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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO

 

 

SABATO 1 LUGLIO 1995

“Perchè si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie”.

(Mt. 8,17)

Spesso, quando consiglio a qualcuno di leggere un po’ di Bibbia, mi sento rispondere: “Finchè è qualche pagina di Vangelo, va bene, ma l’Antico Testamento con tutte quelle storie truculente, con quelle pagine profetiche così lontane dalla nostra mentalità, è così difficile!”. S. Matteo, quando racconta nel suo Vangelo la storia di Gesù, fa spesso riferimento a brani dell’Antico Testamento e ci insegna che queste pagine antiche si devono leggere come preparazione, anticipo, profezia di Gesù stesso. E’ Gesù il compimento della storia della salvezza della Bibbia: “Dio che in molti e svariati modi aveva parlato agli uomini, ora ci ha parlato per mezzo del suo Figlio” che “non è venuto a cambiare neanche una virgola della Legge antica, ma a portarla a compimento”. Ad esempio, nel brano di oggi, ci viene detto che il servo sofferente presentato da lsaia non è altri che Gesù che soffrendo le nostre povertà ci redime dal dolore. Allora capisco che nulla, neppure il dolore, le ingiustizie, sono estranee a Gesù e in Lui ogni momento della nostra vita ha significato.

 

 

DOMENICA 2 LUGLIO 1995

“Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme”. (Lc. 9,51)

Gesu va “decisamente” verso la sua missione che comporta la passione. Non è facile accettare la strada della croce, della prova e anche Gesù ha provato la ribellione umana verso il male ma accetta la sua strada perché la vede come piano d’amore del Padre per la salvezza di noi, suoi fratelli. Noi, invece, troppo spesso ci lasciamo paralizzare dalle incertezze, dalle paure. Siamo indecisi a tutto... Vorremmo buttarci a seguire Gesù, ma abbiamo paura di comprometterci troppo, di perdere qualcosa. Magari partiamo anche ma garantendoci una via di ritorno. Cristo invece è deciso ed esige decisione. Ama chi è deciso a rompere con il passato (“lascia che i morti seppelliscano i loro morti”). Ama chi è deciso ad andare fino in fondo (“nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”). Gesù non offre garanzie di beni terreni a chi lo segue ma la libertà interiore.

 

 

LUNEDI’ 3 LUGLIO 1995

“Non essere più incredulo, ma credente!” Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. (Gv. 20,27—28)

Tommaso è un apostolo che sento molto vicino. Forse perché anch’io vorrei vedere e toccare la presenza di Dio nella mia vita, ma anche perché vorrei arrivare con lui a fare quell’atto di fede così decisivo: “Mio Signore e mio Dio”. E mi piace anche l’atteggiamento di Gesù nei suoi confronti. Gesù non lo condanna, non lo allontana per i suoi dubbi di fede, anzi lo invita a toccare e lo fa maturare nella fede. Gesù, aiutami a non spaventarmi davanti a dubbi di fede ma vieni incontro alla debolezza della mia fede, rendimi più semplice, più disponibile a fidarmi, ad appoggiarmi con umiltà alla fede degli altri, ma soprattutto apri i miei occhi a riconoscerti presente nei tuoi tanti modi di incarnarti oggi in mezzo a noi e fa che la tua pazienza e benevolenza nei miei confronti susciti in me la stessa fede di Tommaso e mi renda capace di affermare come lui che Tu sei il mio unico Dio e Signore.

 

 

MARTEDI’ 4 LUGLIO 1995

“Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed Egli dormiva”.  (Mt. 8,24)

Uno dei salmi grida così: “Signore, perché dormi? Ci hai forse dimenticato?” Gesù stesso sulla croce, riprendendo un altro salmo, grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Nel brano di oggi sembra quasi impossibile che Gesù, su quella barca agitata dalle onde, in mezzo all’ululare dei venti, riesca a dormire, eppure tutti noi abbiamo fatto e facciamo esperienza di dolori, di paure con un Dio che sembra latitante, lontano, sordo ai nostri richiami. Signore Gesù, mentre il mondo è agitato dalla tempesta, Tu sembri dormire. Salva coloro che stanno per perdersi e nonostante la nostra poca fede liberaci dall’angoscia, facendo tornare dentro di noi la serenità e la calma, in modo che fin d’ora viviamo in quella pace di cui Tu colmerai i nostri cuori nei secoli dei secoli.

 

 

MERCOLEDI’ 5 LUGLIO 1995

“Pregarono Gesù che si allontanasse dal loro territorio”.  (Mt. 8,34)

Gesù e gli affari economici non convivono bene insieme. Gesù ha a cuore la salvezza del corpo e dell’anima di un indemoniato, gli abitanti di quella regione pensano ai soldi che hanno perso nella strage dei loro maiali che si sono buttati nel lago. E gli interessi economici hanno la prevalenza: “Questo Gesù, i suoi miracoli vada a farli da un’altra parte e ci lasci con i nostri maiali che ci danno ricchezza”. Anche oggi quando la preoccupazione maggiore sono gli affari, i soldi, non c e spazio per Gesù e per un vero interesse al prossimo. Qualche volta ci lamentiamo di Dio che sembra essere assente e lontano ma ti sei mai chiesto se non lo hai sfrattato con tutte le tue preoccupazioni materialiste?

 

 

GIOVEDI’ 6 LUGLIO 1995

Disse Dio ad Abramo: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ al territorio di Moria e offrilo in olocausto”. (Gn. 22,1)

Davvero Abramo è segno di fede totale. Prima Dio lo fa partire dalla sua terra promettendogli un paese che sembra non esserci, poi gli dice che diventerà padre di una nazione numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare, e lui invecchia senza figli. E quando nasce il figlio della consolazione gli chiede di offrirglielo in olocausto. Non ho vergogna di dire che nella mia poca fede, invece che andare nel territorio di Moria sarei andato esattamente dal lato opposto. Eppure Dio è fedele: la terra gliela ha data, il figlio pure, e il coltello del sacrificio è stato fermato al momento giusto. Abramo ha avuto fede ma Dio è il fedele. Con noi la cosa funziona esattamente nella stessa maniera.

 

 

VENERDI’ 7 LUGLIO 1995

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. (Mt. 9,12)

Rileggendo questa frase di Gesù mi veniva in mente quanto oggi si insista sulla medicina preventiva. C’è una medicina che si sforza di curare il male, ma tutti siamo invitati a gesti che prevengano l’insorgere del male. E allora, se pensi di essere abbastanza “sano” di fronte a Gesù, se quando vai a confessarti ti senti di dire: “Non ho peccati gravi” non sarà forse il caso di prevenire con più attenzione eventuali cadute? “Chi sta in piedi badi a non cadere” ci suggerisce nella sapienza S. Paolo. Non sarà forse il caso di allenarci nella carità con qualche sacrificio, con qualche maggiore generosità? Non sarà il caso di cercare qualche spazio in più di preghiera per maggiormente sentirci uniti a Colui che può tenerci in piedi?

 

 

SABATO 8 LUGLIO 1995

“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo Sposo è con loro?”. (Mt. 9,15)

Se vai ad una festa non ci vai col muso lungo, se no rovini la tua giornata e quella degli altri. Così dovrebbe essere per i cristiani. Gesù è la festa dell’uomo, la sua liberazione, la promessa di eternità, I sacramenti sono la presenza di Gesù nella nostra vita, il suo perdono, il suo pane... e noi abbiamo fatto del cristianesimo una osservanza di norme, un noioso succedersi di riti. Si può essere tristi se Cristo è risorto e vivo in mezzo a noi, si può andare a Messa come se dovessimo pagare una tassa? E’ vero che la durezza della vita non sempre ci permette di inalberare sorrisi ma è anche vero che il cuore dovrebbe lo stesso essere sempre sereno se crediamo che Dio è Padre, che Gesù ci ha aperto le porte dell’eternità, che lo Spirito Santo opera in noi. Diceva un ateo: “Vorrei vedere i cristiani sempre tristi, questo mi confermerebbe nel mio ateismo”.

 

 

DOMENICA  9 LUGLIO 1995

“Rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”. (Lc. 10,20)

Quando i 72 discepoli tornano dalla missione a cui Gesù li aveva mandati, sono contenti. Fanno un bilancio, vedono che sono riusciti perfino a cacciare dei demoni, si sentono importanti. Gesù non sminuisce questo entusiasmo ma mette le cose nel loro giusto posto. Il successo della missione non si misura dal numero delle conversioni o dei miracoli, ma dalla gioia proveniente dal fatto di aver operato nel nome di Dio, sicuri che la fedeltà di Dio che vede tutto ascrive a noi nel cielo la ricompensa alle nostre fatiche. Noi calcoliamo le nostre riuscite o i nostri insuccessi dai risultati. “Sono anni che cerco di far cambiare strada a mio figlio, ma... niente!” “La parrocchia va bene perché ci sono tanti battesimi, tante prime Comunioni, tanta gente a Messa... Dio non conta i risultati cosi. Hai fatto e fai di tutto per aiutare tuo figlio? Operi per l’annuncio del Vangelo nella parrocchia? Non guardare al risultati ma pensa a quanto sei benedetto da Dio nel poter svolgere questi compiti e ricordati che davanti a Dio nulla va perso, neanche “un bicchiere d’acqua dato per amore

 

 

LUNEDI’ 10 LUGLIO 1995

Pensava: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. (Lc. 9,21)

Qualche persona zelante vedendo il gesto di questa malata che vuoi toccare la veste di Gesù per essere guarita, potrebbe dire: “E’ una fede superstiziosa!” Eppure la donna viene guarita! Molti sono i modi per esprimere la fede. Sta a noi giudicare il grado di fede degli altri? Se è vero che dobbiamo purificare la fede dalle esteriorità, false religiosità, superstizioni, è altrettanto vero che non possiamo giudicare il. cuore di chi compie certi gesti, ad esempio quando vedo gente compiere certi percorsi in ginocchio, fino a spellarseli, posso giustamente pensare che Dio non vuole certe sofferenze o che Dio non lo si compera attraverso certi sacrifici ma non posso giudicare la fede di chi compie certi gesti, e poi, chi di noi sa od ha la fede giusta, perfetta?

 

 

MARTEDI’ 11 LUGLIO 1995

“Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosi anche voi se non rimanete in me”. (Gv. 15,4)

La festa odierna di S. Benedetto ci ricorda una persona che per contestare la società corrotta del suo tempo, si ritirò nella solitudine di Subiaco per cercare Dio e vivere sotto il suo sguardo. Noi non siamo chiamati a farci monaci ma, se vogliamo essere cristiani veri, dobbiamo mettere Gesù al centro della nostra vita. Dio lo si incontra ovunque, sia nella preghiera che nel lavoro. Rimanere in Lui significa trovare in Lui le radici delle nostre scelte quotidiane, significa lasciare che il suo Spirito ci guidi, significa non porre ostacoli affinché la sua linfa vitale passi in noi. Ecco perché è importante la preghiera nella nostra vita, proprio per creare la comunione con Lui. Pregare non è tempo perso o rubato al nostro agire: è permettere a Gesù di operare in noi e attraverso noi.

 

 

MERCOLEDI’ 12 LUGLIO 1995

“E strada facendo, predicate che il  Regno dei Cieli è vicino”. (Mt. 10,7)

Spesso siamo convinti che predicare il Vangelo richieda doti particolari, sia un incarico riservato a preti e missionari. A me piace molto la frase di Gesù che meditiamo oggi: “Strada facendo, predicate il Vangelo”. Ognuno di noi ha la sua strada, la strada del quotidiano della vita ed è lì che noi realizzando noi stessi siamo chiamati a testimoniare la fede. Si può e si deve essere cristiani sul tram, in macchina, in casa, in ufficio, nelle corsie di un ospedale come nella gioia di una vacanza, nella missione più sperduta Amazzonica come nel nostro borgo. “Strada facendo”: nei giorni felici e in quelli duri, nell’incontro fortuito di un compagno di viaggio, come con i tuoi parenti. Gesù vuole continuare la sua incarnazione in tutte le strade, vuole portare gioia nei cuori, salvezza e liberazione e mi chiede se “Strada facendo” mi faccio accompagnare da Lui.

 

GIOVEDI’ 13 LUGLIO 1995

“Non crucciatevi per avermi venduto. Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita”. (Gn 45,5)

La storia di Giuseppe venduto dai fratelli e diventato dopo molte disgrazie viceré dell’Egitto ha molte cose da insegnarci. Quando, potente, incontra i fratelli che gli hanno fatto del male, Giuseppe superando l’istinto di vendetta legge la sua storia con gli occhi di Dio: “E’ Dio che ha permesso questo perché ora io invece di vendicarmi possa aiutarvi”. Quante volte, nella nostra storia, noi non capiamo perché Dio ci faccia passare per certe strade che a noi sembrano negative, difficili. Eppure tutto ha senso agli occhi di Dio. Se ti fidi di Lui, anche un insuccesso, una prova, un dolore non succedono a caso. Per noi, uomini di poca fede, è difficile comprendere, accettare, ma come per Gesù anche la nostra croce ha un significato di salvezza. Penso che un giorno, arrivando in paradiso ad avere la visuale di Dio, scopriremo come certi momenti in cui abbiamo avuto difficoltà a riconoscere la bontà di Dio siano stati, invece, un suo atto di amore profondo per noi.

 

 

VENERDI’ 14 LUGLIO 1995

“Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe”. (Mt. 10,16)

Troppo spesso si è confusa semplicità con stupidità, perdono con debolezza di carattere, purezza di cuore con mancanza di concretezza, non violenza con debolezza e si è fatto del cristiano uno che vivendo in un “altro mondo” non ha i piedi sulla terra. Gesù nel Vangelo ci insegna la semplicità come strada per incontrare Dio e i valori fondamentali della vita, ma ci invita anche ad essere accorti, a saperci difendere, a saper cogliere con furbizia le occasioni di bene; ci insegna a perdonare ma a dire sempre la verità, a porgere l’altra guancia ma a chiedere le motivazioni, a offrire sempre un’altra possibilità ma non a diventare conniventi con il male. La fede cristiana non si fonda sull’abdicare alla realtà umana, ma nell’incarnare nell’umanità una realtà che la supera e la porta al suo vero essere.

 

 

SABATO 15 LUGLIO 1995

“Un discepolo non è da più del Maestro; è sufficiente per il discepolo essere come il suo Maestro”. (Mt. 10,24—25)

Sentendo parlare certi teologi, certi cristiani saccenti e presuntuosi, si ha l’impressione che Gesù è ben poca cosa a loro confronto. Già gli apostoli avevano il vizio di camminare davanti al Signore invece di seguirlo. Ricordo sempre un vecchio aneddoto greco dove si raccontava di un filosofo che lodò il ciabattino perché gli aveva confezionato un ottimo paio di scarpe. Questi inorgoglito dell’elogio si mise a riprendere il filosofo parlandogli con orgoglio di principi di filosofia che non conosceva. Il filosofo gli disse: “Ciabattino, non più in là delle scarpe”. Ogni tanto mi ripeto questa frase specialmente quando pretendo di conoscere troppo, di sdottorare su tutto e su tutti. Nel nostro mondo

 

 

DOMENICA 16 LUGLIO 1995

“Un Dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù”. (Lc. 10,25)

Mi chiedo se questo maestro della Legge che interroga Gesù fosse uno che voleva solo sapere, discutere di religione o se fosse uno che voleva davvero impegnarsi a vivere la fede. Conosco un mucchio di cristiani (e nel mucchio ci sono anch’io) che vogliono sapere, conoscere tutto di Dio, partecipano a corsi biblici, a simposi e seminari sul cristiano oggi, magari si riempiono la bocca di sinodi diocesani sul come comunicare la fede, ma non si muovono mai. Su tutto hanno una loro ricetta, una “lettura sociologica”, una intuizione ecclesiale per fare lavorare gli altri a patto poi di criticarli perché non hanno fatto bene ma... “dal dire al mettere in pratica” ci sta di mezzo il mare. Gesù sembra stufo di chiacchiere, di dotte discussioni rabbiniche o teologiche alla ricerca di quale sia il sesso degli angeli o se la messa serale di un giorno festivo sia valida anche per il. giorno festivo successivo e sbotta davanti al dottore della Legge presentandogli un samaritano, un eretico, che perde tempo, soldi, rischia la pelle per aiutare un ferito incappato nei briganti. E la conclusione è anche per me e per tutti i cristiani “intellettuali”: “Vai e fai lo stesso”.

 

 

LUNEDI’ 17 LUGLIO 1995

“E chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità vi dico non perderà la sua ricompensa”. (Mt. 10,42)

Racconta Shundo Aoyama nel libro “La  voce del fiume”:

C’è una storia che non riesco a dimenticare, anche se sono passati tanti anni da quando l’ho ascoltata dal saggista Matsui Tòru. Riguarda una giovane donna cristiana di nome Kitahara Reiko, figlia di un professore universitario. Alla fine della seconda guerra mondiale, in un angolo popolare del centro di Tokyo che era stato raso al suolo dai bombardamenti, sorse una baraccopoli chiamata “la città delle formiche”, i cui abitanti erano raccoglitori di stracci. Reiko, un giorno, decise di andare a vivere là. Riunì i bambini del posto, che erano troppo poveri per andare a scuola, e divenne la loro insegnante. Saltando spesso le ore di sonno, si prese cura anche degli ammalati e degli anziani che vivevano soli. Lavorava anima e corpo. Ogni mattina, con un sorriso allegro, salutava centinaia e centinaia di straccivendoli che andavano per le strade a lavorare, trainando i loro numerosi carretti di legno. Ogni sera, anche fino a tardi, accoglieva senza distinzione il loro ritorno, sempre dolcemente sorridente dicendo: “Bentornati. Adesso riposate”. La sola vista del suo sorriso, innocente e gentile, rese questi uomini rozzi, che abitavano nei bassifondi della città degradata dal caos della guerra, dimentichi della loro stanchezza e della loro infelicità. Fu così che Reiko venne chiamata la “Beata Vergine della città delle formiche”, e fu venerata da tutti. Alla fine, per l’eccesso di lavoro, la giovinetta si ammalò di tubercolosi. Sebbene la gente del quartiere la spingesse a tornare dai suoi genitori per curarsi, lei disse che voleva morire lì, e non tornò a casa dalla sua famiglia. Dopo aver lottato contro la malattia su un futon tutto consumato, in un angolo di una baracca cadente dove gli spifferi di vento freddo penetravano attraverso le crepe, senza prendere medicine né nutrirsi a sufficienza, Reiko perse così la vita nel fiore dei suoi vent’anni. Dopo la sua morte, sotto il cuscino della giovinetta venne trovato un piccolo quaderno. Era il suo taccuino che di tanto in tanto Reiko apriva di nascosto, durante la malattia, Il maestro Matsui, immaginando che vi fosse scritto qualcosa di impostante, lo aprì e vi trovò annotata soltanto questa frase: “Non stai per caso dimenticando di sorridere proprio adesso?”. Così con il suo sorriso Reiko ha rivelato la presenza amorosa di Gesù ai poveri.

 

 

MARTEDI’ 18 LUGLIO 1995

“Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli”. (Mt. 11,20)    

Un brano di Giovanni Crisostomo:

Pensate agli attori: si mascherano, si travestono. Uno sembra un filosofo, un altro un re benché re non sia, un terzo ha l’aspetto d’un medico pur non sapendo affatto curare i malati, un quarto fa lo schiavo nonostante sia libero, un  altro ancora recita la parte del professore senz’aver compiuto gli studi necessari. Non appaiono così come sono, appaiono per quello che non sono. Il filosofo è filosofo solo per la chioma abbondante ma finta, il soldato è soldato solo perché indossa la divisa militare. Questa mascheratura tende a creare una situazione illusoria, a dissimulare la realtà. Anche il mondo è un teatro. La condizione umana, la ricchezza, la povertà, il potere, la sottomissione sono soltanto finzioni da commedianti. Quando passerà questo giorno e verrà la notte — che però bisognerebbe chiamare giorno: notte per i peccatori, giorno per i giusti, quando finirà la rappresentazione, quando ognuno si troverà dinanzi alle proprie azioni e non alle proprie ricchezze o alla propria dignità o ai propri onori o alla propria potenza, quando ci verrà chiesto di render conto della vita e delle opere virtuose senza guardare né al fasto dell’opulenza né all’umiltà dell’indigenza, quando insomma ci sarà detto: “Mostratemi le vostre azioni!”, allora le maschere cadranno e apparirà chi è il vero ricco e chi è il vero povero.

 

 

MERCOLEDI’ 19 LUGLIO 1995

“Ti benedico, Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.

(Mt. 11,25)

Quante volte nella mia storia di prete mi è capitato di constatare la realtà di queste parole. Ho incontrato scienziati e teologi che non sapevano se non balbettare qualcosa di natura e di Dio, e ho incontrato poveri e umili che con gli occhi, il cuore, la vita manifestavano che Dio era in loro. Ricordo di essere stato chiamato al letto di morte di una povera donna, ancora giovane, madre di tre figli. Viveva in una casa vecchia, arredata alla bella meglio. Il marito se ne era andato lasciandole povertà e figli. La donna soffriva e teneva gli occhi chiusi. lo ero addolorato, imbarazzato: che cosa dire? come consolare? dovevo parlare di speranza, ma quale speranza? Le presi la mano, e, quasi sperando non mi capisse troppo, cercavo di parlarle di Gesù. A un certo punto aprì gli occhi: erano estremamente profondi e sereni, mi guarda poi rivolse lo stesso sguardo sereno ai suoi figli e disse solo: “Dio provvede a tutti”. Ancora oggi quando incontro uno di quei ragazzi ormai cresciuti cerco nel suo sguardo lo sguardo di sua madre: lì Dio non c’era bisogno di portarlo, lì Dio ci abitava.

 

 

GIOVEDI’ 20 LUGLIO 1995

“Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. (Mt. 11,30)

“Essere cristiani è estremamente difficile: perdonare, essere poveri, condividere, farsi prossimo, è un peso... E’ vero, se prendiamo l’osservanza dei comandamenti come un qualcosa che dobbiamo fare per essere a posto con Dio, è un peso; ad esempio se andiamo a messa per il precetto troveremo duro trovare il tempo, se preghiamo al mattino e alla sera per essere osservanti ne sentiremo il peso. La perfezione definita dalla legge è un fardello troppo pesante per l’uomo debole e peccatore. Alla scuola di Gesù impariamo a portare un altro peso per mezzo di un giogo nuovo: si tratta di accogliere Lui come colui che ci libera, ci fa nuovi, ci porta gioia, allora anche i pesi diventano più leggeri, la preghiera è un momento di incontro gioioso, la Messa è un ascoltare Colui che ci parla e si fa pane del nostro cammino, la carità e il perdono, pur costandoci, ci assimilano a Gesù e ci danno gioia.

 

 

VENERDI’ 21 LUGLIO 1995

“Misericordia io voglio e non sacrificio”. (Mt. 12,7)

Che cosa vuoi dirci Gesù con questa frase? Esaminiamo le parole:

SACRIFICIO vuoi dire qualcosa che costa rinuncia ma vuoi anche dire rito di offerta.

MISERICORDIA vuoi dire aver compassione ma anche essere disponibilità, accoglienza, servizio. Gesù qui vuoi dirci che davanti agli occhi di Dio è più importante questa attenzione agli altri, questo farsi parte delle situazioni altrui che non l’osservanza formale della legge o i riti di preghiera vissuti per abitudine. Non ci dice che non dobbiamo andare a Messa, pregare, osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa ma che se c'e solo questo senza un cuore aperto alle necessità dei fratelli, non c e niente perché la fede non è passata nella vita. Se vogliamo allora sapere se siamo sulla strada giusta, interroghiamoci, allora, non tanto sul numero di Messe che abbiamo “preso” o sulle ore di preghiera che abbiamo fatto ma piuttosto sul fatto se la fede ci scomoda verso i fratelli.

 

 

SABATO 22 LUGLIO 1995

‘I farisei, usciti, tennero consiglio contro Gesù per toglierlo di mezzo”. (Mt. 12,14)

Gesù accetta davvero la sorte del giusto. Quando c’è qualcuno che non rientra negli schemi o si cerca in qualche modo di inglobarlo, di zittirlo o si complotta per farlo fuori. Se non rientri nella macchina ben oliata della società, della politica, della Chiesa struttura, dai fastidio e allora o ti si promuove per zittirti o ti si esclude. Oscar Romero, don Puglisi danno fastidio al potere, alla mafia? Meglio farli fuori! Gesù non rientra nell’ordine costituito della religione ebraica? “Meglio che un uomo solo muoia piuttosto che debba soffrirne una intera nazione” (leggi: piuttosto che noi dobbiamo rimetterci nei nostri privilegi). Può capitare anche a noi quando per coerenza con alcuni valori, cominciamo a dar fastidio. Forse è proprio un buon segno, anche se triste e doloroso, un segno di contraddizione e di fedeltà che non può che portare buoni frutti.

 

DOMENICA 23 LUGLIO 1995

“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose. Ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta”. (Lc. 10,42)

Gesù non intende opporre due diversi stati di vita. Non ci sono da un lato gli aristocratici della vita cristiana e dall’altra le truppe semplici del ministero apostolico di cui la Chiesa ha bisogno quaggiù ma che sarebbero condannati ad una santità di secondo grado. La risposta di Gesù a Marta non è assolutamente rivolta a fornire una buona coscienza a chi ritenesse di potersi riconoscere in Maria. Gesù vuole soltanto ricordare che c’è una cosa in­dispensabile: ascoltare la parola del Signore per serbarla nel proprio cuore e metterla in pratica. Questo è ciò che fa il vero discepolo. Anche la Madonna non ha smesso di fare le faccende di casa per tutta la sua vita ma le ha fatte in un certo modo e con un certo spirito proprio perché ascoltava e “serbava nel suo cuore” le promesse e i misteri della Parola.

 

 

LUNEDI’ 24 LUGLIO 1995

“Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno”.  (Mt. 12,38)

Quando scribi e farisei chiedono a Gesù un segno, Egli aveva già compiuto molti miracoli. Ma davanti ai miracoli c’era chi aveva creduto e chi ancora di più aveva preso Gesù per un millantatore, per un impostore. La fede non si fonda sui miracoli ma sulla accettazione di una persona. I miracoli, al massimo, possono confermare la fede. Non è cambiato molto dai tempi di Gesù. La nostra generazione pur così materialista è sempre alla ricerca dello straordinario, del miracoloso. Andiamo a cercare segni e non sappiamo leggere i segni che abbiamo. Che un Dio, per amore, accetti di morire su una croce non è forse la cosa più straordinaria e confortante? Che io sia perdonato dalla sua misericordia, che possa mangiare il suo Corpo ed essere in comunione con Lui, non è un miracolo? Che cos’è un apparizione in confronto alla sua Parola che può trasformarmi? I miracoli ci sono e sono quotidiani ma noi spesso ci siamo dentro, vi passiamo vicino e non ce ne accorgiamo, cerchiamo i pezzettini di vetro luccicanti e calpestiamo le perle.

 

 

MARTEDI’ 25 LUGLIO 1995

“Noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio, non da noi”. (2Cor. 4,7)

L’esperienza di essere vasi di creta, molto fragili, continua nella nostra vita. Siamo deboli, come forze, come salute, come peccabilità. Siamo deboli come idee, come costanza, limitati nello scoprire, nell’agire. Eppure, così deboli, scopriamo di avere un cuore con capacità illimitate, una voglia di bello, di giusto, di vero che non trova mai il suo appagamento completo. Ed è così anche nella fede. Dio, l’Eterno, entra nel nostro tempo; Lui, io Spirito prende carne; Lui, l’Uno, moltiplica il suo pane per tutti per farci uno. E noi, povere persone, piene di peccati, siamo chiamati ad annunciare ad altri un mistero più grande di noi. Come prete mi è ancora più chiaro questo concetto: chi sono io peccatore da poter dire a un altro “ti sono rimessi i peccati”? Paolo ci dà la motivazione: la grazia di Dio opera al di là di noi, la potenza di Dio si serve della nostra debolezza, nella povertà Dio ci fa ricchi.

 

 

MERCOLEDI’ 26 LUGLIO 1995

“Uscì il seminatore a seminare”. (Mt. 13,3)

Gesù si paragona al seminatore. Quando noi vediamo un contadino seminare, sia noi che lui sappiamo che non tutti quei chicchi buttati porteranno frutto. Ma nonostante questo il contadino semina nella speranza di vedere una splendida messe. Anche Gesù sapeva che molte delle sue parole sarebbero cadute nel vuoto, che il suo sangue versato per noi, non sempre sarebbe stato accolto da coloro che era venuto a salvare, ma non per questo si è spaventato o tirato indietro. Così è per noi: non si tratta di voler vedere ad ogni gesto, ad ogni parola, il frutto immediato, si tratta di seminare e seminare in abbondanza e dappertutto, nei terreno buono ma anche ai margini. E bisogna fare questo nella speranza e nella fede. Non sta a noi far nascere la pianta, dipende da tante cose: la bontà del seme, il terreno, il sole, le stagioni... Un’unica cosa dipende da noi: il seminare. Se non semino sicuramente non crescerà niente.

 

 

GIOVEDI’ 27 LUGLIO 1995

“Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito”. (Mt. 13,14—15)

Se penso a quanta Parola di Dio ho letto e sentito nella mia vita, a quanti segni Dio mi ha donato lungo questi anni, mi stupisco di non essere ancora cambiato totalmente. Anche il nostro mondo non può dire di non aver avuto l’opportunità di sentire in mille modi la Parola di Dio eppure è più che mai scristianizzato. La colpa allora non è di Dio e probabilmente neanche per la mancanza di annunciatori, di predicatori, è invece il cuore che si è indurito, che non accoglie la Parola o che la sente solo alla superficie. Molte riflessioni fatte in questo tempo di Sinodo della Chiesa Torinese hanno portato alla conclusione che il messaggio cristiano spesso non arriva perché molti uomini oggi vivono solo per le cose materiali, senza speranza per un futuro, chiusi alla comprensione di termini come risurrezione, vita eterna. li cuore indurito ha una scorza dura, a prima vista impenetrabile ma se questo cuore non è morto del tutto, se batte ancora, Colui che ha fatto saltare la pietra del sepolcro non potrà infrangerne la crosta indurita?

 

 

VENERDI’ 28 LUGLIO 1995

“Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra”. (Es. 20,4)

La tentazione degli idoli è sempre la stessa lungo i secoli. All’epoca dell’Esodo, vivendo gli Ebrei in mezzo a popoli politeisti c’era il pericolo di lasciarsi condurre ad adorare dei e idoli, oggi vivendo in un mondo materialista ed edonista gli idoli sono cambiati ma la tentazione è sempre la stessa. Faccio qualche esempio dal piccolo al grosso: “Non ho tempo per andare a Messa la domenica!” ma la stessa persona la ritrovi alla domenica a lustrare la macchina davanti a una fontana pubblica. “Non si può servire Dio e il denaro” ci ha detto Gesù, ma quante adorazioni al dio denaro e quante vittime a causa del denaro. E il dio del sesso a cui si sacrificano valori, affetti, famiglie? Dio non è geloso, non ci chiede di metterlo al centro della vita perché ci gode della nostra lode, ci ricorda di essere l’Unico, perché l’unico a dare senso al vivere, al gioire, al soffrire, al morire, allo sperare.

 

 

SABATO 29 LUGLIO 1995

“Mentre tutti dormivano venne il suo nemico e seminò zizzania in  mezzo al grano”. (Mt. 13,24)

Spesso ci chiediamo: perché Dio permette che veniamo tentati? Ecco come Massimo il Confessore, un padre della Chiesa del 500—600, rispondeva: Per cinque ragioni Dio permette che veniamo tentati: perché gli attacchi e i contrattacchi ci allenino nel discernimento del bene e del male; perché la nostra virtù, grazie allo sforzo e alla lotta, diventi più stabile; perché evitiamo la presunzione e impariamo l’umiltà, anche se progrediamo nella virtù;

perché l’esperienza del male, fatta in questi casi, c’ispiri un odio illimitato per esso; soprattutto perché, giunti alla libertà interiore, ci convinciamo della debolezza nostra e della potenza di Colui che ci ha soccorsi.

 

 

DOMENICA 30 LUGLIO 1995

“Signore, insegnaci a pregare”.  (Lc. 11,1)

C’è tanta gente che desidera pregare. Oggi c e addirittura un’inflazione di “scuole di preghiera”. Ma più che cercare i modi e le forme di preghiera abbiamo bisogno di trovare uomini che pregano. Gesù, col suo modo di pregare, suscita nei discepoli la nostalgia della preghiera, l’esigenza di un modo diverso di pregare. Troppi educatori si mostrano preoccupati del “come” insegnare a pregare alle varie categorie di persone. C’è un solo “come”, un unico metodo insostituibile. Si tratta di essere creature di preghiera. Un prete che prega, dei genitori che pregano, diventano capaci di far scaturire la voglia, comunicare il gusto, far scoprire la bellezza, comunicare il fascino della preghiera. Datemi un uomo che prega, e non avrà più bisogno di spiegazioni sulla preghiera.

 

 

LUNEDI’ 31 LUGLIO 1995

“Il Regno dei Cieli si può paragonare al lievito. .”. (Mt. 13,33)

La Parola di Dio ha una forza tutta sua per portare frutto, ma anche noi cristiani dovremmo essere lievito per far fermentare negli altri la Parola che salva. Se penso alla Chiesa primitiva è stato proprio così: poche povere persone, con pochissimi mezzi, in mezzo a prove e persecuzioni sono riuscite a far nascere comunità cristiane in tutto il mondo allora conosciuto. Ma oggi i cristiani sono ancora lievito? Il novanta per cento degli italiani sono battezzati ma la società italiana è cristiana? Siamo testimonianza e fermento di idee cristiane nella società, nella politica, nel mondo giovanile, nelle fabbriche o abbiamo smesso di essere fermento perché ci siamo adagiati nella tradizione, nelle abitudini, perché ci siamo creati una scorza tale che neppure il seme della Parola di Dio riesce a rompere?

     
     
 

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