Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

APRILE

 

 

SABATO 1 APRILE 1995

Gesù voltatosi presso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. (Lc. 23,28)

Queste donne non sono ipocrite. Il Vangelo ce le ricorda al seguito di Gesù, ci dice che lo hanno aiutato economicamente, ce le presenta ai piedi della croce con Maria, saranno le prime destinatarie dell’annuncio della risurrezione. Ora piangono per Gesù e certamente Gesù apprezza questo amore, ma tramite loro ci aiuta a capire il senso della Passione: il dolore non deve essere solo per la sua passione ma per i nostri peccati che ne sono la causa. Gesù, oggi il peccato è in ribasso, con la scusa della liberazione dell’uomo ci auto giustifichiamo di tutto. Sovente ci sorprendiamo a pensare: “lo non ammazzo, non rubo... che peccati ho?” E intanto continuiamo in una vita individualistica, egoistica, attaccata al benessere e a valori molto effimeri. Non ti chiediamo di diventare tristi pessimisti che vivono con tante paure legalistiche ma ti chiediamo di aiutarci ad accorgerci del male che è in noi per poterlo combattere con la forza che viene proprio dalla tua passione redentrice.

 

 

DOMENICA 2 APRILE 1995

“Si spartirono dunque le sue vesti tirandole a sorte”. (Mt. 27,35)

Quando il corpo di un uomo viene dato in pasto alla curiosità, alle offese volgari, alle sghignazzate della teppaglia, quello non è più un uomo. Gesù esposto al ludibrio della gentaglia. E’ una conseguenza anche questa dello “svuotamento” iniziato con l’Incarnazione: “... Pur essendo di natura divina... spoglia se stesso” (Fil. 2,6—7). Difficile convincersi che quell’uomo spogliato, “esposto”, è Colui che è stato definito “irradiazione della gloria di Dio” (Eb. 1,3), nel quale abita ogni pienezza (CoI. 1,19). Eppure il suo splendore consiste proprio nella spoliazione totale. E la pienezza è quella di chi ha donato tutto. Senza vestiti. Gli è stata tolta l’ultima protezione. E prima gli sono stati tolti gli amici, il prestigio, il favore popolare... I poteri lo hanno vinto, lo hanno spogliato di tutto. Ora veramente è messo a nudo l’Amore assoluto e si manifesta senza ombre la gloria di Dio. Dobbiamo guardare. Quel corpo nudo è linguaggio del Verbo che ormai non ha più bisogno di parlare. Nessun dubbio. Se ne va nudo, come era venuto. Non ci ha tolto nulla, non si è preso nulla della nostra mercanzia. E’ una specie di Natale. Lui è nudo come un neonato. Ma mancano i pastori per riconoscerlo avvolto com’è soltanto nella sua tunica di sangue. E’ pronta la culla. Se l’è portata Lui stesso, sulle spalle. Tra poco, quando saranno cessate quelle voci sguaiate si addormenterà.

 

LUNEDI' 3 APRILE 1995

“Quando giunsero al luogo detto Cranio, lo crocifissero”. (Lc. 23,33)

I chiodi sono veri chiodi. E penetrano nella carne, squarciano i tendini, tritano le ossa. Il dolore raggiunge picchi mostruosi. Lui offre le mani, che sono sempre state colme di semente, e si sono posate ad accarezzare tanti malati. Offre i piedi che si sono scorticati lungo tutte le strade. E’ il momento in cui l’Agnello di Dio viene scannato. Forse i nemici temevano che, come un uccello, si involasse verso il cielo. Per questo gli hanno inchiodato le ali sul legno. Ma Lui è venuto per restare, per toccare il fondo della condizione umana, non per fuggire. Anche il sole impallidisce di fronte a questo spettacolo efferato. E’ stato piantato proprio qui, nel “luogo del Cranio”, giardino desolato e perfino macabro, immondezzaio di ossa, l’albero secco. Ora Lui è innalzato tra terra e cielo e non è più pianta secca. Grazie a una linfa rosseggiante, è diventato albero vivo, con in cima il suo frutto maturo. Pare che tra Dio e l’uomo debba esserci sempre di mezzo un albero. A quel legno è sospeso il cesto del pane, il boccale del vino. A disposizione di tutti. Ancora una volta Dio ha preparato una mensa nel deserto. “Prendete e mangiate”... “Bevetene tutti”... Dio è immobile, paralizzato da quattro chiodi. Ma le sue mani restano aperte. E le braccia sono spalancate in uno smisurato gesto di benedizione che abbraccia tutti, compresi quelli che hanno usato il martello, compresi i due malfattori che gli hanno trapiantato accanto, colpevoli di aver prodotto frutti avvelenati. Dio è immobile. Ma il dono non può essere arrestato. Come non può essere bloccato il sangue che sgorga da quel corpo diventato un’unica piaga. Dio è immobile. Ma si ha l’impressione che prenda l’avvio, dai punti più diversi della terra, una immensa processione, attirata irresistibilmente da quella bandiera color sangue.

 

 

MARTEDI' 4 APRILE 1995

“Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso?”. (Mc. 15,31)

Per chi vede dall’esterno, la Passione di Cristo non ha niente di glorioso, eroico, ma è qualcosa di scandaloso, ridicolo, disprezzabile. Cristo, sulla croce, non viene concesso all’ammirazione, ma al disprezzo, al compatimento.

“Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso”...  Qui l’incomprensione tocca uno dei suoi vertici. Quella gente non arriva a capire che Gesù può aiutare gli altri proprio perché non soccorre se stesso. Può salvare gli altri soltanto perché non ha accettato di salvare la propria vita, ma ha accettato di perderla. Il grande miracolo di cui tutti abbiamo goduto è che sia riuscito a non scendere dalla croce. Se la gente capisse il significato della crocifissione, prova suprema dell’obbedienza di Cristo al Padre e del suo amore per gli uomini, dovrebbe sentirsi al sicuro proprio perché i chiodi tengono...

 

 

MERCOLEDI' 5 APRILE 1995

“E con Lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e un altro alla sua sinistra”. (Mc. 15,27)

Ricordiamo tutti il brano di Mc. 10,37, dove Giacomo e Giovanni erano andati da Gesù a chiedergli: “Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Ora alla destra e alla sinistra, non seduti sulla sedia del comando, ma crocifissi con Lui, sono due briganti. Giacomo e Giovanni ed anche noi siamo allora in grado, adesso di comprendere che cosa significa “sedere alla destra e alla sinistra di Gesù”. La croce rivela anche il cristiano. Inutile cercare altrove che sul Calvario l’identità del cristiano. Seguire Gesù senza accettare la croce diventa recita, non vita. Il cristianesimo senza sacrificio si riduce a chiacchiera inconcludente. La croce, certo, non va cercata per se stessa: essa è fatta di sofferenza, di solitudine, incomprensione, abbandono, ingratitudine, umiliazione, rifiuto ma è fatta soprattutto di amore. Occorre portare la croce nella direzione in cui l’ha portata e vissuta Lui, soffrire nella stessa linea di dono e pienezza.

 

 

GIOVEDI' 6 APRILE 1995 

C’era una scritta sopra il suo capo: “Questi é il Re dei Giudei”. (Lc. 23,38)

Pilato, facendo apporre questa scritta, pensava di beffare Gesù e i capi degli ebrei: “Guardate un po’ il vostro re che bella fine ha fatto, e per di più lo avete voluto voi”, ma non sapeva invece di dire la verità. Gesù è realmente re dei Giudei e di tutti gli uomini. Non c'é un trono ma un duro legno che scarnifica e uccide; non uno scettro, le mani sono inchiodate; non un comando, una condanna, ma un perdono e una preghiera; non una corona tempestata di diamanti, ma una corona di spine pungenti. Tu, o Gesù, sei il Re dell’Universo, sei la Parola che crea, che guida, che salva, sei la Via, la Verità, la Vita e muori come l’ultimo pezzente disperato della terra. Ma proprio per questo sei re. La vita non l’hai tenuta, l’hai regalata. Non hai chiesto la vita dei tuoi sudditi per te, hai dato la tua per loro. Non hai imposto nuove leggi e pesanti tributi ma hai pagato tu, di persona. Re dell’Universo, insegnaci il servizio!

 

 

VENERDI' 7 APRILE 1995

“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. (Lc. 23,34)

Stupisce che un morente, invece di badare a sé, non solo si occupi di altri, ma si dia cura di scagionare gli altri che lo fanno morire. Quelli lo fanno morire sulla croce ma Gesù muore per essi. I crocifissori appartengono alla carità della sua morte e ne godono per primi. lo sono qualcuno perché Lui mi vuol bene senza che io lo meriti, sono qualcuno perché sul suo esempio anch’io posso amare, anche chi non lo merita. “Non sanno quel che fanno”. E’ l’arringa più breve e più convincente in bocca all’avvocato più degno. E’ la carità del Figlio che scongiura la carità del Padre.

 

 

SABATO APRILE 1995

E' aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso”(Lc.23,42-43)

In mezzo a tutti questi tradimenti, fughe, incomprensione, cattiveria, curiosità, un grano di fede. Non viene dai religiosi, non dai sapienti, non dai  potenti ma da un ladro morente: il regno dei poveri si sta compiendo davvero se un ladrone sofferente trova compassione e fede e per di più non per ottenere una liberazione immediata ma una promessa futura. Mi riempie il cuore di gioia sapere che il primo “santo” sicuro sia un ladro, perché veramente il regno di Dio si compie, perché allora davvero in quel paradiso c’è posto anche per me. Gesù, molto onestamente, non so dirti se nelle stesse situazioni avrei avuto la fede di quel ladro, ma ti dico grazie per lui e per noi per avergli fatto quella promessa. Nel momento del passaggio fa’ che anch’io possa posare lo sguardo sulla tua croce sicuro che la tua misericordia mi dirà: “Oggi sarai con me in paradiso”.

 

 

DOMENICA 9 APRILE 1995

“Stavano presso la croce di Gesù, sua Madre, Maria di Cleofa, Maria di Magdala e il discepolo che Egli amava”. (Gv. 19,25)

Poco per volta si è fatto il vuoto: le folle che osannavano sono diventate assetate di sangue, i miracolati, ricevuta la grazia, se ne sono andati a casa, i curiosi, visto come è andata a finire se ne sono andati a raccontarlo ad altri, gli Apostoli si sono dispersi: restano la Madre, la sorella della Madre, una peccatrice perdonata e un discepolo ancora ragazzo. E’ la Solitudine appena lenita da chi veramente sa amare. E sono contento che tra questi quattro, insieme all’Immacolata ci sia anche una peccatrice. Amare come tua Madre non ne sono capace, insegnami ad amare almeno come la Maddalena.

 

 

LUNEDI' 10 APRILE 1995

Gesù vedendo che v’erano sua Madre e il suo discepolo prediletto, disse alla Madre: “Donna, ecco il tuo Figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua Madre”. (Gv. 19,26—27)

Riflette don Mazzolari:     

“L’egoismo non dice mai basta; l’amore non dice mai basta. Sono due avventure del cuore: l’una tiene e l’altra dà, l’una pretende, l’altra si immola. Ora la spoliazione di Gesù è completa. Gesù non ha più niente, neanche la Madre. Muore senza madre benché ella stia ai piedi della croce. Uguale olocausto Egli chiede alla Madre: direi che glielo impone, non per mancanza di pietà ma per farne la Pietà, avendo commisurato la dilatazione del suo cuore e il desiderio di compartecipare pienamente all’opera del Figlio. Non può morire con Lui, ma è crocifissa con Lui. Nessuno parla: non la donna, non il discepolo, ma è tutto un aprirsi silenzioso e senza limiti, come le braccia del Crocifisso.”

 

 

MARTEDI' 11 APRILE 1995

Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito”. (Lc. 23,46)

Il mistero della morte avvolge tutta la vita degli uomini. Il Dio—con—noi ha voluto sperimentare anche il momento della morte. Qualcuno della morte ha terrore, qualcuno magari malato o solo da anni la invoca, qualcuno grida disperato. Gesù prova tutti questi stati d’animo: “Come vorrei già aver ricevuto questo battesimo”, “sudò sangue”, “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ma alla fine si butta come un bambino tra le braccia del Padre: “Nelle tue mani affido il mio spirito”. Gesù, verrà anche per me il momento della morte, e nonostante tutte le mie prevenzioni, paure, culture in quel momento mi troverò solo, nudo, avvolto nel mistero. Fa’ che in quel momento ci sia finalmente per me l’abbandono più totale, sicuro che quello non sarà il salto nel buio ma il caldo abbraccio della paternità di Dio, nella misericordia da te meritata.

 

 

MERCOLEDI' 12 APRILE 1995

“Ma Gesù dando un grido forte, spiro”. (Mc. 15,37)

Quante volte questo grido è stato elevato dall’uomo. Nel suo lamento risuonano l’abbandono di tutti i perduti, il grido di tutti gli oppressi e di tutti gli uomini senza speranza, la disperazione del fallito, l’urlo dell’ucciso proditoriamente che si vede sottratta la vita in cui credeva e sperava: è l’abisso dell’uomo senza salvezza e senza Dio, di colui che vive oltre il limite delle leggi... è il grido disperato, a volte gridato con gli occhi, come quella mamma che in India non ha pane per i suoi figli e li vede morire, come quegli occhi grandi, dilatati dei prigionieri dei campi di sterminio, comandati a scavarsi la fossa. Si, è il grido di chi muore ma è anche e soprattutto il grido di uno che nasce. Quel grido è il grido di uno che passa attraverso il buio della morte, ma saluta, al tempo stesso, il “Giorno di Dio” che spunta sul mondo. In fondo quel grido può essere anche il grido della mia nascita nello Spirito. Lo Spirito che, dal fondo del mio essere, mi suggerisce la preghiera del neonato: “Abbà, Padre!”.

 

 

GIOVEDI' 13 APRILE 1995

“Visto ciò che gli era accaduto, il    centurione    glorificava Dio: Veramente quest’uomo era giusto”. (Lc. 23,47)

Tutto è finito, ma tutto comincia. La morte ha avuto la sua vittoria, si è presa l’autore della vita, ma tutto comincia. Gesù, non sei morto invano! Ai piedi della croce, un lontano, uno di quelli per cui tu sei venuto, fa la sua dichiarazione di fede. La tua sofferenza, le lacrime di tua Madre, proprio nel momento della sconfitta, danno frutto. Quando tutto sembra finire, Signore, che io sappia che tutto sta per rinascere. Quando il chicco di frumento sta marcendo è lì che nasce la nuova pianta, quando sto pagando perché l’amore non è compreso, vilipeso, ucciso, è lì che nasce l’amore. Sei veramente il Dio della vita che fa nascere dalla morte! Grazie Gesù, con Te non si può mai smettere di sperare.

 

 

VENERDI'  14 APRILE 1995

“Giuseppe D’Arimatea lo depose in un sepolcro scavato nella roccia”. (Mc. 15,46)

Una sepoltura di corsa, il grembo della terra si apre e sembra inghiottire il suo Creatore. Silenzio. Tristezza. Anche la speranza più radicata sente il colpo secco di quella pietra che si chiude. E’ l’esperienza del buio, della notte, del dolore che non trova risposta, del Dio a lungo invocato che sembra assente, è la paura che tutto nella vita sia solo morte, è la vittoria del male, è l’odio che vince l’amore... Quante volte abbiamo fatto questa esperienza! Eppure basta leggere la Bibbia e crederci per capire: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirà le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o mio popolo. Farò entrare il mio Spirito in voi e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; sapete che io sono il Signore...” (Ez. 37,12—14).

 

 

SABATO 15 APRILE 1995

“C’erano anche alcune donne che stavano ad osservare da lontano”. (Mc. 15,40)

Sono fondamentalmente due i modi di partecipazione all’evento della croce: c’è l’agire febbrile e determinato dei crocifissori, la follia dei farisei, il fragore del Calvario; e c’è l’immobilità, il silenzio e l’ascolto profondo delle donne. Queste donne che guardano da lontano ci devono coinvolgere profondamente. Sono quelle stesse che accoglieranno il messaggio della risurrezione. Questa muta contemplazione, apparentemente passiva, di fatto contiene una misteriosa capacità di azione, è come una presenza di vita nuova; essa è affidata a delle donne che per vocazione ne conoscono il segreto e l’attesa; è nel loro cuore la gestazione inconscia di una vita che proromperà tra breve. Il mistero della croce lo si può solo contemplare e “da lontano” senza voler capire tutto ma consci di questo amore che salva e che rigenera.

 

 

DOMENICA 16 APRILE 1995

“Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, le donne si recarono alla tomba portando con sé gli aromi che avevano preparato”. (Lc. 24,1)

Le donne che pur hanno contemplato la morte di Gesù, che hanno creduto in Lui, vanno al sepolcro a compiere riti di sepoltura: non hanno dunque fede? Quelle donne, Gesù, forse non avevano ancora la fede nella tua risurrezione, ma ti amavano profondamente al punto di voler amare e rispettare anche un corpo inanimato. Vorrei avere, almeno il loro amore, che pur non essendo ancora fede totale, sa dimostrarsi anche in quei piccoli gesti di una sepoltura che, grazie a tuo Padre, non ci sarà mai.

 

 

LUNEDI' 17 APRILE 1995

“Chi ci rotolerà via il masso dall’ ingresso?”. (Mc. 16,2)

Una pietra aveva chiuso la tomba, ma una pietra più grossa era stata posta sul cuore. Quella pietra per gli ebrei chiudeva l’ingresso al “regno dei morti”, sigillava la fine della loro vita e salvaguardava indirettamente i viventi dal loro mondo. E la pietra posta sul cuore sembrava la parola fine. Le donne vogliono spostare questa pietra, forse non per fede nella risurrezione, ma per un gesto tipico di pietà. C’è questa pietra e c’è l’incapacità di rimuoverla da soli. Essa ostruisce l’accesso, lascia forse passare qualche barlume di luce ma impedisce di entrare e di uscire. E soprattutto è grande, immobile, pesante. Ancora una volta queste donne diventano nostra figura. I ragionamenti, le filosofie, le teologie non bastano a rimuovere la pietra che sul nostro cuore ci impedisce l’accesso alla fede, ma se noi cominciamo a camminare come queste donne anche solo per un gesto d’amore e se, cammin facendo ci sentiamo talmente poveri da accorgerci di aver bisogno di qualcuno che ci rimuova quella pietra, perché da soli non ce la facciamo, stiamo sicuri, il Dio della vita proromperà dal sepolcro per dirci in Gesù: “La tua fede ti ha salvato!”.

 

 

MARTEDI' 18 APRILE 1995

“Non abbiate paura”. (Mc. 16,6)

E’ la prima parola che dice l’Angelo della risurrezione ma è anche una delle parole ripetute sovente da Gesù; l’aveva rivolta in forma interrogativa ai discepoli quando lo avevano svegliato durante la tempesta; è la stessa parola di Gesù ritenuto assente e creduto fantasma nella sua presenza notturna, rivolta ai discepoli in difficoltà sul mare. Sono le parole con le quali Dio si presenta nell’Antico Testamento, quando si rivela all’uomo. La paura è la grande costante dell’uomo: paura di se stesso, paura del mondo, paura del mistero. Cristo risorto e vivente è la vittoria della luce sull’ombra e sulla notte; è la vittoria della vita sulla morte. L’uomo che crede nel Risorto non ha più paura, non perché abbia risolto tutte le paure e le difficoltà della vita ma perché la luce del Risorto illumina ogni dimensione, anche la più nascosta della vita, e tutto, anche dolore e morte, alla sua luce perdono l’aspetto della paura e del timore per acquistare luce di vita.

 

 

MERCOLEDI' 19 APRILE 1995

“Perchè cercate tra i morti Colui che è vivo?”. (Lc. 24,5)

Quante volte la nostra ricerca di felicità, di amore, di Dio sbaglia luogo, ci spinge in regioni di morte, ci falsa i valori. Cerchiamo felicità e pensiamo di trovarla nel piacere. Cerchiamo eternità e ci attacchiamo a cose materiali che finiscono. Cerchiamo verità e pensiamo di trovarla in libri ammuffiti. Cerchiamo Dio e ci imbrogliamo in mezzo a pastoie e formalismi religiosi. Gesù, è inutile andare a Gerusalemme per vedere un “sedicente” sepolcro vuoto. Tu sei vivo. Dio non è lì, sei qui in mezzo a noi, sei confuso nei volti dei circa sei miliardi di fratelli della nostra terra, sei vivo nelle mani di coloro che operano amore, soprattutto non devo andare a cercare tanto lontano perché sei vivo in me.

 

 

GIOVEDI' 20 APRILE 1995

“Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli undici e a tutti gli altri”. (Lc. 24,9)

La possibilità di credere alla risurrezione c’era già prima: avevano le sue parole! Ma il dolore, la testa dura, il facile dimenticare avevano sotterrato la speranza sotto un manto di polvere, di dubbi, di paure, di delusione. La tomba vuota è come un soffio di vento che spazza la polvere e fa vedere nel cielo limpido e nell’aria fresca di quel mattino che, dietro le nuvole e il buio, c’è il sole. Gesù, nei momenti di buio, di scoraggiamento ricordami le tue parole di speranza, di vita eterna; fa’ che anche nei momenti del buio, della tempesta, ci ricordiamo che il sole c'é sempre anche se qualche nuvola sembra impedirci di vederlo.

 

 

VENERDI'  21 APRILE 1995

“Apparve prima a Maria Maddalena”. (Mc. 16,9)

Chissà se gli apostoli, a cose avvenute, non hanno avuto un po’ di invidia per questa prima apparizione del Risorto: “E come, siamo noi i dodici, i rappresentanti delle tribù di Israele, gli scelti, la Chiesa gerarchica garante della verità e Gesù va apparire ad una donna e neanche dalla reputazione troppo pulita!”. Ma se questa idea è entrata nella loro mente si saranno anche detti: “Ma chi ha amato veramente? Dove eravamo noi quando Gesù è stato messo in croce?”. Ancora una volta, anche nell’annuncio della risurrezione prevale la logica del Vangelo, la logica dell’amore contro quella della potenza. Gesù non si serve di chi strombazza parole, ma di chi sa amare sul serio, perché colui che ama gioisce talmente che, pieno di gioia, non può tenersela per sé ma la porta agli altri.

 

 

SABATO 22 APRILE 1995

“Dite ai discepoli... Egli vi precede in Galilea”. (Mc. 16,7)

Questa preoccupazione di Marco di ricordarci che le apparizioni e le prime predicazioni apostoliche avvengono in Galilea, non mi sembra solo una preoccupazione geografica. E’ in Galilea che Gesù si è manifestato la prima volta ed è là che è avvenuta in gran parte la sua predicazione. Questo ritornare in Galilea mi sembra allora un invito specifico di Marco, ora che abbiamo fatto l’esperienza della Passione e Risurrezione di Gesù, a rivisitare tutto il Vangelo. Perché è proprio attraverso l’esperienza della Croce e della vittoria sulla morte che capiremo a fondo le parole e i gesti di Gesù. Dopo questa esperienza non chiederemo più a Gesù con i discepoli di “sedere alla destra o alla sinistra”, non discuteremo più su chi “fosse il più grande”; se la nostra barca sarà sballottata sapremo che c'é un Signore con noi; se la morte ci colpirà, in Cristo morto e risorto sapremo che “non è morto, ma dorme”; impareremo a seguire Gesù sapendo che ci porterà alla croce ma che essa è segno di vita... E qui mi assale il dubbio: tutte queste cose sono anni che le so, ma come le vivo?

 

 

DOMENICA 23 APRILE 1995

“Due di loro erano in cammino per Emmaus e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto”. (Lc. 24,13—14)

E’ il viaggio del ritorno, della delusione. Avevano riposto la loro speranza in quel Gesù. Si erano “illusi” che quel Gesù avrebbe cambiato la loro vita. Avevano visto in Lui la possibilità di realizzare delle speranze dei poveri.., e poi... il tradimento.., una reazione sperata ma non avvenuta.., una croce... una tomba...: e ora di tornare a casa, non c’è proprio speranza per i poveri, al massimo si può parlare di quei bei giorni di illusione. Gesù, si può essere delusi da Dio? E’ vero che i “suoi pensieri non sono i nostri pensieri”, è vero che a volte ci si sente traditi, abbandonati... Ma Dio non può deludermi! Signore, quando siamo tentati di tornare delusi accompagnaci, non lasciarci tornare indietro, apri i nostri occhi e il nostro cuore perché possiamo ritrovare Colui che stupidamente pensiamo di aver perso.

 

 

LUNEDI' 24 APRILE 1995

Si fermarono col volto triste e gli dissero: “Sei tu il solo forestiero in Gerusalemme a non sapere ciò che è accaduto in questi giorni?”. (Lc. 24,17)

C’è qualcuno che accompagna quei due viandanti, uno strano personaggio che ascolta, che fa domande. E questi due talmente presi dalle proprie paure e delusioni non lo guardano neppure in faccia e non lo riconoscono. Gesù, Tu sei il compagno del nostro camminare quotidiano ma noi siamo talmente presi dai nostri problemi che non ti sappiamo riconoscere, ti consideriamo un forestiero. Magari ci lamentiamo della tua assenza proprio mentre stiamo parlando con Te: o Tu sai mimetizzarti molto bene o sono i nostri occhi e il nostro cuore che sono ciechi. Oggi certamente Tu sarai compagno del mio cammino nelle persone della mia famiglia, nella ressa dell’autobus, tra la gente al mercato, mi parlerai con voci diverse: persone, fatti, giornale... Fa’, o Signore, che ti riconosca!

 

 

MARTEDI' 25 APRILE 1995

Essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno volge al declino”. (Lc. 24,29)

L’unico passo da fare è proprio questo: invitare Gesù a fermarsi da noi. E’ vero, spesso non lo riconosciamo, spesso pensiamo di essere soli mentre è con noi, ma l’importante è non chiudersi, è il non lasciare che il pessimismo, la delusione, in una parola, l’orgoglio abbiano il sopravvento e ci chiudano definitivamente in noi stessi. Dovremmo ogni tanto ricordarci le parole di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna Gesù, resta con noi specialmente quando giunge la sera della tristezza, del dubbio, della solitudine, della malattia. Rimani con noi anche se stentiamo a riconoscerti. Fa’ che peri sentiamo sempre il desiderio di te e manifestati ancora, affinché riconoscendoti possiamo ritrovare la vera gioia di non saperci soli.

 

 

MERCOLEDI' 26 APRILE 1995

Si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino? Quando ci spiegava le Scritture?”. 

(Lc. 24,32)

Dopo aver riconosciuto Gesù Risorto nello spezzare del pane, i due discepoli di Emmaus rileggono la storia del loro cammino e scoprono che Gesù era già presente nella Parola. Noi, nel nostro schematizzare, etichettare le cose, anche quelle divine, parliamo di presenza reale di Gesù solo a proposito dell’Eucarestia, ma Gesù è già realmente presente in tanti altri modi ed in particolare nella Parola che ci dona ogni volta che noi la lasciamo penetrare nel nostro cuore. Gesù, quanta Parola di Dio ho letto, ascoltato, studiato nella mia vita. Quante volte, con la Bibbia, tu hai continuato a scrivermi questa lunga e sempre attuale lettera d’amore. Ma non sempre mi sono “sentito ardere il cuore”. L’abitudine, la distrazione, la superficialità hanno fatto sì che la tua Parola cadesse nel vuoto. Rendici terreno buono perché la tua Parola possa portare ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno e perché essa possa tornare a te con il frutto per il quale tu l’hai mandata.

 

 

GIOVEDI' 27 APRILE 1995

“E io manderò in mezzo a voi quello che il Padre mio ha promesso”. (Lc. 24,49)

Gesù lo aveva promesso più volte il dono dello Spirito: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre”. Gesù non ci lascia soli: ci lascia il suo Spirito, quello Spirito che ci aiuta a pensare come ha pensato Gesù e ad agire come ha agito Lui. Gesù, oggi anche noi, con una antica e bella preghiera della Chiesa, lo invochiamo:

 

Vieni o Spirito Creatore, visita le nostre menti,

riempi della tua grazia i cuori che hai creato.

O  dolce Consolatore, dono del Padre Altissimo,

acqua viva, fuoco, amore, Santo Crisma dell’anima.

Sii luce all’intelletto, fiamma ardente nel cuore;

sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico, reca in dona la pace,

la tua guida invincibile ci preservi dal male.

Luce d’eterna sapienza,

svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore. Amen.

 

 

VENERDI'  28 APRILE 1995

“Andate in tutto il mondo...”. (Mc. 16,15)

Un mistero sconvolgente: proprio mentre gli apostoli sono non credenti, preferiscono rifugiarsi nel lutto piuttosto che credere alla vita, Cristo li raggiunge e li fa uscire proiettandoli verso la missione. Si direbbe che li faccia guarire dalla incredulità promovendoli “missionari”. E questa è la vera figura del “missionario”: uno che reca una buona notizia non sua e che è sostenuto non da forze sue ma dalla potenza di un Altro. Ma per “andare” bisogna alzarsi, bisogna partire. La strada non la si compie con le parole, le discussioni, le dotte dispute teologiche o ecclesiali, la si compie con il movimento, la fatica delle gambe e del corpo. Chiesa seduta o Chiesa in cammino? L’imperativo di Gesù non lascia dubbi! Una buona notizia se non è trasmessa non è neppure una notizia. Ma, particolarmente per la nostra Chiesa occidentale e per me, il Vangelo è ancora una buona notizia che ti riempie il cuore e scuote dal torpore e smuove le gambe impigrite dal troppo immobilismo?

 

 

SABATO 29 APRILE 1995

“E questi saranno i segni che vi accompagneranno”. (Mc. 16,17)

Ma i miracoli ci sono o no nella Chiesa?

Certo che ci sono! E se dobbiamo fare attenzione e non cadere in un facile miracolismo dobbiamo anche ammettere che da sempre, soprattutto grazie alla fede di persone umili e semplici, i miracoli hanno accompagnato e accompagnano il cammino della Chiesa. Ma oltre a quelli che sono fatti prodigiosi evidenti, ci sono anche tanti altri miracoli. Faccio alcuni esempi. Non è forse un miracolo che la Chiesa, nonostante tutti gli errori interni e tanti sforzi da parte dei suoi nemici, ci sia ancora dopo circa duemila anni? Non è forse un miracolo la misericordia di Dio che sempre e nonostante i nostri peccati è disposta a perdonarci? E l’attività di suore come Madre Teresa, come le suore del Cottolengo a servizio degli ultimi e abbandonati non è un miracolo continuo di vita? E quando al posto di odiare e vendicarsi, un uomo per amore di Cristo, sa perdonare, non è forse un miracolo più grande di altri prodigi? Che il Signore ci faccia cogliere i suoi segni e ci aiuti ad essere disponibili perché attraverso noi e nonostante noi possa ancora compiere i miracoli del suo amore per gli uomini.

 

 

DOMENICA 30 APRILE 1995

“Mentre li benediceva si staccò da loro e fu portato al cielo”. (Lc. 24,51)

Gesù, all’inizio della tua vita avevi detto: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Ora puoi dire al Padre: “Missione compiuta!”. Tu hai realizzato la sua volontà di Amore e la nostra salvezza. Ma il tuo andartene non è un lasciarci, è un rimanere con noi perché anche noi possiamo, al termine della vita, dire: “Missione compiuta!”. E il salire al cielo non è per startene tranquillo: tu porti con te tutta la nostra umanità: hai gioito, hai sofferto, hai amato, sei stato tradito, hai provato la forza di Dio e anche il suo apparente abbandono. Sei tutti noi, negli affanni e nelle gioie. E poi hai ancora un compito importante che tu stesso hai detto di andare a compiere: “Vado a prepararvi un posto”. Preparacelo, affinché camminando con i piedi ben piantati sulla terra ma con gli occhi rivolti al cielo non ci manchi mai la speranza della tua presenza in questa vita nell’attesa di incontrarti definitivamente nel bel posto che tu ci hai preparato.

     
     
 

Archivio