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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

NOVEMBRE 1994

 

MARTEDI’ 1 NOVEMBRE 1994

“Beati...” (Mt. 5,1—12)

“Santi, Beati”. Questi nomi fanno risuonare in me sensazioni diverse. Intanto una sensazione di gioia: Qualcuno ce l’ha fatta! Si può entrare nel Regno dei Cieli, abbiamo dei compagni e degli intercessori che vedono Dio. Una sensazione di tremore: quando leggo di martiri coraggiosi, di esempi di vita donata, di sofferenze offerte per amore, mi sento estremamente piccolo. Una sensazione di riconoscenza a Dio che continua ad operare cose grandi nonostante la nostra povera umanità. E poi lo stupore di scoprire giorno per giorno che viviamo in mezzo ai santi. Sì, perché santi non sono soltanto quelli dei secoli passati, quelli delle canonizzazioni sontuose, quelli dei miracoli strabilianti ma santo è quel padre, operaio, che con fede lavora, ama la sua famiglia e dedica ancora del tempo ad andare ad aggiustare il rubinetto alla vecchietta; santi sono quei nonni che, trascurati dai figli, non lo fanno pesare né a loro né agli altri; santo è quel barbone che non ha niente ma divide le sue 3 mila lire con uno che ha meno di lui... E, guarda un po’, santo puoi essere anche tu.

 

 

MERCOLEDI’ 2 NOVEMBRE 1994

“Giustificati per il Sangue di Cristo, saremo salvati dall’ira per mezzo di Lui”. (Rm. 5,9)

Giornata di tristezza o di gioia quella di oggi? La nostalgia dei nostri cari defunti porta un velo di tristezza su  questa commemorazione. La fede in Cristo risorto ci riempie di gioia al pensiero che i nostri morti sono vivi, e per sempre. il cristiano non può ricordare i propri morti senza partire dall’esperienza di Pasqua. Cristo è vivo, i nostri morti sono vivi in Lui. E come noi, se abbiamo fede, entriamo in comunione con Lui nei sacramenti e nella vita, così in Lui possiamo ritrovare tutti quelli che, grazie al suo Sangue, sono nella vita eterna. E anche i nostri defunti hanno un desiderio solo: che noi, vivendo in Cristo la nostra vita, siamo fatti passare con Lui e da Lui alla vita eterna. Più che fiori, visite formali ai cimiteri, a loro importa che noi con loro formiamo l’unico Corpo di Cristo.

 

 

GIOVEDI’ 3 NOVEMBRE 1994

“I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. (Lc. 15,2)

Una delle cose che ha maggiormente scandalizzato i giudei è la familiarità di Gesù con i peccatori. E’ stato un fatto che li ha mandati in crisi, che ha sconvolto il loro metro di giudizio, la loro sicurezza. Il Signore ci rincorre con la sua misericordia, viene a cercare l’uomo smarrito e perdona di cuore a chi ha sbagliato se trova in lui una sincera disponibilità al pentimento. Come è lontano il Dio vendicatore che tante volte ci immaginiamo! Anche la comunità cristiana dovrebbe dimostrare un’uguale apertura alla misericordia. Invece si è soliti creare la vita difficile a chi si è allontanato, a chi chiede di ritornare dopo essersi perso. Come dice Gesù, impariamo a non giudicare per non essere giudicati.

 

 

VENERDI’ 4 NOVEMBRE 1994

“Il padrone lodò quell‘amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza”. (Lc. 16,8)

Tutti noi abbiamo presenti persone che per ottenere dei beni hanno trafficato, brigato, ingannato. Noi stessi, a volte, per ottenere ad esempio un migliore posto di lavoro siamo disposti a fare sacrifici, ad usare tutte le nostre doti umane... Chissà come mai, per la fede non siamo altrettanto accorti e pronti? Ad esempio sappiamo che la preghiera, i sacramenti sono un dono importante per il cammino della fede eppure li trascuriamo facilmente. Capita, ad esempio, che barattiamo una Messa festiva perché “oggi devo lavare la macchina”, perché “oggi è domenica, devo dormire di più”. Gesù lodando l’amministratore infedele della parabola non vuole insegnarci ad essere ingiusti, vuole invitarci ad usare tutte le nostre doti per i valori che non finiscono, nell’impegno per ottenere i beni e la meta definitiva del Regno, il credente deve imitare lo sforzo e la dedizione che tanti altri prodigano per ottenere obiettivi terreni e provvisori.

 

 

SABATO 5 NOVEMBRE 1994

“Procuratevi amici con la disonesta ricchezza.., perché vi accolgano nelle dimore eterne (Lc. 16,9)

Il denaro: quante visioni diverse su di esso, da chi lo esalta al punto di farne l’unico scopo della vita a chi lo disprezza al punto da considerarlo la fonte di ogni male. Il Vangelo di Gesù è molto equilibrato e deciso. Intanto c’è una ricchezza onesta e una disonesta. Entrambe non devono fare da padrone sulla vita dell’uomo che se no rischia di diventarne schiavo e di anteporle addirittura a Dio. La ricchezza poi è a servizio dell’uomo. Con i beni della terra amministrati con carità ci si prepara ad incontrare Colui che è il bene sommo della vita.

 

 

DOMENICA 6 NOVEMBRE 1994

“In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. (Mc. 12,43)

Mi pare signifcativo il commento di A. Pronzato al gesto della vedova che butta, con un atto di fiducia totale, due spiccioli, tutto ciò che aveva, nelle offerte del tempio. “Le cassette del tempio erano chiamate ‘trombe’. Forse non solo per la loro forma. L’elemosina di tanta gente ha bisogno delle trombe, non può farne a meno. In certi casi non ci sarebbero ‘offerte’, se non fosse assicurata una adeguata pubblicità. Questa donna, invece, non voleva far rumore. Si è avvicinata esitante alla ‘tromba’ ed ha dovuto sussurrare quasi con un senso di vergogna l’ammontare della sua offerta. Il sacerdote che ascoltava deve aver sorriso di compatimento. Il tempio ha bisogno di ben altro, con tutte le spese che si devono sostenere. Ma lì vicino c’era qualcuno che osservava e registrava il gesto insignificante, la ‘musica’ dei due spiccioli che urtano le grosse monete d’argento. E questa donna è entrata per sempre nel Vangelo, ossia nel libro dei piccoli, degli sconosciuti, degli innocenti’ che sono grandi davanti a Dio.”

 

 

LUNEDI’ 7 NOVEMBRE 1994

“State attenti a voi stessi (Lc. 17,3)

Gesù ci invita a stare in guardia: il migliore amico e il peggior nemico che abbiamo siamo noi stessi. infatti in noi sta il bene e il male; il dono prezioso e terribile della libertà ci mette nella situazione di poter indirizzare in un modo o in un altro tutta la nostra vita. Se abbiamo il coraggio di affidare la nostra libertà alle mani del Signore e della sua legge, siamo sicuri che Lui, il Dio della vita e dell’amore, farà emergere in noi solo il suo bene; se ci affidiamo al nostro orgoglio e ai nostri interessi, da noi uscirà il male che ucciderà la nostra vita e avvelenerà quella degli altri.

 

 

MARTEDI’ 8 NOVEMBRE 1994

“Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. (Lc. 17,10)

Gesù ci invita al realismo facendoci notare la sproporzione che c’è tra le nostre opere, i nostri meriti e i doni di Dio. L’uomo di oggi, crede di poter fare cose eccezionali semplicemente perché fa il suo dovere. Se una coppia afferma di essere capace di vivere nella fedeltà, si sgranano gli occhi e ci si stupisce. Ci sono studenti che si sentono orgogliosi perché fanno il proprio dovere e si impegnano nello studio. Ci sono cristiani che si vantano di non perdere messa alla domenica. E’ il caso di ricordare che quando abbiamo fatto tutto questo, in un confronto sereno con le esigenze della nostra coscienza, abbiamo fatto solo ciò che dovevamo fare.

 

 

MERCOLEDI’ 9 NOVEMBRE 1994

“Gesù disse ai cambiavalute e ai venditori di colombe: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”. (Gv. 2,16)

La festa della dedicazione della Basilica Lateranense ci porta a pensare alla visibilità della Chiesa che si manifesta anche attraverso i templi e la gerarchia. Ma proprio il Vangelo di oggi ci invita a purificare le esteriorità di una religione solo formale. Il tempio non è Dio, la “casa di Dio” non è Dio, Dio vuole abitare con gli uomini, ma soprattutto nel cuore degli uomini. Il tempio, la preghiera, la messa... sono segni di questa presenza e di questo rapporto. Se non vogliamo correre il rischio di vanificare questi segni bisogna che essi non diventino riti vuoti, magici o abitudinari, ma occasione vera di incontro con Dio.

 

 

GIOVEDI’ 10 NOVEMBRE 1994

“Quando verrà il Regno di Dio?”. (Lc. 17,20)

“Quando verrà il Regno di Dio?” si chiedevano gli Ebrei e si aspettavano un Messia liberatore dalla schiavitù romana. “Quando verrà il Regno di Dio?”, si chiedevano gli apostoli e non si accorgevano che il regno era proprio li in mezzo a loro. “Quando verrà il Regno di Dio?”, si sono chiesti gli uomini di Chiesa lungo i secoli e spesso hanno confuso il regno della Chiesa con quello di Dio. Oggi molti uomini si chiedono: “Ma, verrà questo Regno di Dio?” Il Regno di Dio è in mezzo a noi; Gesù, il seme caduto nella terra, lo ha già inaugurato e instaurato. Questo seme vuol crescere. Ha bisogno di terreno buono. Ha bisogno di cuori buoni per svilupparsi. Non è un regno di potenze umane e, almeno nella fase terrena, non viene per risolvere i problemi umani degli uomini. Ma c’è in noi e attorno a noi. Prova a pensare, oggi, in quali modi si manifesta in te a attorno a te e pensa anche in quali e quanti modi puoi accoglierlo e a tua volta manifestarlo.

 

 

VENERDI’ 11 NOVEMBRE 1994

“Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio”. (2 Gv. 1,9)

La Bibbia nel raccontarci il peccato originale (e successivamente anche tutti gli altri peccati) ce lo indica come un peccato di orgoglio, di superbia, un tentativo di autosufficienza da Dio. “Sarete come Lui!” Da sempre la tentazione è proprio lì, “andare oltre” ai propri limiti, voler fare a meno di Lui, essere noi a stabilire i confini del vero e del giusto. Quanti suggerimenti vorremmo dare a Dio perché il mondo vada meglio! Quante interpretazioni   gratuite sulle parole di Gesù! E quante aggiunte alla sua parola! Gesù è il Figlio di Dio che ha parlato, che ha sofferto per noi, e a noi non basta: andiamo a cercare la verità nel buddismo, negli esoterismi più vari. “Andare oltre” non è arricchire la fede, è impoverire in noi l’azione di Cristo, è sminuirlo, non considerano Dio, è ridurlo a parole di filosofia, teologia, parole morte mentre Lui è Parola vivente che interpella e salva.

 

 

SABATO 12 NOVEMBRE 1994

“E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano a Lui giorno e notte?”. (Lc. 18,7)

Tante volte mi sono trovato a chiedere a Dio grazie e miracoli, per me e per altri. Come mai queste grazie spesso non arrivano? Rispondo per me: perché non credo abbastanza! Se credessi a Gesù veramente e totalmente saprei che non c’è preghiera che non venga ascoltata e in qualche modo esaudita. Oh, non perché Dio sia una “pronta cassa” nell’esaudire materialmente tutte le nostre (spesso assurde) richieste, ma perché sempre e in ogni caso Dio ascolta le nostre preghiere e vuole esaudirle (a modo suo, quindi nel modo giusto) ma noi non gli diamo la possibilità di farlo. Faccio un esempio: se sono anni che chiedo al Signore di liberarmi da un peccato o da una tentazione non devo prendermela con Dio che non mi esaudisce ma devo cominciare a chiedermi: “Ma ci credo davvero che Dio ha la potenza di liberarmi? Sono convinto che il Signore sta dandomi adesso la forza per combattere?... Sono proprio sicuro di voler, con tutte le mie forze, essere liberato?”.

 

 

DOMENICA 13 NOVEMBRE 1994

“Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce se non il Padre”. (Mc. 13,32)

Nel discorso sulle ultime cose che avverranno alla fine dei tempi noi siamo istintivamente portati a chiederci: “Quando avverrà? Come avverrà?”. Ma il. problema non è il quando, ma il farsi trovare pronti. Non si tratta di sapere “come” avverranno “tutte queste cose”, ma “come” deve comportarsi il cristiano nell’attesa. Il credente sa che ogni istante è il tempo favorevole, in cui deve prendere una decisione, dare una risposta. 

In ogni avvenimento del presente si gioca il suo futuro.

 

 

LUNEDI’ 14 NOVEMBRE 1994

“Ho da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di un tempo”. (Ap. 2,4)

Molti anni or sono, un umorista italiano, Giovanni Mosca, fece rappresentare all’Eliseo di Roma la commedia intitolata “L’ex—alunno”. Nel dialogo, un ispettore scolastico chiede al professore: “E a religione come stiamo?”.

“Male, male”, risponde quello: “non ci sono più atei”. “E questo, scusate, sarebbe un male?”. “Ma sì”, dice il professore: “dove li trovate più quei begli atei d’un tempo, che gridavano guardando il cielo in atto di sfida: Non credo, e la notte, poveretti, non dormivano più dalla paura, e di giorno camminavano sempre temendo di trovarsi a faccia a faccia col Dio che avevano negato? Erano la prova vivente dell’esistenza di Dio. E poi, in vecchiaia, tutti in chiesa, ai primi banchi, le braccia conserte... perché Gesù li vedesse, come gli scolaretti che vogliono farsi notare dal maestro. Quelli sì che erano tempi in cui la religione prosperava. Oggi invece tutti tiepidi. Non c’è chi gridi: Non credo, ma non c’è neppure chi abbia il coraggio di gridare: lo credo! Il problema di Dio è un lusso, un di più: siamo troppo presi dalla radio, dagli affari, dalla velocità, dai viaggi..

 

 

MARTEDI’ 15 NOVEMBRE 1994

“Conosco le tue opere: tu non sei né caldo né freddo”. (Apoc. 3,15)

Un giorno, a un luminare della medicina venne chiesto quale fosse la più grave malattia del secolo. I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l’infarto. Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose: L’indifferenza! Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse dì essere gravemente ammalato. Infine gli domandarono quale ne fosse la cura. E lo scienziato disse: Accorgersene!

 

 

MERCOLEDI’ 16 NOVEMBRE 1994

“Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: impiegatele fino al mio ritorno”. (Lc. 19,13)

Dio comincia sempre dandoci i suoi doni gratuitamente: vita, amore, amicizia, grazia e filiazione attraverso Cristo,nello Spirito Santo. Ciò che chiede a noi è una risposta di figli che hanno capito e che amano. Quando diamo questa risposta, abbiamo fatto quello che dovevamo fare, senza che per questo possiamo mandare il conto a Dio né esigere da Lui la salvezza come dovuta. Ma Egli non mancherà di ricompensarci generosamente perché già prima ci ha offerto tutto gratuitamente.

 

 

GIOVEDI’ 17 NOVEMBRE 1994

“Gesù, alla vista di Gerusalemme, pianse su essa ’  (Lc. 19,41)

A Gesù non è risparmiato lo strazio di tutti i profeti davanti alla freddezza di un popolo indurito che non riconosce la visita di Dio nella persona e nella Parola del suo stesso Figlio. Gerusalemme diventa così il simbolo, non solo del popolo eletto, ma anche di tutti gli uomini e di tutte le donne, di tutte le persone e di tutte le comunità che misconoscono la presenza di Dio rifiutando il suo amorevole richiamo alla conversione. Gesù “sta alla porta e bussa”. Bussa questa mattina attraverso la sua Parola, bussa attraverso gli avvenimenti... Bussa e forse piange su di me perché la porta del cuore non vuole aprirsi, perché la mia casa è già troppo occupata da me stesso e per Lui... non c e posto.

 

 

VENERDI’ 18 NOVEMBRE 1994

“Entrato nel Tempio cominciò a scacciare i venditori”. (Lc. 19,45)

E’ il grande rischio delle religioni quello di trasformare la fede in una specie di commercio. La religione e la religiosità dovrebbero essere la logica conseguenza della fede, la manifestazione di essa, pere spesso non succede così. L’uomo, abituato ad approfittare di tutto, ha usato la religiosità per manipolare la fede e per ridurre Dio alle sue necessità. Si e venditori del tempio” non solo vendendo immaginette sacre o candele, ma tutte le volte che pensiamo di comprare Dio con delle preghiere fatte o fatte fare, quando approfittiamo della religione per giudicare il nostro prossimo, per apparire giusti. E’ facile puntare il dito contro i tanti commerci della religione, ma qualche sferzata di Gesù scende anche sul nostro groppone e... ben vengano se ci aiutano a purificare la religiosità per  farci riscoprire la fede.

 

 

SABATO 19 NOVEMBRE 1994

“Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per Lui”  (Lc. 20,38)

Gesù ha parlato chiaramente della risurrezione. Gesù è risorto. Noi cristiani diciamo di credere alla risurrezione ma spesso viviamo come se avessimo speranza solo nella vita terrena. Meditiamo oggi su un brano di S. Pietro Crisologo: “Inutilmente, o fratelli, ha abbracciato la fede, e inutilmente è vissuto, chi pensa di essere nato solo per morire. O uomo, che cosa sorge per te, che non tramonti? E che cosa tramonta per te che non risorga? Il sole ogni giorno nasce, ogni giorno muore: poi risorge la mattina. Le stagioni, quando passano muoiono, quando ritornano, rivivono. Perciò, o uomo, credi almeno ai tuoi occhi, non opporti alle cose che ti   predicano incessantemente la tua risurrezione. Prendi un chicco di frumento, scava la terra, seppelliscilo. All’improvviso rivive, diventa germe, cresce e matura, risorge in tutta la bellezza e la forma che tu piangevi morta.”

 

 

DOMENICA 20 NOVEMBRE 1994

“Il mio regno non è di questo mondo”. (Gv. 18,36)

Ci può sembrare per lo meno strano che la liturgia nel festeggiare Cristo Re, Salvatore e Signore dell’Universo, invece di presentarci un brano del Vangelo glorioso ci presenti invece Gesù incatenato e giudicato da un piccolo procuratore romano. Ma à proprio qui la regalità più profonda di Gesù. i grandi della terra pensano alla “pompa magna” che sottolinei e accresca il loro potere, si bordano (preti e vescovi compresi) con segni esteriori che staccandoli dal popolo li rendono superiori. Gesù, invece, è re perché serve e dà la vita. il suo regno & ben diverso da quelli di questo mondo: è piccolo come un granello di senape, si entra solo diventando bambini, si è grandi solo nella misura in cui si serve. Questo regno ci va stretto soprattutto per le nostre ambizioni, il nostro in opprimibile desiderio di contarci, di sentirci importanti. Eppure questa è la verità: se vuoi essere cristiano, se vuoi entrare nel Regno devi seguire non le potenze, ma il Dio servo.

 

 

LUNEDI’ 21 NOVEMBRE 1994

“Gesù, alzati gli occhi vide una povera vedova che gettava due spiccioli nelle offerte del tesoro”. (Lc. 21,1—2)

Gesù vede tutto. il suo sguardo amoroso si posa su ciascuno di noi. “Tu mi scruti e mi conosci” diceva l’antico salmo, ma Egli non si ferma a ciò che appare, scruta il cuore che sta dietro ai nostri gesti e vede in questo caso il gesto della povera vedova che getta nel tesoro due spiccioli e ce la propone a modello. Gesù ci sta dicendo che anche noi, nonostante le molte incapacità, le poche possibilità, il poco tempo, possiamo mettere a disposizione di Dio e dei fratelli quello che abbiamo, possiamo offrire la nostra vita. La mia povertà donata diventa tesoro del tempio e può essere usata per la gloria di Dio e per il bene degli uomini, Inoltre Gesù mi sta sussurrando che la fede e l’abbandono in Dio devono essere fondamento della vita. Se li  offri con il cuore, i tuoi pochi spiccioli, con essi Dio costruirà il suo regno.

 

 

MARTEDI’ 22 NOVEMBRE 1994

“Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. (Lc. 21,6)

In questi ultimi giorni dell’anno liturgico stiamo leggendo i brani che riguardano gli avvenimenti ultimi della storia dell’uomo. Ma facciamo attenzione: non è questo un messaggio di terrore, ma di speranza. Gesù ci ricorda la condizione caduca, passeggera dell’uomo e delle sue opere ma non per creare in noi atteggiamenti o di disperazione o di scoraggiamento o di indifferenza alienante. Queste rivelazioni sono in­vece per spingerci alla conversione personale che deve trasmettersi alle strutture sociali, lavorative e familiari, infondendo così la speranza di una trasformazione totale e gloriosa sia dell’uomo che del mondo. E’ come se Gesù ci dicesse: non fidarti di ciò che appare perché passa ma rinnova interiormente te stesso e le cose perché tutto concorra al bene dell’uomo nuovo e del mondo nuovo inaugurato dal Cristo.

 

 

MERCOLEDI’ 23 NOVEMBRE 1994

“Con la vostra perseveranza salverete le vostra anime”. (Lc. 21,19)

Quando si parla di perseveranza, di sacrificio, di persecuzione siamo portati a vedere la religione e la fede come una forma di volontarismo quasi masochista. Perseveranza non vuol dire non alzare il capo; sacrificio non vuol dire negatività della vita. Un giorno, il santo abate Antonio conversava con alcuni dei giovani che avevano scelto di vivere come lui nel deserto. Un cacciatore che stava inseguendo una preda si avvicinò con deferenza. Ma vide che il santo abate e i giovani che lo attorniavano ridevano allegri e scuotendo la testa li disapprovò con parole aspre. L’abate Antonio gli parlò con calma. “Metti una freccia nel tuo arco e scoccala”.Il cacciatore lo fece. “Adesso lanciane un’altra, poi un’altra, poi ancora un’altra.. .“, continuò il sant’uomo. Il cacciatore protestò: “Se piego il mio arco tante volte così, si romperà!” L’abate Antonio lo guardò sorridendo: “Succede così anche nella vita spirituale. La via di Dio costa sforzo. Ma se ci sforziamo oltre misura, presto verremmo meno. E’ giusto perciò, di tanto in tanto, ricordarci che anche Dio si riposò, il settimo giorno”. Oggi ricordati dell’arco. E soprattutto ricordati del settimo giorno.

 

 

GIOVEDI’ 24 NOVEMBRE 1994

“Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello”. (Ap. 19,9)

Ecco un’altra beatitudine indicata dalla Parola di Dio. Noi ce la sentiamo ridire dal sacerdote prima di ricevere l’Eucarestia. Siamo veramente felici, amati da Dio che ci offre la possibilità di entrare in comunione con Gesù, con il suo sacrificio offerto per noi. Siamo commensali di Dio sulla terra per anticipare il banchetto di comunione con l’Agnello, con lo sposo della nostra umanità, un banchetto, una festa di comunione per l’eternità. Ricevere l’Eucarestia dovrebbe renderci felici. Mi capita, mentre distribuisco la Comunione di osservare i volti di chi viene e scopro a volte volti gioiosi, volti di innamorati di Dio, ma anche volti tristi, volti abitudinari... E’ vero che la vita non sempre ci permette di sorridere, ma dei chiamati all’eternità, dei chiamati a comunicarsi con il Corpo del Figlio di Dio possono essere uomini senza speranza.

 

 

VENERDI’ 25 NOVEMBRE 1994

“Il cielo e la terra passeranno,  ma le mie parole non passeranno”. (Lc. 21,33)

E’ la parola che Dio dice che, all’inizio dei tempi, crea persone e cose; è Gesù, parola di Dio incarnata, che salva l’uomo; è la Parola di Dio guidata dallo Spirito che ha fondato e guida la Chiesa. E’ questo amore che non passerà mai, perché Dio è fedele e “non recede dalla sua parola”. Le cose passano, mutano, le parole degli uomini sono un soffio, Dio è eterno, immutabile nel suo amore. Ecco perché la casa dell’uomo fondata sulla roccia della Parola di Dio rimane stabile anche davanti alle tempeste mentre quella fondata sulla sabbia di filosofie e chiacchiere umane cede. Amare la Parola di Dio non significa solo leggere la Bibbia, ma ricercare, amare, seguire ciò che Dio ogni giorno dice e scrive nella storia di ogni uomo e dell’universo intero.

 

 

SABATO 26 NOVEMBRE 1994

“State ben attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”. (Lc. 21,34)

Abbiamo oggi uno strano concetto di libertà: pensiamo che voglia dire, fare tutto ciò che uno vuole e spesso vediamo i comandamenti e la morale come una specie di costrizione, di schiavitù. Un aquilone volava molto alto nel cielo. Un uccello in volo, incuriosito, lo raggiunse e quando vide che era legato con un filo, s’impietosì. Poverino! — pensò — restare così legato alla terra! E, rapido, col becco spezzò il filo che lo teneva legato. Ma subito l’aquilone parve impazzire. Sbattuto dal vento sbandava in tutte le direzioni e la carta leggera di cui era fatto si strappava in più punti. Una sferzata di vento, infine, lo scaraventò a terra. L’uccello sgomento e tremante atterrò vicino a lui. E’ terribile! Cosa è successo? esclamò — io pensavo di liberarti! Rispose l’aquilone ormai a pezzi: Succederebbe la stessa cosa anche a te se qualcuno tagliasse il filo sottile che ti tiene legato al cielo, come io ero legato alla terra. Non era un legame di schiavitù o di morte, ma di libertà e di vita!  (Elena Bono)

 

 

DOMENICA 27 NOVEMBRE 1994

“Vegliate e pregate in ogni momento”. (Lc. 21,36)

Sorridendo lo possiamo dire: la pubblicità si è accorta prima di noi dell’Avvento e del Natale, infatti è già da qualche tempo che gli “spot” cercano di venderci varie cose facendo leva sul tema di queste feste. Ma l’Avvento della Liturgia è un richiamo non solo alla imminente festa del Natale, ma a quello che dovrebbe essere un atteggiamento costante della nostra vita: noi attendiamo Qualcuno. Questo Qualcuno è Gesù Cristo. Non è una organizzazione, non è un dono che ci soddisfa per un momento. E’ Colui che è il senso della nostra vita umana ed eterna. E allora, quando si attende Qualcuno si veglia, si aspetta, ci si prepara all’incontro, lo si desidera. E quando si attende Gesù si prega. Maria ha atteso Gesù cosi: nel silenzio, nell’obbedienza, nella trepidazione, nel servizio e Maria ci augura di prepararci cosi al Natale di quest’anno e al nostro Natale definitivo della vita eterna.

 

 

LUNEDI’ 28 NOVEMBRE 1994

“Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. (Mt. 8,7)

Non soltanto perché la liturgia ci fa ripetere queste parole del Centurione prima di ogni Comunione Eucaristica, sentiamo spesso nella nostra vita la verità di queste parole. Sono degno, ho dei meriti particolari perché Gesù venga in me, in casa mia? Ma nonostante ciò ho estremamente bisogno di Lui, della sua grazia, della sua salvezza e Gesù ha solo bisogno di questo atto di fede, di umiltà vera per poter operare. Lui non è venuto per i sani ma per i malati, non è venuto per coloro che si ritengono giusti ma per i peccatori. Per Lui c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per cento giusti che perseverano. Insomma il nostro Dio è malato del desiderio di venire in casa nostra e salvarci.

 

 

MARTEDI’ 29 NOVEMBRE 1994

“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. (Lc. 10,21)

I regni di questo mondo si fondano sulla potenza, sulla ricchezza, noi giudichiamo gli uomini a secondo della loro intelligenza, del loro prestigio, del tenore della vita...

Il Regno di Dio è invece come un granello di senape, i più sapienti sono i bambini, contano di più i due spiccioli della vedova che i bigliettoni dei ricchi. Dio si rivela ai piccoli perché solo uno sguardo umile e semplice può captare i segreti di Dio che per amore si fa piccolo e servo. Essere piccoli, semplici, poi, vuoI dire aver capito a fondo il segreto della gioia di vivere: se ti ammali di ricchezza, di potenza, non ne avrai mai più basta e sarai infelice, se ti riconosci piccolo, bisognoso di tutto e sai che Dio è tuo Padre saprai gustare ogni piccolo dono e avrai la gioia.

 

 

MERCOLEDI’ 30 NOVEMBRE 1994

Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. (Mt. 4,19)

Andrea è uno che incontra, accoglie una chiamata, lascia la vita vecchia, si fa tramite per chiamare Pietro, segue Gesù. Nella sua vocazione è racchiusa la vocazione di ogni cristiano, di ciascuno di noi. Gesù è venuto incontro a ciascuno, ci ha chiamati ancora piccoli al battesimo attraverso la fede dei nostri genitori, ha rinnovato il suo incontro e la sua chiamata in molti altri modi (catechismo, persone buone, vangelo, sacramenti...). Anche a noi dice “Seguimi, fai esperienza di me e con me”. Bisogna “lasciare le reti” cioè tutto ciò che ci invischia nelle reti dell’egoismo e dell’autosufficienza per trovare la sua libertà, bisogna “sentire” il gusto, la gioia della sua avventura e allora, come Andrea, avremo l’entusiasmo di andare a dire ai nostri fratelli: “Ho incontrato Gesù, vuoi venire anche tu a seguirlo con gioia?”.

     
     
 

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