolcezza: — Se Marta non avesse lavorato, come avrebbe potuto riposarsi Maria?

 

 

MERCOLEDI' 11 OTTOBRE 1995

“Signore, insegnaci a pregare”. (Lc. 11,1)

Come gli apostoli, anche noi siamo sempre alla ricerca della migliore formula di preghiera. Ma Gesù, insegnando il Padre Nostro non ci consegna una formula ma i modi e gli atteggiamenti della preghiera. A proposito di preghiere vere o false, ecco un gustoso aneddoto dei Padri del deserto. Ad Antiochia viveva un uomo ricchissimo che pregava Dio tutti i giorni perché sollevasse i poveri dall’indigenza. Saputo ciò, abbà Macario gli fece pervenire questa missiva: “Vorrei molto possedere tutto il tuo denaro”. Stupito, il ricco gli inviò un messo per chiedergli che cosa ne avrebbe fatto. Abbè Macario disse: — Dì al tuo padrone che esaudirei subito le sue preghiere.

 

 

GIOVEDI' 12 OTTOBRE 1995

“Il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”. (Lc. 11,13)

Gesù, insegnandoci a pregare, ci invita a chiedere con fiducia a Dio. Ma noi sappiamo che cosa chiedere? Il nostro sguardo spesso è molto limitato e noi chiediamo cose che ci sembrano giuste e opportune al momento ma che poi non sappiamo siano proprio le migliori per noi e per gli altri. E’ per questo che Gesù ci dice: chiedete prima di tutto lo Spirito Santo. Dio desidera darci il suo Spirito. Se noi abbiamo lo Spirito di Gesù, lo Spirito di Verità, ci avviciniamo sempre più al pensiero di Dio. Se abbiamo lo Spirito Consolatore, non ci sentiamo soli neanche nel momento in cui certe nostre richieste non sono accolte. Se abbiamo lo Spirito di Amore, impareremo da Lui ad amare. Se abbiamo lo Spirito della Vita ameremo la vita, guarderemo con più ottimismo alle creature. Se Dio ci dona lo Spirito della Gioia,  la sua forza ci renderà sereni e la nostra fiducia in Dio sarà rinnovata.

 

 

VENERDI' 13 OTTOBRE 1995

“Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde”. (Lc. 11,23)

Con Gesù non possono esserci mezze misure, non si può essere con Lui e con il mondo, non ci si può nascondere dietro ruoli e compiti. Racconta una leggenda indiana che una donna, sul punto di morire, ebbe la sensazione di arrivare in cielo davanti al trono della divinità. Una voce le chiese: “Chi sei?” “Sono la moglie del capo del villaggio”. Rispose: “Non ti ho chiesto di chi sei moglie, ma chi sei”. “Sono la mamma di cinque figli” “Non ti ho chiesto se hai figli, ma chi sei”. E andò avanti così, senza mai dare la risposta giusta. “Chi sei?. “Sono cristiana”. “Non ti ho chiesto di dirmi a che religione appartieni, ma chi sei tu”. “Andavo sempre in chiesa e aiutavo i poveri”. “Non dirmi quello che facevi, ma chi sei”. La donna fu rimandata sulla terra; era sconsolata di non aver superato l’esame. Quando guarì, decise di scoprire chi era e allora tutto cambiò in lei e attorno a lei.

 

 

SABATO 14 OTTOBRE 1995

“Beati Coloro che ascoltano Parola di Dio e la osservano”. (Lc. 11,28)

Dio è così lontano. così misterioso Come ascoltarlo?.  Dio ci ha lasciato tanti segni della sua presenza, noi stessi Siamo un suo segno e ci ha dato una sua lunga lettera: la Bibbia. Un apologo ebraico narra di un Principe che viveva lontano dal padre e si strugge di nostalgia non potendosi incontrare con lui. Un giorno gli arrivò una lettera del re e il SUO cuore si rallegrò ma prese anche pena: “Ah, se potessi tornare a vedere mio padre e se solo lui mi tendesse la sua mano! Con che gioia ne bacerei Ogni dito! Oh padre mio, oh mio maestro, oh luce dei miei occhi! Oh, se potessi toccare la tua mano!” Stava ancora desiderando di rivedere il padre e di poterlo abbracciare, quando un pensiero gli sfiorò la mente: “Non ho forse in mano una lettera di mio padre? E questa lettera non è forse stata scritta dalla sua mano? Uno scritto del Re non è forse opera delle sue dita?” Accarezzò la lettera, se la strinse al cuore e disse: “Lo scritto del Re è la mano del Re”.

 

 

DOMENICA 15 OTTOBRE 1995 

“Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono”. (Lc. 17,17)

E’ una desolazione bruciante quella dell’ingratitudine, e l’abbiamo sperimentata tutti. Hai dato il tuo tempo, il tuo interesse ad una persona e, questa, quando ha risolto i suoi problemi, sparisce; hai imprestato, magari con fatica, dei soldi ad un amico che era venuto a piangere da te e poi non solo non hai più visto i soldi ma neanche l’amico. Gesù ha guarito dieci lebbrosi e uno solo torna a dire grazie. “E tu dove sei?” quante volte torni a dir grazie al Signore dei suoi doni? Ti ha dato la vita, l’amicizia, la   parola, il pane, il perdono. Ti ha dato delle grazie particolari, si fida di te, e tu dove sei? Dio si aspetta il tuo grazie non tanto per l’amore che tu puoi tributargli, ma per salvarti definitivamente, i dieci lebbrosi sono guariti tutti dalla lebbra, ma solo quello che è tornato a ringraziare si è sentito dire: “La tua fede ti ha salvato”.

 

 

LUNEDI' 16 OTTOBRE 1995

“Questa generazione cerca un segno”. (Lc. 11,29)       

Non è solo quella dei contemporanei di Gesù la generazione che cerca dei segni, ma anche noi continuamente cerchiamo segni. Corriamo volentieri dietro l’ultimo santone di turno, leggiamo i oroscopi o addirittura frequentiamo maghi per sapere il nostro futuro, ci lasciamo avvincere dall’ultimo presunto miracolo, andiamo a pregare in quella chiesa perché lì c’è quel determinato prete che “guarisce i malati”, non come in parrocchia dove si prega solo, e ci dimentichiamo dell’unico vero segno che  è Gesù Cristo, morto e risorto per noi. E’ Gesù la salvezza, il perdono, la I guarigione vera, suoi segni sono la  Parola e i sacramenti. Non fidiamoci i troppo delle religioni fenomeno da baraccone dove il piccolo segno appariscente rischia di far scomparire Gesù Cristo o di ridurlo al toccasana delle nostre necessità.

 

 

MARTEDI' 17 OTTOBRE 1995

“Date in elemosina quel che c'é dentro”. (Lc. 11,41)

Può sembrare strana questa “elemosina” che il Signore ci chiede. Noi solitamente pensiamo all’elemosina come al prendere qualcosa di nostro, siano soldi o cose, per farne parte agli altri. Gesù invece ci invita a dare il nostro cuore, il nostro tempo, i nostri sentimenti. Mi sono reso conto tante volte della verità di questa affermazione nel passaggio continuo, quotidiano di tanti poveri e barboni. E’ vero che cercano denaro, ne hanno bisogno! Ma spesso cercano un amico per una parola benevola, per un consiglio, per non sentirsi soli. Sono tanti e certamente non si riesce a stabilire un rapporto sereno con tutti, ma quando riesco a parlare con qualcuno di loro, ad ascoltarli con pazienza, a condividere qualche loro pena, vedo che sono più contenti di questo che delle poche mille lire. E quando riesco, pur in mezzo alle tante “fregature” che mi prendo, sono più contento anch’io.

 

 

MERCOLEDI' 18 OTTOBRE 1995

“In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa”. (Lc. 10,5)

Compito di ogni cristiano è testimoniare Gesù. E Gesù è la pace di Dio. Non pace nel senso che tutto va bene, senza intoppi, ma pace ritrovata tra Dio e gli uomini che fonda lo sforzo di pace tra fratelli. Primo compito del testimone, allora, è quello di augurare questa pace e di portarla con la sua persona. Ma la pace non sempre è così facile. Bisogna prima di tutto essere in pace con Dio e con se stessi e poi bisogna che anche l’altro accolga e desideri la pace. E’ per questo che anche tra cristiani ci sono momenti di lotta, di incomprensione, di non pace. La vera pace, allora non sono i compromessi, le doppie facce, il far finta che..., e ricercare Dio, fondamento del vero amore ed è solo Lui che può farci trovare le strade, a volte sofferte, della vera pace.

 

 

GIOVEDI' 19 OTTOBRE 1995

“Guai a voi dottori della legge, che   avete   tolto   la   chiave della scienza. Voi non siete entrati e a quanti volevano entrare lo avete impedito”.

(Lc. 11,52)

Più di una volta mi è capitato di partecipare a celebrazioni anche importanti che richiamano migliaia di persone e di trovarmi davanti a un celebrante che invece di infervorarsi e trasmettere la gioia di una celebrazione, la festa della comunità, la parola di Dio viva, era di una freddezza formale, di una verbosità rituale e compassata che alla fine della celebrazione, al di là della preghiera e del “bagno di folla” non ho portato con me proprio nulla. Quanto è triste trovarsi anche oggi davanti a ‘‘dottori della legge che con arzigogoli verbali sembrano conoscere tutte le ultime novità della interpretazione biblica, ma che impediscono alla novità della parola di Dio di penetrare nei cuori e nella vita. Anche noi diventiamo “dottori della legge” quando usiamo della Parola di Dio per giustificare i nostri comodi, quando pensiamo di essere cristiani perché siamo formali osservanti, quando abbiamo la presunzione di spiegare i misteri di Dio con facili formule. Il “Guai” di Gesù è per metterci in guardia: la parola di Dio ridotta così non serve né a noi, né agli altri.

 

 

VENERDI' 20 OTTOBRE 1995

“Guardatevi dal lievito dei farisei che è l’ipocrisia”. (Lc. 12,1)

Sono tante le forme di ipocrisia che investono l’uomo, una di queste è l’ipocrisia dell’orgoglio anche nelle cose buone. Un giovane studente che aveva una gran voglia di impegnarsi per il bene dell’umanità, si presentò un giorno da San Francesco di Sales e gli chiese: “Che cosa devo fare per la pace del mondo?”. San Francesco di Sales gli rispose sorridendo: “Non sbattere la porta così forte. Sono sempre i piccoli inconvenienti che fanno i grandi litigi. Molti divorzi cominciano per dei calzini dimenticati sotto il letto. Ma anche i grandi amori sono fatti di tante piccole cose.

 

 

SABATO 21 OTTOBRE 1995

“Abramo, sperando contro ogni speranza divenne padre di molti popoli”. (Rm. 4,18)

Su questa terra c’è un popolo che nell’umanità ha fiducia. La Chiesa, popolo di Dio, sa che nessun uomo è escluso dall’amore di Dio: la salvezza e la liberazione sono per tutti. Con la Parola che annuncia, con i sacramenti che celebra, con tutta la sua vita, la Chiesa è portatrice di speranza. Nella Chiesa ciascuno di noi è invitato a proseguire il cammino verso la terra della libertà, la terra nuova e i cieli nuovi, la nuova Gerusalemme, simbolo della comunità libera e della pace definitiva, dove Dio sarà per sempre con gli uomini ed “essi saranno il suo popolo ed egli il Dio con loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, poiché le cose di prima sono passate”.

 

 

DOMENICA 22 OTTOBRE 1995

“Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre”. (Lc. 18,1)

“Ho pregato, ho pregato tanto, ma Dio non mi ha ascoltato”, è la frase che sentiamo spesso dire e che in certe occasioni abbiamo detto anche noi. Gesù, con la parabola della vedova importuna suggerisce il rapporto che collega la preghiera alla fede. E. Wiesel nel suo libro: “Celebrazioni hassidiche” racconta questo episodio:

Sai chi ha revocato il decreto celeste che doveva scatenare una catastrofe sul nostro popolo? domandò il Baal—Shem a Rabbi Nahman di Horodenko. Te lo dirò io. Nè tu né io, né i sapienti né i grandi capi spirituali. Le nostre litanie, i nostri digiuni non hanno avuto nessun effetto. E’ una donna, una donna del popolo che ci ha salvati. Ed ecco come. E’ venuta alla sinagoga e si èmessa a piangere cantilenando: “Signore dell’universo, non sei forse nostro Padre? Perché non ascolti i tuoi figli che ti implorano? Vedi, io sono madre. Ho cinque bambini. E quando li vedo versare una lacrima, mi si spezza il cuore. Ma tu, Padre, hai molti figli. Tutti gli uomini sono figli tuoi. E tutti piangono. Anche se il tuo cuore è di pietra, come puoi restare indifferente?”. E Dio le ha dato ragione.

 

 

LUNEDI' 23 OTTOBRE 1995

“Anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”. (Lc. 12,15)

Oggi vi offro due aneddoti, ciascuno li applichi alla sua vita.

 

L’imperatore Napoleone organizzò a Parigi un magnifico ricevimento. Portò nella grande sala anche il suo piccolo figlio. Ma questi non prestava attenzione ai quadri stupendi sulle pareti, né ai tavoli apparecchiati con raffinata ricchezza, né ai vestiti elegantissimi dei principi, dei conti e delle loro mogli. Attraverso la finestra guardava la strada. Napoleone, osservando il figlio, gli chiese: Che cosa è che ti manca? Desideri forse qualcosa di più?

Continuando a guardare attraverso la finestra i bambini che giocavano per strada, nella sabbia e nel fango, il figlio rispose: Vorrei andare a giocare con loro.

 

All’economo che gli faceva notare di non avere più una lira per le spese tanto ordinarie che straordinarie, san Vincenzo De’ Paoli, con viso sereno, rispose: — Che bella notizia! Sia lodato Iddio! — E’ arrivato il momento di mostrare la nostra fiducia nella Provvidenza. I tesori della bontà di Dio sono infiniti, e la nostra mancanza di fiducia lo disonora.

 

 

MARTEDI' 24 OTTOBRE 1995

“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese”. (Lc. 12,35)

Quando, negli anni del seminario, si arrivava all’ultimo giorno degli esercizi spirituali, si viveva la “giornata della paura”, infatti ogni buon predicatore si sforzava di trovare tutti gli esempi più truci per mettere in guardia dalla morte improvvisa che può coglierti in ogni momento, e se ti arriva addosso mentre sei in peccato mortale, ecco spalancarsi le fiamme eterne dell’inferno. Mi sono sempre chiesto che cosa significa “essere pronti”. Non credo che significhi vivere con la paura addosso. Un figlio che sa di avere un padre buono non ha paura di Lui e anche se sa di aver sbagliato nei suoi confronti, confida più nella sua misericordia che sul timore delle punizioni che gli verranno inflitte. Essere pronti, allora, potrebbe significare: essere consapevoli della finitezza della vita ma sapere che la vita continua in Dio; essere consapevoli della salvezza avuta dal sangue di Gesù; vivere in ogni momento la gioia e la speranza della fede; saper testimoniare con la vita il Dio della vita. Non parliamo più di inferno? No, ma ricordiamoci, per essere pronti che l’inferno è una scelta nostra.

 

 

MERCOLEDI' 25 OTTOBRE 1995

“Il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. (Lc. 12,40)

Sovente la nostra vita è stata paragonata a un viaggio in treno che, lanciato a grande velocità, procede attraverso città e campagne e qualche volta si infila in gallerie più o meno lunghe. Noi siamo dunque in viaggio. Forse siamo passati sotto più di una galleria oscura: un lutto, un incidente, una malattia, una delusione. Il treno ha appena rallentato la sua corsa ma poi ha ripreso la sua andatura normale. Abbiamo ritrovato giorni soleggiati, pianure verdeggianti. Ma ricordiamo, questo treno ha una meta, un capolinea. Lì dobbiamo arrivare. Noi non sappiamo quanto duri ancora il viaggio ma la meta ci attende. Accettare Gesù Salvatore è riconoscere la meta ed è arrivarci in qualunque momento sapendo che non ci deluderà.

 

 

GIOVEDI' 26 OTTOBRE 1995

“Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione”. (Lc. 12,51)

Gesù, il Risorto, quando appare saluta sempre dicendo: “Pace a voi”. Sulla grotta di Betlemme gli angeli augurano: “Pace agli uomini di buona volontà”. Tutto il messaggio di Gesù è un messaggio di pace e fratellanza, e poi Gesù ci dice che non è venuto a portare pace ma divisione? Non è un contrasto? O non sarà forse un modo diverso il suo di intendere la pace? Per Gesù, pace non è un modo idilliaco di vivere, senza grane, a base di compromessi. Lui non è sceso a nessun compromesso e ci ha rimesso la vita. Seguirlo non significa essere immunizzati dalle difficoltà, anzi significa crearsi dei nemici, dover spesso andare controcorrente. Pace, per Gesù, non è non aver nemici ma avere la pace di Dio nel cuore che ti permette, anche in mezzo alle divisioni, di non perdere la serenità interiore di chi sa e vuole cercare ogni giorno la volontà di Dio.

 

 

VENERDI' 27 OTTOBRE 1995

“C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo”. (Rom. 7,18)

San Paolo fa propria la nostra esperienza:quante volte sappiamo qual è il bene, desideriamo anche farlo, pensiamo che sia giusto e... ci troviamo a fare l’opposto, a non essere coerenti, a vedere che il male sembra essere più forte del bene, a trovarci scontenti di noi. Ma allora, siamo o non siamo liberi? S. Paolo risponde così: l’unica strada per capire, comprendere e vivere il grande dono della libertà, è quella di riconoscere la tua incapacità a salvarti, a liberarti da solo, ed è quella di riconoscere la possibilità di uscire da noi stessi affidandoci a Dio. Paolo ci dice: per essere veramente libero accetta di essere schiavo di Dio e Lui ti renderà creatura nuova capace, con la sua forza, di realizzare te stesso e di vincere il male.

 

 

SABATO 28 OTTOBRE 1995

“Voi siete concittadini dei Santi e familiari di Dio”. (Ef. 2,19)

Ci sono dei termini che proprio perché usati in continuazione, a volte non ri­chiamano più in pienezza il loro significato. “Noi siamo Figli di Dio” cioè noi siamo per Dio come Gesù. Dio è mio Padre come e ancor più del mio padre terreno. lo sono realmente imparentato con la Trinità. “Noi siamo fratelli” cioè ogni uomo è mio fratello vero perché figlio dello stesso Padre, fratello di Gesù e questa parentela va anche oltre al tempo: io sono fratello vero dei santi, dei martiri, degli Apostoli. Nella mia famiglia hanno posto S. Francesco, Don Bosco, San Giovanni, San Tommaso... Parte di questa mia famiglia vede già il volto di Dio. Maria non è mia Madre per figura ma mi ha per figlio come ha per figlio Gesù. Se noi partiamo da questa realtà, vedete come cambia anche il concetto di Chiesa. Non più semplice aggregazione religiosa fondata su un potere gerarchico, ma famiglia vera, luogo di comunione profonda.

 

 

DOMENICA 29 OTTOBRE 1995

“Due uomini salirono al Tempio a pregare”. (Lc. 18,10)

Giovanni Climaco, un monaco del Sinai, vissuto tra il 500—600 ci dà questa preziosa riflessione:

Quando preghi, non farti scoppiare il cervello per trovare le parole. Molte volte il semplice e monotono balbettio dei fanciulli ha placato il Padre loro che sta nei cieli. Non ti preoccupare di essere loquace, affinché la mente non si sparpagli alla ricerca di parole. Con una sola frase il pubblicano si propiziò il Signore, con una sola parola colma di fede si salvò il ladrone. La loquacità nella preghiera spesso riempie la testa di fantasticherie e suscita distrazioni. Invece la brevità — basta talora una parola appena — favorisce in genere il raccoglimento.

 

 

LUNEDI' 30 OTTOBRE 1995

“E se siamo figli di Dio, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo”. (Rom. 8,17)

“Chi sono gli eredi?” E’ una delle domande più comuni che sorge quando muore una persona facoltosa. Per rispondervi bisognerà consultare il suo testamento. Tutti sanno che la Bibbia si compone di due parti chiamate Antico Testamento e Nuovo Testamento. Poiché c’è un testamento, questo presuppone da una parte che ci sia una persona ricca, e dall’al tra degli eredi. Il ricco donatore è Dio, colui che possiede tutte le cose perché è lui stesso che le ha create. Tutto gli appartiene sulla terra e nel cielo. Chi sono allora gli eredi? L’Antico Testarnento aveva stabilito come legatario il popolo d’Israele. E’ a lui che Dio aveva fatto delle promesse e aveva dato un paese, Canaan, in eredità. Ora Israele ha disprezzato il paese, trasgredito la legge; si è distolto dall’insegnamento dei profeti e ha messo a morte il suo Messia. Da allora è caduto sotto il giudizio divino. Ma Dio è amore. Egli si compiace nel donare. Poiché i Giudei hanno disprezzato l’eredità, egli redige un Nuovo Testamento, in favore di altri eredi. Che cosa donerà loro? Non delle benedizioni terrene ma delle benedizioni spirituali: il perdono, la vita eterna, la gloria. Chi sono i nuovi eredi? I suoi figli, in altre parole, sono coloro che fanno parte della grande famiglia della fede.

 

 

MARTEDI' 31 OTTOBRE 1995

“Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto”. (Rm. 8,22)

L’uomo e la creazione da sempre sono legati. L’uomo stesso è parte della creazione. Il suo rapporto con la natura però non sempre è idilliaco. La natura ha le sue leggi a volte terribili, per di più l’uomo ha sovente violentato la natura, l’ha sfruttata indebitamente con le conseguenze catastrofiche di cui oggi spesso piangiamo. E la natura, legata alla sorte dell’uomo, diventa segno di salvezza e di donazione, parla di Dio e nello stesso tempo ricorda all’uomo la finitezza, il dolore, la prova “Geme” con l’uomo ma “spera” con l’uomo che ha visto Gesù amare la natura, rispettarla, vincerne le difficoltà (i miracoli), superarne la morte e dare all’uomo la possibilità di fare altrettanto.

     
     
 

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