UNA
PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
LUGLIO
1994
VENERDI’ 1 LUGLIO 1994
“Gesù
vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse:
Seguimi”.
Vediamo,
nella politica, nell’industria che chi sceglie i propri collaboratori
cerca con cura persone fidate, di buon nome, che, almeno esternamente, la
pensino come lui, che aiutino davvero e non creino imbarazzi, disguidi. Gesù
invece non bada ad etichette: tra i suoi futuri rappresentanti ci sono
pescatori, zeloti, peccatori. Matteo non era certamente ben visto sia per il suo
mestiere, esattore delle tasse, sia per il fatto che era considerato un pubblico
peccatore. Anche oggi Gesù
SABATO
2 LUGLIO 1994
“Possono
forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?”. (Mt.
9,15)
Gesù
sta parlando di noi. Siamo noi gli invitati alle nozze, alla festa di Colui
che per noi è morto e risorto, I cristiani dovrebbero essere continuamente in
festa, dovrebbero sempre sprizzare gioia: siamo dei salvati, non possiamo essere
in lutto quando Lui è vivo e noi in Lui viviamo. Con Lui ogni difficoltà
scopre un orizzonte più vasto e luminoso, ogni dolore e lutto può vincere la
tristezza soffocante del momento e aprirsi a un futuro migliore.
DOMENICA
3 LUGLIO 1994
“E
si meravigliava della loro incredulità”. (Mc.
6,6)
Anche
Dio fa fatica a credere. Si direbbe che non riesca a credere alla nostra
incredulità, alla nostra durezza di cuore, ai nostri rifiuti ostinati. E dire
che di prove negative gliene forniamo in abbondanza. Dovrebbe essersene
convinto, ormai.
LUNEDI’
4 LUGLIO 1994
“Le
disse Gesù: Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. (Mt.
9,22)
Per
essere guariti da Gesù occorre sapere di essere malati e aver fede che Lui
possa guarirci. Per ottenere il perdono, guarigione dell’anima, è la stessa
cosa. Occorre sapere fino in fondo quanto siamo peccatori. Oggi, per molti,
questa cosa che sembra la più evidente non è così. Si stenta a riconoscere il proprio peccato, lo si confonde
con l’errore, con l’inevitabile, con il “ma tutti fanno così!”. Non
si sente il peccato come un qualcosa che ci allontana da Dio e allora non si
ritiene neanche importante chiedere perdono. Se invece, guardando a Dio, scopro
come la mia vita in tante cose sia ancora lontana dal suo precetto di amore,
come io sia ancora indegno della salvezza che il sangue di Gesù mi ha meritato,
se ho fiducia in Lui che mi cerca per guarirmi, allora posso buttarmi tra le sue
braccia e posso scoprire che come io ho desiderio di essere perdonato così
anche Lui desidera regalarmi il suo perdono.
MARTEDI’
5 LUGLIO 1994
“Hanno
seminato vento, raccoglieranno tempesta”. (Os.
8,7)
Il
profeta Osea usa questo proverbio a proposito dei popoli di Samaria che si sono
messi ad adorare degli idoli invece di Dio, ma questo detto possiamo
applicarlo ad innumerevoli situazioni
MERCOLEDI’
6 LUGLIO 1994
“I
nomi dei dodici Apostoli sono:..”. (Mt.
10,2)
Matteo
fa seguire il nome dei dodici. Ogni volta che leggo questo elenco, quando giungo
all’ultimo mi viene voglia di proseguire con l’elenco dei loro successori,
dei martiri, dei santi, di tutti quei cristiani che dopo di loro, nella storia,
sono diventati “discepoli” e “apostoli”, cioè attenti alunni
dell’unico Maestro, annunciatori coraggiosi della buona novella, testimoni di
Cristo Risorto, fedeli ministri dei suoi misteri, umili “servi inutili” ma
preziosi e insostituibili per proclamare al mondo che finalmente e davvero il
“regno dei cieli è vicino”. A questi dodici, a questa immensità di
cristiani che ci hanno preceduto, al nome di chi ci ha indirizzati alla fede,
battezzati, catechizzati aggiungiamoci poi anche i nostri nomi, infatti
anche noi siamo chiamati e mandati per continuare a portare il messaggio di Gesù
al mondo.
GIOVEDI’
7 LUGLIO 1994
“Entrando
in una casa rivolgetele il saluto”. (Mt.
10,12)
Uno
dei primissimi documenti della Chiesa con ogni probabilità del tempo degli
apostoli, la Didachè, ci dà delle indicazioni su come riconoscere e accogliere
gli apostoli: “Ogni apostolo che giunge da voi accoglietelo come il
Signore. Egli non rimarrà che un giorno solo; se ci fosse bisogno, anche
un altro. Se rimane per tre giorni è un falso profeta. Congedandosi, l’apostolo
non prenda nulla se non il pane, quello necessario ad arrivare alla prossima
tappa. Se chiede denaro è un falso profeta... Se qualcuno dirà nello spirito:
dammi il denaro o altre cose, non ascoltatelo”. L’apostolo, dunque, o
il testimone non deve utilizzare il suo ruolo per fini meschini, per riscuotere
vantaggi o privilegi. E’ un criterio prezioso per riconoscere le persone che
ci annunciano il Vangelo, ed è una chiara indicazione del come ciascuno di
noi deve mettersi al servizio di esso.
VENERDI’
8 LUGLIO 1994
“Io
vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e
semplici come colombe”. (Mt.
10,16)
La
sorte delle pecore in mezzo ai lupi normalmente non è piacevole, eppure Gesù
non promette facili paradisi terrestri ai suoi amici, dove è passato Lui,
‘l’Agnello innocente condotto al macello”, passeranno i suoi testimoni.
Questo non vuoi dire diventare passivi, subire solamente le prove; Gesù ci
indica
due “armi” per combattere la persecuzione: la prudenza e la semplicità.
Prudenza significa essere attenti, non andarsi a cercare la persecuzione, saper
riconoscere il male e il malvagio, difendersi con le armi della fede e della
preghiera dal maligno, significa usare il cervello (Gesù non ha mai detto che
il cristiano per la sua bontà deve essere uno stupido, un facilone), e
semplicità (molto diverso da semplicioneria) significa aver fiducia in Dio che
non ci abbandona, non riporre la nostra speranza nelle cose, nelle
macchinazioni, significa sapere che “Dio fa sorgere il suo sole sui buoni e
sui cattivi”, significa aver speranza che in Cristo morto e risorto, Dio può
far nascere il bene anche dal male.
SABATO
9 LUGLIO 1994
“I
Serafini proclamavano: Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta
la terra è piena della sua gloria”. (Is.
6,3)
Ogni
volta che nella Messa proclamiamo o cantiamo il ‘Santo’ mi piace lasciar
andare la fantasia e vedere come gli angeli di Dio, ed anche il mio angelo
custode, in questo momento, pieni di meraviglia e di lode magnificano il Signore,
come i santi che sono con Dio e con loro i nostri morti, con gli apostoli, i
martiri, vedendo Dio faccia a faccia, lodano la bontà e la misericordia di
Dio, come i ghiacciai e il deserto, i fiori, anche quelli nascosti e i pesci
del mare, con la loro grandezza e bellezza sono un inno al Creatore. E in mezzo
a loro, santi del cielo e creature della terra, insieme al malato che offre la
sua sofferenza, insieme al missionario che sta camminando per raggiungere il
villaggio, insieme al Cristo che si sta offrendo su chissà quanti altari,
proprio in questo momento, ci sono anch’io che nella povertà, con una voce
non sempre completamente intonata, mi unisco a questa lode, lasciandomi riempire
dalla santità di Dio.
DOMENICA
10 LUGLIO 1994
“E
ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio”. (Mc.
6,8)
Mi
vengono in mente certe riunioni di sacerdoti o certi consigli pastorali
diocesani, zonali o parrocchiali dove si discute di strategia pastorale. Dove si
parla di catechesi come se fosse un liquido da imbottigliare in vuoti
recipienti, dove si studia di imitare i tanto vituperati mass media per giungere
alla gente, dove magari si cercano appoggi di politici e di potenti perché il Vangelo
sia annunciato.
LUNEDI’
11 LUGLIO 1994
“Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla”. (Gv.
15,5)
La
festa di S. Benedetto e il versetto del Vangelo di oggi ci ricordano una cosa
evidente, che sappiamo ma che spesso, proprio perché evidente, trascuriamo con
facilità. La fede ha bisogno, per non languire e morire, di essere
alimentata ogni giorno. Noi invece spesso diciamo: “Ho tante cose da fare, per
Dio, per la preghiera, per la meditazione, per una catechesi, adesso non ho
tempo!” e poco per volta ci inaridiamo. Se un giardino non viene curato un
po’ ogni giorno, se lo irrighiamo solo una volta ogni tanto, presto sarà
luogo di erbacce e le piante si inselvaticheranno. La vita di molti cristiani
è così: non basta una messa ogni tanto, una preghiera quando ne ho bisogno...
Abbiamo bisogno di “rimanere in Lui”, abbiamo bisogno di mangiare spesso
il suo pane per poter camminare, abbiamo bisogno di confortare la fede
sostenendola con la sua Parola. Non cerchiamo scuse: lo stare con Lui non è
mai tempo perso.
MARTEDI’
12 LUGLIO 1994
“Gesù
si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di
miracoli perché non si erano convertite”. (Mt.
11,20)
In
tante cose il nostro mondo sembra in contraddizione con se stesso. Ad esempio
viviamo in un’epoca in cui il materialismo è esaltato al massimo, eppure,
proprio in mezzo ad esso c'é una grande ricerca di miracolismo, di segni che
superino la semplice constatazione delle cose e dei fatti materiali. Così pure
è facile trovare molti che riducono il Vangelo ad “una bella storia” e Gesù
ad un grand’uomo che per degli ideali si è fatto uccidere, per andare poi a
cercare forme di spiritualità esoteriche o sette che ti propongono atti di
fede non fondati sulla storia ed ancora più grandi e difficili. Se guardiamo in
noi, Dio ha fatto cose grandi, Gesù ci ha amato fino a dare la sua vita per
noi, i sacramenti ci danno la possibilità di essere in comunione con Lui,
persone buone ci testimoniano il Vangelo... e noi ci convertiamo ad esso? Gesù
rimprovera le città incredule in cui ha compiuto tanti miracoli; a diritto,
può rimproverare noi per non essere capaci di cogliere i suoi continui segni
d’amore e lasciare che questi ci convertano e portino a Lui.
MERCOLEDI’
13 LUGLIO 1994
“Ti
benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. (Mt.
11,25)
In
mezzo ai discorsi che Gesù fa, nel Vangelo, troviamo spesso delle preghiere
spontanee, immediate che Gesù eleva al Padre. E questo ci dice come la comunione
tra Gesù e il Padre è continua. Noi spesso cerchiamo degli spazi per la
preghiera, e anche Gesù lo faceva, magari alzandosi presto il mattino e ritirandosi in un luogo deserto, ma poi anche durante la
giornata non mancano fatti, osservazioni per entrare in rapporto con il Padre.
Quante occasioni anche oggi per pregare! L’incontro con un amico, il suono
lacerante di un’ambulanza, la lettura del giornale, lo sguardo al cielo
limpido, il canto degli uccelli, uno spazio di silenzio... Tutte occasioni per
una lode, un ringraziamento, una richiesta di aiuto. E’ bello sapere che nella
nostra giornata niente è affidato al caso, tutto può parlarci di Dio, tutto
ci può mettere in comunicazione con Lui. E se riusciamo a fare così
realizziamo anche la benedizione di Gesù: i piccoli, magari senza dotte
dispute teologiche o artefatte preghiere, riescono ad entrare in comunione con
Dio e riportano a Lui l’intero universo.
GIOVEDI’
14 LUGLIO 1994
“Il
mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. (Mt.
11,30)
Gesù
aveva rimproverato i farisei perché “legavano pesi gravi e insopportabili e
li caricavano sulle spalle degli uomini, ma non muovevano neppure un dito per
portarli”. Eppure anche Lui parla di un giogo. Gesù non è un anarchico che
è solo venuto ad abolire ogni legge. Anzi il suo giogo è esigente se ha
detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro dei cieli” o “chi
vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso portando la sua croce
VENERDI’
15 LUGLIO 1994
“Se
aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio,
non avreste condannato persone senza colpa”. (Mt.
12,7)
E’
giusto che nella comunità umana e in quella religiosa ci sia la legge. Serve ad
una giusta convivenza, ad indicarci i nostri doveri e a rispettare i nostri
diritti. Ma possono esserci modi diversi di considerarla ed applicarla. Un
padre che sia veramente tale cerca di far sì che il proprio figlio conosca ed
applichi le leggi, e quando questi sbaglia magari lo punisce perché capisca
il suo errore, ma la punizione non deve mai uccidere definitivamente, non deve
togliere la speranza, in parole povere, anche la punizione deve essere non vendetta
ed esclusione ma possibilità di amore per ritrovare la strada giusta. Gesù ci
invita a questo e la Chiesa e i cristiani, proprio ad imitazione di Dio devono
sempre cercare la strada della misericordia. Nessuno di noi può mai dire ad un
altro: “Sei condannato definitivamente”. Dio ci ama, Gesù va in cerca
della pecorella smarrita, ti lascia sempre la porta aperta per poter tornare a
casa... Perché allora noi uomini ci arroghiamo il compito di condannare in
nome di una fredda legge? Specialmente il sacramento della misericordia, la
confessione, come mai troppo spesso è amministrato unicamente come se fosse un
tribunale che emana sentenze e non come un aiuto misericordioso per riconoscere
i propri errori, ma per sentire la forza di Dio che non ti condanna ma che ti
aiuta nel duro e a volte lungo cammino per ritrovare la via di casa?
SABATO
16 LUGLIO 1994
“Molti
lo seguirono ed Egli guari tutti, ordinando loro di non divulgarlo”. (Mt.
12,15—16)
Stupisce,
a prima vista il fatto, che Gesù nasconda i suoi miracoli. Noi invece pensiamo che qualche bel miracolo, anche oggi, potrebbe portare molti alla
fede. Ma non è stato così al tempo di Gesù. Egli ha guarito tanti, ha
fatto camminare storpi, ha ridato la vista ai ciechi, ha fatto risorgere dei
morti eppure molti non hanno creduto, anzi, i capi, proprio a motivo dei
miracoli, si intestardirono ancora di più a volerlo morto. Anche oggi non
sono i miracoli straordinari e spettacolari a portare alla fede. Gesù impone
il silenzio sopra i suoi interventi prodigiosi per impedire che venga falsata
la sua missione, la cui caratteristica è invece l’umiltà, la mansuetudine. A
Cristo si arriva con il cuore, con la semplicità, con il, fidarsi. Anche noi
discepoli e la Chiesa intera siamo chiamati a dare la nostra testimonianza non
con segni straordinari o strepitosi ma con semplicità, offrendo sempre il dono
di Dio e mai imponendolo.
DOMENICA
17 LUGLIO 1994
“Sbarcando,
vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza
pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose”.(Mc.
6,34)
Gli
apostoli erano stati mandati per la prima volta da Gesù in missione. Adesso
tornano da Lui: quante cose da raccontargli! Quante domande da fargli, consigli
da chiedergli! Gesù attento a questo li invita a stare con Lui, ma ben presto
il progetto va in fumo. La gente preme e allora Gesù, invece di fermarsi con
gli apostoli comincia Lui stesso ad insegnare, e con questo, senza parole
dirette, risponde alle domande degli apostoli. il cristiano ha Gesù come
modello. Gesù non è il rifugio per anime devote in cerca di sensazioni particolari, ma la partecipazione all’amore di
Dio per il suo popolo. L’apostolo, come Gesù, sente “compassione” per
la gente, per queste “pecore senza pastore” e offre loro con abbondanza e
con semplicità la parola che salva. Chissà quando impareremo a riconoscere in
colui che bussa alla porta non il solito scocciatore ma il fratello che ha
bisogno di Dio attraverso noi?
LUNEDI’
18 LUGLIO 1994
“Uomo,
ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te:
praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo
Dio”. (Ml.
6,8)
“Che
cosa vuole Dio da me?” In tante occasioni ci facciamo questa domanda e spesso
stentiamo a capire e magari ci affanniamo ad esprimere la nostra devozione
moltiplicando le pratiche religiose, imponendoci qualche sacrificio,
ascoltando o facendo celebrare qualche messa.
MARTEDI’
19 LUGLIO 1994
“Chiunque
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello,
sorella e madre”. (Mt.
12,50)
La
fede cristiana è davvero unica! Non ci presenta Dio solo come una divinità
superiore all’uomo o solamente come un creatore onnipotente, ma come un Dio
vicino all’uomo, come un Dio “parente stretto” dell’uomo. Gesù che ama
sua Madre, che l’ha riempita di doni in vista della sua venuta, dice
addirittura che noi possiamo essere come Lei per Lui. Maria ha fatto la volontà
di Dio con fede, gioiosamente ed è per questo che è gradita a Dio più ancora
che per la maternità naturale. Noi, se facciamo la volontà del Padre siamo da
Lui generati come figli suoi, come Gesù. E se facciamo la sua volontà,
diventando suoi testimoni, con Lui possiamo generare altri suoi figli nella
fede. Qualche volta gli uomini per garantire la propria nobiltà, dicono: “lo
sono figlio di..., le origini della mia famiglia sono...” Il cristiano può
dire:
“Io sono figlio di Dio, tutte le mie origini e le mie parentele sono in
Lui”.
MERCOLEDI’
20 LUGLIO 1994
“Usci il seminatore a seminare”. (Mt. 13,3)
Noi
tutti vorremmo essere non tanto il seminatore, ma il contadino che esce per
andare a raccogliere; vorremmo vedere i frutti, subito, nei nostri figli,
nella nostra famiglia, nella nostra parrocchia... Gesù, invece, partendo
dalla realtà, ci dice che prima dobbiamo seminare. E seminare è fatica fondata
sulla speranza, è separarsi dal seme, è fare un atto di fede nel seme, nel
terreno, nelle stagioni. Semina nel tuo figlio con pazienza, con abbondanza,
dagli fiducia, spera che prima o poi attecchisca. Semina la fede, anche se ti
sembra che non ci sia terreno buono, fidati di Dio che sempre si fida degli
uomini. Non lasciarti impaurire se non vedi i risultati, non andare a tirare le
piantine nella speranza di farle crescere più in fretta, lascia al buon Dio di
far crescere secondo i suoi tempi ed anche se non sarai tu a raccogliere,
fidati di Colui che può “far nascere figli di Abramo anche dai sassi”.
GIOVEDI’
21 LUGLIO 1994
“Perché
parli loro in parabole?” Gesù rispose: “Perché a voi è dato di conoscere
i misteri del Regno dei cieli, ma a loro non è dato”. (Mt.
13,10—11)
Gesù
usa le parabole per annunciare il regno dei cieli. Le parabole sono racconti
semplici che partono dalla realtà della vita. Sono dunque facili messaggi per
chi è semplice e sa leggere e interpretare con cuore disponibile e aperto il
messaggio di Dio sulla vita, ma diventano astruse e difficili per chi sentendosi
“culturalmente superiore" ha la presunzione di conoscere tutto, di avere
già la verità in tasca, di voler vivisezionare parole e fatti a proprio uso e
consumo, di voler fare filosofia e accademia su parole così semplici. E così
le parabole sono luce per i semplici e confusione per coloro che si ritengono
sapienti.
VENERDI’
22 LUGLIO 1994
“Maria
stava all’esterno della tomba e piangeva”. (Gv.
20,11)
Davanti
alla morte di Gesù ci sono diversi aspetti del dolore e del pianto:
da
quello corredentore di Maria, la mamma di Gesù, a quello deluso degli Apostoli.
C’è anche il dolore umano di questa donna, liberata da Gesù, che ha amato
Gesù con tutta se stessa e che ora ha nel cuore tutta la sofferenza subita dal
Maestro e anche tutto il vuoto della mancanza di questa persona cara. Tutto
questo porta le lacrime e le lacrime non solo riempiono gli occhi, ma anche il
cuore e impediscono di vedere e sommergono pure la speranza. Pare di vedere
Maria, con gli occhi bassi, chiusa nel suo dolore. Se non ci fosse la voce del
suo Signore che la chiama per nome, il cerchio del dolore e delle lacrime le
impedirebbe di sperare. Il dolore purifica ma può chiudere in se stessi. Anche
noi nei nostri dolori, se pur abbiamo occhi e cuore pieni di lacrime e di
tristezza, lasciamo almeno aperte le orecchie per sentire la voce di Dio che
chiamandoci per nome ci riapre alla speranza.
SABATO
23 LUGLIO 1994
“Un
uomo ha seminato il buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il
suo nemico e seminò zizzania”. (Mt.
13,24—25)
Quotidianamente
noi facciamo l’esperienza del bene e del male, in noi stessi e nel mondo
intero. La nostra intolleranza vorrebbe spesso vedere l’intervento di Dio:
“Perchè Dio permette che il male spesso abbia la meglio?” Ma Dio è
paziente, ama tutti, ha fiducia nel seme buono. I semi buoni crescono, crescono
ugualmente, forse con più fatica ma inesorabilmente, senza nulla perdere
della propria natura e delle proprie qualità. Dio “pazienta” anche con noi
e ci invita ad essere pazienti, tolleranti, ad aver fiducia nel bene. Proprio
pensando alla pazienza di Dio con noi, proviamo oggi, nei nostri giudizi e
atteggiamenti verso gli altri a vedere il bene e le possibilità di bene che ci
sono nelle persone che ci circondano, e lasciamo che il bene che c’è in noi
abbia il sopravvento sulla zizzania che scopriamo ogni giorno nella nostra vita.
DOMENICA
24 LUGLIO 1994
“C‘è
qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos ‘è questo
per tanta gente?”. (Gv.
6,9)
Davanti
alla moltiplicazione dei pani e dei pesci chissà quale è stata la meraviglia
di Pietro, di Filippo o di Andrea ma “Io piuttosto vorrei essere nella pelle
di quel ragazzo — ci fa meditare A. Pronzato — Sì, per poter gustare,
come ha fatto lui, il sapore del pane che hai regalato, del tuo posto che hai
condiviso. Beh, basterebbe provassi anch’io. Sperimentare il gusto delle
cose donate, il valore dei soldi che non ho accumulato, la preziosità del tempo
che hai speso per gli altri, la ricchezza di cui ti sei privato, la forza delle
energie che non hai risparmiato. Sentire il calore che hai acceso in un cuore,
assaporare la gioia che hai diffuso, la speranza che hai distribuito, la
consolazione che hai dato. Non c’è operazione finanziaria fortunata, non
c’è affare vantaggioso, non c’è compiacimento intellettualistico, che
possa anche lontanamente paragonarsi alla gioia provata da uno sprovveduto che
si ostina a moltiplicare dividendo, ad accumulare sottraendo, a guadagnare
perdendo..
LUNEDI’
25 LUGLIO 1994
“La
madre dei figli di Zebedeo disse a Gesù: Dì che questi miei figli siedano uno
alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo Regno”. (Mt.
20,20-21)
Oggi,
festa di S. Giacomo, il Vangelo ci riporta la richiesta di sua madre a Gesù.
Questa madre desidera che i propri figli siano vicini a Gesù. Non sappiamo se
il suo desiderio fosse dettato da amore per Gesù e per i propri figli o da
voler “sistemare” i figli in un luogo di potere, certo è che ogni cristiano
ha giustamente il desiderio di “stare vicino” al maestro, godendo la sua
amicizia. Ma questo è possibile solo ad una condizione: essere disposti e
pronti a condividerne la vita in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi momenti,
anche i più dolorosi. Qui è la fonte della vera amicizia con Gesù, del vero
misticismo. Seguire Gesù non è una corsa verso una carriera, non è un conquistarsi
un posto migliore in Paradiso, è trovare l’amico che ama, è condividere
la sua esperienza, è fare come Lui la volontà del Padre. Se questa madre
avesse saputo che alla destra e alla sinistra di Gesù in croce sarebbero
finiti altri due crocifissi, avrebbe continuato ad insistere nella sua richiesta?
Eppure solo diventando “piccoli”, “servi” si può essere vicini a Gesù
sia nella prova che nella gloria.
MARTEDI’
26 LUGLIO 1994
“Come
dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine
del mondo”. (Mt.13,40)
Gesù
spiegando la parabola della zizzania ci dà diverse indicazioni sia riguardo a
Dio che sul senso della nostra vita.
MERCOLEDI’
27 LUGLIO 1994
“Il
Regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”.
(Mt.
13,45—46)
Con
questa parabola Gesù afferma che di fronte al Regno ci vuole una decisione
pronta e gioiosa, conseguenza dell’aver quasi inaspettatamente trovato ciò
che più serviva per le più profonde aspirazioni personali. Il discorso sulla
rinuncia a tutto appare secondario dal momento che il guadagno è tale da ripagare
abbondantemente ciò che si perde.
GIOVEDI’
28 LUGLIO 1994
“Ogni
scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile ad un padrone di casa
che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. (Mt.
13,52)
Gesù
non è venuto per abolire la Legge, la storia dell’Antico Testamento, ma per
portarla a compimento. Certo, Lui è la novità e chi sceglie di entrare nel suo
Regno è uomo nuovo, ma non c e nulla di inutile nel passato.
Fanno
pena certi cristiani che nella foga di voler rinnovare la religione vogliono
buttar via tutto quanto la tradizione ha costruito nei secoli precedenti; io me
li immagino come un albero che, accetta alla mano, voglia tagliarsi le radici
per essere diverso da quello che è. La tradizione va rinnovata, non rinnegata,
la storia va letta, interpretata, non abolita. Noi veniamo da lontano, da una
storia di salvezza, di uomini peccatori ma amati da Dio e andiamo “lontano”,
verso il regno definitivo, non possiamo né dimenticare o abrogare il cammino
fatto ma neppure sederci: la meta è ancora lontana.
VENERDI’
29 LUGLIO 1994
“Non
è forse il Figlio del carpentiere”. (Mt.
13,55)
Che
cosa cerchiamo in un “profeta”? Spesso qualcosa di clamoroso. Leggendo la
storia di Padre Pio vediamo che una cosa che lo “faceva andare in bestia”,
è che molti andavano da lui per avere o vedere miracoli. Spesso non cerchiamo
la verità, l’esempio, la fede ma siamo superficiali, cerchiamo il
sensazionale. Anche nei rapporti più semplici non è forse così? Diciamo:
“Quella persona è buona, ma niente di particolare”, “quel padre di
famiglia è un ottimo lavoratore, ma non ha prestigio” e al contrario siamo
disposti a battere le mani a persone tutt’altro che oneste ma che hanno
potere, esteriorità (pensiamo ai divi della televisione). Anche Gesù è
stato rifiutato perché appariva uno dei tanti” ma è proprio grazie a questa
incarnazione che la salvezza è giunta a noi.
SABATO
30 LUGLIO 1994
“I
discepoli di Giovanni andarono a prendere il suo corpo e lo seppellirono”. (Mt.
14,12)
La
morte violenta del giusto non è mai una sconfitta. La tomba del Battista
richiama la morte di Gesù, ma anche la sua risurrezione. Il giusto che per
coerenza verso i propri principi, ma anche per amore verso il potente che
sbaglia, trova il coraggio di far sentire la sua voce di denuncia, sarà facilmente
schiacciato, ma alla fine sarà lui a trionfare. E’ la storia di gente come
Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero, voci scomode per una civiltà abituata
al compromesso, ma che vivono
DOMENICA
31 LUGLIO 1994
“Voi
mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei
pani e vi siete saziati”. (Gv.
6,26)
Gesù
rimprovera la folla perché lo cerca, ma solo per vedere facili miracoli.
Paradossalmente rimprovera quella gente, sfamata perché non ha più fame. Ossia
non ha fame di qualcos’altro. La mancanza di appetito è sempre un segno
preoccupante per la salute fisica o morale di una persona. Gesù è come se ci
dicesse: “Comincia a preoccuparti quando ti senti saziato dalle cose, dal
denaro, dal successo e invece non senti più il desiderio del bello, del giusto,
di Dio.” E’ solo assecondando questi stimoli che partirai alla ricerca,
che scoprirai che da solo non puoi saziare quelle fami e che allora avrai
l’umiltà di chiedere: “Signore, dacci sempre questo pane!”