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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1994

 

GIOVEDI’ 1 SETTEMBRE 1994

“La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”. (1Cor. 3,19)

Il nostro mondo stima la sapienza fatta di conoscere, di possedere, di sapersela cavare sempre, apprezza coloro che sanno imporsi, che usano astuzia per farsi strada, che sanno indorare i discorsi con paroloni, che sanno indossare maschere adatte per ogni luogo in cui si trovano... Davanti a Dio contano altre cose. Egli non si lascia ingannare né dalle parole né dalle apparenze. Davanti a Lui, Creatore di tutte le cose, non contano le tecnologie e tanto meno le banche o gli applausi degli uomini. Davanti a Lui contano persone umili come Maria, poveri come Francesco d’Assisi, gente disponibile a dare la vita come Giovanni Battista. Lui stesso per salvarci si è fatto piccolo; invece della sapienza ha scelto la stoltezza della croce... Quando ti ritrovi povero, quando ti accorgi che non servono maschere per nascondere le tue magagne, è il momento di buttarti in Dio, di lasciarti plasmare da Lui, di donare ancora il niente che hai, ed Egli “guardando alla povertà del suo servo, farà cose grandi in te”.

 

 

VENERDI’ 2 SETTEMBRE 1994

“Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori”.  (1Cor. 4,5)

Paolo ci invita a non giudicare in quanto solo Dio è giudice degli uomini, Lui solo conosce le intenzioni delle nostre azioni, Lui vede al di là delle maschere che noi spesso usiamo per nascondere agli altri il nostro vero essere. Ma, dicendo questo, invita anche ad essere sinceri e retti nelle nostre intenzioni perché Dio ci conosce fino in fondo. Se penso che i miei piccoli trucchi per nascondermi, per farmi più bello di quello che sono, per farmi applaudire dal prossimo, verranno svelati e saranno lampanti davanti a tutti, mi rendo conto che è meglio essere sinceri fin da adesso, e gioisco anche al pensiero di quanto bene oggi nascosto, verrà alla luce e brillerà per tutta l’eternità.

 

 

SABATO 3 SETTEMBRE 1994

“Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?”. (1Cor. 4,7)

Noi ci inorgogliamo delle nostre cose, abbiamo spesso alla base del nostro agire l’idea del possesso delle cose, dei sentimenti, delle persone, capita di sentir dire da qualcuno: “Mi sono fatto con le mie mani”. Eppure basta riflettere un momento per capire che il tempo non è in nostro possesso, che nessuno di noi ha chiesto o meritato di nascere, che la salvezza eterna non ce la diamo da soli ma è Gesù che ci salva, che le cose che abbiamo sono “nostre” solo fino ad un certo punto. Se penso a tutto quello che ho, vita, sentimenti, doni, scopro che è solo la magnanimità gratuita di Dio che riempie la nostra vita della sua presenza, della sua grazia, del suo perdono e anche di tanta abbondanza superflua. Davanti a tanta bontà sarei davvero un ingrato se non diventassi l’uomo del grazie.

 

 

DOMENICA 4 SETTEMBRE 1994

Gesù disse al sordomuto: “Effatà” cioè “Apriti!”. (Mc. 7,34)

Quante orecchie hanno bisogno di aprirsi all’ascolto e quante lingue hanno bisogno di trovare le parole vere. Quante coppie che non si capiscono, che non si ascoltano, che non parlano tra loro. Quante parole vuote che vengono dette nella politica, nelle istituzioni, nella Chiesa, quanti “dialoghi tra sordi”! Gesù viene per aprirci a Dio e ai fratelli. Apriti ad ascoltare ed accogliere gli insegnamenti del Vangelo! Apriti per dire agli altri la fede con la tua vita! Apriti alle esigenze dei fratelli! Apri le tue mani al dono e alla generosità!

 

 

LUNEDI’ 5 SETTEMBRE 1994

“Fratelli, si sente parlare dappertutto di immoralità”. (1Cor. 5,1)

Sembra che Paolo parli del mondo di oggi. E tutti (magari con larghi sconti per noi) diventiamo facili censori del male nel mondo e magari ci auguriamo che Dio intervenga a far piazza pulita. Ecco una riflessione di Giovanni Crisostomo: Aspetta la fine e vedrai il risultato degli eventi. Non agitarti, non turbarti già ora. Immagina un uomo che, non essendo del mestiere, vede l’artigiano iniziare la fusione dell’oro mescolandovi cenere e paglia: se non aspetta la fine, penserà che quel povero pezzo d’oro viene distrutto. E immagina un altro uomo che, nato e cresciuto sul mare, si trova all’improvviso sulla terraferma e non ha la minima nozione di agricoltura. Egli vede un contadino raccogliere il grano e chiuderlo nei granai al riparo dall’umidità. Poi vede quello stesso contadino prendere quello stesso grano e gettarlo al vento, spargerlo per terra, magari nel fango, senza più preoccuparsi dell’umido. Certamente penserà che il contadino ha sciupato il grano e lo biasimerà. E’ fondato questo biasimo? Si, ma non sulla natura dei fatti bensì sull’ignoranza, sulla stoltezza e sull’avventatezza nel formulare giudizi. Perché se quest’uomo, prima di pronunciarsi, aspettasse l’estate, cambierebbe idea: vedrebbe i campi ondeggianti di grano, vedrebbe il contadino affilare la falce per raccogliere proprio quel frumento che aveva disperso e lasciato marcire, vedrebbe quanto si è moltiplicato quel frumento. Ora, se il contadino aspetta tutto l’inverno, tanto più devi aspettare tu la fine degli eventi, considerando Chi è che ara la terra delle nostre anime. E parlando della fine non mi riferisco alla fine della vita presente, ma alla vita futura: il piano di Dio mira alla nostra salvezza e alla gloria.

 

 

MARTEDI’ 6 SETTEMBRE 1994

“Ne scelse dodici, ai quali diede il nome di Apostoli (Lc. 6,13)

Il titolo di Apostolo non è esclusivo dei dodici. Anche ogni cristiano è apostolo nella misura in cui serve la missione della Chiesa e testimonia Cristo con la sua vita e la sua parola. Gesù continua a chiamare all’avventura della fede e della sua sequela uomini e donne di ogni razza e condizione. Nessuno è insignificante nel Regno di Dio. Noi che abbiamo ricevuto la testimonianza da altri, dobbiamo non far spegnere la fiaccola della fede per trasmetterla ad altri. Dio si fida di te, ti ha dato questo dono prezioso e chiede a te fedeltà perché le nuove generazioni, anche grazie a te, possano ricevere intatto e fortificato questo dono.

 

 

MERCOLEDI’ 7 SETTEMBRE 1994

“Guai a voi ricchi”. (Lc. 6,24)

Ma, la ricchezza è proprio una maledizione? Ecco come ne parla un padre della Chiesa, Clemente Alessandrino:

Le ricchezze, bisogna usarle in maniera ragionevole. Ed è necessario spartirle generosamente con gli altri, vincendo l’avarizia. L’amore per le cose belle non deve diventare amore di se stessi: finiremmo col non sapere più quale sia la vera bellezza. Guai se la gente dice di noi: “Le sue terre, il suo servo e il suo oro valgono quindici miliardi, ma lui vale tre soldi”. Se togli ai padroni i loro servi, vedrai che i padroni non sono differenti dai servi, assomigliano ai servi. Bisogna ripetersi continuamente la stupenda parola del Signore: “Chi vende tutto e lo dà ai poveri avrà un tesoro in cielo, dove non ci sono tignole né ladri”. Non è ricco chi tiene per sé ma chi dona agli altri. Non rende felici il possedere ma il donare. Ciò che si dà generosamente diventa frutto dell’anima, diventa quindi ricchezza dell’anima.

 

 

GIOVEDI’ 8 SETTEMBRE 1994

“Genealogia di Gesù...”. (Mt.1,1)

In questo giorno che ci ricorda la nascita di Maria, la liturgia ci fa leggere la lunga genealogia di Gesù. E’ un richiamo alla concretezza dell’amore di Dio lungo i secoli e della fedeltà della sua promessa che concretamente si incarna in Gesù. Così già agli albori della storia sacra si scorge all’orizzonte il volto di una donna che è come trasparenza dell’amore di Dio, Colei che nel pensiero di Dio fu sempre associata al disegno della redenzione e venne chiamata all’esistenza per costituire la porta d’ingresso di Gesù nel mondo. Contemporaneamente Maria è anche la prima e totale risposta positiva all’amore di Dio e quindi anche porta di accesso della nostra umanità a Dio. Nella nascita di Maria noi vediamo prefigurata la nascita dell’umanità nuova. Se accettiamo di nascere alla fede nel suo Figlio, anche noi possiamo diventare risposta positiva all’amore del Padre e con Lei essere parte del suo Regno.

 

 

VENERDI’ 9 SETTEMBRE 1994

“Guai a me se non predicassi il Vangelo”. (1Cor. 9,16)

Nella nostra mentalità accomodante siamo portati a pensare che predicare il Vangelo sia un optional, o un qualcosa riservato a preti, missionari e catechisti in luoghi e tempi ben determinati. Predicare il Vangelo è invece una conseguenza e una necessità della fede propria di tutti i cristiani in ogni luogo e in ogni tempo. Se Gesù è il liberatore, la gioia della mia vita, il fondamento del mio agire non posso non volere con Lui che la sua grazia giunga ad ogni uomo, non posso delegare ad altri questo compito. E come fare a predicare il Vangelo? Facendo come Gesù: parole ed opere, insegnamento e testimonianza, sacramenti e vita. Predica il prete dal pulpito e predica la suora di clausura con la sua scelta, predica la catechista e predica la madre di famiglia che vive i suoi

mille compiti con amore, predica il mistico con la sua preghiera e predica l’operaio che ricerca la giustizia nel nome di Gesù, predica il malato che vive la sofferenza offrendola e predica la vedova sola che non si lamenta ma che dà testimonianza di gioia

 

 

SABATO 10 SETTEMBRE 1994

“Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni”. (1Cor. 10,21)

Quando il catechismo ci insegnava a non ricevere la Comunione se siamo in peccato mortale voleva dirci proprio quanto ci suggerisce oggi S. Paolo: come posso essere contemporaneamente in comunione con Gesù e con il demonio? Come posso dire di fidarmi di Gesù se poi vado dai maghi o metto la mia speranza in un oroscopo? Come posso dire di amare Dio che non vedo se non amo il prossimo che vedo? "Ma allora, obietterà qualcuno, non posso mai fare la comunione in quanto in me c’è sempre almeno un po’ di peccato, di egoismo, di idolatria”". Non dimentichiamo che l’Eucarestia, come tutti gli altri sacramenti, è “pane per il cammino” e non medaglia premio per i buoni. Se scopro di non essere diviso definitivamente da Gesù, vado a riceverlo perché mi sostenga nella mia povertà, perché sia forza nella mia debolezza.

 

 

DOMENICA 11 SETTEMBRE 1994

“Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo”.(Mc. 8,32)

Ecco come un autore, Quellec, legge ed interpreta la figura di Pietro e la nostra davanti a Gesù: “Ti seguirà dovunque andrai, Tu che sei viandante e straniero, Il viaggio della vita lo farà con Te. Sono pronto a tutto, vedrai, anche a dare la mia vita... Invece che cosa hai visto, Signore? Non c’era molto da vedere, ed anche quel poco non era molto bello. Quando per la prima volta la strada ha cominciato a salire, ho detto che era troppo dura, e mi sono seduto, rifiutandomi di andare avanti, come un asino testardo. Quando è venuto il momento della prima fermata, la prima locanda piena di sorrisi, la prima chiesa con un sapore di cielo, mi sono riposato prima di essermi stancato, e Tu sei ripartito solo. Ho voltato le spalle alla città che Tu volevi costruire. Dentro di me, Signore, ti ho dato torto per il tuo camminare troppo in fretta o troppo adagio, per il  tuo vagabondare e perché non vuoi portare nulla nella tua bisaccia. Ho avuto paura che una vita come la tua ti portasse alla morte ed ho detto: "Non ti seguo più. Tutto ha un limite: non bisogna esagerare". Ho guardato quello che sono e mi sono dato ragione; ho guardato quello che sei e ti ho dato torto.”

 

 

LUNEDI’ 12 SETTEMBRE 1994

“Ogni volta che mangiate questo pane e che bevete questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché Egli venga”. (1Cor. 11,26)

Quando allunghiamo la mano e riceviamo la Comunione Eucaristica, noi facciamo la cosa più grande che un uomo possa fare: entriamo in comune unione con il nostro Dio e questo è il fine ultimo della nostra vita. Ma il tutto è reso possibile grazie alla morte per noi del Figlio di Dio. Ricevere Gesù non è solo un atto mistico ma un annuncio:

Gesù ci ha regalato la sua vita attraverso la Passione e siccome la Comunione non è una cosa di pochi istanti ma è vita, facendo la Comunione noi siamo uniti a quel Corpo glorioso e sofferente, annunciamo il Salvatore e ci impegniamo ad uniformare la nostra vita alla sua passione, morte e risurrezione finché Egli porti a compimento la nostra Comunione definitiva nell’eternità. Fare la Comunione è l’atto di fede, di abbandono, di testimonianza più definitivo della nostra vita, per di più siglato nel Corpo e Sangue di chi ha dato la vita per noi.

 

 

MARTEDI’ 13 SETTEMBRE 1994

“Voi siete Corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”. (1Cor. 12,27)

Quando Dio si fida dell’uomo lo fa sul serio. Egli ci chiede di essere Lui e ce ne dà la possibilità. La mia vita per quanto possa apparire monotona, nascosta e a volte persino insulsa è indispensabile per mantenere la pienezza di Cristo al mondo. “Valgo niente!”. Verissimo, ma questo niente fa parte del Corpo di Cristo e anche una cellula nascosta è importante perché il corpo abbia tutte le sue funzioni. Per esempio, provate a pensare quanto un piccolo dente può dar fastidio, dolore e turbare tutta la vita del corpo; quando il dente compie il suo lavoro, non c'é ne rendiamo conto, forse lo consideriamo poca cosa, ma ce ne accorgiamo quando fa male. Non importa allora essere un organo importante o meno, occorre essere al proprio posto e adempiere bene la funzione a cui si è preposti.

 

 

MERCOLEDI’ 14 SETTEMBRE 1994

“Cristo Gesù, apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. (Fil.. 2,8)

Esaltare la croce, uno strumento di sofferenza e di morte, sembra la cosa più assurda che ci possa essere. Noi la croce non la esaltiamo per la cattiveria che manifesta, per la sofferenza che procura, per la morte sua diretta conseguenza, ma perché per noi è segno di amore, di donazione, di salvezza; la esaltiamo perché Gesù, il Figlio di Dio, la assume e la trasforma. Così pure il cristiano non esalta “le croci” della vita, né quelle “casuali” , ne quelle volute a causa propria o peggio ancora quelle poste sulle spalle di altri, ma in Cristo le trasforma, le offre come dono d’amore, si fa Cireneo nel portare quelle altrui. Quando nel Padre Nostro diciamo “liberaci dal male”,chiediamo pure di essere liberati dalle croci, ma affidandoci al Padre chiediamo anche che non vadano sprecate e insieme a quelle di Cristo diventino fonte di salvezza.

 

 

GIOVEDI’ 15 SETTEMBRE 1994

“Gesù disse a Giovanni: Ecco tua Madre. E da quel momento il discepolo la prese con se”. (Gv.19,27)

Potrei raccontarne tante storie di madri che come Maria hanno vissuto e vivono la passione dei figli, da quella che ha avuto sei mesi per veder morire tutte le sue speranze insieme al proprio figlioletto di 3 anni, alle mamme dei drogati che passano tutta la trafila dei calvari, le ansie, le paure, i maltrattamenti, le speranze che spesso finiscono in delusioni, la fatiscenza dell’assistenza, l’incubo dell’ A.l.D.S. e la paura dell’overdose... Maria può esserci veramente Madre e in particolare madre di tutte queste mamme perché ha provato tutto questo. Maria è in paradiso, anche con il suo corpo, ma non può non sentire nella sua carne i tormenti subiti dal Figlio e da noi suoi figli. Maria intercede, grida, Lei la silenziosa, per noi e con noi e nello stesso tempo ci è modello e strada nelle nostre situazioni dolorose. Maria ha generato suo Figlio due volte, alla nascita e ai piedi della croce e genera anche noi in ogni momento, ma particolarmente in quello della prova.

 

 

VENERDI’ 16 SETTEMBRE 1994

“Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato”. (1Cor. 15,13)

“Ho perso prima mio figlio in un incidente stradale e poi mio marito che, in conseguenza di quanto successo, non ce l’ha fatta a superare una crisi cardiaca, ed ora sono sola. Sono credente ma ho tanta difficoltà a pensare alla risurrezione dei morti; vorrei che fosse così, ma ogni volta che vado al cimitero penso a quei corpi sotto la

pietra...”. La morte si tocca, si soffre, si vede; la risurrezione si spera e sembra più difficile crederle. Eppure anche di essa abbiamo innumerevoli prove: la pianta fa il seme, il seme muore nella terra e rinasce una nuova pianta; Cristo è stato sepolto ma la sua tomba è vuota; il Vangelo ci dice che Dio non è il Dio dei morti ma dei vivi; tante persone nella fede in Cristo hanno affrontato la morte con coraggio e con speranza... La risurrezione dei morti, dei nostri cari non la vediamo con i nostri occhi ma la possiamo vedere nella fede. Se non ci fosse risurrezione che senso avrebbe la nostra vita? Che senso avrebbe il messaggio Cristo se tutto finisse in un incidente o in una crisi cardiaca?

 

 

SABATO 17 SETTEMBRE 1994

“I semi caduti sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la Parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della  tentazione vengono meno”. (Lc. 8,13)

Ci si chiede come sia possibile che nel giro di pochi anni la nostra “cattolica Italia” si sia così secolarizzata. Dove sono finite le generazioni cristiane che ci hanno preceduto? I tentativi di risposta possono essere tanti. C’è anche da domandarsi onestamente se le generazioni precedenti erano davvero così “cristiane” o solo cattoliche di nascita, ma penso che la risposta migliore sia quella del versetto che leggiamo oggi: la fede ha bisogno di radicarsi profondamente dentro di noi. Oggi viviamo un po’ tutti di apparenze, di sensazionalismo, di pruriginosità religiosa, pronti ad entusiasmarci, a battere le mani all’ultimo santone sia cattolico sia orientalista, ma abbiamo poca voglia di scavare faticosamente dentro di noi, di riappropriarci di parole evangeliche come sobrietà, rinuncia, solidarietà reale, povertà, sacrificio, croce... E taglia una radice oggi, l’altra domani, ecco che un colpo di vento o una giornata di solleone inaridiscono tutto.

 

 

DOMENICA 18 SETTEMBRE 1994

Chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via?”. Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.(Mc. 9,33—34)

Grandezza e piccolezza: come è relativo l’uso di quei termini!

La grandezza dell’impero Romano è finita in breve; la potenza del potere temporale della Chiesa ha fatto più danni che bene, le grandi ideologie si sono sciolte come neve al sole. Una piccola donna di Palestina con il suo si è diventata Madre di Dio e di tutta l’umanità, un Francesco d’Assisi, spogliandosi dei suoi beni, ha salvato la vera identità della Chiesa, una piccola suora, Madre Teresa, riesce ad essere un monito per tutto il mondo, un contadino come don Bosco è stato segno di salvezza per tanti giovani... Dovremmo andarci molto piano nel “discutere di grandezza”: chissà se nella Chiesa è più importante un vescovo impaludato nelle sue vesti o un don Ciotti all’università della strada, un curialista permaloso o un parroco di campagna, un cavaliere della Santa Croce o il povero che chiede l’elemosina alla porta della chiesa?

 

 

LUNEDI’ 19 SETTEMBRE 1994

Non dire al tuo prossimo: “Va, ripassa, te Io darò domani” se tu hai ciò che ti chiede. (Prov. 3,28)

Tutti noi ci siamo spesso trovati alle prese con la burocrazia, ma provate ad immaginarvi, ad esempio, un senza fissa dimora che cerchi in qualche modo di venirne fuori. “Vai dalla tua assistente sociale!” “Fai la prenotazione: tra due settimane”. “E intanto?” “Vai nella tua parrocchia!” “Ma io parrocchia non ne ho più” “Girale tutte!” “Ma in molte parrocchie ti senti dire: noi aiutiamo quelli della parrocchia, non aiutiamo l’accattonaggio, vai.. .“ E in giro continua, intanto se hai la fortuna di aver trovato un letto al dormitorio sei fuori dalle 7 del mattino. “Cercati un lavoro!” “Ma sono senza fissa dimora e non posso iscrivermi al collocamento... E chi mi prende?” “Ripassa quando avrai risolto quel problema”. E’ vero che molti sono accattoni, bugiardi, che alcuni non hanno voglia di lavorare ma intanto io questa sera ho da mangiare, ho da dormire, ho chi mi vuoi bene... e quei “Vai da... Ripassa.. .“ mi pesano sulla coscienza, e sono contento almeno di sentire questo peso se no vorrebbe dire che avrei abdicato non solo al cristianesimo ma anche ad essere uomo.

 

 

MARTEDI’ 20 SETTEMBRE 1994

"Andarono a trovare Gesù, la Madre e i fratelli, ma non potevano avvicinano a causa della folla" Lc 8,19)

Gesù è il Figlio di Dio. Ama nel silenzio la contemplazione dì suo Padre. Passa silenziosamente 30 anni di vita. Ma è venuto per amore degli uomini, sente compassione per il suo popolo che è come un gregge senza pastore e abbraccia la logica dell’amore: quella di lasciarsi mangiare. Si lascia mangiare dalla folla al punto da non aver più un momento di intimità con i suoi parenti, si fa addirittura Pane spezzato per lasciarsi mangiare da noi. Tu che dici di amare la tua fidanzata, la tua sposa, sei disposto a condividere tutto con lei, sei disposto a lasciarti mangiare da lei? Tu che dici di amare il tuo prossimo, sei disposto a lasciarti mangiare il tuo tempo, la tua pazienza, le tue cose da chi ti è vicino?

 

 

MERCOLEDI’ 21 SETTEMBRE 1994

“Passando, vide un uomo chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte e gli disse: Seguimi!” (Mt.9,9)

Quando Gesù aveva chiamato Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni che erano pescatori aveva detto loro: “Vi farò pescatori di uomini”. Matteo, invece, non viene trasformato in esattore delle imposte dovute a Dio. D’ora in poi dovrà imparare a dare, non a riscuotere o rivendicare. Il Regno di Dio viene offerto gratuitamente, non si devono pagare tasse. Gesù offrendo la sua vita ha già pagato per tutti noi. Non si compra l’amore di Dio con il denaro o con le offerte. La misericordia esige solo un cuore trasformato. Dio non viene per esigere ma per dare. E Matteo lascia il suo banco da esattore per ricevere il dono della salvezza e per imparare a diventare collaboratore di Dio nel donarla ad altri.

 

 

GIOVEDI’ 22 SETTEMBRE 1994

“Vanità delle vanità, dice Qoelet, tutto è vanità”. (Qo. 1,1)

Realista o pessimista l’autore sacro che scrive il versetto che meditiamo oggi? Pessimista se al di là di ciò che passa non vede il senso che Dio dà alle cose, realista se pensa di fondare le sue speranze sulle cose stesse, infatti che cos’è la bellezza? E’ un qualcosa che riempie gli occhi e il cuore, ma basta poco a deturparla. La giovinezza? Un soffio che lascia ricordi e nostalgie. E che cosa è la vita se non una manciata di giorni che passano velocemente?... Ma se nessuna cosa ha valore per se stessa, tutto acquista senso in Dio: la tua bellezza, la giovinezza come la vecchiaia, gli anni lunghi o corti della tua vita hanno significato perché donati da Dio, perché sono strada che pur passando può portarti a Lui che è Eterno.

 

 

VENERDI’ 23 SETTEMBRE 1994

“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”. (Qo. 3,1)

Quante volte ci è capitato di incontrare qualche esemplare di quelle persone che sembrano aver sulle spalle l’umanità intera. Sempre assillate e assillanti, sempre in lotta con il tempo, sempre alle prese con qualcuno o qualcosa che non va, che si interpone con i loro progetti, sembrano dire: “Se non ci fossi io il mondo girerebbe più piano o forse non girerebbe affatto”. Qoelet, nella lettura odierna, invece ci dice: “C’è un tempo per nascere, uno per morire, uno per lavorare, uno per riposare..  e ce lo dice non per invitarci al fatalismo rassegnato ma per farci scoprire il senso del tempo che è dono e non va sprecato, ma che va vissuto con la visuale di Dio e non come tiranno implacabile che ti ruba la vita.

 

 

SABATO 24 SETTEMBRE 1994

“Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”. (Lc. 9,44)

Se abbiamo incontrato Cristo e abbiamo deciso di seguirlo, non facciamoci illusioni su di Lui: Cristo passa attraverso la croce. Gli Apostoli pensavano di poter dribblare la croce. Pensavano di potersi “sedere alla destra e alla sinistra di Gesù” nel suo Regno glorioso senza doverlo seguire prima sulla collinetta del Calvario. E anche noi vorremmo arrivare ai misteri gloriosi senza passare da quelli dolorosi. Gesù deve essere consegnato nelle mani degli uomini e tu se sei un uomo che opera la pace preparati a sostenere la guerra che qualcuno ti farà, se vuoi imitare Gesù nel perdono preparati a non essere capito, se vuoi affermare la gioia della fede preparati al sorriso di commiserazione; è lo scotto inevitabile che bisogna pagare, ma come per Cristo anche per te, dalla apparente vittoria delle tenebre, uscirà vittoriosa la luce.

 

 

DOMENICA 25 SETTEMBRE 1994

“Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome, vi dico, in verità, che non perderà la sua ricompensa (Mc. 9,41)

Lasciamo guidare oggi la nostra riflessione da una provocazione di A. Pronzato:

“Non so se ho letto male. Ma Gesù promette un premio a chi offre un bicchiere d’acqua a un suo discepolo, a un missionario del Vangelo. Non mi pare dica che il discepolo ha l’autorizzazione di servirsi del Vangelo per ottenere ricompense umane. Ossia non riconosce al discepolo il diritto, oltre al bicchiere d’acqua, anche ad onori, privilegi, titoli, ossia a tutte quelle cose che appagano l’ambizione, personale o di gruppo. li fatto di appartenere a Cristo autorizza a richiedere un bicchiere d’acqua — l’indispensabile per vivere — non a presentarsi a riscuotere indennizzi e decorazioni allo sportello della vanagloria. Il bicchiere d’acqua, infatti, è in vista del viaggio. Il resto invece, costituisce un ingombro, un impedimento al cammino.”

 

 

LUNEDI’ 26 SETTEMBRE 1994

“Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non è con noi, tra i tuoi seguaci”. (Lc .9,49)

“Dobbiamo difendere la verità, l’ortodossia della nostra fede!”. Forse Giovanni pensava così o forse era anche un po’ invidioso di aver visto uno che non essendo del gruppo dei dodici riusciva a fare miracoli là dove forse lui non era riuscito. Sovente si prende posizione contro qualcuno, lo si considera un nemico, soltanto perché fa ciò che noi non vogliamo o non sappiamo fare. Ed è triste constatare come un gruppo si rafforzi soprattutto quando si coalizza contro qualcuno. Gesù non è venuto contro qualcuno, ma per tutti. li Vangelo non serve per difendere i diritti di qualcuno ma per essere buona notizia per ogni uomo. Non corriamo il rischio, per egoismo o per invidia, di aver la presunzione di costringere lo Spirito Santo ai nostri schemi.

 

 

MARTEDI’ 27 SETTEMBRE 1994

Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”

(Lc.9,54)

I “Figli del tuono”, Giacomo e Giovanni, avevano sperimentato di essere capaci nel nome di Gesù, di compiere qualche miracolo, ed ecco che davanti ad un villaggio che non vuole accogliere il Signore si sentono quasi autorizzati ad invocarne la distruzione. E’ la tentazione della Chiesa lungo i secoli. Noi siamo depositari di grandi misteri, abbiamo in consegna Parola e Sacramenti, cose più grandi di noi, ed ecco la tentazione di usare questi doni come fonte di giudizio e di potere. Dio ci dà i suoi doni per amore e perché ne siamo servitori, non per comandare. Il bastone del Vescovo serve per fare il pastore, non per rompere la schiena alle pecore. L’autorità del parroco è per il servizio della Parola e per il bene dei parrocchiani, non per ottenere ruoli di prestigio. I sacramenti sono l’aiuto alla nostra vita, non per farci sentire migliori di altri.

 

 

MERCOLEDI’ 28 SETTEMBRE 1994

Un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. (Lc. 9,57)

Ricordo che quando ero ragazzo c’era un personaggio della TV che si chiamava Trinchetto, un marinaio che le sparava grosse e che nel suo entusiasmo diceva cose impossibili.Davanti a queste sue uscite gli altri gli dicevano: “Cala, Trinchetto!”. Questa frase mi è spesso ritornata in mente quando, pieno di facile entusiasmo, mi sono scoperto a dire al Signore: “Farà tutto quello che vuoi” o quando mi sono trovato davanti a persone, secondo me un po’ esaltate, che si auguravano di poter soffrire molto per il Signore. Gesù è esigente, “non ha neppure un sasso dove poter posare il capo”, la sua strada passa attraverso il Calvario... E’ indubbio che io e voi vogliamo bene al Signore ma siamo deboli, volubili, sensibili alle sofferenze e, allora, non è meglio dirgli: “Voglio seguirti, ma so di che pasta sono fatto, per cui o mi dai Tu la forza o ti prendi la mia debolezza”?

 

 

GIOVEDI’ 29 SETTEMBRE 1994

“Vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo (Gv. 1,51)

Sappiamo che la parola ‘Angelo’ significa messaggero, portatore di buone notizie e di conforto. Persino nel nostro linguaggio corrente usiamo dire: “Quella persona è un angelo” per indicare la bontà, l’attenzione, i]. servizio prezioso di qualcuno. Gli Angeli sono i messaggeri di Dio, coloro che con la loro presenza ci richiamano ai valori del bene senza fine e dell’eterno, coloro che già vedendo Dio ci portano la sua parola, il suo conforto.Qualcuno ha sbrigativamente abolito gli Angeli dicendo che sono frutto solo di mentalità primitive. lo credo, e la Bibbia e la tradizione della Chiesa me lo confermano, che gli Angeli siano nostri preziosi amici proprio perché vedendo Dio a Lui vogliono portarci.

 

 

VENERDI’ 30 SETTEMBRE 1994

“Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi, disprezza me, e chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato”. (Lc. 10,16)

Gesù, il Padre e lo Spirito Santo sono Uno, dove opera uno dei tre, opera Dio. La grande novità del Cristianesimo è proprio questa: Gesù non è solo un grand’uomo, un pensatore famoso come tanti altri, un uomo dotato di poteri taumaturgici, un legislatore... Gesù è Dio! Anche oggi molti hanno ammirazione per ciò che Gesù ha detto e fatto, ci sono addirittura alcune sette che facendosi passare per cristiane citano continuamente le parole di Gesù, ma vedono Gesù solo come un profeta. Gesù è Dio! E tutto cambia allora: le sue parole non sono solo indicazioni morali di un brav’uomo da sviscerare, discutere e applicare secondo i tempi, sono Parola di Dio! I sacramenti non sono degli “optional” della religione, sono segni efficaci del suo amore per noi; Gesù non è morto solo per fedeltà alle sue idee in contrasto con un potere religioso e politico, è morto per me, per la mia salvezza.

     
     
 

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