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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1993

 

MERCOLEDI’ 1 SETTEMBRE 1993

 

“Sul far del giorno, Gesù si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano”. (Lc. 4,42)

Gesù ha invitato a non essere persone che dicono solo “Signore, Signore”, ma persone che “fanno la volontà di Dio”. Ma Gesù più volte ha preso anche le distanze dal “fare per fare”. Per fare la volontà di Dio, occorre essere in comunione con Dio, e Gesù allora cerca il contatto con il Padre, i “luoghi deserti”, lontani dal chiasso, che portino all’incontro, all’ascolto, alla preghiera che informa poi l’agire. Tra certi gruppi di cristiani è di moda “fare deserto”. Ma aldilà della moda è importante che ogni persona che vuol fare la volontà di Dio si porti dentro un po’ di deserto per incontrare Dio. Riesci qualche volta a spegnere la televisione la radio, i giornali per trovare, nel silenzio, te stesso e Dio? Nelle tue giornate più affannose riesci a ritagliarti “l’angolo di Dio”? E’ proprio quell’angolo che poi ti permetterà di incontrare Dio negli altri e di portare Dio agli altri.

 

 

 

GIOVEDI’ 2 SETTEMBRE 1993

 

“La folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la Parola di Dio”. (Lc. 5,1—11)

Mi chiedo se oggi è ancora così. Gesù deve prendere addirittura provvedimenti (noleggiare una barca) tanta è la gente che cerca la sua parola. Noi oggi siamo drogati di parole ma siamo anche assuefatti. Non ci soddisfano le parole vane dei politici, le parole dei grandi ideali storici le abbiamo viste vanificate nella pratica. Luoghi dove si radunano le masse normalmente non sono luoghi di parole: lo stadio, il mega concerto, la discoteca... Se fai la proposta a qualcuno di trovarsi una sera per meditare la Bibbia ci sono mille scuse. Spesso la domenica c’è gente intorno all’altare ma, a volte cominciando dal prete, passiva, distratta, habitué. Eppure c e fame di parole di salvezza, di conforto: l’anziano solo ha bisogno di una parola di calore; il giovane di una che lo incoraggi; l’affaticato di una che gli doni speranza; il moribondo di una parola fatta mano che lo accompagni nel passaggio. E magari l’uomo va a cercare lontano una parola: le filosofie orientali, i facili miracolismi, le sedute spiritiche... Oggi diciamoci solo una parola: GESU’! E’ Lui la parola di Dio.

 

 

 

VENERDI’ 3 SETTEMBRE 1993

 

“Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi”. (Lc. 5,37)

Siamo testimoni della veridicità di questa frase anche guardando gli ultimi eventi sociali e politici dei nostri giorni. Non basta avere il vino nuovo, la novità di Gesù, se questo vino non trova i recipienti adatti. E non servono gli otri vecchi perché non hanno la consistenza di tenere la forza e l’irruenza del vino nuovo. Guardiamo anche la recente storia della Chiesa. Un papa, Giovanni XXIII, ha avuto l’ispirazione di un Concilio per una rinnovata giovinezza dei cristiani. Ma questa forza nuova non sempre ha trovato persone capaci ad accoglierne lo spirito perché era più comoda una Chiesa vecchia, ben organizzata, gerarchicamente sicura. Ed ecco allora che le novità del Concilio sono state nascoste in botti vecchie. Alcune di queste botti sono scoppiate, altre scoppieranno, ma purtroppo il vino andrà perso. Così è anche in ciascuno di noi per il Vangelo. Se siamo vecchi, statici, formalisti, abitudinari e non vogliamo cambiare, è meglio non accogliere neppure la novità del Vangelo: non solo rischiamo di scoppiare noi, ma anche di vanificare la forza del Vangelo.

 

 

SABATO 4 SETTEMBRE 1993

 

“Perché fate ciò che non è permesso in giorno di sabato?”. (Lc. 6,2)

Ci sono certe persone sempre pronte a guardare gli altri per cogliere tutto ciò che secondo i loro formalismi non è perfettamente “secondo la legge”, quasi che per essere fedeli a Dio, “buoni cristiani”, basti infilare una dopo l’altra una serie di norme. Dio non è come il notaio di certi giochi televisivi, non è il ragioniere dei peccati. Se ci ha dato i comandamenti lo ha fatto non per renderci schiavi di essi ma per liberarci e indicarci una strada. Ricordo che in una chiesa, non molti anni fa, c’era un cartello luminoso, comandato da un pulsante che il celebrante poteva azionare. Quando si arrivava all’offertorio il cartello si illuminava e si leggeva: “La Messa non è più valida”. E pensate che c era qualcuno che aspettava fuori fino a quel momento per entrare poi di corsa e cavarsela con la Messa più breve possibile. Ma la Messa è questione di precetto, di minuti oppure è il sacrificio di Cristo offerto per noi?

 

 

 

DOMENICA 5 SETTEMBRE 1993

 

“Se tuo fratello commette colpa, va’ e ammoniscilo...”. (Mt. 18,15 ss.)

La correzione fraterna è una delle cose più difficili. A nessuno piace essere ripreso, quindi partire per andare da un altro a dirgli “Guarda che hai sbagliato!”  non e la cosa più facile! C’è poi anche il pericolo di ergerci noi giudici dell’altro e questo è tutt’altro che cristiano. Quali sono i motivi per cui Gesù ci invita a correggerci vicendevolmente? Il primo motivo è la fraternità che deve esserci tra i cristiani: non siamo degli isolati, ci salviamo insieme. Il secondo è l’amore per la verità, per la giustizia: qualche volta il tacere, il nascondere è diventare conniventi del male. Ciò che conta, prima di tutto, è il ricupero del fratello, ma occorre discrezione, delicatezza, tatto, rispetto, ossia, si corregge perché si è fratelli, si ammonisce perché si ama.

 

 

 

LUNEDI’ 6 SETTEMBRE 1993

 

“Fratelli, sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi”. (Col. 1,24)

Si può essere lieti nelle sofferenze? Normalmente no, ma ci sono delle sofferenze che vissute per amore di altri possono diventare serenità e donazione totale. Ad esempio una mamma, per il bene di suo figlio è anche disposta a soffrire, i primi cristiani erano contenti di soffrire per amore di Cristo... Paolo ama talmente la comunità dei Colossesi che per amore di quei cristiani e di Gesù preferisce essere lui a soffrire piuttosto che loro. Tutto sta nel modo di affrontare le cose. L’amore vero, quello che vuole il bene dell’amato riesce a trasformare anche la sofferenza in gioia. Se qualche volta davanti alle prove, invece di sbuffare o di accettarle passivamente, sapessimo dar loro il segno dell’amore, esse sarebbero meno pesanti e noi avremmo qualche piccola cosa da poter offrire gratuitamente a Dio a ai fratelli.

 

 

 

MARTEDI’ 7 SETTEMBRE 1993

 

“Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”. (Col. 2,8)

Lungo la storia ed anche oggi, il problema della fede, della religione può essere affrontato in vari modi. I filosofi cercano con la ragione, i teologi, usufruendo del pensiero filosofico, cercano attorno alla fede, i materialisti si fermano alle realtà che vedono e toccano, gli spiritualisti ad oltranza vogliono astrarsi dalla realtà... Tutte queste strade sono state applicate anche a Gesù: chi lo ha visto come un grande pensatore, chi come l’uomo, chi ne mette in dubbio pure l’esistenza, chi cerca di spiegarlo attraverso la filosofia, chi cerca di ingabbiarlo nei dogmi, chi lo vede solo Dio e non uomo... Gesù ieri e oggi si propone così com’è: il Dio fatto uomo per salvarci con mistero d’amore che ci supera ma coinvolge. Tutte le ricerche su di Lui possono essere positive ma mai esaustive. Solo incontrando Gesù nel suo mistero e nella sua rivelazione potrai essere salvo.

 

 

 

MERCOLEDI’ 8 SETTEMBRE 1993

 

“Betlemme di Efrata, da te uscirà Colui che deve dominare Israele”. (Mi. 5,1)

Che cosa era Betlemme? Un piccolo paesino di pastori. Aveva dato i natali a Re Davide, ma aveva continuato ad essere un piccolo agglomerato di casupole. Chi era Maria? Una delle migliaia di bambine che meravigliosamente ma nascostamente venivano alla vita ogni giorno. Betlemme non era la città turrita, regale, commerciale. Maria non era la figlia del re. Eppure Dio sceglie un paesino come Betlemme per nascere, una bambina come Maria per farla diventare Madre di Dio. Il Dio che per amore si fa bambino “ha guardato alla piccolezza della sua serva”, non è andato a nascere nei palazzi della Roma caput mundi ma in una grotta di pastore di Betlemme. Se oggi vuoi cercare Dio non pensare di trovarlo nei palazzi del potere o nei salotti della pseudo cultura, cercalo nelle cose piccole, nei piccoli, anzi fatti piccolo anche tu perché “dei piccoli è il Regno di Dio”.

 

 

 

GIOVEDI’ 9 SETTEMBRE 1993

 

“E tutto quello che fate in parole e in opere, tutto si compia nel nome del Signore”. (Col. 3,17)

Da anni conosco una suora. E’ piccola ma sorridente. Ha passato tutta la sua vita a servizio prima di generazioni di bambini poi al capezzale di malati ed ora in una casa che ospita ragazzi e giovani che il mondo non saprebbe come accogliere diversamente. Ha parecchi anni. Non ha mai fatto cose straordinarie di cui il mondo possa in seguito ricordarsi di lei. Non ha avuto dalla vita gioie particolari; la sua giornata è sempre la stessa: levata prestissimo, preghiera, lavori umili e ripetitivi, cambio di padelle, letti da fare, sorrisi da dare là dove le parole non servono... Oh! non è una santa come ce l’immaginiamo noi, tutta pia e collo storto: ha il suo carattere, le sue debolezze ma... sorride con gli occhi e scopri che questo sorriso le viene dal profondo... Perché tutto questo? “Perché so di essere amata e cerco di amare come so il mio Signore”.

 

 

 

VENERDI’ 10 SETTEMBRE 1993

 

“Può forse un cieco guidare un altro cieco?”. (Lc. 6,39)

Un giorno, in un bosco molto frequentato scoppiò un incendio. Tutti fuggirono, presi dal panico. Rimasero soltanto un cieco e uno zoppo. In preda alla paura, il cieco si stava dirigendo proprio verso il fronte dell’incendio. “Non di là!” gli gridò lo zoppo. “Finirai nel fuoco!”. “Da che parte, allora?” chiese il cieco. “lo posso indicarti la strada” rispose lo zoppo “ma non posso correre. Se tu mi prendi sulle tue spalle, potremmo scappare tutti e due molto più in fretta e metterci al sicuro”. Il cieco seguì il consiglio dello zoppo. E i due si salvarono insieme. Se sapessimo mettere insieme le nostre esperienze, le nostre speranze e le nostre delusioni, le nostre ferite e le nostre conquiste, ci potremmo molto facilmente salvare tutti.

 

 

 

SABATO 11 SETTEMBRE 1993

 

“Ogni albero lo si riconosce dal suo frutto”. (Lc. 6,44)

A prima Vista non sempre è così facile! Ci sono alberi che appaiono meravigliosi nella loro fioritura ma producono frutti tossici e alberi che a prima vista paiono inaccessibili, contorti, spinosi, scheletriti che danno frutti buoni. Gesù nella sua terra aveva esempi evidenti: il fico d’india spinoso dà un frutto buono, la cosiddetta ‘mela di Sodoma” un frutto meraviglioso ma velenoso. Non basta allora vedere l’imponenza dell’albero, la quantità di foglie e di fiori, la bellezza dei frutti per definire la bontà del prodotto. Noi spesso nell’Ave Maria diciamo: “Benedetto il frutto del tuo grembo”. Ma il frutto del grembo di Maria nella sua maturità è Gesù crocifisso, è un frutto spiaccicato, non bello a vedersi, eppure è proprio quell’albero scarno della croce e quel frutto che non ha più che apparenze di dolore che ci danno la salvezza.

 

 

 

 

DOMENICA 12 SETTEMBRE 1993

 

  “Pietro disse a Gesù: Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?”.  (Mt. 18,21)
Pietro questa volta ha capito proprio poco il suo maestro e ci fa una figuraccia. Gesù gli aveva appena detto: “Tutto quello che legherete o scioglierete sulla terra sarà legato o sciolto in cielo”, e Pietro comincia a fare calcoli. E’ vero che Pietro, buon ebreo, era al corrente delle dispute dei rabbini sull’argomento che dicevano che alla moglie si può perdonare una volta, cinque al fratello... E Gesù che tariffa imporrà? Gesù non impone tariffe e preziari: Dio è disposto a perdonare sempre. Noi nei confronti di Dio siamo sempre insolvibili, ma Lui, gratuitamente, perdona. Unica condizione è che il perdono non puoi tenertelo per te, ma deve arrivare al fratello. Solo così il perdono diventa un’azione ininterrotta di trasformazione del mondo: il nostro passato viene trasformato e noi abbiamo a nostra volta la possibilità di trasformare il passato degli altri.

 

 

 

LUNEDI’ 13 SETTEMBRE 1993

 

“lo non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto”. (Lc. 7,6)

Chi è degno di accogliere Gesù? Nessuno di noi può accampare diritti. Ma è Gesù stesso che gratuitamente, per amore, si fa nostro commensale. Ogni volta che facciamo la comunione Gesù bussa alla porta del nostro cuore: se guardiamo dentro noi stessi troviamo cose buone ma anche tante povertà, cattiverie, egoismi che istintivamente ci fanno sentire indegni, incapaci di accogliere bene i]. Visitatore. Ma Gesù non ha paura di sporcarsi le mani, è venuto nel mondo proprio per esserci vicino, per darci la sua salvezza, per innalzarci fino a Lui. Se è giusto allora esaminarci per poter accogliere nel modo migliore la presenza eucaristica in noi, non priviamoci per troppo scrupolo di questo dono meraviglioso. E’ proprio riconoscendo le nostre incapacità che diamo a Lui spazio per operare in noi.

 

 

 

MARTEDI’ 14 SETTEMBRE 1993

 

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. (Gv. 3,14)

La festa che celebriamo oggi umanamente è un controsenso: si può esaltare uno strumento di tortura come la croce? Ha senso umanamente segnarci più volte al giorno con una croce, votarci ad essa? I cristiani sono gli uomini della croce non perché croce e sofferenze siano cose buone, ma perché esse sono trasformate da Gesù in segno di salvezza. La croce di Gesù è quanto di più aberrante gli uomini possano aver preparato al loro Dio, ma grazie a Lui diventa il segno della salvezza. Mentre Gesù è innalzato su quel legno si compiono due misteri: il mistero del male e della cattiveria che inchiodano il bene e il mistero del bene che proprio perché inchiodato per amore diventa segno di salvezza. Pensiamoci ogni volta che ci segniamo, ogni volta che guardiamo il crocifisso: lì c’è il mistero della nostra vita e della vita d’amore di Dio. Mentre trionfa il male, la morte, vince il bene, la misericordia e la salvezza.

 

 

 

MERCOLEDI’ 15 SETTEMBRE 1993

 

“E anche a te una spada trafiggerà l’ anima”. (Lc. 2,35)

Essere madre è uno dei doni più belli che la vita possa dare ad una donna, ma anche uno dei più impegnativi. Pensando oggi a Maria Addolorata, scorrono davanti a me volti conosciuti di mamme. La mamma che ho accompagnato all’obitorio dell’ospedale perché il suo bambino di pochi mesi era morto, le mamme addolorate, angosciate, qualche volta disperate che sono venute a piangere i figli drogati che magari le avevano pure picchiate, la vecchietta sola che da anni non vedeva più il suo figlio che abitava a pochi isolati da lei, le mamme preoccupate per la salute fisica o morale dei figli... Una di esse mi diceva: “I figli si partoriscono tante volte nella vita, e sempre nel dolore”. Maria, Tu hai avuto il cuore trafitto dalla stessa lancia che entrava nel petto del cuore di tuo Figlio crocifisso; Tu hai il cuore trafitto per noi, figli affidati a te ai piedi della croce; guarda alle tante sofferenze specialmente delle mamme e consola, rinnova la speranza, trasforma il dolore in grazia: il tuo dolore e il dolore di tante mamme generi ancora vita.

 

 

 

GIOVEDI’ 16 SETTEMBRE 1993

 

“Le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha molto amato”. (Lc. 7,47)

Ci sono momenti nella vita in cui la consapevolezza dei nostri peccati sembra abissale nei confronti di Dio. Ci sentiamo talmente lontani da Lui che quasi ci sembra impossibile che la sua misericordia possa raggiungerci. Eppure ce una strada che permette a Dio di riavvicinarsi a noi ed è la strada dell’amore profondo e sincero. Signore, Dio nostro, nel profumo e nelle lacrime della peccatrice il tuo Figlio ha riconosciuto il segno di un grande amore. Rivelaci la profondità del tuo perdono. Di fronte alla stupenda realtà della tua misericordia saremo allora capaci di portare il peso dei nostri peccati, grazie all'aiuto di Colui che ci ama, Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.

 

 

 

VENERDI’ 17 SETTEMBRE 1993

 

“L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali”. (1Tim. 6,10)

Questa affermazione di S. Paolo che richiama tutto l’insegnamento di Gesù non vuole spingerci ad un falso “irenismo” cioè a dire che tutte le cose della terra non valgono niente (e perché Dio le avrebbe date a noi?) ma vuole aiutarci a capire che c’è un nemico pronto a staccarci da Dio e dai suoi valori ed è, non il denaro in sé, ma l’attaccamento ad esso. “Non si può servire Dio e mammona”. Se sei preoccupato delle tue cose, c'é meno spazio per Dio; se pensi agli affari tuoi, gli altri sono solo tutti presunti nemici; se pensi solo alla serenità del tuo domani, della tua vecchiaia non hai più tempo a pensare all’eternità. Le cose concrete servono per la vita ma quando prendono la supremazia uccidono la vita e lasciano l’amarezza del vuoto.

 

 

 

SABATO 18 SETTEMBRE 1993

 

“Il seme caduto sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la Parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. (Lc. 8,13)

Quando, stando alla parabola del seminatore, cerco di capire che tipo di terreno sono nell’accogliere la Parola di Dio, mi trovo un po’ in tutti: terreno strada, terreno rovi, terreno buono, ma più spesso mi scopro roccia. La roccia è impermeabile sia all’acqua che al seme e noi spesso ci siamo rivestiti di una corazza di durezza, di abitudini che ci impedisce di gioire davanti alla Parola che ci salva, che ci impedisce di lasciarla annidare dentro di noi, di accoglierne il dono, di trasmetterle l’energia, di lasciarla marcire e morire in noi affinché rinasca e porti il frutto per cui è stata mandata. E’ facile entusiasmarsi per la fede (basta vedere il successo odierno di varie sette religiose o anche di certi stuzzichevoli gruppi cattolici) ma c'é la disponibilità a lasciarci trasformare dalla Parola nella quotidianità, anche quando arriva la tentazione?

 

 

 

DOMENICA 19 SETTEMBRE 1993

 

“Dissero al padrone: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. (Mt. 20,12)

Ci sono dei cristiani i quali credono che la religione consista in ciò che essi danno a Dio. Ci sono cristiani il cui esame di coscienza, la sera, più che a un inventario dei debiti contratti con Dio, assomiglia ad un inventario dei debiti che Dio ha nei loro riguardi. Presentano un conto dettagliato. E, se potessero, allungherebbero il collo per controllare che il Padrone abbia registrato tutto, abbia segnato accuratamente ogni, loro opera buona. Mentalità da mercenari, Incapacità congenita a considerarsi “servi inutili”. Non capiscono che è pericoloso esigere da Dio “ciò che è giusto” (che pretesa assurda chiedere dei conti a Dio! E se Lui, a sua volta, chiedesse dei conti a noi, con estremo rigore, come c'é la caveremmo?). Il vero operaio, secondo il cuore del Signore, è quello che si disinteressa del salario. Che trova la propria gioia nel poter lavorare per il Regno.

 

 

 

 

LUNEDI’ 20 SETTEMBRE 1993

 

“Chi semina nelle lacrime, miete con giubilo”. (Sal. 125,5)

Ricordo di aver visto molti anni fa un film già allora vecchio dove una famiglia di pionieri americani tentava di bonificare una terra su cui insediarsi. Avevano coltivato e seminato un campo, ma un improvviso temporale aveva distrutto tutte le pianticelle appena nate. Rimaneva loro solo un sacco di chicchi di grano. Il dilemma per quella famiglia era usare questo grano per sfamarsi o ritentare, rinunciando a mangiarlo, di seminare nuovamente, nella speranza che in seguito, se tutto andava bene, ci sarebbe stato un raccolto. Seminare costa. E’ un atto di fatica e di fiducia. Seminare amore in una società che bada solo ai profitti, può sembrare assurdo. Seminare valori nei propri figli che magari sembrano interessati solo a divertirsi può sembrare vano, seminare testimonianza in certi ambienti può essere doloroso... ma la fede ci porta a sperare nella bontà del seme e nelle possibilità del terreno per poter arrivare, non per merito nostro, alla gioia del raccolto.

 

 

 

MARTEDI’ 21 SETTEMBRE 1993

“Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: Seguimi. Ed egli si alzò e lo segui”. (Mt.9,9)
Un buon manager di industria quando deve scegliere dei collaboratori per la sua impresa fa ben attenzione ad alcune caratteristiche di coloro che chiama. Devono essere capaci, fidati, puliti!... Gesù chiama dodici per affidare loro la testimonianza niente meno del Regno di Dio. Matteo è capace, ma a fare conti, nel Regno di Dio bisogna essere esperti più che in addizioni e moltiplicazioni, in divisioni e sottrazioni e poi anche la piccola borsa dei dodici è già stata affidata “con molta oculatezza” ad un tale Giuda lscariota. Come ci si può fidare di un collaborazionista prezzolato degli usurpatori romani? E poi Matteo è tutt’altro che “pulito”: è considerato da tutti un pubblico peccatore: che razza di credibilità può avere un messaggio divino testimoniato da un esattore delle tasse? Per Gesù va bene così: meglio un pescatore, un esattore, uno zelota che un azzimato e intabarrato dottore della legge, meglio un peccatore che si converte che un lustro, infido e riverito monsignore!

 

 

 

MERCOLEDI’ 22 SETTEMBRE 1993

 

“Gesù chiamò a sé i dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie”. (Lc. 9,1)

Gli Apostoli, lo dimostra il Vangelo, almeno nei primi tempi, pensavano di ottenere autorità e potere nel nuovo regno di Gesù. Infatti spesso discutono su chi è il primo, su chi siederà alla destra del Cristo trionfatore. Gesù invece dà loro un potere, ma ben diverso: è il potere di combattere il male nel nome di Dio. Questo e non altri poteri, è dato ancor oggi ad ogni cristiano. Noi possiamo e dobbiamo combattere ogni male. Il male si presenta oggi come ieri in modi diversi: la sofferenza, la malattia, il peccato, l’egoismo, l’ingiustizia, la fame. Il cristiano deve combatterlo, in se stesso, attorno a sé e deve combatterlo non con le sue forze (da soli non ce la facciamo), ma con la forza di Dio (Lui il male lo ha già vinto definitivamente). Essere cristiani non è una semplice passeggiata verso un trionfo umano, è una lotta continua, ma come dice S. Paolo “Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, poiché anche la vita di Gesù si manifesti”.

 

 

 

GIOVEDI’ 23 SETTEMBRE 1993

 

“Erode diceva: Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui del quale sento dire tali cose? E cercava di vederlo”. (Lc. 9,9)

A prima vista ci sentiamo quasi ammirati da questa figura di Frode che cerca di vedere Gesù. Sarà un uomo alla ricerca della verità? Erode è soprattutto un uomo timoroso e curioso. Oggi molti uomini sono “curiosi” di verità. Si cerca lo straordinario ma non per trovare la fede ma per possedere qualche capacità in più di altri. Quante mode moderne: maghi (11 mila solo in italia), sette, esoterismi... Ma perché? E il bello è che ci sono cristiani che coniugano bellamente comunione eucaristica e amuleti, fattucchiere e sacramenti. Non basta voler ‘‘vedere Gesù’’, bisogna incontrare Gesù. E incontrano non come un semplice compagno occasionale di viaggio dal quale sfruttare qualcosa, ma incontrarlo così com’è, come persona che ci interpella, che non ha solo parole dolci e consolanti ma come uno che ha parole ed è parola di verità, magari sfenzante ma che ci libera veramente dal di dentro.

 

 

 

VENERDI’ 24 SETTEMBRE 1993

 

“Verrò all’altare di Dio, al Dio della mia gioia. (Sal. 42,4)

Le parole del Salmo di oggi sono le parole, che finché c’era la liturgia in latino, ogni sacerdote diceva all’inizio della Messa. Ogni tanto ci ripenso quando la domenica vedo arrivare la gente dalle case alla chiesa: Dio ci chiama e ci introduce al suo altare. Ci chiama non per chiederci qualcosa ma per donarci se stesso fonte di gioia. E’ bello vedere una comunità così eterogenea, con tanti problemi diversi, unita intorno all’unico pane che ci rende uno. Impariamo sempre più ad apprezzare la Messa in questo senso. La Messa non è obbligo, fatica, noia, pesantezza, è gioia, è sentirsi parte dell’altare di Dio, è comune unione con Lui, è pane spezzato, è sorgente di carità e di speranza, è gioia di sentirsi una cosa sola con Cristo Salvatore.

 

 

 

SABATO 25 SETTEMBRE 1993

 

“Ma essi non comprendevano”. (Lc. 9,45)

Comprendere Gesù non è cosa facile! Egli parla un linguaggio che non è secondo il modo di pensare umano, ma secondo la volontà di Dio, è in tutto simile a noi ma realizza se stesso come colui che fa in tutto la volontà del Padre. Gesù non lo si comprende con le discussioni; con le teorie, comprendere Gesù significa fidarsi totalmente dei progetti di Dio che si realizzano in Lui e fidarsi del progetto di Dio che si compie in ciascuno di noi. Chi fa questo salto nel buio, però, ha la sicurezza di atterrare nelle braccia del Padre e nelle sue braccia allora si riesce a comprendere Gesù, il suo mistero di morte e risurrezione e la nostra vita intera.

 

 

 

DOMENICA 26 SETTEMBRE 1993

 

“Chi dei due figli ha compiuto la volontà del Padre?”. (Mt. 21,31)

Gesù, ce lo dimostra tutto il Vangelo, non ama le mezze misure, gli uomini tiepidi, ma i caratteri forti. La parabola dei due figli invitati a lavorare nella vigna è significativa a questo proposito. Si tratta di due figli che hanno un comportamento molto diverso nei confronti del padre: il primo dice: “Sì”, ma non fa nulla; il secondo dice: “No”, poi si pente ed obbedisce. Non è possibile ingannarsi: dietro all’invito a lavorare nella vigna del padre, c’è la chiamata di tutti gli uomini al Regno di Dio. “Il secondo ha compiuto la volontà del padre”, constatano gli ascoltatori di Gesù. Dunque hanno capito. E anche noi dovremmo aver capito, di fronte ad una parabola che rispecchia la nostra vita: i nostri “sì” che assomigliano tanto a dei no, i nostri buoni motivi per non fare troppo, il nostro disimpegno, la nostra pigrizia. L’obbedienza vera si esprime attraverso gesti concreti e non attraverso le parole.

 

 

 

LUNEDI’ 27 SETTEMBRE 1993

 

“Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non era con noi, tra i tuoi seguaci”.

(Lc. 9,49)

Dalle comunità primitive fino alle nostre comunità odierne sempre c e stato il problema dell’identità. “Io sono di Paolo, io di Pietro, io di Apollo” dicevano nella comunità di Corinto. “Io sono del prete tale, del movimento talaltro” si dice oggi passando facilmente sopra al fatto che siamo tutti di Cristo, unico Salvatore. Ma quello che è ancora peggio è che ogni fazione pensa di avere in esclusiva la strada della salvezza, e così ogni gruppo vuole impedire all’altro di ricevere e manifestare i doni di Dio. Dio ama tutti gli uomini e li rispetta al punto da tracciare per ognuno una strada personale. Siamo estremamente sciocchi quando vogliamo buttare via questa quantità di doni. Per stare ad un famoso esempio di S. Paolo bisogna che ogni parte del corpo funzioni bene e compia la sua parte perché tutto il corpo sia armonico. Sarebbe assurdo, perché io sono mano, pretendere che l’occhio o l’orecchio diventino mano.

 

 

 

MARTEDI’ 28 SETTEMBRE 1993

 

“Signore, vuoi che diciamo che scenda dal cielo un fuoco e li consumi?”. (Lc. 9,54)

Questi Apostoli, ringalluzziti dal fatto di aver compiuto qualche miracolo, pretendono di poter invocare fiamme e fuoco su un villaggio samaritano che non ha accolto Gesù. E’ la logica del potere, è voler rapidamente e drasticamente risolvere i problemi, è estirpare la zizzania. Ma questa non è la logica di Gesù: “Non sono venuto a condannare, ma perché il mondo si salvi”, aspettate ad andare ad estirpare la zizzania”. Dio è il “Dio paziente, lento all’ira, grande nella misericordia Quando invochiamo la collera di Dio o degli uomini per estirpare il male pensiamo un momento: “Se Dio facesse come io vorrei bruciando i cattivi, quante volte dovrei essere già stato bruciato io?”

 

 

 

MERCOLEDI’ 29 SETTEMBRE 1993

 

“Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”. (Gv. 1,51)

Mentre alcuni con sorrisi di superiorità dicono: “Gli angeli: tutte cose da Medioevo!”, altri oggi andando a pescare in altre religioni parlano di “spiriti guida”, di “entità protettive. Nella Bibbia, quando si parla di Angelo del Signore, il più delle volte si parla della presenza provvidente del Signore stesso che in modi diversi si rende presente nel nostro cammino. Nella prima preghiera Eucaristica, il canone romano si dice: “L’angelo del Signore presenti questi doni sull’altare del cielo” ed è lo stesso Gesù che offre il suo sacrificio per noi. A me non fa difficoltà, anzi è motivo di gioia credere che la provvidenza di Dio nei miei confronti o nei confronti di una comunità passi anche attraverso l’assistenza di un “Angelo del Signore” e ogni volta che dico “L’Angelo di Dio” penso proprio che ci sia qualcuno a cui sono stato affidato e che ha il compito di starmi vicino, di ricordarmi la strada, di “reggere e governare a me” perché la Provvidenza di Dio possa ogni giorno operare in me.

 

 

 

GIOVEDI’ 30 SETTEMBRE 1993

 

“Andate: non portate borsa, né bisaccia, né sandali” (Lc. 10,3—4)

Il comando di Gesù agli Apostoli e a noi, non è quello di restare ma quello di andare. Cristo ha bisogno di noi per arrivare a tutti gli uomini. Non ha bisogno di mezzi, ha bisogno di persone disponibili. Spesso noi ci angustiamo perché pensiamo di non avere mezzi sufficienti per l’annunzio del Regno di Dio, e la Chiesa ha combattuto battaglie per ottenere o difendere privilegi, ricchezze, quasi che il messaggio di Gesù possa giungere al cuore di tanti uomini solo se appoggiato dal potere, dalle coreografie, dai più moderni mezzi di comunicazione. Un computer può essere utile per avanzare tempo ma non è certo un computer che fa nascere o crescere la fede. Gesù ha bisogno di me, di te, non delle tue cose: sono già sue tutte le cose del mondo ma tu sei veramente suo?

     
     
 

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