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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO 1995

 

 

MERCOLEDI’ 1 FEBBRAIO 1995

“E Gesù non vi poté operare miracoli.  (Mc. 6,5)

Si legge nel libro de9li Atti degli Apostoli che ‘‘Dio accompagnava la crescita della nuova comunità con segni e
prodigi”. E noi ci chiediamo: “Come mai i miracoli sono così rari nella Chiesa?’’. Il brano del Vangelo di oggi ci ricorda che anche Gesù, nella sua patria non poté operare miracoli “a causa della loro incredulità”. Non è che oggi non ci siano miracoli! Quanti miracoli di carità, di pazienza, di perdono, di solidarietà! Ma se questi miracoli non si moltiplicano non è perché Dio non voglia, è perché noi glielo impediamo. Quando il mio orgoglio ferito mi impedisce la strada del perdono, quando i miei calcoli umani mi rendono gretto nel dono, quando la mia rabbia mi impedisce di riconoscere nell’altro un fratello, quando mi fido più nella mia previdenza che non nella Provvidenza io impedisco a Dio di fare i suoi miracoli di amore.

 

 

GIOVEDI' 2 FEBBRAIO 1995

“I miei occhi han visto la tua salvezza, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo”. (Lc. 2,29—31)

Oggi, festa della presentazione al Tempio, la nostra attenzione deve volgersi soprattutto a Gesù che offre se stesso per noi e che diventa luce per il nostro cammino di fede. Ma mi colpisce particolarmente che siano due vecchi, Simeone ed Anna, ad accogliere questo dono e a riconoscerlo. Gesù viene per tutti ma anche per noi, vecchi nel nostro cammino di fede, spesso rattrappiti nelle nostre tradizioni. Gesù viene per rinnovarci, per rinvigorire le membra stanche e rattrappite, per illuminare un cammino stanco. Ecco l’augurio che faceva Guerrico d’Igny: “Ci sia una lampada nel vostro cuore, nella vostra mano, sulle vostre labbra! La lampada del cuore è la dedizione della fede; la lampada della mano è l’esempio dell’azione; la lampada sulle labbra è la parola che edifica”.

 

 

VENERDI' 3 FEBBRAIO 1995

“Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo sia senza macchia. I fornicatori e gli adulteri saranno giudicati da Dio”. (Eb. 13,4)

Una riflessione di Cirillo di Gerusalemme:

Non credere a chi sostiene che il nostro corpo non ha niente a che fare con Dio. Tra parentesi, quelli che considerano il corpo una realtà perversa molto spesso ne abusano per azioni impure. Cosa ha di criminale questo corpo meraviglioso? Cosa manca alla sua bellezza, alla sua armonia? Splendidi sono gli occhi, e gli orecchi sono collocati nel modo più comodo per captare i suoni. Il naso può discernere gli odori e la lingua serve al gusto e alla parola. Dentro, i polmoni filtrano l’aria, il cuore pulsa ininterrottamente, il sangue scorre per innumerevoli vene e arterie, le ossa sono tutte collegate fra loro. Non dire che il corpo è causa di peccato. Non è il corpo che pecca, ma l‘anima. Il corpo è solo uno strumento, è come un vestito per l’anima. Diventa immondo se da essa viene adoperato per la fornicazione, ma se si unisce alla sua santità diventa tempio dello Spirito Santo.

 

 

SABATO 4 FEBBRAIO 1995

“Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po'”. (Mc. 6,31)

SANTIFICAZIONE DEL RIPOSO

Gesù invita i suoi apostoli a ritirarsi per riposare un poco. E’ assurdo infatti, che l’uomo assoggetti sé o gli altri ai lavori forzati, per motivi economici o di mercato, mentre v’è gente che implora di poter lavorare, non l’ottiene e muore di fame. E’ l’uomo che deve controllare il lavoro, e non il lavoro a condizionare l’uomo. Confidava recentemente Madre Teresa di Calcutta: “Voglio che le mie suore abbiano sempre un grande sorriso sul volto. Ho mandato a casa diverse ragazze aspiranti, perché non erano allegre abbastanza, non avevano sufficiente capacità di sorridere. Quando mi incontro con sorelle che escono per il loro lavoro, ma non sono abbastanza sorridenti, allora dico loro: — Tornate indietro, andate a dormire e poi uscirete per il lavoro: siete troppo stanche”.

 

 

DOMENICA 5 FEBBRAIO 1995

“Non temere: d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. (Lc. 5,10)

Ancora oggi si pensa: il missionario è un pescatore di uomini nella misura in cui darà dei battesimi e il laico io sarà a sua volta nella maniera in cui testimonierà la fede nel suo ambiente. La prospettiva della pesca, in San Luca, ha un’altra dimensione: egli mostra l’umanità intera in preda alle potenze del male che la sommergono. Il Cristo e i suoi discepoli sono impegnati a salvarla dai caos e dalla catastrofe.

Essere pescatori di uomini oggi significa dunque impegnarsi in tutte le iniziative che vogliono evitare all’uomo questa perdizione. Essere chiamati da Dio a questo compito vuoi dire sentire che dove esistono tali iniziative si rivela l’amore di Dio per l’uomo. Pertanto occorre che i cristiani si mettano nella mischia: si crederà a loro soltanto se si affannano nell’acqua come tutti gli altri.

 

 

LUNEDI' 6 FEBBRAIO 1995

“In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era infor­me e deserta e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque”. (Gn. 1,1)

In questa e nella prossima settimana, leggeremo come prima lettura, i primi capitoli del libro della Genesi, dove l’autore sacro, alla luce della fede nel Dio liberatore, prova a leggere i problemi fondamentali dell’uomo attraverso racconti e immagini. Questo primo versetto vuoi dirci due cose fondamentali. Dio è prima del caos, tutto dipende dalla sua volontà creatrice. Lo Spirito Santo è dunque all’inizio di ogni cosa: all’inizio della creazione, all’ inizio della storia della salvezza, come ispiratore della Parola di Dio, come colui che genera l’umanità di Cristo in Maria, come guida della missione di Gesù, della sua morte e risurrezione, come inizio della comunità dei credenti, come Consolatore, colui che non abbandona mai l’uomo ma continuamente gli rende presente l’amore di Dio.

Anche per noi lo Spirito sta all’inizio di tutto: è la scintilla della vita, ci ha generati figli di Dio attraverso il Battesimo, è la fonte di ogni sacramento, ci fa Chiesa e in ogni momento ci sostiene e ci mostra la strada della vita.

 

 

MARTEDI' 7 FEBBRAIO 1995

“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò”. (Gn. 1,27)

Più di un autore, lungo i secoli, ha detto sorridendo che tra tutte le opere create l’uomo è la meno riuscita e qualcun altro ha suggerito: Dio non aveva ancora inventato lo specchio e quindi la somiglianza con Lui lascia a desiderare. La nostra somiglianza con Dio c’è, e c’è tutta: non c’è forse dentro di noi un desiderio di infinito, di bello, di giusto, di santo? Il guaio è che questi desideri sono spesso soffocati da materialismo, egoismo, lotte. Quando uno scultore si trova a progettare un’opera sceglie un pezzo di marmo. Per noi è una pietra, Lui vede aldilà della pietra e comincia con colpi ora decisi, ora lievi a far emergere l’immagine che si è prefissata. L’immagine di Dio in noi è spesso ancora prigioniera ma Dio ha il suo progetto. I colpi di scalpello, che fanno male, ci liberano, se ne abbiamo paura resteremo pietra, se ci lasciamo lavorare da Lui la sua immagine emergerà da noi splendida come Lui l’aveva pensata.

 

 

MERCOLEDI’ 8 FEBBRAIO 1995

“Ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare”. (Gn. 2,17)

Si è discusso se quest’albero fosse di mele o di melograni: quale stupidaggine! Qui non si tratta di alberi da frutta ma di qualcosa di ben più profondo. Conoscere il bene e il male vuoi dire diventare arbitri di essi, vuoi dire mettersi al posto di Dio, vuoi dire non considerarsi più creature ma sentirsi superiori al Creatore, vuoi dire giudicare addirittura Lui. E questa è la tentazione continua anche per noi. L’uomo potrebbe essere contento se si fidasse di Dio, invece giudica, vuoi mettersi al di sopra, vuoi conoscere più in là delle sue capacità, diventa geloso, possessivo.., perde la pace, perde il “paradiso”. Il comando di Dio non è una proibizione, non è voler privare l’uomo di qualcosa, è voler la felicità dell’uomo. Una mamma quando cerca di allontanare il suo bambino dal recipiente dell’acqua bollente non vuoi privare suo figlio da una possibilità di gioco o di conoscenza, vuole la sua salute, la sua felicità.

 

 

GIOVEDI'  9 FEBBRAIO 1995  

“E i due saranno una sola carne”. (Gn. 2,24)

Avvenne una volta che un uomo decise di ripudiare la moglie, poiché non gli aveva dato figli. Si presentò allora al rabbino per avere la sua approvazione. Il rabbino disse: — Approvo, ma a una condizione. Che come avete fatto festa quando vi siete uniti, così facciate festa ora che vi dividete. Fu fatta quindi una gran festa, con danze, cibi prelibati e ottimo vino. La donna approfittò dell’occasione per far bere il marito più del solito, così che questi, in preda all’euforia, a un certo punto le disse: Figliola, puoi portar via dalla mia casa quel che più ti piace; e poi torna alla casa di tuo padre. Che cosa fece allora la donna? Quando il marito fu addormentato, ordinò ai servi di portare lui e il letto in cui dormiva nella casa di suo padre. Nel bel mezzo della notte, smaltita la sbornia, l’uomo si svegliò e si stupì di trovarsi in una stanza a lui ignota. — Dove mi trovo, donna? — Ti trovi nella casa di mio padre, — rispose la moglie. — E perché mai? — Perché ieri sera mi dicesti che, tornando nella casa di mio padre, avrei potuto portar via con me quel che più mi piaceva. Ora, nulla al mondo mi piace più di te. L’uomo provò molta dolcezza nel sentire quelle parole. E dalla dolcezza di un amore che risorge nasce sempre qualcosa: in quel caso, dopo nove mesi nacque il figlio tanto atteso. (Storia Rabbinica)

 

 

VENERDI' 10 FEBBRAIO 1995

E il serpente disse alla donna: “E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?”. (Gn. 3,1)

Il brano della Genesi che leggiamo oggi racconta il peccato originale. Originale in quanto è lo schema, il paradigma di ogni peccato. Vedete un po’ se tutti i nostri peccati non sono così:

  1. C’è una potenza ostile a Dio, il diavolo che ci tenta per dividerci da Lui

  2. Si serve del dubbio, della menzogna: ci porta a travisare la realtà, ci fa vedere Dio non come Padre, ma come padrone

  3. Cammuffa da libertà, da gioia in una cosa negativa

  4. Il peccato non riguarda mai solo noi stessi, coinvolge altri 

  5. Il frutto del peccato è accorgerci della tristezza, del dubbio, della nudità che porta

  6. Si cercano le scuse per nasconderlo

  7. L’uomo da solo, dopo il peccato, non può più niente.

Ringraziamo Dio che ha mandato Gesù suo Figlio che, facendosi Lui peccato, lo ha ucciso e lavato nella Croce. E’ solo grazie a Lui che noi possiamo essere perdonati.

 

 

SABATO 11 FEBBRAIO 1995

Dio disse: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”. (Gn. 3,11)

LA PRIMA LACRIMA

Il Signore aveva letto nel cuore di Adamo ed Eva che si erano pentiti del male fatto, ebbe pietà e disse loro:

“Infelici figlioli! Vi ho giudicato ed ora dovrete portare le conseguenze di quanto avete fatto. Vi dovrò cacciare da questo splendido luogo, il Giardino di Eden dove siete stati così felici ed andrete in un altro luogo che non conoscete ancora, ma dove vi aspetta una vita ben diversa da quella di prima. Infatti sventure e mali vi colpiranno, grandi difficoltà vi attendono e il vostro animo sarà molto amareggiato. Sappiate però che ho letto nel vostro cuore ciò che sentite in questo momento e vi assicuro perciò che il mio amore verso di voi non cesserà mai. Vi regalo inoltre una pietra preziosa, che traggo dal mio forziere, la lacrima. Quando le sventure si abbatteranno su di voi, le lacrime che scenderanno dai vostri occhi conforteranno i vostri cuori e vi saranno di grande aiuto per superare le gravi difficoltà della nuova vita che vi attende.” Adamo ed Eva, mentre ascoltavano le parole del Signore, incominciarono a piangere e le lacrime cadevano sulla terra. Furono quelle le prime lacrime umane che bagnarono la terra. E come le lacrime aumentavano e manifestavano in questo modo il loro sincero pentimento, e sempre più scendeva nel loro cuore la consolazione divina. Adamo ed Eva sentivano ora che rinasceva in loro la speranza. Queste lacrime del pentimento e della consolazione, le prime del genere umano, Adamo ed Eva le hanno lasciate in eredità a tutti i loro discendenti. (Da una antologia del 13° Secolo)

 

 

DOMENICA 12 FEBBRAIO 1995

“Beato chi non indugia nella via dei peccatori”. (Sal. 1,1)

“Via” e un nome della vita, poiché ogni vivente è in cammino verso la meta.

Chi viaggia su una nave può anche dormire: senza che se n’accorga, il vento e le onde lo sospingono in direzione del porto. Così è di noi, di tutti e del singolo: il tempo della vita scorre, incessantemente e impercettibilmente, e noi ci avviciniamo a grande velocità al punto d’arrivo. Se dormi, il tempo, benché inosservato, passa. Se vegli irrequieto, la vita si consuma egualmente, e anche in questo caso è facile che tu ciò non lo avverta. Noi tutti siamo una specie di corridori, ciascuno va rapidamente verso la meta. Proprio per questo noi viviamo. Ecco il significato del termine “via”. Durante questa vita tu sei un viandante. Devi oltrepassare tutto, lasciar tutto alle tue spalle. Scorgi lungo la strada un germoglio, una pianta, una sorgente o qualche altra cosa che vale la pena vedere: ne godi per un attimo e poi prosegui. T’imbatti in rocce, valli, precipizi, scogli, tronchi, fiere, rettili, spine:

devi tribolare per un poco ma poi li superi e vai avanti.

 

 

LUNEDI' 13 FEBBRAIO 1995

“Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo”. (Gn. 4,7)

Molte volte ci capita che, quando ascoltiamo una bella predica, l’apprezziamo perché la troviamo particolarmente adatta per la persona che siede vicino a noi... quando sentiamo parlare del peccato che regna nel mondo, ci sentiamo perfettamente concordi perché vediamo tanti peccatori e peccatrici intorno a noi! Questo comportamento è del tutto naturale, perché “il peccato che abita in noi” non vuole essere smascherato, anzi si circonda di un’aureola di perbenismo in modo tale che ci sentiamo sempre a posto e che ad essere in difetto sono sempre gli altri. Finché questo comportamento resisterà, il peccato continuerà ad abitare in noi. Il ravvedimento, al quale Gesù c’invita, e che costituisce una tappa indispensabile verso la salvezza, è l’atto che ci porta a confessare: “Io ho peccato contro Dio”.

 

 

MARTEDI' 14 FEBBRAIO 1995

E gli Apostoli dicevano fra loro: “Non abbiamo pane”. (Mc. 16,16)

Gli Apostoli sono preoccupati della mancanza di pane. E’ una preoccupazione che spesso tocca anche noi ed anche quando chiediamo a Dio, la nostra ansia ci fa chiedere sempre più di quello che abbiamo bisogno, vorremmo quasi che Dio fosse un’agenzia di assicurazioni per il nostro domani. Proviamo a meditare questo raccontino della tradizione islamica pensando a quanto Gesù ci ha detto di chiedere: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Un anziano eremita interrogò i pellegrini che erano andati a consultano: Se Dio vi facesse morire oggi, pensate forse ch’egli vi domanderebbe le preghiere di domani? Essi risposero: — No. Come potrebbe Egli domandarci le preghiere per un giorno in cui non fossimo in vita? — Così come Dio non vi domanderà le preghiere di domani, concluse l’eremita — voi non domandate a Lui il cibo di domani. Può essere che non viviate così a lungo.

Tradizione islamica

 

 

MERCOLEDI’ 15 FEBBRAIO 1995

“L’istinto del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza”. (Gn. 8,21)

Un discepolo domandò un giorno a Sri Ramaknishna come fare per liberarsi dai pensieri di lussuria che lo assalivano da ogni parte. Ne ebbe questa risposta:

Un uomo aveva un cane che amava moltissimo, che accarezzava e abbracciava di continuo. Un saggio gli consigliò di non attaccarsi troppo a quell’animale, che era pur sempre un animale e che avrebbe anche potuto morderlo.. L’uomo acconsentì, e da quel giorno non volle più occuparsi del cane, né tantomeno, accarezzarlo. Il cane, non potendosi rendere conto di quanto era accaduto, tornò più e più volte dall’uomo a mendicare un segno d’amicizia. Ma cessò di venire solo quando l’uomo, alla richiesta di una carezza, cominciò ad alzare minacciosamente il bastone. La stessa cosa per te, amico. Malgrado il tuo desiderio di disfartene, il cane che per lungo tempo hai nutrito di te, non si decide ad andarsene. Hai già usato il bastone? O fai solo finta di usarlo?

 

 

GIOVEDI'  16 FEBBRAIO 1995

“Dei sangue vostro, ossia della vostra vita, io ‘domanderò conto”. (Gn. 9,5)

“Il mio collega non lavora. Perché dovrei lavorare io?”.

“Mia sorella non si fa il letto. Perché lo devo fare io?”.

“Mio marito è duro. Perché dovrei essergli sottomessa?”.

“Nessuno paga le tasse giustamente. Perché devo essere io l’unico fesso?”. Perché si deve fare il bene quando tutti fanno il male? Per una ragione molto semplice: devo rispondere a Dio di me stesso e non agli altri.

 

 

VENERDI' 17 FEBBRAIO 1995

“Dio dal luogo della sua dimora scruta tutti gli abitanti della terra, Lui che, solo, ha plasmato il loro cuore e comprende tutte le loro opere”.

(Sal. 32,14—15)

La gratuità è una delle cose più difficili. Con gli uomini possiamo mascherarci, con Dio no. Dopo una lunga assenza era finalmente tornato al villaggio l’amato maestro. Tutti lo accolsero con gioia. Ed egli volle che venisse subito celebrata la Festa dei Doni. A portargli i loro doni vennero persino dai villaggi vicini, pur di ascoltare di nuovo il suo insegnamento. Egli fece deporre i doni sul pavimento al centro del tempio, volle che la gente si disponesse tutt’intorno ed entrò nel cerchio. Prendendo i doni ad uno ad uno, restituì ai donatori quelli che recavano un nome, poi disse: gli altri doni sono accettati. Indi continuò: siete venuti per avere un insegnamento. Ebbene, eccolo: avete imparato a distinguere un comportamento inferiore da uno superiore. Comportamento inferiore che s’insegna ai bambini e che è necessario alla loro formazione; e prendere piacere nel dare e nel ricevere. Comportamento superiore è dare senza creare alcun obbligo al beneficiario. Imparate a distaccarvi dai piccoli piaceri, come quello che vi dà il pensiero di aver fatto il bene, e impegnatevi a realizzare una più elevata ambizione: quella di fare realmente ciò che è utile.

 

 

SABATO 18 FEBBRAIO 1995 

“La fede è il fondamento delle cose che si sperano”. (Eb. 11 ,1)

Tutte le speranze, tutte le aspirazioni, nostre e degli altri uomini, anche quelle inespresse e talvolta inconsapevoli, devono essere riassunte e tradotte nel nostro impegno costante e concreto per sviluppare il Regno di Dio. Si tratta di una speranza che ci è stata data nella Pentecoste, con il dono dello Spirito Santo: è la certezza che ciascuno di noi può contribuire a far uscire il nostro mondo dalla sua logica fratricida dell’uccidere, del mentire, del giudicare, dell’opprimere... Il futuro non è possibile con le sole nostre forze: non ne abbiamo fiato sufficiente: ed è questo il nostro peccato originale. Ma lo Spirito, che ha risuscitato Gesù, fa sì che vita, libertà, giustizia, fraternità siano ricostituite. Non siamo chiamati a lamentarci o disperare, ma a ricostruire ogni giorno questo mondo sull’amore, il cui vero nome è “Spirito Santo”.

 

 

DOMENICA 19 FEBBRAIO 1995

“Amate invece i vostri nemici”. (Lc. 6,35)

Quante scuse, scappatoie per sfuggire questa indicazione del Vangelo!

Ma se mi metto a cuore scoperto, senza difese davanti a questa affermazione di Gesù, devo rendermi conto che è compito mio sgombrare il cuore dalla collera, dall’odio, dal risentimento, dal livore, dalla grettezza, dall’istinto polemico. Sono io che devo rinfoderare gli artigli, deporre la mentalità forcaiola. Sono io che devo perdonare, donare senza calcoli, amare i nemici, pregare per i persecutori, desiderare per i malvagi tutto il bene possibile, salutare coloro che mi mostrano un volto feroce o girano la faccia dall’altra parte, incontrare quelli che vorrei scansare, beneficare chi non se lo merita o mi ha procurato parecchi guai, voler bene a quelli che non amano nessuno e che nessuno ama.

 

 

LUNEDI' 20 FEBBRAIO 1995 

“Chi conosce i disegni di Dio?”. (Sir. 1,5)

“.. SE A DIO PIACE!”

Un contadino, dopo aver trascorso tutta la giornata a mietere, ritornò a casa. Disse alla moglie: — Domani, a mezzogiorno, di sicuro avrò finito di mietere. La buona donna rispose: Devi aggiungere: “Se a Dio piace”, perché sai che la volontà degli uomini non conta. Ti assicuro, moglie mia, che né Dio né il Diavolo potranno impedirmi di finire per mezzogiorno! La mattina dopo, all’alba, il contadino si diresse verso il campo. Strada facendo, si imbatté in un corteo di donne e cavalieri al seguito del Sultano. Uno di loro fermò il contadino e gli disse: Buon uomo, ti ordino di guidarci alla montagna che vedi laggiù, in fondo alla valle. Il Sultano deve essere là prima di sera e noi non conosciamo la strada. Il contadino non poté rifiutarsi. Soltanto a sera inoltrata fu di ritorno. Bussò alla sua porta. Chi è a quest’ora? Chiese la moglie. Sono io, tuo marito, se a Dio piace. Aprimi, se a Dio piace, che voglio andare a letto, se a Dio piace!

 

 

MARTEDI' 21FEBBRAIO 1995

“Confida nel Signore e fa il bene”. (Sal. 36,36)

Alcuni solitari si erano ritirati su una montagna dell’Egitto, vicina al Mar Rosso, sotto la guida di un santo padre spirituale chiamato Sisoe. Uno di essi, avendo dei motivi di lamentela nei confronti di un altro, venne a trovare Sisoe e gli disse di essere risoluto a vendicarsi. Sisoe fece di tutto per dissuaderlo ma, vedendo inutile ogni tentativo, gli disse: almeno, fratello, preghiamo insieme prima che tu attui la tua risoluzione. Subito cominciò a pregare in questo modo: Signore, non è più necessario che siate nostro difensore, che siate nostro protettore, dal momento che questo fratello pretende che possiamo e dobbiamo farci giustizia da noi stessi. Toccato da queste parole, il solitario si gettò ai piedi di Sisoe, promettendo di rinunciare al suo proposito.

 

 

MERCOLEDI’  22 FEBBRAIO 1995

“Esorto gli anziani a non spadroneggiare sulle persone loro affidate, ma a farsi modelli del gregge”. (1Pt. 5,1—3)

Un vescovo stava visitando le parrocchie a lui affidate quando capitò in uno sperduto paesino di montagna. Vedendo che il parroco era un tipo molto alla buona, lo classificò come un ignorante e prese a trattarlo dall’alto al basso. Immagino che lei non sia molto preparato neanche sui rudimenti del catechismo. Vediamo: quanti sono i peccati capitali? Otto, rispose il parroco. Come immaginavo... commentò sprezzantemente il vescovo. Per sua norma e regola i peccati capitali sono sette. Ma Eccellenza, lei dimentica il disprezzo verso i propri simili.

 

 

GIOVEDI' 23 FEBBRAIO 1995

 

“Non confidare nelle tue ricchezze e non dire:  Questo mi basta”. (Sir. 5,1)

La MIA casa, il MIO denaro, la MIA automobile... Il MIO coniuge, i MIEI figli, i MIEI genitori... La MIA vita, la MIA salute... Nessuno può negare che tutte queste cose siano MIE. Ma fino a che punto lo sono? Fino a quando non interviene un fatto nuovo, ineluttabile che me le porta via! Allora, non possiedo nulla con sicurezza? Nulla; TUTTO mi può essere tolto in un attimo! “Che cosa possiedi tu che tu non l’abbia ricevuto?” (1 Cor. 4,7). Ecco, so che tutto ciò che possiedo un dono dell’amore di Dio per me, me lo rivela la Bibbia. So riconoscerli questi doni? Li so apprezzare e trattare con la cura che si ha di un dono preziosissimo? Che uso faccio di questi doni? Mi spingono alla disponibilità verso gli altri, alla generosità, alla gioia, alla gratitudine? Oppure mi inaridisco sempre più nella morsa del mio egoismo? Mi lascio dominare dall’invidia nefasta di chi guarda sempre “l’erba del vicino”...?

 

 

VENERDI' 24 FEBBRAIO 1995

“E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. (Mc. 10,2)

Tante volte e con tante sfumature diverse mi sono sentito ripetere questa domanda. Ciò che in epoche passate era una eccezione, ora sembra generalizzarsi sempre di più. E se è giusto non puntare il dito e non ergerci giudici degli altri non è neanche accettando bellamente questa situazione che aiutiamo a trovare i valori su cui fondare le nostre scelte. E’ facile dire e pensare che tutto va bene fino a quando non insorgono difficoltà. Quando noi diventiamo unici arbitri del bene e del male, quando si guarda solo al proprio benessere, quando la parola ‘amore’ diventa solo soddisfare i propri bisogni, noi rischiamo di non capire più il vero senso della coppia, della famiglia. Guardiamo a Gesù: se tenesse conto dei nostri peccati, quante volte avrebbe potuto ripudiarci, invece “ha dato la sua vita per noi e proprio mentre noi eravamo peccatori”.

 

 

SABATO 25 FEBBRAIO 1995

“Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite”. (Mc. 10,14)

Spesso ci siamo chiesti che cosa significhi nel Vangelo diventare bambini. Ecco la risposta di un monaco.

Sei un pellegrino senza una tua casa, senza bagagli, senza sicurezza del domani. Il deserto, per l’uomo che vi si avventura, non è una “dimora” ma una “traccia” sulla quale cammina in fretta per attendere, secondo un bel simbolo, “un paesaggio da cui non si ritorna indietro”. Questo paesaggio è Dio stesso visto allo scoperto, e solo la morte ce lo mostra così. Lui solo sa il momento e la strada. Non avere piani di vita, mantieniti soltanto libero da tutto ciò che potrebbe impedire a Dio di muoverti secondo la sua volontà. Ti è chiesto questo abbandono basato solo sulla fede nella saggezza, potenza e amore del Padre che è nei cieli. Egli sa tutto, può tutto, e mi ama. imprimiti questo nel cuore e sul palmo delle tue mani.

 

 

DOMENICA 26 FEBBRAIO 1995

“Dov’è o morte la tua vittoria? Dov’è o morte il tuo pungiglione?”. (1 Cor. 15,55)

Si dice che Luigi XI fosse astuto e crudele. Alla fine della vita, si sentì ripreso nella coscienza e cercò dei mezzi sicuri per allontanare la morte: quaranta sentinelle sorvegliavano il castello di Plessis les Tours, perché temeva, non senza motivo, di essere vittima di qualche vendetta, Inoltre, per prevenire ogni malattia fatale, si circondò di numerosi medici. Rendendosi conto malgrado tutto questo dell’insufficienza di tali mezzi, fece venire dall’Italia Francesco da Paola, un eremita francescano che si pretendeva fosse capace di prolungare la vita degli umani. Il re gli promise una forte somma se lo avesse mantenuto in salute e gli avesse assicurato lunghi giorni. Ma quest’uomo, che era un saggio gli spiegò che Dio solo aveva il potere di prolungare l’esistenza e che era molto più importante morire bene che vivere a lungo. Vogliamo porre in evidenza il suo precetto, perché temiamo che molta gente, come il re Luigi XI, pensi di più a vivere a lungo che a terminare bene la propria vita terrena. Ma, che cosa significa “morire bene”? Si tratta di finire i propri giorni a casa piuttosto che all’ospedale? Andarsene durante il sonno, senza soffrire, attorniati da quelli che amiamo...? Non si tratta di questo! Significa morire in pace con Dio, andare verso Lui senza timore, perché si possiede Gesù come Salvatore.

 

 

LUNEDI' 27 FEBBRAIO 1995

“E gli Apostoli ancora più sbigottiti dicevano fra loro: E chi si potrà salvare?”. (Mc. 10,26)

Gli Apostoli stentano a capire Gesù. Sono andati dietro a Gesù nella speranza: “Tutto diventerà chiaro, faremo parte del suo regno...” Ma questo maestro è esigente, dice di essere il pane della vita, dice che i ricchi difficilmente entreranno nel regno... “Adesso esagera... Come è possibile ascoltare cose simili?” I cristiani invece tante volte accettano tutto: il Pane dell’Eucarestia, la croce, le beatitudini che riguardano poveri e diseredati... Purtroppo accettiamo tutto perché intanto, in fondo in fondo siamo convinti che tutto resti come prima... Cristo non è una pasticca dolcificante, un “placebo” che si può far prendere a uno che dice di essere malato. Seguire Cristo è subire scandalo da Lui, è far fatica ad accettare la croce, è ricevere l’Eucarestia non come abitudine ma con fatica perché essere in comunione con Lui non è facile, perché le sue vie non sono le nostre vie.

 

 

MARTEDI' 28  FEBBRAIO 1995

“Non cercare di corrompere Dio con dei doni: non accetterà”. (Sir. 35,11)

Spesso Dio sembra deluderci: gli abbiamo chiesto qualcosa che ci sembra importante e Lui non ce lo ha dato, gli diamo dei suggerimenti e Lui non li accoglie. Abbiamo la pretesa di insegnargli il... mestiere di Dio. E dimentichiamo che, semmai, è Lui che ha il diritto di insegnarci il mestiere di uomo. Solo se riusciamo ad accettare un Dio “diverso”, che ci dà torto, smaschera impietosamente le nostre tentazioni idolatriche, fa esplodere continuamente le nostre classificazioni e sistemazioni, non è mai d’accordo con noi, avremo la probabilità di parlare di Dio con un linguaggio sempre inadeguato, d’accordo, ma che almeno rispetta il mistero, né lascia  indovinare le profondità e invita all’esplorazione

     
     
 

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