UNA
PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
GENNAIO 1995
DOMENICA
1 GENNAIO 1995
“Il
Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace”. (Nm.
6,26)
La
pace, come il mondo comunemente la intende, viene quando il cielo d’estate è
terso e il sole splende nella sua scintillante bellezza, quando il portafoglio
è pieno, quando la mente e il corpo sono liberi da dolore e pena. Ma questa non
è vera pace. La pace di cui Paolo parlava è una tranquillità d’animo in
mezzo ai terrori dell’angoscia, una tranquillità interiore in mezzo
all’urlo e al furore della tempesta esterna, la serena quiete al centro di un
uragano, in mezzo ai venti urlanti e cozzanti. Noi comprendiamo
facilmente il significato di pace quando ogni cosa va bene o quando uno è “in
alto e a posto”, ma rimaniamo sconcertati quando Paolo parla di quella vera
pace che viene quando un uomo e a terra”, quando il dolore batte con violenza
molesta nel suo corpo, quando egli è confinato entro le mura di pietra di una
cella di prigione, e quando la delusione è ineluttabilmente reale. La vera
pace, una quiete che supera ogni descrizione e ogni spiegazione, e la pace in
mezzo alla tempesta, la tranquillità in mezzo al disastro. (Martin Luther King)
LUNEDI’
2 GENNAIO 1995
“Chiunque
nega il Figlio, non possiede nemmeno il
Padre, chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre”. (1Gv.
2,23)
Da
soli non bastiamo a noi stessi. Il fondamento della nostra speranza è l’amore
di Dio, quell’amore che si è manifestato pienamente in Cristo. Gesù è
venuto sulla terra con noi; ha camminato sulle nostre strade; ha piantato la sua
tenda fra le nostre tende; la sua casa fra le nostre case; è entrato nella
nostra storia. Non ha abolito la malattia, la morte, il peccato, ma ha portato
la speranza che tutto questo può essere superato. Cristo Risorto è la nostra
speranza:
“Cristo,
risorto, dai morti, non muore più; così anche voi consideratevi viventi in
Cristo Gesù”.
MARTEDI’
3 GENNAIO 1995
“Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora stato rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è”. (1Gv.2,2)
Noi
siamo giustamente preoccupati per il nostro futuro: che cosa faremo? quali
progetti si realizzeranno? avremo una pensione sufficiente?... E vorremmo anche
sapere qualcosa dell’aldilà: “Ci sarà veramente? come vivremo? avremo un
corpo o no”.
La
parola di Dio è scarsa di particolari su questo argomento. Ci dice però
chiaramente che vedremo Dio così come Egli è, e fonda questo sul fatto che
noi, già fin da adesso siamo figli di Dio. Allora la nostra speranza non è in
un chimerico e ipotetico futuro ma è fondata su qualcosa che già abbiamo: il
dono di essere figli in Gesù Figlio di Dio. Se siamo profondamente convinti di
questo, ci preoccuperemo molto di meno se l’eternità si svolgerà tra uno
svolazzare di angeli o se sarà contemplazione e pace interiore: Dio, mio Padre,
sa far le cose bene, ci penserà Lui.
MERCOLEDI’
4 GENNAIO 1995
“Maestro,
dove abiti?”. (Gv.
1,38)
La
domanda che i due discepoli di Giovanni fanno a Gesù è anche la nostra
domanda: “Signore, dove ti posso trovare, incontrare?” Spesso facciamo
esperienza di una quasi assenza di Dio nel nostro mondo: “Dove sei, Signore,
mentre migliaia di persone stanno morendo di fame? Dove eri mentre affondava
quel traghetto con il suo carico di figli tuoi?” Altre volte ci sembra di
dover andare a cercare l’abitazione di Dio chissà dove: “Dio sarà in quel
monastero? sarà in quella esperienza religiosa.. “Venite e vedrete”
risponde Gesù a quegli apostoli e anche a noi. E’ come se ci dicesse: “Non
perderti in chiacchiere, in supposizioni, in teorie, in fumose—teologie
spiega.. tutto comincia a seguirmi, a starmi dietro, ad incontrarmi
nella Parola, nella preghiera, nella natura, in te stesso, non chiederti dove
andremo ma mettiti in cammino; non ti risolverà tutti i problemi, ma ti offro
me stesso!”.
GIOVEDI’
5 GENNAIO 1995
“Se
uno ha ricchezze in questo mondo e vedendo suo fratello in necessità gli chiude
il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?”. (1
Gv. 3,17)
Un
lebbroso, vestito di miseri stracci, se ne stava seduto per terra a chiedere
l’elemosina. I passanti impietositi lasciavano cadere qualche soldo nel suo
berretto rovesciato, posato ai suoi piedi. Ma il povero derelitto non faceva mai
un cenno di ringraziamento, né con il capo né con le labbra. Allora un tale,
stupito di questo comportamento, gliene chiese la ragione.
—
Ma come! — sbottò l’altro — Iddio si serve di me per darti la possibilità
di fare una buona azione, un atto caritatevole, e dovrei essere io a dire grazie
a te? Tocca piuttosto a te ringraziare me perché così ti puoi guadagnare il
Paradiso! Rise quel tale e allontanandosi pensò che, dopo tutto,
quell’infelice aveva ragione: il bene che facciamo agli altri, in verità, lo
facciamo ancora più a noi stessi. Da allora, tutte le volte che incontrava il
povero lebbroso, gli dava due monete: una per elemosina, in segno di carità;
l’altra per riconoscenza, in segno di ringraziamento.
VENERDI’
6 GENNAIO 1995
“Ed
ecco, la stella che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva”. (Mt.
2,9)
La
stella, dopo aver fatto scoccare una scintilla dentro, aver acceso un desiderio,
è ricomparsa solo alla fine. Tra il lampo della partenza e l’accompagnamento
nell’ultimo tratto, si stende, in mezzo, una strada interminabile, un cammino
sofferto, punteggiato da dubbi, stanchezze, smarrimenti, delusioni, scoramenti,
speranze. La maggior parte dell’itinerario i Magi l’hanno compiuto al buio.
Hanno dovuto cercare, interrogarsi, informarsi. La ricerca non è mai una marcia
trionfale. Implica numerose partenze. Non c e da aspettarsi una filza di
manifestazioni spettacolari. Ciò che conta è la perseveranza, la capacità di
non desistere, non cedere allo sconforto, e non deviare verso comodi ripari, né
tantomeno ritenersi appagati da conquiste provvisorie. Ciò che importa è
l’ostinazione a camminare anche quando tutto sembra inutile, assurdo,
impossibile. Prima di arrivare a vedere, riconoscere, occorre sopportare il
buio, la solitudine, l’assenza, il silenzio, la stanchezza, il vuoto, e anche
la delusione provocata da qualche esperto che ci parla di Lui indossando, non
l’abito della luce, ma la bisunta, raggelante e insopportabile palandrana del
mestiere.
SABATO
7 GENNAIO 1995
Da
allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi”. (Mt.
4,17)
Quante
volte abbiamo sentito questo invito alla conversione, e quante volte abbiamo
pensato che per convertirsi davvero, avremmo dovuto fuggire dalla situazione
attuale.
Una
civetta incontrò una quaglia che le chiese: — Dove vai? Vedo che stai preparando
armi e bagagli...
—
Me ne vado in Oriente — rispose la civetta.
—
E perché mai? — chiese la quaglia —Non ti trovi bene qui?
—
La gente del villaggio odia il mio stridulo verso. Per questo ho deciso di
partire...
Allora
la quaglia osservò: — Quel che dovresti fare è cambiare il tuo stridulo
verso. Se non lo sai fare, sarai malvista ovunque. (Liu –kiang)
DOMENICA
8 GENNAIO 1995
“Gesù,
ricevuto anche lui il Battesimo, stava in preghiera”. (Lc.
3,21)
E
certamente misterioso vedere il Figlio di Dio mettersi in fila con gli altri
peccatori per andare umilmente a ricevere il Battesimo di penitenza dalle mani
di Giovanni Battista. Ma questo è il senso della incarnazione e della
redenzione, e questo è anche il senso del “servire” come Gesù ci ha
indicato. Ricordo che, alcuni anni fa, durante un mio ricovero in ospedale,
rimasi per quasi un mese, al Cottolengo nello stesso padiglione in cui era
ricoverato il cardinal Pellegrino. Mi faceva una grande impressione, il dover
celebrare al mattino mentre lui, nella sua carrozzella, ormai quasi senza parola
assisteva e riceveva da me la Comunione. Quell’uomo grande, di una
intelligenza straordinaria e di un cuore aperto a tutte le necessità dei
poveri, quell’uomo che aveva preso coraggiose decisioni nella vita della
diocesi e della Chiesa, che aveva celebrato grandi pontificali, ora era lì su
quella carrozzella, con i segni della sofferenza sul volto, in fila con gli
altri per ricevere Gesù e affidarsi a Lui. Eppure in quel momento il cardinal
Pellegrino realizzava l’incarnazione della fede e della missione come, e forse
ancor più di quando era nel pieno della sua missione attiva.
LUNEDI’
9 GENNAIO 1995
Gesù,
predicando, diceva: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino”. (Mc.
1,14)
“Il
Regno è qui, è vicino” diceva Gesù ai suoi contemporanei. Ancora più
vicino è oggi secondo la sua parola. “Ma dov’è il tuo Regno? Vedo regni
terreni fondati sulla potenza, sul denaro, sulla violenza. Vedo la verità
nascosta in mezzo a nugoli di menzogne, vedo l’amore degradato, vedo la
giustizia fatta su misura per ricchi e potenti, vedo milioni di persone morire
per fame, vedo una natura meravigliosa ma ostile... Dov’è il tuo regno di
giustizia, di pace, di verità, d’amore? Anche dentro di me scopro bene e male
in continua lotta, verità e menzogna che sussistono, fede e dubbi che si danno
la mano, speranze uccise dalla rassegnazione... Venga il tuo Regno! Vieni
presto, Signore Gesù! Donami occhi e fede per sapere che il piccolo seme è già
nella terra e sta marcendo per diventare pianta e portare i suoi frutti”.
MARTEDI’
10 GENNAIO 1995
“O
Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra”. (Sal.
8,2)
“L’uomo
di questi tempi ha fatto molti guadagni, ma ha fatto anche la perdita più
grande: quella della meraviglia. Ha perso la capacità di fare “oh” con la
bocca e il cuore che cerca di scappare fuori come un uccello dalla gabbia.
Questa perdita è un segno di vecchiaia; forse adesso si nasce vecchi” (V.
G. Rossi).
Maledetta
la civiltà che offende la bellezza; che non gode più di un albero perché è
“bello” ma perché è “mio”.
Società
di affanni e di rumori, basta con la sbornia dell’ “avere”; sganciati dal
fare e disfare; stacca la spina delle urla; trova il tempo d’esser felice.
Diceva
lngres: “Studiate il bello in ginocchio”.
“Studiate
il bello in ginocchio”: lo spirito ad elettroencefalogramma piatto avrà un
sussulto divino!
MERCOLEDI’
11 GENNAIO 1995
“Gli
portarono tutti i malati e gli indemoniati”. (Mc.1,32)
La
compagnia di Gesù. Nel Vangelo troviamo Gesù in compagnia di pescatori,
esattori delle tasse, peccatori, adultere e prostitute, malati, indemoniati,
ciechi, storpi... una cattiva compagnia?! Gesù sta bene con queste persone, è
venuto per loro, sa che sono proprio questi che possono essere disponibili ad
accogliere la sua salvezza. Gesù è venuto per tutti ma sono i poveri e i
malati che sentono di aver bisogno di Lui. Anche oggi e cosi: Gesù è per
tutti, ma solo se ci sentiamo poveri e bisognosi di salvezza possiamo andare da
Lui e in Lui trovare aiuto e grazia. E questa deve essere anche la scelta
preferenziale della Chiesa: andare soprattutto verso chi ha più bisogno. Anche
oggi, allora, la compagnia di Gesù è fatta soprattutto di poveri e peccatori
(anche noi) che sentono che solo Lui può salvare.
GIOVEDI’
12 GENNAIO 1995
“Guardate
perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza
fede che si allontani dal Dio vivente”. (Eb.3,12)
La
frase che commentiamo oggi ne richiama un’altra che troviamo nella 1^ Lettera
di Giovanni: “Se in qualche cosa il nostro cuore ci condanna, Dio è più
grande del nostro cuore, e conosce ogni cosa
Qualunque
momento della nostra vita può essere recuperato nella speranza. Fare Pasqua con
Cristo, partecipare alla sua risurrezione, comporta il nostro morire al peccato,
alla tristezza, alle delusioni che ci tengono prigionieri. Solo un atteggiamento
di speranza può darci la spinta per cambiare, per migliorarci, per non
accettare passivamente situazioni di fallimento. Convertirsi significa
“volgersi verso Dio”, che è la nostra salvezza; significa cambiare la
nostra vita secondo le scelte di Cristo. La conversione a cui siamo chiamati non
e un azione da compiere una volta per tutte: è una spinta quotidiana dentro la
realtà concreta che viviamo. E’ fare Pasqua lasciandoci perdonare e cambiare
dall’amore di Cristo.
VENERDI’
13 GENNAIO 1995
“Si
recarono da Lui con un paralitico portato da quattro persone”. (Mc.
2,3)
Quando
sentiamo il nome Chiesa, siamo subito portati a pensare alla gerarchia della
Chiesa. Chiesa è molto di più e l’episodio del paralitico portato a Gesù da
quattro persone me ne indica un aspetto molto bello. Ci sono dei momenti in cui
siamo paralitici, cioè non possiamo muoverci da soli: saranno il peccato, la
sofferenza, i dubbi... da soli non ce la facciamo a muoverci per andare da Gesù.
Essere Chiesa significa ricevere l’aiuto dei fratelli e da fratelli dare aiuto
agli altri. Quante volte ho sperimentato la non voglia di pregare, il dubbio e
gli interrogativi che sembrano non permettere un atto di fiducioso abbandono in
Dio, il peccato che ti fa sentire indegno della sua misericordia. In quel momento
l’amicizia, l’esempio, la preghiera di altri danno coraggio, ti portano a
Gesù e la solidarietà aiuta ad inventare modi nuovi per superare le difficoltà,
fosse anche, come nel Vangelo, scoperchiare un tetto.
SABATO
14 GENNAIO 1995
“Manteniamo
ferma la professione della nostra fede”. (Eb.
4,14)
Credo
che la vita è un dono inestimabile, di cui io non sono padrone, ma soltanto
amministratore; credo che la vita è gioia sempre e dappertutto, anche quando
sui mio cammino trovo cattiveria, incomprensione, sofferenza, freddezza,
solitudine e duro inverno; credo che in ogni uomo c’e mio fratello, al di là
del colore della sua pelle, dei suoi difetti, dei suoi errori e di quello che la
gente dice e pensa di lui; credo che nel cuore di ogni uomo c'é sempre un germe
di bontà, che io devo scoprire, accettare, apprezzare e valorizzare; credo che
nella vita vale essere, non avere; credo che la bontà non muore con il corpo,
ma resta e trasforma gli uomini e il mondo; credo che questa mia vita iniziata
nel tempo, si completerà e si perfezionerà nella casa del Padre.
DOMENICA
15 GENNAIO 1995
“Non hanno più vino.. .”. (Gv.
2,3)
Maria
è colei che si accorge, colei che rivela ciò che non abbiamo. Maria, guardando
a me oggi, è come se mi dicesse: “Tu corri tanto, ma sei sempre in ritardo,
In ritardo, soprattutto su te stesso. Ti agiti troppo, ma concludi ben poco.
Perché nella tua vita c’è poco spazio al silenzio. Sulla tua tavola
c’è tutto. Ma ti manca... il resto. Sei povero dell’essenziale. Parli
tanto, anche troppo di Dio. E ti dimentichi spesso di parlare con Dio, di
lasciarlo parlare. Cerca di vivere e non lasciarti semplicemente vivere. Non
vivere di vuoto, di banalità, di sciocchezze. Non riempire il vuoto con
l’inutile. Dà un significato ai giorni, alle ore, ai minuti. Maria, Madre
attenta a ciò che manca, chiedi a Gesù il miracolo di cambiare la mia
insipidezza in gusto della vita.
LUNEDI’
16 GENNAIO 1995
“Nessuno
cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio”. (Mc.
2,21)
Con
questa piccola parabola Gesù ci dice l’assoluta novità del suo Vangelo. La
buona notizia della sua venuta non è una toppa nuova da cucire su un vestito
vecchio, è la radicale novità interiore dell’uomo: tutto quello che c’è
stato prima è preparazione, impalcatura, tutto quello che viene dopo di Lui
possono essere abbellimenti (o abbrutimenti) ma l’edificio nuovo è Gesù
Cristo. Quando si finisce di costruire una cattedrale si toglie la pur utile
impalcatura, si tolgono tutti gli inutili orpelli perché essa risplenda. Gesù
ci chiede di essere uomini nuovi, capaci al di là di sovrastrutture di far
risplendere al mondo la sua profonda novità. Non vi sembra che oggi i cristiani
(e noi) siano più spesso portati a vedere e discutere i particolari della fede
e della morale che non a far risplendere l’essenza del Vangelo?
MARTEDI’
17 GENNAIO 1995
“Dio
non è ingiusto da dimenticare il vostro lavoro”. (Eb.
6,10)
AMARE
LA VITA, VIVENDO DI FATICA
Quando
lavorate siete un flauto che nel suo cuore volge in musica il murmure del
tempo.Fra voi chi mai vorrebbe essere una canna silenziosa e muta, quando le altre
tutte insieme cantano?Voi dite che il lavoro è maledetto e la fatica una
sventura. Ma io vi dico che mentre lavorate si compie la parte più remota del
sogno della terra, che vi fu dato quando la terra nacque. Così vivendo di
fatica, voi amate in verità la vita. E amando la fatica della vita, voi ne
capite il segreto più profondo.
MERCOLEDI’
18 GENNAIO 1995
“C’era nella sinagoga un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusano”.
(Mc.
3,1—2)
Gesù
guarisce l’uomo dalla mano inaridita e invita i presenti a comprendere che così
facendo, egli è fedele allo spirito della legge del sabato. Ma i suoi avversari
non vogliono andare al di là della lettera e si radunano per decidere la sua
condanna a morte. Signore, nostro Dio, noi non siamo migliori dei farisei: se
qualcuno viene a turbare le usanze del nostro gruppo o le nostre abitudini
personali, subito siamo tentati di allontanarlo. Insegnaci a rispettare tutti
coloro che lavorano per il bene dell’uomo, anche se la loro azione dovesse
sconvolgere i nostri schemi, come quella di Gesù, quando è passato in mezzo a
noi uomini.
GIOVEDI’
19 GENNAIO 1995
“Allora
Egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca”. (Mc.
3,9)
Ecco
il modo di fare di Dio: per farti un dono ti chiede qualcosa! Alla Samaritana
per darle l’acqua della vita, la conversione, Gesù chiede: “Dammi da
bere”, agli apostoli per farli diventare pescatori di uomini, chiede di
imprestargli la barca. Il Signore, per poter operare in noi, ha bisogno che noi
siamo disponibili. Uno dei limiti più grandi che noi possiamo opporre
all’azione di Dio è quello della chiusura, dell’essere impermeabili: forse
per paura non gli lasciamo il minimo spazio dove Egli possa operare, per darci i
suoi doni. E spesso, motivo di incomunicabilità, di chiusura anche con i
fratelli è la stessa cosa: ognuno pensa per sé. Vogliamo a tutti i costi
essere autosufficienti. Non abbiamo neanche il coraggio di chiedere un piacere,
di dire: “Ho bisogno di te”. Eppure, chiedere “per favore” può essere
una grande carità. Far sentire agli altri che hai bisogno di loro, che ti fidi
dell’aiuto che ti possono dare, può far uscire una persona dalla sensazione
di sentirsi inutile, può far sentire di essere amato, può aprire la strada ad
un rapporto di vera carità vicendevole.
VENERDI’
20 GENNAIO 1995
“Gesù
costituì i dodici... e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì”. (Mc.
3,16—19)
Gesù
ha passato una notte in preghiera prima di scegliere i dodici e poi ecco
l’elenco dei chiamati. Se già ci può stupire che in questo elenco appaiano
personaggi come “ i figli del tuono”, come Matteo, il cambiavalute, ci
lascia ancora più perplessi la figura di Giuda Iscariota, quello che poi lo
tradì. Gesù sapeva. Gesù ha pregato...I criteri di Gesù nella scelta non
sono allora come quelli umani che si adottano per scegliere dei collaboratori fidati.
Sono quelli di donare gratuitamente, di fidarsi di Dio e degli uomini. Gesù si
fida di me anche se sa che posso tradirlo, mi ama al punto da affidarsi nelle
mie mani...
Signore
Gesù, tra coloro che tu hai scelto uno ti ha tradito, uno ti ha rinnegato,
altri sono fuggiti. Fa’ che noi rimaniamo fedeli alla nostra vocazione e, se
cadiamo, donaci il coraggio di ritornare a Te che continui a chiamarci oggi e
sempre.
SABATO
21 GENNAIO 1995
“I
suoi parenti, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano:
E’ fuori di se”. (Mc.
3,21)
Tutti
coloro che fanno delle scelte di vita diverse da ciò che noi riteniamo normale
sono considerati pazzi o esaltati. E’ la sorte dei santi, pensate a Francesco
che lascia tutti i suoi averi per fare vita povera. “Che pazzo”, diceva la
gente. E quando oggi pensiamo ai missionari che partono per una vita scomoda e
difficile o a un don Ciotti che rischia la pelle ogni giorno per aiutare
drogati, emarginati, malati di AIDS, sentiamo spesso dire: “E chi glielo fa
fare?”. Gesù si lascia “mangiare” dalla folla perché vuole fare la
volontà di Dio ed è innamorato di noi uomini, I santi hanno fatto e fanno
‘‘cose pazze”, per il Vangelo. E poi chi ci dice che sono pazzi loro e non
noi? Essi pur faticando e soffrendo sono felici, noi con tutte le nostre cose
spesso siamo stanchi o stufi e non riusciamo a dar senso alla nostra vita.
DOMENICA
22 GENNAIO 1995
“Ho
deciso (di scrivere il Vangelo) perché ti possa rendere conto della solidità
degli insegnamenti ricevuti”. (Lc.
1,3—4)
Quando
leggiamo insieme o da soli una pagina di Vangelo dobbiamo renderci conto di
trovarci davanti ad un libro che è diverso da tutti gli altri. Non è una
raccolta di parole o di aneddoti relativi a Gesù, alla sua storia e al suo
insegnamento. E’ un libro che è nato nella fede di una comunità ed è un
libro sempre nuovo che per essere capito, appreso e vissuto ha bisogno di
trovare fede. E’ anche un libro che si spiega in se stesso e con se stesso. Un
credente che legge il Vangelo allora, deve prima di tutto aver fede in Gesù
Figlio di Dio e deve chiedersi, davanti ad ogni pagina di esso: che cosa vuol
dire a me oggi Gesù? E deve cercare di riscrivere al meglio, con la propria
vita, la pagina letta.
LUNEDI’
23 GENNAIO 1995
“Cristo
si è offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti”. (Eb.
9,28)
Un
innocente che muore al posto del colpevole. Tutto il nostro senso della
giustizia si ribella. Un Dio che muore al posto della sua creatura che gli si è
rivoltata contro. E’ qualcosa di inaccettabile. Proprio perché la nostra
logica non può comprendere una soluzione di questo genere, Dio non ci chiede di
arrivare ad accettare la salvezza in base a un ragionamento, come se si
trattasse di un teorema da dimostrare; ci chiede piuttosto di credere alla sua
Parola. Solo la fede può permetterci di fare il salto di qualità dalla nostra
logica a quella di Dio.
MARTEDI’
24 GENNAIO 1995
“Ho
sperato: ho sperato nel Signore ed Egli su di me si è chinato”. (Salmo
39,2)
Nel
profondo di ciascuno di noi possiamo scoprire una continua ricerca, un desiderio
costante di serenità, di gioia, di speranza. Dalle piccole esperienze di ogni
giorno, fino alle scelte più gravi e impegnative della vita, la speranza appare
come il pane quotidiano di cui ciascuno ha bisogno. Ma qual è il nome di questa
speranza? Spesso ad essa diamo dei nomi che poi scopriamo sbagliati o
insufficienti; oppure la identifichiamo in traguardi che poi ci deludono o non
ci bastano... La speranza di cui viviamo, attraverso tanti volti diversi —
veri o distorti —manifesta, in fondo, una nostalgia di Dio, la ricerca di una
parola che risponda al desiderio che ciascuno avverte dì realizzarsi e di
vivere pienamente. Dio non è soltanto nostalgia inquieta. Egli ha dato la sua
risposta, ha pronunciato la sua parola, ha donato a noi Gesù, per dare un volto
e un nome vero alla nostra speranza.
MERCOLEDI’
25 GENNAIO 1995
“Andate
in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. (Mc.
16,15)
Oggi,
guardando alla figura di Paolo, siamo invitati a scoprire l’agire di Dio: Dio
ha bisogno di peccatori che si convertano per poter, grazie ad essi,
testimoniare il suo Regno. Paolo viene inseguito da Dio. Egli lo ama, e quando
Paolo si lascia disarcionare e si lascia guidare, Dio si serve di lui per il suo
progetto. Dio ha bisogno di te, ha bisogno della tua povertà, si serve dei tuoi
limiti; se solo sapessimo abbandonarci nelle sue mani! Paolo, convertito e
innamorato di Gesù è andato fino ai confini del mondo, quello conosciuto
allora, per portare la parola gioiosa del suo maestro, noi stentiamo ad uscire
dai nostri piccoli schemi quando il Vangelo ci grida qualche sua esigenza:
probabilmente non siamo ancora abbastanza convertiti!
GIOVEDI’
26 GENNAIO 1995
“Non
vergognarti della testimonianza da rendere al Signore”. (2
Tim. 1,8)
Cristiani
poco convinti o pusillanimi? Come mai in tante occasioni stentiamo a far vedere
la nostra fede? Non dico che presuntuosamente o in ogni situazione dobbiamo
sbandierare la fede, o peggio, diventare moralisti uggiosi che hanno sempre
qualcosa da sindacare sulla agire degli altri, ma, come mai così spesso,
specialmente in certi ambienti, siamo disposti a berci la mentalità comune, o
preferiamo nasconderci nei luoghi comuni piuttosto che manifestare la nostra
fede? Il Signore, che è luce ci chiede di prestargli le nostre piccole lampade
perché la sua luce possa arrivare al cuore di altre persone. La luce non siamo
noi ma se nascondiamo la nostra piccola lampada il mondo non soffrire un po’
di più di oscurità?
VENERDI’
27 GENNAIO 1995
“Avete
solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate
raggiungere la promessa”. (Eb.
10,36)
Per
tutti i credenti, la morte non è più l’ultima frontiera del futuro, il
limite delle speranze umane, perché Gesù annuncia il Regno di Dio passando
oltre la morte. La vittoria di Gesù sulla morte, la sua risurrezione, è la
nuova garanzia della fedeltà di Dio.
Dio
si rivela come il Padre, perché ama con un amore fedele e tenace, che ha
ragione anche della morte. Tutta la nostra vita avanza verso un traguardo
positivo e festoso: siamo chiamati alla vita e non alla morte, alla
realizzazione totale e non al fallimento, alla gioia di una comunione piena con
Dio e con i fratelli e non alla divisione o alla tristezza.
E’
il “paradiso”, che Dio ha preparato per coloro che lo amano e accettano di
essere da lui amati.
SABATO
28 GENNAIO 1995
“La
fede è il fondamento delle cose che si sperano e la prova di quelle che non si
vedono”.
Noi
fondamentalmente siamo materialisti, cioè crediamo alle cose che vediamo. Fede
è accogliere la Parola di Dio con le sue promesse. Le vicende della vita ci
rendono spesso diffidenti e tristi. Il rapporto con gli altri è vissuto allora
in termini di utilità, di calcolo interessato e di freddezza (se mi serve...;
se ne ottengo qualcosa...; se lo merita...; ho già i miei guai a cui
pensare...). Lo stile di Dio che ci ama senza calcoli e in modo gratuito e perciò
ci apre alla fiducia e alla gioia, ci deve anche rendere capaci di donare questa
fiducia e questa gioia della speranza agli altri. E’ una testimonianza che
possiamo realizzare a cominciare dai gesti più semplici e quotidiani. E’
Cristo il fondamento della nostra gioia.
DOMENICA
29 GENNAIO 1995
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna”.
(1Cor. 13,1)
Per
seminare la speranza le parole non bastano. Sono necessarie scelte coraggiose e
gesti concreti.
LUNEDI’
30 GENNAIO 1995
“Gli
venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo”. (Mc.
5,2)
“Torino,
città magica” hanno titolato molti giornali. Al di là degli scoop
giornalistici, spesso ci chiediamo: ma è vero che c’è il demonio, che si
possono invocare fatture maligne? Una cosa è indubitabile: il male c'é, ed è
anche tanto! Il male viene invocato, ed anche apertamente; c’è un mucchio di
gente che soffre direttamente o indirettamente a causa di altri. Non cadiamo nel
rischio di vedere diavoli da tutte le parti o, peggio ancora, di cadere in mano
a presunti maghi o fattucchiere che con la scusa di liberarci dal male ci
caricano di paure e ci spennano soldi, ma non sottovalutiamo il male e il
diavolo. E c’è un unica strada per vincerlo: fidarsi di chi è più
forte di lui. E’ Gesù che ha vinto il male e ci ha indicato nella preghiera e
nella penitenza il modo di combatterlo.
MARTEDI’
31 GENNAIO 1995
“Corriamo
con perseveranza tenendo lo sguardo fisso su Gesù”. (Eb.
12,1—2)
Che
cosa fa essere una persona “cristiana”? L’ambiente nel quale viviamo ha
pronto un ventaglio di risposte a questa domanda. C’è chi pensa che, per
essere cristiani, occorra essere nati in una famiglia cristiana; per altri è
necessaria l’introduzione, attraverso determinati riti, in una delle chiese
che si dicono cristiane; per altri ancora si è tutti cristiani, in quanto la
nostra umanità ci affratella in Cristo; per altri, infine, è cristiano colui
che si è impegnato ad una vita di rinunce, di sacrifici, di isolamento dal
mondo. Purtroppo si tratta di risposte che non tengono in alcun conto
dell’unica autorità che può dire come stanno veramente le cose. Dio, nella
Scrittura che Egli ha ispirato per rivelarsi, ci dice che, per appartenere a
Cristo (per essere cioè “cristiani”) occorre avere il suo Spirito dimorante
in noi: fatto che può accadere solo se abbiamo confessato la nostra naturale
condizione di peccato, riconoscendo in Gesù Cristo, per fede, l’unica Via di
salvezza!