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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO 1993

 

LUNEDI’ 1 FEBBRAIO 1993

 

“Gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo”. (Mc. 5,2)

Con l’avvento del positivismo e del materialismo molti pensavano di “aver spazzato via tutte le stupide credenze medievali sul diavolo” e invece, oggi più che mai, capita di fare incontri come quello di Gesù. E’ vero che non sono, eccetto casi rarissimi, manifestazioni diaboliche eclatanti, ma il diavolo non ha bisogno di pubblicità, anzi la sua più grande tentazione è proprio quella di farci credere che non esiste. Eppure, quanto male! Quante persone “possedute” dallo spirito dell’impurità, dell’avarizia, dell’arrivismo, del denaro... E il male, il demonio lo si vince in un modo solo. Non ricorrendo a maghi o a esoterismi, ma ricorrendo a Gesù che il male lo ha già vinto. Ricordo di una persona che dovette ricorrere all’esorcista: si aspettava chissà che cosa, ma lui le disse: “Prima di tutto va a confessarti, fai la comunione, prega: trova in Lui la forza!”.

 

 

MARTEDI’ 2 FEBBRAIO 1993

 

“Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore”. (Lc. 2,22)

La festa della presentazione al Tempio, nell’antico Oriente, veniva chiamata: “L’incontro”. E’ infatti l’incontro tra Gesù e il suo popolo nelle persone di due anziani, Simeone e Anna. Essi rappresentano quella parte fedele del popolo di Israele che, nella fede, aveva atteso la venuta del Messia. Con Simeone, la vecchiaia del mondo, accoglie tra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio. Dio è l’eterna novità, è fedele al suo patto e rinnova nella sua infinita fantasia l’amore per il suo popolo. Ma anche in questo momento di grande gioia c’è l’ombra della tristezza e della croce: molti non accetteranno il dono che viene fatto, addirittura lo ripudieranno. Anche per noi, Gesù è “l’incontro”, e la fedeltà di Dio rinnovata. Egli si offre a noi, in mille modi, specialmente nei sacramenti come comunione salvifica con il Padre ma anche come segno discriminante “per la rovina o per la salvezza”. Noi possiamo essere come le braccia accoglienti di Simeone, il cuore gioioso di Maria e Giuseppe, o come i tanti che in quel giorno tirano dritto per i loro affari, magari anche religiosi, senza accorgersi che il Salvatore è in mezzo a loro.

 

 

MERCOLEDI’ 3 FEBBRAIO 1993

 

“Dio vi tratta come figli; e quale figlio non è corretto dal padre?”. (Eb. 12,7)

“A mio figlio non deve mancare niente”: è una specie di ritornello di tanti genitori. E così la distanza tra il desiderio e la sua realizzazione è diventata, via via, sempre più breve fino ad azzerarsi. Sono scomparse l’attesa e la conquista che erano stati efficaci ormoni di crescita psicologica. Il desiderio ha perduto la sua spinta creativa. Tutto è lì, pronto. L’uomo trova ogni cosa meno lo sforzo. il che vuoi dire: l’uomo trova tutto, meno l’uomo. Quando la persona umana non ha più da faticare, da combattere, da raggiungere, da costruire, da battersi per qualcosa, è come se fosse morta. Il benessere non è una meta, è una trappola. Le cose, la ricchezza, non portano di per sé la felicità. Il cuore dell’uomo ha bisogno di essere “riempito” e non soltanto occupato. Le cose occupano, non riempiono.

 

 

GIOVEDI’ 4 FEBBRAIO 1993

 

“E ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio”. (Mc. 6,8)

Gesù manda i suoi apostoli in missione. Ci si aspetterebbe che organizzi questa missione, che dica loro i contenuti del messaggio, che indichi i mezzi dell’annuncio, che scriva per loro qualche lettera pastorale. E invece nulla di tutto questo: “Andate senza nulla, combattete il male, siate testimonianza, proposta”. Il cristiano deve essere per i suoi simili la proposta di Dio. Come? Con se stesso, con la gioia che deve sprizzare dalla consapevolezza di essere amato, con gesti di carità effettiva. Certo, il cristiano innamorato di Cristo sarà talmente convinto del doverlo testimoniare che userà ogni mezzo, ma non facendoli diventare fine e sapendo che Dio si serve della povertà per manifestare la sua grandezza. Pensiamo a Maria: chi più povera, umile, nascosta di Lei? Eppure “Dio ha guardato alla povertà della sua serva” e ci ha donato Gesù.

 

 

VENERDI’ 5 FEBBRAIO 1993

 

“Fratelli, perseverate nell’amore fraterno”. (Eb. 13,1)

Un uomo, preoccupato perché il suo matrimonio era in crisi, si recò a chiedere consiglio da un famoso maestro. Questi lo ascoltò e poi gli disse: “Devi imparare ad ascoltare tua moglie”. L’uomo prese a cuore questo consiglio e tornò dopo un mese per dire che aveva ascoltato ogni parola che la moglie dicesse. Il maestro gli disse sorridendo: “Ora torna a casa e ascolta ogni parola che non dice”. Che parole bisogna dire per dare gioia? Che parole bisogna dire per dare felicità? Bisogna dire amicizia? Bisogna dire concordia? Bisogna dire anche libertà? O bisogna prenderti la mano? Che parole bisogna dire per dare Amore? Che parole bisogna dire per dare tenerezza? Bisogna dire ti amo? Bisogna dire sempre? O bisogna prenderti la mano? Che parole bisogna dire? Che parole? E se non dico niente, se taccio? Se ti guardo semplicemente. E se ti sorrido. Allora la mia mano prenderà da sola la tua e tu sentirai queste parole nel mio silenzio. (Blandine 19 anni, morta di un cancro osseo)

 

 

SABATO 6 FEBBRAIO 1993

 

"Gesù disse loro: Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’” (Mc. 6,31)

Tutti sentiamo il bisogno di fermarci, di riposarci. Anche nel tran—tran quotidiano della famiglia abbiamo bisogno di trovare qualche momento di pace, di silenzio, di dialogo intimo... E per la fede? A volte tiriamo giù di tutta fretta le preghiere del mattino e della sera, stentiamo a trovare il tempo della messa della domenica e ci sembra quasi di rubano alle nostre faccende... Eppure c’è bisogno di fermarci. Anche per chi opera nella testimonianza, nel servizio agli altri, c’è bisogno di fermarsi se no rischiamo di perdere il senso di ciò che facciamo. La vita di un apostolo di Cristo deve comprendere sempre. due momenti che si richiamano a vicenda. il tempo in cui l’apostolo insegna nel nome di Cristo esige il tempo dell’ascolto della parola del Maestro.

 

 

DOMENICA 7 FEBBRAIO 1993

 

“Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro”. (Mt. 5,16)

Noi cristiani abbiamo ricevuto in dono la luce di Dio. Questa luce non è soltanto una dottrina religiosa, è Cristo stesso con la sua persona, la sua vita, la sua obbedienza al Padre, la salvezza che ci ha portato. Se ci siamo lasciati inondare da questa luce, non solo non siamo più al buio ma, resi splendenti, dobbiamo manifestarla, e non solo con le parole, con la preghiera, ma con tutta la nostra vita. Mi chiedo: chi mi vede, sul posto di lavoro, nella mia vita privata, si accorge che in me c’è la luce di Dio? I miei modi di parlare, di giudicare, la mia pazienza, l’attenzione al prossimo, il mio modo di usare il denaro manifesta agli altri la bontà, la misericordia, l’amore di Dio? I primi cristiani convertivano altri con la predicazione, ma soprattutto, come ci ricorda il libro degli Atti degli Apostoli, erano gli altri che rimanevano stupiti e si interrogavano sul perché “questi cristiani amano così”.

 

 

LUNEDI’ 8 FEBBRAIO 1993

 

“In principio Dio creò il cielo  e la terra”. (Gn. 1,1)

Quante discussioni inutili davanti alla fede semplice, sicura dell’autore del libro della Genesi! Ci si chiede come è avvenuto, si discute se la scienza (peraltro, quante teorie ha già cambiato!) possa andare d’accordo con la Bibbia, si vogliono sapere tempi e particolari. Il beduino del deserto che ha scritto queste righe, sapeva guardarsi attorno, sapeva vedere, aveva fatto esperienza del Dio liberatore, si fidava di Lui. Dio ha creato, crea, creerà: Egli è l’Onnipotente. Noi creiamo case, macchine, interveniamo addirittura sull’uomo; Lui è la vita e la vita erompe, scoppia, si rigenera, inventa. Dio non è soltanto un potente che si diverte a mettere su un marchingegno pur grande e meraviglioso per poi sfregarsi le mani e dirsi: “Che bravo sono stato”, è amore che sostiene, che rigenera, che salva. Contempla e adora il Dio della vita che è in te, il Padre provvidente, il Figlio salvatore, lo Spirito che sostiene.

 

 

MARTEDI’ 9 FEBBRAIO 1993

 

“Dio creò l’uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. (Gn.1,27)

Siamo ad immagine di Dio. E questo non per insuperbirci ma per adorare Colui che ci ha tanto amati da farci simili a Lui. Qualche volta, sul tram, al mercato, nelle passeggiate del lungo mare nel periodo estivo ho provato a guardare in faccia le tante persone incontrate: volti belli, persone tristi, qualche volto buio, teso, gente conosciuta o sconosciuti che non incontrerò mai più... e dietro questi volti storie di lotte, di gioie familiari, di preoccupazioni... Ognuno cammina per la sua strada... Eppure in ognuno di quei volti, di quei corpi belli o brutti, in ognuna di quelle persone c’è l’immagine di Dio. Qualche volta, poi, mi guardo allo specchio e scopro un volto che invecchia, che mi è simpatico o che non mi piace affatto, e poi guardo dentro di me e scopro di essere orgoglioso di alcune caratteristiche e rattristato da altre. Eppure sono fatto a immagine e somiglianza di Dio. Se sapessimo vederci così! Non ci stupirebbero più le parole di Gesù che ci ha detto: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare... Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me”.

 

 

MERCOLEDI’ 10 FEBBRAIO 1993

 

“Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden e vi collocò l’uomo che aveva plasmato”. (Gn. 2,8)

Sembra quasi che ce ne sia rimasto il desiderio nel cuore di questo giardino dell’Eden. Abbiamo il desiderio della pace, del bello, del poter essere familiari di Dio, di poter passeggiare con Lui in una natura incontaminata e non nemica. Dio ha creato l’uomo per la pace, per la gioia, per la pienezza dello spirito. Questo era ed è il progetto di Dio. Lo era prima che l’uomo lo modificasse con le sue scelte e lo è nonostante le continue scelte negative. Dio non gode a vederci soffrire, lottare, morire. Dio ama coloro che cercano di ricostruire un mondo vivibile, pacifico, riportato al suo modello iniziale. Bisogna tornare al suo progetto: proviamo oggi, ad esempio, a far diventare “Eden” la nostra famiglia.

 

 

GIOVEDI’ 11 FEBBRAIO 1993

 

“Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. (Gn. 2,18)

Dio vuole bene all’uomo, vuole la sua felicità, li. racconto biblico della creazione, nei suoi colori, sembra quasi dirci che Dio, nella ricerca del bene dell’uomo, si accorge di non averlo fatto completo e modifica il suo progetto pur di poterlo accontentare: l’uomo da solo è triste, ha bisogno di una compagna. Dio stesso è comunione tra Padre, Figlio, Spirito; l’uomo, fatto a sua immagine ha bisogno di completamento, di dialogo e di un amore che diventi a sua volta creativo. E’ questa una pagina che deve far pensare all’interno delle nostre famiglie sul valore dell’amore umano: è benedetto da Dio. Possiamo noi considerarci arbitri unici nel formare o disfare una famiglia?

 

 

VENERDI’ 12 FEBBRAIO 1993

 

“Disse il serpente: Non morirete: quando voi ne mangiaste diventereste come Dio”. (Gn.3,5)

La tentazione parte sempre da una bugia, dal falsare la realtà. Dio aveva avvertito l’uomo: “Se mangerete di quell’albero morirete”. Il tentatore cambia le carte in tavola; insinua che Dio non abbia detto la verità, fa vedere il male come un bene, gioca sulla debolezza dell’uomo. E’ la tentazione di sempre: “Perchè vivere i comandamenti, quando è più comodo fare ciò che mi piace?” “Ma Dio avrà proprio detto così?” “Ma che male faccio?”... Non c’è bisogno di vedere il diavolo in tutti gli angoli, ma la tentazione è sempre pronta a travisare la realtà e a giocare sulle nostre piccole crepe. Eppure la tentazione può essere vinta se noi ritorniamo alle motivazioni originali, alla legge di Dio non come imposizione ma come amore per noi, alla gioia di poter essere in comunione con Dio.

 

 

SABATO 13 FEBBRAIO 1993

 

“Il  Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Dove Sei?” (Gn. 3,9)

L’uomo  che  prima era familiare di Dio, che passeggiava con Lui nel giardino, dopo il peccato si nasconde, fugge Dio, non si fa trovare. Quell’Adamo che sì nasconde e accampa futili scuse per non farsi trovare, siamo noi che manchiamo continuamente i nostri appuntamenti con Dio. Dio stava dando la legge a Mosè e il popolo sì costruiva il vitello d’oro. Gesù nasce sulla terra e gli, uomini continuano a fare i loro affari. Gesù ci convoca alla Messa della domenica per donarci se stesso e noi abbiamo tante cose da fare. Gesù bussa alla porta di casa nostra nei panni di un vicino che ha bisogno e noi non abbiamo tempo... Manchiamo un mucchio di appuntamenti! Ce ne è uno solo appuntamento che non potremo mancare: quello della nostra morte! Ma non sarebbe meglio farsi trovare prima?

 

 

DOMENICA 14 FEBBRAIO 1993

 

“Avete inteso che fu detto.., ma io vi dico...”. (Mt. 5,17—37)

Gesù è il compimento della Legge. La legge ebraica, dono di Dio, era una serie di precetti da osservare. Dio li aveva dati per richiamare il suo popolo ai veri valori sia umani che di fede, ma gli uomini li avevano fatti diventare norme fredde, da osservare per non incorrere in pene (per capirci, un po’ come se noi dicessimo: pago le tasse solo per non incorrere nella finanza). Gesù vuole aiutarci a ritrovare la legge di Dio come dono per incontrare Lui e i fratelli e stabilisce un nuovo criterio di valutazione morale: l’intenzione personale. Posso anche osservare scrupolosamente tutti e dieci i comandamenti ma se non lo faccio per amore non mi serve a niente. Oppure posso anche trasgredire esteriormente qualche norma ma con retta intenzione e lì c’è vero amore. Non è una legge che mi fa buono o cattivo: è il cuore che diventa determinante. Con l’osservanza esteriore delle leggi possiamo anche ingannare gli altri sulla nostra bontà. Ma Dio vede il nostro cuore.

 

 

LUNEDI’ 15 FEBBRAIO 1993

 

“Il Signore disse a Caino: Dov’è Abele, tuo fratello? — Egli rispose: Sono forse io il guardiano di mio fratello?”. (Gn. 4,9)

Caino aveva già ucciso suo fratello e davanti alla domanda di Dio, cerca scuse, vuol defilarsi ma risponde con una frase che è una nuova uccisione. Si uccide con le mani, ma si uccide anche con il disinteresse. Qualche volta si sente questa frase: “Non gli porto rancore, non mi vendico, ma per me è come se non esistesse più”. E’ la stessa cosa, forse più ipocrita perché non ti sporchi le mani ma hai già ucciso dentro di te. Certi popoli stanno morendo perché altri popoli non si interessano a loro, certi bambini cresceranno violenti perché non hanno avuto amore, in certe famiglie crescerà la discordia e la divisione non perché ci sia stato qualche cosa di grave ma per il disinteresse, la superficialità, il non vedere l’altro. Se è vero che non posso essere “guardiano” di tutti i miei fratelli è anche vero che non posso lavarmi bellamente le mani di nessuno di loro.

 

 

MARTEDI’ 16 FEBBRAIO 1993

 

“Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora?”. (Mc. 8,17)

Gesù ha sfamato 5000 persone; Gesù sta parlando di se stesso come pane di vita, e gli apostoli sono preoccupati perché non hanno fatto bene la spesa e si sono dimenticati di comprare qualche pagnotta. Gesù è il pane della vita offerto nell’Eucarestia, è il perdono dei peccati offerto nella Confessione, è la Parola di vita che può sostenerci nel cammino e noi siamo preoccupati di che cosa faremo per il weekend, di come far “bella figura” con il principale, del risultato della partita di pallone... Gesù non vuole astrarci dal mondo che è fatto anche di rapporti, di pagnotte, di lavoro e di giusto riposo, ma ci invita a non lasciarci vivere da queste cose. Per un buon esame di coscienza, facciamoci due domande: “Oggi, quale è la cosa che mi preoccupa di più?” “Secondo il pensiero di Dio, quale è la cosa più importante di questa mia giornata?”.

 

 

MERCOLEDI’ 17 FEBBRAIO 1993

 

“Gesù impose le mani al cieco e gli disse: Vedi qualcosa?”. (Mc. 8,23)

Gesù ha guarito tanti ciechi, ma il Vangelo di oggi ci racconta una guarigione progressiva che avviene in due tempi. Quale sarà il motivo di questo fatto? Penso che il senso sia questo: coloro che cercano veramente la luce, se si lasciano guidare dal Signore, la scopriranno gradualmente, dovranno accettare le tappe di questo cammino. Dio non lo trovi sul banco del Supermercato. Devi cercarlo continuamente, scoprirlo “nei suoi innumerevoli travestimenti”. E quando pensi di averlo trovato è  ora di incominciare di nuovo a cercarlo. E Dio, che ama lasciarsi trovare, poco per volta ti manifesterà il suo volto.

 

 

GIOVEDI’ 18 FEBBRAIO 1993

 

“Allora Pietro prese in disparte Gesù e si mise a rimproverano”. (Mc. 8,32)

Pietro ha preso sul serio il suo ruolo di capo degli Apostoli, talmente sul serio che ora si permette di rimproverare Gesù: “Insomma, Signore, proprio ora che le cose stanno mettendosi secondo i nostri (= miei) piani, tu cominci a parlare di morte, di sofferenza, di croce?”. E’ un vizio quello di Pietro che si è ripetuto spesso nei secoli e che si ripete nella nostra vita: far dire a Dio cose che Lui non ha detto, voler ridurre Dio alle nostre esigenze, dirgli in parole povere: “d’accordo, tu sei Dio... ma se ci fossi io al tuo posto, le cose girerebbero meglio!”. Quanta imprudenza in questo atteggiamento! Se è vero che non sempre noi riusciamo a capire la volontà di Dio, se è vero che spesso ci va stretta, dove va a finire la nostra fiducia nella sua paternità, se vogliamo solo sfruttano per piegarlo ai nostri intenti?

 

 

VENERDI’ 19 FEBBRAIO 1993

 

“Il popolo disse: Venite, costruiamoci una torre, la cui cima tocchi il cielo”. (Gn. 11,4)

Quante torri di Babele ha cercato di costruire l’uomo lungo la storia: la torre del potere assoluto, totale; la torre del sapere universale; la torre del computer perfetto che risolva tutti i problemi dell’uomo. E quante torri nella nostra storia personale: quella del perbenismo, quella dell’aver sempre ragione, quella dell’egoismo... Quanto siamo assurdi: siamo poco più che un puntino microscopico nella universo e pensiamo di poter toccare tutti i misteri del cielo e della terra. Solo se ritroviamo la nostra vera dimensione, umile e piccola, in essa scopriamo Colui che ci fa guardare in alto e non è più il nostro assurdo egoismo ma Dio stesso a darci il vero senso della vita.

 

 

SABATO 20 FEBBRAIO 1993

 

“Senza fede è impossibile essere graditi a Dio. infatti chi gli si accosta deve credere che Egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano”.

(Eb. 11,6)

Dio è sempre una proposta. Egli non si impone mai all’uomo. E’ una porta aperta, ma bisogna fare i passi per entrarvi; sta alla porta del nostro cuore ma solo noi abbiamo la chiave per aprirgli e lasciarlo entrare. Anche Gesù per poter fare i miracoli richiesti chiedeva sempre la fede. La fede è un dono ma è anche una conquista quotidiana. E’ un rinnovare la nostra fiducia in Lui ogni giorno, è abbandonarsi alla sua volontà fidandosi, anche nel momento della prova del fatto che essa sia la cosa migliore per noi.

 

 

DOMENICA 21 FEBBRAIO 1993

 

“Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”. (1Cor. 3,16)

L’uomo è sacro, è  creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, redenta al prezzo del sangue del Figlio di Dio, inabitata dallo Spirito che la sostiene e la guida. lo sono sacro: il Battesimo mi ha inserito in Cristo, l’Eucarestia mi fa “mangiare” il corpo di Cristo. Lo Spirito opera in me il perdono, la grazia. Quante cose cambierebbero se noi fossimo consapevoli e accettassimo la nostra sacralità. Se sono tempio di Dio, quanto più rispetto per questo mio corpo, per la sua salute fisica e spirituale, quanto più rispetto per gli altri che non diventerebbero oggetti da usare, quanto più rispetto per la vita dall’uso della sessualità al concepimento dei figli. Quanto più amore per i corpi che soffrono, per gli uomini non rispettati, profanati, violentati. Maria, tu hai portato Gesù in te, aiutaci a diventare degna dimora del tuo Figlio che in noi ha posto la sua tenda.

 

 

LUNEDI’ 22 FEBBRAIO 1993

 

“Credo, aiutami nella mia incredulità”. (Mc. 9,24)

Ci sono delle preghiere nel Vangelo che non sono liturgiche e sembrano essere contradditorie, ma sono meravigliose perché realiste, partono dal cuore e giungono al cuore di Dio. E’ la preghiera di questo padre che ha sperato in un miracolo, ha visto i discepoli di Gesù non riuscire a farlo, si è rivolto a Gesù che gli chiede la fede e si trova povero. Però è proprio da questa situazione che scaturisce la fede vera non fatta di idee, di supponenze altezzose, ma fatta di umiltà, di fiducia, di abbandono, di grido, di speranza. Anche noi, tutte le domeniche ed anche più spesso diciamo: “Credo”, ma quanti dubbi, interrogativi, quanta incapacità, e, allora, gridiamo come questo padre: “Credo, ma aiutami nella mia incredulità”.

 

 

MARTEDI’ 23 FEBBRAIO 1993

 

“Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. (Mc. 9,35)

Gesù non sì limita a darci questa indicazione: è lui stesso a viverla, a metterla in pratica. Lui, Creatore e Signore, per amore nostro “umilia se stesso”, prese la nostra condizione, si fece in tutto simile a noi. Gesù accetta di nascere in un piccolo paese sconosciuto, è un re che nasce in una stalla e muore su una croce, è il Signore alla cerca dei peccatori, colui che si mette a lavare i piedi ai suoi discepoli, perché “anche voi facciate così”. E’ la scelta dell’amore quella di mettersi al servizio. Chi ama non vuole superare l’amato ma vuole amare; il servizio non è umiliazione o sminuirsi, è gioia di amare.

 

 

MERCOLEDI’ 24 FEBBRAIO 1993

 

“Ritornate a me con tutto il cuore” (Gioele 2,12)

Un pensiero di Pino Pellegrino per iniziare la nostra Quaresima: Sette volte ho disprezzato la mia anima.

La prima volta quando l’ho vista temere di raggiungere la grandezza.

La seconda volta quando, incontrando uno zoppo, si è messa, lei pure, a zoppicare per non sembrare diversa.

La terza volta quando, potendo scegliere tra la via difficile e quella facile, ha scelto la facile, credendo che fosse la giusta.

La quarta volta quando mentì e si scusò dicendo: “Così fan tutti”.

La quinta volta quando rifiutò di giocare per paura di perdere.

La sesta volta quando invece di avere il coraggio della propria opinione, ebbe il coraggio delle opinioni altrui.

La settima volta quando scelse la muffa invece dell’avventura.

 

 

GIOVEDI’ 25 FEBBRAIO 1993

 

“lo ti ho posto davanti la vita e la morte: scegli dunque la vita!”. (Deut. 30,19)

Se ci chiedessero a bruciapelo: “Vuoi vivere o vuoi morire?”, penso che ciascuno di noi sceglierebbe la vita. Ebbene, oggi il Signore ci chiede di fare questa scelta. Posso scegliere la strada della vita o della morte proprio oggi: posso scegliere tra ottimismo e pessimismo, tra il dare un sorriso o ingenerare tristezza, tra il perdonare o caricarmi del fardello dell’odio, tra il condividere o l’essere egoista, tra l’accogliere o il chiudere la porta di casa mia. Posso scegliere oggi di vivere per cose destinate a morire o per Colui che è la vita: “lo sono la via, la verità, la vita”. All’apparenza può sembrare che scegliere Gesù, sia scegliere una strada di rinunce, ma in Lui ogni cosa rinunciata è guadagnata, ogni vittoria faticosa sull’egoismo è una conquista di amore; con Lui “perdere la vita significa guadagnarla”, ogni “morire” diventa vivere.

 

 

VENERDI’ 26 FEBBRAIO 1993

 

“Il digiuno che io voglio è sciogliere le catene inique. E’ dividere il pane con l’affamato, è introdurre in casa i miseri...”. (Is. 58,6—7)

il digiuno, una volta, era una delle cose che qualificavano il cammino quaresimale. Ora la Chiesa, pur invitandoci al sacrificio e alla rinuncia a favore degli altri, è molto meno severa in queste pratiche anche perché per molti erano diventate solo esteriorità per sentirsi a posto. Il vero digiuno gradito a Dio è quello che ci indica la parola di Dio di oggi. E’ un digiuno che ci impegna a favore dei nostri fratelli. Costa un po’ di più che rinunciare a un po’ di carne per mangiare al posto del pesce. il digiuno che Dio vuole è proprio questo cambiamento di mentalità, questo riscoprire la fraternità, la condivisione, l’accoglienza, il perdono. Ed è un digiuno che “invece di farci dimagrire” ci può riempire d’Amore che è il cibo essenziale della vita dell’uomo.

 

 

SABATO 27 FEBBRAIO 1993

 

“Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. (Lc. 5,32)

Sembra quasi che Gesù faccia delle particolarità, I peccatori, i pubblicani, i malati, i poveri sono i suoi prediletti. Ma non è Gesù a discriminare, è semplicemente che queste categorie di persone sono disposte ad accoglierlo, hanno bisogno di tutto, accolgono più facilmente come dono ciò che viene loro dato, mentre Farisei, Scribi, dottori della legge, che sono pieni di se stessi, stentano ad accogliere il Salvatore, a ricevere la salvezza. Dio in Gesù viene a cercarci, ma solo se sinceramente sentiamo di aver bisogno di salvezza, può trovare una breccia per arrivare fino al nostro cuore.

 

 

DOMENICA 28 FEBBRAIO 1993

 

“In quel tempo Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo”. (Mt. 4,1)

Un vecchio proverbio diceva: “Il buon giorno si vede dal mattino”. La vita pubblica di Gesù inizia con un momento di preghiera e di tentazione e sarà così per tutti i tre anni della sua missione. Oggi, si va dall’estremo di chi dice che diavolo e tentazioni non esistono e al massimo sono una invenzione dei preti per tener buona la gente, a chi preferisce credere al diavolo e al male più che alla vita e al bene. Eppure la tentazione la troviamo immancabilmente tutti i giorni: è la sottile voglia di far da soli facendo a meno di Dio, della sua legge, è l’asservirci all’idolo del denaro, è il non considerare gli altri se non per quello per cui ci servono, è il dire: “Ma che male c’è? Intanto tutti fanno così...”. Gesù vince la tentazione fidandosi di Dio e pregando. Mettiamocelo bene in testa: le tentazioni non le vinciamo con le nostre sole forze. Quando pensiamo di farcela da soli, siamo già degli sconfitti in partenza. E’ solo fidandosi di Dio “nostra rupe, nostro scudo e baluardo, difesa della nostra vita”, e solo invocando il suo aiuto che abbiamo la certezza che il male non avrà su di noi il sopravvento.

     
     
 

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