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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MARZO 1993

 

LUNEDI’ 1 MARZO 1993

 

“Allora i giusti gli risponderanno dicendo: Quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?”. (Mt. 25,37)

Nel nostro modo di vedere ci aspetteremmo dei giusti più consapevoli, dei giusti che amano e servono il povero vedendo in lui Gesù e, invece, ci troviamo davanti a delle persone che hanno visto il povero, ne hanno avuto compassione, hanno condiviso con lui il pane. Non sono giusti molti “spiritualisti” ma piacciono al Signore e finiscono nella vita eterna. E’ giusto e bello (e qualche volta gratificante) riuscire a riconoscere Gesù nel fratello che ha bisogno, ma è già eroico e santo riconoscere il fratello, farsi fratello. L’importante non è mettere al fratello la maschera per poterlo riconoscere, è, anzi, togliere il nostro paraocchi perché il nostro cuore possa vederlo ed incontrano. Non è importante fare la carità per andare in paradiso, è importante amare e basta.

 

 

MARTEDI' 2 MARZO 1993

 

“La mia parola non tornerà a me senza effetto e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. (Is. 55,11)

Tante volte, come prete, mi sono accorto della veridicità di questa Parola. A volte, confessando, predicando, scrivendo mi sono accorto di dire parole che non erano mie. Altre volte, persone sono venute a dirmi: “Quella parola che lei ha detto in quell’occasione era proprio per me”, ed io non mi ricordavo neppure più di aver detto quella parola. Il Signore ha la parola giusta al momento giusto ed ha anche il silenzio giusto al momento giusto. Non so se sia capitato anche a voi: in certi momenti vorremmo trovare la parola per risolvere una situazione, per trovare una risposta.., magari sfogliamo anche la Bibbia per trovarla.., e invece, niente! Poi, magari, dopo un po’ comprendiamo che anche quel silenzio di Dio, quella aridità, avevano un significato. Se è vero che dobbiamo essere buon terreno per far fruttificare la Parola, è anche vero che il messaggio di Dio, fatto di parole, di silenzi, di fatti, è sempre un messaggio che ci viene rivolto per cambiarci: Dio ci ama troppo per non comunicarci in mille modi e in momenti diversi, se stesso.

 

 

MERCOLEDI' 3 MARZO 1993

 

“Come Giona fu un segno per quelli di Ninive, cosi anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione”. (Lc. 11,30)

Noi cerchiamo i segni più strani: vanno di moda coloro che parlano con i morti, le riunioni religiose in cui avvengono “effusioni” e “miracoli”, le formule più strane (oggi si usa il termine “esoterico”) per comunicare con l’aldilà... e non riusciamo a vedere i segni che abbiamo evidenti sotto il naso. Il creato ci parla di Dio e noi lo sfruttiamo. Gli uomini creati a sua immagine ci invitano alla vera fratellanza e noi li consideriamo potenziali nemici; la Parola di Dio ha tante cose da dirci e noi “non abbiamo tempo” ad ascoltarla perché c’è la televisione che ci riempie di parole e di storie fantastiche che uccidono la fantasia. Gesù si fa pane, ci chiama all’Eucarestia ma per noi è più importante il weekend o il letto per riposare, ci sono offerte molte occasioni di catechesi per approfondire la fede e noi preferiamo correre dietro all’ultimo guru alla moda. Non mancano i segni. Manca il desiderio e la capacità di coglierli. Spesso consideriamo banale ciò che è essenziale. Ma attenzione, se questi segni ci passano sopra come l’acqua che scivola sulla roccia, il cuore continuerà a rimanere arido.

 

 

GIOVEDI' 4 MARZO 1993

 

“Il Padre vostro darà cose buone a quelli che gliele domandano”. (Mt. 7,11)

Ogni cosa che noi domandiamo ci sembra una cosa buona per noi, anche se poi, in realtà, non sempre è così. Quali saranno allora le cose buone che il Padre dei cieli darà senza alcun dubbio a quelli che lo pregano con insistenza? La risposta la troviamo nella stessa preghiera che Gesù ci ha insegnato: il Padre Nostro. Saranno esaudite le preghiere che rientrano nella prospettiva del “Venga il tuo Regno”, del “Sia fatta la tua volontà”. E la prima di queste “cose buone” è lo Spirito Santo: “Domandate lo Spirito, il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Lo Spirito ci aiuta a discernere le cose buone, quelle effimere e quelle che durano per sempre. Anche quando le nostre richieste non trovano risposta immediata, il dono dello Spirito ci aiuterà ad aver fiducia nel Padre che “non può dare cose cattive ai figli che gliele chiedono”.

 

 

VENERDI' 5 MARZO 1993

 

“Forse che io ho piacere della morte del malvagio dice il Signore, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?”. (Ez. 18,23)

Una mentalità che anche certa predicazione ci ha propinato, ci porta a vedere Dio come un giudice: siccome è giusto giudicherà intransigentemente il bene e il male e assolverà o condannerà secondo i rigidi canoni dei nostri codici. E’ più che vero che Dio è giusto, ma Dio è anche Padre di ogni uomo. Un padre terreno, certamente non condivide il male che il figlio commette, ma continua ad aver speranza per lui, continua ad offrirgli una possibilità, spera in un cambiamento... Non gli chiude mai definitivamente la porta in faccia. La giustizia e il giudizio di Dio nei nostri confronti è così. Il suo amore viscerale per noi fa sì che ci sia sempre una possibilità per noi. E’ bello per noi sentirci amati così. Certamente non dobbiamo approfittarne, vanificando il suo amore e la sua misericordia, ma mentre sentiamo il suo rimprovero per il male commesso, scopriamo anche la sua mano sempre tesa per la nostra salvezza.

 

 

SABATO 6 MARZO 1993

 

“Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che Egli sarà il tuo Dio, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi e obbedirai alla sua voce”. (Dt. 26,17)

Noi, giustamente, possiamo essere orgogliosi di essere cristiani. Ma facciamo attenzione: essere cristiani non è solo un onore, un’etichetta, un passaporto per l’eternità. Appartenere al popolo di Dio significa saper riconoscere e ascoltare la sua voce, significa mettere in pratica i precetti divini nella vita di ogni giorno. Ma anche qui bisogna far attenzione: non basta osservare esternamente alcune norme, bisogna lasciare che sia lo stesso Spirito di Dio a entrare in noi, a guidarci. E Gesù ha sintetizzato questo dandoci il comandamento dell’amore; il cristiano, allora, è colui che sentendosi amato profondamente da Dio lascia che sia il suo stesso amore a spingerlo nelle scelte quotidiane. Vuoi renderti conto del punto in cui sei arrivato in questo cammino? Prova a chiederti che cosa ti ha spinto ieri ad agire in quel certo modo, con quella persona o a chiederti perché hai pregato o non hai pregato in quel modo.

 

 

DOMENICA 7 MARZO 1993

 

“Disse Pietro: Signore, è bello per noi stare qui”. (Mt. 17,4)

Di solito prendiamo in giro S. Pietro per questa sua “uscita”. Penso invece che Pietro ne abbia detta una giusta: era talmente felice per Gesù, per la bellezza di questa trasfigurazione, per la gioia di poter vedere Mosè ed Elia, che non poteva far altro che dire: “Che meraviglia, fermiamoci qui: si sta troppo bene!”. E’ vero, sul Tabor non si può stare tutta una vita; la fede è cammino; bisogna discendere; si dovrà salire un altro monte, il Calvario... Ma è anche vero che non dobbiamo aver fretta di venire via dal Tabor, che dobbiamo gustarlo fino in fondo proprio per aver la forza, poi, di fare altri cammini. Ci sono cristiani distratti, frettolosi che non sanno gustare i doni di Dio! Qualche esempio concreto? Dio ci dà se stesso nell’Eucarestia e noi guardiamo l’orologio perché “questa mattina è più lunga del solito”. Andiamo in viaggio per immergerci nella natura e rischiamo di vedere solo chilometri e chilometri di asfalto. Preghiamo, ma “in fretta perché c'é tanto da fare ... Certo, Gesù ci manda. Non vuole cristiani da salotto. Ma non bruciare i momenti belli! Fai la carica, Impara a meravigliarti. Gli occhi si allargano, si allarga anche il cuore e la fede, ben supportata dal cuore, ti aiuterà

 

 

LUNEDI’ 8 MARZO 1993

 

“Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati”. (Lc. 6,37)

Era stato uno di quei matrimoni “disastrati” che sempre più spesso succedono e me la prendevo con il Signore: “Signore, è possibile? Tanta esteriorità: vestiti da boutique fatti più per scoprire che per coprire, fotografi, cineprese.,. nessun rispetto per la chiesa, per l’orario, per la celebrazione... hanno continuato a chiacchierare tutto il tempo e poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il fotografo che mi dice: ‘Dia di nuovo la Comunione alla sposa, che non mi è venuta la foto!’. Signore, ti hanno preso in giro! E’ giusto dare i tuoi sacramenti per spettacolo?...” Mi sono sentito una voce pacata dentro che mi diceva: “Ed è giusto che io continui a servirmi di un sacerdote, iroso, egoista, peccatore per rinnovare ed offrire il mio sacrificio? E che cosa ne sai tu della storia che c’è alle spalle di ognuna di quelle persone? Tu hai celebrato dei sacramenti da sdegnato e così non hai pregato mentre, forse, qualcuno in mezzo a quella distrazione mi ha rivolto un pensiero, mi ha accolto con semplicità...”.

 

 

MARTEDI' 9 MARZO 1993

 

“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. (Mt. 23,2)

Quasi tutte le volte che leggo queste affermazioni di Gesù ci casco: sono sempre gli altri che sono ipocriti! Sono ipocriti i politici, i pezzi grossi, la Chiesa con le sue ricchezze, i Vescovi imbardati, i preti saccenti... Ma io a che categoria appartengo? Quando, magari “con umiltà” dico la mia opinione ma credo che chi la pensa diversamente da me non capisce niente, non sono forse un ipocrita? Quando mi attengo “alla morale della Chiesa” non per “farmi la morale”, ma per sparare sentenze che colpiscono sempre gli altri, non sono forse uno “scriba o fariseo”? Quando predico che basterebbe qualche sacrificio da parte di tutti ma mi aggrappo al portafoglio, non sono forse falso davanti a me e davanti agli altri? E’ vero che le esigenze della Parola di Dio superano la mia povera persona, ma in che maniera mi coinvolgono, mi fanno chiedere perdono, fanno sorgere in me il desiderio e lo sforzo di conversione? Mi lamento con il Signore perché sono sempre allo stesso punto, perché non mi dà abbastanza Spirito Santo per cambiarmi, ma c'é scarsità di Spirito Santo o c’è una scorza talmente dura che mi rende impermeabile ad ogni azione di Dio su di me?

 

 

MERCOLEDI' 10 MARZO 1993

 

“Disse Gesù: Il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà”. (Mt. 20,18—19)

Gesù parla della sua imminente passione, morte, risurrezione ma il suo discorso sembra cadere nel vuoto. I discepoli, pur avendo imparato a camminare con Lui, fanno orecchie da mercante perché questo discorso non rientra nei loro schemi: il Messia, per loro, è un trionfatore, è la carta vincente delle loro aspirazioni; e poi, vogliono bene a Gesù e forse preferiscono per Lui e per loro non pensare a flagellazioni, croci, morte. Anche noi vogliamo bene a Gesù, amiamo la sua Parola, abbiamo bisogno che ci dia conforto e speranza, ma ci sono pagine di Vangelo che sono insopportabili, ci danno fastidio, rompono i nostri piani, scombinano   progetti che noi giudichiamo giusti, “intoccabili”. E allora.., saltiamo la pagina, cerchiamo scuse, ci sforziamo di annacquare. Ma Gesù è uno solo: è quello del Natale gioioso come quello sanguinante della Croce, è Colui che ci perdona sempre ma che ci chiede l’impossibile, è Colui che ci accoglie ma che ci manda, è Colui che ci consola ma che non ci toglie dalle prove. Darà forse fastidio in certi momenti, ma Gesù o lo accetti tutto o rischi di non incontrano affatto.

 

 

GIOVEDI' 11 MARZO 1993

 

“Disse Abramo: Tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi”. (Lc. 16,26)

Ecco un’altra pagina di Vangelo difficile da digerire. Gesù raccontando la parabola del ricco e di Lazzaro parla di “seno di Abramo”, cioè Paradiso e di Inferno, luogo di tormenti, e per di più parlando di “grande abisso” che li separa, ci dice l’eternità del premio o della pena. Anche qui, se è pur vero che siamo nel contesto di una parabola, se non dobbiamo leggerla con gli occhi della “Divina Commedia” Dantesca, ci viene chiaramente detto di una giustizia di Dio e di un premio o di una pena, e dell’insindacabile scelta che stiamo operando nel nostro quotidiano. L’eternità ce la stiamo giocando oggi. Tutti noi vogliamo stare con Dio per sempre, ma è oggi che dobbiamo incontrarlo. Non posso dire di voler stare con Lui per sempre se oggi lo abbandono per stare lontano da Lui. Il giudizio di Dio non è altro che la ratifica delle scelte che io sto facendo. Dell’Inferno non bisogna aver paura, bisogna non sceglierlo oggi.

 

 

VENERDI' 12 MARZO 1993

 

“La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo”. (Mt. 21,42)

I piani di Dio sono molto diversi dai progetti degli uomini. Gli uomini guardano le apparenze, Dio il cuore; gli uomini guardano la forza e la prestanza fisica, Dio i deboli e i bambini e così capita che il materiale scartato dagli uomini è proprio quello su cui Dio costruisce il suo Regno. Gli scribi e i farisei hanno fastidio del profeta Gesù che non la pensa come loro e progettano di farlo fuori e Dio proprio dalla loro apparente vittoria e dalla sconfitta umana e sofferente di Gesù, prepara il suo nuovo regno. Prova con gli occhi di Dio a leggere alcuni avvenimenti della tua vita. Quella volta che pensavi con le tue forze di aver conquistato chissà che, ti sei accorto che la gioia non era poi tutta lì, e quell’altra volta che ti sei scoperto impotente, povero ma ti sei buttato nelle mani di Dio, Egli servendosi del tuo niente “ha fatto in te cose grandi”.

 

 

SABATO 13 MARZO 1993

 

“Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame”. (Lc. 15,17)

Il ricordo della casa paterna, dell’amore del Padre spingono questo ragazzo sul cammino della conversione e del ritorno. Quante volte mi è capitato di incontrare persone che allontanatesi dalla famiglia, dalla morale, dalla fede ne sentono un’acuta nostalgia e spesso questa è proprio la molla che fa tornare a casa. l genitori, gli educatori spesso sono scoraggiati: “Ho dato tutto a quel ragazzo, ma poi ha preso una strada sbagliata”, oppure “Chissà dove ho sbagliato?”. Se hai dato, magari non tutto, ma il cuore; se hai lasciato una porta aperta; se hai seminato nella speranza, senza pretendere di raccogliere, stai sicuro: il seme in qualche modo porterà frutto. Se Gesù non avesse avuto questa speranza, a che pro’ donarci la vita, morire in croce per noi? Dio non abbandona i suoi figli anche quando questi scappano e prima o poi, una nostalgia, un bisogno, una prova, un atto d’amore riusciranno a rompere la scorza di un cuore indurito e di lì nascerà la pianta nuova. Anche in una pietra c e una fessura, un anfratto in cui la vita può germogliare.

 

 

DOMENICA 14 MARZO 1993

 

“La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”. (Rom. 5,5)

Parecchi anni fa sentii un anziano predicatore dire: “Il diavolo è felice quando vi vede tristi, gioisce quando vede dei Cristiani pessimisti, ha raggiunto il suo scopo quando vede morire la speranza”. Si può smettere di sperare? E’ vero, a volte la vita non stimola all’ottimismo, non sempre si può inalberare un sorriso sul volto, ma smettere di sperare proprio no! Quando un cristiano non ha più speranza non è più cristiano; il fondamento della speranza cristiana è solido: noi resistiamo all’angoscia e all’incertezza della vita, perché Dio ci ama, perché Cristo è venuto per noi, perché si è seduto a tavola con i peccatori, perché è morto per noi ed è risorto, primizia del nostro destino eterno. Così la speranza diventa la nostra forza: Dio non mi abbandona mai; è più importante l’amore che il peccato; con Cristo risorgeremo.

 

 

 

LUNEDI’ 15 MARZO 1993

 

“L’anima mia ha sete del Dio vivente”. (Sal. 41,3)

L’uomo è stato creato da Dio. Ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. Siamo destinati a ritornare al nostro Creatore. E’ dunque logico che sentiamo la sua nostalgia. L’uomo, nel cammino della sua vita, si stordisce con tante cose: il progresso, il lavoro, lo star bene, il denaro, il successo, le esteriorità... ma in qualunque situazione, forse anche quella dell’uomo più abbrutito, sente nostalgia di pace, di bello, di giusto, di qualcosa che non riempia solo occhi, portafoglio, orgoglio, ma che riempia il cuore. E sotto mille aspetti diversi e a volte distorti, questo è il desiderio, la sete di Dio. Anche in questo è segno che Dio non ci lascia soli ma ci aiuta dal di dentro di noi stessi a cercarlo. Forse molti ricordano quel film di fantasia “E.T.” dove un extra— terrestre veniva dimenticato sulla terra e dove alzando il suo dito verso l’alto, questo alieno diceva malamente, ma con tanto affetto: “Casa”. La nostra casa ora e qui e siamo contenti del dono della vita, ma quando in qualche modo senti il desiderio di qualcosa che ti supera è perché è solo in Lui la tua casa definitiva.

 

 

MARTEDI' 16 MARZO 1993

 

“Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello?”. (Mt. 18,21)

Perdonare sì, ma, o Signore, fino a quando il perdono è giusto e quando invece è passare per scemi, o diventare conniventi con il male? Come si comporta Dio con   noi? Dio ci ama sempre e nonost2ante tutto. L’amore di una mamma per suo figlio è incommensurabile ma, dice Dio: “Se anche una mamma si dimenticasse di suo figlio, lo non mi dimenticherò mai di te”. E’ solo in questa prospettiva di amore profondo e totale che si può praticare il perdono vero. Se il mio perdonare è dettato dal calcolo ci saranno sempre mille motivazioni per dire: “Me l’ha fatta troppo grossa!” “Perdonarti non serve a niente”, “Ti perdono, ma sparisci”. Se tu ami Il tuo fratello, se lo vedi con gli occhi di Dio, se come Lui speri nel bene che c’è in esso, se offri senza pretendere, allora ti avvicini al perdono vero, quello che gioisce nel dare. Se Gesù, prima di accettare di salire sulla croce, avesse fatto i suoi calcoli: “Ma mi capiranno? Accetteranno il mio perdono? Servirà a qualcosa?...” sarebbe fuggito dalla croce. Invece ci sale e proprio di là offre il suo perdono: “Padre, perdona loro.

 

 

 

MERCOLEDI' 17 MARZO 1993

 

“Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento”. (Mt. 5,17)

“La legge di Dio non passerà!”; “Ama e fa ciò che vuoi”. E’ sempre difficile coniugare nella vita morale ciò che è la legge di Dio, generale e oggettiva per tutti gli uomini, con quella che è la libertà portata da Cristo. Questo non ci stupisca: Gesù ha trovato difficoltà in chi lo ascoltava a questo riguardo; nella chiesa primitiva (vedi soprattutto le lettere di Paolo, di Giacomo, gli Atti degli Apostoli) è stato motivo di discussioni accanite e anche di divisioni. Forse però la chiave per avvicinarci a comprendere e vivere questo argomento sta proprio nelle parole di Gesù che meditiamo oggi. Dio ha parlato. Ha dato una legge universale con un linguaggio storico. Questa legge, nella sua essenza, è immutabile. Gesù non è venuto né ad abolirla né a cambiarla, ma a svelarcene il senso e il modo di viverla. In parole povere: io posso osservare tutti e dieci i comandamenti, e faccio bene, ma se alla base non c’è l’amore di Dio e del prossimo non serve a niente. Se invece io amo Dio che mi dà la sua legge e il prossimo come mio reale fratello, osserverò la ‘legge con amore, perché è un dono prezioso ma saprò anche andare oltre alla legge quando l’amore lo richiede. Per un cristiano, ad esempio, il comandamento “Non uccidere”, allora, non è solo più negativo ma diventa: ama la vita, tua, degli altri, delle cose, e sempre nell’amore diventa addirittura come per Gesù: “Non c’è amore più grande che dare la propria vita per il fratello”.

 

 

GIOVEDI' 18 MARZO 1993

 

“Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde”. (Lc. 11,23)

In un recente editoriale a proposito di preti in televisione Enzo Biagi, con molto equilibrio, ricordava l’importanza, al di là delle apparizioni televisive, a volte guidate dalle regole dello spettacolo, di annunciare fermamente e totalmente la propria fede. Il cristiano, lo dice il nome, è di Cristo ed è Cristo che bisogna vivere ed annunciare. Se Gesù diventa un paravento per annunciare se stessi, abbiamo tradito Cristo. Se Gesù viene compromesso con le realtà del mondo, queste prima o poi avranno il sopravvento e di cristiano non resterà che una apparenza vuota. Bisogna allora “essere con Lui” prima di tutto, curare continuamente la conoscenza e la comunione con Lui. “Che cosa farebbe Gesù in questa situazione della mia vita? Come interpreterebbe Gesù questi fatti?”. Non sempre, forse, le risposte sono così chiare ma se c 1e questa onestà e questo sforzo, lo Spirito di Dio ci illuminerà e allora presenteremo un volto di Cristo non troppo simile al nostro, ma più simile al suo.

 

 

 

VENERDI' 19 MARZO 1993

 

“Giuseppe, lo sposo di Maria, era un uomo giusto”. (Mt. 1,19)

Di Giuseppe si sono dette molte cose. Nel Vangelo si parla molto poco di Giuseppe. Nel Vangelo

Giuseppe non parla mai. Ma il più bell’elogio che il Vangelo fa di quest’uomo è dire che è un uomo giusto. Dio è giusto. L’uomo chiamato ad essere santo come santo è Dio, deve diventare giusto come Lui è giusto. Nella Bibbia i giusti sono coloro che operano la giustizia di Dio. Giuseppe, uomo giusto si fida non della giustizia degli uomini e neanche solo della giustizia delle leggi sociali e religiose, si fida e si abbandona totalmente alla giustizia di Dio. Oggi il termine giusto è applicato alle persone per vari motivi. Si dice: quella persona è giusta e si pensa è equa, è buona, non è parziale. Ma il vero senso di questa parola nella Bibbia e. e giusto perché agisce come agisce Dio”, quindi potremo dire che Giuseppe è, dopo Maria, il primo vero cristiano perché come Gesù si fida, si abbandona a Dio e lascia che sia Dio ad agire in lui. E noi siamo giusti in questo modo? Dio ha lo spazio per manifestare in noi la sua giustizia? o trova in noi tante presunte giustizie che lo soppiantano?

 

 

SABATO 20 MARZO 1993

 

“Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti”. (Os. 6,6)

Sovente si sentono frasi di questo tipo: “Bisogna mettersi in regola con Dio, non si sa mai.. .“, “Andiamo a Messa così adempiamo al precetto”. Questo atteggiamento è una caricatura della fede. Si offende Dio quando si compiono determinati gesti per “mettersi in pace la coscienza” e sbarazzarci di Lui. A Dio non interessano le nostre pratiche, ma il nostro cuore. Prima i profeti e poi Gesù insistono affinché si passi dalle pratiche del culto e della religione, alla conversione del cuore, che impegna totalmente la persona. Dire il rosario, andare a Messa, fare la carità sono opere meravigliose se supportate da un cuore che sa di essere amato e che ama, sono esteriorità se fatte “perché si deve fare”. Gesù ha amato Dio e noi non perché è stato obbediente ad una volontà superiore ma perché con amore ha fatto sua quella che era la volontà del Padre.

 

 

DOMENICA 21 MARZO 1993

 

“Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo”. (Gv. 9,25)

Prendo il commento di oggi da A. Pronzato:

Loro detengono il sapere, il potere, il linguaggio, maneggiano disinvoltamente dotte disquisizioni. Lui, il poveraccio, non ha libri dalla sua parte (e come avrebbe potuto leggerli, se era cieco?). Però possiede un fatto, può appoggiarsi ad un’esperienza diretta. Ha incontrato uno, che con un procedimento un po’ bizzarro ma efficace, gli ha aperto gli occhi. Non sanno inquadrarlo nella loro dottrina ma nessuno riuscirà a smuoverlo da quel terreno concreto. Non potranno mica obbligarlo a rinunciare alla guarigione in virtù della loro dottrina! Possono dire quello che vogliono, ma lui si tiene il miracolo che fa scandalo. Non è affatto disposto a richiudere gli occhi unicamente perché loro non abbiano ad essere disturbati nelle proprie certezze. Così dovrebbe essere la testimonianza del credente: basata su un incontro, su un dato esperienziale, su un contatto diretto che apre gli occhi, cambia la vita. Gli altri dicano quello che vogliono: la verità non intendo impararla sui vostri libri, preferisco impararla su un volto.

 

 

LUNEDI’ 22 MARZO 1993

 

“Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino”. (Gv. 4,43—54)

Il padre di questo racconto evangelico ha una figlia che sta morendo. Che cosa non farebbe un padre in questa situazione! Ha sentito parlare di Gesù, dei suoi miracoli e va da Lui anche se questo significa un po’ perdere la faccia davanti agli altri. Ma deve avere anche un altro coraggio: deve fidarsi di una parola detta a distanza e deve partire. La fede è sempre fatta di questi due verbi: credere e mettersi in cammino. Non basta né uno né l’altro, occorrono tutti e due: se credi soltanto non vedi il risultato pratico della fede, se cammini solo non sai dove andare. E’ inutile fare grandi cose se non sai perché le fai ed è esteriorità riempirsi la bocca di parolone e poi non concretizzarle in un cammino. Parti anche tu sulla Parola, non indugiare, anche se è ancora buio, per la strada troverai un compagno che se anche stenterai a riconoscere, ti porterà alla sua cena e si svelerà spezzando il. suo pane con te.

 

 

MARTEDI' 23 MARZO 1993

 

“Signore, io non ho nessuno”. (Gv. 5,7)

Nella mia esperienza di prete ho sentito tante volte le frasi: “Sono solo”, “Non ho nessuno”, “Nessuno si ricorda di me” e se le ho sentite da anziani, mi è anche capitato di sentirle da bambini: “I miei lavorano tutto il giorno, quando vengono a casa sono arrabbiati, le uniche cose che mi chiedono sono se ho fatto i compiti, se ho mangiato merenda e poi c’è da vedere il telegiornale in silenzio e poi: Vai a dormire che domani c’è scuola!”. Mi è capitato di sentirle da giovani: “Sai perché vado in discoteca? Per stordirmi in mezzo alla gente e alla musica, ma di amici veri non ne ho”. La solitudine è una bruttissima malattia che intristisce, fa diventare pessimisti, crea dei vuoti spaventosi non solo attorno, ma dentro le persone. Ma fin che sei in tempo, un rimedio c’è: se non hai nessuno prova tu a farti qualcuno per gli altri. Prova a non pretendere che tutti vengano da te, vai tu dagli altri. Non piangerti addosso, serve solo ad inumidirti gli abiti e a farti prendere i reumatismi, ma prova a vedere quanti nel mondo hanno bisogno di te. Ci sono persone che dal loro letto di ospedale hanno dato tanto, offrendo gioiosamente se stessi, gustando fino in fondo, in un posto di sofferenza, la vita, proprio perché sapevano donarla.

 

 

MERCOLEDI' 24 MARZO 1993

 

“In verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede in Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”. (Gv. 5,24)

Nel nostro modo di pensare siamo abituati a fare distinzioni. Ad esempio, noi distinguiamo vita terrena da vita eterna: se questo può essere comprensibile in quanto noi usiamo la categoria tempo, davanti a Dio è assurdo in quanto ieri, oggi, domani, sono per Lui eternità. Quindi, ogni nostro gesto non solo ha sapore di eternità, ma è già eternità. Ogni mio atto di bene e di male è per sempre. La creazione è ieri come oggi. La redenzione operata da Gesù è di circa 2.000 anni fa ma è oggi, unica ed eterna. Quindi Gesù nella frase di oggi ci dice che se noi crediamo in Lui e in Colui che lo ha mandato (il Padre) siamo già passati da morte a vita: la morte, il giudizio, l’eternità non fanno paura al credente anche se in noi rimane il timore di non portare a compimento questo cammino di fede. E’ per questo che Gesù ci invita alla vigilanza, alla coerenza, alla perseveranza, ed è ache per questo che S. Paolo, con una frase che a prima vista può sembrare banale, ma che è estremamente profonda ci ricorda che “chi sta in piedi, badi a non cadere”.

 

 

GIOVEDI' 25 MARZO 1993

 

“Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”. (Lc. 1,35)

Noi siamo abituati a pensare al mistero dell’annunciazione come ad un mistero gioioso. E’ vero, è la gioia dell’adempimento delle promesse, del sì di Maria, a nome dell’umanità nuova, è l’incarnazione del Cristo Salvatore. Ma pur essendo un mistero di luce è ancora un mistero di ombra: tutto si sta preparando ma non è ancora svelato. Maria accoglie, ma porta ancora in sé il Figlio. Il rapporto è ancora individuale tra Maria e Dio. Il prodigio non è ancora rivelato. Non c’è nulla da vedere ma c’è molto da credere, da sperare, da amare. Noi tendiamo a diffidare dei segreti. Forse oggi l’annunciazione ci invita a tenerci nell’ombra, a custodire il segreto che Dio affida a ciascuno di noi, a serbarlo in un cuore umile e colmo di fiducia. Allora, come Maria, diventeremo capaci di andare verso gli altri e diremo loro la gioia che viene da Dio.

 

 

VENERDI' 26 MARZO 1993

 

“Dicevano: Costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. (Gv. 7,27)

Questi personaggi di Gerusalemme che fanno questo discorso, con i loro ragionamenti si chiudono nella loro supponenza e vanificano l’opera di Dio. Dio per parlare e dimostrare il suo amore totale per l’uomo ha scelto la strada dell’abbassamento, del farsi uomo e proprio questa umanità di Gesù fa difficoltà ad alcuni: è più facile accettare un Dio superiore, trascendente, lontano, il. Dio dei filosofi che in fondo non dà fastidio, che si può “comprare” con alcuni sacrifici e preghiere che non un Dio fatto uomo come me; è più facile accettare un Dio di cui si può disquisire, ragionare, un “Dio da salotto” come vediamo spesso in certi dibattiti o programmi televisivi che un Dio che nella sua umanità interpella concretamente la nostra umanità. Eppure la strada dell’incarnazione di Gesù è l’unica e la migliore per giungere a Dio. i limiti dell’umanità di Gesù non sono una riduzione di Dio, sono un ingrandimento della nostra umanità che assunta dal Cristo ritrova la sua vera chiamata: siamo figli di Dio, chiamati all’eternità. il nostro Dio non è inaccessibile, ma pur rimanendo misterioso e superiore a noi, ci dà la possibilità di arrivare fino a Lui e, addirittura, nella comunione eucaristica di essere una cosa sola con Lui.

 

 

SABATO 27 MARZO 1993

 

“Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo”. (Gv. 7,46)

Gesù è segno di contraddizione. Lo aveva già annunciato il vecchio Simeone a Maria, ed ora tutto si verifica. C’è chi arroccato nella propria religiosità e nei propri principi non riesce a capirlo e tenta in tutti i modi di contrastarlo, arrestarlo, ucciderlo come persona che mina la tranquillità, la fede, gli affari, il quieto vivere; c’è chi lo accoglie pienamente, se ne fa paladino al punto di volergli passare avanti (pensate a Pietro che per questo si sente chiamare “Satana”) e c’è chi, pur non arrivando ancora alla fede piena, guarda a Lui meravigliato, come queste guardie che non riescono ad arrestano perché “mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo”. E’ proprio vero che il Vangelo è sempre attuale: oggi Gesù è osteggiato da qualcuno come il peggior impostore della storia, da altri è bellamente ignorato, qualcuno se ne è appropriato al punto da fargli dire cose che non ha detto o da usarlo per difendere le proprie idee, il proprio potere, i propri interessi, e c'é chi davanti al suo messaggio letto o testimoniato sa ancora meravigliarsi e porsi degli interrogativi. Noi fin da bambini siamo abituati al Vangelo, alcuni passi potremmo recitarli quasi a memoria, siamo anche abituati da tanta predicazione a leggerli in un determinato modo. Ma Gesù mi stupisce ancora? Mi meraviglia? Mi fa porre degli interrogativi concreti sulla mia vita?

 

 

DOMENICA 28 MARZO 1993

 

“Gesù scoppiò in pianto”. (Gv. 11,35)

Nel bellissimo brano della risurrezione di Lazzaro c’è una contraddizione che a me piace molto. Gesù ha appena detto a Marta e Maria: “Io sono la risurrezione e la vita” e poi si commuove davanti al dolore di queste sorelle, alla morte dell’amico e scoppia in pianto. Sa che tra poco la morte sarà sconfitta ma vive pienamente, fino in fondo il dolore umano. Quando ero piccolo si sono sforzati di insegnarmi che le lacrime “sono cose da femminucce”, poiché un cristiano che ha fiducia e speranza non deve piangere mai, ma grazie al cielo trovo nel Vangelo Gesù che piange, che si commuove, che non ha paura di far vedere il suo dolore. E anche quando leggo la sua Passione non trovo un martire stoico ma trovo un uomo che vorrebbe fuggire la sofferenza, che piange e grida sulla croce... Non aver paura delle tue lacrime: sono un dono prezioso. Significano che vivi pienamente il dono prezioso della vita, che non ti sei ancora totalmente indurito. Piangi, e poi lasciati asciugare gli occhi da Colui che “tergerà ogni lacrima e anche la morte sarà vinta per sempre

 

 

LUNEDI’ 29 MARZO 1993

 

“Conducono a Gesù una donna sorpresa in adulterio”. (Gv. 8,3)

La liturgia odierna ci propone il bellissimo brano dell’adultera salvata dalla lapidazione e perdonata da Gesù. Oggi, specialmente in certi ambienti si è così indulgenti nei confronti dell’adulterio che quasi l’atteggiamento di Gesù non ci sorprende più. Si cercano, in questo caso come in molti altri, tutte le scusanti: quelle psicologiche, quelle sociali, si accampa il diritto dell’amore che è cieco, si fa passare per amore ciò che è solo avventura... La mentalità di Gesù non è questa: Gesù chiama peccato ciò che è peccato. Non rassicura l’adultera di­cendole che ciò non è importante, che in fondo è un suo diritto, al contrario le dice: “D’ora in poi non peccare più”. Gesù non si fa connivente del peccato, tuttavia non vuoi rinchiudere gli uomini nel loro peccato, crede nella possibilità di conversione per ciascuno di noi, chiama ad una vita rinnovata. Anche con noi la misericordia del Signore ci invita alla speranza, alla fiducia in noi stessi; la grazia del perdono viene per aiutarci a far emergere in noi la capacità di ritrovare la strada, i valori veri, la ricostruzione del vero amore che si purifica dagli egoismi.

 

 

MARTEDI' 30 MARZO 1993

 

“Mosè fece innalzare un serpente di rame e Io mise sopra un’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita”. (Num. 21,9)

Ogni volta che celebro Messa, se non sono distratto, quando, dopo la consacrazione, alzo il calice e l’ostia ci sono in me due sentimenti, uno di meraviglia e timore al pensiero che Dio si serve di un peccatore come me per venire in mezzo a noi con il suo Corpo e con il suo Sangue, e un altro di fiducia e di abbandono: “Guarderanno a Colui che è stato trafitto e saranno salvati”. Così pure, quando al mattino e alla sera mi faccio il segno di croce, quasi   dico al   Signore: avvolgimi per questo giorno o per questa notte con questa tua croce, che diventi la tua protezione per la mia giornata o per la nottata, che sia difesa dal male e dal maligno, che sia richiamo ad una vita che sa far frutto delle croci e che diventi manifestazione di gioia agli altri. Dio ogni giorno pone i suoi segni su di noi. Si può essere morsi da tanti “serpenti” ma se alzi gli occhi e ti affidi a Colui che salva, sempre sarai liberato dal male.

 

 

MERCOLEDI' 31 MARZO 1993

 

“Voi cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi”. (Gv. 8,37)
Si può uccidere Gesù e la sua grazia in tanti modi. C’è chi è contrario a Gesù per principio ed ogni occasione è buona per accanirsi contro di Lui, la sua parola, chi lo rappresenta; ma c’è anche chi uccide Gesù dolcemente, giorno per giorno, quando ad esempio diciamo: “Tu, o Signore, mi fai degli inviti, delle proposte di vita... ma non oggi, oggi ho altro da fare!”. Quando avremmo il tempo per la preghiera, per andare a Messa, per leggere una pagina di Vangelo ma... “Signore, non ne ho voglia!”. Quando vediamo un fratello in difficoltà e sappiamo che almeno qualche cosetta potremo tentare per lui... “ma poi, questa situazione mi coinvolgerebbe troppo!”. E dagli oggi, dagli domani, Gesù, la sua parola, la sua Grazia diventano sempre più lontane Gesù diventa un Personaggio storico il suo Vangelo un qualcosa che magari conosciamo  a memoria ma che non è più vivo, che non coinvolge più la nostra vita. Ho visto uccidere Gesù a fuoco lento, tante Volte, in gruppi religioso e parrocchiali dove Gesù, la fede, la Chiesa sono diventati argomenti di lunghe discussioni, o di “salotti Più o meno alla moda” dove magari aiutati dal grande teologo alla moda, si parlava sempre Più di un Gesù archeologico ma che non diceva Più nulla alla vita del gruppo Gesù è il Vivente, ma se non trova persone vive, che accolgono la Sua Vita nuova, non può trasformarci dal di dentro

     
     
 

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