Archivio

     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

NOVEMBRE  1992

 

 

 

DOMENICA 1 NOVEMBRE 1992

 

“Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”. (Ap. 7,14)

La festa di tutti i Santi è prima di tutto festa di Dio, della sua Santità che si è manifestata e si manifesta in tante persone che a Lui fanno spazio nella propria vita. Ma è anche segno di grande speranza: l’uomo può aspirare a Dio e ce lo testimoniano i “Santi” che sono con Lui. E’ vero, come ci ricorda il versetto dell’Apocalisse, che dobbiamo passare attraverso la grande tribolazione; è vero che dobbiamo lavarci attraverso il sangue della prova, ma il nostro soffrire, il patire a causa del Vangelo ha una speranza di eternità. Oggi e domani in particolare, mi piace ripensare a tante persone che ho conosciuto e che sono già morte: quell’uomo che ha sofferto per anni in un letto, ma con fede, quel prete che si è consumato nel].’annuncio del Vangelo in mezzo a tante incomprensioni, quella mamma che è morta per dare alla luce la propria figlia... La grande tribolazione non ha avuto il sopravvento su loro; essi insieme a Gesù, morto e risorto ci chiamano alla meta definitiva della vita.

 

 

LUNEDI’ 2 NOVEMBRE 1992

 

“Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrà, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero”. (Gb. 19,26—27)

Non vado spesso al cimitero sulla tomba dei miei cari, li ricordo più volentieri ripensando alla loro vita e pregando per loro e con loro, ma quando sono in giro e mi capita di passare vicino ad un cimitero ci entro volentieri. Questa estate, durante una passeggiata con un amico, siamo entrati in un piccolo camposanto di un paesetto dell’entroterra ligure: qualche lapide, tanto sole, il verde degli alberi. Dall’alto di una stele, dalla chiesa parrocchiale, una statua della Madonna guardava a braccia aperte verso queste tombe. Nel mezzo del cimitero una semplice croce con scritto sopra: “Aspetto la risurrezione” Abbiamo detto insieme un “l’Eterno riposo” e poi, senza paura, senza malinconie, con speranza, uscendo ci è venuto da dire: “A presto!”.

 

 

MARTEDI’ 3 NOVEMBRE 1992

 

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. (Fil. 2,5)

Può sembrare impossibile riuscire ad imitare Cristo nei suoi sentimenti ma, se pur arduo, possiamo farcela. In fondo i sentimenti di Gesù erano soprattutto due: fare la volontà del Padre e amare i fratelli fino a dare la vita, e ciò che lo conforta e guida è lo Spirito Santo e la preghiera costante. Anche noi dobbiamo cercare la volontà del Padre, sentire la sua parola, ricevere la sua forza e il suo Spirito nella preghiera, vedere in chi ci circonda dei fratelli. Troveremo un mucchio di difficoltà, di croci, ma Dio non ci abbandonerà e imitando Cristo diventeremo  una cosa sola con Lui e con il Padre

 

 

MERCOLEDI’ 4 NOVEMBRE 1992

 

“Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. (Lc. 14,27)

Spesso pensiamo alla fede come un conforto nel cammino della vita, quasi fosse una passeggiata con Gesù. Ma non è così. La parola di Gesù è chiara: si tratta di rinunciare, costruire, lottare. Si tratta di seguire Gesù, di mettere i piedi dove Lui li ha messi. Se uno va in montagna e vuole scalare una cima, porta l’essenziale, non si tira certamente dietro televisore, frigorifero, giradischi.

 

 

GIOVEDI’ 5 NOVEMBRE 1992

 

“I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. (Lc. 15,2)

A prima vista può sembrare strana questa invidia nei confronti della predilezione di Gesù per i peccatori. Questi farisei pensavano che Gesù dovesse essere una loro esclusiva. Eppure dovremmo essere contenti che Gesù è soprattutto per i poveri, i lontani, i peccatori. Anche noi, qualche volta, siamo tentati di gelosia nei confronti dell’amore di Dio per i peccatori. Ma a pensarci bene questo è dovuto al fatto che noi ci pensiamo migliori di loro. Se, con verità, ci accorgessimo che noi siamo i peccatori saremmo ben contenti  di accogliere Colui che è venuto proprio per noi.

 

 

VENERDI’ 6 NOVEMBRE 1992

 

“La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo”. (Fil. 3,20)

L’esistenza cristiana o è illuminata da questo pensiero, da questa speranza—certezza nella morte e risurrezione di Cristo, oppure non si salva dalla disperazione, dal nulla. il crocifisso è risorto! Cristo è andato a prepararci un posto! In questo grido si riassume la speranza cristiana nel suo più autentico spessore. La vocazione cristiana è una vocazione alla vita. Leon Bloy affermava categoricamente: “imparate, fratelli miei, che non dovete morire” e Padre Sartillages confermava: ‘La morte è fatta per non morire più”. io credo che ogni credente, capace di vivere nella realtà del proprio corpo, udrà un giorno un comando imperioso, la parola ricreatrice: “Levati…”.

 

 

SABATO 7 NOVEMBRE 1992

 

“Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto, e chi è disonesto nel poco è disonesto anche nel molto”. (Lc. 16,10)

Uno degli errori più soliti che commettiamo nella nostra vita è quello di aspettare la grande occasione: qualcuno aspetta la grande occasione per far soldi, la grande occasione per amare, la grande occasione per dare testimonianza cristiana... La vita però è normalmente fatta di piccole occasioni, di quotidiano che a volte ci sembra addirittura banale. Aspetto la grande occasione per rinnovare la mia preghiera mentre oggi posso cercare di pregare meglio. Aspetto la grande occasione per amare e non mi accorgo dell’amore quotidiano con le persone con cui vivo. Gesù ci invita alla fedeltà nelle piccole cose. Se non sei onesto nelle piccole cose come nel non fare la cresta sulla spesa, nel non pagare il biglietto de). tram, riuscirai ad essere onesto nella grande occasione come, ad esempio, nel dividere equamente un’eredità? Se non sei caritatevole nel, quotidiano con il tuo prossimo, riuscirai a perdonare davanti ad un’offesa grave? E poi, ci dice Gesù, perché aspettare la grande occasione che forse non verrà, privandoti di gustare la tua vita quotidiana, nascondendo i talenti che Dio ti ha dato perché oggi rendano frutto?

 

 

DOMENICA 8 NOVEMBRE 1992

 

“Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono in Lui”. (Lc. 20,38)

Il mese di Novembre mi ha sempre fatto fare una riflessione: in occasione della Commemorazione dei defunti, le chiese si riempiono e le intenzioni di messe per i defunti si allungano. Può essere segno di ricordo, segno di speranza della risurrezione ma può anche essere tradizione, segno che pensiamo a Dio solo come al Dio dei morti. Dio è il Dio dei vivi. Dio non ha creato la morte ma la vita. Noi viviamo perché Lui ci sostiene, ci ama. La morte non ci separa da Lui ma ci fa entrare in una vita ancora più piena con Lui. Quelli che noi chiamiamo i nostri morti, sono più vivi di noi. Tutti viviamo in Lui. Qual è la morte vera? E’ quando noi ci lasciamo vivere senza scopo, quando ci vogliamo staccare da Colui che è la vita, quando rompiamo il legame di amore con il Dio della vita che è eterno.

 

 

LUNEDI’ 9 NOVEMBRE 1992

 

“Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorano in Spirito e Verità”. (Gv. 4,24)

Gesù, dicendo che dobbiamo adorare Dio in Spirito e Verità non voleva escludere il valore del tempio, del luogo dove pregare: lui stesso andava ogni sabato alla preghiera nella sinagoga e nelle grandi feste si recava al Tempio di Gerusalemme. Gesù voleva indicarci il modo valido di incontrare Dio in ogni momento, sia nel quotidiano, sia quando andiamo in chiesa. Dio è ovunque, in Lui “viviamo, ci muoviamo, siamo Dio lo puoi incontrare adesso che stai leggendo questa pagina; oggi, facendo la spesa come in ufficio, domenica partecipando con i tuoi fratelli all’Eucaristia di Gesù. Dio è libero, non è prigioniero di nessuno e di nessuna istituzione, neanche religiosa. L’importante, però, è essere disponibili a cercarlo, a vederlo, a incontrarlo.

 

 

MARTEDI’ 10 NOVEMBRE 1992

 

“Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. (Lc. 17,10)

Ci sono dei momenti in cui è facile sentirsi “servi inutili”, quando scopriamo il nostro essere peccatori, le nostre incapacità o quando collezioniamo insuccessi nel campo dei rapporti umani o della testimonianza, ma ci sono anche momenti in cui ci sentiamo buoni, ci sembra di aver fatto tutto bene, pensiamo di aver dato buona testimonianza. Ed è proprio in questi ultimi momenti che rischiamo di inorgoglirci, di pensare di poter accampare diritti nei confronti di Dio. Gesù ci ricorda quanto sia assurdo pensare che siamo noi a salvare il mondo. E’ sempre Dio ad operare il bene anche attraverso noi, o, qualche volta, malgrado noi. La nostra gioia, allora, è soprattutto sapere che Dio non ci lascia soli e si serve della nostra pochezza per manifestare il suo amore. Come Maria dovremmo sempre dire: “Eccomi, sono la serva del Signore

 

 

MERCOLEDI’ 11 NOVEMBRE 1992

 

“Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. (Lc. 17,18)

Gesù ha guarito dieci lebbrosi, solo uno ritorna a ringraziare lodando Dio. Quando si pensa solo a se stessi, quando si ragiona pensando che tutto è dovuto, è molto difficile riconoscere un dono e ancora più improbabile il ringraziare. Anche con Dio siamo sempre pronti a lamentarci di ciò che ci manca, siamo pronti a chiedere per tutto ciò che ci pare opportuno, ma sappiamo ringraziarlo dei doni che riceviamo? E non solo per quella “grazia” particolare che abbiamo ricevuto, ma per i miracoli quotidiani che riceviamo: per la vita, la salute, gli affetti, il pane quotidiano.., e perché no, anche per le prove, le sofferenze che ci danno la possibilità di amarlo e di amare? Il brano di oggi poi ci dice anche il modo per rendere grazie, quello di lodare Dio, cioè quello di fargli i “complimenti” perché ha fatto e fa bene ogni cosa.

 

 

GIOVEDI’ 12 NOVEMBRE 1992

 

“Il Regno di Dio non viene in modo di attirare l’attenzione”. (Lc. 17,20)

Anche la Chiesa e in piccolo le parrocchie e i gruppi corrono il rischio di credere che il Regno di Dio sia simile ai regni della terra. i regni della terra calcolano il numero dei sudditi per vedere quante tasse possono spremere o per vedere se c’è forza sufficiente per fare una guerra; calcolano le capacità in base a prodotti lordi e bilance dei pagamenti; valutano in base a prestigio e potere. Guai a noi se valutiamo il regno di Dio che viene, in base ai successi, al numero dei cristiani, delle vocazioni sacerdotali, della propaganda TV o peggio ancora, di chi ha firmato per l’8 per mille. Gesù non ha avuto successo, anzi quando volevano farlo re perché aveva moltiplicato i pani è fuggito; la sua vera regalità è sulla croce, in mezzo a due ladri e solo con Giovanni e sua madre a piangerlo. Eppure quel chicco di frumento caduto e morto nella terra ha portato e porta il suo frutto.

 

 

VENERDI’ 13 NOVEMBRE 1992

 

“Come avvenne al tempo di Mosè: mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui venne il diluvio e li fece perire tutti”. (Lc. 17,27)

Quando le cose, il denaro, la preoccupazione di star bene diventano lo scopo fondamentale della vita, corriamo il rischio di considerare eterne, cose che invece passano e finiscono. Gesù ci invita alla vigilanza non tanto per metterci addosso la paura quanto per aiutarci a vivere per valori che non finiscono. Se so che il denaro non può comprare la vita, se conosco che il successo e il potere sono cose effimere, se so che anche le cose belle della natura e degli affetti sono destinate a mutare è molto facile che riesca ad impostare la mia vita, nella fiducia e nella serenità, su valori che so essere eterni e duraturi, non rischiando di trovarmi alla fine della vita con un bel pugno di.. .mosche.

 

 

SABATO 14 NOVEMBRE 1992

 

“E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di Lui?”. (Lc. 18,7)

“Dio non mi ascolta!” mi diceva una donna angosciata per i problemi della propria figlia. Lo stesso grido è espresso tante volte nella Bibbia fino ad esplodere addirittura sulle labbra di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Ci sono momenti in cui gridiamo così perché tutto ci precipita addosso e Dio sembra lontano. Ma Dio non ha abbandonato Gesù come non abbandona nessuno. Occorre aver fede. A distanza, a volte anche in questa vita, scopriamo che mai come in certi momenti in cui abbiamo accusato Dio di latitanza, Egli invece era presente. Se sai ascoltare E Dio grida più forte proprio nel momento del suo silenzio.

 

 

DOMENICA 15 NOVEMBRE 1992

 

“Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. (Lc. 21,19)

Un giorno in montagna osservavo uno spaccapietre. Continuava a battere e la pietra sembrava non risentire dei colpi. Avrà battuto un centinaio di colpi apparentemente a vuoto. Poi un ultimo colpo. Ed ecco la pietra spaccarsi in due. Pensavo: sarà servito solo quell’ultimo colpo? Non è stato l’ultimo colpo da solo a spezzare la pietra, ma l’ultimo colpo insieme a tutto ciò che c’è stato prima. Se vuoi. “convertirti”, se vuoi ‘salvare l’anima’ non pensare che basti un colpo solo. Occorrono tanti “colpi” che all'apparenza possono anche sembrare infruttuosi per arrivare poi al colpo decisivo che è la conclusione di tutto il lavoro precedente.

 

 

LUNEDI’ 16 NOVEMBRE 1992

 

“Il cieco cominciò a gridare: Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. (Lc. 18,39)

Questo cieco sente Gesù che passa: non sta a chiedersi tante cose su di lui; ha bisogno di vedere; si butta con fiducia a gridargli dietro. Due amici, mentre sedevano sulla soglia di casa, udirono dire che in un certo stagno c’era abbondanza di grossi pesci. Il primo si mise in agitazione: cercò di informarsi se la notizia era vera, poi di parlare con i singoli pescatori e infine di conoscere i diversi tipi di esca usati. Il secondo afferrò subito una canna, prese qualche insetto cammin facendo e corse allo stagno dove buttò la lenza. Quando il primo arrivò, il secondo aveva già il secchio colmo di grossi pesci. A lui non restarono che i pochi pesciolini rimasti.

 

 

MARTEDI’ 17 NOVEMBRE 1992

 

“Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. (Lc. 19,5)

Quest’anno, a Lourdes, durante la processione del Santissimo Sacramento, in mezzo a una folla di almeno 10 o 20 mila persone, fantasticavo su questo brano di Vangelo: “E se Gesù, adesso, si fermasse davanti a me e mi dicesse: “Devo fermarmi in casa tua”. Cosa farei? Beh, pensavo, quante cose dovrei mettere a posto: forse farei bene ad andare a confessarmi, dovrei smetterla di tranciare giudizi sul prossimo, dovrei promettergli di non essere più attaccato alle cose... Poi mi sono risvegliato: Gesù è venuto in me nell’Eucaristia questa mattina, Gesù è venuto e viene tante volte nelle persone che incontro, Gesù sta venendo adesso. Scendi dalla pianta e accoglilo.

 

 

MERCOLEDI’ 18 NOVEMBRE 1992

 

“Gesù stese la mano, afferrò (Pietro che stava annegando) e gli disse: Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. (Mt. 14,31)

Una delle cose che più mi convincono della veridicità dei Vangeli sono proprio questi brani (e sono tanti) dove Pietro e gli Apostoli fanno “brutta figura”. Non erano più santi di noi, hanno avuto i loro dubbi, le loro meschinità; Pietro, il primo Papa scelto da Gesù, rinnega Gesù stesso e una volta viene da Lui chiamato addirittura Satana. La nostra debolezza, la durezza di cuore, il nostro peccato non spaventano il Signore: è venuto nel mondo per salvarci perché sa che da soli non ne siamo capaci. Allora anche i miei errori, i peccati, le incapacità non devono abbattermi, devo soltanto con costanza continuare a camminare dietro a Gesù. Gli Apostoli hanno fatto tutto quello che hanno fatto non perché erano più bravi di noi, ma perché nonostante i propri errori hanno continuato a seguire Gesù, si sono lasciati plasmare da Lui, si sono abbandonati alla guida del suo Spirito.

 

 

GIOVEDI’ 19 NOVEMBRE 1992

 

“Gesù pianse su Gerusalemme, dicendo: Se avessi compreso...” (Lc. 19,41)

Nella mia vita di prete, quanta gente ho visto piangere! Si piange per un lutto, per un dolore, per pentimento, per incapacità di poter reagire, per commozione, per gioia. A parte le lacrime ipocrite e quelle di coccodrillo ho sempre pensato che sia un grande dono quello delle lacrime. Anche Gesù ha pianto! E se il pianto di Gesù sulla tomba di Lazzaro indica la sua amicizia, la sua lotta contro il male e la morte, il suo condividere la sofferenza di Marta e di Maria, il suo pianto su Gerusalemme è il pianto di chi ha dato tutto ma si trova davanti al cuore duro, inaccessibile, è il pianto di chi vede rifiutato il dono di se stesso. Quando anche noi rischiamo di fallire la nostra vita, chiudendoci al tuo messaggio, abbi pietà di noi, rinnova il nostro cuore, aiutaci ad accogliere la tua Parola e insegnaci a riconoscere il tempo della tua visita.

 

 

VENERDI’ 20 NOVEMBRE 1992

 

“La mia casa sarà casa di preghiera ma voi ne fatto una spelonca di ladri”. (Lc. 19,46)

Ancora oggi, come ai tempi di Gesù, presso chiese e santuari si vedono spettacoli tutt’altro che edificanti e anche noi spesso invochiamo un intervento deciso di Gesù o di chi per lui per rovesciare tavoli di ricordini, di venditori e di trafficanti. Ricordiamoci, però, che la casa del Signore siamo anche noi e che non si può mischiare vera preghiera con falsa religiosità o superbia spirituale. Un giovane nobile si recò un giorno da un virtuoso abate chiedendo di entrare a far parte del suo Ordine. L’abate volle conoscere le sue abitudini e le sue inclinazioni; il candidato alzò il capo con orgoglio: — Io vesto sempre di bianco, non bevo che acqua, d’inverno mi rotolo nudo nella neve. Per meglio mortificarmi, ho messo dei chiodi aguzzi nelle mie scarpe, e ordino al mio scudiero di frustarmi quanta volte al giorno... In quel preciso istante, apparve nei pressi un cavallo; l’animale s’abbeverò ad una pozza, e si rotolò per celia nella neve. — Vedi — disse l’Abate — questa creatura è bianca, non beve che acqua, si rotola nuda nella neve, i chiodi tormentano i suoi piedi e riceve ben più di quaranta frustate in un solo giorno. Eppure non è altro che un cavallo.

 

 

SABATO 21 NOVEMBRE 1992

 

“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.  (Mc. 3,35)

La Chiesa celebra oggi la donazione totale di se stessa che Maria ha fatto a Dio. Secondo un Vangelo apocrifo, Maria ancora bambina, al Tempio di Gerusalemme consacrò totalmente se stessa a Dio. Ricordando questo, nella liturgia, la Chiesa non intende affermare la realtà storica di questo avvenimento, di cui non c e traccia nella Scrittura; quello che le importa sottolineare, è il dono totale di sé che preparò la giovane donna di Nazareth a diventare, il giorno dell’annunciazione, il tempio vivente del Figlio di Dio, e in seguito ad entrare, il giorno dell’assunzione, nel tempio eterno della gloria del Padre. E’ solo affidandosi totalmente alla volontà di Dio che anche noi accogliamo la presenza del Signore, diventiamo suoi “intimi”, “parenti” e possiamo partecipare pienamente ai suoi doni.

 

 

DOMENICA 22 NOVEMBRE 1992

 

“E Gesù disse (al ladrone): In verità, ti dico, oggi sarai con me in Paradiso”. (Lc. 23,43)

La vera regalità di Gesù su tutto l’Universo si manifesta proprio nel terribile momento della croce. C’è il suo popolo, ma non inneggia al Re Salvatore, lo bestemmia; ci sono le sue mani ma non hanno lo scettro del comando: sono inchiodate, non possono muoversi; non c e un trono tempestato di diamanti ma il duro legno di un patibolo; non c’è una corona regale ma spine che trafiggono il capo. La regalità per Gesù non è il comandare ma l’ubbidire a Dio che in quel momento sembra tanto lontano, non è prendere la vita dei suoi Sudditi ma dare la sua vita, morire Lui al loro posto. Ma proprio in quel momento, un ladro, un condannato a morte, riceve la vita: questo è il nostro Re e questa la gioia del suo Regno.

 

 

LUNEDI’ 23 NOVEMBRE 1992

 

“Gesù vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una povera vedova...”. (Lc. 21,1—2)

Gesù vede, registra ciò che avviene ma, a differenza nostra che spesso vediamo solo le apparenze, vede il profondo del cuore. Un discepolo e un maestro stavano percorrendo una vasta radura erbosa nella quale, or qui or là, giganteggiavano alcuni alberi maestosi. — Maestro — chiese il giovane — noi uomini spirituali non siamo forse come queste piante che si elevano di tanto rispetto al tappeto erboso? — Non lo so. Bisognerebbe chiederlo a Dio. Egli vede le cose dall’alto, e alberi ed erba non sono per lui che un unico manto verde.

 

 

MARTEDI’ 24 NOVEMBRE 1992

 

“Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra”. (Lc. 21,6)

Gli Ebrei vedevano nel Tempio di Gerusalemme il segno dell’unità religiosa del loro popolo: il Tempio avrebbe dovuto durare per sempre! Gesù invece dice loro: “Non fidatevi del Tempio di pietre. Anche questo deve finire”. Anche le nostre bellissime cattedrali devono finire. Che cosa resta? Resta la fedeltà di Dio, resta Lui, l’Eterno. Ecco perché Gesù ha detto alla Samaritana: ‘Dio é Spirito e Verità: è cosi che bisogna adorarlo”. Dio ti ama, è presente nel mondo, e presente nel cuore dell’uomo. Lo puoi incontrare sempre e ovunque. Scrive J. Danielou: La presenza di Dio non è più legata a un luogo, ma all’umanità gloriosa del Cristo, il tempio definitivo, cioè al Cristo totale; nella sua realtà personale e nel suo corpo mistico, è Gesù il luogo dell’adorazione “in Spirito e Verità”.

 

 

MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 1992

 

“Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. (Lc. 21,19)

Nella conclusione di questo anno liturgico ritornano pressanti gli inviti di Gesù alla perseveranza. Meditiamolo attraverso un significativo racconto della tradizione berbera. Un nomade che attraversava il deserto fu costretto a fermarsi, stremato dalla sete. Si sedette sulla sabbia e, ricordandosi di aver udito che quando si sta per morire di sete si inizia a piangere, attese le lacrime. Fu allora che avverti uno strano fruscio: un serpente stava scivolando verso di lui. La paura fu tale che l’uomo si alzò di scatto, e dimentico del tormento della sete, riprese il cammino. E arrivò in un luogo dove c’era l’acqua, e con l’acqua la salvezza. Quel passo in più che non vuoi fare, fratello, può costarti la vita. Rammentalo quando ti rassegni alle lacrime.

 

 

GIOVEDI’ 26 NOVEMBRE 1992

 

“Vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande”. (Lc. 21,27)

I brani del Vangelo che riguardano la rivelazione delle cose ultime possono essere oscuri in, molti particolari: noi vorremmo sempre sapere il come e il quando, ma almeno su due punti sono chiarissimi. Gesù afferma, in quanto Figlio dell’uomo, di essere Signore del futuro e dichiara che la sua venuta concluderà la storia umana dandole significato e portandola a compimento. Mi ha sempre stupito che i primi cristiani pregassero con intensità, dicendo: “Vieni presto, Signore Gesù”. Di certo non speravano di morire ma aspettavano con trepidazione e gioia Colui che finalmente avrebbe portato la gioia piena.

 

 

VENERDI’ 27 NOVEMBRE 1992

 

“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. (Lc. 21,33)

Il mondo in cui viviamo in certi momenti ci sembra un mondo fatto e fondato sulle parole. Parole che vengono a spiegare ciò che già parla anche solo con il suo esistere; parole per nascondersi; parole per ingannare; per blandire; per riempirsi la bocca. La parola, questo mezzo meraviglioso che Dio ci ha dato per comunicare, spesso ci riempie le orecchie piovendoci addosso da libri, giornali, televisione, tanto da intontirci. Diventa sempre più difficile discernere tra parole di comunicazione di verità e falso vaniloquio. Gesù, nella Bibbia, è chiamato la Parola incarnata. Lui è la Parola di Dio sull’umanità. Una parola di fedeltà, d’Amore, di Verità, che non ha neppure più bisogno di parole per essere spiegata. Le parole passano come il vento, basta pensare al giornale che al mattino ha tutto il sapore della novità e che la sera serve solo ad avvolgere la verdura; l’amore invece di Dio è eterno come Lui, rimane sempre, non è scosso dal tempo, è sempre immutabile e sempre nuovo. Quando cerchi Amore, Verità, rivolgiti a Lui: è la Parola che non inganna.

 

 

SABATO 28 NOVEMBRE 1992

 

“Vegliate e pregate in ogni momento”. (Lc. 21,36)

Un dio o un demonio — si diceva —l’aveva collocato apposta lassù, sopra il villaggio, per mettere gli uomini alla prova. E gli uomini la prova l’avevano accettata. Ogni sera, a turno, uno di loro s’inerpicava sulla montagna con una lanterna per sorvegliare che il masso non si muovesse; piovesse o tirasse vento, ci fosse la luna o la neve, un uomo vigilava sul sonno di tutti pronto a destarli con una tromba dal suono potente. Per ognuno di quegli uomini la veglia al masso era una fatica; ma anche una fierezza. Il giorno dopo, ridiscesi a valle, pareva loro che l’intero villaggio gli sorridesse. Ma il tempo passò e portò altre soddisfazioni e altre fierezze. Così che poco per volta parve stupido quel che prima era parso importante. Se per secoli e secoli quel masso era rimasto appiccicato alla montagna, perché avrebbe dovuto staccarsi proprio ora? Si pagasse un guardiano, caso mai; anzi, ci pensasse il governatore della provincia! Così dopo molte discussioni, si decise di sospendere la veglia al masso: non c’era più gusto a farla. Raramente c’è gusto a fare le cose che si devono. A meno che uno il gusto lo trovi in se stesso. E quegli uomini erano attratti da troppi piaceri esterni per trovarne di interiori. Quel masso è ancora lassù. Nessuno più gli si è inerpicato accanto. E nessuno ha notato che si è mosso di dieci buone spanne verso valle.

 

 

DOMENICA 29 NOVEMBRE 1992

 

“Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti”. (Rm. 13,11)

Il tempo dell’Avvento inizia con un perentorio invito: “Svegliatevi!”. E’ facile addormentarsi nella fede: il mondo si dà da fare a somministrarci sonniferi: “Pensa ai fatti tuoi!”, “Vivi tranquillo”, “goditela”; oppure va anche più pesante con le sue droghe: denaro, potere, successo... E noi rischiamo di vivere in un sapore che ci accompagna fino ad addormentarci definitivamente nel sonno della morte. “Svegliatevi!” Gesù. è già venuto, ci ha offerto la salvezza, la liberazione; Gesù viene ogni giorno e ti interpella, Gesù sta per venire al termine della nostra vita e del mondo a chiederci conto dei talenti seminati in noi. “Svegliatevi!” ci dice ancora Gesù “per assaporare la vita con i suoi doni, per saper cogliere tutti gli atti di amore che essa ci propone, per svecchiare una fede abitudinaria, per riscoprire la vostra vocazione e la vostra missione...

 

 

LUNEDI’ 30 NOVEMBRE 1992

 

“Come potranno credere senza averne sentito parlare?”. (Rom.1O,14)

Nel mondo ci sono ancora milioni di persone che non hanno mai sentito parlare di Gesù. Non si può dire altrettanto di noi. Tutti, in Italia, seppur in modi molto diversi ne abbiamo sentito parlare. Ma lo conosciamo? E conosciamo il Vangelo nel modo giusto? Spesso si contrabbandano indicazioni umane come se fossero precetti evangelici o si annacqua la parola del Vangelo togliendole la sua carica di Grazia, di trascendenza, di mistero, di scelta integrale, fino a renderla sciapa, inoffensiva. Penso che sovente noi cristiani che “conosciamo il Vangelo a memoria” dovremmo fare questo servizio. Leggere una pagina di Vangelo, cancellare tutto quello che tradizione o predicatori ci hanno detto su di essa, chiederci: “Perché Gesù ha parlato o agito così?” e interrogarci su che cosa voglia dire, oggi, a me. Con certezza, noi conoscitori del Vangelo, scopriremmo che quelle pagine, sempre uguali, hanno ancora tante novità da dirci.

 

     
 

Archivio