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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GIUGNO 1994

 

MERCOLEDI’ 1 GIUGNO 1994

“Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te”. (2 Tm. 1,6)

Spesso ci lamentiamo che nel nostro mondo la fede cristiana non ha più mordente, spesso anche nella nostra vita ci accorgiamo di diventare tiepidi nella fede e nelle opere. Un fuoco non alimentato poco per volta si spegne, ma se tu soffi sulle braci che sono al di sotto delle ceneri, se gli metti sopra qualche stecco ben secco, esso si riprenderà e brucerà anche il legno più grosso. La fede è un dono che abbiamo; lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo, confermato nella Cresima e negli altri sacramenti è presente in noi. Forse è nascosto sotto la cenere dell’abitudine, della pigrizia, della paura. Bisogna ravvivano ed alimentarlo ogni giorno. Suggerimenti per l’uso: La preghiera e la carità e poi mettici un po’ di meraviglia, di entusiasmo, di fiducia in Dio e il fuoco divamperà in te e attorno a te.

 

 

GIOVEDI’ 2 GIUGNO 1994

“Scongiurali davanti a Dio di evitare le vane discussioni, che non giovano a nulla se non alla perdizione di chi le ascolta”. (2Tm. 2,11)

Se penso alla storia della Chiesa Torinese del secolo scorso vedo personaggi come  don Bosco, il Cottolengo, il Munialdo e tanti altri che davanti alle necessità dei giovani, dei malati, degli operai non si sono messi a fare “tavole rotonde” e che davanti alle urgenze dell’evangelizzazione non si sono persi in seminari di strategie pastorali” ma si sono dati da fare concretamente. Anche oggi un Ernesto Olivero, un don Ciotti, riflettono, ragionano, discutono ma soprattutto agiscono. Ho molti dubbi, quando un gruppo ecclesiale comincia a trovarsi solo più per “riflettere”, per discutere, per parlar di Dio (che il più delle volte significa parlarsi addosso). E’ verissimo che essere cristiani non significa solo fare, che non sono le nostre opere a salvarci o a salvare, ma se qualcuno ha fame riesci a riempirgli lo stomaco con belle parole?

 

 

VENERDI’ 3 GIUGNO 1994

“Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere, formare alla giustizia”. (2Tm. 3,16)

E’ ancora Paolo a ricordarci che una delle fonti della nostra fede è la Sacra Scrittura. Questi libri, scritti da uomini in varie epoche, raccolgono la storia di un popolo con il quale Dio ha stretto amicizia. Hanno dunque origine umana ma ispirazione divina, è un insieme di libri che narrano le nostre povere vicende umane ma che ci presentano le meraviglie di Dio operate a nostro favore. Leggere e rileggere la Bibbia non è allora esercizio di cultura, approfondimento storico, ma leggere la nostra storia e la storia del Dio—con—noi che oggi opera, scrive nella nostra vita e con la nostra vita. Un suggerimento: ogni volta che leggi un brano della Bibbia chiediti:

1) Che cosa vuoi dire, raccontare?

2) Questo brano che cosa vuol dire alla mia vita, come posso riscriverlo oggi?

 

 

SABATO 4 GIUGNO 1994

“Gesù disse: In verità vi dico tutti hanno dato del loro superfluo, questa vedova nella sua povertà ha dato tutto quanto aveva” (Mc. 12,43)

Il Vangelo di oggi ci presenta due modi di donare: quello di dare del proprio superfluo e quello della donazione totale di se stessi che manifesta una incondizionata fiducia in Dio. Mai, o quasi mai, diamo quello di cui abbiamo bisogno per vivere, ci accontentiamo di dare il superfluo. E con questa elemosina avara tranquillizziamo la nostra coscienza ed evitiamo di dover dare noi stessi a chi ha bisogno di calore e di accoglienza, di compagnia, di gioia e di consigli, di sorrisi e simpatia. Questa vedova dei due spiccioli ci spiazza tutti. Lei non ha dato il superfluo ma quel minimo che gli era necessario per sopravvivere. Un giorno ebbi una grande lezione da due barboni. Erano venuti per chiedere qualche mille lire, e, dopo averli ricevuti, uno tirò fuori la solita ricetta medica dicendomi che doveva arrivare a 8.000 lire per poter avere il medicinale. lo tentennavo perché so che spesso è un trucco per spillar quattrini. L’altro barbone prese i soldini che gli avevo dato e li consegnò all’amico: “Lui ne ha più bisogno di me!”.

 

 

DOMENICA 5 GIUGNO 1994

“Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio Corpo”. (Mc. 14,22)

Nelle nostre chiese noi abbiamo il dono più prezioso, il Corpo di Gesù offerto in sacrificio, la sua continua presenza. Ogni volta che, passando in chiesa, vedo qualcuno in adorazione davanti al Sacramento, mi commuovo al pensare al filo di amore che corre tra l’orante e il Signore. Racconta Giovanni Lordone che in una parrocchia poverissima, alla inizio del secolo, il parroco avvisò i suoi fedeli che non aveva neppure di che mantenere accesa la lampada del Santissimo Sacramento. “La tenga accesa soltanto di notte”, andò a dirgli una vecchietta in sacrestia. “E di giorno?”, domandò il sacerdote. “Di giorno ci starò io: sono vecchia, è vero, e storpia, non posso più lavorare, ma posso venir in chiesa e star qui tutto il giorno, se lei vuole. Farò io la lampada al buon Dio che sta da solo”.

 

 

LUNEDI’ 6 GIUGNO 1994

“Beati gli afflitti, perché saranno consolati”. (Mt. 5,4)

E’ una delle beatitudini più difficile da capire e da vivere perché la prova, l’afflizione, la sofferenza non piacciono a nessuno. Nell’estate 1831, un violento nubifragio sradicò un albero gigantesco negli Urali. La mattina seguente furono trovate sotto le sue radici delle magnifiche pietre verdi. Era venuto alla luce un nuovo giacimento di smeraldi. Dopo un vasto smottamento di terreno sul versante indiano dell’Himalaia, al tramonto si videro brillare sulla terra smossa delle pietruzze azzurre. Erano gli zaffiri del Cachemire. Forse anche nella nostra vita c’è una tempesta o c’è stato un “terremoto” nella vostra esistenza. E voi vi chiedete: “O Dio, perché hai permesso questo?”. Si tratta forse della malattia, di un lutto, di preoccupazioni, di delusioni o di grandi dispiaceri. Eppure questa può essere l’occasione per scoprire nuovi tesori. Ci sono cose che non si vedono se non dagli occhi che hanno pianto.

 

 

MARTEDI’ 7 GIUGNO 1994

“Voi siete il sale della terra” (Mt. 5,13)

Il sale serve a conservare; prima dell’invenzione dei frigoriferi era l‘unico mezzo per preservare gli alimenti dal deterioramento. Il sale è un protagonista dell’arte culinaria perché si scioglie completamente nei cibi e si perde in un gradevole sapore: la sua presenza discreta si distingue appena, ma la sua assenza non si può nascondere: deve passare inosservato, ma agire efficacemente. Nella cultura biblica poi, il sale significava anche sapienza della vita, che consiste nel conoscere e compiere la volontà di Dio espressa dalla sua legge. Ecco allora tracciata simbolicamente la vita del cristiano: deve conservare la Parola, i sacramenti, deve possedere la sapienza di Cristo e deve essere il sale della terra, sale umile, disciolto, gustoso, che agisce all’interno, che non si nota, ma che è indispensabile.

 

 

MERCOLEDI’ 8 GIUGNO 1994

“Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza”. (Salmo 15)

Un anziano missionario alle isole del Capo Verde, racconta come apprese ad abbandonarsi interamente nel Signore. “Ancora giovane, decisi un certo giorno di consacrare la mia vita a Dio. Presi un foglio di carta e scrissi tutto ciò che avevo intenzione di fare per Lui. Dopo che l’ebbi firmato, mi aspettavo che il Signore mi avrebbe parlato in un modo straordinario. Ma tutto rimase come prima, ed io mi resi conto che ciò che mi proponevo non era quello che Gesù voleva. Egli mi chiedeva una pagina bianca che Lui avrebbe compilato. Ero lungi dal pensare a ciò che stava per scrivere su quella pagina... Fu: la malattia, la febbre senza medicine, senza medici, con l’ospedale più vicino a tremila chilometri.., la fame... Ma quei giorni furono felici perché Dio era presente. Se potessi ricominciare la mia vita, seguirei lo stesso cammino che ho percorso, da trentasei anni”. Lasciamo che sia il Signore a compilare la pagina della nostra vita. Confidiamoci in Lui. Ci farà conoscere la sua volontà sempre abbastanza in anticipo perché possiamo sottometterci ad essa e gustare così le sue benedizioni.

 

 

GIOVEDI’ 9 GIUGNO 1994

“Se presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna  ad offrire il tuo dono”. (Mt. 5,23—24)

Credo che ciascuno di noi, prima di accostarsi all’Eucarestia si faccia l’esame di coscienza. Solamente che l’abitudine e un certo tipo di insegnamento che abbiamo ricevuto ci porta a vedere se “sono degno di ricevere Gesù” quasi che la Comunione sia un premio che noi meritiamo o meno a seconda delle nostre opere; qui Gesù ci dice qualcosa di più: l’Eucarestia è impossibile se non ce comunione d’amore per i fratelli. Il culto e la religione devono rispecchiare la vita e viceversa. Mangiare il Corpo del Signore richiede amore nel cuore e pace con i fratelli, perché Cristo è il segno dell’amore di Dio Padre per l’uomo. La riconciliazione dei fratelli che professano uno stesso credo è la testimonianza che sarà meglio capita dal mondo di oggi.

 

 

VENERDI’ 10 GIUGNO 1994

“Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua”. (Gv. 19,34)

Una poesia preghiera di G. Aubergeon: “Mi hai conquistato con la tua dolcezza, con il tuo splendore e con la tua bellezza, mi hai conquistato con la tua grandezza e con l’amicizia del tuo sorriso, Signore! Mi hai conquistato con la tua sofferenza, con la tua angoscia e con la speranza, mi hai conquistato con la tua tristezza e con la tua potenza, col fascino di quel calice luminoso da cui anche oggi sgorga il tuo sangue! Mi hai raccolto come un passero nel cavo della tua mano, mi hai preso come un cerbiatto alla svolta del sentiero. Mi hai afferrato, o Dio, sulla soglia della mia vita: per quale domani? Mi hai preso: è stato il tuo cuore trafitto dalla lancia, è stato il tuo sudore e il tuo sangue versato su di me. Mi hai preso...

 

 

SABATO 11 GIUGNO 1994

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. (Mt. 10,8)

Oggi ricordiamo due feste, quella di S. Barnaba apostolo, compagno di testimonianza di Paolo e il ricordo del Cuore Immacolato di Maria. Mi sembra che la frase di Vangelo che meditiamo accomuni proprio Maria, S. Barnaba e noi. Barnaba ha ricevuto una chiamata e un dono, Maria gratuitamente è stata scelta da Dio per essere la madre del Signore, e noi, “mentre eravamo peccatori” siamo stati salvati dalla Croce di Cristo. Barnaba risponde al dono di Cristo spendendo la sua vita per la gioiosa testimonianza e per il servizio. Maria riceve Gesù e lo dona, apre il suo cuore immacolato ad accogliere il Dio—con—noi e poi lo dona al mondo intero e, fedele all’impegno assunto sotto la croce di suo Figlio di essere madre dell’umanità, ha un posto nel suo cuore per ciascuno di noi. E noi? Anche noi gratuitamente abbiamo ricevuto tutto quanto abbiamo: siamo capaci di amore gratuito, di perdono gratuito, di testimonianza gioiosa?

 

 

DOMENICA 12 GIUGNO 1994

“Coglierò un ramoscello e lo pianterà sopra un monte alto. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico”. (Ez. 17,22—23)

Il modo di fare di Dio è sempre sconvolgente, perché parte dalle piccole cose, sceglie gli ultimi, valorizza i rifiuti del mondo. Dio va controcorrente. Oggi conta essere belli, giovani, forti, arrivati, ricchi, gente che sa imporsi e farsi valere.., chi non è così (ed è la stragrande maggioranza!) non vale niente, è “tagliato fuori”, si fa dei sensi di colpa, si disistima... Dio sceglie di partire dal piccolo, dal poco, da quanto pare irrilevante agli occhi del mondo. Ma Dio pensa in grande: “Diventerà un cedro magnifico”. Dio, quando chiama qualcuno è sempre per aprire una strada nuova, mai per rattrappirlo o togliergli spazio vitale. Dio che già si è servito della piccolezza di Davide, delle balbuzie di Mosè, dell’umiltà di Maria può e desidera servirsi anche della tua piccolezza e dei tuoi limiti: ma sei disposto a darglieli?

 

 

LUNEDI’ 13 GIUGNO 1994

“Avete inteso che fu detto: occhio per occhio, dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio (Mt. 5,38)

Bisogna riconoscere che lo spirito di vendetta, una legge del taglione a nostra misura, è ben radicato nel cuore dell’uomo, in tutti noi: “Chi me la fa, me la deve pagare”. Ebbene Gesù esclude qualsiasi rivalsa: non solo la vendetta effettiva, ma anche il desiderio di vendetta. Sembra impossibile. Vedendoci tanto lontani da questo ideale ci sentiamo tentati di voltar pagina e accusare Gesù di essere un sognatore. Eppure la strada proposta è la vera liberazione dell’uomo. Un non cristiano come Gandhi vi ha visto un programma e la non—violenza è stata tradotta in atteggiamenti concreti che hanno rivoluzionato verso la libertà la vita di milioni di uomini. Restituire bene per male, amare gli altri malgrado la loro malevolenza, amare a fondo perduto, è l’amore più grande e autentico, quello che Cristo praticò e ci insegnò, l’amore che rende credibile il Vangelo.

 

 

MARTEDI’ 14 GIUGNO 1994

“Vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. (Mt. 5,44)

E’ un programma realizzabile questo insegnamento di Gesù? Visto alla luce del mondo questa norma di Gesù può sembrare un programma per angeli o per sciocchi. Sta bene che Cristo ci comandi di escludere sentimenti di odio, di vendetta, di intolleranza ma non si può imporre per legge la simpatia, l’amore e l’affetto emotivo per il nemico. Tante volte abbiamo sentito dire e forse noi stessi abbiamo detto: “Io lo perdono, ma mi è impossibile dimenticare, e ancora più impossibile amarlo”. Ora è chiaro che Gesù non ci comanda quello che non possiamo fare. Però ci propone il suo esempio. Morì perdonando i suoi nemici, e molti cristiani hanno seguito i suoi passi. Quello che Gesù ci comanda è l’amore effettivo: fare del bene al nemico, pregare per lui, rispettano sempre come persona e come fratello, anche lui figlio di Dio. Così saremo anche noi a nostra volta figli di Dio, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni.

 

 

MERCOLEDI' 15 GIUGNO 1994

"Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini". (Mt. 6,5)

"Perché non ti vedo mai a Messa?" "Perché   non   voglio   essere   come coloro che ci vanno: tutti pii in chiesa e tutti lupi feroci appena usciti". E' una risposta che non giustifica, perché ognuno è  responsabile di se stesso, ma mette il dito nella piaga. Quanta stupida apparenza in certi atteggiamenti! E pensare che raramente si riesce ad ingannare il prossimo, quasi mai noi stessi, mai Dio. Volete un metro per giudicare se la vostra preghiera è autentica? Se la nostra preghiera ci cambia nel nostro agire, ci rende più giusti nel comportamento con gli altri, se scopriamo di voler compiacere Dio senza cercare il plauso degli uomini, allora la preghiera è autentica.

 

 

GIOVEDI’ 16 GIUGNO 1994

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. (Mt. 6,11)

E’ vero che spesso la nostra preghiera è solo una preghiera di richiesta, dimenticando la lode e il ringraziamento, ma è anche vero che è lo stesso Gesù che ci invita a chiedere. Ma come? Con un atteggiamento di piena fiducia. Chiediamo il pane, cioè il necessario per la vita del corpo, per quella dello spirito, ma solo il necessario,al superfluo ci pensa la generosità di Dio) e chiediamo “per oggi”, perché è ora che abbiamo bisogno dei doni di Dio per amarlo, per rispondergli, per amare. Domani, se un domani avremo, glielo chiederemo di nuovo fidandoci della sua misericordia. Il Padre nostro, che ci viene proposto dal brano evangelico odierno non è soltanto una bella formula di preghiera ma è l’atteggiamento di preghiera che ogni cristiano dovrebbe avere.

 

 

VENERDI’ 17 GIUGNO 1994

“La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, anche il tuo corpo sarà nella luce”. (Mt. 6,22)

L’episodio che vi racconto può lasciarci anche perplessi ma alla luce della Parola che meditiamo oggi può farci riflettere. Una donna entrò in un negozio e si mise in coda, in attesa del suo turno. Di fronte a lei c’era una bimba mongoloide in compagnia della madre. Sorrise la donna alla piccola e tese la mano come per una carezza. La bambina, grata di quel sorriso, le afferrò allora la mano e se la portò alle labbra per baciarla. La donna sentì un bacio umido di saliva depositarsi sul dorso della sua mano. Per pudore non la ritrasse, ma dentro di lei ebbe un tremito di fastidio e disgusto che la bimba intimamente colse. Si corrucciò la  piccina e, fulminea, lanciò lontano da sé la mano di colei che si era finta amica. Quell’esserino semplice e innocente aveva letto fino in fondo al suo cuore. L’attesa, quel giorno, fu per la donna una dura lezione.

 

 

SABATO 18 GIUGNO 1994

“Non affannatevi dunque per il domani perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”. (Mt. 6,34)

Ogni giorno della nostra vita è un nuovo dono dai nostro Dio che dobbiamo mettere a profitto. Oggi per l’incredulo, è l’occasione per mettere la propria vita in ordine ed accettare la salvezza gratuita che Dio gli offre mediante Gesù Cristo. Oggi, credenti, Dio vuole parlarci mediante la Bibbia perché lo amiamo di più. Oggi, è un giorno favorevole per pregare, ringraziare il nostro Dio ed esporgli i nostri problemi e quelli degli altri. Oggi, possiamo avere fiducia che Egli ci porterà, ci condurrà, ci soccorrerà. Oggi, Gesù deve poter essere visto in noi, se riproduciamo un po’ il suo amore, la sua bontà, la sua fiducia in Dio, ma anche la sua santità e il suo orrore del male. Oggi, è il momento favorevole per dire una parola di incoraggiamento e di consolazione agli altri, per fare una visita a un amico ammalato, per aiutare un vicino che ha bisogno di una mano. E’ oggi il giorno della salvezza durante il quale abbiamo la possibilità di parlare di Gesù, sul lavoro, a scuola,ovunque ci troviamo, e di confermare col nostro comportamento che Lui e veramente il nostro Signore. Approfittiamo della giornata di oggi per fare ciò che Dio ci chiede, con gioia e determinazione, perché il domani non ci appartiene.

 

 

DOMENICA 19 GIUGNO 1994

“Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento che gettava onde nella barca, tanto che ormai era piena”. (Mc. 4,37)

Un naufrago, scaraventato da una mareggiata su un’isola deserta, dopo un periodo di sopravvivenza precaria era riuscito a costruirsi una rozza capanna. Aveva supplicato Dio ogni giorno per la sua salvezza e ogni giorno scrutava l’orizzonte nella speranza di avvistare una nave di passaggio. Un mattino, mentre tornava da una spedizione di caccia, vide inorridito che la sua piccola capanna era andata in fiamme. Tutto ciò che era riuscito a salvare dal naufragio era perduto. L’accaduto gli sembrò il presagio della fine, Il pover’uomo non si dava pace per la tragedia immane. Gli pareva che tutte le preghiere fossero state vane e che Dio si fosse preso gioco di lui.

Proprio quel giorno giunse una nave.

Abbiamo visto il suo segnale di fumo, spiegò il capitano al naufrago. Nell’imperscrutabile disegno di Dio sovente le perdite più gravi sono foriere di grandi benedizioni..

 

 

LUNEDI’ 20 GIUGNO 1994

“Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio”’ (Mt. 7,3)

E’ indubbiamente facile vedere negli altri sia le cose che non ci piacciono, sia quelli che noi presumiamo essere i loro errori. Anche nei confronti delle persone che amiamo spesso ci capita di dire: “Gli voglio bene nonostante quel difetto, quel limite”. Anche quando parliamo di qualcuno a qualcun altro spesso diciamo: “Quella persona è brava, però.. .“ e quel “pero e occasione a volte di dure stroncature... In quanto a noi... facciamo bene, se sbagliamo (raramente al punto che confessandoci diciamo: “lo peccati grossi non ne ho!” abbiamo un mucchio di scusanti. Proviamo a pensare: e gli altri, scusanti non ne avranno mai? Diciamo che è difficile convivere. Gesù ci insegna un metodo: se prima di vedere gli errori provi a vedere i tuoi, se le scusanti che applichi a te le applichi prima agli altri, se sai di aver bisogno di perdono, probabilmente sarai più severo con te stesso e più tollerante verso gli altri, amerai la verità senza essere ipocrita, sarai capace di perdono e di vero aiuto agli altri.

 

 

MARTEDI’ 21 GIUGNO 1994

“Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano” (Mt. 7,14)

Avendo superata quella che statisticamente è la boa della vita, mi ritrovo spesso a fare un esame di coscienza sui senso della vita e su me stesso. Mi accorgo che un mucchio di cose su cui si è puntato in gioventù non erano poi la chiave della vita, ad esempio la giovinezza con i suoi entusiasmi meravigliosi è passata ed hai un bel cercare trucchi o fingere di essere sempre un giovanotto, rischi solo di essere un bambinone; la carriera per la quale magari hai sacrificato tante altre cose ti ha dato qualche soddisfazione, ma arrivato ad un certo punto devi lasciare il lavoro e, o tutto passa o diventa solo sterile ricordo per annoiare altre persone subissandole di “ai miei tempi”, “noi che ci siamo fatti dalla gavetta”. Il denaro, sì, ti ha dato una certa tranquillità ma quante preoccupazioni e poi, quante cose, grazie al cielo, non si comprano con il denaro; la cultura, si, magari sei un sapientone, ma più sai qualcosa, più ti accorgi di non sapere niente... E mentre faccio questi ragionamenti che tendono al nero, magari ti incontro un vecchietto sereno, una nonna sorridente, una suora di oltre 70 anni che lavora con gioia in ospedale e mi accorgo che la via stretta che forse fa tanta paura per il sacrificio che comporta è l’unica che dà senso alla vita.

 

 

MERCOLEDI’ 22 GIUGNO 1994

“Dai loro frutti dunque li riconosce rete”. (Mt. 7,20)

“Padre, è da un po’ di tempo che frequento un gruppo. Si trovano, dicono, per cercare la verità, per entrare in contatto con entità superiori, per fare degli esercizi che, dicono, liberano l’uomo e danno salute. Ci sono cose che mi sembrano buone ma non so, sono un po’ turbato... Parlano anche di Gesù come di un grande maestro, ma ci sono cose che vanno oltre al Vangelo... Come fare a capire se è cosa buona o no” Il criterio indicato da Gesù è sempre valido. La bontà del frutto la possiamo giudicare solo con Lui. Quando una nuova esperienza ti porta a Gesù, quando è riconosciuta da coloro a cui Gesù ha affidato la Chiesa, quando ti dà serenità e ti aiuta a migliorare, allora è buona; ma se ti confonde Gesù con salvezze parziali, se la Chiesa ti invita ad essere cauto, se vedi persone più interessate a soldi che a Dio, se vedi che non migliori interiormente o per lo meno sei turbato, non aver paura di scappare: quello è vero eroismo. Quando sono stato in Terra Santa mi hanno fatto vedere una bellissima mela melograno, il “pomo di Sodoma” bello a vedersi, che fa venir voglia di addentarlo ma, “attenzione diceva la guida, è velenoso”.

 

 

GIOVEDI’ 23 GIUGNO 1994

“Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt. 7,21)

Può sembrare strano che Gesù che più volte ha invitato alla preghiera qui dica che non è in base alle parole della preghiera che si entra nel suo Regno. Gesù però qui se la prende non con chi prega ma con coloro che vedono nella preghiera la formula magica per risolvere i problemi e la vita e demandano alle formule della preghiera il tutto evitando di agire, di sporcarsi le mani, di darsi da fare. Ricordo un mio parente che diceva: “lo un po’ prego e poi ho te che sei prete e che preghi per me, quindi sono a posto!”. Lui lo diceva scherzando, ma quante persone io pensano davvero! “Le do un’offerta, mi dica una Messa!”. E’ una bella cosa, ma non basta! E’ cosa buona dire anche tre rosari al giorno ma se questa preghiera non trasforma la tua vita, se diventa motivo di orgoglio, se è fatta per passare il tempo, se serve ad addormentarti nell’impegno, se è merce di scambio per il paradiso, non ho paura di dirti che non serve a nulla, né a te, né al tuo prossimo e neanche a Dio che non si rintrona con le parole che non diventano vita. Se invece “entri nel regno” con gioia, con testimonianza di vita, con fatica, con servizio dei fratelli, allora sarai già nella preghiera e anche le formule di preghiera ti saranno necessarie per trovare in esse maggior vigore e convinzione nell’agire.

 

 

VENERDI’ 24 GIUGNO 1994

“Sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade”. (Lc. 1,76)

Andare davanti al Signore, o seguirlo? Giovanni Battista ha il compito del precursore ma dirà: “Viene uno dopo di me di cui non sono degno di sciogliere neanche i calzari”. Gesù dice agli Apostoli: “Venite, seguitemi” ma poi prima dell’Ascensione: ‘Andate nel mio nome Il discepolo è dunque un chiamato: Giovanni a fare il “precursore” e a rimetterci la testa, gli apostoli ad essere testimoni. Ma chiamati a seguire: “Nessuno è più grande del suo maestro”, “chi è più grande tra voi, sia il vostro servo”; chiamati a mettere i nostri piedi nelle orme di Gesù: “Venite e vedrete”. Solo dopo questa esperienza il discepolo riceve il compito di annunciare, di testimoniare qualcosa che ha realmente visto e vissuto. Questo è anche e sempre il compito, la vocazione di ciascuno dì noi, lasciarci portare da Cristo, sperimentare il suo amore e poi avere la gioia della testimonianza per portare Cristo ad altri di modo che altri vadano da Lui.

 

 

SABATO 25 GIUGNO 1994

“In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande”. (Mt. 8,10)

“Sono più bravi quelli che non vanno in chiesa di quelli che ci vanno!”. Tutte le generalizzazioni sono sbagliate e qui Gesù lodando la fede del centurione non voleva dire che in Israele non ci fossero persone di fede vera. Penso invece che Gesù volesse evitarci di andare avanti, nel campo della fede, con giudizi preconcetti e volesse aiutarci a cogliere il bene presente al di là delle etichette. La fede non è esclusiva di nessuno, di nessuna religione. Le etichette, le esteriorità, in campo di fede (come in tanti altri campi) non garantiscono il prodotto. Dio che vede il cuore non si ferma alle appartenenze religiose, ai riti, alle parole. Davanti a Dio siamo sempre e totalmente nudi e Lui come non si lascia ingannare dalle nostre ipocrisie, così pure sa cogliere le essenze e anche le minime sfumature di bene. E questo ci fa fare allora due piccole ma importanti riflessioni: non cerchiamo di ingannare Dio e noi stessi e invece di giudicare dalle apparenze cerchiamo, come Dio, di vedere la scintilla di bene e di amore che è presente in ogni uomo: come non esiste il santo senza il peccatore così non esiste il peccatore senza il santo almeno potenziale.

 

 

DOMENICA 26 GIUGNO 1994

“Gesù disse loro: Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. (Mc. 6,38)

Quando, e purtroppo mi capita spesso, mi trovo a condividere un lutto con una famiglia sono spesso imbarazzato nel “fare le condoglianze” perché condoglianza significa “dolersi con” e certamente uno condivide per quello che può il dolore di chi è rimasto solo, ma il momento della morte per il cristiano è anche il passaggio alla vita eterna e spesso, cercando di esprimere questo, ho colto che, al di là della buona educazione che portava ad accogliere queste parole, c’era chiaro l’atteggiamento di chi diceva: “Hai un bel contarmela! Tu fai il tuo mestiere di prete e mi parli di vita eterna, ma questo è morto ed io sono rimasto senza di lui o di lei!”. E allora non prendiamocela poi tanto con coloro che deridevano Gesù quando diceva “La bambina non è morta, dorme”. Loro almeno non avevano  mai visto un morto risorgere, noi sulla  base della testimonianza di fede affermiamo che Cristo è risorto, e se Lui è  vivo anche i nostri morti e noi dopo la morte saremo vivi. Ma ci crediamo davvero, o abbiamo bisogno di pregare: “Signore, aumenta la nostra fede!”?

 

 

LUNEDI’ 27 GIUGNO 1994

“Il Figlio dell’uomo non ha un sasso dove posare il capo”. (Mt. 8,20)

Molte persone, confondendo religiosità con fede, pensano all’essere cristiani come ad una assicurazione sulla vita terrena ed eterna: osservare alcune norme significa avere un certo ordine di vita, significa dare delle risposte a problemi più grandi di noi e poi significa garantirsi il paradiso... Niente di più lontano dalla mentalità di Gesù. Seguirlo è sempre mettersi in viaggio e non arrivare subito a destinazione e siccome Gesù non ha casa, significa seguirlo per strade che non sono nostre. Se gli vai dietro proverai gioia, avventura, entusiasmo ma ti troverai sempre davanti al mistero, dovrai continuamente mettere in crisi le tue sicurezze, ti troverai a remare contro corrente nei confronti del mondo, saprai che il ‘paradiso’ non è una tua conquista a base di buone azioni ma un dono che ti sarà dato dalla misericordia di Dio.

 

 

MARTEDI’ 28 GIUGNO 1994

“Lo svegliarono dicendo: Salvaci, Signore, siamo perduti”. (Mt. 8,25)

Il racconto della tempesta sedata mi sembra una bella chiave di lettura della storia della Chiesa, non solo perché i padri hanno visto la somiglianza della barca di Pietro con il compito della Chiesa, ma perché tutti gli elementi sembrano concorrere ad una visione di cosa è e di cosa dovrebbe essere la Chiesa. Gesù è Colui che dopo averci donato la salvezza e dopo averci fatto salire sulla barca della Chiesa attraverso il Battesimo, è sempre con noi. Però non sempre noi ce ne accorgiamo e Lui “dorme”. E noi pensiamo di dovercela cavare da soli, di essere noi a portare Lui. Ma la tempesta, le prove, le difficoltà che vengono dal di fuori e quelle che vengono dal di dentro (esiguità dei mezzi, incapacità di cavarcela ci fanno bruscamente rendere conto che da soli siamo perduti).

Accorgerci che la Chiesa non siamo noi da soli, ma è Lui con noi, significa concretamente riacquistare fede, chiedendo perdono, invocando aiuto, lasciando a Lui il timone dell’imbarcazione. Ognuno di noi e tutta la Chiesa deve continuamente fare questa esperienza: noi possiamo e dobbiamo mettercela tutta ma la barca arriverà alla meta solo se abbiamo l’umiltà di “andare a svegliano” perché sia Lui a calmare la tempesta e ad avviarci al suo porto.

 

 

MERCOLEDI’ 29 GIUGNO 1994

“Beato te, Simone figlio di Giona perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. (Mt. 16,17)

La festa di Pietro e Paolo è anche la festa della Chiesa voluta da Gesù. Penso sia bello allora riflettere oggi con queste parole di Carlo Carretto:

“Lo Spirito Santo che è lo stesso Spirito di Gesù e del Padre, è la festa di Dio, è la gioia di Dio, è il dito di Dio sulle nostre piaghe, è la luce di Dio nei nostri cuori, è la misericordia di Dio sui nostri peccati. Lo Spirito Santo è ciò che è capitato a Zaccheo al passaggio di Gesù: “Ecco, la metà dei miei beni la do ai poveri”, è ciò che passa nel cuore della Maddalena toccata da Gesù; è ciò che illumina l’intelligenza di Pietro e gli fa dire: “Tu sei il Cristo”.

Che volete ancora guardare le malefatte di Zaccheo e i peccati di Maddalena, le debolezze di Pietro!

Tutti sono Chiesa, come io sono Chiesa, come coloro che debbono convertirsi sono Chiesa e, in potenza, è già Chiesa il ladrone che sta rubando in qualche paese della Palestina, ma che Gesù attende accanto a sé sul Calvario. Si, appartengono alla Chiesa anche i ladri, i prepotenti, gli sfruttatori, i capitalisti, cioè coloro che sono come dei malati da guarire, degli indemoniati da liberare, dei ciechi da salvare, dei morti da risuscitare.”

 

 

GIOVEDI’ 30 GIUGNO 1994

“Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. (Mt. 9,2)

Spesso, quando dico queste parole al termine di una confessione, penso alla meraviglia di un Dio che ama, che cancella, che dimentica e alla grazia e responsabilità che hanno i sacerdoti nell’amministrare questo dono reale di Cristo. Dio ci perdona davvero, siamo risanati dalla passione, morte e risurrezione di Cristo: è un miracolo! Noi a volte corriamo dietro a Madonne che piangono o peggio andiamo a cercare pseudo miracoli e guarigioni da maghi, indovini o anche da sette e gruppuscoli che definendosi cristiani corrono dietro a miracolismi e ci dimentichiamo del miracolo del perdono che è sempre a nostra disposizione. E noi preti ci impegniamo tanto per far correre dei bambini dietro ad un pallone, o spendiamo tanto tempo in riunioni che sono fiumi di chiacchiere senza costrutto e facciamo fatica a trovare tempo per confessare qualcuno che ce lo chiede. Certo è un sacramento difficile sia per chi lo riceve che per chi lo amministra, c’è chi non lo usa mai e chi lo banalizza usandolo troppo... ma non è forse il caso di ripensare a questo miracolo che mi riconcilia con Dio?

     
     
 

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