UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
MAGGIO
1993
SABATO 1 MAGGIO 1993
“E
tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del
Signore”.
San
Giuseppe, per quel che ci è dato di conoscere dai Vangeli, non ha fatto cose
strabilianti: ha detto di sì a Dio in momenti difficili della sua vita ed ha
detto di sì a Dio, tramite il suo lavoro quotidiano. La storia della nostra
vita ha pagine difficili in cui siamo chiamati a fare scelte importanti, in cui
la nostra fede è magari messa alla prova duramente, ma ha anche tante pagine
“ordinarie”, giornate comuni di lavoro, di rapporti familiari e sociali che
qualche volta, forse con superficialità, giudichiamo abituali e banali. Ma il
gusto della vita, il senso della fede si manifestano soprattutto in queste
giornate abituali: è lì che dobbiamo dire il nostro sì ed è lì che possiamo
trasformare il nostro lavoro quotidiano in collaborazione con Dio per la nuova
creazione.
DOMENICA
2 MAGGIO 1993
“Se
facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito a
Dio”.
Ho
ricevuto una bella lettera da una ragazza di 17 anni, lettrice della Parola al
Giorno che mi parlava di una sua compagna di scuola, Anna Maria, che
nell’aprile del ‘91 andò improvvisamente in coma, quando ne uscì si trovò
inchiodata al letto con un tumore al cervello. Aveva 16 anni. Morì nel marzo
‘92. Ecco un suo scritto:
“Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, signore, che tu abbia un’ala soltanto. L’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche Tu non vuoi vivere senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tua compagna di volo! Insegnami allora a librarmi con Te. Perché vivere non è trascinare la vita”, non è “strappare la vita”, “non e rosicchiare la vita”. Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà. Vivere è stendere l’unica ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te!"
LUNEDI’
3 MAGGIO 1993
“I
Cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il
firmamento”. (Sal. 18,2)
C’è
chi per pregare ha bisogno di cercare parole, chi ha bisogno di formule, chi ha
bisogno di una chiesa (possibilmente gotica o barocca) e chi invece fa cantare
se stesso e l’universo intero. Le parole, l’ambiente possono essere utili
alla preghiera, ma la vita, la natura, le gioie e le sofferenze sono già
preghiera. Si tratta solo di comprenderle così, lasciarle risuonare, sentircene
parte. Siamo nel mese di Maggio, dedicato a Maria. Da quel poco che sappiamo di
Lei scopriamo che pregava con la liturgia del suo popolo, con la Bibbia (vedi il
Magnificat) ma soprattutto con la vita vissuta nella volontà di Dio, con il
silenzio che diventa adorazione (“Dio ha fatto cose grandi in me”). Oggi tu
puoi essere anima del creato. Puoi far cantare la tua vita. Puoi ricondurre a
Lui, tutto ciò che ti ha dato.
MARTEDI’
4 MAGGIO 1993
Ad
Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”. (At. 11,26)
Che
cosa vuoi dire “essere cristiani”? La risposta più semplice è: “Credere
che Gesù sia il Cristo, il Figlio di Dio, il Messia mandato per salvarci. Ma
non basta una adesione di fede solo intellettuale.
MERCOLEDI’
5 MAGGIO 1993
“Chi
vede me, vede Colui che mi ha mandato”. (Gv. 12,45)
Vedere
Dio. E’ il desiderio che noi abbiamo: vedere non più nel mistero, ma vedere
con i nostri occhi, avere la pienezza della conoscenza di Dio, della sua verità,
della sua eternità. Nel cammino della vite possiamo vedere Dio ma solo
attraverso gli occhi della fede. E Gesù ci dice che chi vede Lui vede il Padre,
chi ascolta Lui ascolta il Padre. Ma dove, come, quando possiamo vedere Gesù?
E’ Gesù stesso che ce lo indica: “Io sono con voi tutti i giorni”,
“Fate questo in memoria di me”, “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome
io sono in mezzo a loro”, “Quando avrete dato anche solo un bicchiere
d’acqua nel mio nome, l’avrete dato a me”... Il Signore ci dia occhi per
vederlo, orecchie per ascoltarlo e cuore per incontrano.
GIOVEDI’ 6 MAGGIO 1993
“Un
servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi
lo ha mandato”. (Gv.13,16)
La Parola di oggi dovremmo ricordarla tutti spesso perché ci ridimensiona e
rasserena nel nostro cammino di testimonianza del Vangelo. Infatti, se per virtù
del nostro Battesimo, dobbiamo essere dei testimoni, degli apostoli del Vangelo,
dobbiamo altrettanto fare attenzione a non voler imporre ad altri la nostra
fede, a non voler assolutizzare il nostro insegnamento. Tutte le volte che i
cristiani (la Chiesa) hanno voluto imporre la fede o hanno voluto far passare
per divino ciò che era umano, sono successi grandi guai. Quando guardo
l’esiguità dei frutti della mia vita sacerdotale, mi sembra di aver sbagliato
tutto o di non aver avuto le doti necessarie in troppi momenti di testimonianza
e di servizio. Ma poi mi riprendo e, sorridendo, dico al Signore: “Pensaci un
po’ Tu, in fondo la “ditta” è la tua. Io cerco di metterci la mia parte,
ma i limiti sono tanti: o Tu fai il resto oppure utilizza diversamente il tuo
personale”.
VENERDI’
7 MAGGIO 1993
“Io
vado a prepararvi un posto, poi tornerò e vi prenderò con me, perché siate
anche voi dove io sono”. (Gv. 14,2—3)
Chi
sceglie di seguire Gesù, può essere certo di essere sulla via giusta. E c’è
anche una meta chiara, promessa da Cristo stesso: stare dove è Lui. Oggi Gesù
dov’è? E’ ovunque, ma soprattutto è presente nel povero, nel sofferente.
Ma contemporaneamente è anche “una cosa sola con il Padre”. Se noi vogliamo
arrivare al “paradiso” dobbiamo cominciare a vedere di incontrare Gesù là
dove Egli è oggi. Gesù, promettendoci un “posto” con Dio, non ci illude,
non ci aliena dalla realtà, anzi ci mette nella realtà, quella più cruda,
quella più povera: è lì che facciamo l’esperienza del Cristo sofferente per
arrivare poi a stare per sempre con il Cristo glorioso.
SABATO
8 MAGGIO 1993
“Tutti
i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio”. (Sal. 97,3)
E’
Dio che salva e manifesta la sua salvezza. Nessuno può salvarsi da solo, né
solo con i suoi sforzi, con l’unica sua buona volontà, né tanto meno con i
soldi o gli onori del mondo. La salvezza appartiene al Signore perché la si
ottiene solo a modo suo, cioè per grazia. E ciò è giusto: se si potesse
pagare sarebbe solo per i ricchi. Se ci volesse intelligenza, non sarebbe per
chi è meno dotato. Se ci volesse la forza fisica, non sarebbe per i deboli.
Invece se è per grazia e per i meriti di Cristo, è per tutti: buoni e cattivi,
ricchi e poveri, uomini e donne. Chiunque può stendere la mano e riceverla in
dono.
DOMENICA
9 MAGGIO 1993
“In
quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un
malcontento...”. (At. 6,1)
Il
libro degli Atti degli Apostoli, nelle sue prime pagine, ci presenta la comunità
primitiva come quella ideale, dove tutto è amore. Ma essendo anche quella una
comunità fatta di uomini come le nostre, anche in essa nascono malcontenti,
parzialità. In ogni comunità ci sono difficoltà, incomprensioni, personalismi.
Dobbiamo stupirci di questo? Siamo chiamati ad “essere perfetti come è
perfetto il Padre nostro che è nei cieli” ma siamo in cammino verso questa
meta e il peso della nostra umanità ci fa, a volte, fermare, ci fa provare la
fatica di stare insieme. Non devono spaventarci queste difficoltà nella Chiesa.
L’importante è affrontarle e, nello spirito del Vangelo, trovarvi rimedio.
Non spaventarti se nella tua comunità trovi dei limiti, dei peccati. Chiediti
piuttosto:
“Che
cosa sto facendo per risolverli?”. Guarda con realtà i limiti, non
nasconderli, ma non fermarti ad essi, abbi fiducia in te, negli altri, in Dio e
la tua comunità potrà continuare il suo cammino.
LUNEDI’
10 MAGGIO 1993
“Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”. (Gv. 14,21)
Spesso
mi sono chiesto: “Ma sono capace di amare?” “Ma, come si fa ad amare
veramente?”. Mi sono guardato attorno ed ho visto dei modelli per me
inaccessibili. Gente disposta a dare la vita per l’altro, persone che
impegnano anni per servire un fratello, consacrati che senti palpitare di amore
per Dio, persone umili che scopri eroiche. “Non ce la farò mai... Gesù è
molto realista, per amare bisogna partire da due cose semplici: accogliere i
comandamenti e osservarli. Accoglierli e osservarli non come un peso, una legge
da mettere in pratica per andare in Paradiso o per essere a posto davanti a se
stessi e a Dio, ma come dono di amore e come capacità di amare. Questa è una
meta che posso tentare e ritentare ogni giorno!
MARTEDI’
11 MAGGIO 1993
“Non
appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio
aveva compiuto per mezzo di loro”. (Atti 14,27)
Rileggendo
queste righe degli Atti degli Apostoli mi vengono in mente certe riunioni di
cristiani. In molti casi si nota in esse un senso di pesantezza, di ripetitività
di gesti e di parole, di dover fare quasi per forza, di parole dette ed
ascoltate per forza. In certe riunioni, se entrasse un non cristiano potrebbe
giustamente dirci: “Siete i cristiani della buona novella, del Cristo risorto,
o siete dei parolai senza speranza?”. Gli Apostoli si comunicavano le
meraviglie che il Signore compiva in mezzo e per mezzo loro, possibile che oggi
il Cristo non operi più meraviglie? Oh, non dico di fare come in certi altri
gruppi dove in maniera esagerata ci si racconta solo esperienze positive e dove
spesso con la scusa di esaltare Dio e le sue opere si cerca di esaltare solo se
stessi, ma un po’ più di entusiasmo tra cristiani non ci starebbe male: siamo
o non siamo testimoni di Cristo Risorto e Salvatore?
MERCOLEDI’
12 MAGGIO 1993
“Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla”. (Gv. 15,5)
Gesù
ci invita a rimanere in Lui. Noi ci proviamo ma poi qualche volta, scoraggiati
dai nostri insuccessi, cerchiamo da altre parti. Un uomo decise di scavare un
pozzo. Non trovando traccia d’acqua dopo aver scavato una ventina di metri,
smise e cercò un altro posto. Questa volta scavò più profondamente ancora, ma
non trovò nulla. Scelse allora un terzo posto e scavò ancora più a fondo, ma
senza risultato. Completamente scoraggiato, abbandonò l’impresa. La profondità
totale dei tre pozzi aveva raggiunto i cento metri. Se avesse avuto la pazienza
di fare soltanto la metà di tale scavo, ma in un unico posto, avrebbe trovato
l’acqua. Così è della gente che cambia continuamente fede. Per giungere a un
risultato bisogna darsi all’oggetto della propria fede in totalità di cuore,
senza mai dubitare ch’essa sia efficace.
GIOVEDI’
13 MAGGIO 1993
“Questo
vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. (Gv.
15,11)
Quando
meditiamo il Vangelo spesso siamo spaventati dalle richieste del Signore:
“Vai, vendi quello che hai, dallo ai poveri”, “Amate i vostri nemici e
pregate per loro”, “Porgi l’altra guancia”. Ci sembra che il Signore ci
chieda cose impossibili, dolorose. Gesù oggi invece ci dice: “Se vi chiedo
cose difficili, ve le chiedo perché siate felici, perché abbiate gioia vera.
Se riesci ad essere staccato dal denaro, sei libero da un mucchio di
preoccupazioni ed hai più tempo per cercare i valori veri. Se preghi per il tuo
nemico, presto lo vedrai come un fratello e supererai il rancore. Se sai
perdonare hai più serenità di quando gusti il frutto amaro della vendetta.”
VENERDI’
14 MAGGIO 1993
“Questo
è il mio comandamento: Che vi amiate gli uni gli altri”. (Gv. 15,12)
L’ALTRO
L’ALTRO
E’ colui che tu incontri sul tuo cammino, colui che cresce accanto a te,
lavora, gioisce, o piange accanto a te; colui che ama o che odia accanto a te,
colui del quale non dici nulla, non pensi nulla, perché tu passi senza guardare
e non lo vedi!...
L’ALTRO
E’ colui al quale devi unirti per diventare l’uomo “totale”, il
“fratello universale”.
Colui
al quale devi unirti per la tua riuscita ed insieme salvarti con tutta
l’umanità.
L’ALTRO
E’ colui col quale collabori ogni giorno per completare la creazione del
Mondo.
L’ALTRO
E’ il tuo prossimo, colui che devi amare con tutto il cuore, con tutte le
forze.
SABATO
15 MAGGIO 1993
“Se
il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il
mondo amerebbe ciò che è suo, ma io vi ho scelti dal mondo”. (Gv.
15,18—19)
I
primi cristiani hanno incontrato tutti il martirio per la fede. Anche oggi è
impressionante scoprire quanti sono ancora martiri veri e propri per la testimonianza
cristiana nel mondo. Ma quello che più spesso incontriamo nel nostro mondo è
una indifferenza alla fede, tante volte ancora più scoraggiante che una aperta
ostilità. E l’indifferenza, l’abitudine, il “tanto tutti fanno così”
può mettere a dura prova la testimonianza cristiana: è un martirio che non
arriva tutto di un colpo, ma uno stillicidio che se non stai attento presto ti
smonta, ti toglie l’entusiasmo, ti appiattisce. Il cristiano, seguendo il suo
Maestro, è uno che non demorde, che non cerca risultati umani, che continua
nella sua testimonianza sicuro che l’importante è seminare e qualche volta bagnare
il terreno con un po’ di sudore, un po’ di lacrime e qualche goccia di
sangue. A far crescere, a tempo opportuno, ci penserà il Signore stesso.
DOMENICA
16 MAGGIO 1993
“Se
mi amate, osserverete i miei comandamenti”. (Gv. 14,15)
“Se
mi amate.. .“. Non dice: Se siete bravi, se capite, se vi mostrate intelligenti...
E neppure: Se siete ubbidienti, se non volete andare all’inferno... La spinta,
la motivazione, lo stile della nostra condotta, non può essere che l’amore.
Se è qualcos’altro, i nostri comportamenti, anche se ineccepibili dal punto
di vista dell’osservanza formale della legge, non sono cristiani. Gesù, nei
discorsi di addio, non ci lascia una dottrina, un manuale di istruzioni, e
nemmeno un codice: ci lascia un desiderio, l’unico suo desiderio. Che ci
amiamo. E anche la Chiesa è Chiesa di Cristo, non quando è il luogo
dell’ubbidienza, della disciplina, dell‘organizzazione perfettamente
funzionale, dell’ortodossia, della cultura, ma se è la Chiesa dell’amore.
LUNEDI’
17 MAGGIO 1993
“Quando
verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che
procede dal Padre, Egli mi renderà testimonianza”. (Gv. 15,26)
Chi
è lo Spirito Santo che Gesù promette e che noi invochiamo preparandoci alla
festa di Pentecoste? E’ lo Spirito di Dio che “aleggiava sulle acque” alla
Creazione; è la Sapienza che si trasforma in Legge per il popolo eletto; è lo
Spirito che adombra Maria per donarci Gesù; è lo Spirito che guida Gesù a
compiere la volontà del Padre, ed è ancora lo Spirito che riempie gli apostoli
di coraggio per una piena testimonianza cristiana. E’ lo Spirito di cui
abbiamo bisogno noi per conoscere ed adorare il mistero di Dio, è lo Spirito
che ci dà la possibilità di testimoniare non noi stessi, ma Gesù; è lo
Spirito che ci rende fratelli e ci fa Chiesa. Chiediamolo a Gesù perché
“senza di Lui non possiamo far nulla”.
MARTEDI’
18 MAGGIO 1993
“Signore, che cosa devo fare per essere salvato?”. (At. 16,30)
Questa
domanda che il carceriere di Paolo e Sila fa a loro è una domanda che noi tutti
ci siamo posti tante volte. Di volta in volta ci siamo risposti o ci siamo
Sentiti rispondere: “Prega”, “Ricevi i sacramenti”, “Datti da fare per
chi ha bisogno”... La risposta di Paolo e Sua è la più semplice ma la più
decisa e comprensiva di tutto: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e
la tua famiglia”. Credere in Gesù non è solo un atto intellettivo, un atto
della volontà o del sentimento: è aver incontrato una persona, è aver fiducia
in Lui, Figlio di Dio, unico Salvatore, è decidere di giocare la nostra vita su
Lui, con Lui, per i suoi valori. Tutto il resto: la preghiera, l’impegno sono
una conseguenza. Se qualche volta, allora ci sorprendiamo ancora a farci questa
domanda, vuoi dire che Gesù Cristo non lo abbiamo ancora incontrato
decisamente: che cosa aspettiamo?
MERCOLEDI’
19 MAGGIO 1993
“Quando
sentirono parlare di risurrezione dei morti, gli dissero: Su questo ti sentiremo
un’altra volta”. (At. 17,32)
Dura
esperienza quella di Paolo: è andato sulla piazza di Atene, in mezzo ai
filosofi greci. Si è dato da fare per studiare un linguaggio di sapienza che
fosse da loro accolto. Era partito dalla loro esperienza religiosa, e fin lì,
tutti ad ascoltare compiaciuti il suo bel discorso ma, quando si tratta di
arrivare al dunque, all’annuncio di Cristo morto e risorto, ecco nascere i
risolini, ed ecco la gente che se ne va. Per molti è ancora cosi: fin che ti
adegui al loro linguaggio e alla loro mentalità tutto va bene; finché ti metti
a discutere di cose astratte senza dar troppo fastidio a certe mentalità sono
anche disposti ad ammettere: “Lo, è un prete con cui si può parlare!” Se
cominci però ad annunciare Cristo, la sua croce, le sue esigenze, la sua
mentalità diversa da quella di questo mondo, ecco la fuga o perlomeno, siccome
sono persone ammodo, lo sguardo di superiorità, quasi ti dicessero: “Crede
ancora a quelle cose!” o “Intanto parla per mestiere!”. E Cristo continua
a passarci accanto senza poter venire in casa nostra a far festa.
GIOVEDI’
20 MAGGIO 1993
“L’Angelo
Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una
vergine. La Vergine si chiamava Maria”. (Lc. 1,26)
Tutti
noi, fin da piccoli, forse proprio tra le braccia della nostra mamma abbiamo
imparato quella preghiera umile e confidenziale che è l’Ave Maria. In queste
prime parole tutto è semplicità e modestia. Un saluto, in un piccolo paesino
sconosciuto della Galilea, ad una ragazza, con un nome semplice, ma comune in Israele.
Eppure proprio lì comincia la sua e la nostra storia della salvezza. Dio ha
chiesto a Maria se si offriva per realizzare il suo piano di mandare il Figlio
nel mondo a salvare gli uomini e questa semplice ma fedele ragazza le ha detto
di sì. Dio chiede a te, oggi, se sei disposto ad accogliere i suoi progetti per
il nuovo Regno che Gesù è venuto ad inaugurare. Se sei disposto a dirgli di sì
anche in te Dio opererà cose grandi.
AVE,
MARIA, noi con confidenza ti chiamiamo per nome perché Tu sei semplice e
fedele. Rendi anche noi disponibili ad accogliere, come Te, il progetto di Dio.
VENERDI’
21 MAGGIO 1993
“Entrando
da Lei, l’Angelo disse: Ti saluto, o piena di grazia”. (Lc. 1,28)
A
Nazareth, tutti la conoscevano per nome. Ora l’Angelo del Signore,
rivolgendole il suo saluto, la chiama con un’altro nome: Piena di Grazia. E’
il nome nuovo, col quale questa creatura è conosciuta davanti a Dio; il nome
che scende dal cielo, come dal cielo scenderà il nome del suo bambino (“Lo
chiamerai Gesù”). Maria è la “graziosa” davanti a Dio, ma anche la
“gratuita”, colei che ama gratuitamente, è colei che “si lascia fare”
da Dio.
AVE, MARIA, PIENA DI GRAZIA: prega tuo
Figlio perché sappiamo accogliere la sua grazia, perché ci lasciamo fare ogni
giorno dal suo amore.
SABATO
22 MAGGIO 1993
“Entrando
da Lei, l’Angelo disse: Ti saluto, o piena di grazia; il Signore è con te”.
(Lc. 1,28)
Maria
di Nazareth, sulla linea dei profeti e di tutti i “chiamati” dell’Antico
Testamento, inizia la più straordinaria avventura cui sia mai stato destinato
un essere umano equipaggiata di un’unica certezza: — li Signore è con Te.
Non ha bisogno di altre garanzie, sicurezze, appoggi. Quella è la garanzia che
le comprende tutte. Intendiamoci: non e una formula miracolistica. Alla Madonna
non viene messa in mano una bacchetta magica che le spianerà il cammino a colpi
di prodigi, facendo sparire ostacoli, producendo tutto ciò che occorre. Maria
compie un itinerario punteggiato di difficoltà e oscurità. Munita però della
certezza della presenza di Dio.
AVE, MARIA, IL SIGNORE E’ CON
TE. Fa’
che in ogni momento gioioso o triste della nostra vita ci rendiamo conto che Dio
non ci abbandona mai.
DOMENICA
23 MAGGIO 1993
“Elisabetta
esclamò a gran voce: “Benedetta Tu fra tutte le donne (Lc. 1,42)
Ogni
volta che nell’Ave Maria diciamo queste parole noi ci rallegriamo con Maria,
perché è stata scelta per questa missione in rapporto allo Spirito e al
Verbo. La elogiamo per quello che è e per quello che ha ricevuto. La cosa in
fondo ci tocca molto da vicino. Rendiamo grazie, eleviamo la nostra lode al
Signore per aver posato gli occhi su questa creatura per renderla tempio dello
Spirito e “arca” della presenza del “Dio con noi”. “Tu sei benedetta
fra le donne”. Perché non ti occupi di ciò che è grande, forte, importante,
potente, ricco. Ma la tua tenerezza si sente sollecitata in direzione di ciò
che è piccolo e vuoi crescere nella linea dell’amore e della libertà. “Tu
sei benedetta fra le donne”. E ci sentiamo con Te, Maria, celebranti della
vita. Tu ci ricordi, infatti, che Dio raggiunge, con la sua benedizione,
soltanto coloro che non sono assenti dalla vita.
AVE,
MARIA, BENEDETTA FRA LE DONNE, prega tuo Figlio Gesù perché la benedizione di
Dio non si allontani mai dalle nostre famiglie.
LUNEDI’
24 MAGGIO 1993
“Elisabetta
esclamò a gran voce: Benedetta Tu fra tutte le donne e benedetto il
frutto del tuo grembo”. (Lc. 1,42)
Eva
aveva offerto ad Adamo e alla nostra umanità un frutto e l’uomo, dopo
averlo mangiato, si scoprì nudo, peccatore, diviso da Dio. Maria ci offre il
frutto del suo grembo e riscopriamo in noi lo splendore dell’immagine e
rassomiglianza
con Dio. Ma noi che cosa ne abbiamo fatto del “frutto del tuo grembo”? Tu lo
hai accolto con trepidazione, fatto crescere con amore, l’hai avvolto di
tenerezza. Noi lo abbiamo venduto per una manciata di denari, massacrato di
colpi, ridotto a carne sanguinante. Abbiamo scaraventato quel corpo, che Tu
avevi custodito gelosamente nel segreto del tuo ventre, in pasto alla curiosità,
agli sputi, alle offese più volgari. Tu gli hai preparato la vita e noi gli
abbiamo offerto una croce. Perdonaci anche Tu, Maria, come ci ha perdonato tuo
Figlio.
AVE,
MARIA, offrici ancora e sempre quel frutto benedetto che hai seminato
nell’Amore e fa’ che ricevendo, riscopriamo il nostro essere figli di Dio.
MARTEDI’
25 MAGGIO 1993
“Ecco
mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio costui è mio
fratello, sorella, madre”. (Mc. 3,32 - 35)
Noi
invochiamo Maria tutta Santa perché in Lei ogni virtù, ogni dono dello Spirito
si sono manifestati in pienezza. Ma la sua santità non è solo frutto dei
doni di Dio ma anche della continua e generosa corrispondenza della sua volontà.
Maria ci ricorda che la santità indossa i panni della vita di ogni giorno. E
che non è fatta di gesti spettacolari ma soprattutto di piccole virtù (che
sono le più difficili). Maria ci fa memoria che un itinerario di fede, come è
stato il suo, non esclude il dubbio, l’oscurità, ossia la fatica di credere.
Maria soprattutto ci costringe a prendere atto che la santità non è un lusso
che si possono concedere unicamente certe creature eccezionali, ma
costituisce la condizione normale del cristiano. Ognuno è chiamato alla
santità!
SANTA
MARIA, fa’ che abbiamo il coraggio più elementare: il coraggio della santità.
Aiutaci a non fuggire dinanzi a una santità vicina, alla nostra portata. Tu
che sei stata immunizzata dai peccato e hai accettato il “contagio” della
grazia, fa’ che accettiamo il rischio di venire contagiati dalla tua santità.
MERCOLEDI’
26 MAGGIO 1993
“Quando
venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, perché
ricevessimo l’adozione a figli”. (Gal. 4,4)
Una madre è segnata per sempre dalla nascita della sua creatura e anche il figlio rimane segnato dall’amore, dai sentimenti profondi, dagli atteggiamenti, dall’essere della madre. Certo la maternità della Madonna è dono e miracolo dall’alto, ma c e anche il suo apporto, la sua eredità, la sua personalità: la Madre dipende dal Figlio e il Figlio dipende dalla Madre. Invocare Maria come Madre significa quindi riferirsi soprattutto alle sue relazioni con il Figlio. Ma nel Figlio, anche noi siamo diventati figli.
Per
cui, come diceva A. Von Spery: “Il Signore si è scelto una Madre per avere
tutti gli uomini fratelli”.
SANTA
MARIA, MADRE DI DIO e Madre nostra, generaci alla vita di figli di Dio.
GIOVEDI’
27 MAGGIO 1993
“Gli
Apostoli erano assidui e concordi nella preghiera, con alcune donne e con Maria,
la Madre di Gesù”. (At. 1,44)
Finora,
nell’Ave Maria non abbiamo chiesto nulla. Ci siamo limitati a salutare la
Vergine, benedirla, celebrarne la grandezza, contemplare le cose grandi che in
Lei ha compiuto l’amore del suo Signore. Adesso passiamo a chiedere. Siamo
poveri, deboli, la nostra esistenza è minacciata dall’interno e dal di
fuori, nella nostra giornata non scarseggiano i guai e le difficoltà di
ogni genere, ci troviamo spesso alle prese con problemi di fronte ai quali ci
sentiamo impotenti, sovente abbiamo paura, ci ritroviamo soli... e allora ci
rivolgiamo a Maria con fiducia di figli e le diciamo non tanto il lungo
elenco delle richieste, ma le diciamo che preghi per noi, che dica una parola a
nostro favore. E Maria può intercedere. Perché nessuna creatura è più
vicina di Lei a Dio e perché è vicina a noi. Maria sta dalla parte di Dio ma
sta anche dalla nostra parte.
AVE,
MARIA, PREGA PER NOI, portaci a Dio e porta Dio a noi.
VENERDI’
28 MAGGIO 1993
“Il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo, abbi pietà di me, peccatore”.
(Lc. 18,13)
Chiediamo
a Maria che preghi per noi ma non accampiamo diritti o benemerenze. Come il
pubblicano ci riconosciamo peccatori e basta. Non elenchiamo virtù (che non
abbiamo) e non enumeriamo neppure i peccati (che abbiamo).
PREGA
PER NOI, MARIA. Per la nostra vita sbrindellata, impoverita, sbandata. Prega
per le nostre imprese fallimentari, per le nostre giornate fitte di
stupidaggini. Maria, Tu sei la nostra Madre, e non hai conosciuto il peccato. Ma
non ti vergogni di avere figli peccatori. Tu ti sei fatta trovare da Lui,
prega per noi che spesso siamo... altrove. Maria, fa’ che non pensiamo e
guardiamo sempre ai peccati degli altri, fa’ che ci sentiamo solidali,
responsabili
di tutto e di tutti. Maria, accompagnaci Tu sulla strada del ritorno alla Casa
del Padre. Siamo convinti che la tua presenza, il tuo sguardo, il tuo amore sono
più forti delle nostre debolezze.
SABATO
29 MAGGIO 1993
“Da
quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. (Gv. 19,27)
Ho
l’impressione che “l’adesso” dell’Ave Maria sia l’equivalente
dell’ “oggi” del Padre Nostro. E’ l’ “adesso” che riempie la
nostra vita di significato. La rende preziosa. Troppo spesso lasciamo
trascorrere la vita guardando indietro o avanti, e così perdiamo gli
appuntamenti decisivi. Maria, ci basta sapere che “adesso” Tu preghi per
noi. Maria, abbi pietà dei troppi “adesso” trascurati, ignorati, disattesi,
lasciati passare inutilmente.
PREGA
PER NOI, ADESSO, perché possiamo
DOMENICA
30 MAGGIO 1993
“Stava
ai piedi della croce di Gesù, sua Madre”. (Gv. 19,25)
Fra
tutte le ore della vita, non c’e un’altra ora più preziosa della morte.
Con le ultime parole dell’Ave Maria, noi mettiamo nelle mani della Madonna quell’ora decisiva che, nonostante la
fede nella risurrezione, ci fa paura.
Nel film di Bergman “Sussurri e grida” c ‘è una scena di rara
efficacia. La protagonista non ce la fa... a morire. Un’agonia crudele,
interminabile. Si ha l’impressione che la morte, per lei, sia impossibile.
Poi, ad un tratto, arriva la vecchia nutrice. Si avvicina al capezzale,
prende in braccio la donna che si colloca in posizione fetale, la culla
dolcemente, la carezza con tanta delicatezza, le mormora parole d’amore come
a una neonata... E soltanto in questa maniera, rasserenata, distesa, può
finalmente morire. L’Ave Maria, più che una soluzione, più che un
ragionamento convincente per risolvere l’angoscioso problema della morte ci
offre un immagine e una speranza: la Madonna che prega per noi nell’ora della
nostra morte, come ha fatto ai piedi della croce per suo Figlio Gesù.
LUNEDI’
31 MAGGIO 1993
“Allora
Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai
detto”. (Lc. 1,36)
Dire
“AMEN” significa abbandonarsi. E noi, dopo averti salutata, lodata, dopo
averti chiesto di intercedere per noi, ci abbandoniamo nelle tue braccia dì
Madre, o Maria. Noi diciamo AMEN a Te che lo hai detto all’ Angelo affidandoti
a Dio che ti costruiva nello Spirito Madre dell’AMEN stesso Gesù Ma dire AMEN
Non Significa finire qualcosa, significa cominciare di nuovo, affidarsi a Colui
che fa nuove tutte le cose, a colui che apre nuove prospettive. Ed è per questo
che gli uomini continueranno a dire sempre “Amen” ma ricominceranno
rinnovati a dire: “Ave Maria”.