UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
LUGLIO
1993
GIOVEDI’
1 LUGLIO 1993
“Abramo, prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va nel territorio di Nona e offrilo in olocausto su un monte che io ti indicherò”.
(Gn. 22,2)
Ci sono pagine della Bibbia che ci turbano: può Dio chiedere ad un padre, per provarne la fede, di immolargli il proprio figlio? E’ vero che Dio salverà Isacco ma intanto il dramma di Abramo si è compiuto: ha dovuto scegliere tra il suo Dio e il suo figlio. Sovente mi chiedo che cosa avrei fatto io al posto di Abramo e preferisco proprio di non essermi dovuto trovare nei suoi panni perché effettivamente, nonostante la fiducia in Dio, mi sarei messo a discutere, a gridare e poi non mi sarei mosso. Penso che questo racconto paradossale però abbia soprattutto il compito di manifestare un altro fatto: Dio per amore, un amore profondissimo e misterioso, ha sacrificato il suo Figlio per noi. Davanti a questo non possiamo che adorare e pensare che agli occhi di Dio noi valiamo il sangue di suo Figlio: Dio, nonostante le tante nostre risposte contrarie, ha fatto il suo grande atto di fede sull’uomo.
VENERDI’
2 LUGLIO 1993
“Imparate
che cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono
venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. (Mt. 9,13)
Per poter accogliere la. salvezza di Gesù bisogna rendersi conto di appartenere ad una categoria di persone: quella dei peccatori. Non dovremmo far fatica a riconoscerci tali, eppure tante volte siamo talmente pieni di noi che abbiamo la presunzione di essere giusti e di salvarci da soli. Ma se ci succede questo, noi vanifichiamo l’opera e la croce di Cristo, è come se gli dicessimo: “Tu sei morto in croce per noi, ma potevi farne a meno perché intanto noi ci salviamo da soli, con le nostre opere”. Così pure succede quando noi pensiamo che la salvezza dipenda dai nostri sacrifici, dalle nostre offerte, dalle nostre preghiere. Queste cose sono tutte utili, necessarie, ma solo per permettere che la salvezza meritata da Gesù giunga a noi e in noi sia manifestata.
SABATO
3 LUGLIO 1993
“Tommaso
disse: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel
posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. (Gv.
20,25)
“Caro
Tommaso, oggi è la tua festa e penso di scriverti queste due righe per dirti
che mi sei simpatico. Molti hanno deriso quel tuo “volerci mettere il naso”,
quel tuo voler vedere e toccare. Io ti dico che sono di quelli della tua
categoria. Mi piacerebbe potermi dare una risposta chiara, concreta agli
innumerevoli problemi della vita: perché un Dio così misterioso? Perché
doversi fidare di altre persone che so peccatori come me? Perché non poter
discutere direttamente e con prove concrete proprio con Gesù stesso? Tu hai
brontolato, non hai creduto a ciò che ti dicevano ma, pur rimproverandoti, hai
poi avuto la possibilità di vedere il Risorto!”. “Caro don Franco, ti
ringrazio per la tua stima, ma oggi ti dico che pur con molte ragioni, non sono
molto orgoglioso di quei miei dubbi e di quel mio voler vedere e toccare. I
segni del Risorto, se li avessi saputi vedere, c’erano già tutti, prima
ancora che io avessi avuto la possibilità di vederlo! Cerca anche tu questi
segni e renditi conto che è ancora più bello potersi abbandonare nella fede
tra le braccia del Signore piuttosto che star sempre a mugugnare su tutto e su
tutti.”
DOMENICA
4 LUGLIO 1993
“Imparate
da me che sono mite ed umile di cuore”. (Mt. 11,29)
Gesù
è stato mite: non ci ha salvati con segni di potenza e di forza, non si è
imposto a nessuno, ha porto l’altra guancia a chi lo percuoteva, ha guardato
ai piccoli, ai poveri, ai malati, ai peccatori, ha avuto gesti di attenzione e
di delicatezza... Tutto questo stride con la mentalità del nostro mondo che si
fonda sempre più su potere, arrivismo, sopraffazione... Ma questo nostro mondo
è contento, felice, sereno o sempre scontento, insoddisfatto, triste? Se cerchi
la serenità anche nella prova, se vuoi trovare la pace di Dio, imita Gesù, non
lasciarti portar via dalle apparenze, non fidarti delle esteriorità vuote,
ritrova le piccole gioie della vita quotidiana, fidati più degli affetti
profondi che delle manifestazioni inutili, anche nella fede, nella preghiera,
nella vita della Chiesa, non fidarti troppo dei ragionamenti, celle parole,
delle spiritualità troppo artefatte: fidati di Gesù, rifugiati in Lui,
imitalo.
LUNEDI’
5 LUGLIO 1993
“Arrivato
Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione disse:
“Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme”, Quelli si misero
a deriderlo”.
Al
tempo di Gesù si usava far cinematografo attorno alla morte (il mondo non è
molto cambiato da allora) ed ecco davanti alla tragedia della morte precipitarsi
come avvoltoi piagnoni prezzolati, gramaglie che nascondono gemiti falsi, comari
che spiano gesti e parole per poter avere poi qualcosa su cui spettegolare.
Anche oggi è pieno di questi sacerdoti e sacerdotesse della morte che fanno di
tutto per esorcizzare ogni speranza davanti alla morte e deridono chi parla di
vita, di risurrezione; pensiamo ad esempio a tutta quella pletora di maghi e
maghetti che vivono sulle disgrazie altrui o a chi si veste di ipocrisia per
poter meglio gioire del fatto che il male sia capitato a te e non a lui. Gesù,
per operare il miracolo caccerà via tutta questa gente. Chiediamoci una cosa
sola: preferiamo il Dio della vita o chi continua a gridarci solo strade di
morte ineluttabile?
MARTEDI’
6 LUGLIO 1993
“Gesù,
vedendo le folle ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come
pecore senza pastore”. (Mt. 9,36)
La
tenerezza che Dio aveva tante volte dimostrato per il suo popolo nell’Antico
Testamento diventa ancora più profonda in Gesù. Lui ha concretamente vissuto
le nostre esperienze: sa quali sono le nostre sofferenze, le frustrazioni cui
spesso andiamo incontro, i nostri desideri, i condizionamenti sociali, gli
insuccessi... Vede la nostra fatica e le nostre stanchezze. E’ venuto proprio
per questo: ricondurci in un unico gregge, farsi nostra guida, darci il conforto
di un unico ovile. Anche oggi guardo il nostro mondo e vedo gli uomini agitarsi,
correre, faticare, lottare, invecchiare spesso senza una meta, un fine. Anche
oggi Gesù ci offre se stesso come guida, come pane di conforto, come segno di
unta... Ma accettiamo noi di avere Lui come nostro pastore?
MERCOLEDI’
7 LUGLIO 1993
“Strada
facendo, predicate che il Regno dei cieli è vicino”. (Mt. 10,7)
Vedendo
come va il mondo saremmo tentati di dire che il Regno di Gesù non solo non è
vicino, ma sempre più lontano: dov’è la giustizia quando impunemente si
ammazza, si calunnia? Dov’è la fede quando l’unico dio di questo mondo
sembrano essere il denaro e i suoi derivati? Eppure il Regno dei cieli è vicino
perché Gesù, seme di questo regno, è già stato seminato da Dio, perché il
suo sangue ha già irrigato la terra, perché il suo perdono è sempre a nostra
disposizione, perché Dio è fedele al suo amore. li Regno dei cieli è sempre
più vicino perché in questo mondo ci sono tanti santi che bruciano la loro
vita per il bene degli altri, perché sono in tanti che pregano e testimoniano.
Anche oggi posso incontrare i segni di questo regno nei sacramenti di Gesù, in
quella vecchietta che prega, in quella mamma che non ha perso la speranza
nonostante i suoi continui insuccessi con il figlio drogato, negli occhi di quel
bambino che ha rinunciato a qualche dolcetto per i bambini che hanno fame. No!
li Regno dei cieli è vicino, e non perché qualcuno continua a paventare
l’imminente fine del mondo ma perché Cristo sta operando concretamente
attorno a noi, in noi e qualche volta nonostante.
GIOVEDI’
8 LUGLIO 1993
“Guarite
gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni”. (Mt.
10,8)
Una
sera di quest’inverno, erano le 21,30, sento suonare il campanello e mi trovo
davanti due genitori profondamente turbati: “Ci apra la chiesa, dobbiamo
pregare: stanno operando al cervello il nostro bambino, ci hanno detto che ha
poche speranze. Dio non doveva permettere.., ma Dio può tutto e sua Mamma non
ci lascerà soli”. Sono passati 3 mesi; una sera vedo arrivare un uomo, subito
non l’ho riconosciuto. Era quel papà: “Mi scusi se non mi sono più fatto
vivo ma sono stati mesi difficili, ma mio figlio vive, e salvo. Volevo
dirglielo. Volevo dir grazie al Signore. Ho pensato, in quel momento,a due cose:
al senso di impotenza e quasi ribellione che avevo provato quella sera e alle
preghiere che ho chiesto e fatto con i bambini del catechismo proprio per quel
bimbo del quale mi ero persino dimenticato di domandare il nome. Dio compie
ancora miracoli, certo non tutti quelli che noi vorremmo, ma li compie e chiede
a noi, nei nostri limiti, di compiere i miracoli della carità, della pazienza,
dell’incoraggiare, del pregare.
VENERDI’
9 LUGLIO 1993
“Non
siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in
voi”.
Posso
testimoniare, nella mia vita di prete, di aver fatto tante volte proprio questa
esperienza. Quante volte mi sono sentito dire cose a cui non avevo mai pensato
profondamente ma che in quel momento andavano proprio bene per la persona che
avevo davanti. E quante volte mi sono sentito ricordare frasi dette che io
neppure più ricordavo, accompagnate dalla frase: “Quelle parole erano proprio
per me, mi servivano proprio in quel momento”. Altre volte l’ho sperimentato
su di me: quella persona da cui non ti aspettavi proprio niente, ti ha detto
quella parola, ti ha dato quella testimonianza di cui tu proprio in quel momento
avevi bisogno. Lo Spirito Santo funziona, e funziona bene. Dio non ci lascia
soli, si serve anche della nostra povertà, dei nostri errori per parlarci.
Signore, fa’ che diventiamo mezzo per cui la tua parola giunga dove tu vuoi e
lavaci le orecchie e purifica il cuore, perché oggi possiamo accogliere la tua
parola.
SABATO
10 LUGLIO 1993
“Chi
dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al
Padre mio che è nei cieli”. (Mt. 10,32)
Gesù
ci fa una promessa. Ci dice che noi saremo presentati come suoi amici da Lui al
Padre; chiede però anche a noi di presentarlo agli altri come nostro amico.
Certamente ciascuno di noi ci tiene ad essere amico di Gesù, ma ci sono certi
momenti in cui il cosiddetto “rispetto umano”, o meglio il timore del
giudizio degli altri o la paura di perdere qualche beneficio, ci tenta di
nascondere questa amicizia. “Se con certi amici mi presento come cristiano
vengo deriso, se non mi comporto come gli altri del giro, vengo tagliato
fuori” mi diceva un giovane; e noi così, preferiamo accodarci e nascondiamo
la nostra fede. Non si tratta di diventare integralisti, di parlare di Cristo
come degli invasati, di misurare la fede degli altri, si tratta di essere noi
stessi e di portare i nostri valori, senza paura, orgogliosi e riconoscenti di
essere amici di Gesù.
DOMENICA
11 LUGLIO 1993
“La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.
(Is. 55,11)
E’
Gesù la grande parola che Dio ha detto agli uomini. E Gesù ha compiuto ciò
per cui Dio lo. ha mandato: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”, “La
tua volontà sia fatta”. Gesù salvandoci attraverso la sua morte e
risurrezione ha realizzato il desiderio di Dio. Noi accogliendo Gesù, la sua
salvezza, la sua parola, permettiamo a Dio di compiere la sua opera in noi. li
seme che Gesù ha seminato nel suo sangue ha già tutta la potenzialità della
salvezza; ora sta a noi essere il terreno che gli permette di germinare. Come
Gesù racconta nella parabola del seminatore, il nostro rischio è proprio
questo: essere terreno impermeabile, spinoso, incapace di accogliere il dono che
ci viene offerto.
LUNEDI’
12 LUGLIO 1993
“Chi
ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la
figlia più di me non è degno di me”. (Mt. 10,37)
E’
una delle frasi più paradossali e più difficili di Gesù: può il Signore che
ha voluto la famiglia, che benedice gli affetti, chiederci di amare Lui, la
fede, al punto da passare sopra ai più elementari affetti umani? Ma non è Gesù
stesso a mandare gli Apostoli ad annunciare la pace? Non ci parla Lui stesso di
amare il prossimo? E il primo prossimo non sono proprio in primo luogo i nostri
familiari? Penso che questa frase di Vangelo voglia da una parte ricordarci che
Cristo non può essere messo a confronto, meno ancora condiviso con nessun altro
bene, ma d’altra parte Gesù non è venuto a distruggere i vincoli sacri che
legano i membri di una famiglia, tantomeno a mettere i suoi componenti gli uni
contro gli altri. Quindi Gesù ci dice: se i due affetti fossero in contrasto
devi scegliere decisamente Dio anche se questo comporta la croce, ma proprio
perché scegli Dio amerai ancora di più, anche se in maniera diversa, i tuoi
familiari.
MARTEDI’
13 LUGLIO 1993
“Gesù
si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di
miracoli perché non si erano convertite”. (Mt. 11,20)
Se
oggi Gesù dovesse mettersi a fare dei rimproveri per l’incredulità, penso ci
saremmo noi occidentali in cima all’elenco delle persone beneficate che non si
sono convertite, Infatti noi deriviamo da una cultura a sfondo cristiano,
abbiamo avuto opportunità materiali e concrete di incontrare Gesù, di leggere
la Bibbia, di fare il catechismo, di ricevere i sacramenti... In che misura
rispondiamo? Se guardiamo nella globalità siamo una società “cristiana”
atea praticante; siamo coloro che hanno ricevuto l’insegnamento dell’amore e
che con le leggi dell’economia soffochiamo i popoli della fame.
Dio ci vuole bene e noi stentiamo ad essergliene grati. Gesù ci dice: fate
attenzione perché il Regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato ad un altro
popolo che lo farà fruttificare.
MERCOLEDI’
14 LUGLIO 1993
“Dio
disse a Mosè: Togliti i sandali dai piedi perché il luogo sul quale tu stai è
una terra santa”. (Es. 3,5)
Questo
invito che Dio fa a Mosè penso debba farci riflettere: Dio si manifesta a
quest’uomo ma gli chiede di entrare al suo cospetto con un particolare
rispetto. Davanti a Dio, davanti al mistero bisogna accostarsi con umiltà, in
punta di piedi. Dio si è rivelato a noi, Gesù si è incarnato, abbiamo
familiarità con i sacramenti ma dobbiamo fare attenzione che questa familiarità
non banalizzi il mistero di Dio che è più grande di noi. Pur senza voler
tornare a forme di misticismo esasperato e disincarnato, dobbiamo riscoprire il
senso del mistero e del rispetto del sacro; queste cose, anziché allontanarci
da Dio, rendercelo distante, ci aiutano a vederlo così com’è: più grande di
noi ma sempre pronto a chinarsi con amore verso la nostra povertà.
GIOVEDI’
15 LUGLIO 1993
“Venite
a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, io vi ristorerò. Prendete su di
voi il mio giogo e imparate da me che sono povero e umile di cuore”. (Mt.
11,28—29)
Chi
sono per Gesù gli “affaticati”? Sono anzitutto i giudei che si sono
assoggettati alle prescrizioni ritualistiche della legge senza riceverne alcun
sollievo, anzi stanchezza e abbattimento. Alla scuola di Gesù tutti possono
trovare il sollievo e il ristoro cercato inutilmente altrove. Gesù non afferma
che i suoi precetti siano meno gravi e meno impegnativi di quelli degli altri
maestri ma rivelando agli uomini che Dio è Padre e che Lui, loro fratello, è
suo Figlio, il Cristo pone fine all’obbedienza servile, sostituendola con un
comportamento nuovo: vivendo, come Lui, da figli sotto lo sguardo del Padre, che
vede nel segreto, i suoi discepoli osserveranno ormai per amore e
quasi senza pensarci i molteplici comandamenti come se non esistesse per essi
che un solo obbligo: amare Dio loro Padre e gli uomini loro fratelli.
VENERDI’
16 LUGLIO 1993
“Preso un po' del sangue dell’agnello lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case”. (Es. 11,7)
Un
giorno visitando la casa di una anziana vedova mi faceva vedere un crocifisso
che stava appeso sulla porta d’ingresso e mi diceva: “La mia casa è la sua.
Lui mi ha sempre accompagnato; ogni volta che entro lo saluto e ogni volta che
esco gli dico: “Proteggimi e proteggi la mia casa. Senza saperlo, nella sua
semplicità, questa vecchietta enunciava una grande verità biblica. Dio aveva
invitato gli Ebrei a segnare le loro case con il sangue dell’agnello pasquale
affinché l’angelo della morte non li colpisse. Noi abbiamo il sangue di Gesù,
l’Agnello immolato sul legno della croce, che ci segna per liberarci dal male
e dal peccato.
SABATO
17 LUGLIO 1993
“Ecco
il mio servo: non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua
voce, la canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante”.
(Mt. 12,19—20)
Ecco
una presentazione di Gesù e in Gesù di ciò che deve essere la Chiesa. I
contemporanei di Gesù si aspettavano un messia potente, liberatore politico,
rivestito di zelo intransigente. Gesù invece è stato umile, arrendevole,
comprensivo con tutti. Non ha avuto l’impeto del precursore; le sue virtù
sono al contrario la pazienza, la misericordia. A Lui tutti possono rivolgersi
senza complessi di paura, in Lui l’umanità, le genti trovano l’appoggio, la
speranza per sopravvivere. Anche il compito della Chiesa deve essere lo stesso:
non contano il potere, il numero, la forza, le esteriorità, le adunate
oceaniche, le prediche altisonanti, i moralismi costringenti, i
giudizi inappellabili, conta invece l’umile partecipazione, la condivisione
gioiosa, il seme della speranza, il saper cogliere e valorizzare il bene che
c’è in tutto e in tutti, la serenità del sapere che Dio ama tutti e che è
“misericordioso, lento all’ira, grande nell’amore per tutti”.
DOMENICA
18 LUGLIO 1993
“I
servi gli dissero: Vuoi che andiamo ad estirpare la zizzania?”. (Mt. 13,28)
La
tentazione è sempre la stessa: giudicare ciò che è bene e ciò che è male e
nel nome del bene partire in crociata per estirpare il. male. Non così per Dio:
Dio ha tempo. Dio dà tempo. Dio ha bisogno di tempo. Dio sa aspettare. La
presenza del male non rappresenta un fatto eccezionale. E’ la norma. Nella
Chiesa, come nel mondo. Dappertutto. L’uomo non ha i). diritto di
“anticipare” il giudizio finale. Questo spetta a Dio, in esclusiva. E’ il
compito suo. Noi non riusciamo a delimitare i territori del bene e del male. Ci
sono modi diversi anche per guardare il campo. C’è chi vede nel mondo
esclusivamente sporcizia, corruzione, violenza, cattiveria, falsità. Ma c’è
chi senza ignorare quei prodotti, riesce a scorgere anche il bene, la generosità,
la pulizia, l’onestà, la coerenza. Oggi, meditando questo Vangelo, oltre che
imparare il tempo di Dio dobbiamo anche chiedergli che ci impresti il suo
sguardo.
LUNEDI’
19 LUGLIO 1993
“Dissero
a Mosè: Forse non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai condotti a morire nel
deserto?”. (Es.
14,11)
“Signore,
mostrami la tua via ed io ti seguirò” — abbiamo detto più volte al
Signore. E quando il Signore ci ha liberati ma facendoci camminare nel deserto,
ecco la mormorazione, il rimpianto, le scuse: “Grazie tante! mi hai liberato
da quella situazione per mettermi in quest’altra!”. Seguire Gesù è
liberante, ma non facile. Gesù c'é lo dice tante volte: “Chi pone mano
all’aratro e poi si volge indietro non è degno di me”, “chi mi vuol venir
dietro, prenda la sua croce e mi segua”. Gesù è la via della vita, della
salvezza, della liberazione dall’egoismo ma non è una comoda autostrada su
cui pigiare l’acceleratore a tavoletta, è una “via stretta” che passa nel
deserto per giungere alla meta. Se hai scelto Gesù e vedi solo sassi e fatica,
non fermarti al ciglio della strada per piangerti addosso, per facili rimpianti
o per mormorare, continua a camminare magari scorticandoti i piedi, ma sicuro
che Dio è fedele e alla meta ti porta Lui.
MARTEDI’
20 LUGLIO 1993
“Poi
Gesù stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco mia madre ed ecco i
miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
questi è per me fratello, sorella, madre”. (Mt.12,49-50)
Gesù
ci presenta la sua famiglia: c'é una famiglia naturale ma c’è una nuova
famiglia, in cui grazie a Lui, fratello nostro e Figlio di Dio, noi entriamo a
far parte. Ma come per la famiglia umana c’è il vincolo del sangue e dei
cromosomi che lega, nella nuova famiglia c’è un nuovo legame che qualifica la
nostra figliolanza di Dio e fratellanza tra noi, ed è il compiere la volontà
del Padre. Gesù lo dice chiaramente in un altro passo: “Non chi mi dice:
Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre
mio che è nei cieli”. Essere familiari di Gesù, allora non è un blasone
onorifico, è una realtà concreta offertaci gratuitamente ma anche
conquistabile ogni giorno.
MERCOLEDI’
21 LUGLIO 1993
“Ecco
usci il seminatore a seminare”. (Mt. 13,3)
Quando
leggiamo la parabola del buon seminatore siamo portati a pensare subito alla
sorte del seme, se porti o meno frutto. Proviamo oggi a pensare al seminatore.
E’ un seminatore non convenzionale. Non ci viene detto che prima abbia arato.
Ci sembra quasi sprovveduto a seminare ovunque, sul sentiero, tra i rovi, in
mezzo alle pietre... E’ Gesù questo seminatore. Ama talmente gli uomini, ha
talmente fiducia nel seme che non segue i canoni dell’agricoltore: semina
ovunque, ha versato il suo sangue, ha sparso la sua parola per tutti. Anche oggi
Gesù, nonostante i. nostri no, semina abbondantemente nella nostra vita: la sua
Parola, i suoi sacramenti, i richiami più dispariti attraverso le persone...
Gesù si fida della sua parola e si fida di noi; cerchiamo di non deluderlo.
GIOVEDI’
22 LUGLIO 1993
“Gesù
le disse: Maria!”. (Gv. 20,16)
Celebriamo
oggi la festa di Maria Maddalena. Era stata preda del demonio, ma la parola del
Cristo aveva suscitato in lei una fede capace di liberarla dal male e di
condurla a rispondere all’amore, che attraverso quella parola le si era
rivelato, con tutta la forza del suo cuore ardente. Da allora seguì il Cristo e
il Risorto affidò proprio a lei la missione di annunciare ai suoi discepoli che
Egli è vivo. Maria, la peccatrice, è diventata l’apostola degli apostoli.
Davanti a Gesù non conta essere stati peccatori, conta amare, conta lasciarsi
chiamare per nome e lasciare che il suo amore, la meraviglia del suo perdono
suscitino in noi il sincero sentimento che ci spinga a seguirlo e a portarlo al
mondo perché anche altri possano provare la stessa gioia suscitata in noi.
VENERDI’
23 LUGLIO 1993
“Dio pronunziò queste parole: lo sono il Signore Dio tuo”. (Es. 20,1 ss.)
Dio
dà al suo popolo i comandamenti. Essi non fanno altro che esprimere le esigenze
della coscienza umana e la volontà di Dio. I comandamenti possono essere, a
seconda di come li si interpreta, un giogo o una liberazione. Sono un giogo se
noi li consideriamo una limitazione della nostra libertà, che ci vengono
imposti da un “padrone”; sono una liberazione se li vediamo come dono di un
Dio Padre che vuole il nostro bene e che attraverso l’esaltazione del bene
vuole aiutarci a vivere in pace con Lui, con noi, con il nostro prossimo. Dio,
proprio nel cammino di liberazione dell’Esodo, li ha dati al suo popolo per
questo secondo scopo. Può costarci osservare i comandamenti ma se pensiamo che
sono la nostra liberazione e la realizzazione del nostro vero bene, li vivremo
con gioia.
SABATO
24 LUGLIO 1993
“Anche
il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i
tuoi altari, Signore, mio Re e mio Dio”. (Sal. 83,4)
Se
un bambino vive nella critica, impara a disprezzare.
Se
un bambino vive nell’ostilità impara a combattere.
Se
un bambino vive nella paura impara a diventare apprensivo.
Se
un bambino vive nella pietà impara a compiangersi.
Se
un bambino vive nella gelosia impara a odiare.
Se
un bambino vive nella riconoscenza impara la fiducia in se stesso.
Se
un bambino vive nelle lodi impara ad apprezzare.
Se
un bambino vive nell’approvazione impara a rispettarsi.
Se
un bambino vive nell’equità impara la giustizia.
Se
un bambino vive nell’onestà impara a conoscere la verità.
Se
un bambino vive nell’amicizia impara la felicità.
DOMENICA
25 LUGLIO 1993
“Il
Regno dei cieli è simile...”. (Mt. 13,44)
Gesù
per parlarci del Regno usa diverse immagini: quella della seminagione, quella
del pugno di lievito, quella della rete, quella della scoperta del tesoro
nascosto, quella della perla preziosa... Sono tutte immagini molto belle ma
difficili. Noi, forse, avremmo preferito un regno “già fatto”, una cosa che
sta li davanti a noi, a nostra disposizione per essere consumata. Invece le
immagini usate implicano sempre un qualcosa da cercare, implicano un camminare,
un darsi da fare, un decidere, un rinunciare a qualcosa, un impegnarsi. il Regno
è un dono, ma l’uomo deve conquistarlo giorno per giorno. E quando lo ha
raggiunto deve continuare a camminare in esso, deve riconquistarlo. Nel Regno
non siamo mai degli “arrivati”, ma sempre in cammino con Cristo che ci
porterà poi Lui al Regno definitivo.
LUNEDI’
26 LUGLIO 1993
“Aprirò
la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del
mondo”. (Mt. 13,35)
Parabole,
racconti, parole non sempre facili costituiscono il tessuto della Bibbia: come
fare a leggerli? In un suo libro Ernesto Olivero ha questo racconto:
Tre monaci, tutti e tre studiosi della Bibbia, andarono un giorno da un grande uomo di preghiera per chiedergli come pregare la Parola.
Il primo raccontò di aver letto la Bibbia da capo a fondo, e di averla imparata a memoria.
Il
secondo disse di averla letta e riletta fino ad aver imparato a cantarla.
Il
terzo intimidito dalla sapienza dei primi due, non osava parlare; l’uomo di
Dio lo incoraggiò ed egli disse di essere riuscito a leggere una frase
soltanto, ma di averla macinata giorno e notte nella mente e nel cuore, senza
poter andare più avanti. Il grande uomo di preghiera rispose: “E’ questo il
modo di pregare la Parola”.
MARTEDI’
27 LUGLIO 1993
“Buono
e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore”. (Sal. 102,8)
Solo
chi ha provato la grandezza e la dolcezza del perdono di Dio può comprendere
fino in fondo il suo amore. Ecco come S. Agostino parla con Dio dopo essersi
convertito:
“Tardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato! Tu eri dentro di me ed io fuori.
Io ti cercavo gettandomi, deforme, su queste belle cose fatte da Te.
Tu eri con me, ma io non ero con Te, perché mi tenevano lontano quelle creature che,
se non esistessero in Te, non avrebbero esistenza.
Tu mi hai chiamato, hai gridato, hai vinto la mia sordità.
Tu hai balenato, hai brillato, hai dissipato la mia cecità.
Hai sparso il tuo profumo, e l’ho respirato ed ora a Te anelo.
Ti ho gustato ed ora ho fame e sete.
Mi
hai toccato ed ora ardo dal desiderio della pace tua”.
MERCOLEDI’
28 LUGLIO 1993
“La
pelle del viso di Mosè era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il
Signore”. (Es. 34,29)
E’
perfino facile fare delle battute: Mosè ha fatto la cura del sole! Quando tempo
fa leggevo queste righe, mi sembrava una storiella, ma anche fosse, il
significato di questo racconto è profondissimo: non si può stare davvero con
il Signore senza cambiare. Mi chiedo: chissà se dopo un’ora di adorazione,
dopo una messa, dopo un momento di preghiera, chi mi vede, chi mi incontra mi
trova diverso da prima? Penso sia capitato anche a voi di incontrare delle
persone che, senza essere dei puritani o dei cristiani dal collo torto, ti danno
subito la sensazione di essere uomini di Dio, dalla fede profonda. Non si può
essere persone che pregano, che stanno davanti al Sole e che poi non riflettano
almeno un raggio di Luce.
GIOVEDI’
29 LUGLIO 1993
“Gesù
entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa”.
(Lc.10,38)
Nelle
nostre campagne c’era sempre un angolo, magari anche solo il pagliaio o la
stalla, dove il viandante trovava accoglienza e riposo. Sentendo i racconti
degli “sfollati” dell’ultima guerra ci sono racconti meravigliosi di
ospitalità. Oggi nelle nostre città tutto è più difficile, sia le case, sia
le condizioni di vita ci portano sempre più all’individualismo. Eppure Gesù
bussa ancora in molti modi diversi alla porta del nostro cuore e delle nostre
case. Quanti uomini cercano una parola di comprensione o di conforto per
sentirsi ancora persone! Marta accoglie Gesù e nella sua casa entrano la gioia
e la vita. Gesù bussa alla porta della tua vita, ma se ti chiede qualcosa è
molto più quello che porta se tu lo accogli.
VENERDI’
30 LUGLIO 1993
“Ma
Gesù disse loro: un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in
casa sua”.
Il
profeta è sempre un personaggio scomodo. Non te la conta soave, non si ferma ai
luoghi comuni, sembra non essere neppure troppo educato nel buttarti in faccia
la verità, è un intrigante che ti scopre gli altarini, è uno che non sai mai
dove trovare, che non riesci ad incasellare in nessun modo... Non è forse
meglio farne a meno? E’ più comodo vivere nella normalità, nel legalismo,
nella tranquillità. E poi il profeta avrà ragione? Quali garanzie mi dà? Non
è forse come me, anche lui un povero diavolo?... E con tutti questi “buon
senso” uccidiamo in noi e negli altri il dono dello Spirito... Eppure Gesù
era un profeta scomodo...
SABATO
31 LUGLIO 1993
“Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo”.
(Mt. 14,1—12)
Questo
Erode di cui ci parla il Vangelo è una banderuola. Vive di paure, è re ma si
lascia condizionare dagli altri, sfoggia una corte, una religione ma è un
fantoccio in mano ai romani e ai sommi sacerdoti. Dipende poi in tutto dalle sue
passioni. Quanti uomini anche oggi asseriscono di essere liberi, dicono di fare
ciò che vogliono ma poi dipendono dall’ultima corrente politica, dalla moda,
sono schiavi delle loro passioni... Giovanni, in una buia prigione è più
libero di Erode nella sua ricca reggia. Esaminiamoci oggi: qual è la mia libertà?
Vivo veramente per dei valori scelti? In che modo mi lascio condizionare? La mia
testimonianza cristiana si ferma davanti alle prove che incontro nel mondo?