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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

AGOSTO 1995

 

 

 

MARTEDI’ 1 AGOSTO 1995

“Mosè aveva piantato la tenda del convegno fuori dell’accampamento, e lì si recava chiunque volesse consultare il Signore”. (Es. 33,7)

Un caro amico sacerdote, ogni anno, quando accompagna i ragazzi in campeggio monta una tenda che è chiamata la tenda di Gesù: al centro c’è l’Eucarestia, poi la Bibbia, poi qualche libro di preghiera e di riflessione, I ragazzi lo sanno e ogni tanto, lungo la giornata, vanno a trovare Gesù nella sua tenda, si fermano, parlano con Lui, con Lui discutono i loro problemi. Nella tua vita c’è la tenda di Gesù? Certo, in mezzo alle nostre case ci sono le chiese, e lì possiamo entrare, fermarci, riflettere, pregare. Ma nella tua giornata c’è la tenda di Gesù? cioè un momento, un luogo dove tu puoi fermarti, dove puoi pregare?

 

 

MERCOLEDI’ 2 AGOSTO 1995

“La pelle del viso di Mosè era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore”. (Es. 34,29)

Siamo nel mese delle ferie e per molti c’è il problema della “tintarella”. Se cammini su una spiaggia senti odori di oli solari, puoi distinguere gli ultimi arrivati (i bianchetti) da quelli che ormai neri dimostrano di essersi già rosolati al sole. Mosè aveva parlato con il Signore, con la luce, e il suo volto era diventato raggiante, sprizzava Dio. I cristiani sono coloro che in Cristo sono inseriti in Dio, hanno la Parola di Dio e i Sacramenti, quindi il loro volto dovrebbe essere raggiante, sprizzante gioia e amore: non possiamo essere dei “bianchetti”, eppure... Proviamo a fare un esperimento: entriamo in una chiesa qualunque e guardiamo i cristiani, cominciando dal celebrante. Si direbbe che sono dei salvati? C’è voglia di comunicare Dio? Ma per essere completo, l’esperimento ha bisogno anche di un’altra fase. Guardiamoci! Siamo radiosi o amorfi? La prendiamo ogni giorno la “tintarella” da Dio o siamo ormai ammuffiti?

 

 

GIOVEDI’ 3 AGOSTO 1995

“Anche il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari.” (Sal 83,4)

Forse per molti di noi il periodo di vacanza può essere l’occasione d’incontro con il Signore che parla anche attraverso le creature. Chi ha scritto il versetto del Salmo che meditiamo oggi sapeva trarre dalla natura dei segni di speranza per la propria vita. Dio non abbandona nessuno. Anche il fiore che nasce nascosto in una foresta ha il suo significato, l’uccello che vola è segno del suo Creatore. Noi ci lamentiamo che Dio non parla, ma tutto parla di Dio. E’ solo questione di aprire occhi, orecchie, cuore per poter cogliere i segni di un Dio grandioso e misterioso, di un Dio onnipotente che continua a creare, di un Dio provvidente che sostiene ogni essere vivente, di un Dio che parla continuamente di eternità.

 

 

VENERDI’ 4 AGOSTO 1995

“Da dove mai viene a costui questa sapienza?”. (Mt. 13,54)

Celebriamo oggi la festa di un santo parroco, il Curato d’Ars. Parlando umanamente di lui non si sarebbe potuto dire “da dove gli viene questa sapienza?”. Per sua stessa ammissione era un “ignorante che solo a forza di volontà e di fatica era riuscito ad ultimare gli studi per il sacerdozio”. Eppure la gente di tutta la Francia si recava in questa parrocchietta per incontrare quest’uomo, per ascoltare la sua parola semplice che qualche volta, come scrivono i suoi biografi, non era neppure ben comprensibile in quanto frammista a sussurri, sospiri, lacrime. Allora anche per lui possiamo chiederci non da dove gli veniva la conoscenza dell’intelligenza ma la sapienza del cuore. Gli veniva dall’amor di Dio e del prossimo, da tantissima preghiera e da tanti sacrifici.., e così parlava di Dio più che con le parole, con la sua stessa vita. Come sempre Dio sceglie non le apparenze, non le parole altisonanti, ma gli umili per farli grandi.

 

 

SABATO 5 AGOSTO 1995

“La terra ha dato il suo frutto”. (Sal 66,7)

 

Oggi festa della Basilica di S. Maria Maggiore è anche un giorno in cui in molti paesi d’Italia si festeggia Maria lodandola con i nomi più diversi; viene allora bene ricordare in questo senso il versetto del salmo di oggi: in Maria la terra ha finalmente dato il suo frutto. Nel racconto biblico era un frutto ad aver avvelenato l’umanità. Ora Maria accetta di diventare terreno in cui Dio semina il frutto della salvezza dell’umanità. Gesù è questo frutto di riconciliazione. E noi, inseriti in Lui, possiamo a nostra volta portare i frutti di bontà, di misericordia, di perdono, di speranza. “Senza di me non potete nulla” dirà Gesù. Non si può essere cristiani senza Cristo. Senza la sua morte e risurrezione la nostra fede non ha senso. Maria donando Gesù, facendosi terra che dà il suo frutto diventa anche Madre della nuova umanità salvata da suo Figlio, è per noi l’humus nel quale accogliere e far crescere Gesù in noi perché in noi possa portare i suoi frutti.

 

 

DOMENICA 6 AGOSTO 1995

“Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende...”. (Lc. 9,33)

Ci sono momenti di gioia, di affetto, di felicità che noi vorremmo durassero sempre. Anche noi vorremmo “mettere la nostra tenda” lì e di lì non muoverci più. Due innamorati vorrebbero che il momento magico del loro incontro non finisse... ma la vita va avanti e magari è meno poetica e sentimentale di come uno se l’è immaginata. Il momento della trasfigurazione per Gesù e per gli apostoli non è una meta ma una tappa, la meta è dare la vita per amore sulla croce. Questa tappa però serve a Gesù e agli apostoli come conferma nella fede, come speranza di un futuro glorioso, come incoraggiamento nel cammino. La stessa cosa può avvenire per quei due innamorati che sposati dovranno tradurre il loro innamoramento in amore fatto di donazione concreta, di sacrificio, di fatica quotidiana .  

La tenda non e una dimora stabile. Serve per il viaggio. La si monta e la si smonta a seconda delle necessità prima di arrivare alla dimora stabile e definitiva.

 

 

LUNEDI’ 7 AGOSTO 1995

“Perchè mi hai gravato col peso di tutto questo popolo?”. (Nm. 11,10)

Mosè si lamenta con il Signore. La sua missione gli sembra impossibile. La terra promessa è lontana, il popolo si lagna con lui, non capisce, stenta a comprendere il progetto di Dio, la pentola della carne è vuota... Signore, oggi sono io il Mosè che si lamenta con te. Mi sembra troppo pesante il fardello che mi hai messo sulle spalle. Vedo la gente che mi hai affidato e vedo la mia povertà, povertà di fede, di forze, di capacità. Parlo di risurrezione, di eternità, di felicità che dura per sempre ma la meta è lontana, e bussano i poveri e sono tanti e vedo l’incapacità di aiutarli sul serio. Gli stessi amici, invece di aiutarmi, spesso non capiscono... E la lamentazione continua; parte da me, passa attraverso la gente e giunge fino a Dio, troppo spesso apparentemente muto e lontano. Meno male che in qualche momento di silenzio mi pare di captare la voce di Gesù che sussurra: “Coraggio, non temere, io sono con te fino alla fine dei tempi”.

 

 

MARTEDI’ 8 AGOSTO 1995

“Signore, comanda che io venga da te sulle acque”. Ed egli gli disse: “Vieni”. (Mt. 14,28—29)

E’ un impudente Pietro a fare una richiesta simile? Certo in lui avrà giocato il senso del miracolistìco, la voglia di poter dire “l’ho fatto anch’io ma come sottofondo non ci sarà stato anche l’insegnamento di Gesù: “Dove sono io sarete anche voi”, “Quello che faccio io, fatelo anche voi”? Infatti, Gesù non rifiuta questa richiesta: “Vieni!”, cioè “Provaci per vedere se hai davvero fede in me, nelle mie parole”. E Pietro ci prova, e ci riesce anche, almeno in un primo momento, ma poi si spaventa, affonda, e li avviene il vero miracolo: ha bisogno di una mano, riconosce di non farcela, chiede aiuto a Gesù e da Gesù viene salvato. Noi, se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere dove è Gesù, fare ciò che Lui ha fatto, ma dobbiamo anche, con umiltà riconoscere i nostri limiti e il bisogno di Lui per non affondare. Il ritornello che dovrebbe sempre girarci in testa e darci il senso vero della vita e dell’umiltà è “Senza di me, voi non potete far nulla”.

 

 

MERCOLEDI’ 9 AGOSTO 1995

“Donna, davvero grande è la tua fede!”. (Mt. 15,28)

Gesù ha provocato questa donna Cananea che neanche davanti al silenzio di Gesù e alle sue parole quasi offensive, ha smesso di gridare; anzi, proprio questa sua insistenza provoca il miracolo. Troppe volte noi misuriamo la fede e la preghiera con il bilancino. Gesù non ha bisogno di alchimie ben dosate, la grazia non viene a noi da parole studiate o da formule di preghiera, viene dalla fede che non ha misure specifiche ma che ci coinvolge dentro. Davanti al Signore dobbiamo essere noi stessi. Non abbiamo paura di gridare, di ridere, di piangere davanti a Lui! Sono questi modi diversi ma per esprimere solo e sempre un’unica cosa, la fiducia che abbiamo in Lui.

 

 

GIOVEDI’ 10 AGOSTO 1995

“Ha largheggiato, ha dato ai poveri; la sua giustizia dura in eterno”. (2 Cor. 9,9)

S. Lorenzo era un diacono della Chiesa di Roma (muore martire nel 258) che aveva capito bene il significato della diaconia e del servizio. Amministrava i beni della comunità in un modo che può sembrarci antieconomico. Infatti li distribuì tutti ai poveri, I persecutori che volevano appropriarsene si trovarono a becco asciutto: aveva dato via tutto, e per il Vangelo darà anche la sua vita, arso vivo su una graticola. Oggi la ricchezza della Chiesa è scandalo per molti ma è anche scandaloso  che noi cristiani, ciascuno di noi, i non abbiamo ancora capito che nella i “Banca di Dio” le cose funzionano diversamente dalle banche degli uomini: gli accumuli sono le distribuzioni, gli interessi si alzano in proporzione alle diminuizioni, le divisioni valgono più delle moltiplicazioni. E’ inutile prendersela tanto con le vere o presunte ricchezze del Vaticano se il mio cuore non è anche capace di condivisione, se manca totalmente la fiducia nella Provvidenza.

 

 

VENERDI’ 11 AGOSTO 1995

“Quale vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?”. (Mt. 16,26)

Davanti a certi uomini dell’economia e della politica c’è forse una punta di invidia: “Beato quello, con tutti i soldi che ha!”. Ma poi se ci pensiamo bene, quanti di quei soldi grondano del sudore sfruttato di operai, del sangue di altre persone... e vorresti avere sulla coscienza tutto questo? Certo, spesso farebbe comodo avere di più... ma a rischio di diventare duri di cuore, gretti di animo fino al punto di rendersi impermeabili a Dio e al grido dei poveri? Alla fine chi è più ricco: colui che ha tanti beni ed ha perso il cuore o chi può guardarsi allo specchio senza doversi sputare in faccia? E poi, davanti agli uomini possiamo mistificare, nascondere tante cose, ma davanti a Dio? Lui ci scruta e ci conosce, ci conosce in ogni gesto ed anche in ogni intenzione, le scuse, gli intrallazzi economici, politici non servono davanti a Lui e se abbiamo ancora un po’ di sensibilità, neanche davanti a noi stessi.

 

 

SABATO 12 AGOSTO 1995

“O generazione incredula e perversa! Fino a quando dovrò sopportarvi?”. (Mt. 17,17)

E’ questo uno sfogo di Gesù davanti ai suoi contemporanei, mai contenti, sempre alla ricerca di facili miracoli e mai disposti alla fede e alla conversione. “Signore, vedrai, se mi fai quella grazia, ti sarò riconoscente, mi comporterò bene, ti accenderò un cero, andrò in un pellegrinaggio (turistico) a quel santuario . E vorremmo ridurre Gesù, il Padre, lo Spirito a un fenomeno da baraccone. Gesù vuole la conversione del cuore. Una signora mi diceva: “Ma lei non crede ai miracoli!” No, ci credo, eccome! e ne vedo sovente ma mi commuovono abbastanza poco statue piangenti, soli che traballano, mi commuove e mi anima molto il miracolo di un tentativo di conversione, una coppia di coniugi che adotta una coppia di anziani inabili, un giovane che rinuncia alla discoteca per passare una serata con un disabile. Per me è miracolo il sorriso di un ammalato di cancro, il coraggio di una mamma che distrutta dal figlio continua a lottare e a sperare che ce la faccia a venire fuori dalla droga. E poi se il Signore vuol fare anche gli altri miracoli, se dà a sua Madre il permesso di apparire per condurci a più fede, gli dico “Grazie!”.

 

 

DOMENICA 13 AGOSTO 1995

“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese”. (Lc. 12,35)

Quando veniamo alla conoscenza della morte improvvisa di qualcuno ci viene spontaneo pensare frasi come queste: “E’ proprio vero che siamo di passaggio”, “Ha fatto di tutto per avere una vecchiaia felice e poi... e morto”, “Non possiamo proprio contare sul domani”. Ma dopo il primo momento di smarrimento continuiamo a vivere come se questa nostra vita terrena fosse eterna, ci affanniamo per le cose come se in esse vi fosse la felicità, bruciamo spesso la nostra vita per cose che in fondo sappiamo non durare per sempre. Quando Gesù ci invita a stare pronti non lo dice per metterci paura o per farci apprezzare meno la vita terrena, ma per dare il giusto valore al tempo, alle cose e all’eternità. La vita è un passaggio; noi non siamo i padroni assoluti di essa. Ma se è un passaggio verso l’eternità, il tempo ci è dato proprio per prepararci ad essa. Quanto è stupido sentire persone che dicono: “Non ho tempo per la fede, per pregare, per Dio” quando il tempo breve o lungo che sia dovrebbe principalmente servire a questo.

 

 

LUNEDI’ 14 AGOSTO 1995

“Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato”. (Dt. 10,16)

Un racconto dalla tradizione ebraica: Per un suo discepolo particolarmente pio, un rabbino aveva ottenuto dal Signore il dono di leggere nel cuore della gente. Un giorno, un negoziante bussò alla porta e chiese di essere ricevuto dal rabbino. Il discepolo si indignò: “Con un cuore così pieno di peccato, vuoi importunare il mio maestro?”. Appena chiusa la porta in faccia a quel disgraziato, il giovane capì la sua durezza e, piangendo, supplicò il maestro di ritirargli quel “dono imbarazzante”. Il rabbino rispose che non poteva farlo, ma avrebbe chiesto al Signore che aggiungesse un altro dono: “Quando vedrai il cuore delle persone, ti muoverai a pietà della loro miseria”. Da allora il discepolo riusciva sempre ad entrare nel cuore dei peccatori: “Scendo con loro nella loro anima e la lego alla mia. E allora entrambi siamo uniti a Dio”.

 

 

MARTEDI’ 15 AGOSTO 1995

“Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti”. (1 Cor. 15,20)

La festa di oggi ci riporta proprio al centro della nostra fede: siamo destinati alla risurrezione e alla vita eterna. Dio, accogliendo nell’eternità Maria con il suo corpo, in Lei, primizia dell’umanità ci ricorda il nostro destino. Da una recente inchiesta è risultato un dato che lascia perplessi: solo il 30 per cento di coloro che si dicono credenti crede alla vita dopo la morte. Mi chiedo come si può dire di credere a Cristo morto e risorto se si pensa che tutto si concluda nell’arco dei pochi anni della nostra vita terrena? “Se avessimo speranza solo in questa vita terrena saremmo degli stolti” dice S. Paolo in una sua lettera. Gesù vuole che “dove sono io, siate anche voi”, e l’Assunta ci ricorda che il Paradiso non è una pia illusione per tener buoni i bambini ma una realtà conquistata per noi dal Risorto. Se noi crediamo a questo, cambiano molte cose anche nel nostro atteggiamento verso la vita. Non sarebbe un “acchiappa e fuggi prima che la fine acchiappi te”, ma un “vivi con forza e gioia” per prepararti a vivere per sempre.

 

 

MERCOLEDI’ 16 AGOSTO 1995

Se tuo fratello ha commesso una colpa, va e ammoniscilo”. (Mt. 18,15)

Aiutarci vicendevolmente, correggerci quando sbagliamo è carità cristiana profonda, ma qualche volta può essere difficile perché noi rischiamo di ergerci a giudice dei nostri fratelli. La miglior correzione fraterna, il miglior modo di aiutare è portare a Dio. Nella vita del santo curato d’Ars si legge questo episodio. Andò da lui un ricco e colto signore che gli disse: “Padre, vorrei discutere con lei perché ho molti dubbi sulla fede e sui comandamenti. Non so nemmeno io se credo o non credo.” Rispose il Santo: “Prima si confessi e preghi con me e poi discuteremo”.

Quell’uomo che da molti anni non si riconciliava con Dio, cedette alle insistenze del santo parroco. Si confessò e pregò con lui e poi Giovanni Maria Vianney gli disse: “Adesso discutiamo pure. Quali dubbi hai?”. Quello rispose sereno: “Ora non ho più nessun dubbio. Sento che Dio ha perdonato tutti i miei peccati. I miei dubbi sono scomparsi”.

 

 

GIOVEDI’ 17 AGOSTO 1995

“Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello?”. (Mt. 18,21)

Questa meditazione di San Giovanni Crisostomo può forse lasciarci perplessi ma certamente è un gran motivo di riflessione: Come potete levare le mani al cielo, muovere le labbra, chiedere il perdono per voi stessi? Dio sarebbe disposto a perdonarvi i vostri peccati, però voi glielo impedite non perdonando al vostro fratello i peccati suoi. Mi dite: “Ma è brutale, è violento, si comporta in modo che non possiamo non castigarlo”. Proprio per questo dovete perdonargli. Avete subito mille torti, siete stati derubati, vi ha calunniato. Lo volete vedere punito? Concedetegli il vostro perdono. Se vi fate giustizia da voi —a parole o coi fatti — Dio non se ne occuperà: ci avete già pensato voi stessi. E non solo Dio non farà giustizia, ma punirà voi per averlo offeso. E’ imprudente far giustizia da soli, soprattutto quando il giudice è Dio. Prostratevi dinanzi a Lui. Egli risolverà il vostro guaio meglio di quanto riesca a voi. A voi ha comandato unicamente di pregare per chi vi ha fatto un torto. In quanto al modo di trattare questo tizio, vi ha prescritto di lasciare che se ne occupi Lui e solamente Lui.

 

 

VENERDI’ 18 AGOSTO 1995

“L’uomo si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola”. (Mt. 19,5)

Gesù riporta la famiglia al suo ideale primitivo, quello per cui Dio l’ha voluta. Se si comincia a pensare solo a se stessi, alle difficoltà, quell’unità voluta all’inizio dei matrimonio può incrinarsi e allora il cuore si inaridisce. Non puntiamo il dito contro nessuno, ma specialmente nei momenti di crisi o di difficoltà ritorniamo all’inizio: “lo non sono più io, siamo noi”. Ogni attentato ai matrimonio e alla famiglia non è solo contro l’altro o gli altri ma è anche contro me stesso e contro Dio che ha un progetto su di noi. Oggi con troppa facilità si parla di divorzio e poi ci si lamenta che i giovani non hanno valori, tardano a sposarsi, vedono la coppia esistente solo in funzione del proprio soddisfacimento. Le famiglie di domani hanno la loro radice nelle famiglie di oggi.

 

 

SABATO 19 AGOSTO 1995

Furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani”. (Mt. 19,13)

E’ facile intenerirsi davanti ai bambini ma, mi chiedo se questa nostra società ama i bambini. Gli spot pubblicitari amano i bambini? Li sfruttano per vendere. Un certo tipo di famiglia progetta i bambini a tempo e su misura compatibilmente a tutte le altre esigenze e se per caso ne viene qualcuno fuori programma, in nome della libertà c’è tutto lo spazio per farli fuori. Ci sono banche del seme di premi Nobel per fare bambini super intelligenti. I figli sono belli ma non devono rompere più di tanto, per cui i figli spesso sono cresciuti dagli altri e non dai genitori.., senza contare chi sfrutta i bambini, chi abusa dei bambini.., intanto i bambini non contano, non hanno potere politico, non votano, non comprano in prima persona... Non basta portare i bambini a Gesù perché li benedica: che cosa diamo veramente loro? E anche da un punto di vista religioso: basta che diamo loro un Battesimo fatto di riti e di festa senza poi dare un’educazione cristiana?

 

 

DOMENICA 20 AGOSTO 1995

“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso”. (Lc. 12,49)

Una stimolante riflessione di A. Pronzato: Nel Vangelo ce posto per tutti i mestieri: pescatori, seminatori, maestri, contadini, medici, pastori, guardie, osti, servi (possibilmente “inutili”), giardinieri, mercanti (possibilmente che combinino ottimi affari a vantaggio degli altri), portinai, amministratori, portalettere (la “bella notizia” è affidata a loro), carpentieri, re, falegnami, massaie, perfino esattori delle imposte. Ma non si parla mai di pompieri. La spiegazione sta nel Vangelo di oggi. Gesù si presenta come pericoloso incendiario: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!”. Va bene, dunque, mettere a sua disposizione braccia, gambe, mani, cervello. Tuttavia, prima di ogni altra cosa, bisogna portare legna da bruciare. Sì, è vero che nella storia della Chiesa, qualche volta, c’è stato chi si mostrava fin troppo zelante nel portare fascine per accendere roghi. Ma si può escludere fosse quello l’incendio bramato da Gesù. Ed è auspicabile che l’equivoco non si ripeta più, né con le tradizionali fascine, né con altri mezzi più aggiornati. La scintilla deve scoccare nei cuori. E’ solo partendo di lì che l’incendio ha la possibilità di svilupparsi. Ciascuno di noi deve lasciarsi scaldare, bruciare dalla fiamma accesa da Cristo. Se ci manteniamo a distanza dal fuoco, se non abbiamo eccessiva familiarità con questo elemento, non collaboreremo mai veramente all’opera intrapresa da Gesù l’incendiario. Il Vangelo è nato da una immensa passione ed è stato affidato a degli “appassionati” per la causa del Regno. Qualunque sia il compito che uno svolge nella Chiesa, è indispensabile abbia e manifesti una vera, incontenibile passione per Dio e per gli uomini “che egli ama. Se Dio non mi infiamma il cuore, se Dio non è tutto per me, io non dico nulla di lui, anche se ce l’ho sempre in bocca.

 

 

LUNEDI’ 21 AGOSTO 1995

“Udito questo, il giovane se ne andò triste poiché aveva molte ricchezze”. (Mt. 19,22)

Dobbiamo riconoscerlo umilmente. E’ lui che ha capito meglio di ogni altro le esigenze della sequela. Sì, proprio lui, il discepolo mancato. Se n’è andato avvilito, cupo, perché ha misurato fino in fondo ciò che Gesù pretende da chi lo segue. Per comprendere il rischio e la grandezza di una vocazione, abbiamo bisogno non soltanto di “sì”, ma anche di questo  “no”. Il “no” di colui che non se l’è sentita di affrontare l’avventura ci permette di valutare esattamente il coefficiente di difficoltà dell’itinerario proposto da Cristo. Tra chi rimane nell’illusione di negoziare, ottenere degli sconti, minimizzare, addolcire, appare più onesto l’uomo che se ne va, spaventato. Il suo è un modo di avvertirci che non è uno scherzo, si tratta di una cosa terribilmente seria. Un ammonimento valido pure per quelli che hanno accettato di compiere il distacco. Quasi dicesse: io non ho avuto il coraggio di lasciare. Ma badate che a voi non è consentito portarvi dietro, di soppiatto, oppure recuperare in altra maniera, ciò che avete lasciato. Oserei dire che questa vocazione rifiutata è meno pericolosa di certe vocazioni subite o vissute a metà. Infatti quella, se non altro, può costituire una sfida per qualcuno a tentare. Queste, invece, si risolvono in una specie di vaccino che praticamente riesce a immunizzare contro qualsiasi slancio, neutralizzare, alla radice, qualsiasi voglia di buttarsi nell’avventura. Quella può stimolare. Queste scoraggiano. La fede, o è contagiosa o diventa vaccino.

 

 

MARTEDI’ 22 AGOSTO 1995

“E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. (Mt. 19,24)

Ma, la ricchezza, il benessere sono proprio così brutti e sempre negativi, se il Vangelo è così drastico nei loro confronti ed esalta la povertà? Eppure sappiamo che la povertà può generare ribellione, fame, disperazione.., e sappiamo anche che un certo benessere può generare serenità di vita, generosità... Il Vangelo non vuol far altro che riproporci valori e aiutarci a conseguirli attraverso la fede perché noi siamo felici e allora ci ricorda i rischi del ricco. La ricchezza e il benessere rischiano di diventare un idolo che ci impedisce la strada di Dio. Quando il denaro e le cose diventano il fine della vita, io non vedo più Dio, la sua provvidenza; al denaro comincio ad immolare il mio tempo, le preoccupazioni, le persone e ne va di mezzo anche la mia serenità. E non pecchiamo di presunzione ingannandoci e dicendo: “Ma io so gestire bene le mie cose”, il rischio e la tentazione ci sono sempre!

 

 

MERCOLEDI’ 23 AGOSTO 1995

“Tu sei invidioso perché io sono buono?”. (Mt. 20,15)

Certe volte, dopo aver formulato in me giudizi sulle persone e sui fatti mi ritrovo a dirmi: “Meno male che tu non sei Dio e che Dio è estremamente buono e misericordioso”. Noi infatti rischiamo di essere quasi gelosi della bontà di Dio, non vediamo più la sua misericordia paziente che viene a cercarci e nella nostra mentalità commercialista vorremmo (per gli altri) che Dio facesse subito i conti. Dio invece, non ha come fine quello di fare i conti (il giudizio finale ce lo stiamo già costruendo noi) ma ha come fine quello di salvarci. Ci cerca, ci circuisce per tutta la vita, ci colma dei suoi beni anche quando non ce ne accorgiamo, ci offre continuamente possibilità di ravvedimento... E questo lo fa per ogni uomo: siamo tutti sue creature, preziose ai suoi occhi, valiamo il sangue di Gesù. Come è allora assurdo che io, salvato dalla sua misericordia, possa essere geloso se vedo un mio fratello amato dal Padre.

 

 

GIOVEDI’ 24 AGOSTO 1995

Filippo rispose a Natanaele: “Vieni e vedi”. (Gv. 1,46)

Spesso ci chiediamo come si possa, al meglio, annunciare il Regno di Dio e il suo Vangelo al mondo di oggi, e si lambiccano le varie formule: un annuncio più vicino alla mentalità di oggi, il ritorno a formule sintetiche di catechesi, un annuncio più teologicamente approfondito dei misteri della fede... Filippo ha un metodo molto semplice: “Vieni e vedi”, come dire: “Le mie parole non ti servono, ti serve incontrare Gesù!”. Rimane un dubbio. Se oggi diciamo ad una persona: “Vieni e vedi, la mia vita, la comunità dei cristiani”, siamo sicuri che facilmente incontrerà il Cristo?

 

 

VENERDI’ 25 AGOSTO 1995

“Maestro, qual è il più grande comandamento della Legge?”. (Mt. 22,36)

Domanda assurda, quella di questo dottore della legge, quasi come domandare se l’acqua è bagnata. Ogni buon ebreo ripeteva per almeno 4 o 5 volte al giorno la frase: “Ricorda Israele, il Signore è il tuo solo Dio, amerai Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua vita”, quindi sapevano benissimo qual era il comandamento. Anche noi abbiamo la bocca piena di parole di amore, sappiamo benissimo che amare Dio e il prossimo è la chiave della vita, ma poi? Ogni cristiano che vada a Messa se lo sente ripetere in ogni celebrazione, chi dice le preghiere ogni giorno ripete al Signore “Ti amo con tutto il cuore”, ma è proprio vero? Forse proprio l’abitudine a certe frasi, a certe parole che consideriamo scontate le fa scivolare su di noi come l’acqua sulla pietra; finita l’acqua, un raggio di sole, e tutto è perfettamente asciutto e impermeabile.

 

 

SABATO 26 AGOSTO 1995

E non chiamate nessuno “Padre” sulla terra. (Mt. 23,9)

Era il giorno in cui per la prima volta celebravo Messa. In sacrestia mi si avvicina un uomo già maturo e mi dice:

“Padre, mi confessa?”. Vi assicuro che più che l’emozione di confessare per la prima volta, mi ha colpito quella paro­la: “Padre”; se essa mi richiamava alla responsabilità di un grande servizio, mi lasciava imbarazzato (e la cosa continua anche oggi) perché non è di certo il “potere sacerdotale” che mi mette uno scalino sopra gli altri. Una persona non vale perché è Architetto, Ingegnere, Ragioniere, dottore, reverendo, monsignore o cardinale, ma perché è Figlio di Dio, è persona. Non basta un titolo a mascherare il vuoto. In una comunità cristiana, poi, titoli onorifici non dovrebbero proprio essercene né per i preti né per i laici. Il più bel titolo è quello di Gesù che maestro e Signore si fa servo e lava i piedi ai suoi apostoli.

 

 

DOMENICA 27 AGOSTO 1995

“Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. (Lc. 13,23)

A tutti è capitato di porsi questa domanda. Una cosa è certa: porre la questione teorica del numero dei salvati non serve, sappiamo che la porta de). Regno è stretta e che molto dipende dalla nostra accettazione di passarvi. Ciò che conta è agire, facendo coraggiosamente tutto ciò che è in nostro potere per arrivare ed entrarvi restando vigilanti sino alla fine, perché non c’è prenotazione che ci garantisca, una volta per tutte, un posto nella sala del banchetto. Bisogna anche far attenzione a non sbagliare porta come facevano certi giudei del tempo di Gesù che si aggrappavano unicamente al formalismo o come certi cristiani di oggi che credono di poter evitare le lotte e le contraddizioni, accontentandosi di un cristianesimo a buon mercato vissuto in un piccolo gruppo in cui ci si trova a proprio agio. La sola strada che conduce alla sala del, banchetto è quella su cui si cammina con Gesù.

 

 

LUNEDI’ 28 AGOSTO 1995

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”. (Mt. 23,15)

Gesù non ha avuto peli sulla lingua nei confronti dell’ipocrisia. Noi, al termine del cosiddetto mese delle vacanze vogliamo lasciarci scuotere da questa meditazione di S. Giovanni Crisostomo: E’ follia, è demenza riempire gli armadi di vestiti e guardare con indifferenza un essere umano, un essere fatto a immagine e somiglianza di Dio, che è nudo, trema dal freddo, è quasi incapace di reggersi in piedi. Voi dite: “Ma quello lì finge di tremare e di non avere forza!”. E con ciò? Se quel disgraziato recita una commedia, lo fa perché dibattuto fra la propria miseria e la vostra crudeltà. Sì, voi siete crudeli e disumani: senza quelle simulazioni non aprireste il. cuore alla misericordia. Se la necessità non lo costringesse, perché si comporterebbe in una maniera così avvilente per avere un tozzo di pane? La finzione d’un mendicante testimonia la vostra disumanità. Le sue preghiere, le sue suppliche, i suoi lamenti, i suoi pianti, il suo vagare tutta la giornata per la città non gli procurano il minimo per campare. E’ forse questa la ragione per cui ha pensato di recitare quella parte. Ma la vergogna, la colpa della sua finzione ricadono meno su lui che su voi. Lui infatti ha diritto alla pietà, trovandosi in tale abisso di miseria. Voi invece meritate mille castighi, avendolo costretto a tale abiezione.

 

 

MARTEDI’ 29 AGOSTO 1995

“Guai a voi scribi e farisei, ipocriti”. (Mt. 23,27)

E’ ancora un Padre della Chiesa, Massimo il Confessore che guida la nostra riflessione di oggi:

Esattamente queste parole, che il Signore diceva rimproverando i farisei, io sento dirlo di noi, gli ipocriti di oggi, arricchiti di tanta grazia e rimasti peggiori degli ipocriti di ieri. Non esigiamo forse anche noi che gli altri portino pesi schiaccianti mentre noi non li tocchiamo, quei pesi, nemmeno con un dito? Non è forse vero che anche noi cerchiamo i primi posti nei banchetti, i primi seggi nelle assemblee e vogliamo essere chiamati maestri? e che odiamo mortalmente chi non ci tributa questi onori? Non abbiamo forse anche noi portato via la chiave della vera scienza e chiuso in faccia agli uomini il Regno dei cieli, cosicché né ci entriamo noi né permettiamo che ci entrino gli altri?

 

 

MERCOLEDI’ 30 AGOSTO 1995

“Se salgo nei cieli, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti”. (Sal. 138,8)

Spesso, nella nostra stoltezza, diciamo che Dio non parla, è lontano. Ma tutto ci parla di Lui. “In Lui ci muoviamo e siamo”. Se guardo il cielo è la sua grandezza che mi parla, se guardo il mare è la sua forza e il suo mistero, se guardo i fiori e le foreste è la sua bellezza che risplende, se guardo gli animali è Lui che è vita; la pioggia, il freddo, il caldo possono parlarmi di Lui. Se guardo l’uomo, vedo la sua immagine. Bisogna essere ben scervellati. per non arrivare dalle creature al Creatore. Dice Gregorio di Nazianzo: “Quando vediamo uno strumento musicale ben fatto e bene accordato, o ascoltiamo i suoni che emette pensiamo subito a chi lo ha fabbricato o a chi lo suona. Forse non li conosciamo personalmente, però li pensiamo. Così è dell’Essere che ha fatto il mondo, che gli dà movimento e lo sostiene: la sua esistenza ci pare indiscutibile. Non lo comprendiamo perfettamente, però lo pensiamo”

 

 

GIOVEDI’ 31 AGOSTO 1995  

“Anche voi siate pronti perché nell’ora che non immaginate il Figlio dell’Uomo verrà”. (Mt. 24,44)

Quando Gesù diceva queste parole ci invitava a vegliare non soltanto per la sua venuta finale o per dirci che la morte può coglierci in qualsiasi momento, ma anche per indicarci le sue improvvise visite attraverso il prossimo. Il prossimo, spesso, fa irruzione nella nostra vita quando meno ce lo aspettiamo, quando non abbiamo tempo e per di più, spesso, non ha buone maniere, è indiscreto, turba l’ordine regolare della nostra vita. Non si può dunque ridurre l’amore a regole troppo dettagliate. Ricordiamo la parabola del buon samaritano: il sacerdote e il levita non ammettono che un ferito possa intralciare i loro programmi e per questo tirano diritto, Il samaritano, invece, ha accettato di cambiare il programma del proprio itinerario davanti all’incontro imprevisto con un uomo ferito. Anche oggi Cristo arriverà nella tua vita attraverso quella telefonata imprevista, quell’incontro, quella richiesta non programmata ed è proprio li che puoi incontrarlo o perderlo di vista.

     
     
 

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