Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

LUGLIO 1994

 

 

VENERDI’ 1 LUGLIO 1994

“Gesù vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: Seguimi”. (Mt. 9,9)

Vediamo, nella politica, nell’industria che chi sceglie i propri collaboratori cerca con cura persone fidate, di buon nome, che, almeno esternamente, la pensino come lui, che aiutino davvero e non creino imbarazzi, disguidi. Gesù invece non bada ad etichette: tra i suoi futuri rappresentanti ci sono pescatori, zeloti, peccatori. Matteo non era certamente ben visto sia per il suo mestiere, esattore delle tasse, sia per il fatto che era considerato un pubblico peccatore. Anche oggi Gesù compie scelte apparentemente strane e a prima vista controproducenti: tra i suoi ministri ci sono peccatori, il Vangelo è affidato a persone spesso ignoranti, non troppo pie... eppure e la logica di Gesù e del Vangelo. Il suo regno non è per i potenti, per i sapienti, per i “santi” ma per gli umili, i poveri, i deboli. Se ciascuno di noi guarda alla propria vita, quali sono i meriti per aver ricevuto il Battesimo, per accostarci all’Eucarestia? Con quale autorità nostra abbiamo il compito di testimoniare? Eppure se sono cristiano, qualunque sia il mio modo di vivere, la mia intelligenza, le mie capacità umane sono stato scelto per seguire Cristo e per essere mandato ad annunciano. Tutto questo ci aiuta a non guardare troppo a noi stessi, ma solo a Lui.

 

 

SABATO 2 LUGLIO 1994

“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?”. (Mt. 9,15)

Gesù sta parlando di noi. Siamo noi gli invitati alle nozze, alla festa di Colui che per noi è morto e risorto, I cristiani dovrebbero essere continuamente in festa, dovrebbero sempre sprizzare gioia: siamo dei salvati, non possiamo essere in lutto quando Lui è vivo e noi in Lui viviamo. Con Lui ogni difficoltà scopre un orizzonte più vasto e luminoso, ogni dolore e lutto può vincere la tristezza soffocante del momento e aprirsi a un futuro migliore. Questo devono testimoniare i cristiani in un mondo spesso troppo triste e disperato per credere ancora alla gioia. Con Cristo non siamo più soli, i nostri problemi vengono da Lui condivisi e avviati ad una possibile soluzione, le ingiustizie e i soprusi possono essere combattuti, l’angoscia e la paura non hanno più senso di esistere. Se siamo ancora tristi non sarà perché crediamo ancora troppo poco a Cristo?

 

 

DOMENICA 3 LUGLIO 1994

“E si meravigliava della loro incredulità”. (Mc. 6,6)

Anche Dio fa fatica a credere. Si direbbe che non riesca a credere alla nostra incredulità, alla nostra durezza di cuore, ai nostri rifiuti ostinati. E dire che di prove negative gliene forniamo in abbondanza. Dovrebbe essersene convinto, ormai. Certo risulta impressionante questo particolare di Gesù che, dopo aver domato la tempesta, trionfato sui demoni, debellato le malattie e perfino la morte, si ritrova sbalordito, impotente di fronte alla cattiva volontà degli uomini. Paul Claudel in una frase ha raccolto questa situazione: “Che cosa di più debole e di più disarmato di Dio, allorché non può niente senza di noi?”. Comunque Lui batte ancora tutte le strade, si presenta come mendicante a tutte le porte. Affronta il rischio di essere respinto. Ciò che teme maggiormente è l’accoglienza che gli riservano quelli di casa...

 

 

LUNEDI’ 4 LUGLIO 1994

“Le disse Gesù: Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. (Mt. 9,22)

Per essere guariti da Gesù occorre sapere di essere malati e aver fede che Lui possa guarirci. Per ottenere il perdono, guarigione dell’anima, è la stessa cosa. Occorre sapere fino in fondo quanto siamo peccatori. Oggi, per molti, questa cosa che sembra la più evidente non è così. Si stenta a riconoscere il proprio  peccato, lo si confonde con l’errore, con l’inevitabile, con il “ma tutti fanno così!”. Non si sente il peccato come un qualcosa che ci allontana da Dio e allora non si ritiene neanche importante chiedere perdono. Se invece, guardando a Dio, scopro come la mia vita in tante cose sia ancora lontana dal suo precetto di amore, come io sia ancora indegno della salvezza che il sangue di Gesù mi ha meritato, se ho fiducia in Lui che mi cerca per guarirmi, allora posso buttarmi tra le sue braccia e posso scoprire che come io ho desiderio di essere perdonato così anche Lui desidera regalarmi il suo perdono.

 

 

MARTEDI’ 5 LUGLIO 1994

“Hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta”. (Os. 8,7)

Il profeta Osea usa questo proverbio a proposito dei popoli di Samaria che si sono messi ad adorare degli idoli invece di Dio, ma questo detto possiamo applicarlo ad innumerevoli situazioni della nostra vita. Ad esempio, ci lamentiamo della scristianizzazione dei nostri tempi, ma abbiamo seminato vera testimonianza cristiana? Ci lamentiamo del proliferare dei maghi, delle messe nere, ma non abbiamo seminato tanta superstizione? Ci lamentiamo di cattiva educazione dei giovani, ma non abbiamo seminato tanto falso e ipocrita permissivismo? La pianta non curata, potata, innestata si inselvatichisce. Se ad esempio una famiglia non cura con l’attenzione, con l’esempio, l’educazione cristiana del proprio figlio anteponendovi tante altre cose, può stupirsi se poi questo figlio “si è allontanato dalla fede e dalla chiesa”? Purtroppo nella vita succedono già tante cause esterne che possono coadiuvare ad allontanare una persona dalla fede ma se ci sono buone radici una speranza c’è, se le radici non affondano nel terreno, basta un colpo di vento e la pianta cade.

 

 

MERCOLEDI’ 6 LUGLIO 1994

“I nomi dei dodici Apostoli sono:..”. (Mt. 10,2)

Matteo fa seguire il nome dei dodici. Ogni volta che leggo questo elenco, quando giungo all’ultimo mi viene voglia di proseguire con l’elenco dei loro successori, dei martiri, dei santi, di tutti quei cristiani che dopo di loro, nella storia, sono diventati “discepoli” e “apostoli”, cioè attenti alunni dell’unico Maestro, annunciatori coraggiosi della buona novella, testimoni di Cristo Risorto, fedeli ministri dei suoi misteri, umili “servi inutili” ma preziosi e insostituibili per proclamare al mondo che finalmente e davvero il “regno dei cieli è vicino”. A questi dodici, a questa immensità di cristiani che ci hanno preceduto, al nome di chi ci ha indirizzati alla fede, battezzati, catechizzati aggiungiamoci poi anche i nostri nomi, infatti anche noi siamo chiamati e mandati per continuare a portare il messaggio di Gesù al mondo.

 

 

GIOVEDI’ 7 LUGLIO 1994

“Entrando in una casa rivolgetele il saluto”. (Mt. 10,12)

Uno dei primissimi documenti della Chiesa con ogni probabilità del tempo degli apostoli, la Didachè, ci dà delle indicazioni su come riconoscere e accogliere gli apostoli: “Ogni apostolo che giunge da voi accoglietelo come il   Signore. Egli non rimarrà che un giorno solo; se ci fosse bisogno, anche un altro. Se rimane per tre giorni è un falso profeta. Congedandosi, l’a­postolo non prenda nulla se non il pane, quello necessario ad arrivare alla prossima tappa. Se chiede denaro è un falso profeta... Se qualcuno dirà nello spirito: dammi il denaro o altre cose, non ascoltatelo”. L’apostolo, dunque, o il testimone non deve utilizzare il suo ruolo per fini meschini, per riscuotere vantaggi o privilegi. E’ un criterio prezioso per riconoscere le persone che ci annunciano il Vangelo, ed è una chiara indicazione del come ciascuno di noi deve mettersi al servizio di esso.

 

 

VENERDI’ 8 LUGLIO 1994

“Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come colombe”. (Mt. 10,16)

La sorte delle pecore in mezzo ai lupi normalmente non è piacevole, eppure Gesù non promette facili paradisi terrestri ai suoi amici, dove è passato Lui, ‘l’Agnello innocente condotto al macello”, passeranno i suoi testimoni. Questo non vuoi dire diventare passivi, subire solamente le prove; Gesù ci indica due “armi” per combattere la persecuzione: la prudenza e la semplicità. Prudenza significa essere attenti, non andarsi a cercare la persecuzione, saper riconoscere il male e il malvagio, difendersi con le armi della fede e della preghiera dal maligno, significa usare il cervello (Gesù non ha mai detto che il cristiano per la sua bontà deve essere uno stupido, un facilone), e semplicità (molto diverso da semplicioneria) significa aver fiducia in Dio che non ci abbandona, non riporre la nostra speranza nelle cose, nelle macchinazioni, significa sapere che “Dio fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi”, significa aver speranza che in Cristo morto e risorto, Dio può far nascere il bene anche dal male.

 

 

SABATO 9 LUGLIO 1994

“I Serafini proclamavano: Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”. (Is. 6,3)

Ogni volta che nella Messa proclamiamo o cantiamo il ‘Santo’ mi piace lasciar andare la fantasia e vedere come gli angeli di Dio, ed anche il mio angelo custode, in questo momento, pieni di meraviglia e di lode magnificano il Signore, come i santi che sono con Dio e con loro i nostri morti, con gli apostoli, i martiri, vedendo Dio faccia a faccia, lodano la bontà e la misericordia di Dio, come i ghiacciai e il deserto, i fiori, anche quelli nascosti e i pesci del mare, con la loro grandezza e bellezza sono un inno al Creatore. E in mezzo a loro, santi del cielo e creature della terra, insieme al malato che offre la sua sofferenza, insieme al missionario che sta camminando per raggiungere il villaggio, insieme al Cristo che si sta offrendo su chissà quanti altari, proprio in questo momento, ci sono anch’io che nella povertà, con una voce non sempre completamente intonata, mi unisco a questa lode, lasciandomi riempire dalla santità di Dio.

 

 

DOMENICA 10 LUGLIO 1994

“E ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio”. (Mc. 6,8)

Mi vengono in mente certe riunioni di sacerdoti o certi consigli pastorali diocesani, zonali o parrocchiali dove si discute di strategia pastorale. Dove si parla di catechesi come se fosse un liquido da imbottigliare in vuoti recipienti, dove si studia di imitare i tanto vituperati mass media per giungere alla gente, dove magari si cercano appoggi di politici e di potenti perché il Vangelo sia annunciato. La strategia di Gesù invece è la povertà. La povertà dei mezzi mette in evidenza la grandezza del messaggio. Il Vangelo non ha bisogno di acuti. Ha bisogno di... vangelo. Quando noi ci fidiamo di mezzi eclatanti, rischiamo di dimenticare che la salvezza non viene da noi, ma da Lui. Recentemente il Papa ha invitato tutta la Chiesa a riconoscere i propri peccati lungo la storia; questi possono essere raccolti in un unico grande peccato di ieri e di oggi: fidarci più di noi che di Lui.

 

 

LUNEDI’ 11 LUGLIO 1994

“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. (Gv. 15,5)

La festa di S. Benedetto e il versetto del Vangelo di oggi ci ricordano una cosa evidente, che sappiamo ma che spesso, proprio perché evidente, trascuriamo con facilità. La fede ha bisogno, per non languire e morire, di essere alimentata ogni giorno. Noi invece spesso diciamo: “Ho tante cose da fare, per Dio, per la preghiera, per la meditazione, per una catechesi, adesso non ho tempo!” e poco per volta ci inaridiamo. Se un giardino non viene curato un po’ ogni giorno, se lo irrighiamo solo una volta ogni tanto, presto sarà luogo di erbacce e le piante si inselvaticheranno. La vita di molti cristiani è così: non basta una messa ogni tanto, una preghiera quando ne ho bisogno... Abbiamo bisogno di “rimanere in Lui”, abbiamo bisogno di mangiare spesso il suo pane per poter camminare, abbiamo bisogno di confortare la fede sostenendola con la sua Parola. Non cerchiamo scuse: lo stare con Lui non è mai tempo perso.

 

 

MARTEDI’ 12 LUGLIO 1994

“Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli perché non si erano convertite”. (Mt. 11,20)

In tante cose il nostro mondo sembra in contraddizione con se stesso. Ad esempio viviamo in un’epoca in cui il materialismo è esaltato al massimo, eppure, proprio in mezzo ad esso c'é una grande ricerca di miracolismo, di segni che superino la semplice constatazione delle cose e dei fatti materiali. Così pure è facile trovare molti che riducono il Vangelo ad “una bella storia” e Gesù ad un grand’uomo che per degli ideali si è fatto uccidere, per andare poi a cercare forme di spiritualità esoteriche o sette che ti propongono atti di fede non fondati sulla storia ed ancora più grandi e difficili. Se guardiamo in noi, Dio ha fatto cose grandi, Gesù ci ha amato fino a dare la sua vita per noi, i sacramenti ci danno la possibilità di essere in comunione con Lui, persone buone ci testimoniano il Vangelo... e noi ci convertiamo ad esso? Gesù rimprovera le città incredule in cui ha compiuto tanti miracoli; a diritto, può rimproverare noi per non essere capaci di cogliere i suoi continui segni d’amore e lasciare che questi ci convertano e portino a Lui.

 

 

MERCOLEDI’ 13 LUGLIO 1994

“Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. (Mt. 11,25)

In mezzo ai discorsi che Gesù fa, nel Vangelo, troviamo spesso delle preghiere spontanee, immediate che Gesù eleva al Padre. E questo ci dice come la comunione tra Gesù e il Padre è continua. Noi spesso cerchiamo degli spazi per la preghiera, e anche Gesù lo faceva, magari alzandosi presto il mattino e ritirandosi in un luogo deserto, ma poi anche durante la giornata non mancano fatti, osservazioni per entrare in rapporto con il Padre. Quante occasioni anche oggi per pregare! L’incontro con un amico, il suono lacerante di un’ambulanza, la lettura del giornale, lo sguardo al cielo limpido, il canto degli uccelli, uno spazio di silenzio... Tutte occasioni per una lode, un ringraziamento, una richiesta di aiuto. E’ bello sapere che nella nostra giornata niente è affidato al caso, tutto può parlarci di Dio, tutto ci può mettere in comunicazione con Lui. E se riusciamo a fare così realizziamo anche la benedizione di Gesù: i piccoli, magari senza dotte dispute teologiche o artefatte preghiere, riescono ad entrare in comunione con Dio e riportano a Lui l’intero universo.

 

 

GIOVEDI’ 14 LUGLIO 1994

“Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. (Mt. 11,30)

Gesù aveva rimproverato i farisei perché “legavano pesi gravi e insopportabili e li caricavano sulle spalle degli uomini, ma non muovevano neppure un dito per portarli”. Eppure anche Lui parla di un giogo. Gesù non è un anarchico che è solo venuto ad abolire ogni legge. Anzi il suo giogo è esigente se ha detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro dei cieli” o “chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso portando la sua croce. Ma c’è una differenza sostanziale, ed è che questo “giogoLui per primo lo ha portato, e ancora oggi ci assicura di portarlo insieme a noi. Per questo può affermare che il suo giogo è dolce e leggero. li cristianesimo è di tale natura che solo vivendolo con gioia ha senso e questa gioia non deriva dal fatto che tutto sia facile ma dal fatto che tutta la nostra vita non la viviamo da soli, ma con Lui che ci cammina davanti e a fianco.

 

VENERDI’ 15 LUGLIO 1994

“Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa”. (Mt. 12,7)

E’ giusto che nella comunità umana e in quella religiosa ci sia la legge. Serve ad una giusta convivenza, ad indicarci i nostri doveri e a rispettare i nostri diritti. Ma possono esserci modi diversi di considerarla ed applicarla. Un padre che sia veramente tale cerca di far sì che il proprio figlio conosca ed applichi le leggi, e quando questi sbaglia magari lo punisce perché capisca il suo errore, ma la punizione non deve mai uccidere definitivamente, non deve togliere la speranza, in parole povere, anche la punizione deve essere non vendetta ed esclusione ma possibilità di amore per ritrovare la strada giusta. Gesù ci invita a questo e la Chiesa e i cristiani, proprio ad imitazione di Dio devono sempre cercare la strada della misericordia. Nessuno di noi può mai dire ad un altro: “Sei condannato definitivamente”. Dio ci ama, Gesù va in cerca della pecorella smarrita, ti lascia sempre la porta aperta per poter tornare a casa... Perché allora noi uomini ci arroghiamo il compito di condannare in nome di una fredda legge? Specialmente il sacramento della misericordia, la confessione, come mai troppo spesso è amministrato unicamente come se fosse un tribunale che emana sentenze e non come un aiuto misericordioso per riconoscere i propri errori, ma per sentire la forza di Dio che non ti condanna ma che ti aiuta nel duro e a volte lungo cammino per ritrovare la via di casa?

 

 

SABATO 16 LUGLIO 1994

“Molti lo seguirono ed Egli guari tutti, ordinando loro di non divulgarlo”. (Mt. 12,15—16)

Stupisce, a prima vista il fatto, che Gesù nasconda i suoi miracoli. Noi invece pensiamo che qualche bel miracolo, anche oggi, potrebbe portare molti alla fede. Ma non è stato così al tempo di Gesù. Egli ha guarito tanti, ha fatto camminare storpi, ha ridato la vista ai ciechi, ha fatto risorgere dei morti eppure molti non hanno creduto, anzi, i capi, proprio a motivo dei miracoli, si intestardirono ancora di più a volerlo morto. Anche oggi non sono i miracoli straordinari e spettacolari a portare alla fede. Gesù impone il silenzio sopra i suoi interventi prodigiosi per impedire che venga falsata la sua missione, la cui caratteristica è invece l’umiltà, la mansuetudine. A Cristo si arriva con il cuore, con la semplicità, con il, fidarsi. Anche noi discepoli e la Chiesa intera siamo chiamati a dare la nostra testimonianza non con segni straordinari o strepitosi ma con semplicità, offrendo sempre il dono di Dio e mai imponendolo.

 

 

DOMENICA 17 LUGLIO 1994

“Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose”.(Mc. 6,34)

Gli apostoli erano stati mandati per la prima volta da Gesù in missione. Adesso tornano da Lui: quante cose da raccontargli! Quante domande da fargli, consigli da chiedergli! Gesù attento a questo li invita a stare con Lui, ma ben presto il progetto va in fumo. La gente preme e allora Gesù, invece di fermarsi con gli apostoli comincia Lui stesso ad insegnare, e con questo, senza parole dirette, risponde alle domande degli apostoli. il cristiano ha Gesù come modello. Gesù non è il rifugio per anime devote in cerca di sensazioni particolari, ma la partecipazione all’amore di Dio per il suo popolo. L’apostolo, come Gesù, sente “compassione” per la gente, per queste “pecore senza pastore” e offre loro con abbondanza e con semplicità la parola che salva. Chissà quando impareremo a riconoscere in colui che bussa alla porta non il solito scocciatore ma il fratello che ha bisogno di Dio attraverso noi?

 

 

LUNEDI’ 18 LUGLIO 1994

“Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio”. (Ml. 6,8)

“Che cosa vuole Dio da me?” In tante occasioni ci facciamo questa domanda e spesso stentiamo a capire e magari ci affanniamo ad esprimere la nostra devozione moltiplicando le pratiche religiose, imponendoci qualche sacrificio, ascoltando o facendo celebrare qualche messa. Ma il Signore non è un Dio che vuoI rubarci un po’ di tempo o che goda davanti a qualche preghiera, Lui ci chiede di amarlo nel concreto: “praticare la giustizia”. Sono cose semplici da capire ma ardue da vivere. Il Signore non vuole qualcosa da noi, vuole noi! Ma se vuole noi è solo per il nostro bene. Solo così noi realizziamo in pieno la nostra vita: diamo a Dio il giusto culto e ai fratelli il regno di Dio.

 

 

MARTEDI’ 19 LUGLIO 1994

“Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. (Mt. 12,50)

La fede cristiana è davvero unica! Non ci presenta Dio solo come una divinità superiore all’uomo o solamente come un creatore onnipotente, ma come un Dio vicino all’uomo, come un Dio “parente stretto” dell’uomo. Gesù che ama sua Madre, che l’ha riempita di doni in vista della sua venuta, dice addirittura che noi possiamo essere come Lei per Lui. Maria ha fatto la volontà di Dio con fede, gioiosamente ed è per questo che è gradita a Dio più ancora che per la maternità naturale. Noi, se facciamo la volontà del Padre siamo da Lui generati come figli suoi, come Gesù. E se facciamo la sua volontà, diventando suoi testimoni, con Lui possiamo generare altri suoi figli nella fede. Qualche volta gli uomini per garantire la propria nobiltà, dicono: “lo sono figlio di..., le origini della mia famiglia sono...” Il cristiano può dire: “Io sono figlio di Dio, tutte le mie origini e le mie parentele sono in Lui”.

 

 

MERCOLEDI’ 20 LUGLIO 1994

“Usci il seminatore a seminare”.  (Mt. 13,3)

Noi tutti vorremmo essere non tanto il seminatore, ma il contadino che esce per andare a raccogliere; vorremmo vedere i frutti, subito, nei nostri figli, nella nostra famiglia, nella nostra parrocchia... Gesù, invece, partendo dalla realtà, ci dice che prima dobbiamo seminare. E seminare è fatica fondata sulla speranza, è separarsi dal seme, è fare un atto di fede nel seme, nel terreno, nelle stagioni. Semina nel tuo figlio con pazienza, con abbondanza, dagli fiducia, spera che prima o poi attecchisca. Semina la fede, anche se ti sembra che non ci sia terreno buono, fidati di Dio che sempre si fida degli uomini. Non lasciarti impaurire se non vedi i risultati, non andare a tirare le piantine nella speranza di farle crescere più in fretta, lascia al buon Dio di far crescere secondo i suoi tempi ed anche se non sarai tu a raccogliere, fidati di Colui che può “far nascere figli di Abramo anche dai sassi”.

 

 

GIOVEDI’ 21 LUGLIO 1994

“Perché parli loro in parabole?” Gesù rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli, ma a loro non è dato”. (Mt. 13,10—11)

Gesù usa le parabole per annunciare il regno dei cieli. Le parabole sono racconti semplici che partono dalla realtà della vita. Sono dunque facili messaggi per chi è semplice e sa leggere e interpretare con cuore disponibile e aperto il messaggio di Dio sulla vita, ma diventano astruse e difficili per chi sentendosi “culturalmente superiore" ha la presunzione di conoscere tutto, di avere già la verità in tasca, di voler vivisezionare parole e fatti a proprio uso e consumo, di voler fare filosofia e accademia su parole così semplici. E così le parabole sono luce per i semplici e confusione per coloro che si ritengono sapienti. Anche oggi sono spesso stupito davanti alla forza della fede di certe persone umili e all’estrema complicazione e frammentarietà della fede dei “teologi”. Ricordo con riconoscenza un anziano sacerdote che davanti alla mia fede titubante, che cercava motivazioni “filosofiche e teologiche” mi diceva: “Rileggiti il Vangelo: Gesù ha dato la vita per quella parola, i teologi per la loro parola hanno solo avuto gli interessi librari”

 

 

VENERDI’ 22 LUGLIO 1994

“Maria stava all’esterno della tomba e piangeva”. (Gv. 20,11)

Davanti alla morte di Gesù ci sono diversi aspetti del dolore e del pianto:

da quello corredentore di Maria, la mamma di Gesù, a quello deluso degli Apostoli. C’è anche il dolore umano di questa donna, liberata da Gesù, che ha amato Gesù con tutta se stessa e che ora ha nel cuore tutta la sofferenza subita dal Maestro e anche tutto il vuoto della mancanza di questa persona cara. Tutto questo porta le lacrime e le lacrime non solo riempiono gli occhi, ma anche il cuore e impediscono di vedere e sommergono pure la speranza. Pare di vedere Maria, con gli occhi bassi, chiusa nel suo dolore. Se non ci fosse la voce del suo Signore che la chiama per nome, il cerchio del dolore e delle lacrime le impedirebbe di sperare. Il dolore purifica ma può chiudere in se stessi. Anche noi nei nostri dolori, se pur abbiamo occhi e cuore pieni di lacrime e di tristezza, lasciamo almeno aperte le orecchie per sentire la voce di Dio che chiamandoci per nome ci riapre alla speranza.

 

 

SABATO 23 LUGLIO 1994

“Un uomo ha seminato il buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico e seminò zizzania”. (Mt. 13,24—25)

Quotidianamente noi facciamo l’esperienza del bene e del male, in noi stessi e nel mondo intero. La nostra intolleranza vorrebbe spesso vedere l’intervento di Dio: “Perchè Dio permette che il male spesso abbia la meglio?” Ma Dio è paziente, ama tutti, ha fiducia nel seme buono. I semi buoni crescono, crescono ugualmente, forse con più fatica ma inesorabilmente, senza nulla perdere della propria natura e delle proprie qualità. Dio “pazienta” anche con noi e ci invita ad essere pazienti, tolleranti, ad aver fiducia nel bene. Proprio pensando alla pazienza di Dio con noi, proviamo oggi, nei nostri giudizi e atteggiamenti verso gli altri a vedere il bene e le possibilità di bene che ci sono nelle persone che ci circondano, e lasciamo che il bene che c’è in noi abbia il sopravvento sulla zizzania che scopriamo ogni giorno nella nostra vita.

 

 

DOMENICA 24 LUGLIO 1994

“C‘è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos ‘è questo per tanta gente?”. (Gv. 6,9)

Davanti alla moltiplicazione dei pani e dei pesci chissà quale è stata la meraviglia di Pietro, di Filippo o di Andrea ma “Io piuttosto vorrei essere nella pelle di quel ragazzo — ci fa me­ditare A. Pronzato — Sì, per poter gustare, come ha fatto lui, il sapore del pane che hai regalato, del tuo posto che hai condiviso. Beh, basterebbe provassi anch’io. Sperimentare il gusto delle cose donate, il valore dei soldi che non ho accumulato, la preziosità del tempo che hai speso per gli altri, la ricchezza di cui ti sei privato, la forza delle energie che non hai risparmiato. Sentire il calore che hai acceso in un cuore, assaporare la gioia che hai diffuso, la speranza che hai distribuito, la consolazione che hai dato. Non c’è operazione finanziaria fortunata, non c’è affare vantaggioso, non c’è compiacimento intellettualistico, che possa anche lontanamente paragonarsi alla gioia provata da uno sprovveduto che si ostina a moltiplicare dividendo, ad accumulare sottraendo, a guadagnare perdendo..

 

 

LUNEDI’ 25 LUGLIO 1994

“La madre dei figli di Zebedeo disse a Gesù: Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo Regno”. (Mt. 20,20-21)

Oggi, festa di S. Giacomo, il Vangelo ci riporta la richiesta di sua madre a Gesù. Questa madre desidera che i propri figli siano vicini a Gesù. Non sappiamo se il suo desiderio fosse dettato da amore per Gesù e per i propri figli o da voler “sistemare” i figli in un luogo di potere, certo è che ogni cristiano ha giustamente il desiderio di “stare vicino” al maestro, godendo la sua amicizia. Ma questo è possibile solo ad una condizione: essere disposti e pronti a condividerne la vita in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi momenti, anche i più dolorosi. Qui è la fonte della vera amicizia con Gesù, del vero misticismo. Seguire Gesù non è una corsa verso una carriera, non è un conquistarsi un posto migliore in Paradiso, è trovare l’amico che ama, è condividere la sua esperienza, è fare come Lui la volontà del Padre. Se questa madre avesse saputo che alla destra e alla sinistra di Gesù in croce sarebbero finiti altri due crocifissi, avrebbe continuato ad insistere nella sua richiesta? Eppure solo diventando “piccoli”, “servi” si può essere vicini a Gesù sia nella prova che nella gloria.

 

 

MARTEDI’ 26 LUGLIO 1994

“Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo”. (Mt.13,40)

Gesù spiegando la parabola della zizzania ci dà diverse indicazioni sia ri­guardo a Dio che sul senso della nostra vita. Dio è paziente e misericordioso: se fosse intollerante, se castigasse subito ogni peccato, che cosa ne sarebbe di noi? Ma se non è intollerante in questa vita, non può accogliere in sé il male e coloro che con il male si sono identificati, quindi attenzione perché se Dio continua ad offrirti una possibilità di salvezza, se tu preferisci crescere nel male a quel punto sarai tu stesso ad escluderti dalla sua misericordia. Ma la parabola ci insegna anche un’altra cosa: chi, nella realtà della vita e della Chiesa, può oggi distinguere con chiarezza e precisione il bene e il male, il buon grano e la zizzania? Anche noi, a imitazione di Dio non possiamo essere intolleranti, e se dobbiamo far attenzione a che il male non ci soffochi non possiamo neppure aver la pretesa di giudicare e di voler essere noi coloro che estirpano il male. Il male si giudica da se stesso e sarà il male stesso a tormentare chi lo ha voluto e ad allontanarlo da Dio per sempre mentre, da questo contrasto, il bene sarà ancora più luminoso.

 

 

MERCOLEDI’ 27 LUGLIO 1994

“Il Regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. (Mt. 13,45—46)

Con questa parabola Gesù afferma che di fronte al Regno ci vuole una decisione pronta e gioiosa, conseguenza dell’aver quasi inaspettatamente trovato ciò che più serviva per le più profonde aspirazioni personali. Il discorso sulla rinuncia a tutto appare secondario dal momento che il guadagno è tale da ripa­gare abbondantemente ciò che si perde. Ecco come S. Fulgenzio da Ruspe invita a concretizzare la rinuncia per il Regno di Dio: “Chi ha ricevuto dal Signore una virtù così forte da saper rinunciare per amore del Regno dei cieli a tutto ciò che è nel mondo, venda quello che ha e lo distribuisca ai poveri. Ma chi non è ancora così virtuoso metta, almeno in parte, i suoi beni a disposizione dei poveri, nella misura in cui gli è possibile. Faccia tutto il bene di cui è capace. E’ necessario che nessuno sia pigro nel fare il bene. Il nostro tesoro, fratelli, riponiamolo in Dio, affinché anche il nostro cuore possa abitare in Lui”.

 

 

GIOVEDI’ 28 LUGLIO 1994

“Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. (Mt. 13,52)

Gesù non è venuto per abolire la Legge, la storia dell’Antico Testamento, ma per portarla a compimento. Certo, Lui è la novità e chi sceglie di entrare nel suo Regno è uomo nuovo, ma non c e nulla di inutile nel passato.

Fanno pena certi cristiani che nella foga di voler rinnovare la religione vogliono buttar via tutto quanto la tradizione ha costruito nei secoli precedenti; io me li immagino come un albero che, accetta alla mano, voglia tagliarsi le radici per essere diverso da quello che è. La tradizione va rinnovata, non rinnegata, la storia va letta, interpretata, non abolita. Noi veniamo da lontano, da una storia di salvezza, di uomini peccatori ma amati da Dio e andiamo “lontano”, verso il regno definitivo, non possiamo né dimenticare o abrogare il cammino fatto ma neppure sederci: la meta è ancora lontana.

 

 

VENERDI’ 29 LUGLIO 1994

“Non è forse il Figlio del carpentiere”. (Mt. 13,55)

Che cosa cerchiamo in un “profeta”? Spesso qualcosa di clamoroso. Leggendo la storia di Padre Pio vediamo che una cosa che lo “faceva andare in bestia”, è che molti andavano da lui per avere o vedere miracoli. Spesso non cerchiamo la verità, l’esempio, la fede ma siamo superficiali, cerchiamo il sensazionale. Anche nei rapporti più semplici non è forse così? Diciamo: “Quella persona è buona, ma niente di particolare”, “quel padre di famiglia è un ottimo lavoratore, ma non ha prestigio” e al contrario siamo disposti a battere le mani a persone tutt’altro che oneste ma che hanno potere, esteriorità (pensiamo ai divi della televisione). Anche Gesù è stato rifiutato perché appariva uno dei tanti” ma è proprio grazie a questa incarnazione che la salvezza è giunta a noi.

 

 

SABATO 30 LUGLIO 1994

“I discepoli di Giovanni andarono a prendere il suo corpo e lo seppellirono”. (Mt. 14,12)

La morte violenta del giusto non è mai una sconfitta. La tomba del Battista richiama la morte di Gesù, ma anche la sua risurrezione. Il giusto che per coerenza verso i propri principi, ma anche per amore verso il potente che sbaglia, trova il coraggio di far sentire la sua voce di denuncia, sarà facilmente schiacciato, ma alla fine sarà lui a trionfare. E’ la storia di gente come Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero, voci scomode per una civiltà abituata al compromesso, ma che vivono e insegnano ancor oggi, con una efficacia anche più grande che se fosse stata loro risparmiata una tragica fine.

 

 

DOMENICA 31 LUGLIO 1994

“Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. (Gv. 6,26)

Gesù rimprovera la folla perché lo cerca, ma solo per vedere facili miracoli. Paradossalmente rimprovera quella gente, sfamata perché non ha più fame. Ossia non ha fame di qualcos’altro. La mancanza di appetito è sempre un segno preoccupante per la salute fisica o morale di una persona. Gesù è come se ci dicesse: “Comincia a preoccuparti quando ti senti saziato dalle cose, dal denaro, dal successo e invece non senti più il desiderio del bello, del giusto, di Dio.” E’ solo assecondando questi stimoli che partirai alla ricerca, che scoprirai che da solo non puoi saziare quelle fami e che allora avrai l’umiltà di chiedere: “Signore, dacci sempre questo pane!”

     
     
 

Archivio