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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

DICEMBRE 1993

 

MERCOLEDI’ 1 DICEMBRE 1993

 

“Eliminerà la morte per sempre”. (Is. 25,8)

Scena successa ad un funerale: due figli mesti, ma sereni accompagnano la loro madre in chiesa per la sepoltura. Nel secondo banco una signora impellicciata e pettegola si rivolge alla sua vicina: “Si è mai visto, due figli e neanche una lacrima!”. Uno dei due figli sente, si gira e con carità ma con fermezza dice: “Abbattuti si, disperati no! Se no non saremo venuti in chiesa”. Il cristiano che ha scelto veramente Cristo, sente tutto il dolore della morte propria e dei suoi cari ma non dispera. Qualcuno, la morte, l’ha già vinta. Le armi della morte colpiscono ancora, ma la morte è sconfitta dalla vita. Possiamo piangere il dolore della sofferenza per qualcuno che ci lascia ma sappiamo che unirsi a Dio è entrare nella vita in modo definitivo.

 

 

 

GIOVEDI’ 2 DICEMBRE 1993

 

“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt. 7,21)

Dopo anni che non lo vedevo più, era tornato perché aveva deciso di sposarsi. Data la vecchia conoscenza e sorridendo mi ero permesso di dirgli: “in tutti questi anni hai avuto paura che la chiesa ti cadesse in testa?” E lui mi sciorinò davanti la frase del Vangelo che meditiamo oggi. E’ vero che non basta andare in chiesa, fare lunghe preghiere, dire tanti rosari per essere amici del Signore. Ma è anche vero che Gesù non ha detto questa frase per indicarci che la preghiera non serve a nulla. Gesù, anzi, proprio con questa frase ci invita ad una preghiera coerente. Dobbiamo pregare, e anche molto, e proprio questa preghiera, questo dialogo sincero con Lui deve informare la nostra vita quotidiana, deve tradursi nella ricerca concreta della volontà di Dio. Non cerchiamo facili scuse, non accampiamo cattivi esempi avuti da altri per nascondere la nostra poca voglia di pregare!

 

 

 

VENERDI’ 3 DICEMBRE 1993

 

“Mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguivano urlando: Figlio di Davide, abbi pietà di noi”. (Mt. 9,17)

I ciechi del Vangelo non ci vedono, ma in compenso hanno buone gambe per correre dietro a Gesù e buona voce per gridare a Lui. Ma soprattutto sono due persone che non vedono con gli occhi ma vedono lontano con la fede. il miracolo viene ottenuto non tanto perché si sa tutto sulla fede (sarebbe assurdo) ma per il fatto di aver la fede. Aver fede non significa essere sicuri, vederci bene, significa fidarsi, saper vedere anche al buio e di conseguenza muovere le gambe per cercare, alzare la voce per gridare, non lasciarsi scoraggiare dai primi risultati non appagati. Se scopri di non “vederci bene nella tua fede” non perderti d’animo, non rinunciare, vai avanti a tentoni, magari rischia di battere il naso, continua però a gridare a chi ti può salvare: lì sta già il miracolo della fede che ti porterà a vedere il tuo Salvatore.

 

 

 

SABATO 4 DICEMBRE 1993

 

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. (Mt. 10,8)

Dice il Vangelo di oggi che Gesù “senti compassione delle folle perché erano come pecore senza pastore” e allora subito incarica i suoi discepoli della missione in parole ed opere della sua i buona novella. Ciascuno di noi, quindi e un “chiamato” ed un mandato. Chiamati i gratuitamente dall’amore di Dio ad i essere salvati da Gesù e mandati perché anche tramite noi la gioia di questa salvezza possa giungere ad altri. Ma tutto avviene nel nome della gratuità: bisogna dare gratuitamente ciò che abbiamo gratuitamente ricevuto. Questo dare non ci impoverirà, anzi ci arricchirà perché con Dio ogni atto di donazione è ulteriore arricchimento di amore che ci porta a scoprire sempre più la paternità universale di Dio e la fraternità con tutti gli uomini.

 

 

 

DOMENICA 5 DICEMBRE 1993

 

“Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. (Mc. 1,1)

Con il brano di oggi iniziamo la lettura del Vangelo di Marco che ci accompagnerà nel cammino di molte domeniche in quest’anno. Può sembrare soltanto qualcosa di rituale. Troppo spesso, le nostre reazioni davanti al Vangelo sono quelle di gente che considera tutto già dato e realizzato. Invece il Vangelo è da riiniziare ogni giorno: oggi c’è per me la buona notizia che Dio non mi abbandona, che Gesù, mio fratello, si incarna. Oggi c’è bisogno di araldi decisi di questa buona notizia come allora c’è stato Giovanni Battista. Anche nel nostro secolo e nel nostro cuore ci sono strade da spianare, valli da colmare, monti da abbassare. Anche oggi puoi incontrare Colui che viene, perché l’incarnazione di Cristo non è mai terminata.

 

 

 

LUNEDI’ 6 DICEMBRE 1993

 

“Gli scribi e i ferisci mormoravano: Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. (Lc. 5,21)

Gli scribi e i farisei. sono scandalizzati davanti a Gesù che dice di perdonare i peccati del paralitico e anch’io, piccolo prete, sono meravigliato ogni volta .che alzo la mia mano, traccio un segno di croce e dico: “lo ti assolvo dei tuoi peccati”. Io, uomo peccatore, sono proprio l’ultimo a poter perdonare, eppure la misericordia di Dio in Gesù, continua anche attraverso il ministero di cui il Signore e la Chiesa mi hanno incaricato. E non c’è servizio più misterioso ma più bello che ricordare al mondo la volontà e la possibilità di riconciliarci con Dio “lento all’ira, pieno di grazia e di misericordia”. Sacramento difficile quello della penitenza, difficile per chi ne usa e chi lo amministra, sacramento misterioso, ma segno di alta fede e soprattutto di amore. Non è allora tanto importante in questo sacramento, l’elenco dei peccati, l’elemento di giudizio, automaticità di perdono—penitenza, è importante scoprire Gesù misericordioso che ci tende la mano che, attraverso un uomo peccatore, attraverso la sua potenza, mi dice: “Rialzati, e cammina!”

 

 

MARTEDI’ 7 DICEMBRE 1993

 

“Il Padre vostro celeste non vuole che si persa neanche uno solo di questi piccoli”. (Mt. 18,14)

“Ma Dio si ricorderà di me?” si domandava una signora, e poi con un sorriso aggiungeva: “Con tutto quello che ha da fare!” Ma tante altre volte ho sentito questa domanda in situazioni gravi: dalla mamma del drogato, al malato terminale, da chi è stato abbandonato da tutti al barbone che dorme sulla panchina. E più volte ancora l’ho sentita da chi si è allontanato da Dio: “Con tutto quello che ho fatto...” La parabola di oggi ci dice: “Per Dio non esiste gente senza importanza. Dio ama ciascuno di noi, ci valuta col prezzo del sangue di suo Figlio, ci cerca Continuamente” Prima ancora che tu prenda l’iniziativa di cercare Dio, Lui sta già cercando te, anche “se vado per valli tenebrose” Lui è con me perché vuol condurmi ad “acque limpide” e a “prati verdeggianti”.

 

 

 

MERCOLEDI’ 8 DICEMBRE 1993

 

“In Gesù, Dio ci ha scelti per essere santi e immacolati al suo cospetto”. (Ef. 1,4)

Ragazzino, in seminario, ricordo un prete innamorato di Maria. Non era un “madonnaro” cioè uno che mette la Madonna al di sopra di ogni altra cosa, ma era una persona sensibile che amava Maria perché vedeva in Lei la realizzazione dell’amore di Dio che dà anche a noi la possibilità di ritrovare la purezza e la semplicità perduta. E la festa dell’immacolata vuol dire proprio questo. Maria usufruisce in anticipo del dono della salvezza di suo Figlio Gesù. Ma questo dono di essere “santi e immacolati davanti a Dio” è una possibilità per ciascuno di noi. Maria è senza peccato, noi siamo peccatori, ma il sangue di Gesù può far si che i nostri peccati “rossi come lo scarlatto, diventino bianchi come la neve”. Occorre un “sì”. Maria si è resa serva del Signore, noi possiamo mettere la nostra povertà nelle sue mani e Dio “guardando alla povertà dei suoi servi, farà cose grandi in noi”.

 

 

 

GIOVEDI’ 9 DICEMBRE 1993

 

“Non è sorto uno più grande di Giovanni Battista, tuttavia il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui”. (Mt. 11,11)

Dicono gli Psicologi che specialmente nel periodo della prima adolescenza giochi molto nella mentalità dei ragazzi la “pedagogia dell’eroe”: si ammira un eroe buono o cattivo che sia e si tende ad imitarlo. Oltre agli eroi di fantasia, che, per me ragazzo erano i vari personaggi dei racconti di Salgari, ricordo che cercavo anche qualche eroe nel Vangelo e, pur non piacendomi molto la fine che aveva fatto, mi attraeva la figura rude e decisa di Giovanni Battista... e poi c’era questa frase di Gesù: “Nessuno è più grande di lui”! Oggi non sono più quegli eroi di fantasia o reali ad attrarmi. So di non essere nato eroe. Ma forse, proprio grazie alla seconda parte della frase di Gesù: “Tuttavia il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui” scopro ogni giorno l’eroicità della vita. Per seguire Gesù, bisogna essere eroi nell’amore, nel perdono, nella speranza... e non è neppure il caso di essere superdotati: basta con umiltà fare spazio non alle nostre povere forze ma alla forza dello Spirito che è in noi.

 

 

 

VENERDI’ 10 DICEMBRE 1993

 

“E’ venuto Giovanni e hanno detto: Ha un demonio; è venuto il Figlio dell’uomo e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. (Mt. 11,18—19)

Gesù lamenta l’incredulità e la durezza di cuore del suo popolo che né alla predicazione di Giovanni, né alla sua ha saputo accogliere il dono di Dio. Anche noi spesso troviamo scuse per non accogliere il messaggio di Gesù e sentirci tranquilli. Ecco qualche esempio: come faccio a credere se gli stessi sacerdoti dicono e non fanno? Io credo già in Dio, lo prego per mio conto, non è più che sufficiente? Dio e importante, ma senza denaro non si vive, quindi serviamo due padroni! E la novità del Vangelo, le sue proposte di vita ci passano vicino e non ci toccano; le sue parole sono sempre per gli altri che non le mettono in pratica e mai per me. Abbiamo bisogno di scuoterci dall’ambiguità di questo atteggiamento se vogliamo che questo Avvento e questo Natale non siano solo una ricorrenza liturgica, ma un vero incontro con Cristo che viene a salvarmi, e proprio adesso.

 

 

 

SABATO 11 DICEMBRE 1993

 

“Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”. (Mt. 17,11)

Gesù parla di Giovanni Battista e lo identifica con Elia, il profeta che gli Ebrei attendevano arrivasse prima della venuta del Messia. Ma come non hanno riconosciuto Elia in Giovanni così non riconosceranno in Gesù il Messia. Perché si aspettavano un Elia ed un Messia diversi. Giovanni non si mette a capo dei rivoltosi contro Roma, brucia i cuori con le parole che invitano alla penitenza. Gesù non fa miracoli grandiosi per conquistare il potere ma conquista i cuori degli umili e dei semplici con la sua misericordia. Anche oggi Cristo ci passa accanto e noi rischiamo di non vederlo. Attendiamo il Cristo giudice che faccia piazza pulita dei cattivi e non cogliamo la sua presenza che perdona, che salva. Cerchiamo Dio nello splendore dei templi e magari non Sappiamo vederlo nel povero che bussa alla nostra porta. Andiamo a fare preghiere in conventi ed eremi e non sappiamo pregare in famiglia. Gesù è sempre diverso da come lo pensiamo quando lo facciamo diventare proiezione dei nostri desideri umani. Ma c’è un metodo sicuro per saper conoscere il Cristo: dove c’è amore o possibilità di amore, stai sicuro, lì c’è Lui.

 

 

DOMENICA 12 DICEMBRE 1993

 

“Non spegnete lo Spirito... Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”. (1Tes. 5,19.21)

Lo Spirito è colui che sostiene l’uomo, che e presente in tutti, in tutto e in ciascuno. E’ la presenza vivificante, ma è discreto. Non spegnere lo Spirito significa non ridurre tutto a materia, a calcolo, a interesse, significa guardare all’altro come a persona, significa non violentare o sfruttare solo la natura, ricordarci di essere realmente figli di Dio... Ed è lo stesso Spirito che ci aiuta a scrutare le cose, a coglierne il significato, a sapere ciò che è buono. Spesso davanti a certe scelte difficili vorremmo avere delle ricette preconfezionate, delle norme ben chiare... Possiamo cercare semplicemente di rispondere a questa domanda: “E’ secondo lo Spirito di Dio?” E scopriremo che lo Spirito ci farà percorrere sempre strade nuove di libertà.

 

 

 

LUNEDI’ 13 DICEMBRE 1993

 

“Andarono da Gesù a chiedergli: Con quale autorità fai questo?”. (Mt. 21,23)

L’uomo calcolatore cerca sempre conferme, sicurezze. Ricordo che, giovane liceale, mi ero proposto di dimostrarmi scientificamente, storicamente, la persona di Gesù, i suoi miracoli, la sua risurrezione. Leggevo molto, scartabellavo tra libri, facevo andare a pieni giri la materia grigia. Tante prove le avevo trovate, ma anche davanti a queste il dubbio rimaneva. Ne parlavo e discutevo con amici, con sacerdoti. Un bel giorno un candido, anziano sacerdote mi guardò e con un sorriso buono mi disse: “Cerca, cerca pure ma il segreto è un altro: lasciati cercare e lasciati trovare perché il giorno che Gesù busserà alla tua porta se sarai immerso nei tuoi libri rischierai di considerano come uno scocciatore”

 

 

 

MARTEDI’ 14 DICEMBRE 1993

 

“Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio va oggi a lavorare nella mia vigna. Ed egli rispose: Si, Signore; ma non andò”.

(Mt. 21,28—29)

Spesso anche noi diciamo a Dio un “sì” che poi diventa un “no”. E’ una vecchia tattica. Eppure davanti a Dio contano più le opere che le parole perché non chi dice: “Signore, Signore” entrerà nel Regno, ma chi fa la volontà di Dio. E’ cristiano solo chi mantiene la sua parola; e questa parola deve essere un “sì” pieno. Come Cristo che non disse “sì” e “no” allo stesso tempo ma accettò senza condizioni la volontà del Padre. Anche se questo non impedì la manifestazione della sua naturale ripugnanza alla sofferenza. Non deve sorprenderci, perciò, se a volte sentiamo una ribellione interiore che ci incita a rispondere “no” alla volontà di Dio; anche noi, come Cristo, possiamo con fiducia abbandonarci tra le braccia del Padre.

 

 

 

MERCOLEDI’ 15 DICEMBRE 1993

 

“Giovanni mandò due discepoli a dire al Signore: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?”. (Lc. 7,19)

In tutte le religioni di ieri e di oggi è sempre viva l’attesa di un Salvatore che deve venire. Queste attese assumono aspetti diversi: l’attesa di un Messia, di un liberatore umano, l’attesa di un giudice severo, l’attesa di un compimento. Giovanni Battista manda a chiedere a Gesù: “Sei tu il Messia o dobbiamo attenderne un altro?”. Oggi, 1993, nel nostro mondo ci sono almeno 5 persone che dicono di essere il messia, ci sono migliaia che attendono imminente la fine del mondo con la venuta del giudice finale. Noi cristiani “dobbiamo attendere un altro?” Gesù risponde: “Andate e riferite ciò che avete visto e udito” e fa un elenco di ciechi, storpi, poveri guariti. Per sapere se Gesù è il Cristo, bisogna vederne gli effetti, non c’è bisogno di definizioni. E ancora oggi, per dimostrare che Cristo è l’unico Messia e Salvatore, i cristiani sono chiamati a testimoniare con gli stessi segni di liberazione, di gioia, di speranza.

 

 

 

GIOVEDI’ 16 DICEMBRE 1993

 

“Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Un uomo avvolto in morbide vesti?”. (Lc. 7,25)

Gesù fa l’elogio di Giovanni Battista e ne mette in evidenza il carattere forte e deciso. Come esempio ecco un racconto di un’ esperienza di una scrittrice L. Silak:

Da ragazza, in Russia, mia madre dovette fuggire da casa perché i cosacchi avevano distrutto il paese appiccando fuoco a tutte le case. Fuggì, si nascose in carri di fieno e nei fossati. Infine attraversò l’oceano nella stiva d’una nave e arrivò in America. Aveva circa 13 anni quando sbarcò a New York nel 1901 e subito trovò lavoro in uno squallido laboratorio dove faticava 16 lunghe ore al giorno per una misera paga. Cercò di frequentare la scuola serale, ma stanca com’era si addormentava sui libri. Anche dopo il matrimonio e la nascita di tre figli ci furono tempi duri. Ma mia madre ci raccomandava di pensare a ciò che avevamo e non a quello che non avevamo. Ci insegnò che nelle difficoltà si acquista la capacità di apprezzare la bellezza che esiste negli aspetti più semplici della vita, Il concetto che m’inculcò era questo: “E’ quando fa buio che vedi le stelle”.

 

 

 

VENERDI’ 17 DICEMBRE 1993

 

“Genealogia di Gesù Cristo, Figlio di Davide, Figlio di Abramo..”. (Mt. 1,1)

Nei giorni della “Novena di Natale” la liturgia ci accompagna perché i nostri occhi vedano la meraviglia del Dio - con - noi. Il Vangelo, raccontandoci una genealogia dì Gesù, ci presenta tutta una serie di personaggi che hanno vissuto l’alleanza con Dio in vista della venuta del Salvatore. Lui è il centro della storia, ma è anche il centro della mia vita? Non basta in questi giorni “vivere la magia del Natale”, fatta di lustrini, di nenie, di regali o di statuine di gesso: sento davvero il bisogno di essere liberato dall’egoismo? e so che Colui che viene può farlo?

 

 

 

SABATO 18 DICEMBRE 1993

 

“L’Angelo disse a Giuseppe: Maria partorirà un Figlio e tu lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. (Mt. 1,21)

Un canto negro spiritual pone questa domanda: “Quando Gesù nacque, mori in croce, fu sepolto, risorse, tu c’eri?” E l’anima interpellata risponde: “A volte, a pensarci bene, io c’ero”. A Natale noi non possiamo essere assenti. Il Credo ce ne dà una ragione: “Discese dal cielo per noi uomini e per la nostra salvezza: si incarnò per opera dello Spirito Santo nel seno di Maria Vergine”. L’Angelo che appare a Giuseppe presenta il Figlio di Maria come il Salvatore, cioè come Colui che “libera il popolo dai peccati”. Gesù è la nostra salvezza. Diamo un nome ai pericoli in cui ci imbattiamo, alle catene che ci legano, ai pesi che ci opprimono, alle paure che coltiviamo: si chiamano peccato, dolore, morte, angoscia. Gesù ricostruisce la nostra amicizia con il Padre, dà un senso alle nostre lacrime, sconfigge la morte, ci dà le ragioni della speranza e della pace.

 

 

 

DOMENICA 19 DICEMBRE 1993

 

“L’Angelo del Signore fu mandato ad una Vergine. La Vergine si chiamava Maria”. (Lc. 1,26—27)

Secondo la nostra logica umana ci aspetteremmo che l’annuncio dell’incarnazione del Dio Salvatore avvenga in maniera eclatante, magari in una sontuosa celebrazione del Tempio, e invece tutto si svolge in una piccola casa di un piccolo paese tra un Angelo e una ragazza piccola ed umile. E’ la logica del Vangelo, del Regno di Dio che è piccolo come il granello di senape ma che se trova il terreno buono diventerà grande pianta. E qui il terreno buono c’è: c’è Maria che offre il suo corpo e se stessa affinché Dio possa operare. Anche noi non cerchiamo il Regno nelle grandi esteriorità, neppure in quelle della Chiesa (il più delle volte confondono invece che illuminare) ma impariamo invece a cogliere la sua venuta nei piccoli segni quotidiani e non andiamo neppure a cercare troppo lontano o in gesti eroici, ciò che potremo fare: come Maria, basta offrire noi stessi e lasciar fare a Dio, che certamente fa meglio di noi.

 

 

 

LUNEDI’ 20 DICEMBRE 1993

 

“L’Angelo entrato da Lei le disse: Ave o Maria, piena di grazia”. (Lc. 1,28)

Quante volte persone umili e grandi hanno ripetuto questa preghiera! Una ragazza, dopo una predica, si presentò al suo parroco e gli disse:

Voi non fate che ripetere le stesse parole nel Rosario, e chi ripete sempre le stesse parole è noioso e forse non vero. Non crederei mai a una simile persona. Il parroco le chiese chi fosse il giovane che l’accompagnava. La ragazza rispose che era il suo fidanzato.

Ti vuol bene?

Certamente!

E come lo sai?

Me lo ha detto.

Che cosa ti ha detto?

Io ti amo.

Quando te lo ha detto?

Me lo ha ripetuto un’ora fa.

Te lo aveva detto anche prima?

Sì, ieri sera.

Che cosa ti disse?

Io ti amo.

E altre volte?

Tutte le sere.

Non gli credere. Non è sincero; non fa che ripetersi.

 

 

 

MARTEDI’ 21 DICEMBRE 1993

 

“Maria si mise subito in viaggio verso la montagna”. (Lc. 1,39)

Il brano del Vangelo di oggi ci racconta l’incontro di Maria con Elisabetta. Ogni volta che meditiamo questo mistero nel rosario mi piace ricordano come il mistero della carità. Maria, in attesa di Gesù, invece di pensare a se stessa, al mistero che si sta compiendo in lei, parte, si fa più di 140 Km. di strada per andare a servire la sua cugina anziana che, anche lei toccata dal mistero di Dio, sta per avere un figlio. Maria dà se stessa in aiuto ma porta Gesù in aiuto. Anche noi cristiani siamo sull’esempio di Cristo chiamati alla carità. E la carità dovrebbe spingerci fuori di noi stessi, dovrebbe portarci a donare, a condividere, più che le cose che abbiamo, noi stessi. Ma per un cristiano non basta ancora: noi dobbiamo portare Gesù! Forse Gesù non è visibile (anche per Maria era ancora nel suo grembo) ma gli altri dovrebbero sempre poterlo cogliere presente in noi, nel nostro servizio disinteressato, pronto, disponibile.

 

 

 

MERCOLEDI’ 22 DICEMBRE 1993

 

“Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore”. (Lc. 1,46)

Maria lascia straripare la gioia del suo cuore ed ecco il “Magnificat”. Un cuore amato, che ama non può non diventare un cantico di gratitudine. Ecco una pagina di “grazie” dal libro “L’amicizia di Cristo” di R.W. Bensow:

M’avevano parlato molto di lui, ma io non ci avevo badato. Mi mandava i suoi doni ogni giorno, ma io non lo ringraziavo. Pareva, spesso, che egli cercasse la mia amicizia, ma io rimanevo freddo. Ero senza casa: miserabile, affamato e in pericolo a tutte l’ore. Egli mi offrì un rifugio, il conforto, il cibo e la salvezza. Ma io ero sempre ingrato. Finalmente mi attraversò la via e con le lacrime agli occhi mi supplicò dicendo: Vieni, resta con me!”.

“Lasciate che vi dica come mi tratta ora.

Soddisfa ogni mio bisogno. Mi dà più di quel che oso chiedere. Previene ogni mia necessità. Mi prega perché gli chieda di più. Non mi rammenta mai la mia passata ingratitudine. Non mi rinfaccia mai le follie d’un tempo”.

“Lasciate che vi dica ancora che cosa io penso di lui.

E’ buono quanto è grande. Il suo amore è ardente quanto sincero. E’ così liberale nelle sue promesse quant’è fedele nell’adempierle. E geloso del mio amore quanto ne è  degno. In tutto gli sono debitore, ma egli mi comanda di chiamarlo Amico. E’ Gesù Cristo!”.

 

 

 

GIOVEDI’ 23 DICEMBRE 1993

 

“In quel medesimo istante si aprì la bocca di Zaccaria, gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio”. (Lc. 1,64)

Il racconto di Zaccaria che diventa muto all’annuncio della nascita di suo figlio e che riprende la parola quando viene al mondo Giovanni ha un significato che va oltre il fatto in se stesso. Israele che non ha creduto alle promesse e agli inviti di Dio resta muto, non sa più parlare con il suo Dio. Ma Dio non si tira indietro: il suo progetto di salvezza parla, grida al mondo. Ed anche Zaccaria riacquista la voce per benedire Dio. Nonostante l’opposizione, l’indifferenza, il mutismo, la tiepidezza, Dio continua ad amarci, continua l’incarnazione di suo Figlio per noi! Si aprano le bocche e i cuori per annunciare la fedeltà di Dio.

 

 

 

VENERDI’ 24 DICEMBRE 1993

 

“Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare coloro che sono nelle tenebre e nell’ombra della morte”. (Lc. 1,78—79)

Ci sono momenti di buio nella nostra vita: perché sono venuto al mondo? Che senso ha la sofferenza? Perché la morte di una persona cara? Che cosa ci aspetta: il vuoto o la vita? Ci arrabattiamo nel cercare risposte, sicurezze che non troviamo. Tutto ci sembra buio. E poi ecco sorgere il sole. Viene Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore. E se non ci nascondiamo nell’angolo buio della casa, ci illumina. Non toglie la sofferenza ma le dà significato. Non ci dà garanzie intellettuali ma apre i cuori alla speranza. E se ci lasciamo illuminare e scaldare il cuore tutte le cose trovano la loro luce, i]. significato pieno di una vita che viene da Dio.

 

 

 

SABATO 25 DICEMBRE 1993

 

“Maria lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”. (Lc. 2,7)

Oggi più che mai penso all’amore di Dio. Un Dio che mi ama al punto di farsi uomo. Un Dio che si abbassa per potermi guardare negli occhi e dirmi con se stesso che mi vuole bene. Un Dio che viene per i piccoli, i poveri, i disperati, gli affamati, i malati. Un Dio che mi augura la pace e porta la strada della pace. Un Dio che non mi umilia con la sua potenza. Un Dio che può tutto ma che viene per chiedere. Un Dio che ama la vita e che offre la vita. Un Dio che cerca l’affetto nella sua famiglia...

Grazie, Gesù! Potevi salvarci in mille altri modi ma hai scelto la strada della donazione totale. Sii accolto oggi e sempre da tutti gli uomini. Fammi piccolo per poter gioire con Te.

 

 

 

DOMENICA 26 DICEMBRE 1993

 

“Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso”. (Lc. 2,51)

Un certo modo di vedere ci ha fatto pensare alla famiglia di Gesù come ad una famiglia felice, fortunata. Certamente non era una famiglia senza problemi: c’erano stati problemi già fin dal fidanzamento, problemi di rapporti con la società civile, problemi di povertà, dover andare esuli, avere in casa un figlio che essendo Figlio di Dio ha esigenze diverse da un comune figlio. Ma questa famiglia, in tutto simile alle nostre, ha saputo essere in serenità perché ha saputo buttarsi interamente nelle mani della volontà di Dio. Il segreto che questa famiglia suggerisce a noi è proprio questo: tutto, le vicende gioiose e tristi della vita, gli affetti, i problemi sono visti, affrontati, risolti, dicendo continuamente “sì” a Dio.

 

 

 

LUNEDI’ 27 DICEMBRE 1993

 

“Quello che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi”. (1 Gv. 1,3)

Sovente mi sono chiesto come 12 apostoli, abbastanza sprovveduti, siano riusciti in pochi anni a trasmettere la fede in Cristo in tante persone. Non avevano grandi mezzi, andavano in giro a piedi, si guadagnavano da vivere con il loro lavoro, non avevano alle spalle grandi organizzazioni, eppure la gente vedeva e si convertiva! Oggi noi abbiamo mezzi, istituzioni, chiese, convegni su ogni argomento e... parliamo di scristianizzazione. Forse ci manca una cosa: gli apostoli avevano fatto esperienza di Gesù. Avevano vissuto con Lui le sue parole e soprattutto avevano visto e partecipato alla sua morte e risurrezione: ne avevano il cuore pieno. Non raccontavano delle idee, delle teologie, annunciavano una persona, Gesù, il Figlio di Dio e lo annunciavano con se stessi. Abbiamo bisogno di incontrare Cristo per portare Cristo. li mondo ha bisogno non di predicatori, ma di testimoni.

 

 

 

MARTEDI’ 28 DICEMBRE 1993

 

‘Erode mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme”. (Mt. 2,16)

Solo tre giorni fa ci siamo inteneriti davanti ad un bambino, oggi siamo inorriditi davanti alla morte crudele di questi innocenti. L’uomo può amare un bambino fino a dare la vita per lui, oppure, per potere e per paura, può diventare crudele fino ad uccidere degli innocenti. E la storia di ieri è  simile a quella di oggi. Mamme che pur di avere un figlio sono disposte a morire e mamme che se ne disfano bellamente. Uomini che studiano, operano, si sacrificano per salvare un bimbo malato o povero e uomini che buttano bombe che straziano vite innocenti: l’uomo, questo mistero di amore e di iniquità. Tutto dipende dal cuore. Proprio Gesù ci ha detto che dal cuore dell’uomo può uscire ogni nefandezza o ogni bontà.   

 

 

 

MERCOLEDI’ 29 DICEMBRE 1993

 

“Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come Lui si è comportato”. (1 Gv. 2,6)

Il Vangelo è contro ogni forma di ipocrisia, specialmente quella religiosa. Gesù buono e misericordioso, nel suo cammino sulla terra se l’è presa con parole di fuoco contro coloro che si sentivano possessori della fede, la sbandieravano, la usavano per i loro scopi e poi non la applicavano alla vita e la tradivano con comportamenti non corrispondenti al contenuto di essa. In questi giorni di Natale noi guardiamo al modo di agire di Dio. Lui dona se stesso, si fa ultimo con gli ultimi. Se vogliamo “dimorare”in Cristo, come ci suggerisce il brano di S. Giovanni, sappiamo qual'è la strada: non quella della potenza e della forza ma quella della condivisione e dell’amore.

 

 

 

GIOVEDI’ 30 DICEMBRE 1993

 

“Non amate il mondo, né le cose del mondo”. (1Gv. 2,15)

Ci sono delle frasi nella Bibbia che devono essere capite bene per non ingenerare false interpretazioni Quando si parla di “mondo” non si deve intendere tutte le cose create. Il creato è opera di Dio, e il libro della Genesi ci ricorda che dopo ogni creazione “Dio vide che era una cosa buona”. Anzi, proprio il creato, se sappiamo leggerlo e non solo sfruttarlo, ci parla del Creatore. Il termine “mondo”, così come lo usa Giovanni, è tutto ciò che ci allontana da Dio. E’ la mentalità del pensare solo a se stessi, alle proprie esigenze, è sfruttare natura e persone ai propri fini, è in fondo il peccato di Adamo che voleva per sé la conoscenza del bene e del male per diventare come Dio. E questa mentalità oggi è sempre più ricorrente in tutti i campi, dalla politica all’economia e rischia, a volte, di entrare anche nelle chiese e nel nostro comportamento. Amare Dio significa trovare in Lui la nostra piena libertà di figli.

 

 

 

VENERDI’ 31 DICEMBRE 1993

 

“Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato”. (Gv. 1,18)

I fatti della vita, con tutto quello che essi nascondono, sono per me una fotografia strappata, è andata in mille pezzetti, è confusa, sconnessa, non dice gran che: il volto che rappresentava è tutto sfigurato. Era già in pezzi quand’io sono nato; non conosco quel volto, perché non l’ho visto mai. Ma so che esso esiste, perché ne intravedo i lineamenti strappati, perduti in mille pezzetti: era bello, così bello che ne ho nostalgia. Voglio ricomporre la vita strappata e scoprire quel volto che tanto mi attrae. A volte mi pare di esserci riuscito; l’ho visto altre volte; non so più dove mai. Ma appena mi appare, subito sparisce. Cerco i pezzetti, che mancano ancora, per vedere quel volto che parla con noi; non m'é riuscito ancora di trovarlo nella vita che vivo. Ma sono certo che un giorno ci riuscirò e so che quello sarà un giorno felice. Sarà il giorno in cui finalmente scoprirò la chiave della vita, il senso delle cose, perché troverò Qualcuno molto amico, che mi rivelerà per sempre chi siamo noi. Vedrò   finalmente quel volto che mi attrae!

     
     
 

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