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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO  1992

 

“ SEMPLICITA’ ”

 

SABATO 1 FEBBRAIO 1992

 

  “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il Regno dei Cieli”. (Mt. 19,14)

Come mai Gesù ha preso a modello di accoglienza del Regno proprio un bambino? Il bambino è innanzitutto speranza di vita; poi è necessità di tutto; poi ancora è semplicità non ancor troppo contaminata. Il Regno può accoglierlo solo chi ha speranza nel futuro, chi, non legato troppo alle cose del presente, non è pessimista, chi si apre con semplicità e meraviglia al dono della vita, chi sa di non avere in sé forze sufficienti ma contemporaneamente si fida dell’amore degli altri. Oh, non è che i bambini siano perfetti! Sono naturalmente egocentrici, qualche volta dispettosi, qualche volta anche cattivelli e ombrosi, ma che cosa c e di più semplice e di più profondo dello sguardo di un bimbo? Il bimbo non conosce teologia, ma ha un enorme bisogno di essere amato. Gesù è venuto proprio per questo: per amarci immensamente.

 

 

DOMENICA 2 FEBBRAIO 1992

 

“Non c e amore più grande che dare la vita per i propri amici”. (Gv. 15,13)

Lo spaventoso terremoto in Armenia (1989) ha causato lutti e pianto. L’Unione Sovietica, così duramente colpita, ebbe però l’occasione di sperimentare il conforto e la solidarietà di tutto il mondo. Tra i soccorritori non mancarono Madre Teresa di Calcutta e le sue suore. Particolarmente commovente è stato l’incontro con una donna superstite, rimasta sepolta viva con il suo bimbo per oltre diciotto giorni. Quella madre armena era ormai in fin di vita perché durante quella lunga e terribile prigionia, nell’ultima settimana, si era tagliata un dito ogni giorno per darlo da succhiare alla sua creatura. Il suo sangue donato diventava vita per il proprio figlio. Quando Madre Teresa si avvicinò per darle un bacio, quella eroica donna toccò il Crocifisso, che le Missionarie della carità portano sulla spalla sinistra, e con un filo di voce disse: “Me lo ha insegnato Lui!”.

 

 

 

LUNEDI’ 3 FEBBRAIO 1992

 

“Ti rendo lode, o Padre, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. (Lc. 10,21)

Il curato d’Ars era solito raccontare questo fatto che gli era capitato nei primi anni che era in parrocchia. C’era un uomo che non passava mai davanti alla chiesa senza entrarvi un momento. La mattina, quando andava al lavoro, la sera, quando ritornava, lasciava alla porta il badile e la zappa e rimaneva a lungo in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Gli chiesi una volta che cosa dicesse al Signore nella lunga visita che gli faceva. Sapete che cosa mi rispose? “Signor curato, io non gli dico niente. lo guardo e lui mi guarda”.

 

 

 

MARTEDI’ 4 FEBBRAIO 1992

 

“Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza”. (Prov. 3,5)

L’intelligenza è un dono di Dio e come talento regalatoci dal Signore va utilizzato. Ma tante volte ci accorgiamo che la nostra scienza e intelligenza non sono sufficienti. Non basta tutta la scienza e intelligenza per evitare la morte, non basta conoscere tutto lo scibile su Dio per aver fede, si può essere mostri di intelligenza e incapaci di amore: tante volte sa più vivere pienamente un povero contadino analfabeta che uno scienziato. E’ per questo che la Bibbia parla sovente di cuore, di fiducia, di abbandono, di sentimenti. L’uomo è veramente tale quando partecipa alla vita e al mistero di Dio in armonia con se stesso. Non basta dire credo in Dio perché ho le prove della sua esistenza” se poi non mi abbandono nelle mani del Signore con fiducia e amore, nella pienezza di me stesso.

 

 

 

MERCOLEDI’ 5 FEBBRAIO 1992

 

“I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio”. (Sap. 1,3)

Quante parole, discussioni, ragionamenti su Dio: ci sarà, non ci sarà? Come sarà fatto? Perché?

Un saggio, vedendo i suoi discepoli discutere sull’esistenza di Dio, un giorno pensa bene di recarsi da loro in sella al proprio asino. Si aggirava attorno come se cercasse qualcosa. Gli chiesero preoccupati i discepoli: — Maestro, dove stai andando? Rispose: — Sto andando in cerca del mio asino! Scoppiarono tutti a ridere e fecero notare: Ma ciò è ridicolo: gli stai in sella! E Lui: — Ancora più ridicoli siete voi: andate in cerca di Dio, quando è su di lui che vivete! (A. De Mello)

 

 

 

GIOVEDI’ 6 FEBBRAIO 1992

 

“Teniamo viva la nostra speranza” (Rom. 15,4)

Quante volte davanti a certe situazioni difficili ci siamo chiesti “perché Dio non si fa vedere?”.

Tre bambini giapponesi, passeggiando in un bosco, scoprono un cuculo.

Il primo dice:

— Se non canta, lo ammazzo.

— Non essere così brutale — replica il secondo —, io lo invito a cantare. Interviene allora il più piccolo:

— lo aspetterò semplicemente che canti!

Così è per Dio! Non si può forzargli la mano. Si può solo attendere che la grazia canti in noi, come il cuculo nel bosco giapponese. E desiderare che canti! (R. Fr. Delissalde)

 

 

 

 

VENERDI’ 7 FEBBRAIO 1992

 

“E chi avrà dato anche un solo bicchier d’acqua a uno solo di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa”. (Mt. 10,42)

Viveva sola, in un appartamento piccolo piccolo. Una vita di sacrifici, rinunce, sofferenze: prima per accudire la mamma ammalata, poi i fratelli che crescevano, infine i nipoti...

La mia è stata una vita inutile: sempre a servizio di tutti. Non ho neppure potuto crearmi una famiglia come tanto avrei desiderato. Vivo con la pensione minima, non avendo potuto versare i contributi. Faccio ancora qualche servizio, per non essere di peso ad alcuno. Prego e vado a consolare chi soffre... Povera, cara Marta, come puoi chiamare inutile la tua vita? Sei una grande benefattrice dell’umanità. Hai trascorso la tua esistenza seminando bontà, amore... Quante persone ti devono gratitudine per questa tua testimonianza di silenziosa, eroica carità. Non ci sono vite inutili in questo mondo. Diceva madre Huberta, fondatrice delle “Suore del sorriso”: “Se avessi trascorso la vita a tergere le lacrime di un solo bambino, avrei fatto tanto per l’avvenire del mondo”. Dove vive una creatura, là c’è Dio che l’ha creata!

 

 

 

SABATO 8 FEBBRAIO 1992

 

“Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta”. (1 Cor. 5,6)

“Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo”, diceva Archimede, grande matematico e fisico di Siracusa. Uno sforzo minimo, può realizzare grandi cose. E’ sufficiente premere un piccolo pulsante per inondare di luce una sala buia; il tocco di una leva può sollevare tonnellate di peso; un semplice cambio di marcia e il bolide s ‘avventa sulla pista a velocità vertiginosa... Spesso, nella vita, basta tanto poco per cambiare una situazione, illuminare un’esistenza immersa nel grigiore del quotidiano. Un fiore, una parola, un sorriso possono ridar fiducia, coraggio a chi forse ha perso la gioia di vivere. “Ti amo!”, una piccola parola ma capace di trasformare una vita, creare un legame che nulla e nessuno potrà distruggere.

 

 

 

DOMENICA 9 FEBBRAIO 1992

 

“In questo sta l’amore: Dio ha amato noi”. (1 Gv. 4,10)

“Ti amo...” E’ la parola più piacevole e desiderabile che una persona possa ascoltare. La sentiamo ripetere tante volte, ma il più delle volte ad essa non corrisponde alcuna realtà. Uno solo l’ha detta e vissuta con assoluta sincerità e totale dedizione: Dio. Egli ti ha creato a sua immagine e somiglianza perché potessi dialogare con lui, vivere immerso nel suo amore e un giorno contemplare il suo volto e partecipare alla sua gloria e felicità infinita. Anche quando lo rifiuti, calpesti la sua legge, lo offendi come fosse un tuo nemico, non cessa di amarti. Per te ha creato l’universo, regolato da leggi meravigliose che non finiranno mai di stupirti. Per te ha inviato sulla terra il suo Unigenito perché diventasse tuo fratello, compagno e guida nel pellegrinaggio terreno. Per te non ha esitato a lasciarlo morire in croce, abbandonato e tradito da tutti, perché espiasse i tuoi peccati e ti riaprisse le porte del paradiso, dove tu, vero figlio di Dio, vivrai eternamente beato. Per te ha voluto rimanere sempre presente mediante la grazia dei sacramenti che ti rende partecipe, già qui sulla terra, della vita divina; per te ha istituito il sacerdozio, per perdonarti ogni colpa, si rende presente nell’Eucarestia per donarsi tutto a te, sotto la specie del pane e del vino, caparra e garanzia di vita immortale: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54). Dimmi, poteva amarci di più?...

 

 

 

LUNEDI’ 10 FEBBRAIO 1992

 

“Il Regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di perle preziose”. (Lc. 13,45)

La fede è un qualcosa di prezioso che va cercato con umiltà ma con perseveranza. Ecco come un indiano, Swami Paramanda, poeticamente ci invita a questa ricerca.

La perla di gran valore è nascosta profondamente. Come un pescatore di perle, o anima mia, tuffati, tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù e cerca! Forse non troverai nulla la prima volta. Come un pescatore di perle, o anima mia, senza stancarti, persisti e persisti ancora, tuffati nel profondo, sempre più giù, e cerca! Quelli che non sanno il segreto, si burleranno di te, e tu ne sarai rattristato. Ma non perdere coraggio, pescatore di perle, o anima mia! La perla di gran valore è proprio là nascosta, nascosta proprio in fondo. E’ la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro ed è essa che permetterà che quello che era nascosto sia infine rivelato. Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù, come un pescatore di perle, o anima mia. E cerca, cerca senza stancarti!

 

 

 

MARTEDI’ 11 FEBBRAIO 1992

 

“I poveri li avrete sempre con voi”. (Mt. 26,11)

Gesù non è contento della povertà in se stessa ma i poveri sono anche in mezzo a noi per richiamarci alla nostra responsabilità verso loro. Era inverno. L’uomo vide la bambina, magra, accovacciata per terra e avvolta in pochi, miseri stracci. Vide la piccola mano, nera di sporcizia, tesa a racimolare poche elemosine. Allora l’uomo levò gli occhi al cielo:

— Dio mio, come puoi permettere tutto ciò? Perché non aiuti questa bambina? Una voce incorporea risuonò nella aria trasparente:

— Ma io l’ho già aiutata. Ho creato te.

 

 

 

MERCOLEDI’ 12 FEBBRAIO 1992

 

“Imprimetevi nel cuore queste mie parole”. (Deut. 11,18)

Dio invita il suo popolo e noi a far tesoro della sua Parola. Ma è significativo che il Signore faccia riferimento al cuore e non alla mente, quasi a voler sottolineare che non basta imparare a memoria, sapere la sua parola. La Parola di Dio è una lettera d’amore, piena di vita che si rivolge non ad una mente ma ad un cuore che sia capace di vibrare, di rispondere. Quando leggiamo la Parola di Dio, la prima preoccupazione deve essere proprio quella di lasciarla arrivare al cuore: “E’ Dio che mi parla. Che cosa vuole da me? Come gli posso rispondere con la mia vita prima che con le mie parole?”.

 

 

 

GIOVEDI’ 13 FEBBRAIO 1992

 

“Vanità delle vanità, tutto è va­nità. Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?”. (Qo 1,1—2)

Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza. egli avverte difficoltà di fronte alla paura, al rischio, alla mancanza di garanzie. E’ pronto ad ingaggiare dure battaglie, fatiche estenuanti per assicurarsi tranquillità. E allora spesso pensa di aver partita vinta accumulando denaro, realizzando dominio. Scatta così il meccanismo del possesso con qualunque mezzo e così la fame del potere oppone l’uomo all’uomo e diventa prigione che degrada ogni realtà. Qoelet richiama alla riflessione: a che giova? Perché? li suo non è un invito ad impigrirsi, ad abbandonare il lavoro, ad incrociare le braccia ma ad avere una giusta misura in cui il fondamento è Dio che dà significato all’uso delle cose. Dice ancora il. salmo 61: “Non confidate nella violenza,, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore”. La pace migliore arriva proprio quando c’è il completo distacco da ogni avidità, la rinuncia al dominio delle cose.

 

 

 

VENERDI’ 14 FEBBRAIO 1992

 

“Troverete ristoro per le vostre anime”. (Mt. 11,29)

Una bella preghiera di S. Agostino:

“Signore Dio mio, dacci la pace; ci hai, infatti, arricchito di tutto! Dacci la pace e il riposo, la pace del sabato, una pace senza tramonto. Tutta questa bellissima serie di cose “molto buone”, adempiuto il suo ruolo, passerà: c’è stato in esse un mattino e una sera. Il settimo giorno, però, non ha sera né tramonto, perché tu l’hai santificato affinché rimanesse in eterno; così, il fatto che tu, dopo compiute le tue opere molto buone, il settimo giorno volesti riposare benché le avessi compiute senza fatica, è un annuncio che ci viene dalla voce del tuo libro: anche noi, compiute le nostre opere, molto buone perché tu ce lo consenti, riposeremo in te nel sabato della vita eterna.”

 

 

 

 

SABATO 15 FEBBRAIO 1992

“In mezzo a voi sta uno che non conoscete”. (Gv. 1,26)

Nell’antichità cristiana circolava questa leggenda.

Una rete stesa a pochi metri dal suolo. Sotto ci sono centinaia di uccelli. Tentano di alzarsi, ma vanno a sbattere inesorabilmente contro la rete. E crollano a terra, ammaccati. Ormai si sono rassegnati tutti. Rimarranno in quella prigione. Non c’è scampo. A un tratto uno di loro, pesto, sanguinante, si stacca dal mucchio e si slancia contro la rete, caparbiamente. Una, due, tre volte. Finalmente riesce a strapparla in un punto. Quindi si dirige, ferito, verso l’azzurro del cielo. D’incanto, c’è un gran sbattere d’ali. Tutti gli altri passano attraverso la breccia insperata... La parabola veniva applicata a Cristo, che ha rotto la rete che teneva imprigionati gli uomini nel male. Tuttavia penso possa indicare un compito che ciascuno di noi può svolgere.

 

 

 

DOMENICA 16 FEBBRAIO 1992

 

“Se il Signore è con me non ho timore”. (Sal. 118,6)

Un giorno vidi arrivare da me un giovane: lo conoscevo da tempo; veniva in cerca di quattrini; viveva da sbandato, si drogava. Ma queI giorno vidi il terrore nei suoi occhi; mi disse subito: “Oggi non cerco soldi, cerco qualcos’altro. Sono anni che non entro nelle chiese se non per spillar soldi ai preti, ma ora mi trovo come in un tunnel buio. Sono sieropositivo e forse ho l’AIDS. Ho paura, paura di morire presto. Mi ricordo che quando ero bambino e avevo paura del buio della notte ricorrevo a mia madre. E lei mi diceva: “Quando ti viene paura del buio pensa a Gesù e vedrai che ti aiuterà”. Ora ho paura in questo mio buio. Voglio incontrare Gesù.” Parlammo un bel po’ di Gesù e pur nella sua tristezza lo vidi rasserenarsi. Ho poi saputo che dopo pochi mesi è morto in ospedale di AIDS. Spero proprio che il pensiero di Gesù gli abbia fatto vincere la paura e quel tunnel buio si sia illuminato di luce per lui.

 

 

LUNEDI’ 17 FEBBRAIO 1992

 

“Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv. 6,54)

Se venisse uno a domandarci:

— Dimmi, cosa desideri di più nella vita? lo ho il potere di fartelo avere.

— Vivere ancora cinquanta, cento anni...

— Domanda pure, senza timore, tutto quello che vuoi.

— Avere accanto a me i miei cari, possedere una bella casa, avere tante ricchezze, essere esente da ogni male e dolore...

— Su, su, non aver paura di chiedere...

— Essere bello, rimanere eternamente giovane, viaggiare, godere...

Già, sarebbe bello, realizzare il sogno di Faust; peccato che sia soltanto una favola!

Invece no: è una stupenda realtà, perché è venuto uno nel mondo che ha vinto per noi la morte e ha assicurato: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se morto vivrà, e chi vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25).

 

 

 

MARTEDI’ 18 FEBBRAIO 1992

 

“Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?”. (1 Cor. 4,7)

La vita, l’aria che respiri, la luce che ti illumina, l’intelligenza, la libertà, sono doni di Dio; l’esistenza stessa è un dono di amore dei tuoi genitori uniti all’amore creativo di Dio. Quante persone hanno lavorato per formare durante tanti anni la tua personalità. Il pane che mangi, il vestito che indossi, le scarpe che calzi, la macchina che usi, sono il frutto della fatica di tante persone, forse inchiodate per lunghe ore a una catena di montaggio, per dare a te benessere. La parola che dovrebbe continuamente fiorire sulle nostre labbra e grazie!”. Grazie, uomini di tutto il mondo che mi aiutate a vivere, a realizzarmi. Quello che riceviamo ci rende automaticamente debitori. Verso Dio, anzitutto, del quale saremo sempre insolvibili. Purtroppo oggi la gratitudine fiorisce sempre meno nel giardino degli uomini. Si parla molto di diritti, di ciò che ci spetta, che ci è dovuto, ma assai poco dei doveri, dimenticando che a ogni diritto corrisponde un dovere. Tutti siamo chiamati a corrispondere, secondo le nostre possibilità, al progresso e al benessere degli altri.

 

 

 

MERCOLEDI’ 19 FEBBRAIO 1992

 

“Dicevano a Gesti: Siamo forse ciechi anche noi?”. (Gv. 9,40)

Convertire un pagano è relativamente facile: la luce, la verità, l’amore, trovano sempre uno spiraglio per fare breccia nel cuore dell’uomo. Convertire un cristiano è difficile. Chi è persuaso di sapere, di praticare, di essere a posto con la propria coscienza, non si lascia convincere facilmente da chi vorrebbe fargli comprendere come non tutte le sue idee, i suoi comportamenti, sono in linea con la dottrina e la morale di Cristo. Convertire un cattolico impegnato è quasi impossibile. Per questo attualmente gran parte del clero si sforza di convertire i così detti “praticanti” e questi a loro volta si danno da fare per convertire i preti alle loro idee, con risultati molto scarsi da ambo le parti. Si sa: “Non c’é peggior cieco di chi non vuoi vedere, né peggior sordo di chi non vuoi ascoltare. Penso che la strada migliore sarebbe quella di provare a convertire noi stessi, l’unico tentativo di sicuro successo, se ci impegniamo sul serio.

 

 

 

GIOVEDI’ 20 FEBBRAIO 1992

 

“Il Signore pensa a me, povero e  misero”. (Sal . 40,18)

“Reverendo, ragioniamo: l’universo è immenso, solo sulla terra ci sono più di 5 miliardi di uomini... figuriamoci se Dio va a pensare proprio a me!... con tutto quello che avrà da fare... Innanzitutto, se credo in un Dio creatore e onnipotente non posso io impedirgli di manifestare la sua onnipotenza pensando a tutti e a ciascuno. Ma perché Dio pensa proprio a me? Sono suo figlio! Sono creato a sua immagine e somiglianza. Gesù ha versato il suo sangue anche per me. “Ma io sono un peccatore!” proprio per questo Dio mi è ancora più vicino e non mi abbandona. Gesù è venuto non per coloro che si ritengono giusti ma per i peccatori. Dio pensa a me non per fare l’elenco dei miei peccati ma per offrirmi la possibilità della salvezza.

 

 

 

VENERDI’ 21 FEBBRAIO 1992

 

“Siamo predestinati ad essere figli adottivi del Padre per opera di Gesù Cristo”. (Ef. 1,5)

Si racconta di un vecchio artista italiano che aveva perso in parte la sua capacità. Una sera era seduto scoraggiato davanti a un quadro che aveva appena terminato. Si rendeva conto che aveva perduto in parte il suo tocco. La tela non sprizzava di vita come un tempo, ed egli se ne andò tristemente a dormire. In seguito il figlio, artista anche lui, esaminò l’opera del padre, e anch’egli ne notò la manchevolezza. Prendendo la tavolozza, lavorò fino a notte fonda, aggiungendo un piccolo tocco qui, una macchia lì, un po’ di colore da un lato, e un’ombra dall’altro. Egli lavorò finché il dipinto non soddisfece quello che suo padre aveva immaginato. Venne il mattino, e quando il padre entrò nello studio, fu pienamente felice di fronte alla tela perfetta ed esclamò: “Ho lavorato meglio di quanto credessi Noi spesso siamo scontenti della nostra vita, del nostro modo di vivere la fede. Ma Gesù opera in noi. E il Padre al termine della vita non guarderà tanto alle nostre opere, quanto a ciò che è stato compiuto da Gesù e vedrà il quadro ormai portato a termine.

 

 

 

SABATO 22 FEBBRAIO 1992

 

“Vi ho dato l’esempio perché quello che ho fatto io lo facciate anche voi”. (Gv. 13,15)

Molti sono persuasi di amare il prossimo, ma non è sufficiente dirlo e neppure sentirlo, occorre viverlo, condividere la gioia, le preoccupazioni, il dolore di chi ci sta accanto. Finché non riuscirò a godere con chi gode, a soffrire con chi soffre, non posso illudermi di amare veramente. Ogni uomo deve sentirsi unito, solidale con gli altri, come un membro è strettamente unito al suo corpo. La mano, il piede, l’occhio, vivono se collegati alle altre membra, dalle quali ricevono aiuto e vita: tutti per uno, ognuno per tutti. Staccati non potrebbero esistere e il corpo rimarrebbe mutilato. Nessun uomo può vivere da solo o per se stesso, ma si realizza con l’aiuto di tutti, a servizio di tutti. Ogni uomo è utile, anzi necessario, dal momento che Dio lo ha creato. E’ come una goccia d’acqua nel mare, ma il mare è fatto di tante gocce d’acqua, ognuna delle quali arricchisce tutte le altre. Condividere vuol dire lasciarsi coinvolgere, immedesimarsi nei problemi altrui. Cristo, l’Uomo—Dio, l’essere perfettamente libero, ha volontariamente accettato di condividere in tutto l’esperienza umana, eccetto il peccato: dalla povertà di Betlemme alla nudità della Croce, per liberarci dal peccato e dalla morte e vivere sempre accanto a noi durante il pellegrinaggio terreno e renderci così degni di partecipare alla sua vita immortale. Il cristiano deve essere sempre e ovunque, un testimonio capace di far rivivere Cristo nel modo di pensare, parlare, agire, operare. Una vocazione che esige da tutti uno stato permanente di conversione!

 

 

 

DOMENICA 23 FEBBRAIO 1992

 

“Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore”. (At 2,46)

A sentire certi preti, certi teologi sembra che per essere cristiani bisogna essere sempre terribilmente seri, impegnati, sempre pronti a macinare idee una sull’altra. I primi cristiani non si comportavano così. Avevano fede in Gesù, nella sua parola e questa fede dava loro la forza della testimonianza fino al martirio, ma vivevano la loro realtà con semplicità. Sapevano benissimo che Dio non li estraniava dal loro vivere quotidiano, ma, anzi, era proprio nella realtà di ogni giorno che veniva loro incontro. Leggendo la semplicità del Vangelo, credo di aver imparato a diffidare da tutti coloro che lo hanno fatto diventare una spiritualità che allontana l’uomo dalla sua realtà. Dio non ha voluto estrarre l’uomo dai suoi problemi, anzi, Lui ci si è incarnato dentro.

 

 

 

LUNEDI’ 24 FEBBRAIO 1992

 

“Il suo volto somigliava al sole”. (Ap. 1,16)

Un uomo, venuto di lontano a visitare una grande città, notò con dolore che i volti dei suoi abitanti erano grigi e i loro occhi senza luce. Alcuni uomini lo avvicinarono, attratti dalla luminosità del suo sguardo e dal suo aspetto rubizzo.

— Di dove vieni, straniero? — gli chiesero.

Vengo dal deserto di Dio — rispose l’uomo.

E che cosa è mai? lo interrogarono.

— E’ un luogo in cui si. prega, si ringrazia e si adora Dio.

Gli uomini divennero di colpo ancora più grigi nel volto e nello sguardo.

Dio, noi l’abbiamo abbandonato disse uno di loro. Ci era di peso, di fatica e d’ingombro.

Forse è per questo che i vostri vol­ti hanno perso ogni luce osservò l’uomo. Poi azzardò: Vogliamo provare a richiamarlo?

Ma è difficilissimo! esclamarono in coro gli uomini. — Figurarsi se si ricorda di noi...

Al contrario — rispose l’uomo del deserto di Dio. — Non aspetta che questo. Sulle mura della città l’uomo pronunciò una preghiera, e gli altri si unirono a lui. Fu allora che un raggio di sole spazzò via un po’ di grigiore dai loro visi e la nebbia dai loro occhi.

Che meraviglia! esclamarono guardandosi gli uni gli altri. Andiamo a far pregare tutta la città! Ma l’uomo del deserto li fermo:

Non è così facile come pensate. Voi siete venuti da me perché, vedendomi, avete ricordato l’aspetto che avevate prima. Ma gli altri? E’ necessario che i vostri volti emanino una tale luce che colpisca anche i più indifferenti. Per questo è necessario che veniate con me nel deserto di Dio. Gli uomini lo seguirono e per parecchi anni, vivendo in semplicità nella mano di Dio, Lo pregarono, ringraziarono e adorarono. Quando ritornarono in città, i loro occhi erano splendenti come gemme, e il loro viso luminoso come brace. Non avevano bisogno di parlare, non avevano bisogno di spiegare, non avevano bisogno di discutere, perché gli uomini s’interessassero a loro. Era sufficiente che mostrassero il loro volto.

 

 

 

MARTEDI’ 25 FEBBRAIO 1992

 

“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. (Gv. 6,35)

La mancanza di appetito è sempre un segno preoccupante per la salute fisica o morale di una persona. L’uomo nasce affamato: ha fame di sua madre, del latte che essa gli offre, di conoscenza, dell’affetto delle persone che lo circondano... Ha bisogno di essere amato e di amare. Va incontro alla vita portando con sé tutte queste fami. Gesù si presenta come il Pane della vita: non il pane che soddisfa una delle tante fami dell’uomo, ma che viene a dare una risposta totale e definitiva a tutte le fami dell’uomo. E’ Lui che dobbiamo cercare se vogliamo davvero saziarci.

 

 

 

MERCOLEDI’ 26 FEBBRAIO 1992

 

“I miseri e i poveri cercano acqua, ma non ce n’è” (Is. 41,17)

Bisogna fare attenzione ad un errore che certa predicazione spiritualistica qualche volta ci porta a fare: la povertà in se stessa non è una cosa bella. Gesù ha scelto la povertà per essere vicino ai poveri; ci invita a spogliarci delle nostre cose ma per essere più disponibili al Regno di Dio; ci invita a condividere le nostre cose per aiutare gli altri. Non corriamo il rischio di pensare o dire degli spropositi come quella ricca e impellicciata signora della S. Vincenzo che diceva ad una povera madre, vedova con quattro figli: “Beata lei, signora, che è povera, lei sì che è benedetta da Dio”. La povertà può essere una condizione che può avvicinarci a Dio, ma può anche essere motivo di allontanamento da Lui e dal bene. Solo la povertà scelta, vissuta con amore può avvicinarci alla ricchezza di Dio.

 

 

 

GIOVEDI’ 27 FEBBRAIO 1992

 

“I tuoi giudizi sono difficili da spiegare”. (Sap. 17,1)

L’uomo da solo non riesce a capire i piani di Dio. Solo una fede totale ci apre alla sua Sapienza divina. Ecco un “difficile” ma significativo racconto musulmano:

Un giorno Allah comandò ad un suo angelo: — Scendi sulla terra e porta in paradiso quella povera vedova, madre di quattro bambini! L’angelo partì. Trovò la donna che allattava il suo bambino più piccolo. Restette dubbioso, guardando Allah, quasi per pregarlo di ritirare l’ordine. Ma Allah tacque. L’angelo allora portò la povera vedova in cielo e lasciò quattro bambini in pianto sulla terra. Come godere il paradiso con quella tristezza nel cuore? Vedendolo triste, Allah fece chiamare l’angelo, lo condusse in una scogliera deserta, gli mostrò un masso enorme e gli intimò: — Spezzalo! L’angelo ubbidì. Nel cuore del grande macigno c’era un piccolo verme vivo! Allora esclamo: — O Altissimo Signore, che mistero grande è la tua creazione! Se la tua somma sapienza e il tuo infinito amore non dimenticano un verme in un sasso, certo avrai cura dei quattro piccoli orfani, che sono anche tuoi figli!

 

 

 

VENERDI’ 28 FEBBRAIO 1992

 

“Donna, ecco tuo figlio (Gv. 19,26)

Mi sono soffermato sovente a osservare un bimbo che cammina, mano nella mano, accanto alla mamma, o mentre, cullato tra le sue braccia, la guarda con i suoi occhioni innocenti, accarezzandole il volto con le sue manine vellutate. Solo accanto a lei si sente protetto, sicuro da ogni pericolo, da ogni minaccia. Mamma è certamente la più grande invenzione di Dio. Lo stesso suo Figlio divino volle nascere da una donna, trascorrendo ben trent’anni della vita accanto a lei, con la gioia di chiamarla mamma. E’ il primo nome che affiora sulle labbra del bimbo che si schiude alla vita, l’ultimo che forse pronunceremo prima di chiudere gli occhi alla luce del tempo per spalancarli a quella dell’eternità. Dio, conoscendo questo insopprimibile bisogno del cuore umano, oltre la mamma terrena, da cui un giorno le circostanze della vita e la triste realtà della morte, ci avrebbero separati per sempre, volle darci una madre che vivesse sempre accanto a noi e, mano nella mano, ci accompagnasse nel difficile cammino terreno, proteggendoci dai tanti pericoli che ci minacciano. Da quel momento Maria cominciò ad amare ciascuno di noi con lo stesso amore con cui ha amato il Figlio divino, perché ha compreso e provato a quale prezzo egli ci riscattava dal peccato, rendendoci figli del Padre e fratelli suoi. in quel momento Maria è diventata realmente nostra madre! Con una simile mamma accanto, ora possiamo camminare sereni e sicuri, come ogni bimbo vicino alla propria mamma.

 

 

 

SABATO 29 FEBBRAIO 1992

 

“Loderò il Signore con tutto il cuore e annunzierò  tutte  le sue meraviglie”. (Sal 9,2)

E’ incredibile quanta gente, alzandosi al mattino, inforca subito un paio di occhiali affumicati: pare ci provi un gusto matto a veder tutto oscuro, anche quando splende il sole. Somigliano a quella persona che piangeva quando era brutto tempo e piangeva anche quando faceva bel tempo perché sicura che dopo le belle giornate sarebbero arrivate quelle cattive. Conosco persone che godono un mondo a parlare di cose tristi: delitti, disgrazie, tradimenti... Forse anche la radio, i giornali, la televisione ci hanno abituati ad ascoltare ogni giorno racconti di violenze, rapine, sequestri di persona, guerre fratricide per cui ci lamentiamo in continuazione del governo, della società, della natura, dei parenti, degli amici, persino di Dio, come se la nostra vita fosse condannata a subire solo disgrazie. Proviamo a mettere, fin dal mattino, occhiali trasparenti, per contemplare la luminosità del giorno che nasce, il. sorgere del sole in un tripudio di luce, la bellezza di un fiore, il sorriso di un bimbo, lo sguardo radioso di due innamorati... Tutto il creato, e ogni uomo in particolare, è un capolavoro, un dono di amore di Dio.

 

     
     
 

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