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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

GENNAIO 1994

SABATO 1 GENNAIO 1994

“Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio”. (Nm. 6,22)

Chissà quante volte, nella notte passata o nella giornata odierna ci siamo scambiati gli auguri, abbiamo auspicato per noi e per gli altri un nuovo anno sereno... Sappiamo che sono auguri, desideri. La Parola di Dio fa qualcosa di più che un semplice augurio, ci dà una benedizione, e la benedizione è efficace, potente e creatrice, funziona se impegna. Dio sta davanti a noi con il suo volto benevolo per accompagnarci in ogni giorno felice o difficile di quest’anno ma sta a noi cogliere questa presenza, non lasciare che lo scorrere dei giorni tolga brillantezza a quel volto che dà senso al nostro cammino. li volto di Dio è per noi “propizio”, benevolo. Dio sta “voltato” dalla nostra parte. E anche il volto di Maria, Madre di Dio, di cui oggi celebriamo la festa è un volto sorridente. Sta a noi accoglierli con il sorriso, essendo sorridenti alla vita nelle molteplicità delle sue manifestazioni, Il tempo e le vicende di questo nuovo anno, in gran parte, non dipendono da noi, ma dipende da noi l’affrontarle: puoi andare avanti a testa bassa, puoi andare avanti con tristezza, puoi avere un volto preoccupato o puoi avere il volto disteso di chi riceve tutto come un dono, di chi sa di non essere solo, di chi sorride alla vita, perché con Lui sa trasformare ogni giorno più o meno bello in amore ricevuto, vissuto, donato.

 

 

DOMENICA 2 GENNAIO 1994

“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. (Gv. 1,9)

Durante qualche viaggio notturno, in macchina, facevo questa riflessione: si viaggia al buio, vedi spuntare due luci dalla corsia opposta, si avvicinano rapidamente, sembrano quasi accecarti e poi sfrecciano via e tu ritorni al buio; se ti è andata bene hai appena intravisto il volto di altri uomini che come te, chiusi in una scatola con le ruote, stanno andando altrove. Gesù non è così: è la luce vera che viene nel mondo per illuminare. Non abbaglia. Non appare da lontano, non ci acceca improvvisamente per poi sparire. Cristo si incarna in umiltà a Betlemme, come continua ad incarnarsi in umiltà in ogni situazione della nostra vita. Offre e non impone la sua luce. Non ci passa accanto ma chiede ospitalità a casa nostra. “Ma i suoi non lo hanno accolto”. C’è chi preferisce il buio, la solitudine, le paure. “A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

 

 

LUNEDI’ 3 GENNAIO 1994

“Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo”. (Gv. 1,29)

Un vecchio proverbio dice: “Fatti agnello, che i lupi ti mangeranno”. Gesù si è fatto agnello come quei poveri e piccoli agnelli che una sera di molti anni prima erano stati uccisi per segnare con il loro sangue gli stipiti delle porte degli ebrei, onde evitare che l’angelo della morte infierisse sui loro primogeniti. Si è fatto agnello come quello che veniva sacrificato nei tempio per ringraziare, lodare, essere perdonati. Si è offerto Lui ai posto nostro. Il suo sangue ci ha segnati, ha coperto il rosso dei nostri peccati per renderci “santi e immacolati davanti a Dio”. E’ venuto a liberarci non con la potenza delle armi, non spargendo il sangue dei suoi sudditi per mantenere il suo potere, ma offrendo se stesso. E’ Lui che è “mite ed umile di cuore” e ci invita: ”venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi”. E’ Lui che è Agnello e contemporaneamente Buon Pastore che viene a cercare e salvare la pecorella smarrita per caricarsela sulle spalle e far festa con lei nell’ovile ricostruito.

 

 

MARTEDI’ 4 GENNAIO 1994

“Andrea incontrò suo fratello Simon Pietro e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia”. E lo condusse a Gesù”. (Gv. 1,40—41)

E’ bellissima la freschezza con cui S. Giovanni racconta nel Vangelo di oggi la propria chiamata. Questo evento ha talmente segnato la sua vita che ricorda perfino l’ora in cui è avvenuto, le quattro di pomeriggio. E questo incontro ha talmente riempito di gioia ed entusiasmo Andrea che subito lo ha comunicato a Simon Pietro. Come mai noi abbiamo ritegno, quasi paura di dire e di manifestare la nostra fede? Non sarà forse perché non abbiamo ancora decisamente incontrato il Cristo? o perché la nostra fede si è ammuffita nell’abitudine? E’ facile incontrare degli sfegatati per uno sport, dei “fans” disposti a passare notti all’addiaccio per un concerto ed è raro trovare cristiani entusiasti e testimoni veri della fede, eppure una squadra di calcio o un cantante non hanno dato la vita per me!

 

 

MERCOLEDI’ 5 GENNAIO 1994

“Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. (1Gv. 3,16)
Raccontava M. Bonanate in Famiglia Cristiana:
La guardo,   sorridente, con negli occhi solo un’ombra di malinconia. Ha sessant’anni ed è ancora molto bella. Fa la parrucchiera. In casa, da trentacinque anni, si divide fra la figlia mongoloide, che non ha voluto affidare ad un istituto, ed un figlio affetto da un male incurabile, che gli impedisce di muoversi da solo. Adesso anche il marito è in un letto, paralizzato da un ictus cerebrale. Così ha dovuto chiudere il negozio “per curare i miei tre ammalati”. Lo dice con affetto e semplicità, senza esibizioni e rimpianti. La sua serenità lascia attoniti. Come può sopportare con tanta rassegnazione un peso così grave?
“La mia croce l’ho accettata tanti anni fa, quando mi sono detta: se un Dio si è caricato una croce sulle spalle, lo posso fare anch’io. Lui mi aiuterà. Quando non ce la faccio più, gli chiedo di non lasciarmi sola. Mi ha sempre aiutata e sono arrivata fino ad oggi”. Sono i miracoli dai quali dobbiamo ricominciare a credere e a sperare. Me lo ripeto ogni qualvolta

 

 

GIOVEDI’ 6 GENNAIO 1994

“Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. (Mt. 2,11)

Il primo gesto di questi re, venuti da lontano, è adorare il loro Re, il Re di tutti. I Magi, al di là del fatto storico, mi sembrano rappresentare la parabola della vita. Ognuno di noi, fatto a immagine di Dio, nasce con il desiderio di Lui e, in qualunque situazione viva, ha dei segnali (la stella) che possono indicargli la strada per incontrarlo. Si tratta di avere il coraggio di partire nella certezza che il nostro viaggio ha una meta. Anche Dio è sempre in viaggio per venirci incontro (anche Lui nel suo amore ha bisogno di noi). Possono esserci momenti di buio, di dubbio; la stella in certi momenti sparisce, si annebbia. L’importante è non perdersi d’animo, aver l’umiltà di chiedere informazioni, perseverare nonostante le voci che ci allettano per ritornare o per andare altrove. Ma quando si arriva, non contano tanto le fatiche fatte, i doni piccoli o grandi che si sono portati, conta inginocchiarsi e saper adorare Colui che ci è venuto incontro per liberarci e riempire il nostro cuore della sua gioia.

 

 

VENERDI’ 7 GENNAIO 1994

“Ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio”. (1 Gv. 4,2—3)

Sempre più spesso incontriamo persone che ci propongono verità, religioni nuove o vecchie. Come distinguere ciò che è buono da ciò che è falso? Un giusto e amoroso rispetto delle persone non deve però farci recedere dalla nostra fede. S. Giovanni, nella lettura di oggi, ci indica una strada preziosa per discernere il giusto dal falso. Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato è il centro della nostra fede. Chi ci racconta altro, anche allettante, non ci interessa! E’ vero che tutto può concorrere al bene, è vero che Gesù stesso ha detto: “Chi non è contro di noi è per noi” ma è anche vero che Lui solo è “la Verità, la Via, la Vita”. E qualche volta succede che i lupi si travestono da pecore. La prudenza e l’attaccamento a Gesù sono le vie dello Spirito per non farci deviare dalla fede vera

 

 

SABATO 8 GENNAIO 1994

‘Tutti mangiarono e si sfamarono (Mc. 6,42)

Colpisce questa abbondanza: abbondanza di parola di Dio, abbondanza di cibo. Il Signore non usa mezze misure. Per salvarci manda non solo le sue parole, ma la Parola, Gesù, si fa carne. E Gesù per entrare in comunione con noi si fa addirittura cibo (Eucarestia). Pero tutta questa abbondanza parte dal dono: Gesù dona il suo tempo, la sua fedeltà a Dio, la sua passione per gli uomini, gli apostoli devono donare i cinque pani e pochi pesci perché tutti possano sfamarsi. Così è anche per noi: Dio la sua parte la fa e la fa bene, ma chiede a noi un contributo. Non deve spaventarci l’esiguità delle nostre risorse, se abbiamo il coraggio di giocarle per Gesù e per i fratelli siamo sicuramente vincenti.

 

 

DOMENICA 9 GENNAIO 1994

“La parola uscita dalla mia bocca non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. (Is. 55,11)

E’ Gesù la Parola mandata da Dio, la parola definitiva, il giudizio di salvezza degli uomini. E’ quel Gesù, che oggi nella festa del suo Battesimo vediamo confermato dal Padre nella sua missione, che diventa risposta positiva a Dio e proposta salvifica agli uomini. E Gesù, dopo la sua ascensione, potrà tornare al Padre con il frutto della sua obbedienza, Anche oggi Dio in Gesù ci offre la sua parola: è una parola che ci sostiene, ci riprende, ci offre la possibilità di conversione, ci interpella. Ma davanti a Gesù, proposta di Dio, si può essere sordi, si può far finta di non capire, si può ascoltare e dimenticare, si può accogliere ciò che fa comodo, si può accoglierla lasciando che ci trasformi nel profondo ed è proprio questa nostra trasformazione che “torna a Dio” per fare la sua e la nostra gioia.

 

 

LUNEDI’ 10 GENNAIO 1994

“Gesù disse loro: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini” (Mc. 1,17)

Gli antichi e anche i moderni maestri, di solito usano questo metodo: vieni, siediti e ascoltami e io ti darò il mio sapere. Gesù usa un altro metodo: “Vieni, seguimi, guardami parlare e agire, fai esperienza di me e poi ti comporterai di conseguenza”. Mi hanno sempre fatto un po’ paura le varie “scuole di cristianesimo”, le riunioni in cui si cavilla sulla Parola di Dio. Certamente la cultura, una buona esegesi, il confronto con altri è utilissimo, ma deve portare all’incontro con  Gesù, il vivente, se no restano sterili parole. Anche la preghiera per essere vera deve informare la vita, I primi cristiani ebbero la forza del martirio non perché erano teologi ma perché avevano la forza di Gesù, perché cercavano di imitarlo, perché lo sentivano talmente vivo e reale da contare più della loro stessa vita.

 

 

MARTEDI’ 11 GENNAIO 1994

“Un uomo posseduto da uno spirito immondo si mise a gridare: Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Io so chi tu sei: il Santo di Dio”. (Mc. 1,23—24)

Nel Vangelo di Marco, il primo che riconosce Gesù come Figlio di Dio è il diavolo. Non deve stupirci questo, noi sappiamo che il diavolo è un puro spirito che ha costruito il suo regno sulla ribellione a Dio e sulla divisione dell’uomo dal suo Creatore. Nulla da stupirci se si lamenta perché vedendo Cristo, colui che ci unifica a Dio, sente vacillare il suo regno. Ogni tanto persone vengono a dirmi: “Ma è possibile che nei momenti più sacri, ad esempio alla consacrazione, alla Comunione, sorgano nella mia mente i pensieri più sporchi, più blasfemi?”. Non stupiamoci, non c’è niente di più che il sacro, il buono che scatena il male. Ma, se non gli diamo spazio, il male non può niente su di noi. E soprattutto attenti alla sottile tentazione che sottostà a questi fatti: ti senti indegno per quei pensieri e allora ti allontani. A questa tentazione rispondi: ”Signore, queste non sono cose mie, perché io ti voglio bene e tu ancora di più ne vuoi a me”.

 

 

MERCOLEDI’ 12 GENNAIO 1994

“Allora il Signore chiamò: Samuele. Ed egli rispose: Parla perché il tuo servo ti ascolta”. (1Sam. 3,10)

Tra i predicatori, questo episodio, viene spesso usato per indicare la chiamata, la vocazione al sacerdozio o a chiamate particolari. Se questo è vero si deve però cercare di capire che chiamata e vocazione non sono esclusiva di qualcuno: c’è una chiamata per ogni uomo. Ognuno ha un compito da svolgere nel mondo, nella società, nella famiglia in cui vive. E il Signore chiama ogni giorno: bisogna ascoltarlo anche perché non sempre la sua voce ci arriva direttamente. Bisogna ricercare, meditare, ascoltare nei fatti della vita ciò che il Signore ci propone. Anche oggi Dio ti chiamerà, ti proporrà di uscire da te stesso, di vivere un momento di preghiera, di essere attento a un tuo vicino di casa, di non lasciarti vincere dalla tristezza... Che il Signore ci trovi pronti e generosi nel rispondergli: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”.

 

 

GIOVEDI’ 13 GENNAIO 1994

“Mosso a compassione davanti al lebbroso, Gesù stese la mano e lo toccò”. (Mc. 1,41)

Quando la domenica, al termine della Messa, alzo la mia mano per dare la benedizione nel nome di Gesù, spesso penso: “E’ facile dare una benedizione, è molto più difficile dare concretamente la propria mano”. Gesù, davanti al lebbroso non si limita a dire: “Poveretto, che disgrazia ti è capitata”, non se la cava con un generico “confidiamo in Dio, diciamo una preghiera”. Gesù, toccando il lebbroso, per la mentalità religiosa del suo popolo fa qualcosa di più: si rende impuro. Gesù, il Santo Figlio di Dio, per salvarci si è fatto peccato, è morto Lui al nostro posto, per far morire in Lui il nostro peccato. Non ha avuto paura di sporcarsi le mani, ha preferito scegliere l’uomo alla legge.

Anche oggi il Signore si serve di mani che non solo stanno giunte in preghiera o che si alzano per solenni benedizioni ma che si fanno solidarietà concreta.

 

 

VENERDI’ 14 GENNAIO 1994

“Ti sono rimessi i tuoi peccati”. (Mc. 2,5)

In questo racconto della guarigione del paralitico calato dai tetto noi vediamo che lo sguardo di Gesù va oltre le apparenze: davanti a Lui non c’è solo un ammalato ma un uomo che ha bisogno di salvezza, e Lui è venuto nel mondo proprio per portarci questo dono. Forse il paralitico si sarà detto: “Ma io sono venuto qui con la speranza della guarigione dalla mia malattia e Gesù invece mi parla di peccati perdonati!”. A volte noi stessi non siamo capaci a vedere dentro di noi. Ci fermiamo alle apparenze, ai bisogni immediati, andiamo magari da Gesù per chiedergli una grazia particolare e non ci accorgiamo che Lui è lì perché vuole guarirci di dentro, vuole renderci il vero volto di figli di Dio. Forse dobbiamo proprio imparare, dopo aver chiesto un dono, ad accogliere con riconoscenza non tanto il dono, ma Colui che si dona per la nostra salvezza.

 

 

SABATO 15 GENNAIO 1994

“Gli scribi dissero tra loro: Come mai mangia e beve in compagnia dei peccatori?”. (Mc. 2,16)

Oggi, sapendo la risposta di Gesù, è facile fare dell’ironia sugli scribi che pensavano questo del Maestro e lo giudicavano, ma se noi oggi vedessimo il Papa, un vescovo, un prete preferire passare una serata insieme a dei barboni, a degli zingari declinando invece l’invito della “buona società”, rinunciare ad un solenne e impaludato pontificale per entrare in una bettola di quart’ordine e di poco buona fama, che cosa diremmo o penseremmo? Gesù andando a mangiare a casa dei peccatori si rende lui stesso “impuro” per la legge e per il pensiero delle “persone per bene” ma e proprio a casa loro che riesce a portare la gioia ed è proprio tra loro che riesce a trovare le persone, che pur nel loro peccato, lo seguiranno ed avranno poi addirittura il coraggio di dare la vita per Lui.

 

 

DOMENICA 16 GENNAIO 1994

“Gesù fissando Io sguardo su di lui gli disse: Tu sei Simone; ti chiamerai Cefa (che vuoi dire Pietro)”. (Gv. 1,42)

Il nome per gli ebrei significava l’intera persona. Gesù cambiando il nome di Simone in Pietro gli indica intanto l’amore di Dio che lo coinvolge totalmente, e poi gli dice quale sarà il suo compito: essere il fondamento, il punto di riferimento, la pietra angolare della Chiesa nascente. Ma Gesù poteva scegliere meglio? Pietro è un pescatore, si intende più di reti e di barche che di teologia; è un tipo generoso ma con un carattere tutt’altro che remissivo; è pronto a parole ma basta poco a farlo recedere dai suoi impegni... Eppure per Gesù, Pietro diventa colui a cui affidare la Chiesa; ha fiducia in lui e questa fiducia di Gesù non gli verrà tolta neppure dopo il rinnegamento.

Gesù non cerca “i perfetti”, e venuto per i peccatori, e con i peccatori costruisce il suo Regno. Anche oggi è così: Gesù ti sceglie, ti chiama, ti affida dei compiti, non perché sei più bravo, più intelligente degli altri, ma perché si fida di te, del tuo amore: non deluderlo!

 

 

LUNEDI’ 17 GENNAIO 1994

“I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno (Mc. 2,18)

Sia nell’Antico Testamento, sia tra i primi cristiani il digiuno e la penitenza erano segni sia dell’attesa del Messia, sia del chiedere perdono. Oggi parlare di penitenza, di digiuno, non va più molto di moda. Se è vero che in se stessi non hanno molto significato è anche vero, però, che per noi possono assumere un ruolo importante: intanto, se rinuncio a qualcosa lo posso fare per condividere i doni di Dio con i fratelli più poveri. Il segno penitenziale, poi, può indicare la consapevolezza che ci sono doni e valori più grandi a cui aspirare, e ancora, può essere segno del nostro chiedere perdono alla misericordia di Dio. Chiaramente tutto questo ha un senso se avviene nell’amore. L’amore non può mai essere ridotto a rito o formula. Tra due persone che si vogliono bene, mille possono essere i modi per dimostrarselo. Prova ad amare con semplicità Dio e troverai la strada, sia essa quella del digiuno e del sacrificio, oppure sia essa quella della gioia, della donazione, del perdono.

 

 

MARTEDI’ 18 GENNAIO 1994

“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. (Mc. 2,28)

Gesù indica la strada della vera libertà riportando le cose al loro significato originario. Dio aveva dato il sabato all’uomo come riposo e come memoriale del riposo di Dio nella creazione. Rabbini e farisei avevano talmente complicato le cose che al tempo di Gesù erano in vigore 39 leggi da non trasgredire per osservare il sabato.

Una parabola buddista può aiutarci a capire il significato a cui Gesù ci vuole riportare. C’era un uomo il quale doveva attraversare una serie dì fiumi distanti tra loro. Costruì una zattera e attraversò il primo fiume. Poi che cosa doveva fare? Caricarsi la zattera sulle spalle per miglia e miglia o piuttosto abbandonarla dopo averla usata e così affrontare il cammino libero da ogni peso? La soluzione buona è quest’ultima, perché le illusioni sono come una zattera in terraferma; sono soltanto un peso insopportabile che frenano il nostro andare.

 

 

MERCOLEDI’ 19 GENNAIO 1994

“Gesù disse all’uomo che aveva la mano inaridita: Mettiti nel mezzo”. (Mc. 3,3)

Come in tante altre pagine anche il Vangelo di oggi ci presenta un malato davanti a Gesù. L’atteggiamento della gente può essere diverso: dal dire poverino” al discutere se sia lecito guarirlo di sabato o se è meglio aspettare. Gesù invece di parlare di lui, di disquisire di teologia, lo mette in mezzo, guarda alla sua persona, si fa parte nella sua sofferenza. Ecco uno dei tanti racconti della vita di Raoul Follereau:

Il portiere dell’albergo gli telefona: “Cercano di lei”. Discese. C’era una ragazza seduta, con la schiena dritta come un palo e le mani sulle ginocchia. “Mi perdoni — cominciò a dire — so che la mia domanda le sembrerà strana e dopo un silenzio: “Vorrei vedere le sue mani”. Un po’ interdetto gliele mostrò. Ella prima le guardò come se non osasse toccarle; poi si fece coraggio, le prese e continuò: “lo amo i lebbrosi. Sinceramente, E vorrei aiutarli di tutto cuore. Ma non ho il coraggio di toccarli... Ho un po’ paura. Per questo volevo vedere le sue mani che hanno stretto tante mani, hanno accarezzato tanti volti di lebbrosi”. Egli non la lasciò respirare: “Lei ama i lebbrosi, ma a che serve se non va a dirglielo? A che serve dirlo se non è capace di mostrarlo? Bisogna che lei vada a vederli. Subito. E prenda le loro mani. Come adesso stringe le mie, subito..

 

 

GIOVEDI’ 20 GENNAIO 1994

“Egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca”. (Mc. 3,9)

Come sempre, Gesù prima di fare un miracolo, prima di donare la sua parola, chiede qualcosa. Qui chiede in prestito una barca per poter predicare. Non so se sia una interpretazione teologica valida ma siccome la barca, in molte altre pagine del Vangelo, è simbolo della Chiesa, mi piace poter pensare che Gesù chiede a noi di prestargli noi stessi (la Chiesa) affinché Lui possa operare in essa e tramite essa. La Chiesa serve se in essa c'é Gesù. Se la barca è piena di noi, dei nostri problemi, non c’e spazio per Lui. Se la barca preferiamo tenercela per le nostre missioni, per le nostre pastorali, Gesù non può salirci: impediamo a Cristo di agire.

 

 

VENERDI’ 21 GENNAIO 1994

“Ne costituì dodici che stessero con Lui e anche per mandarli a predicare”. (Mc. 3,14—15)

in questo versetto si trovano due verbi che sembrano essere in apparente contraddizione. I dodici sono chiamati per stare e per andare. In questi due verbi sta il nostro essere discepoli. Prima di tutto chiamati: “Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Ma chiamati per stare con Lui, per fare esperienza di Lui, per sentire la sua Parola entrarci dentro e cambiarci, per mettere i piedi nelle sue orme, per cominciare a pensare e ad agire come ha pensato ed agito Lui, per partecipare con Lui alla gloria del Tabor e alla prova del Calvario, per gioire della sua liberazione. Ma tutto questo non è fine a se stesso. Gesù ci fa fare queste esperienze per andare, per camminare con Lui e per Lui nell’avventura della vita. Bisogna proprio metterli insieme questi due verbi: se sto soltanto con il Signore, rischio di costruirmi un Dio solo su misura, se vado soltanto senza intimità con Lui, rischio di portare solo me stesso e non Lui.

 

 

SABATO 22 GENNAIO 1994

“I suoi uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: E’ fuori di se (Mc. 3,21)

“Padre, tutti mi vogliono bene, ma sono proprio i miei familiari che non mi capiscono”. E’ proprio questa una delle situazioni che maggiormente fa soffrire: tu hai contato che proprio i tuoi cari ti capissero, comprendessero quella tua parola, quella sofferenza, partecipassero alla tua gioia e invece sono loro che non ti capiscono, non partecipano ai tuoi entusiasmi, vogliono ricondurti al “buon senso”, alle tradizioni, alle abitudini. A Gesù è successo proprio così: le folle rimangono stupite del suo insegnamento, i farisei si accorgono della sua pericolosità e decidono di farlo fuori, i miracolati gioiscono per le grazie ricevute.., e gli appartenenti al suo clan familiare gli danno del pazzo e vanno a cercare di ricondurlo alla “normalità”) ne va di mezzo il buon nome del parentado!

Quanti giovani uccisi nella loro fantasia e costruttività, da regole familiari ferree. Quante forme di "potere occulto" esercitato per il "buon nome", "la bella figura", la banalità e l’imbecillità più assoluta! E succede che a volte vogliamo imbrigliare la Parola di Dio nei nostri schemi e ci riduciamo a scimmiottare un cristianesimo che nel nome del “buon senso” e solo ipocrita religiosità. Dio è libero! L’uomo è stato liberato! Il Vangelo non è “buon senso”, e amore e l’amore non è mai buon senso!

 

 

DOMENICA 23 GENNAIO 1994

“E Gesù disse loro: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. (Mc. 1,17)

Quale grande onore essere chiamati da Gesù! E’ vero,ma spesso questo onore si confonde con gli onori del mondo. Il grande onore è proprio quello di poter servire il Signore. Pochi mesi fa è morto un vescovo, molto diverso dalla figura solita di tanti vescovi. Mi piace riportare, a commento della chiamata degli Apostoli, questo pensiero di Mons. Tonino Bello: “In ogni parrocchia dovrebbe esserci un bel grembiule, di panno rozzo, per ricordare la dimensione liturgica della carità servizievole. Di solito la stola, le casule richiamano l’armadio della sacrestia. Il grembiule, invece, per ben che vada, richiama la credenza della cucina, dove intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano delle massaie. Ordinariamente non viene regalato ad un sacerdote, eppure è l’unico paramento sacerdotale registrato nel Vangelo della Messa solenne del Giovedì Santo. Il Vangelo, infatti, non parla né di casule, né di amitti, ma solo di questo panno rozzo di cui il maestro si cinse i fianchi per la lavanda degli Apostoli in segno di servizio e di umiltà suprema.”

 

 

LUNEDI’ 24 GENNAIO 1994

“Ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno”. (Mc. 3,29)

Gesù, che è venuto nel mondo per perdonare, ci dice che c’è un peccato che non sarà perdonato: la bestemmia contro lo Spirito Santo. Quale peccato sarà? E’ la chiusura totale e deliberata alla grazia di Dio, è chiudere la porta alla misericordia e volutamente (come indicato dalla pagina odierna del Vangelo) far passare il male per bene e il bene per male, è considerare Gesù come diavolo. Perché questo peccato non può essere perdonato? Perché il peccato può essere perdonato solo se, riconoscendo che qualcuno può perdonarlo, ci si rivolge a Lui per chiedergli misericordia. Ecco perché da sempre si è pensato al peccato contro lo Spirito Santo come a quello di disperazione, cioè non aver alcuna speranza che Dio possa far qualcosa, che Lui sia un Padre buono, che ci sia su di noi un piano d’amore e di misericordia che possa raggiungerci sempre, che i nostri peccati “anche se fossero rossi come lo scarlatto” possano diventare bianchi come la neve.

 

 

MARTEDI’ 25 GENNAIO 1994

“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”  (Mc. 3,35)

Qual è la vera famiglia di Gesù? Dodici Apostoli, pescatori, esattori delle tasse, persone neanche troppo acculturate; sono i poveri, coloro che non hanno nessuno, ma che si fidano del Padre, sono gli storpi, i lebbrosi, sono le prostitute e i peccatori che ci precederanno nel regno dei cieli, è un ladrone pentito, è un centurione romano che ai piedi della croce fa la sua professione di fede... Gesù non disprezza sua madre, il suo padre terreno, i suoi parenti, ma la sua famiglia non si fonda sui vincoli della parentela terrena, della nobiltà del casato, suoi parenti sono coloro che cercano di stare con Lui senza arroganza, ma con umiltà cercano di compiere la volontà di Dio, seguendo il cammino da Lui percorso. Quando mi troverà davanti a Lui non servirà dirgli: “lo sono il parroco, io sono il monsignore, io sono il cavaliere della Santa Croce”. Tutti questi blasoni non serviranno. Lui ci guarderà negli occhi, Lui ci guarderà dentro e vedrà chi siamo in realtà.

 

 

MERCOLEDI’ 26 GENNAIO 1994

“Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te”. (2 Tim. 1,6)

E’ bellissimo vedere come S. Paolo esprime nella 1^ lettura di oggi i suoi sentimenti nei confronti del suo amico e collaboratore Timoteo: l’amicizia tra i santi è ancora più grande perché l’amore per Dio e per l’apostolato aggiunge un tono maggiore a quelli che sono i giusti e profondi sentimenti umani. E allora la preoccupazione più profonda di Paolo nei confronti dell’amico è quella di ricordargli di “ravvivare il dono della fede”. Gli amici li si ama non solo condividendo cose, esperienze, pensieri, ma anche e soprattutto volendo per loro il vero bene. Questo invito è allora anche per noi. La fede non è una cosa che si acquista una volta per tutte. E’ un dono quotidiano che va rinnovato, spolverato, aumentato, che soprattutto va continuamente chiesto nella preghiera; il suo peggior nemico è l’abitudine: la fede tenuta ne] cassetto, non esercitata quotidianamente nella carità, si perde.

Chiediamoci: oggi ho più fede di ieri?

 

 

GIOVEDI’ 27 GENNAIO 1994

“Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto?”. (Mc. 4,21)

Noi eravamo ancora piccoli, incapaci di intendere, ma per la fede dei nostri genitori e padrini, per dono di Dio, fin da quel giorno ci è stata affidata la luce di Cristo per illuminare tutta la nostra vita e la nostra condotta. Per questo il Battesimo e visto nella tradizione della Chiesa come sacramento di iniziazione e illuminazione fino al punto da indicare i battezzati con il titolo di “illuminati”; san Paolo dice: “Se un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia, verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre”. Tutta la nostra vita, i nostri criteri, i nostri valori e la nostra condotta devono essere conformi a questa luce di Cristo che ci ha illuminati. Luce che ci fu data non per conservarla nel baule dei ricordi, ma perché illumini gli altri con le nostre buone opere. Chiediamoci se per paura o codardia, opportunismo o convenienza, nascondiamo la luce della fede in Cristo negli ambienti in cui viviamo. Perché Cristo disse: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo di vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”.

 

 

VENERDI’ 28 GENNAIO 1994

“Il Regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce”. (Mc. 4,26—27)

Gesù raccontando questa parabola parla di noi, ma anche di se stesso. I contemporanei di Gesù si aspettavano un messia potente, battagliero; Gesù invece comincia l’annuncio del Regno in semplicità, con i poveri, non invita alla lotta armata, ma a liberarsi interiormente. La sua vita sembra destinata al fallimento. Eppure Dio benedirà e farà fruttare il suo seme. Questa lezione di pazienza di Dio e di umiltà è una chiara indicazione per quanti con Lui vogliono collaborare all’instaurazione del suo Regno nel mondo degli uomini. Data la nostra inclinazione per il successo rapido e spettacolare, per la programmazione, l’efficacia produttiva, la statistica e la percentuale, è frequente l’impazienza per risultati palpabili e frutti visibili. Ma questa non è la tattica di Dio. La Chiesa non deve temere l’insuccesso del Vangelo per la povertà dei mezzi al suo servizio e ancor meno cedere alla tentazione di un’efficacia solo esteriore. Gesù non ha fatto così. Per fondare la sua Chiesa al servizio del Regno, ha scelto dodici uomini poveri, senza alcuna influenza sociale, in maggioranza incolti. Cristo avrebbe potuto agire in modo sfolgorante, ma non lo ha fatto. il Regno di Dio non ha bisogno di mezzi spettacolari, ma di servitori poveri che non pongano condizioni.

 

 

SABATO 29 GENNAIO 1994

“Gesù stava a poppa, sul cuscino, e dormiva”. (Mc. 4,38)

L’episodio di Gesù che dorme mentre c'è tempesta sul lago mi sembra possa leggersi come applicazione pratica della parabola che abbiamo meditato ieri. La Chiesa va male, il mondo va male, noi stiamo male e Gesù che fa? Dorme! Ma è Lui che dorme o la nostra fede che si è addormentata? Infatti basta un po’ di fede degli Apostoli (stimolata da una buona dose di paura) a svegliare Gesù e a far sì che la tempesta sia sedata. Il sonno di Gesù mi sembra diventi anche segno della confidenza e fiducia in Dio che ciascuno di noi dovrebbe avere. Se veramente avessimo fiducia in Dio che si prende cura del seme gettato nella terra, quanta agitazione in meno! Un sacerdote da me conosciuto, che ha sempre dato tutto se stesso ma non ha mai perso la serenità, mi diceva: “Sai quanto mi rende sereno sapere che il mondo non sono io a salvarlo, ma lo ha salvato Lui, nonostante me.”

 

 

DOMENICA 30 GENNAIO 1994

“Che è mai questo? Una dottrina nuova, insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!”. (Mc. 1,27)

Gesù si presenta pubblicamente. La sua è una parola autorevole confermata dalle opere. Non è l‘annunciatore di liberazioni future ma la sua liberazione è immediata e totale: libera l’uomo dal male interiore. Gli uomini di oggi cercano maghi, fattucchiere per liberarsi da presunti malocchi, ma dal male interiore, profondo, dall’egoismo, dal materialismo vogliamo essere liberati? Il male ha radici profonde in noi e nessun uomo può rendercene liberi, ma Gesù lo può, lo desidera per noi. Vuole farci riscoprire la nostra identità di figli di Dio, vuole ridarci la dignità di uomini, vuole riportarci a Dio. Ma noi lo desideriamo veramente o preferiamo risolvere unicamente i nostri problemi di salute, di denaro, di benessere? La parola di Gesù è autorevole, ci può cambiare di dentro ma non scende a compromessi con il male, taglia a volte anche dolorosamente le sue radici. Sei disposto a “subire questa operazione”?

 

 

LUNEDI’ 31GENNAIO 1994

“Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio”. (Mc. 5,17)

Qualche autore, di cui non ricordo il nome, ha scritto questa massima: “I santi sono un dono meraviglioso di Dio, ma quale grosso guaio il dovergli vivere insieme”. Madre Teresa, una bellissima figura, ma alzarsi alle quattro di mattina per pregare diverse ore, uscire con lei alle otto alla ricerca dei disperati, medicare le piaghe di un lebbroso... Così, Gesù ha fatto il miracolo della guarigione di un indemoniato. “Bene, bravo!” dicono i Gadareni... Però... “Allontanati di qua perché ci hai fatto perdere un mucchio di soldi con tutti quei maiali finiti in mare!” “Gesù, ti amo con tutto il cuore, prego, vengo a riceverti nella comunione... ma non cominciare ad essere troppo esigente. A Te si dà la mano ma Tu poi vuoi il braccio e alla fine ti vuoi prendere tutta la vita.. E Gesù se ne va dicendo: “E pensare che come avevo liberato dal demonio quell’uomo volevo liberare anche te dalle tue preoccupazioni, dai tuoi egoismi...

     
     
 

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