UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
AGOSTO
1993
DOMENICA 1 AGOSTO 1993
“Né potenze, né altezze, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù”. (Rm. 8,39)
Troveremo
sempre gente che cercherà di farci credere che Dio è solo un poliziotto o una
spia che ci sorveglia e tiene d’occhio giorno e notte. Come se Dio scrivesse
giorno e notte e annotasse tutto in un grande libro: i nostri errori e i nostri
peccati, i nostri lati buoni e cattivi... Ma perché deve essere sempre severo
con noi o addirittura contro di noi? Perché Dio deve essere nostro nemico? E
perché c’è chi vuole trasformare Dio in una specie di computer che conta e
riconta? Dio non è una macchina! Ne volete una prova? Quando portano davanti a
Gesù un’adultera per farla condannare, Gesù in silenzio fa un gesto: si
mette a scrivere sulla sabbia: l’unico libro di Gesù è la sabbia... La
sabbia ingoia tutto, la sabbia dimentica tutto, la sabbia cancella tutto. Per
Gesù il peccato si cancella come tutto ciò che è scritto sulla sabbia.
LUNEDI' 2 AGOSTO 1993
“Non abbiamo che cinque pani e due pesci”. (Mt. 14,17)
Gli
Apostoli vorrebbero dare da mangiare alla folla ma sono preoccupati
dell’esiguità delle loro risorse: si può sfamare 5.000 persone con 5 pani?
Quante volte questa domanda si ripete per esempio da parte di certi missionari
che davanti a problemi di denutrizione, di malattia si trovano ad avere mezzi
irrisori! Ma nel Vangelo c’è una strada: bisogna regalare quei 5 pani e 2
pesci; regalarli a Gesù, Lui penserà al resto! Mi domando spesso come abbiano
fatto il Cottolengo, Don Bosco, Madre Teresa di Calcutta, Padre Maschio a fare
tutto quello che hanno fatto con tutta la povertà che si trovano addosso. Hanno
donato tutto, compresa la povertà che si trovavano addosso a Gesù e Lui ha
fatto il resto. Prova anche tu e ti troverai meravigliato davanti alla povertà
che diventa pane per tutti.
MARTEDI'
3 AGOSTO 1993
“Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato”. (Sal. 50,4)
Un
fedele buono, ma piuttosto debole, si confessava di solito dal parroco. Le sue
confessioni sembravano però un disco rotto: sempre le stesse mancanze, e
soprattutto sempre lo stesso grosso peccato.“Basta!” gli disse, un giorno,
in tono severo il parroco. “Non devi prendere in giro il Signore. E’
l’ultima volta che ti assolvo per questo peccato. Ricordatelo!”. Ma quindici
giorni dopo, il fedele era di nuovo là a confessare il. suo solito peccato. Il
confessore perse davvero la pazienza: “Ti avevo avvertito: non ti do
l’assoluzione. Così impari.. Avvilito e colmo di vergogna, il povero uomo si
alzo. Proprio sopra il confessionale, appeso al muro, troneggiava un grande
crocifisso di gesso. L’uomo lo guardò. In quell’istante, il Gesù di gesso
del crocifisso si animò, sollevò un braccio dalla sua secolare posizione e
tracciò il segno dell’assoluzione: “Io ti assolvo dai tuoi peccati. Ognuno
di noi è legato a Dio con un filo. Quando commettiamo un peccato, il filo si
rompe. Ma quando ci pentiamo della nostra colpa, Dio fa un nodo nel filo, che
diviene più corto di prima. Di perdono in perdono ci avviciniamo a Dio.
MERCOLEDI'
4 AGOSTO 1993
“E’
vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che
cadono dalla tavola dei
padroni”. (Mt.15,27)
Da sempre, questa donna del Vangelo, ha destato la mia ammirazione. E’ una
povera donna con una figlia malata. E’ andata a cercare Gesù. Sa di essere
straniera, quindi non può accampare neppure la presunzione di un diritto, non
si limita a parlare ma grida, non si lascia smontare dalla crudezza della
risposta di Gesù, gli risponde umilmente ma a tono, strappa il miracolo e
ottiene anche un elogio di Gesù: “Donna, davvero grande è la tua fede!”.
Qualche giorno fa, un signore che il mondo considera di alta cultura, con
sufficienza e sarcasmo diceva: “La fede cristiana è un fatto di donniciole”.
Ebbene: vorrei essere come quella “donniciola” del Vangelo!
GIOVEDI'
5 AGOSTO 1993
“Disse loro: Voi chi dite che io sia? Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. (Mt. 15,15—16)
Tutti noi che leggiamo questa pagina abbiamo il dono di credere in Gesù, Figlio di Dio. Ma spesso, l’abitudine, il tran—tran della vita non ci permettono di riconoscere il vero valore di questo dono. Che non ci capiti di fare la fine di questo personaggio del racconto di Gibran.
Viveva
un tempo tra i monti un uomo che possedeva una statua, opera di un antico
maestro. L’aveva buttata in un angolo, faccia a terra, e non se ne curava
affatto. Un giorno, si trovò a passare nei pressi un uomo che veniva dalla città.
Essendo un uomo di cultura, quando vide la statua chiese al proprietario se
fosse disposto a venderla. Il proprietario rise e disse: “E chi vuole che
compri, scusi, quella pietra sporca e scialba?”. L’uomo della città disse:
“Ti do in cambio questa moneta d’argento”. E l’altro ne fu sorpreso e
felice. La statua fu trasportata in città, a dorso di elefante. E dopo molte
lune, l’uomo dei monti si recò in città, e mentre camminava per la strada
vide gente affollarsi davanti ad un edificio, dove un uomo gridava a gran voce:
“Venite a vedere la statua più bella, la più mirabile esistente al mondo.
Solo due monete d’argento per ammirare l’opera meravigliosa di un grande maestro”.
E l’uomo dei monti pagò due monete d’argento ed entrò nel museo per vedere
la statua che lui stesso aveva venduto per una moneta.
VENERDI'
6 AGOSTO 1993
“E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. (Mt. 17,2)
La
parola “trasfigurazione” ci fa pensare forse a certi volti di uomini e donne
che dopo la prova, la sofferenza e persino la morte, risplendono di una luce
interiore che si irradia dall’intimo di loro stessi. Lasciando da parte alcune
vite fuori del comune, come quella di Bernardette, che durante le apparizioni di
Lourdes era trasfigurata da una luce divina, viene spontaneo ricordare gli occhi
ardenti di Charles de Foucauld verso la fine della sua esistenza, il riflesso
sul suo volto di quel fuoco d’amore che ardeva dentro di lui. Soltanto sul
volto di coloro che ascoltano il Cristo e si lasciano rinnovare dalla sua parola
può riflettersi il volto eterno del Dio vivente. Perché il destino di ogni
cristiano è scritto fra due montagne: dal Calvario al Tabor, ciò che conta è
la semplicità di una vita umana trasfigurata dallo Spirito e risplendente sotto
il sole di Dio.
SABATO
7 AGOSTO 1993
“Se aveste fede pari ad un granellino di senape potrete dire a questo monte: spostati di qui a là ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile”. (Mt. 14,20)
Qualche
volta leggendo questa frase si possono correre due rischi nell’interpretarla:
o dire: “Allora noi non abbiamo fede”, o presumere di poter fare miracoli.
Fede è fidarsi. Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico
dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente. Quando
Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e,
prendendogli la mano, gli chiese: “Dimmi, Piero, come stai a fede?”. Chiara
lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: “lo mi fido di te”. Sono le
parole più belle che possiamo dire ad un amico: “Io mi fido di te”. E’ la
preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: “lo mi fido di Te”.
DOMENICA
8 AGOSTO 1993
“Signore, se sei Tu, comanda che io venga da Te sulle acque”. (Mt. 14,28)
Sento
una simpatia particolare per il Pietro di questo brano di Vangelo. Mi
assomiglia. Ha avuto paura della tempesta, ha avuto paura dei fantasmi, vuole
delle prove, pensa di farcela da solo ma rimane buggerato dalla sua paura.
Pietro si è trascinato dietro, Invece che la fede, il peso di se stesso,
dell’ambizione, che lo portava a primeggiare, a distinguersi dagli altri, e ne
è stato trascinato in basso, fino a sprofondare. La scena sul lago finisce con
un fatto; i discepoli si prostrano davanti a Gesù e fanno il loro atto di fede:
ecco il segreto della leggerezza. Nessuno ci chiede di camminare sulle acque, ma
è necessario, doveroso, che anche in mezzo alle tempeste più furibonde,
troviamo la forza di piegare le ginocchia. Soltanto allora potremo azzardare
qualche passo sulle strade degli uomini, senza che ci manchi la terra sotto i
piedi.
LUNEDI'
9 AGOSTO 1993
“Gli esattori della tassa del Tempio chiesero a Pietro: Il vostro Maestro non paga la tassa per il Tempio? Rispose: Si”. (Mt. 17,24—25)
Gesù,
il Signore e Re dell’universo pagava le tasse. Lui, il Figlio del Re, ha
pagato non solo le tasse, ma ha pagato per noi. E’ questa la logica
dell’incarnazione: “Da ricco che era si fece povero per fare ricchi noi”.
Noi cristiani, se vogliamo “incarnare” la nostra fede, non dobbiamo sentirci
dei privilegiati e per questo esimerci dalle contingenze della vita comune, ma
proprio in esse manifestare il dono ricevuto, il cristiano dunque paga le tasse.
Anche in questo dimostra la sua fede, anzi più degli altri si sente impegnato
nei doveri di giustizia sociale perché spinto dal senso di giustizia e di equità
che si fondano direttamente su Dio e sulla sua legge.
MARTEDI'
10 AGOSTO 1993
“Dio ama chi dona con gioia”. (2Cor. 9,7)
Il
parroco di una delle sterminate periferie di Parigi, incaricò un giorno la
scrittrice Madeleine Delbrel, sua buona parrocchiana, di portare un pacco di
vestiti ad una poverissima famiglia di non credenti. Madeleine prese il
pacchetto e si recò all’indirizzo che le aveva dato il parroco. Salì i
cinque piani del freddo casermone di cemento e consegnò il pacco alla donna
dall’aria sciupata con un bambino accanto, che era venuta ad aprire la porta.
La donna ringraziò e Madeleine riprese le scale. Era appena giunta a
pianterreno che si sentì richiamare. Era la donna del quinto piano che urlava:
“Vieni a riprenderti il tuo pacchetto! Sono degli stracci schifosi! Siamo
poveri, ma non viviamo di rifiuti!”. Madeleine risalì. Vide che la donna
aveva ragione: il pacco conteneva biancheria sporca. C’era stato qualche errore.
Si scusò e ridiscese, addolorata. Non sapeva che cosa fare. Passò davanti ad
un negozio di fiori e vide un cesto di magnifiche rose rosse. Le comperò,
ritornò sui suoi passi, incontrò il bambino della donna e gli diede i fiori,
dicendogli: “Portali alla tua mamma Quel bambino fu il primo battezzato del
quartiere.
MERCOLEDI'
11 AGOSTO 1993
“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. (Mt. 18,20)
La
Chiesa nel suo cammino ha codificato sette sacramenti in cui la presenza reale e
l’azione di Cristo sono sicure, ma nel Vangelo ci sono indicate anche altre
forme reali, sicure di presenza “sacramentale” di Gesù. Gesù, oggi, ci
indica con chiarezza un modo di presenza sua in mezzo a noi: Quando più persone
sono unite nel suo nome, Lui c’è. E questo riguarda le assemblee di preghiera
dei cristiani, come la Messa, la Liturgia della Parola... ma riguarda anche
l’agire dei cristiani: quando più cristiani decidono insieme di operare nel
nome di Gesù per il bene dei fratelli, Gesù è con loro. Detto in altre
parole: quante occasioni di comunione con il Signore, non solo nell’Eucarestia
ma nella fratellanza e nell’agire insieme nel suo nome.
GIOVEDI'
12 AGOSTO 1993
“Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, fino a sette volte?”. (Mt. 18,21)
Capisco
profondamente questa domanda di Pietro. Lui ebreo, abituato alla legge del
taglione, uomo focoso e deciso si sente dire che deve sempre perdonare. E’ già
difficile dare il perdono in maniera profonda e completa, una volta, come si fa
a perdonare più volte ad una persona che continua ad offenderti? Umanamente
c’è un limite a tutto! Ma il Vangelo non è solo umano! Parte dalla nostra
umanità ma vuol portarci a pensare e ad agire come Dio. Certo, magari non tutto
d’un colpo, ma è lì che dobbiamo mirare. E per fare questo c’è una cosa
sola che ci aiuta: guardare a come Dio perdona a noi. Se Lui non si è ancora
stancato di me, se mi perdona ancora, posso io ergermi a giudice insindacabile
nei confronti del mio fratello?
VENERDI'
13 AGOSTO 1993
“Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi”. (Mt. 19,6)
Proviamo oggi a meditare questa parola sull’unità della famiglia attraverso gli occhi dei bambini.
Il
papà chiede ad Alessio, 5 anni: “Che cosa ti piace di più del papà?”. E
Alessio, dopo aver riflettuto un po’: “La mamma”.
“Quand’è che ti accorgi che la tua famiglia va bene?” chiesero ad una bambina.
“Quando vedo il papà e la mamma che si danno i bacetti” rispose.
I
genitori non devono nascondersi nell’armadio per darsi i bacetti. Ogni volta
che manifestano l’amore che li unisce, i bambini si sentono inondati di calda
e gioiosa fiducia. Sanno bene che l’amore reciproco dei genitori è l’unica
roccia solida su cui possono costruire la loro vita.
SABATO
14 AGOSTO 1993
“Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il Regno dei cieli”. (Mt. 19,14)
Gesù
ama i bambini ma in questo brano, al di là dell’amore per i più piccoli in
età vuole indicarci un’altra cosa preziosa: davanti a Dio contano coloro che
non hanno altri appoggi, altre pretese. I bambini non votano: non contano per i
politici; non hanno sindacato: non contano per i potenti; non hanno soldi e non
fanno soldi: non contano per i ricchi; in compenso hanno bisogno di tutto e
soprattutto di amore. Gesù prende allora le mosse proprio da questa situazione
per ricordarci che nel suo Regno c’è posto solo per chi si sente piccolo,
bisognoso di tutto, per chi si sente povertà assoluta e pura capacità di
ricevere, per chi grida il suo enorme bisogno d’amore a un Dio che essendo
amore può colmare in modo totale questa esigenza.
DOMENICA
15 AGOSTO 1993
“Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. (Ap. 12,1)
C’era
una volta, tanti secoli fa, una città famosa. Sorgeva in una prospera vallata
e, siccome i suoi abitanti erano decisi e laboriosj, in poco tempo crebbe
enormemente. Ma un brutto giorno, i suoi abitanti decisero di eleggere un re. Le
trombe d’oro degli araldi li riunirono tutti davanti al Municipio. Non mancava
nessuno. Poveri e ricchi, giovani e vecchi si guardavano in faccia e
parlottavano a bassa voce. Lo squillo argentino di una tromba impose il silenzio
a tutta l’assemblea. Si fece avanti allora un tipo basso e grasso, vestito
superbamente. Era l’uomo più ricco della città. Alzò la mano carica di
anelli scintillanti e proclamò: “Cittadini! Noi siamo già immensamente
ricchi. Non ci manca il denaro. Il nostro re deve essere un uomo nobile, un
conte, un marchese, un principe, perché tutti lo rispettino per il suo alto
lignaggio”. “No! Vattene! Fatelo tacere! Buuuu!” I meno ricchi della città
cominciarono una gazzarra indescrivibile. “Vogliamo come re un uomo ricco e
generoso che ponga rimedio ai nostri problemi!”. Nello stesso tempo, i soldati
issarono sulle loro spalle un gigante muscoloso e gridarono, agitando
minacciosamente le picche: “Questo sarà il nostro re! Il più forte!”.
Nella confusione generale, nessuno capiva più niente. Suonò di nuovo la
tromba. Poco a poco, la moltitudine si acquietò. Un anziano, sereno e prudente,
salì sul gradino più alto e disse: “Amici, non commettiamo la pazzia di
batterci per un re che non esiste ancora. Chiamiamo un bambino innocente e sia
lui ad eleggere un re tra noi”. Presero per mano un bambino e lo condussero
davanti a tutti. L’anziano gli chiese: “Chi vuoi che sia il re di questa
città così grande?” Il bambinetto li guardò tutti, si succhiò il pollice e
poi rispose: “ I re sono brutti. non voglio un re. Voglio che sia una regina:
la mia mamma”. Le mamme al governo. E’ un’idea magnifica. Il mondo sarebbe
certamente più pulito, si direbbero meno parolacce, tutti darebbero la mano ad
uno più grande prima di attraversare la strada... Dio l’ha pensata allo
stesso modo. E ha fatto Maria.
LUNEDI'
16 AGOSTO 1993
“Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. (Mt. 19,16)
Fatta
per motivi esistenziali o religiosi è sempre la stessa domanda quella che viene
fatta oggi a Gesù: che senso ha la vita?, come viverla? La vita è un viaggio.
Si arriva passo dopo passo. E se ogni passo è meraviglioso, se ogni passo è
magico, lo sarà anche la vita. E non sarete mai di quelli che arrivano in punto
di morte senza aver vissuto. Non lasciatevi sfuggire nulla. Non guardate al di
sopra delle spalle degli altri. Guardateli negli occhi. Non parlate “ai”
vostri figli. Prendete i loro visi tra le mani e parlate “con” loro. Non
abbracciate un corpo, abbracciate una persona. E fatelo ora. Sensazioni,
impulsi, desideri, emozioni, idee, incontri, non buttate via niente. Un giorno
scoprirete quanto erano grandi e insostituibili. Ogni giorno imparate qualcosa
di nuovo su voi stessi e sugli altri. Ogni giorno cercate di essere consapevoli
delle cose bellissime che ci sono nel nostro mondo. E non lasciate che vi
convincano del contrario. Guardate i fiori. Guardate gli uccellini. Sentite la
brezza. Mangiate bene e apprezzatelo. E condividete tutto con gli altri. Uno dei
complimenti più grandi è dire a qualcuno: “Guarda quel tramonto
MARTEDI'
17 AGOSTO 1993
“Il giovane se ne andò triste, poiché aveva molte ricchezze”. (Mt. 19,22)
Ci
troviamo davanti ad un’altra pagina del Vangelo a prima vista assurda. Il
nostro mondo ci grida: “Beato se stai bene, se hai soldi, se ti diverti”. E
noi qualche volta ci crediamo! Eppure questo giovane, tra l’altro buono e
osservante, se ne va triste perché ha troppi soldi, mentre se “fosse andato e
avesse venduto tutto e dato ai poveri sarebbe stato felice perché avrebbe avuto
un tesoro in cielo e avrebbe potuto seguire Gesù”. E’ un assurdo per la
mentalità degli uomini, non per lo spirito dell’uomo. Infatti l’uomo nel
suo intimo sa benissimo che nulla di materiale potrà colmargli la fame di
infinito a cui anela il suo cuore. Sa anche che le cose materiali troppo spesso
lo deviano da quelle che sono le sue aspirazioni e lo legano a tal punto da non
lasciargli più respiro. Proviamo ad esempio a pensare ad un idolo di questi
giorni? Le vacanze: se sono state l’ideale in cui abbiamo speso, bruciato
tutto noi stessi secondo le mode, finite, lasciano solo tristezza e amaro in
bocca; se sono servite per ricreare il nostro corpo e il nostro spirito ci
lasciano gioiosi e pronti a ricominciare con spirito nuovo.
MERCOLEDI'
18 AGOSTO 1993
“Il Regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che usci a prendere a giornata lavoratori per la sua vigna”. (Mt. 20,1)
Il
padrone di una grossa fattoria aveva bisogno di un aiutante che badasse alle
stalle e al fienile. Come voleva la tradizione, il giorno della festa del paese,
cominciò a cercare. Scorse un ragazzo di 16 — 17 anni che si aggirava tra i
baracconi. Era un tipo alto e magro, che non sembrava molto forte. “Come ti
chiami giovanotto?”. “Alfredo, signore”. “Sto cercando qualcuno che
voglia lavorare nella mia fattoria. Ti intendi di lavori agricoli?”.
“Sissignore. lo so dormire in una notte ventosa!”. “Che cosa?” chiese il
contadino sorpreso. “Io so dormire in una notte ventosa”. Il contadino
scosse la testa e se ne andò. Nel tardo pomeriggio, incontrò nuovamente
Alfredo e gli rifece la proposta. La risposta di Alfredo fu la medesima: “Io
so dormire in una notte ventosa!”. Al contadino serviva un aiutante non un
giovanotto che si vantava di dormire nelle notti ventose. Provò ancora a
cercare, ma non trovò nessuno disposto a lavorare nella sua fattoria. Così
decise di assumere Alfredo che gli ripeté: “Stia tranquillo, padrone, io so
dormire in una notte ventosa”. “D’accordo. Vedremo quello che sai fare”.
Alfredo lavorò nella fattoria per diverse settimane. Il padrone era molto
occupato e non faceva molta attenzione a quello che faceva il giovane. Poi una
notte fu svegliato dal vento. Il vento ululava tra gli alberi, ruggiva giù per
i camini, scuoteva le finestre. Il contadino saltò giù dal letto. La bufera
avrebbe potuto spalancare le porte della stalla, spaventare cavalli e mucche,
sparpagliare il fieno e la paglia, combinare ogni sorta di guai. Corse a bussare
alla porta di Alfredo, ma non ebbe risposta. Bussò più forte. “Alfredo,
alzati! Vieni a darmi una mano, prima che il vento distrugga tutto!”. Ma
Alfredo continuò a dormire. Il contadino non aveva tempo da perdere. Si
precipitò giù per le scale, attraversò di corsa l’aia e raggiunse la
cascina. Ed ebbe una bella sorpresa. Le porte delle stalle erano saldamente
chiuse e le finestre erano bloccate. Il fieno e la paglia erano coperti e legati
in modo tale da non poter essere soffiati via, I cavalli erano al sicuro, e i
maiali e le galline erano quieti. All’esterno il vento soffiava con impeto.
Dentro la cascina, gli animali erano calmi e tutto era al sicuro. D’improvviso
il contadino scoppiò in una sonora risata. Aveva capito che cosa intendeva dire
Alfredo quando affermava di saper dormire in una notte ventosa. Il giovane
faceva bene il suo lavoro ogni giorno. Si assicurava che tutto fosse a posto.
Chiudeva accuratamente porte e finestre e si prendeva cura degli animali. Si
preparava alla bufera ogni giorno. Per questo non la temeva più. Tu, riesci a
dormire in questa lunga notte di vento che è la tua vita?
GIOVEDI'
19 AGOSTO 1993
“Ma costoro non si curarono dell’invito e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. (Mt. 22,5)
Gesù
presenta il suo Regno come un invito a nozze; è la festa, il senso della nostra
vita. Purtroppo è facile perdere di vista la meta e puntare su cose che non
appagano completamente. Proviamo a chiederci sinceramente quali sono gli
interessi più profondi della nostra vita: il denaro, il successo, la salute...?
Davanti a questi interessi che spazio diamo all’invito di Gesù a seguirlo?
Abbiamo l’opportunità gratuita di poter realizzare il fine della nostra vita
e spesso preferiamo interessarci a cose che oggi ci sono, domani passano e ci
lasciano solo preoccupazioni. Dimentichiamo i doni di Dio e pensiamo di essere
autosufficienti. Pensiamo anche ad un’altra cosa: Gesù ci invita al suo
banchetto dell’Eucarestia: ci andiamo o troviamo scuse? E se ci andiamo in
quale modo la viviamo?
VENERDI'
20 AGOSTO 1993
“Il secondo comandamento è simile al primo”. (Mt. 22,39)
Gesù
unisce due comandamenti e ne fa uno solo. La legge antica era fatta di tante
prescrizioni e rischiava di condurre all’ipocrisia in quanto come dice il
proverbio: “Fatta la legge, trovato l’inganno”. Davanti alla legge
dell’amore per Dio e per il prossimo non ci si può ingannare: o ci si lascia
amare sul serio da Dio e si ama concretamente tutto il prossimo o si è
spiazzati. E i due comandamenti sono così legati che si aiutano a vicenda,
infatti se io amo Dio, non posso fare a meno di amare il prossimo che me lo
rappresenta e se amo il prossimo manifesto concretamente l’amore di Dio per
tutti e cresco in esso.
SABATO
21 AGOSTO 1993
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. (Mt. 23,1—3)
Questa
frase di Gesù è diventata un proverbio presso molte culture. In Piemonte, ad
esempio, tradotto in italiano suona così: “Fa come il prete dice, non come il
prete fa”. E se è pur sempre vero che non si può generalizzare come fanno le
massime è anche vero che spesso proprio chi dovrebbe esserci di esempio è chi
facilmente sdottoreggia ma razzola poi male. Gesù era un maestro ma “fece
bene ogni cosa”, e con molta umanità in più di certi personaggi tanto pii o
certi uomini di Chiesa ligi ad ogni piccola legge liturgica, dotati di grande
‘spiritualità’, ma privi di ogni umanità. La “cattedra di Mosè” e un
dono di Dio agli uomini per la loro felicità, non un peso di schiavitù; il
Vangelo è “buona notizia”, liberazione, non schiavitù o pastoie
legalistiche, la Chiesa gerarchica è servizio e non potere, la fede non è
blasone, ma affidamento in umiltà a Dio.
DOMENICA
22 AGOSTO 1993
“Disse loro: Voi chi dite che io sia?”. (Mt. 16,15)
“Tu
sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. “Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò, la mia Chiesa”.
LUNEDI'
23 AGOSTO 1993
“Fratelli, vi ricordiamo nelle nostre preghiere”. (1Tes. 1,2)
Paolo
nelle sue preghiere porta davanti a Dio le comunità che ha conosciuto e
fondato. Ecco la preghiera di intercessione per altri, lo davanti a Dio porto
tutto me stesso: la mia storia, le gioie, gli insuccessi, gli amici, i nemici e
cerco nella preghiera, nella riflessione di portare Dio nei fatti, nelle
persone, in me stesso. “Mi ricordi nelle sue preghiere”. E’ estremamente
gradito a Dio che dei cristiani preghino vicendevolmente: è un segno di amore;
significa non chiudersi in se stessi; indica un impegno per altri. “Chieda per
me quella grazia Pur non pretendendo che Dio si pieghi alle nostre richieste,
che risponda a bacchetta, ma chiedendo soprattutto che la sua volontà sia
fatta, ricordiamoci anche le parole di Gesù: “Quando due o più si
accorderanno nel domandare una cosa, la otterranno”. La preghiera per gli
altri è ricordo, amicizia, comunione, fede, solidarietà e Dio che ha seminato
tutte queste cose nei nostri cuori non può essere insensibile.
MARTEDI'
24 AGOSTO 1993
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, mentre all’interno sono pieni di rapina e intemperanza”.
(Mt. 23,25)
Oggi
il gran problema è sembrare. Si può essere mascalzoni, si può essere
mediocri, ma la cravatta giusta, al momento giusto, aggiusta tutto. Chi non si
firma è perduto. Ciò che conta è l’immagine, tutto è spettacolo, tutto è
look. Appaio, dunque sono! La mania esibizionistica è arrivata persino nella
scuola. La cartella è scomparsa: ora c'é lo zainetto con tutto il seguito di
astucci, penne, albi, quaderni “griffati”, vale a dire firmati da uno
stilista o da una grande ditta. Più la firma è alta, più il prezzo lievita.
Lievita pure la cultura? Se fosse sufficiente crescere dal di fuori, un elefante
potrebbe essere preside della facoltà di zoologia. Uno scrittore diceva: “La
ragazza media preferisce essere bella più che intelligente, perché sa che
l’uomo medio è più bravo a guardare che a pensare”.
MERCOLEDI'
25 AGOSTO 1993
“Guai a voi che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti”. (Mt. 23,27)
Una
delle più grandi ipocrisie è il momento della sepoltura: tutti diventano
buoni, coloro che in vita erano nemici, diventano brava gente. I morti non danno
più fastidio, anzi diventano motivo di gloria. Pensate se non e vero per certi
personaggi della politica, dello spettacolo. E purtroppo è vero anche per certi
profeti della Chiesa. Da vivi ci davano fastidio, ci smuovevano dal nostro
immobilismo, ci sbattevano in faccia le nostre ipocrisie, non erano “della
legge”, da morti diventano profeti, grandi uomini... Gesù ci invita a
guardare le persone vive o morte per quello che sono, non per quello che
appaiono, non per il fastidio o meno che ci hanno dato. Non serve a nulla dire
di uno, quando è morto, che era un profeta, se non ci siamo neppure lasciati
scalfire dalla sua profezia.
GIOVEDI'
26 AGOSTO 1993
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. (Mt. 24,42)
Un
capomastro lavorava da molti anni alle dipendenze di una grossa società edile.
Un giorno ricevette l’ordine di costruire una villa esemplare secondo un
progetto a suo piacere. Poteva costruirla nel posto che più gradiva e non
badare alle spese. I lavori cominciarono ben presto. Ma, approfittando di questa
cieca fiducia, il capomastro pensa di usare materiali scadenti, di assumere
operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma
risparmiata. Quando la villa fu terminata, durante una festicciola, il
capomastro consegnò al Presidente della società la chiave d’entrata. Il
Presidente gliela restituì sorridendo e disse, stringendogli la mano:
“Questa
villa è il nostro regalo per lei in segno di stima e di riconoscenza”.
Questi
tuoi giorni sono i mattoni della tua casa futura...
VENERDI'
27 AGOSTO 1993
“In verità vi dico: non vi conosco”. (Mt. 25,12)
“Non
vi conosco perché non vi siete lasciati conoscere da me, perché quando bussavo
al vostro cuore voi eravate altrove, perché quando sono arrivato nella notte
eravate sprovvisti di olio nelle vostre lampade”. Quante sorprese a quel
banchetto di nozze! I primi posti, quelli solitamente riservati ai pezzi grossi,
ai soloni impaludati in mitrie, ai teologi pieni di parole (spesso rubate ad
altri), ai fini elaboratori di codici religiosi (quasi che Dio potesse
inscatolarsi e venderlo magari in certe occasioni in un conveniente 3X2) saranno
si riservati, ma agli amici veri: quelli che hanno condiviso, che hanno atteso
con pazienza, quelli che hanno amato, che non hanno gridato forte ma quando
c’era bisogno di rimboccarsi le maniche lo hanno fatto. E fuori della porta
chi ci sarà? Ti chiedo Signore, di non lasciarmi fuori, spesso so di
meritarmelo, ma la tua misericordia o l’amore di tua Madre, mi faccia entrare,
magari anche solo dalla porta di servizio.
SABATO
28 AGOSTO 1993
“Bene,
servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto”
Dopo
una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di
una lunga e ordinatissima processione di persone che avanzavano lentamente verso
il Giudice Supremo. Man mano che si avvicinava alla mèta, udiva sempre più
distintamente le parole del Signore. Udì così che il Signore diceva ad uno:
“Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull’autostrada e mi hai portato
all’ospedale, entra nel mio Paradiso”. Poi ad un altro: “Tu hai fatto un
prestito senza interessi ad una vedova, vieni a ricevere il premio eterno e
ancora: “Tu hai fatto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili,
aiutandomi a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno”. E così via. La
povera donna venne presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non
ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale. Cercò di lasciare la
fila per avere tempo di pensare, ma non le fu assolutamente possibile: un angelo
sorridente ma deciso non le permise di abbandonare la lunga coda. Col cuore che
le batteva forte, e tanto timore, arrivò davanti al Signore. Subito si sentì
avvolta dal suo sorriso. “Tu hai stirato tutte le mie camicie... Entra nella
mia felicità”.
DOMENICA
29 AGOSTO 1993
“Mi ha sedotto e mi sono lasciato sedurre”. (Ger. 20,7)
Geremia
avrebbe preferito essere un profeta di prosperità e di consolazione ed invece
è di contestazione, pietra di scandalo, non accettato. Come Mosè è
incompreso. Come Elia, disgustato e deluso. Come Gesù nel Getsemani, egli prova
nello stesso tempo l’annientamento dinanzi alla sua missione e la potenza di
una parola che vince ogni resistenza. Perché ti ho incontrato? sembra dire
Geremia. La vita è già difficile di per sé; perché complicarla ancor di più
con l’esperienza bruciante della fede? Geremia però, pur sentendosi sedotto,
pur avendo tentato di liberarsi di Dio, si è accorto che non poteva. Dio si era
impossessato della sua persona. Geremia, davanti alle nostre crisi, aiutaci a
comprendere che quando si perde la testa per Qualcuno, per la sua Parola, è
meglio essere esposti alla derisione che ritrovare la testa...
LUNEDI'
30 AGOSTO 1993
“Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza”. (1tes. 4,13)
Paolo
scrive queste parole ad una comunità che pensava talmente imminente la nuova
venuta del Cristo che si stupiva quando constatava la morte di qualcuno. La
morte anche oggi crea paura, angoscia, afflizione. Ma il cristiano vero davanti
alla morte delle persone care e al pensiero della propria morte non si trova
sprovveduto. Soffre come ogni persona ma spera. E non fonda la propria speranza
su se stesso, su cose, su filosofie o su pensieri più o meno consolanti. Fonda
la propria speranza su Gesù, il Cristo, morto, risorto, vivente. La nostra fede
nella risurrezione è riposta su una persona che ha fatto l’esperienza della
morte ma che ha vinto definitivamente la morte e che e risurrezione e vita”.
Tutto il resto, il come, il quando, ci importa relativamente perché se ci
fidiamo di Lui, sappiamo che Lui è Dio. La morte sulla terra canta vittoria
sull’uomo, ma il canto della morte si strozza in se stesso perché mentre la
morte uccide è uccisa dal Dio della vita.
MARTEDI'
31 AGOSTO 1993
“Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo”. (Is. 5,9)
Mentre
stavo pensando a queste parole sono stato interrotto da una signora, che con le
lacrime agli occhi mi diceva: “Dio non può perdonarmi, la mia lista di
peccati è cosi lunga e le cose buone così poche che il Signore non può avere
misericordia di me”. Abbiamo parlato a lungo ed è venuta fuori, oltre alla
consapevolezza dei propri errori, un’educazione ad una figura di Dio troppo
giudice e poco padre, tanto castigamatti e poco misericordia, insomma un Dio
ragioniere, calcolatore, che quasi ci gode a punirci. Ad un certo punto le ho
detto: “Ma questo non è il dio in cui credo”. Il Dio che ci ha presentato
Gesù è il Padre che ci aspetta a braccia aperte, che fa festa quando un
peccatore si converte, che ha pagato Lui al. nostro posto.