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UNA
PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
DICEMBRE
1992
MARTEDI’
1 DICEMBRE 1992
“Beati
gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. (Lc.
10,23)
Questa
beatitudine sembra non riguardarci, anzi noi guardiamo con una certa invidia a
coloro che hanno potuto incontrare Gesù di persona. Invece questa beatitudine
è proprio per noi. I nostri occhi vedono oggi le meraviglie dell’amore di
Dio. Oggi noi viviamo i frutti della redenzione di Gesù. Oggi la Parola di Dio
ci conforta e ci interpella; oggi i sacramenti ci danno la grazia. Oggi viviamo
in una comunità di fratelli che è la Chiesa. Gesù in pratica ci dice:
“Beati voi, fortunati voi se i vostri occhi sanno cogliere la grazia della
salvezza, e se il vostro cuore sa gioire oggi della mia presenza e della mia
grazia.
MERCOLEDI’
2 DICEMBRE 1992
“In
quel giorno il Signore preparerà un banchetto per tutti i popoli”. (Is.
25,6)
Tutta
la Bibbia e poi particolarmente Gesù, quando vogliono parlarci del
“Paradiso” usano il paragone del banchetto. E a me, ogni volta che leggo
questo paragone viene in mente quello che due o tre volte l’anno succedeva
nella mia famiglia, quando ero piccolo. Non eravamo ricchi: si viveva in due
stanze, con lo stipendio di mio padre. Ma mio padre, nonostante qualche occhiata
preoccupata della mamma, almeno due o tre volte l’anno preparava un bel pranzo
per invitare gli amici. Si vedeva nei suoi occhi la gioia, quando arrivava a
casa con le borse piene o quando si alzava presto la mattina e impastava a mano
per poter preparare gli agnolotti. E quando arrivavano gli amici, in un vero
clima di festa tirava fuori le bottiglie (le stupe) conservate per l’occasione
o le sigarette estere (lui non fumava) da offrire agli amici. Sarà infantile,
sarà una “proiezione indebita” mi piace pensare al Padre Eterno che ci
prepara una festa così. A Dio piace stare con noi, gioisce della nostra gioia,
è premuroso nei nostri confronti. L’unico guaio è che possiamo rischiare di
essere noi a declinare il suo invito.
“Chiunque
ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile ad un uomo saggio
che ha costruito la sua casa sulla roccia”. (Mt.
7,24)
Stavo
facendo aggiustare un muro della chiesa. I lavori andavano per le lunghe. Ero
diventato amico del muratore. E un giorno mi disse: “Faccia attenzione, non
si faccia fregare, chiami qualcuno che se ne intende perché qui qualcuno, per
mangiarci sopra, sta portando materiale di scarto”. Non solo bisogna aver
voglia di costruire, averne le possibilità, bisogna anche usare il materiale
adatto, se no si rischia di costruire invano. Prova a chiederti con quale
materiale è costruita la tua fede, la tua carità, la tua preghiera. Puoi
costruire con tradizioni, con gesti che sanno solo di esteriorità, con
paroloni, oppure puoi costruire con Gesù Cristo; puoi costruire con le
apparenze o puoi costruire con il cuore.
“Allora
Gesù toccò gli occhi dei due ciechi e disse: “Sia fatto a voi secondo la
vostra fede”.
Quando
esamino il mio modo di pregare mi accorgo, purtroppo, che almeno il 9O% delle
mie preghiere sono preghiere di richiesta. Chiedo per me, per gli altri.., ma se
Dio mi dicesse come Gesù ha detto ai due ciechi: “Sia fatto secondo la tua
fede”, che cosa avverrebbe? “Credo davvero che Dio può esaudirmi? Quello
che chiedo io desidero poi proprio sempre al 100%? Sono disposto ad accettare,
con tutte le conseguenze, che Dio esaudisca fino in fondo le mie richieste?”.
Gesù ci ha detto: “Chiedete ed otterrete, bussate e vi sarà aperto”, ma
forse noi prima di chiedere dovremmo vedere di capire se ciò che chiediamo
è proprio e sempre secondo la sua volontà.
“Gesù,
vedendo le folle ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come
pecore senza pastore”. (Mt.
9,36)
Abbiamo
visto in questi anni popoli interi migrare, abbiamo visto ultimamente in
Somalia scene strazianti di popoli di scheletri viventi seduti in terra in
attesa della morte. Vediamo anche masse di giovani agitate dall’ultimo
cantante rock. Gente che per una fede sportiva riesce a trasformare una partita
in una guerra, dove le persone non contano più. E le masse di operai che
entrano in fabbrica al mattino? E le lunghe file di auto incolonnate per gli
“esodi”? Gesù ha compassione perché vede dei figli di Dio che hanno perso
la loro identità, perché vede la stanchezza, l’infelicità, la costrizione
in cui vive la gran massa degli uomini. C’è bisogno di un Pastore, non di
tanti pastori—mercenari (quanti ne abbiamo sia in campo politico, economico,
religioso, dediti soprattutto a sfruttare il popolo), ma di un unico Pastore che
ridia all’uomo la sua dignità di figlio di Dio in cammino verso di Lui.
Finché non ritroveremo questo Pastore, continueremo ad essere massa e non
saremo mai popolo.
“Accoglietevi
gli uni gli altri come Cristo accolse voi”. (Rom.
15,7)
Come
ci ha accolti Cristo? Morì in croce mentre noi eravamo peccatori. Ci ha
detto: “Venite a me o voi tutti che siete affaticati e oppressi e troverete
ristoro”. Si è fatto in tutto simile a noi perché noi potessimo diventare
simili a Lui. Accogliere significa rompere il cerchio dell’isolamento.
Accogliere significa provare gioia di stare insieme, significa donare e
ricevere, condividere, camminare insieme. Mi piacerebbe avere un cuore grande
come il mondo in cui trovino spazio ed eco tutti gli uomini della terra.., poi
mi dico: scendi giù! e prova ad accogliere benevolmente il solito marocchino
che ti rompe, il nonno che ti racconta per la centesima volta quanto era brava
la gente dei suoi tempi, la vecchietta che solo lei ha tutti i mali del mondo,
il bambino che gioca ma gridando con una voce che ti fora i timpani...
“Dite
agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete. Egli viene a salvarvi”. (Is.
35,4)
Avvento,
Natale.., tutti gli anni le solite cose! Anche la Parola di Dio di questi
“tempi forti” la conosciamo a memoria. Eppure quando due fidanzati o due
sposi si vogliono bene non si dicono una sola volta: “Ti amo”, e quella
parola, anche se sempre uguale assume ogni volta che viene detta un significato
nuovo. Abbiamo continuamente bisogno di sentirci amati da Dio, di avere da Lui
concrete parole di incoraggiamento, di sentire la storia dell’amore puro e
totale di Cristo per tutti e per ciascuno. Se rileggiamo la storia della
salvezza, sentendo questo bisogno, possiamo anche conoscere a memoria il
Vangelo, ma la sua parola sarà sempre nuova, detta apposta per noi in quel
momento.
“Adamo
rispose a Dio: Ho udito il tuo passo nel giardino. Ho avuto paura perché sono
nudo, e mi sono nascosto”. (Gn.
3,10)
Prima
del peccato, o Adamo non se n’era accorto, o pensava che la propria nudità
non offendesse Dio, colui che così lo aveva creato, ma ora che sa, che ha
mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, corre a
nascondersi. Tutto gli fa paura, perfino il proprio corpo nudo. Le prime
conseguenze del peccato sono proprio queste: non accettarsi, aver paura, non
vedere più le cose come Dio le ha volute. Maria non ha paura, ha timore, cioè
rispetto per il mistero.
MERCOLEDI’
9 DICEMBRE 1992
“Levate
in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri?”. (Is.
40,26)
Siamo
purtroppo abituati a camminare con gli occhi bassi, presi dalla materialità
della vita, che in certe occasioni alzando gli occhi ci stupiamo quasi di un
cielo sopra di noi, di un sole che puntualmente nasce ogni mattina, delle stelle
che trapuntano il buio della notte. Eppure basterebbe riabituare i nostri occhi
alle meraviglie del quotidiano per scoprire la grandezza e la bellezza del
nostro Creatore. “Abituate i bambini al bello e crescendo avranno dei
valori” diceva il nostro vescovo parlando a dei genitori. Se guardi in basso
trovi brutture, violenze, pessimismo. Se guardi in alto trovi armonie,
grandezza, bellezza.., trovi Dio.
GIOVEDI’
10 DICEMBRE 1992
“Dai
giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il Regno dei cieli soffre violenza e i
violenti se ne impadroniscono”. (Mt.
11,12)
Di
certo Gesù non è per la violenza.
Egli
è la pace di Dio. Gesù preferisce morire, piuttosto che difendersi, eppure
dice che il suo regno è dei violenti. Quale violenza? Quella che dobbiamo
fare contro noi stessi! Cambiare mentalità, passare dal materialismo egoistico
al dono per gli altri, fare scelte di volontariato; accettare di essere presi in
giro per la propria fede, costa, è una violenza contro se stessi, ma è anche
l’unica strada per entrare nel Regno di Dio. Gesù indica Giovanni Battista
come uno che ha realizzato questo, ma ricordiamoci che Giovanni, per fedeltà
al Regno, ci ha rimesso la testa.
VENERDI’
11 DICEMBRE 1992
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”.
(Mt.
11,17)
Potremmo
definire questa piccola parabola di Gesù quella dei “mai contenti”. Sono
molte le persone che appartengono a questa categoria: li colmi di attenzioni e
dicono che li trascuri, cerchi loro di fare del bene e riescono sempre e solo
a vedere ciò che loro manca... Anche con Dio qualche volta rischiamo di far
parte di questa categoria: ci ha dato la vita e ne vediamo solo gli aspetti
negativi, è provvidenza continua per noi e ci lamentiamo per le cose che ci
mancano; ci ha donato suo Figlio e noi non sappiamo gioire della salvezza che ci
ha portato; facciamo parte del suo popolo e sappiamo vedere solo le magagne
della Chiesa. I “mai contenti” sono una razza deleteria: non sanno vedere il
bello, gustare il buono, ringraziare per i doni e sono terribilmente contagiosi:
spargono il virus del
pessimismo, della tristezza, della non voglia di vivere. Quanto bene fa vedere
un malato sereno, un anziano con un sorriso, un giovane felice di vivere!
SABATO
12 DICEMBRE 1992
“Dio,
volgiti, guarda dal cielo e visita questa vigna; proteggi il ceppo che la tua
destra ha piantato”. (Salmo
79,15—16)
Forse
una volta l’idea trionfalistica faceva vedere la Chiesa forte, potente. Oggi
ci rendiamo sempre più conto che la Chiesa è un piccolo resto. Il mondo della
cultura è sempre più laico, i cristiani si trovano sempre più in minoranza,
anzi in molti luoghi sono chiaramente osteggiati. Vediamo poi anche
all’interno della Chiesa molti cristiani di nome e non di fatto. La
“vigna” del Signore non sempre è mandata, potata, legata nel modo giusto.
Ecco allora la preghiera del salmo: sii Tu, Signore, l’agricoltore, il
vignaiolo. Proteggi quelle radici che partono da te, taglia, pota, innesta:
fa’ che non inacidiamo, aiutaci a portare i frutti che tu vuoi! E Gesù ci
risponde: “Se voi rimanete in me ed io in voi, porterete molti frutti”.
DOMENICA
13 DICEMBRE 1992
“In
verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni
il Battista; tuttavia il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di
lui”. (Mt. 11,11)
Gesù
rende omaggio alla grandezza di Giovanni Battista, ma ci tiene anche a precisare
che la grandezza che riceveranno coloro che avranno creduto nell’Uomo—Dio,
sarà infinitamente più grande di qualunque esaltazione possano trovare sulla
terra. Per essere grandi sulla terra bisogna affrontare tanti problemi e
sacrifici, per essere grandi nel cielo è necessario solamente amare e con
l’amore arriva anche la gioia e la voglia di vivere. Dio non fa pesare nulla
ai suoi figli, non vuole la loro fatica, ma il loro amore. E che cosa mai noi
desideriamo sulla terra più che amare ed essere amati? Il nostro essere non
vuole altro.
LUNEDI’
14 DICEMBRE 1992
“Chiesero
a Gesù: con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”.
Dare
fiducia ad una persona certamente non è una cosa facile. Accettarne poi
l’autorità è ancora più difficile, perché ci coinvolge di persona. Gesù
ci parla con autorità; dice di essere Figlio di Dio, compie miracoli... Ma
sarà
davvero il Figlio di Dio? I suoi segni sono miracoli o casi di autosuggestione
collettiva? li suo insegnamento viene da Dio o è frutto di una riflessione
storica di un determinato popolo sfociata in una grande personalità?
Sono domande che da secoli uomini semplici e uomini di cultura si sono fatti
ed anche noi in certi momenti possiamo farci. Gesù non risponderà direttamente
a queste domande che gli pongono anziani e sacerdoti. Lui si presenta a loro e a
noi così, con la sua parola, con i suoi segni, con il suo mistero e con la sua
vita donata: è una proposta ragionevole ma misteriosa; non si impone a
nessuno. Chiede la nostra fiducia. Se pere noi, pur in mezzo a dubbi e paure
facciamo questo passo scopriamo la sua presenza che illumina il senso della
nostra vita, ci fa scoprire Dio e ci accompagna verso l’Eternità che lui
stesso ci ha meritato e che il Padre ha pensato per noi da sempre.
MARTEDI’
15 DICEMBRE 1992
“Il
Padre gli disse: Figlio va’ oggi a lavorare nella mia vigna. Ed egli rispose:
Non ne ho voglia. Ma poi, pentitosi, ci andò”.
(Mt. 21,28—30)
In
certi momenti è bello ed entusiasmante seguire Gesù. Ma a volte sopraggiungono
periodi di buio, di “stanca”. Piegare
la schiena, obbedire, lavorare sempre nella stessa vigna, non vedere subito i
risultati ci fa perdere l’entusiasmo. “Signore, so che dovrei fare così,
ma non ne ho voglia. Sono stanco. Perché proprio a me? Manda un altro! Potrei
andare a trovare quel malato, potrei dare una mano in casa, potrei dedicare più
tempo alla preghiera, ma ho altro da fare di più interessante. E poi, andare
nella vigna del Signore significa “perdonare settanta volte sette”,
“prendere la croce”, “porgere l’altra guancia”... Signore non ne ho
voglia!”. Non spaventiamoci dei nostri “no” istintivi. Fuggire il
difficile, la prova, è naturale! Ma poi, ripensiamoci, entriamo in noi
stessi: “Signore, non ne ho voglia, ma questa mattina ti ho detto: Sia fatta
la tua volontà! Non ne ho voglia ma Tu, senza averne voglia hai accettato di
morire in croce per me! E poi, quella “vigna” in cui mi mandi a lavorare
è la mia eredità!”.
MERCOLEDI’
16 DICEMBRE 1992
“Giovanni
manda due discepoli a dire al Signore: Sei tu colui che viene, o dobbiamo
aspettare un altro?”. (Lc.
7,19)
Mi
ha sempre stupito vedere uno come Giovanni il Battista che ha bruciato tutta
la sua vita per annunciare la venuta del Salvatore, che ha indicato Gesù come
l’Agnello di Dio, aver bisogno di conferme: “Sei tu il Messia?”. Questo
mi sembra dire che la nostra fede, proprio perché tale, ha il diritto di
avere interrogativi, dubbi, bisogno di conferme. Ma se il dubbio fa parte della
fede non ci si può fermare in esso: bisogna informarsi, chiedere aiuto a
chi può darcelo, essere capaci di accogliere l’aiuto di altri per poter
aprire gli occhi e cogliere nella fede Colui che scioglie ogni nostro dubbio e
problema.
GIOVEDI’
17 DICEMBRE 1992
“Genealogia
di Gesù Cristo, Figlio di Davide”. (Mt.
1,1)
E’
proprio dei nostri! S. Matteo, ricostruendo la genealogia di Gesù lo mette al
centro della storia. Dio da sempre e per sempre ha intessuto e intesse una
storia di amore, di salvezza, di liberazione degli uomini. E il suo amore per
noi lo spinge a regalarci Gesù stesso che facendosi uomo redime l’umanità.
Se Gesù à il centro della storia, dovrebbe essere anche il centro della mia
storia personale, infatti Lui conosce le gioie del mio vivere, le sofferenze
del mio cammino, le speranze del mio futuro. Noi spesso pensiamo alla nostra
storia solo come ad un susseguirsi di eventi e
di giorni; Dio la vede incastonata nel suo pensiero che dall’eternità
ha pensato a noi e che all’eternità ci chiama.
VENERDI’
18 DICEMBRE 1992
“Prima
che Giuseppe e Maria andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta per
opera dello Spirito Santo”. (Mt.
1,18)
In
mezzo a tutti i personaggi del Natale noi spesso dimentichiamo il personaggio
più importante, il “regista” di tutta questa storia: lo Spirito Santo. E’
quello stesso Spirito che dice la Bibbia “aleggiava sulle acque” al momento
della creazione, è lo Spirito che guida il popolo nel deserto verso la
liberazione e la Terra promessa, e lo stesso Spirito che scese sugli Apostoli
nel giorno di Pentecoste e li fece diventare Chiesa, ed è ancora lo Spirito che
illumina noi nel cammino della fede. Lo Spirito guida la storia dell’uomo, lo
Spirito sceglie Maria, lo Spirito ci dona Gesù, eppure la sua presenza è
silenziosa. Ma chi è questo Spirito? E’ nient’altro che l’Amore e lo puoi
riconoscere ovunque incontri o generi amore.
SABATO
19 DICEMBRE 1992
“Non
avevano figli perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli
anni”.
Una
storia di sterilità che genera la vita, quella di Zaccaria, Elisabetta e Dio.
Oggi ti trovi davanti ai casi più opposti: dalla coppia che cerca di avere un
figlio in tutte le maniere, e si arriva addirittura ad “affittare l’utero
di un’altra”, a chi se ne libera come fosse un pacchetto indesiderato che si
butta nell‘immondizia. Che Dio scelga due anziani, di cui una sterile, per far
nascere Giovanni il Battista mi pare che oltre a tutti gli altri significati
biblici, stia ad indicare l’amore di Dio per la vita: se c’è disponibilità
anche ciò che è sterile può dare la vita! Ad esempio, se accetto l’amore e
la misericordia, anche la sterilità dei mio essere peccatore può generare
amore. Lascia spazio a Dio ed anche il deserto fiorirà.
DOMENICA
20 DICEMBRE 1992
“Partorirai
un Figlio e lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi
peccati”.
Siamo
quasi alla vigilia di Natale e ancora una volta possiamo leggere come avvenne la
nascita di Gesù tra noi. Gesù è nato quasi duemila anni fa, ma è rimasto
sempre con noi con il suo Amore, con la Redenzione che ci offre e soprattutto
rimane con noi nell’Eucarestia. Dovremmo sempre, e non solo a Natale, far
festa, perché Gesù è con noi anche quando lo abbiamo offeso con i peccati,
quando lo abbiamo lasciato solo nell’Eucarestia, quando stentiamo a
riconoscerlo nei fratelli, quando non lo abbiamo amato, perché con tanta
dolcezza e discrezione non ha voluto forzare la nostra libertà, perché il
nostro amore fosse libero e sincero. Troppe volte ci siamo trovati soli, non
perché Lui non ci fosse, ma per la nostra fede superficiale e per il nostro
egoismo. Abbiamo sofferto mentre Egli non poteva aiutarci perché noi ci eravamo
isolati scioccamente e contro il nostro interesse.
LUNEDI’
21 DICEMBRE 1992
“Ecco
concepirai un Figlio, lo
darai alla luce, lo chiamerai Gesù”. (Lc. 1,31)
Una
parabola per meditare:
“Un
bel giorno Dio prese forma umana e venne sulla terra, perché si rese conto
che molta gente non era felice ed egli voleva comunicare a tutti la felicità
che lui stesso possedeva da sempre.
Disceso
sulla terra, vide che effettivamente poca gente era felice, ma si sorprese
quando si accorse che ben pochi cercavano realmente la felicità. La
maggioranza delle persone si divideva in due gruppi: quelli che erano
“contenti” e quelli che non lo erano. Coloro che erano contenti erano
riusciti
a soddisfare i loro desideri principali. Guadagnavano molto denaro, vivevano
tra gli agi, si prendevano quanti piaceri e vizi volevano. Alcuni avevano
successo, influenza o potere... Ma non sembrava che interessasse loro essere
felici, né che si domandassero seriamente se lo erano e in che cosa consistesse
la felicità... Gli scontenti non erano riusciti a soddisfare tutti i loro
desideri e aspiravano continuamente a vivere come la gente che era felice. Ma
nemmeno loro cercavano la felicità, a loro bastava essere contenti... Gli
uni e gli altri erano sordi al messaggio della felicità. Dio si rese conto,
allora, che finché i suoi figli uomini cercavano soltanto la loro
“contentezza” non avrebbero potuto trovare la vera felicità... Allora si
dedicò a predicare ai contenti e agli scontenti intorno alla felicità e alla
vera beatitudine, cercando di interessarli per toglierli dalla cecità della
loro “contentezza”. Molta gente lo ascoltò, raggiunse la felicità e dette
meno importanza al fatto di essere o no contenta”.
MARTEDI’
22 DICEMBRE 1992
“Maria
disse: l'anima mia magnifica il Signore”. (Lc.
1,46)
Un
antico proverbio dice: “Se senti qualcuno cantare, non avere paura,
avvicinati:
è un amico”. Maria lascia che il suo cuore pieno di meraviglia, di
ringraziamento, di lode si apra ai canto di lode e coinvolge nel suo canto la
storia e gli uomini. Anche noi dovremmo essere cantori di Dio e della vita. Ecco
un piccolo brano di S. Agostino: “Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo
ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giorno lassù, ormai sicuri.
Qui cantiamo nella speranza, lassù canteremo nella realtà. Qui da esuli e
pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il
riposo, quanto per.sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta, ma
cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella
santità. Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi
avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina”.
MERCOLEDI’
23 DICEMBRE 1992
“Giovanni
è il suo nome”. (Lc.
1,63)
Già
all’atto della creazione, Dio attribuisce ad ogni essere un proprio nome,
una propria individualità. Quando poi designa alcuni per una particolare
missione, li chiama personalmente e spesso ne cambia addirittura il nome,
volendo significare così il loro nuovo e specifico incarico. Dio mi ha chiamato
per nome da sempre, prima ancora che io nascessi: questo dovrebbe riempirmi di
gioia. Per lui non sono uno tra i tanti, un numero qualunque nella sua
creazione: sono suo Figlio, amato, Gesù mi ha rigenerato nel suo sangue, sono
dimora dello Spirito Santo. Chiediamoci: mi comporto da vero Figlio di Dio?
Che cosa provo quando lo chiamo “Padre”?
GIOVEDI’
24 DICEMBRE 1992
“Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorga per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre”.
(Lc.1,78-79)
Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa. Lì per lì ho risposto di no, poi ci ho pensato un po’ su e, potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno e ascoltato di più. Non avrei rinunciato a invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta. Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso. Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza. Non avrei mai preteso, in un giorno d’estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega. Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse,dimenticata, nello sgabuzzino. L’avrei consumata io, a forza di accenderla. Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti. Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita. Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito. Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro quasi che, mancando io dall’ufficio, il mondo si sarebbe fermato. Invece di non veder l’ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo. A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto: “Su, su, basta. Va’ a lavarti che la cena è pronta”. Avrei detto più spesso: “Ti voglio bene” e meno spesso: “Mi dispiace”... ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto.., lo guarderei fino a vederlo veramente.., lo vivrei... e non lo restituirei mai più.
VENERDI’
25 DICEMBRE 1992
“E
il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Gv.
1,14)
La
Parola di Dio si è fatta carne. Dio abita con noi e non ci abbandona più.
Noi oggi ci inteneriamo davanti a Gesù Bambino, ricordando la sua nascita, ma
ci inteneriamo altrettanto davanti all’Eucarestia che è la sua continua
presenza in mezzo a noi? Il santo curato d’Ars incontrava spesso in chiesa
un semplice contadino della sua parrocchia. Inginocchiato davanti al
tabernacolo, il brav’uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le
labbra. Un giorno, il parroco gli chiese: “Cosa fai qui così a lungo?”.
“Semplicissimo. Egli guarda me ed io guardo Lui”. Puoi andare al tabernacolo
così come sei. Con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni,
confusione, speranze e tradimenti. Avrai una risposta straordinaria: “Io
sono qui!”. “Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?”.
“Io sono qui!”. “Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi
nella situazione difficile che mi attende”. “Io sono qui!”. “La strada
è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo...”. “Io sono qui!”.
SABATO
26 DICEMBRE 1992
“E
così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: Signore Gesù accogli il mio
spirito”.
Stefano
imita Gesù in tutto: anche nel momento del martirio dice le stesse parole di
Gesù sulla croce. Che cosa spinge uomini e donne ad anteporre la fede alla
propria vita? Penso la gioia e la sicurezza che Gesù non tradisce. Noi, se non
vogliamo tradire il nostro battesimo che ci ha fatto cristiani, dobbiamo avere
la stessa fiducia e dobbiamo cercare di ripercorrere la sua strada di fedeltà
al Padre e di donazione totale. Può prenderci il dubbio di non farcela ad
essere come Lui, ed è vero, da soli non ne siamo capaci, ma se ci
abbandoniamo fiduciosi a Lui, è Lui stesso che ci dà la forza e ci guida.
DOMENICA
27 DICEMBRE 1992
“Voi
mogli state sottomesse ai mariti... Voi mariti, amate le vostre mogli... Voi
figli obbedite ai genitori... Voi padri, non esasperate i vostri figli..”.(Col.
3,18—21)
“C’era
una famiglia molto numerosa e molto unita. I suoi componenti avevano ricevuto
tutti un’eccellente educazione morale, ma erano arrivati a pensare che molto
di ciò che avevano appreso era costituito da pregiudizi anacronistici o da
alienazioni che limitavano la loro libertà. Perciò genitori e figli seguivano
la filosofia di chi cerca soprattutto la propria realizzazione. Al padre
piaceva scommettere sui cavalli perché lo soddisfaceva molto, malgrado
perdesse al di sopra dei suoi mezzi. Alla madre piaceva andare alle riunioni
sociali e frequentare uomini giovani perché così si sentiva più donna e
realizzata. Anche i figli avevano i loro “passatempi” nei quali si sentivano
liberi; uno fumava marihuana con gli amici, un altro era andato a vivere con
un’artista del cinema, un altro ancora si dedicava ai viaggi e viveva bene con
denaro in prestito. Tutti si sentivano realizzati e liberi dai pregiudizi. Il
tempo passò e giunse il momento in cui il padre rovinò la famiglia con le sue
scommesse. La moglie lo abbandonò per un uomo molto più giovane di lei, che più
tardi la lasciò per un’adolescente. Un figlio diventò schiavo della
droga; l’altro diventò succube dell’artista cinematografica che dirigeva
la sua vita e si serviva di lui per divertirsi occasionalmente; il terzo figlio
si trova senza amici perché non poteva pagare i suoi debiti. E la famiglia che
era stata tanto unita si sfasciò.”
LUNEDI’
28 DICEMBRE 1992
“Dio
è luce e in lui non ci sono tenebre”. (1
Gv. 1,5)
Una
volta un re, convocò tutti i maghi, i sapienti e i sacerdoti del suo regno.
Li minacciò dei castighi più terribili se non gli mostravano Dio. Quei
poveretti si disperavano e si strappavano i capelli senza saper cosa fare,
quando arrivò un pastore che annunciò a tutti di essere in grado di
risolvere il problema. Si affrettarono a presentarlo al re. Il pastore allora
condusse il sovrano su un terrazzo e gli indicò il sole. “Guardalo!”,
disse. Dopo un istante, il re abbassò gli occhi, gridando: “Vuoi
accecarmi?”. “Mio Signore”, disse il pastore, “il sole è solo una
piccola cosa del Creatore, neanche una scintilla del suo splendore... come
puoi pensare di posare gli occhi su Lui in persona?”.
MARTEDI’
29 DICEMBRE 1992
“Maria
e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore”.
(Lc.
2,22)
Gesù
è dono totale. Non offre cose per noi, offre se stesso. In una chiesa africana,
durante la raccolta dei doni all’Offertorio, gli incaricati passavano con
un largo vassoio di vimini, uno di quelli che servono per la raccolta della
manioca. Nell’ultima fila di banchi della chiesa era seduto un ragazzino che
guardava con aria pensosa il paniere che passava di fila in fila. Sospirò
al pensiero di non avere assolutamente niente da offrire al Signore. Il
paniere arrivò a lui. Allora, in mezzo allo stupore di tutti i fedeli, il
ragazzino si sedette nel paniere dicendo: “La sola cosa che possiedo, la
dono in offerta al Signore”.
MERCOLEDI’
30 DICEMBRE 1992
“Il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno”.
Una
storia ebraica narra di un rabbino saggio e timorato di Dio che, una sera, dopo
una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di
uscire per la strada a fare una passeggiata distensiva. Mentre camminava
lentamente per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e
indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere.
GIOVEDI’
31 DICEMBRE 1992
“Dalla
sua pienezza, noi abbiamo ricevuto grazia su grazia”. (Gv.
1,16)
Quasi
tutti in questo giorno cercano di uccidere l’anno, di cancellarlo, di
allontanarlo nella speranza di un anno nuovo, migliore. Credo invece che oggi
sia un giorno in cui particolarmente devono esserci due parole in noi:
“Grazie!”, “perdono”. Quanto abbiamo ricevuto, in tempo, in doni (magari
anche difficili), in sacramenti, in amore... e quanto poco vi ho corrisposto!
Signore, grazie: la tua bontà supera ogni limite, la tua mano è stata su di
me, mi ha accompagnato ogni giorno, perdonami se non ti ho riconosciuto, se ho
bruciato il tuo tempo, e aiutami, vedendo scorrere i miei giorni terreni, a
venire verso di te perché “sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà”.
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