Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

APRILE 1994

 

VENERDI’ 1 APRILE 1994

“Oggi sarai con me in paradiso”. (Lc. 23,43)

Ci aiuta oggi una riflessione di Carlo Carretto:

“Sì! Il  vero segreto nascosto nei secoli è il Dio crocifisso. E’ un Dio che per amore si annienta nel Cristo e, per salvare la sua creatura, paga col sangue. L’amore, il vero amore non sa che aiutare, ricreare, attendere e giunge, sulla croce, a dire al ladrone che si rivolge a Lui: “Oggi sarai con me in Paradiso” (Lc. 23,43). Quanta speranza e quanta dolcezza c e in questa terribile scena del Calvario e la Chiesa stessa, quella di Gesù, nasce proprio lì, in un incontro tra Dio e l’uomo in cui l’ amore compie il miracolo della conciliazione eterna. Oggi sarai con me in Paradiso. E’ l’oggi di Dio. E’ l’oggi della Chiesa. E’ la novità assoluta. E’ il prezzo del sangue. L’uomo è conquistato col sangue di un Dio. Sembra inverosimile sentir dire una parola di assoluzione così radicale, così sconvolgente. E proprio a noi, che eravamo convinti che quel ladrone sorpreso dalla morte sarebbe finito nelle pene eterne della giustizia. Ma che cosa vuole questo Dio scandaloso che ai tribunale della vita assolve i delinquenti e li giudica tipi degni di amore? Sì, è un Dio scandaloso. E’ un Dio che non dubiterà di scardinare il sacro per difendere la centralità dell‘uomo.”

 

 

SABATO 2 APRILE 1994

“Dov’è o morte la tua vittoria?”. (1Cor. 15,55)

Oggi la Chiesa tace. Fino alla liturgia pasquale di questa notte c’è silenzio. Quella grossa pietra calata sul sepolcro di Gesù ha stabilito una divisione: di là la morte, di qua la vita. Come è possibile ancora incontrare Dio in un sepolcro? E’ scesa la sera, la nostra notte. Ne], mondo comincia a far freddo. Soltanto la fede può affrettare il giorno. Hanno condotto Dio al cimitero. L’hanno messo in un sepolcro come si nasconde un tesoro in cassaforte. Non sanno che quel corpo, cacciato nel ventre della terra, è una semente che già sta facendo esplodere, silenziosamente la crosta per liberare la vita e quella pietra pesante, rotolata all’ingresso del sepolcro, tra poco lascerà apparire un ‘enorme ferita di luce.

 

 

DOMENICA 3 APRILE 1994

“Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui”. (Mc. 16,1—8)

Non è possibile celebrare la Pasqua se non siamo disposti a lasciarci mettere in discussione, a rivedere la nostra scala di valori. Una festa che non incida sulle scelte, che non ci metta dentro la voglia di “una nuova creazione”, che non semini nel nostro cuore il tormento e la nostalgia di un futuro diverso, è una parodia della festa cristiana.

Celebrare la Pasqua non significa perlustrare devotamente il sepolcro vuoto, ma leggere i segni e soprattutto metterci sulle tracce del Signore Risorto, soprattutto significa permettere che Lui sconfigga la nostra paura più inguaribile: la paura di uscir fuori dal sepolcro per riabituarci alla sua luce, all’amore, alla libertà, alla pace.

 

 

LUNEDI’ 4 APRILE 1994

“I sommi sacerdoti dissero alle guardie: ‘Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato’". (Mt. 28,13)

Davanti alla risurrezione tutto dovrebbe essere chiaro su Gesù. E invece anche in questo momento ci sono le donne che adorano e diventano testimoni e ci sono i sommi sacerdoti che fanno di tutto per evitare che la notizia sia divulgata, All’occhio che non è limpido, al cuore che non è puro, il mistero resiste e il primo frutto della lontananza dalla verità è la menzogna. Anche oggi Gesù è segno di contraddizione. Possiamo essere come i sommi sacerdoti e cercare in tutti i modi di negare con la nostra intelligenza l’evidenza di Gesù o essere come le donne che cercano Gesù perché lo hanno amato e lo amano. Ad esse il Cristo si rivela. Se noi cerchiamo il Cristo, Lui ci viene incontro e lo incontreremo in mille modi presente nella nostra vita, non avremo più bisogno di prove per testimonianza della sua risurrezione perché lo scopriamo vivo in mezzo a noi.

 

 

MARTEDI’ 5 APRILE 1994

“Donna, perché piangi?”. (Gv. 20,15)

Nel Vangelo troviamo delle domande di Gesù che ci sembrano senza senso, ad esempio Gesù chiede ai malati “Vuoi essere guarito?”: figuriamoci se un malato non lo vuole! Qui, Gesù, chiede a Maria “Perchè piangi?”. E’ evidente che una donna innamorata come Maria piange il suo Gesù morto e oltraggiato anche nella tomba! Ma queste domande apparentemente inutili fanno parte della pedagogia di Gesù. Egli vuoi far riflettere, vuole che ci rendiamo conto fino in fondo del bisogno che abbiamo di Lui e tutto questo per portarci alla fede vera e potersi poi pienamente manifestare. Proviamo ad esempio a rispondere ad alcune “domande inutili” che ogni Gesù può farci: “Perchè preghi?”, “Perchè fai la carità?”, “Quando chiedi perdono, vuoi veramente essere perdonato?”, “Credi davvero?”...

 

 

MERCOLEDI’ 6 APRILE 1994

“Non possiedo né oro, né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!". (At. 3,6)

Quante volte mi è capitato (e penso anche a voi) di fare l’esperienza, davanti ad un malato, ad una necessità di un fratello, di non aver nulla per dare una mano, di trovarsi impotente davanti ad una richiesta. La chiesa primitiva fa questa esperienza ma contemporaneamente fa l’esperienza che proprio grazie alla povertà, all’impotenza umana, Cristo può continuare ad operare, a fare i suoi miracoli. Dovremmo ricordarcelo spesso: non è con il denaro, con il potere, con la sontuosità dei riti o con la ricchezza di mezzi che si annuncia il Vangelo, è con la fede in Colui al quale l’impossibile è possibile. I cristiani (anche i santi canonizzati) non fanno miracoli! I miracoli continua a farli Gesù Cristo quando ci trova impotenti ma disponibili alla fede, affinché Lui possa operare.

 

 

GIOVEDI’ 7 APRILE 1994

“Stupiti e spaventati, credevano di vedere un fantasma”. (Lc. 24,37)

Gli Apostoli avevano già fatto l’esperienza del sepolcro vuoto, avevano avuto la testimonianza dei discepoli di Emmaus, ma quando Gesù appare loro credono di avere un’allucinazione collettiva e pensano di vedere un fantasma: non avevano ancora fatto tutta la strada della fede! Una “parabola” di Elena Bono esprime bene questo pensiero: “Stavo andando da solo per la via quando scorsi, dall’altra parte di un ponte, il mio amico. Ci guardammo da lontano e ci salutammo; poi, tutti e due, ci incamminammo su per il ponte,, per andare l’uno incontro all’altro. Eppure a metà strada non trovai nessuno e, deluso, me ne tornai sui miei passi. Ritornando, incontrai un vecchio pescatore che mi disse cosi: questo ponte è speciale. Per trovare il tuo amico, non devi percorrerlo solo a metà. Anche se lui ti viene incontro, tu devi percorrerlo tutto, fino in fondo.”

 

 

VENERDI’ 8 APRILE 1994

“Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. (At 4,12)

Molta gente oggi si sente autosufficiente: “Con il denaro e con il potere puoi tutto”. Quando poi accade una malattia, una disgrazia, ecco li alla ricerca di qualcuno che li salvi: “Va’ dal mago Tal dei Tali, è potente; rivolgiti a quel santone indiano, fa miracoli.. .“ Ma se un medico può aiutarci davanti ad una malattia, un amico generoso venirci in aiuto in un momento di ristrettezza, sappiamo che sono solo salvezze momentanee, noi abbiamo bisogno di qualcosa di più che dia senso a tutto l’uomo, al nostro essere, al nostro vivere, perfino alla nostra morte. Solo Dio stesso rivelatosi in Gesù, l’uomo Dio, può essere questa risposta. E’ Gesù che rivela Dio, la sua umanità il senso della vita, la sua morte e risurrezione il significato del dolore e dell’amore, il mistero della morte e della eternità. E’ assurdo seguire i sentieri delle salvezze parziali, quando abbiamo a portata di mano la strada della luce.

 

 

SABATO 9 APRILE 1994

“I sacerdoti, chiamati  gli apostoli ordinarono loro di non parlare lare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù”. (At 4,18)

Stupisce vedere gli Apostoli, che prima paurosi, insicuri nella fede, ora affrontano il Sinedrio, le percosse, la prigione pur di poter testimoniare il nome di Gesù. Dove trovare il coraggio della fede? Questa favoletta non dice tutto, ma può darci qualche indicazione:  

Coraggio, inseguito dalla Paura, cercò un rifugio per la notte.

Bussò alla porta della Viltà, ma lei non gli apri, dicendo che non lo conosceva.

Bussò allora alla porta della Menzogna, ma lei non gli aprì, dicendo che non era in casa.

Bussò infine alla porta della Pigrizia, ma lei non gli aprì, dicendo che era già a letto.

Allora Coraggio si fece coraggio. Bussò alla porta della Volontà e lei gli aprì, dicendo di entrare.

E quando al mattino uscirono fuori, la Paura, vedendoli insieme, si dileguò.

 

 

DOMENICA 10 APRILE 1994

“Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”. (Gv. 20,23)

Gesù sa benissimo a chi consegna l’incarico di portare la buona novella del suo Regno: sa che gli Apostoli, la Chiesa, noi, siamo peccatori. Ecco perché dice: “Rimettete i peccati”. Sapeva che avremmo peccato, che avremmo dubitato, che avremmo tradito, che ci saremmo anche vergognati di Lui... Sapeva tutto, perché Dio conosce che cosa c’è nel cuore dell’uomo. Allora in questo ordine: “Perdonate”, è delineato il volto della Chiesa in cammino: la Chiesa non sarà mai quaggiù una comunità di perfetti, non sarà una famiglia di soli santi, ma sarà un luogo di perdono, la casa del perdono. Ecco allora il segno che rivela Cristo risorto presente tra noi: è l’amore fino all’eroismo del perdono.

 

 

LUNEDI’ 11 APRILE 1994

“Nicodemo andò da Gesù di notte”. (Gv. 3,2)

Il fatto che Nicodemo vada da Gesù “di notte” può avere significati diversi. Il primo, il più immediato, può essere: Nicodemo, stimato fariseo e notabile, non vuoi farsi vedere dai suoi correligionari ma vuole ugualmente incontrare Gesù. Ma nel Vangelo di Giovanni sappiamo anche che la notte, il buio indicano le tenebre del peccato, della non accettazione della luce di Gesù. Nicodemo è dunque un uomo che pensa di aver la luce della sua religiosità ma vive nelle tenebre. E’ un uomo che non ha ancora incontrato la luce vera, di lui si può dire, come dirà Gesù di un maestro della legge: “Non sei lontano dal Regno di Dio”. Anche noi spesso abbiamo dei dubbi, I dubbi non sono peccato in sé, devono però essere lo stimolo, la spinta verso la luce. Quando ci sono dubbi nella nostra vita, non spaventiamoci, non diciamo: “Ho perso la fede” ma andiamo da Gesù, magari anche di notte: Lui ci farà “rinascere dall’alto” tramite lo Spirito che “è come il vento che soffia dove vuole”.

 

 

MARTEDI’ 12 APRILE 1994

“Nessuno infatti tra loro (comunità primitiva) era bisognoso”. (At. 4,34)

S. Luca, negli Atti, ci presenta una delle caratteristiche fondamentali della Chiesa: la comunione dei beni fondata sulla carità, e ci riferisce come la fede dei primi cristiani li portasse addirittura a rinunciare alla proprietà privata perché non ci fossero differenze tra credenti. Oggi non è più così ma,non importa con quale metodo, la comunione e la solidarietà devono manifestarsi tra credenti: è una caratteristica senza la quale non si può dirsi seguaci di Cristo. Sovente sì vedono cristiani egoisti, cristiani chiusi in se stessi, ma vediamo anche in positivo: quanti cristiani, anche oggi, per amore di Cristo, spendono del loro tempo a favore dei poveri, dei malati, dei soli, quanti condividono i loro beni per i poveri, per le missioni, per la fame nel mondo, quante case si aprono per accogliere orfani o senza tetto. Il segno della condivisione è ancora oggi la maggior testimonianza di Cristo. Chissà se chi ci vede può ancora dire come per la comunità primitiva:  “Guarda come si vogliono bene!”.

 

 

MERCOLEDI’ 13 APRILE 1994

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna". (Gv. 3,16)

Un racconto strano, quello di Teofane il Monaco, ma può suggerirci alcune riflessioni se lo paragoniamo alla frase di Vangelo di oggi. Lassù, ognuno, può ottenere ciò che desidera. Quando vi giunsi ero un uomo duramente provato, ferito dai suoi stessi fratelli. Feci come mi avevano detto: mi appoggiai al pozzo e vi urlai dentro il mio desiderio: Solitudine! La mia richiesta fu esaudita. Che sollievo! Non potete farvi un’idea di quanto avessi bisogno di quiete. Dopo alcuni anni però incominciai a desiderare un po’ di compagnia. Pensavo agli esempi e agli insegnamenti di Gesù. Era giusto stare soli così a lungo? Tornai dunque al pozzo. Compagnia! — urlai. Ed ebbi compagnia. Fu bellissima, per un po’. Insomma, avevo degli alti e bassi. A un certo punto ero così angosciato che andai al pozzo e gridai: — Morte! Morii. Pace, finalmente. Avevo finito di soffrire. Come stavo bene. Ma non passò molto tempo che mi venne da pensare: — Dopotutto, la vita non è poi così male. Almeno, si vive. Dipende da te, da ciò che ne fai, non è poi tanto brutta. Qui, non posso fare niente... Cominciai a desiderare di poter tornare al pozzo per chiedere di riavere la vita. Ma non potevo alzarmi, e se anche avessi potuto,non avevo fiato per urlare. Ero morto. Forse qualcuno avrebbe potuto andare a chiederla per me, ma sembrava che a nessuno venisse in mente. Mi vedevano lì, morto, e nessuno pensava di riportarmi in vita. Come potevano essere così indifferenti, così egoisti? Poi ci fu qualcuno che ci pensò. Venne al pozzo e gridò dentro: Vita per mio fratello! Ritornai in vita. Oh, essere ancora vivo, respirare, vedere, camminare, sentire, parlare con gli altri! Ma dov’era l’uomo che mi aveva riportato in vita? A tutti quelli che incontravo chiedevo: — Avete visto l’uomo che è venuto al pozzo e mi ha riportato in vita? Pensavano fossi pazzo. Nessuno è mai tornato dall’aldilà... Al pozzo per te? Ma ci si va per se stessi, non per un altro! Cercai dappertutto. E chissà quante volte passai davanti a una tomba, prima che mi venisse in mente che forse c’era qualcun altro che desiderava tornare a vivere. Corsi al pozzo. Vita per i miei fratelli! Ed ecco che sull’acqua, giù in fondo, scorsi il volto di colui che mi aveva risuscitato da morte.

 

 

GIOVEDI’ 14 APRILE 1994

“Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”. (Gv. 3,35)

In certi momenti, davanti alla debolezza della nostra fede, ci spaventiamo: come si fa a credere pienamente? Come osservare tutte le parole di Gesù? Un giovane si recò da un rabbino per essere illuminato: Maestro, quanto è immensa la Legge di Dio! Più vasta del mare! Come posso praticarla tutta? Il rabbino gli raccontò questa parabola: “Un ricco signore aveva nel proprio giardino un’enorme buca. Era così profonda che l’occhio non poteva scorgere il fondo. Chiamò un giorno alcuni operai a salario affinché la riempissero di terra. Alcuni di essi, avvicinatisi alla fossa e scopertane la smisurata profondità, rifiutarono il lavoro giudicando l’impresa impossibile. Altri, più saggi, pensarono: “Che importa a noi quanto è profonda? Noi siamo pagati a giornata e siamo fortunati ad avere lavoro; facciamo il nostro dovere e la fossa, prima o poi, si riempirà”. Allo stesso modo non è saggio per l’uomo dire: “Quanto è immensa la Legge di Dio! Come farò a praticarla tutta?” Dio risponde: “Fa’ ciò che puoi ogni giorno, e non pensare ad altro”.

 

 

VENERDI’ 15 APRILE 1994

“C ‘è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, ma che cos’è questo per tanta gente?”. (Gv. 6,9)

Quando penso alle migliaia di bambini che anche oggi moriranno, per fame, per malattie, per violenza, mi chiedo: “Che cosa posso fare?” Posso rinunciare a qualcosa di mio e darlo, questo sì, ma è così poco in confronto alle necessità di tanti. Quando una persona disperata viene a chiedere aiuto e mi accorgo che le mie parole e la mia povera disponibilità sono così limitate, faccio esperienza della mia impotenza. Eppure a Gesù sono occorsi cinque pani e due pesci di un ragazzo per dar da mangiare alla folla! Se tutti i credenti mettessero il loro poco, Cristo può fare il resto, Il Signore si serve del nostro poco. Senza il nostro apporto se pur misero e debole, il Signore non vuole operare, ma se il poco che abbiamo lo deponiamo nelle sue mani, la nostra disponibilità diventerà benedizione per noi stessi e per i fratelli.

 

 

SABATO 16 APRILE 1994

“Gesù camminava sul mare.., e disse: Non temete, sono io”. (Gv. 6,19—20)

Gesù è sulla montagna a pregare mentre gli apostoli sono soli, in mezzo al lago, sulla barca sballottata dal vento. Sembra così lontano il momento in cui erano stati testimoni della potenza di Gesù che moltiplicava i pani. Non basta questo ricordo a cancellare l’ansia e la paura che attanagliano il cuore nel momento del pericolo. Ecco allora la parola rassicurante di Gesù: “Non temete, sono io”. Il Signore non lascia soli coloro che gli vogliono essere fedeli, conosce il cuore dell’uomo, così facile agli entusiasmi ma anche così incostante nella fede. Offre sempre la sua parola, non dice magari molto, anzi a volte il buio rimane, ma in quel buio c’è una presenza amica, che stimola a non perdersi d’animo, a insistere nell’andare avanti.

 

 

DOMENICA 17 APRILE 1994

“Mostrò loro le mani e i piedi”. (Lc. 24,40)

Il gesto di mostrare le sue ferite sottolinea la continuità tra il Gesù del Calvario e il Cristo pasquale. Il Risorto reca le piaghe del Crocifisso. La risurrezione non abolisce la Passione. Il Crocifisso è Risorto: ecco l’autentico e completo annuncio pasquale. Ma Gesù, mostrando i segni della passione vuole anche farci capire come quell’amore che l’ha condotto a dare la vita per noi sia una realtà che non viene mai meno. Non è stato un fatto unico, eccezionale, irripetibile. Quell’amore è sempre presente nel mondo, nella comunità cristiana, nella vita di ciascuno di noi. E in ogni momento possiamo contare su quell’amore fedele, possiamo attingervi forza e speranza. Nessun ostacolo, nessuna difficoltà, nessun imprevisto ha potere di intimorirci, bloccarci nel nostro itinerario, dal momento che abbiamo la possibilità di aggrapparci a quelle mani che recano i fori luminosi dei chiodi.

 

 

LUNEDI’ 18 APRILE 1994

“Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. (Gv. 6,28)

Quando il discepolo entrò nella stanzetta, il maestro stava mettendo l’olio nella lampada per fare luce. Qual è la cosa più importante da fare? gli chiese il giovane (ed era da tempo che si portava quella domanda nel cuore). Il maestro gli sorrise e gli rispose: Mettere olio nella lampada è la cosa più importante da fare! E non aggiunse altro. Il giovane tornò a casa e nei giorni successivi non fece che pensare alla risposta che aveva ricevuto. Quando anch’egli accendeva il lume o vi versava l’olio nuovo, scrollava le spalle; non riusciva proprio a capire cosa ci fosse di così. importante. Forse pensava, mi ha parlato in modo velato e simbolico. Voleva forse dire che bisogna nutrire la nostra anima perché faccia luce? Così. la domanda ardeva sempre nel suo cuore, finché alla fine decise di ritornare dal maestro. Questa volta egli stava accuratamente pulendo il calamaio dall’inchiostro e non alzò neppure gli occhi verso il discepolo. Pulire il calamaio è importante, è la cosa più importante da fare! disse. E, di nuovo, non aggiunse nulla di più. A casa il discepolo andò a pulire il suo calamaio per capire cosa intendesse il maestro e si chiedeva: — Forse dovrei ripulire la mia mente dai pensieri, come rendo pulito il mio calamaio? Questo allora sarebbe veramente importante! In realtà a nulla servivano tutti quei pensieri perché sempre e di nuovo la domanda ritornava: “Qual è la cosa più importante da fare?”. Così tornò deluso dal maestro per chiedergli spiegazioni. Questa volta il maestro si allacciava le scarpe e il giovane di slancio si chinò per allacciargliele lui stesso e non ebbe dubbi: in quel momento allacciare le scarpe al suo maestro era la cosa più importante da fare e non c’era nessun significato nascosto.

 

 

MARTEDI’ 19 APRILE 1994

“Signore, dacci sempre questo pane”. (Gv. 6,34)

Ci aiutano a riflettere sull’Eucarestia alcuni pensieri di Carlo Carretto:

Si può benissimo trovare Dio sotto le stelle o camminando in mezzo a una folla in città. Ho tre cose veramente importanti nella mia vita: il Cosmo, la Bibbia e l’Eucarestia. Potrei pregare sotto le stelle che mi rappresentano il cosmo, potrei pregare davanti alla Bibbia che è la parola di Dio, ma se posso preferisco pregare davanti all’Eucarestia che è la presenza di Colui per cui tutto fu creato e che fu indicato dalla Bibbia come Salvatore del mondo. L’Eucarestia mi riassume il Cosmo; l’Eucarestia mi riassume la Bibbia. Tutti e tre contengono il divino e tutti sono degni di starmi dinanzi quando prego, ma la terza è la più grande. L’Eucarestia è la pienezza del dono, è la perla nascosta nel mistero della Scrittura, il tesoro nel campo della parola di Dio, il segreto del Re. L’Eucarestia è Dio fatto presenza accanto alla mia pista, pane nella mia bisaccia, amicizia vicino al mio cuore d’uomo. Trovarsi dinanzi a un pezzo di pane e credere che è la presenza di Gesù è un atto di fede e il ragionamento viene meno. E la fede è nuda, oscura e sovente dolorosa. Ma se trapasso lo spessore della mia sensibilità e mi butto con confidenza nel vuoto di Dio, allora al la mia fede si unisce la speranza e mi sorregge l’amore. L’Eucarestia è come la nube che accompagnava il popolo di Dio attraverso il deserto, è come la colonna di fuoco che indicava la strada nella notte profonda. Ma nulla è più chiaro di questa notte.

 

 

MERCOLEDI’ 20 APRILE 1994

“Scoppiò una furiosa persecuzione contro i cristiani ed essi furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria”. (At. 8,1)

Nelle mani di Dio anche una persecuzione può diventare un fatto positivo: i primi cristiani facevano fatica a comprendere che la missione loro affidata da Gesù era per tutti i popoli, ora il dover fuggire ad una persecuzione li porta in posti del mondo dove forse non sarebbero andati di loro iniziativa. Anche noi spesso ci chiediamo: perché quella prova? Dio perché ha permesso quella disgrazia? Solo se cerco anche in quella prova di metterci la mia fede, la preghiera, anche li c'é un segno di Dio. Come nella vita di Gesù la triste vicenda del rinnegamento e della croce sono diventati il segno più grande di un Dio fatto uomo e nella chiesa primitiva il sangue dei martiri è stato seme di nuovi cristiani, anche il dolore e la prova che io non capisco ma cerco di vivere con fede, nelle mani di Dio diventa seme prezioso che in qualche modo porterà frutto. Sembra una crudeltà veder potare gli alberi, ma il tronco si rafforza e a primavera sboccia la vita più piena.

 

 

GIOVEDI’ 21 APRILE 1994

“Un Etiope, un eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, sovra intendente a tutti i suoi tesori, stava leggendo il profeta Isaia”. (At.8,27-28)

La parola e la predicazione suscitano la fede ovunque. Il personaggio che incontriamo nella lettura degli Atti ne è un esempio mirabile. Chi più di quest’uomo, secondo la ristretta mentalità legalistica giudaica, poteva essere considerato uno tagliato fuori dalla dignità di appartenere al popolo di Dio? Straniero e per giunta Etiope, eunuco e come se non bastasse, amministratore di ricchezze straniere. Ma quest’uomo è un uomo onesto, ricercatore della verità, legge la Bibbia, anche se stenta a capirla. Dio provvede a mandargli Filippo che diventa per lui la parola viva della Chiesa, che interpreta la Scrittura alla luce di Cristo morto e risorto; tutto questo porterà questo straniero al Battesimo. Attraverso la vicenda di quest’uomo sono raccontate le tappe del cammino della salvezza: Dio ama tutti gli uomini che lo cercano, la parola di Dio letta nella Chiesa porta alla fede, il Battesimo dà la gioia della vita rinnovata.

 

 

VENERDI’ 22 APRILE 1994

“Saulo, cadendo a terra, udì una voce che diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. (At. 9,4)

Saulo è uno che crede di vederci bene: il suo zelo per la fede giudaica gli fa vedere i cristiani come pericolosi eretici da estirpare e se ne va deciso e sicuro per la strada di Damasco per far fuori un po’ dei suoi nemici; ma al varco lo attende la potenza abbagliante del Risorto la cui passione rivive nei discepoli perseguitati, ed ecco l’incontro con il Dio che “atterra e che risuscita”, che acceca la sapienza umana per aprire alla sapienza del Vangelo. Anche se non per tutti c’è una strada di Damasco, una caduta da cavallo, una voce che giunge ai tuoi orecchi, per tutti noi c’è un Dio che aspetta negli avvenimenti. E non con il bastone in mano per fare i conti con noi, ma un Dio crocifisso che offre misericordia e perdono.

 

 

SABATO 23 APRILE 1994

“Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui”. (Gv. 6,66)

Gesù è venuto per salvare eppure la sua parola non è facile e alcuni se ne vanno. E Gesù non corre dietro a nessuno, non rende più facile il linguaggio, non addolcisce la pillola. Carità, misericordia, attenzione al prossimo non devono diventare tradimento della Verità, accondiscendenza, connivenza. Troppe volte nella vita siamo abituati ad annacquare il Vangelo, a scendere a compromessi magari mascherando la durezza del Vangelo con un Dio fatto su misura delle nostre necessità, che poi non ci soddisfa ma solo ci addormenta. Gesù chiaramente ci dice: “0 con me o contro di me” e anche: “Volete andarvene anche voi?’.

 

 

DOMENICA 24 APRILE 1994

“Io sono il Buon Pastore”. (Gv. 10,11)

“Buon Pastore” non significa pastore mite e tranquillo, ma significa “vero pastore” in contrapposizione con i falsi pastori e con i mercenari, In altre parole Gesù vuoi dire: “lo sono colui che veramente può guidarvi: non fidatevi di nessun altro”. Con l’immagine del pastore, poi, Gesù sottolinea una caratteristica della vita umana: la vita umana e cammino, è andare verso una meta, è un viaggio verso Dio. Allora, non fermare tutta la speranza qui sulla terra, ma guarda lontano, al di là, aspettando e preparando con la guida del Buon Pastore, il grande evento dell’incontro con Dio.

 

 

LUNEDI’ 25 APRILE 1994

“Dio resiste ai superbi ma grazia agli umili”. (1Pt. 55)

Tutto il Vangelo è un inno all’umiltà: pensate a Maria, a Giuseppe, ai poveri, pensiamo soprattutto a Gesù che “da ricco che era si fece povero per far ricchi noi”, pensiamo anche agli inviti di Gesù a diventare piccoli… Un ragazzo passeggiava con il nonno lungo il ciglio di un viottolo, in aperta campagna. Osservando un campo di messi biondeggianti, incantato da quel mare d’oro, si stupì nel vedere che alcune spighe piegavano in giù il loro stelo, toccando quasi terra, mentre altre se ne stavano ben dritte e slanciate verso il cielo. Chiese al nonno la spiegazione di quello strano mistero.

Il nonno colse due spighe: una ripiegata, l’altra diritta; stritolò la prima e disse: — Vedi, quella ripiegata è carica di frutti. Poi tentò di sgranare l’altra e disse: Vedi, questa è vuota... Accade spesso così anche fra gli uomini, ragazzo mio: le teste leggere s’innalzano scioccamente al di sopra delle altre...

 

 

MARTEDI’ 26 APRILE 1994

“Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori perché siate figli del vostro Padre celeste”. (Mt. 5,43)

L’autobus di linea si arrestò alla fermata; salì una nonnina negra e, stanca, si sedette in un posto libero. Presto, però, alcuni bianchi le si avvicinarono minacciosi: i posti a sedere sugli autobus di quella città, infatti, erano riservati ai bianchi e, se i negri volevano viaggiare, dovevano viaggiare in piedi! Vattene! Non sporcare il nostro posto! — le dicevano schernendola e la costrinsero ad alzarsi. La vecchietta restava zitta, ma pensava: — E’ duro questo viaggio, ma lo farò lo stesso! Anzi, Signore, ti ringrazio perché così posso espiare i miei peccati. I bianchi, vedendo che la donna di colore non reagiva in nessun modo alle loro provocazioni ma se ne stava dritta e fiera dì fronte a loro, si indispettirono e alla fermata successiva la  spinsero malamente giù dalla corriera. Lei prese a camminare, da sola, per la strada polverosa sotto il sole cocente e pensava: — Adesso, questo mio viaggio è ancora più duro, ma lo farò lo stesso! Anzi, Signore, ti ringrazio perché così posso espiare anche i loro peccati.”

 

 

MERCOLEDI’ 27 APRILE 1994

“In quei giorni la Parola di Dio cresceva e si diffondeva”. (At. 12,24)

Mi piace molto questa osservazione di Luca perché spesso noi siamo portati a quantificare   la testimonianza, la fede; partendo da noi, invece la Parola ha in se stessa la forza e la capacità di crescere e di arrivare ai cuori, noi siamo solo mezzo di questa diffusione. Quante volte mi sono reso conto di questo: anche questo piccolo mezzo della Parola al giorno, sapeste quanta strada fa passando magari di mano in mano! A volte arriva qualche lettera anche da altre città, altre volte vengono persone da lontano perché la Parola li ha toccati, scossi, fatti muovere, e sempre più mi rendo conto che non sono tanto queste poche righe di commento che toccano ma è l’affezione alla Parola di Dio che giorno per giorno scava nel cuore e che, se trova il terreno buono, porta frutto ora del trenta, ora del sessanta, ora del cento per uno.

 

 

GIOVEDI’ 28 APRILE 1994

“Chi accoglie Colui che lo manderà accoglie me; e chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato”. (Gv. 13,20)

Carlo Carretto ci aiuta a pensare al mistero gioioso di questa frase di Gesù: Perché cercare Iddio al di là delle stelle, quando Lui è così vicino, anzi, dentro di noi? Il Cielo, non è più una lontananza astronomica, nell’universo, ma è una vicinanza amante, intima e così a portata di mano, che ogni luogo diventa buono per parlare con Lui, per stare con Lui, per adorare Lui. E lo Spirito Santo in noi? Ecco l’artefice forte e preciso della nostra unione con Dio. E’ Lui che ci incorpora a Gesù Cristo, Lui che ci insegna che cosa dobbiamo dire al Padre, Lui che ci reca uno Spirito “nuovo”, dacché il nostro “vecchio” s’è mostrato incapace e cattivo, Lui che con “gemiti inenarrabili” prega l’Altissimo e dà valore eterno al nostro esile sforzo di bimbi per sollevarci all’altezza di Dio. Perché dire ancora a me stesso: “Chi mi insegnerà a pregare?”, quando ho un simile maestro al centro del mio essere? Perché dubitare della potenza della mia preghiera, quando — pur sì povera e balbuziente — è sostenuta nel suo volo dallo stesso Spirito creatore del cosmo? No; non cercherò più me stesso nella preghiera, non mi ripiegherà sul mio povero io, dacché nella mia fede ho scoperto che lo Spirito di Dio s’è diffuso nel mio cuore.

 

 

VENERDI’ 29 APRILE 1994

“Le vergini sagge, insieme alle lampade presero anche dell’olio in piccoli vasi”. (Mt. 25,2)

Oggi è la festa di S. Caterina da Siena che, con Francesco di Assisi è la patrona d’Italia. Questa donna, entrata a 16 anni nell’ordine di S. Domenico, fu una delle voci più importanti, in un periodo torbido, per richiamare la Chiesa ai valori del Vangelo e della fede. Le vergini prudenti della parabola sono proprio coloro che fondandosi sul Vangelo hanno provvista di olio, anche per i tempi tenebrosi; sono coloro che vegliano per cogliere i segni dei tempi e in essi scrutano la volontà di Dio; sono coloro che lasciando con semplicità brillare le proprie lampade, illuminano il cammino anche di altri; sono coloro che nella speranza annunciano ancora al mondo la venuta dello Sposo e con la loro vita manifestano e anticipano la gioia di questo incontro... Ti ritrovi in questo quadro? Se non ti ritrovi prova a dare uno sguardo alla tua “provvista di fede” e chiediti se non sia il caso di fare un po’ di rifornimento.

 

 

SABATO 30 APRILE 1994

“Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci  basta”. (Gv. 14,8)

Filippo entusiasmato dai discorsi di Gesù, chiedeva a Lui di far vedere il Padre e forse si aspettava una di quelle manifestazioni grandiose, tipo quelle dell’Antico Testamento. Ma Dio non si rivela più attraverso lampi e tuoni, fuoco e terremoto, Egli ha preso un volto d’uomo, in Gesù Cristo, e d’ora in avanti bisognerà saper scorgere il volto di Dio attraverso il suo volto. E noi, lontani negli anni dalla incarnazione di Gesù, dove possiamo vedere il Padre? Ancora nel volto di Cristo che si manifesta nel volto dei fratelli. Se sappiamo vedere Cristo in chi ha fame, sete, è ammalato, è in carcere, Lui a sua volta riconoscerà in noi dei fratelli, figli dello stesso Padre, e ci porterà definitivamente a Lui.

     
     
 

Archivio