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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

AGOSTO 1994

 

 

LUNEDI’ 1 AGOSTO 1994

“Tutti mangiarono e furono saziati e portarono via dodici ceste di pezzi avanzati”. (Mt. 14,20)

Gesù quando fa le cose, le fa in grande. Colpiscono nella moltiplicazione dei pani quelle 12 ceste di avanzi, raccolte con cura. Ai di là del simbolismo (12 le tribù degli ebrei, 12 gli apostoli) a me questo fatto suggerisce due cose. La prima è l’abbondanza: noi non abbiamo alcun diritto e Dio, non solo ci dà il “pane quotidiano”, ma ci dà anche il di più. Seconda cosa: nulla deve andare perso dei suoi doni. L’abbondanza non deve essere solo per noi.

La Chiesa primitiva aveva ben capito questo quando “mettevano in comune ogni bene” perché “non vi fosse nessuno privo del necessario tra loro”. Quanta vita sprecata, natura buttata via, quanto consumismo inutile, quanto pane nei bidoni della spazzatura! Dei doni di Dio ricevuti così abbondantemente dovremo rendere conto.

 

 

MARTEDI’ 2 AGOSTO 1994

“Pietro si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento s’impaurì e cominciava ad affondare”. (Mt. 14,30)

S.  Agostino ci aiuta a meditare questo brano:

“Il Vangelo racconta che Cristo Signore camminò sulle acque e che l’apostolo Pietro nel camminare sull’acqua ebbe paura: diffidando, affondava, ma quando ebbe ritrovato la fede, riemerse. Riflettiamo sul comportamento di Pietro, che in quella occasione è figura di tutti noi: ora si fida, ora dubita, ora si ritiene immortale, ora ha paura di morire. Il mondo è come il mare: vento violento, tempesta furiosa. Per ognuno di noi le passioni sono come la tempesta. Se ami Dio, cammini sul mare e il furore del mondo è sotto i tuoi piedi. Se ami il mondo, questo ti travolgerà: esso infatti sa divorare coloro che lo amano, non sostenerli. Ma quando il tuo cuore è agitato dalla passione, per vincerla invoca il Figlio di Dio. E se il tuo piede vacilla e hai dei dubbi, se non riesci a superare la difficoltà, se cominci ad affondare, grida: Signore, salvami!”.

 

 

MERCOLEDI’ 3 AGOSTO 1994

Gesù le disse: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. “E’ vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla mensa dei padroni”. (Mt.15,26—27)

Questa donna, straniera, è andata da Gesù per chiedere una grazia, ha bisogno di Gesù ma non per questo perde la sua dignità e davanti ad una risposta dura di Gesù, risponde con altrettanta fermezza e proprio in questo dimostra di aver fiducia in Gesù. Una certa mentalità religiosa ci ha fatto pensare l’umiltà come uno star sempre zitti, un subire e la fede come un qualcosa di passivo. Ma non è così, non siamo burattini in mano a qualcuno che tira i fili. Dio ci vuole persone, decise, pronte, dignitose, fiduciose. In un altro brano del Vangelo, Gesù ci dice che domandiamo e non otteniamo perché non sappiamo chiedere. Non vorrà forse Gesù farci capire che la nostra preghiera deve essere più sincera, più dignitosa, più sicura in Colui che sempre ci ascolta?

 

 

GIOVEDI’ 4 AGOSTO 1994

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. (Mt. 16,18)

Strani materiali, quelli usati da Gesù per edificare la sua Chiesa! Pietro, con tutto rispetto, è un ottimo uomo ma tutt’altro che il santo che noi ci aspetteremo, tutto pio, mistico, buono, misericordioso. Da quanto ci raccontano i Vangeli, Pietro viene fuori con tutto il suo caratteraccio E’ un pescatore, anzi un piccolo boss di una cooperativa di pescatori, è un impulsivo, è anche portato a reagire violentemente fino ai punto di impugna­re la spada, in certe occasioni è presuntuoso, si permette di dire a Gesù quello che deve fare. Ma nello stesso tempo è debole, ha paura, ragiona con mentalità umana... Eppure è il materia­le preferito da Gesù. Gesù sa vedere le possibilità di bene di quest’uomo, sa la sua capacità di amare, vede le sue lacrime di pentimento, si fida di lui e di quanto in lui può operare lo Spirito. Nella storia della Chiesa, Gesù agisce ancora e sempre così. Sceglie uomini deboli, peccatori ma disponibili a “lasciarsi fare” dal suo Spirito. Pensa: Gesù ha perfino scelto me e te e in noi e nonostante noi, vuole e può fare opere grandi.

 

 

VENERDI’ 5 AGOSTO 1994

“Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. (Mt. 16,24)

Essere discepoli di Cristo significa seguire il suo stile di vita, fare le sue scelte, accettare la logica del Vangelo. Al termine della vita di Cristo ci fu la croce. Essa non fu cercata come una forma di autolesionismo, era già una realtà ad ogni passo della sua vita come conseguenza della decisione di scegliere come unica proposta di vita la volontà di Dio. Prendere la croce, nelle affermazioni di Gesù, non vuoi dire esclusivamente mettersi nella prospettiva della morte, ma significa orientarsi decisamente verso un tipo di vita fatto di lotta, di umiliazioni, di povertà, di privazioni. In una parola, scegliere la croce vuoi dire decidere di rimanere fedele, anche a costo di rimetterci ogni cosa, compresa la vita.

 

 

SABATO 6 AGOSTO 1994

“Gesù si trasfigurò davanti a loro”. (Mc. 9,2)

Nella vita di ognuno di noi ci sono, anche se rari, momenti di luce, squarci, in mezzo a sofferenze e dubbi, nei quali Dio lo si incontra davvero, lo si sente ad un passo da noi, se ne fa esperienza viva, immediata. E’ Dio, che pur non togliendoci dalla nostra realtà spesso oscura e dolorosa, si fa presente per indicarci una meta. Ecco come un uomo racconta la sua esperienza: “Ero veramente disperato: tutto il giorno avevo accumulato tristezza, amarezza, peccato. D’un tratto il mio cuore non ha più retto: nascosto da tutti ho pianto come un bambino la cui delusione sembra senza speranza, senza via d’uscita. Nel deserto del mio cuore, ho pregato, senza parole precise, senza formule, ma ho pregato. A poco a poco il mio cuore si è riempito nuovamente di vita, di amore, di serenità. In quella rinascita ho sentito che c’eri, che eri Tu che asciugavi le mie lacrime amare: ti ho sentito io, proprio io che sempre poco ti ho cercato”.

 

 

DOMENICA 7 AGOSTO 1994

“Elia andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire disse: Ora basta, Signore, prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. (1 Re 19,4)

Elia, questo grande profeta, che sfida i sacerdoti del Dio Baal, che urla, che “sorse come il fuoco” è in crisi. Pronzato ci offre questo paragone: l’equivalente del ginepro può essere un letto di ospedale. il personaggio ha dovuto svestire l’abito delle apparenze e indossare il pigiama del malato. Il protagonista non domina più la scena, ma si trova smarrito, nelle mani degli altri. Il brillante parlatore piagnucola; racconta a tutti, balbettando miseramente, il più piccolo guaio, illustra dettagliatamente i propri   malanni. Colui che era abituato a sentenziare, giudicare, adesso aspetta trepidante il giudizio di una lastra, il risultato di un esame clinico. In questa situazione di crisi, diventa parente stretto di Elia. E’ la scoperta fondamentale della propria miseria, e quindi del proprio essere più vero. A questo punto Dio si accosta al ginepro, risolleva il personaggio finalmente svuotato di se stesso, e attraverso la strada del deserto, lo riporta a casa.

 

 

LUNEDI’ 8 AGOSTO 1994

“Il vostro Maestro paga la tassa del Tempio?”. Pietro rispose: “Si”. (Mt. 17,24—25)

E’ strano pensare a Gesù, il Figlio di Dio, che paga una tassa religiosa. Eppure proprio per la sua incarnazione, Gesù accetta anche di pagare la tassa  sul Tempio. Oggi il nuovo tempio del cristiano è Gesù stesso e il tributo che Dio chiede a noi per Lui è vivere l’amore. Anche le nostre offerte materiali per il culto devono manifestare questo. I primi cristiani più che pagare tasse per la religione avevano capito che l’amore di Cristo esigeva la solidarietà più grande e per questo praticavano la condivisione dei beni. I Il cristiano che ha capito il dono della salvezza in Gesù non paga tasse, i ma risponde all’amore con amore.

 

 

MARTEDI’ 9 AGOSTO 1994

“In verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. (Mt. 18,3)

Non si deve credere che il dovere di diventare bambini e di farsi piccoli sia un invito alla timidezza, a vivere da “imbranati”, incapaci di responsabilità. Guardiamo a Gesù: Egli nella sua vita non ha cercato per sé cariche pubbliche e posti di prestigio, né si è lasciato impressionare dai titoli onorifici di chi gli stava davanti, dalla loro esperienza, dagli anni o dai capelli bianchi; guardava ogni uomo negli occhi senza alcuna timidezza. Convertirsi e diventare bambini è ritrovare dentro di noi i valori veri, semplici, le esigenze primarie e definitive dell’uomo, è non fare sempre calcoli, è non domandarsi quanto se ne guadagnerà, è essere sempre disponibili ad esperienze nuove, è scoprire la propria precarietà, è affidarsi fiduciosi alle mani del Padre.

 

 

MERCOLEDI’ 10 AGOSTO 1994

“Dio ama chi dona con gioia”. (2 Cor. 9,7)

La festa di S. Lorenzo martire ci ricorda un diacono della Chiesa romana (la sua morte avvenne nel 218) che arrestato per la sua fede fu torturato nella speranza di potergli carpire i tesori della Chiesa. Egli fu poi bruciato vivo dopo che aveva dichiarato di non possedere altre ricchezze che i poveri a lui affidati dalla Chiesa. Il vero cristiano è uno che semina abbondantemente tutto ciò che ha ricevuto: fede, perdono, testimonianza e anche beni terreni. Tutto ciò che abbiamo è dono e non esclusivamente per noi. Prova a pensare a tutto ciò che puoi seminare nella giornata di oggi: un sorriso, una parola, un po’ del tuo tempo, la carità.., e tutto secondo la logica del Vangelo dove ogni cosa donata cresce, si moltiplica, dove ogni cosa sottratta al nostro egoismo, invece di impoverirci ci arricchisce sempre di più.

 

 

GIOVEDI’ 11 AGOSTO 1994

“Signore, quante volte dovrò per­donare al mio fratello?”. (Mt. 18,21)

Racconta la tradizione buddista:

Al termine di una lezione del Budda, un discepolo rivolse all’illuminato questa obiezione: Vorrei sapere: tu dici che io posso condividere le mie benedizioni, la mia gioia, con l’intero universo. Questo io lo so, lo sento. Ma, per favore, concedimi questa eccezione: non posso condividere questo benessere spirituale con il mio vicino. E’ un essere così disgustoso e insopportabile.., l’idea stessa di condividere la mia felicità con lui mi dà la nausea! E prosegui: Ti chiedo solo di concedermi questa eccezione: il resto della creazione va bene! Ma tu non conosci il mio vicino, altrimenti avresti aggiunto, tu stesso, che ci possono essere delle eccezioni.Il Budda illuminato rispose: Non hai compreso il mio insegnamento. In primo luogo devi condividere la tua felicità con il tuo vicino; solo allora sarai in grado di farne parte all’intera esistenza, a tutto l’universo! Se neppure il tuo vicino ti e prossimo come possono esserti amici e vicini gli altri uomini, gli uccelli, gli alberi...? Fai pratica di condivisione anzitutto con quell’unica eccezione... e scordati l’intero universo! Se riesci a trasmettere la gioia spirituale a quel tuo vicino insopportabile, non ci sarà più ostacolo al diffondersi del tuo amore! Sarai pronto a condividere la tua felicità e la tua pace interiore con chiunque!

 

 

VENERDI’ 12 AGOSTO 1994

“E’ lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie?”. (Mt. 19,3)

Quante discussioni intorno al divorzio! Quando chiedono a Gesù di pronunciarsi, Lui si rifà non tanto ad una o ad un’altra corrente di pensiero ma si rifà alla volontà di Dio; questa è segnata dalla complementarietà dell’uomo e della donna che si fondono in un essere solo e si trovano uniti nel figlio. Non può spezzarsi in due la vita del figlio, non possono divorziare i coniugi. Il divorzio è una soluzione pagana per uomini pagani. Lasciamo parlare questa esperienza: “Pochi giorni fa, la mia bambina chiese a mia madre: ‘Nonna, tu quando ti sei accorta d’invecchiare?’ ‘Quando tua mamma si è separata dal tuo papa E la bambina allora, con una vocina triste ha risposto: ‘Sapessi, nonna, come sono invecchiata anch’io da quel momento! ‘ Mia figlia ha solo nove anni.

 

 

SABATO 13 AGOSTO 1994

“Lasciate che i bambini vengano a me”. (Mt. 19,14)

Gesù indica i bambini come i privilegiati del Regno dei cieli, mentre nella società di allora essi erano considerati esseri insignificanti. E’ un invito alla piccolezza e alla semplicità, anzi il Vangelo ci propone questo paradosso: nella vita della fede diventiamo adulti solo nella misura in cui non tradiamo il ragazzino che è in noi. Seguire le vie del proprio cuore significa essere fedeli al fanciullo che dobbiamo essere, che dobbiamo diventare. Soltanto il fanciullo “sa” tutto di noi. Proprio perché ignora le operazioni meschine, le riduzioni, i calcoli, il gioco degli opportunismi, la diplomazia. Lasciamoci dunque guidare dal fanciullo che è in noi. Lui non sbaglia. Ci conduce con sicurezza nella strada del Regno.

 

 

DOMENICA 14 AGOSTO 1994

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui”. (Gv. 6,56)

Per meditare sul dono ineffabile dell’Eucarestia vi propongo oggi un’antica anonima preghiera che può anche diventare preghiera di ringraziamento dopo la Comunione: Il tuo Corpo santo, per noi crocifisso, noi io mangiamo, il tuo Sangue versato per la nostra liberazione, noi lo beviamo. Che il tuo Corpo sia la nostra salvezza, e il tuo Sangue perdono delle nostre colpe! Per il fiele che hai bevuto per noi, risparmiaci dal fiele del peccato! Per l’aceto che hai bevuto per noi, dona forza alla nostra debolezza! Per gli sputi che hai ricevuto per noi, fa’ che la rugiada della tua bontà ci ricopra! Per la canna che ti ha colpito, aprici il tuo Regno! Per le spine di cui sei stato coronato, donaci la corona della vita! Per il sudario che ti ha avvolto nella tomba, rivestici della tua invincibile potenza! Per il sepolcro nuovo in cui sei stato deposto, rinnova i nostri corpi e le nostre anime! Per la risurrezione che ti ha richiamato in vita, fa’ che anche noi torniamo a vivere un giorno, per sempre!

 

 

LUNEDI’ 15 AGOSTO 1994

“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome”. (Lc. 1,49)

Per molti l’odierna giornata è una specie di Carnevale estivo: una festa del corpo, delle “vacanze ad ogni costo”. E proprio oggi, attraverso la festa dell'Assunta,  siamo  chiamati  a riscoprire  il  senso della vita,  il nostro destino, la nostra speranza. Rassicuriamoci: il pensiero dell'aldilà non stende un'ombra di tristezza sopra l'esistenza di quaggiù, non costituisce un attentato alla gioia e alle serenità terrestri. Al contrario, restituisce alla vita la sua dimensione di pienezza, riscattandola dalla precarietà e dal limite. Il ciclo non rappresenta una minaccia, ne tantomeno un ricatto, ma una possibilità  inaudita,  un  appello alla libertà. E oggi,  il credente, grazie alla complicità di Maria, intende stendere almeno un fazzoletto  di cielo sopra il proprio  orizzonte.  Aprire  nel  grigio della  propria  esistenza  uno squarcio di azzurro che la salvi dall'appiattimento,  dalla  banalizzazione,  dall'involgarimento.

 

 

MARTEDI’ 16 AGOSTO 1994

Disse Pietro: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che cosa dunque ne otterremo?". (Mt. 19,27)

Una visione distorta spesso ha fatto vedere il cristianesimo come un qualcosa di molto triste in cui per essere "buoni"   bisogna   sempre   rinunciare a qualcosa. Se ragioniamo così è nostro anche il pensiero della contrattazione: io ho rinunciato a tanto e Tu che cosa mi dai in cambio? Gesù è la luce, la salvezza dell'uomo: se lo hai incontrato davvero, se sei contento di essere salvato, è chiaro che vai da Lui, che il resto conta poco. E’ Lui stesso la tua ricompensa. Una mamma che ami davvero il proprio figlio, sentirà il peso delle fatiche e delle rinunce che deve fare in suo favore, ma è talmente grande la sua gioia che amare il figlio le riempie il cuore; poi desidererà anche essere amata, ma la cosa più importante è quello che lei dà. Gesù promette ai suoi amici e a noi la ricompensa. Lui ci ama davvero e i segni del suo amore, se abbiamo occhi, li vediamo ogni giorno, ma la gioia più grande, che fa affrontare qualunque sacrificio, è poter amare Lui, il Figlio di Dio, il nostro fratello e amico.

 

 

MERCOLEDI’ 17 AGOSTO 1994

“Tu sei invidioso perché io sono buono?”. (Mt. 20,15)

La parabola degli operai chiamati a tutte le ore della giornata e retribuiti allo stesso modo termina con la frase che meditiamo oggi. Il risentimento per la bontà e la generosità di qualcuno verso gli altri è uno degli atteggiamenti peggiori: purtroppo non è infrequente. Essere invidiosi però della generosità di Dio è non capirlo, allontanarsi da Lui. Dio è generoso e la sua bontà non ti priva di nulla, anzi ti aiuta a capire il fratello. Anche l’Eucarestia è segno di questa generosa donazione: Gesù si fa pane quotidiano per tutti non facendo alcuna discriminazione di età, di condizione, di carattere, di santità. Si dà perché anche noi impariamo a donarci agli altri generosamente, perché non solo non siamo invidiosi ma abbiamo fiducia nel bene che può esserci nel cuore di ogni uomo.

 

 

GIOVEDI’ 18 AGOSTO 1994

“Egli mandò a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire”.(Mt. 22,3)

L’ingratitudine è un male da cui spesso siamo contagiati. Anni fa una contadina, essendo il marito ammalato gravemente, fece voto di accendere ogni giorno, per un intero anno, un cero dinanzi all’effigie della Santa Vergine. Tutte le mattine, di buon’ora, correva fino alla piazza principale del paese dove si ergeva la chiesa parrocchiale e, recitato un Pater, Ave e Gloria, offriva la sua candela alla Madonna. Poi se ne tornava velocemente a casa per assistere il marito infermo. Dopo nove giorni, l’uomo si alzò dal letto guarito. Il decima giorno, la donna, avendo da lavare tutta la biancheria accumulatasi durante la malattia del marito, disse tra se: Oggi ho troppo da sbrigare. Vorrà dire che andrò in chiesa domani e accenderò due ceri. L’indomani pioveva grosso un dito, perciò la donna si disse: Oggi c’è troppa pioggia. Se uscissi, m’inzupperei tutta. Vorrà dire che andrò domani e accenderò tre ceri. Di giorno in giorno, trovava sempre una scusa buona per non andarci. Però la brava donna si faceva premura di tenere il conto delle candele che avrebbe dovuto accendere. E così un bel dì si accorse che erano già cinquanta. Cinquanta candele!? Ma se io, adesso, vado in chiesa ad accendere cinquanta candele mi prenderanno certamente per matta! Perciò decise di lasciar stare.

 

 

VENERDI’ 19 AGOSTO 1994

“Ossa inaridite: ecco io faccio entrare in voi lo Spirito e rivivrete”  (Ez. 37,5)

Ci sono giorni della nostra vita in cui ci appare chiara la consapevolezza di essere inariditi dentro, nella preghiera, nella volontà, nell’entusiasmo. Ed è anche forte la consapevolezza che carattere, abitudini, incostanza non ci permettono di sperare troppo in noi stessi. Siamo arteriosclerotizzati, incancreniti, anchilosati. Dio però promette a noi il suo Spirito per farci rivivere, per perdonarci, per rimettere olio nelle giunture rattrappite, per “far vedere il cieco e far saltare io storpio come una gazzella”. E’ come se il Signore dicesse a un novantenne: “Guarda che con un iniezione di Spirito, puoi rimetterti a correre i 100 metri piani”. impossibile agli uomini? Ma non impossibile a Dio! Manda, Signore, il tuo Spirito e rivivremo!

 

 

SABATO 20 AGOSTO 1994

“Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini”. (Mt. 23,5)

Tutte le volte che leggo questo brano di Matteo, mi faccio un esame di Coscienza e mi chiedo: nel mio essere cristiano sono sincero o ipocrita? E’ il mio amore per Gesù che mi spinge a testimoniare, a parlare? Nei miei rapporti con gli altri, tratto bene il mio prossimo perché lo amo o perché voglio sentirmi stimato, apprezzato, amato? L’ipocrisia, il voler apparire, spesso si insinuano nelle nostre azioni, le infettano, tolgono valore al nostro agire. Ma davanti a Dio non c'é nulla di più stupido dell’ipocrisia; con essa possiamo in certa misura ingannare il prossimo, possiamo almeno superficialmente ingannare noi stessi, ma Dio non possiamo mai ingannarlo, Lui ci conosce nell’intimo, davanti a Lui siamo nudi. “Tu, o Signore, mi scruti e mi conosci, mi conosci quando mi alzo e quando mi seggo”  e allora sono   davanti a Te con il mio povero amore e con i miei tanti limiti. Fa’ che mi accetti come sono, ma aumenta la verità del mio amore per te e per i fratelli.

 

 

DOMENICA 21 AGOSTO 1994

“Forse volete andarvene anche voi?”. (Gv. 6,67)

Gesù chiede ai discepoli e a noi una scelta decisiva. Normalmente le nostre scelte ubbidiscono a calcoli interessati. Valutiamo i vantaggi e gli svantaggi, la convenienza o meno e quando proprio non sappiamo calcolare bene preferiremmo non scegliere, bivaccare in una zona neutra, arrivare ad una serie di compromessi. 

Con Gesù non è possibile: “O con me o contro di me” e anche i nostri calcoli umani non vengono gratificati. Seguire Lui significa accettare un “linguaggio duro”, con Lui non si ottengono privilegi e onori, non si fa carriera, bisogna essere disposti ad andare fino in fondo (e in fondo c’è una croce)... E allora perché sceglierlo? Solo ed unicamente perché ne sei innamorato e perché ogni giorno te ne innamori sempre di più.

 

 

LUNEDI’ 22 AGOSTO 1994

“Guai a voi scribi e farisei ipocriti”. (Mt. 23,13)

Un giorno la Provvidenza convocò uno dei suoi servitori e lo inviò sulla terra.

Va’, cerca per dieci giorni gli uomini ricchi e chiedi loro l’elemosina, gli ordinò. — Ciò che riuscirai a raccogliere, me lo porterai ed io lo distribuirò ai poveri. Quello partì e, vestito di stracci, si sedette nei pressi di una banca con un cappello in mano. La gente passava frettolosa, con l’aria triste e spenta senza badare affatto a quel povero accattone che rabbrividiva dal freddo. Il servo rimase in quel posto qualche giorno, ma non ricevette che qualche rara offerta. Decise perciò di spostarsi davanti alla porta di una cattedrale. Tuttavia capì che anche lì era inutile restare; non gli veniva dato se non quel poco di superfluo che a ciascuno avanzava. Anche lì la gente passava stanca e indifferente. Prima di ritornare dalla Provvidenza, tuttavia, dato che non erano ancora trascorsi i dieci giorni stabiliti, pensò di recarsi in un quartiere di poveri. Là, benché fossero vestiti di stracci come lui, si mostrarono tutti molto gentili e, se non altro, gli facevano dono dei loro sorrisi. Rimase perciò tra loro fino a che non giunse l’ora del ritorno. Mostrami la generosità degli uomini, gli chiese la Provvidenza quando lo vide. E lui fece scivolare dalle tasche i pochi soldi che aveva ricevuto. Al vedere ciò, la Provvidenza si rabbuiò e si lamentò: Sarebbe questa la generosità degli uomini? E io cosa darò ai miei poveri? Intanto, dalle tasche del suo servo, iniziarono ad uscire tutti i sorrisi che aveva ricevuto nel quartiere dei poveri. Allora la Provvidenza si raddolci, sorrise anche lei e disse:  Per questa volta, ai poveri darò questo poco che hai raccolto e ai ricchi manderò in dono i sorrisi dei poveri... Chissà che così non saranno meglio disposti quando tornerai a cercarli!

 

 

MARTEDI’ 23 AGOSTO 1994

“Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e di intemperanza”. (Mt. 23,25)

Quanto fariseismo c'é ancora in mezzo a noi! Vediamo ancora oggi persone che vivono una religione mercificata senza entusiasmo, senza gioia. Questo è un culto vuoto che onora Dio con le labbra mentre il cuore è lontano. Ci si aggrappa alla sicurezza di “ciò che si è sempre fatto” e non si dà ascolto alla voce dei tempi per paura di dover cambiare. La fede è una forza attiva e dinamica che, lungi dal limitarsi alla sfera del soprannaturale, ha una proiezione terrena e si incarna nella prosaica realtà di ogni giorno. Per essere fedeli alla parola di Dio, la risposta dell’uomo, cioè la fede deve farsi azione. Fede e amore verso Dio e verso il prossimo devono andare insieme.

 

 

MERCOLEDI’ 24 AGOSTO 1994

“Chi non vuoi lavorare, neppure mangi”. (2 Tess. 3,10)

Viveva in una città un uomo molto ricco di nome Kouo. Nella città vicina, un uomo poverissimo di nome Hiang. Quest’ultimo si recò dal primo perché gli svelasse il segreto della sua ricchezza. Sono un ladro, un ladro molto abile, gli disse Kouo. E da quando mi sono dato al furto, il primo anno ho avuto di che vivere; il secondo, mi ero già messo dei denari da parte; il terzo, possedevo grandi ricchezze. Adesso, come puoi vedere, posseggo un’intera regione. Hiang fu soddisfatto della risposta, anche se aveva capito che si trattava di furti ma non di quali furti. Si mise a svaligiare case e templi arraffando quanto gli capitava fra mano, sino a che non fu arrestato, punito per le sue malefatte e costretto a vendere, per rifondere i danni, quel poco che possedeva. Quando gli fu resa la libertà, sicuro che Kouo lo avesse ingannato, andò da lui a lamentarsi. Kouo gli chiese: Come ti sei organizzato? Hiang glielo spiegò. E Kouo gli rispose con un sospiro: Come hai potuto ingannarti sul mio tipo di furto? Ascolta. Ho inteso dire che il cielo ha le sue stagioni e la terra i suoi frutti. Ho rubato al cielo la virtù delle sue stagioni e alla terra i suoi frutti. Ho carpito i doni della pioggia e del sole per far crescere il mio grano e far maturare le mie messi. Sulla terra, ho rubato animali ed uccelli in libertà. Nel mare, pesci e tartarughe. Tutto ciò era furto poiché i cereali, i boschi, ogni tipo di animale sono tutti prodotti dal cielo, e nessuno di essi mi appartiene. Ma rubando al cielo non ho avuto alcun danno; mentre l’oro, le gìade, i gioielli, le stoffe sono beni che appartengono ad altri uomini. Come potrebbero essere ancora liberi doni del cielo? Quando li si ruba, si è puniti. Perché lamentarsene?

 

 

GIOVEDI’ 25 AGOSTO 1994

“Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Mt. 24,42)

Questo invito alla vigilanza da parte di Gesù non è soltanto come se ci dicesse: “Guarda che puoi morire da un momento all’altro”, e un invito a vivere pienamente la vita. Vivi, e non lasciarti vivere. Ma non basta vivere, occorre precisare per che cosa si vive. Bisogna dare un significato ai giorni, alle ore, ai minuti. La pienezza non è data dalla quantità, ma dalla qualità della vita. E’ magnifico vivere. A patto sia veramente vita, non una rappresentazione, un’apparenza, un funzionamento. Non puoi prendere la vita come viene. La vita “viene” come decidi tu, con l’impronta che gli dai tu. Vivi la vita come un perenne miracolo. Non come qualcosa di inevitabile, di insulso. Vai incontro a questo nuovo giorno con meraviglia e sorpresa e vi troverai doni sempre nuovi.

 

 

VENERDI’ 26 AGOSTO 1994

“Le vergini sagge, insieme alle lampade, presero anche dell’olio” (Mt. 25,4)

A proposito di saggezza e di saper vegliare ecco alcuni passi di un libro edificante del 5° Secolo sui monaci allora famosi. Un vecchio padre del deserto disse:

“Ogni sera e ogni mattina il monaco deve chieder conto a se stesso delle proprie azioni e domandarsi: “Ho forse fatto ciò che Dio non vuole? oppure non ho fatto ciò che Dio vuole?”.

Un secondo padre anziano disse: “Chi ha perso oro o argento può trovare altro oro o altro argento, ma chi ha perso tempo non troverà altro tempo”.

E un terzo ancora disse: “La mattina, quando t’alzi, devi dare questo comando: “Tu, corpo, lavora per nutrirti, e tu, anima, vigila per procurarti l’eredità del cielo!”.

Si narra che ad un monaco venne questo pensiero: “Oggi riposati e domani farai penitenza”. Egli replico: “No, farò penitenza oggi e mi riposerà domani”,   Un santo vegliardo disse: “Se il nostro uomo interiore non vigila, l’uomo esteriore non può essere vigilato”.      

 

 

SABATO 27 AGOSTO 1994

“E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre”. (Mt. 25,30)

Parecchi monaci, chiamati “gli oranti” perché volevano dedicarsi esclusivamente alla preghiera, andarono a far visita all’abate Lucio. L’anziano monaco chiese loro: “Che lavoro fate?” Essi dissero: “Noi non lavoriamo, ma obbediamo all’insegnamento di Paolo di pregare incessantemente”. L’anziano chiese se mangiavano, e quelli risposero di sì. L’abate allora domandò: “Quando mangiate, chi prega per voi?”. Poi chiese se dormivano, e quelli risposero di sì.. E ancora una volta l’abate domandò: “Quando dormite, chi prega per voi?”. Alle due domande, i monaci non seppero dare una risposta. Allora l’anziano soggiunse: “Perdonatemi, ma voi non agite secondo quel che dite. Io invece riesco a fare un lavoro manuale e nello stesso tempo a pregare incessantemente. “Mi metto a sedere alla presenza di Dio, filo le mie corde e dico: “Abbi pietà di me, o Dio, nella tua grande misericordia, e compassionevole liberami dal peccato!” Poi chiese loro se quella fosse preghiera, ed essi risposero di sì. L’anziano continuò: “Al termine d’una giornata trascorsa in lavoro e in preghiera, ho guadagnato più o meno sedici monete. Due monete le depongo per terra fuori della porta e col resto mangio. Chi prende le due monete prega per me quando mangio e quando dormo. “Così, con la grazia di Dio, obbedisco all’insegnamento di pregare incessantemente”.

 

 

DOMENICA 28 AGOSTO 1994

“Accogliete con docilità la Parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime” Gc 1,21

Noi pensiamo che la Parola sia un qualcosa di immutabile, e in sé è così, però essa non viene depositata in noi come una pagina immodificabile. La Parola non è cristallizzata, ma viva. E’ un seme che germoglia. Attraverso la meditazione, attraverso l’impatto con la nostra storia, acquista sempre sensi nuovi. La Parola ha bisogno della coscienza ma anche la coscienza ha bisogno della Parola per funzionare correttamente. Il credente sa di avere nella Parola di Dio un dono che lo informa, che lo forma, che lo sostiene nel cammino verso il Padre. Ogni volta che apro la Bibbia dovrei chiedermi: “Signore, che cosa vuoi dirmi per oggi? Che cosa vuoi darmi? Che cosa vuoi da me?”.

 

 

LUNEDI’ 29 AGOSTO 1994

“Erode mandò una guardia con l’ordine che gli fosse portata la testa di Giovanni il Battista”. (Mc. 6,27)

Facciamo oggi memoria del martirio di Giovanni Battista. Ma il suo martirio, secondo me, è stato duplice: quello della sua testa spiccata da un colpo di spada, ma anche il martirio più lungo e doloroso della fede. Giovanni ha il compito di preparare, ma non di vedere. Ha annunciato il Messia, lo ha indicato, ma questo Messia è stato nascosto, non è arrivato con in mano il vaglio per purificare il grano dalla paglia e Giovanni, in prigione, deve addirittura mandare a chiedere a Gesù: “Sei tu, o dobbiamo aspettare un altro?” Questo martirio della fede che rende Giovanni “il più grande tra i nati da donna” e il martirio che anche noi possiamo incontrare: quel Dio in cui credi non sta nei tuoi piccoli schemi, non si comporta secondo le nostre ragionevoli previsioni. Difendere un Dio che non sposa le nostre cause, che non ci dà le risposte previste, è la cosa più difficile. Eppure, per dirla con don Mazzolari, la testa di Giovanni Battista ha più ragione quando è sul piatto di quando stava attaccata al collo...

 

 

MARTEDI’ 30 AGOSTO 1994

“Il diavolo cominciò ad urlare forte: Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. (Lc. 4,34)

Sempre più spesso mi capita di incontrare persone che dicono di avere il diavolo in corpo, in casa, di essere sotto l’influsso di malocchio o di forze negative. Pur facendo la tara a molti casi e affermazioni, dobbiamo ammettere che il diavolo e il male stanno “facendo vendemmia” anche perché molti per combattere il diavolo e il male fanno il suo gioco, gli cascano in mano andando a farsi spennare economicamente e spiritualmente da maghi e fattucchiere. C’è una strada sola per vincere il male e il diavolo che, ricordiamoci, è un puro spiniti quindi più forte di noi. E la strada è Gesù: è Lui che è venuto sulla terra per vincere il male, è Lui che ha versato il suo sangue per noi.

Consigli semplici per vincere il diavolo:

1. Aver fede nel fatto che Dio è più forte di ogni male

2. Non lasciarci spaventare: il male è già sconfitto da Gesù, è un pendente in partenza

3. Ricorrere alla preghiera sincera e ai sacramenti specialmente la Confessione e l’Eucarestia.

 

 

MERCOLEDI’ 31 AGOSTO 1994

“Ed essa (la suocera di Pietro guarita) levatasi all’istante cominciò a servirli”. (Lc. 4,39)

Mi ha sempre colpito leggere come la suocera di Pietro, guarita, traduce la gioia della guarigione in servizio. E’ un po’ come Maria che dopo l’annuncio dell’Angelo si mette subito in viaggio per servire la sua cugina Elisabetta. Se il Signore ci dà qualcosa non lo dà solo per noi. E poi, per metterci a servire non dobbiamo aspettare qualche miracolo grandioso, la grazia del Signore infatti ci viene data nell’ordinanietà della vita. Ad esempio, quando ti confessi e ricevi il perdono di Dio sei capace di diventare perdono? Quando fai la Comunione ti sforzi poi di essere in comunione con i familiari? Quando hai ricevuto sollievo e conforto perché non trovi il modo di trasmettere un po’ di serenità?

     
     
 

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