UNA
PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI
QUOTIDIANE SULLA
PAROLA
DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
FEBBRAIO
1992
“ SEMPLICITA’ ”
SABATO
1 FEBBRAIO 1992
Come
mai Gesù ha preso a modello di accoglienza del Regno proprio un bambino? Il
bambino è innanzitutto speranza di vita; poi è necessità di tutto; poi ancora
è semplicità non ancor troppo contaminata. Il Regno può accoglierlo solo chi
ha speranza nel futuro, chi, non legato troppo alle cose del presente, non è
pessimista, chi si apre con semplicità e meraviglia al dono della vita, chi sa
di non avere in sé forze sufficienti ma contemporaneamente si fida dell’amore
degli altri. Oh, non è che i bambini siano perfetti! Sono naturalmente
egocentrici, qualche volta dispettosi, qualche volta anche cattivelli e ombrosi,
ma che cosa c e di più semplice e di più profondo dello sguardo di un bimbo?
Il bimbo non conosce teologia, ma ha un enorme bisogno di essere amato. Gesù è
venuto proprio per questo: per amarci immensamente.
DOMENICA 2 FEBBRAIO 1992
“Non
c e amore più grande che dare la vita per i propri amici”. (Gv. 15,13)
Lo
spaventoso terremoto in Armenia (1989) ha causato lutti e pianto. L’Unione
Sovietica, così duramente colpita, ebbe però l’occasione di sperimentare il
conforto e la solidarietà di tutto il mondo. Tra i soccorritori non mancarono
Madre Teresa di Calcutta e le sue suore. Particolarmente commovente è stato
l’incontro con una donna superstite, rimasta sepolta viva con il suo bimbo per
oltre diciotto giorni. Quella madre armena era ormai in fin di vita perché
durante quella lunga e terribile prigionia, nell’ultima settimana, si era
tagliata un dito ogni giorno per darlo da succhiare alla sua creatura. Il suo
sangue donato diventava vita per il proprio figlio. Quando Madre Teresa si
avvicinò per darle un bacio, quella eroica donna toccò il Crocifisso, che le
Missionarie della carità portano sulla spalla sinistra, e con un filo di voce
disse: “Me lo ha insegnato Lui!”.
LUNEDI’
3 FEBBRAIO 1992
“Ti
rendo lode, o Padre, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le
hai rivelate ai piccoli”. (Lc.
10,21)
Il
curato d’Ars era solito raccontare questo fatto che gli era capitato nei primi
anni che era in parrocchia. C’era un uomo che non passava mai davanti alla
chiesa senza entrarvi un momento. La mattina, quando andava al lavoro, la sera,
quando ritornava, lasciava alla porta il badile e la zappa e rimaneva a lungo in
adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Gli chiesi una volta che cosa
dicesse al Signore nella lunga visita che gli faceva. Sapete che cosa mi
rispose? “Signor curato, io non gli dico niente. lo guardo e lui mi guarda”.
MARTEDI’
4 FEBBRAIO 1992
“Confida
nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza”. (Prov.
3,5)
L’intelligenza
è un dono di Dio e come talento regalatoci dal Signore va utilizzato. Ma tante
volte ci accorgiamo che la nostra scienza e intelligenza non sono sufficienti.
Non basta tutta la scienza e intelligenza per evitare la morte, non basta
conoscere tutto lo scibile su Dio per aver fede, si può essere mostri di
intelligenza e incapaci di amore: tante volte sa più vivere pienamente un
povero contadino analfabeta che uno scienziato. E’ per questo che la Bibbia
parla sovente di cuore, di fiducia, di abbandono, di sentimenti. L’uomo è
veramente tale quando partecipa alla vita e al mistero di Dio in armonia con se
stesso. Non basta dire credo in Dio perché ho le prove della sua esistenza”
se poi non mi abbandono nelle mani del Signore con fiducia e amore, nella
pienezza di me stesso.
MERCOLEDI’
5 FEBBRAIO 1992
“I
ragionamenti tortuosi allontanano da Dio”.
(Sap. 1,3)
Quante
parole, discussioni, ragionamenti su Dio: ci sarà, non ci sarà? Come sarà
fatto? Perché?
Un
saggio, vedendo i suoi discepoli discutere sull’esistenza di Dio, un giorno
pensa bene di recarsi da loro in sella al proprio asino. Si aggirava attorno
come se cercasse qualcosa. Gli chiesero preoccupati i discepoli: — Maestro,
dove stai andando? Rispose: — Sto andando in cerca del mio asino! Scoppiarono
tutti a ridere e fecero notare: Ma ciò è ridicolo: gli stai in sella! E Lui:
— Ancora più ridicoli siete voi: andate in cerca di Dio, quando è su di lui
che vivete! (A.
De Mello)
GIOVEDI’
6 FEBBRAIO 1992
“Teniamo
viva la nostra speranza” (Rom. 15,4)
Quante
volte davanti a certe situazioni difficili ci siamo chiesti “perché Dio non
si fa vedere?”.
Tre
bambini giapponesi, passeggiando in un bosco, scoprono un cuculo.
Il
primo dice:
—
Se non canta, lo ammazzo.
—
Non essere così brutale — replica il secondo —, io lo invito a cantare.
Interviene allora il più piccolo:
—
lo aspetterò semplicemente che canti!
Così
è per Dio! Non si può forzargli la mano. Si può solo attendere che la grazia
canti in noi, come il cuculo nel bosco giapponese. E desiderare che canti! (R.
Fr. Delissalde)
VENERDI’
7 FEBBRAIO 1992
“E
chi avrà dato anche un solo bicchier d’acqua a uno solo di questi piccoli,
perché è mio discepolo, in verità
vi dico: non perderà la sua ricompensa”. (Mt. 10,42)
Viveva
sola, in un appartamento piccolo piccolo. Una vita di sacrifici, rinunce,
sofferenze: prima per accudire la mamma ammalata, poi i fratelli che crescevano,
infine i nipoti...
—
La mia è stata una vita inutile: sempre a servizio di tutti. Non ho
neppure potuto crearmi una famiglia come tanto avrei desiderato. Vivo con la
pensione minima, non avendo potuto versare i contributi. Faccio ancora qualche
servizio, per non essere di peso ad alcuno. Prego e vado a consolare chi
soffre...
SABATO
8 FEBBRAIO 1992
“Un
po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta”. (1 Cor. 5,6)
“Datemi
un punto d’appoggio e solleverò il mondo”, diceva Archimede, grande
matematico e fisico di Siracusa. Uno sforzo minimo, può realizzare grandi cose.
E’ sufficiente premere un piccolo pulsante per inondare di luce una sala buia;
il tocco di una leva può sollevare tonnellate di peso; un semplice cambio di
marcia e il bolide s ‘avventa sulla pista a velocità vertiginosa... Spesso,
nella vita, basta tanto poco per cambiare una situazione, illuminare
un’esistenza immersa nel grigiore del quotidiano. Un fiore, una parola, un
sorriso possono ridar fiducia, coraggio a chi forse ha perso la gioia di vivere.
DOMENICA
9 FEBBRAIO 1992
“In
questo sta l’amore: Dio ha amato noi”. (1 Gv. 4,10)
“Ti
amo...” E’ la parola più piacevole e desiderabile che una persona possa
ascoltare. La sentiamo ripetere tante volte, ma il più delle volte ad essa non
corrisponde alcuna realtà. Uno solo l’ha detta e vissuta con assoluta
sincerità e totale dedizione: Dio.
LUNEDI’
10 FEBBRAIO 1992
“Il
Regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di
La
fede è un qualcosa di prezioso che va cercato con umiltà ma con perseveranza.
Ecco come un indiano, Swami Paramanda, poeticamente ci invita a questa ricerca.
La
perla di gran valore è nascosta profondamente. Come un pescatore di perle, o
anima mia, tuffati, tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù e cerca!
Forse non troverai nulla la prima volta. Come un pescatore di perle, o anima
mia, senza stancarti, persisti e persisti ancora, tuffati nel profondo, sempre
più giù, e cerca! Quelli che non sanno il segreto, si burleranno di te, e tu
ne sarai rattristato. Ma non perdere coraggio, pescatore di perle, o anima mia!
La perla di gran valore è proprio là nascosta, nascosta proprio in fondo. E’
la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro ed è essa che permetterà che
quello che era nascosto sia infine rivelato. Tuffati nel profondo, tuffati
ancora più giù, come un pescatore di perle, o anima mia. E cerca, cerca senza
stancarti!
MARTEDI’
11 FEBBRAIO 1992
“I
poveri li avrete sempre con voi”. (Mt. 26,11)
Gesù
non è contento della povertà in se stessa ma i poveri sono anche in mezzo a
noi per richiamarci alla nostra responsabilità verso loro.
—
Dio mio, come puoi permettere tutto ciò? Perché non aiuti questa bambina? Una
voce incorporea risuonò nella aria trasparente:
—
Ma io l’ho già aiutata. Ho creato te.
MERCOLEDI’
12 FEBBRAIO 1992
“Imprimetevi
nel cuore queste mie parole”. (Deut. 11,18)
Dio
invita il suo popolo e noi a far tesoro della sua Parola. Ma è significativo
che il Signore faccia riferimento al cuore e non alla mente, quasi a voler
sottolineare che non basta imparare a memoria, sapere la sua parola. La Parola
di Dio è una lettera d’amore, piena di vita che si rivolge non ad una mente
ma ad un cuore che sia capace di vibrare, di rispondere. Quando leggiamo la
Parola di Dio, la prima preoccupazione deve essere proprio quella di lasciarla
arrivare al cuore: “E’ Dio che mi parla. Che cosa vuole da me? Come gli
posso rispondere con la mia vita prima che con le mie parole?”.
GIOVEDI’
13 FEBBRAIO 1992
“Vanità
delle vanità, tutto è vanità. Quale utilità ricava l’uomo da tutto
l’affanno per cui fatica sotto il sole?”.
(Qo 1,1—2)
Uno
dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza. egli avverte difficoltà
di fronte alla paura, al rischio, alla mancanza di garanzie. E’ pronto ad
ingaggiare dure battaglie, fatiche estenuanti per assicurarsi tranquillità. E
allora spesso pensa di aver partita vinta accumulando denaro, realizzando
dominio. Scatta così il meccanismo del possesso con qualunque mezzo e così la
fame del potere oppone l’uomo all’uomo e diventa prigione che degrada ogni
realtà. Qoelet richiama alla riflessione: a che giova? Perché? li suo non è
un invito ad impigrirsi, ad abbandonare il lavoro, ad incrociare le braccia ma
ad avere una giusta misura in cui il fondamento è Dio che dà significato
all’uso delle cose. Dice ancora il. salmo 61: “Non confidate nella
violenza,, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non
attaccate il cuore”. La pace migliore arriva proprio quando c’è il completo
distacco da ogni avidità, la rinuncia al dominio delle cose.
VENERDI’
14 FEBBRAIO 1992
“Troverete
ristoro per le vostre anime”. (Mt. 11,29)
Una
bella preghiera di S. Agostino:
“Signore
Dio mio, dacci la pace; ci hai, infatti, arricchito di tutto! Dacci la pace e il
riposo, la pace del sabato, una pace senza tramonto. Tutta questa bellissima
serie di cose “molto buone”, adempiuto il suo ruolo, passerà: c’è stato
in esse un mattino e una sera. Il settimo giorno, però, non ha sera né
tramonto, perché tu l’hai santificato affinché rimanesse in eterno; così,
il fatto che tu, dopo compiute le tue opere molto buone, il settimo giorno
volesti riposare benché le avessi compiute senza fatica, è un annuncio che ci
viene dalla voce del tuo libro: anche noi, compiute le nostre opere, molto buone
perché tu ce lo consenti, riposeremo in te nel sabato della vita eterna.”
SABATO
15 FEBBRAIO 1992
“In
mezzo a voi sta uno che non conoscete”. (Gv. 1,26)
Nell’antichità
cristiana circolava questa leggenda.
Una
rete stesa a pochi metri dal suolo. Sotto ci sono centinaia di uccelli. Tentano
di alzarsi, ma vanno a sbattere inesorabilmente contro la rete. E crollano a
terra, ammaccati. Ormai si sono rassegnati tutti. Rimarranno in quella prigione.
Non c’è scampo. A un tratto uno di loro, pesto, sanguinante, si stacca dal
mucchio e si slancia contro la rete, caparbiamente. Una, due, tre volte.
Finalmente riesce a strapparla in un punto. Quindi si dirige, ferito, verso
l’azzurro del cielo. D’incanto, c’è un gran sbattere d’ali. Tutti gli
altri passano attraverso la breccia insperata... La parabola veniva applicata a
Cristo, che ha rotto la rete che teneva imprigionati gli uomini nel male.
Tuttavia penso possa indicare un compito che ciascuno di noi può svolgere.
DOMENICA
16 FEBBRAIO 1992
“Se
il Signore è con me non ho timore”. (Sal. 118,6)
Un
giorno vidi arrivare da me un giovane: lo conoscevo da tempo; veniva in cerca di
quattrini; viveva da sbandato, si drogava. Ma queI giorno vidi il terrore nei
suoi occhi; mi disse subito:
LUNEDI’
17 FEBBRAIO 1992
“Io
lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv. 6,54)
Se
venisse uno a domandarci:
—
Dimmi, cosa desideri di più nella vita? lo ho il potere di fartelo avere.
—
Vivere ancora cinquanta, cento anni...
—
Domanda pure, senza timore, tutto quello che vuoi.
—
Avere accanto a me i miei cari, possedere una bella casa, avere tante ricchezze,
essere esente da ogni male e dolore...
—
Su, su, non aver paura di chiedere...
—
Essere bello, rimanere eternamente giovane, viaggiare, godere...
Già,
sarebbe bello, realizzare il sogno di Faust; peccato che sia soltanto una
favola!
Invece
no: è una stupenda realtà, perché è venuto uno nel mondo che ha vinto per
noi la morte e ha assicurato: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in
me, anche se morto vivrà, e chi vive e crede in me, non morirà in eterno”
(Gv 11,25).
MARTEDI’
18 FEBBRAIO 1992
“Che
cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te
ne vanti come se non l’avessi
ricevuto?”. (1 Cor. 4,7)
La
vita, l’aria che respiri, la luce che ti illumina, l’intelligenza, la libertà,
sono doni di Dio; l’esistenza stessa è un dono di amore dei tuoi genitori
uniti all’amore creativo di Dio. Quante persone hanno lavorato per formare
durante tanti anni la tua personalità. Il pane che mangi, il vestito che indossi,
le scarpe che calzi, la macchina che usi, sono il frutto della fatica di tante
persone, forse inchiodate per lunghe ore a una catena di montaggio, per dare a
te benessere. La parola che dovrebbe continuamente fiorire sulle nostre labbra e
grazie!”. Grazie, uomini di tutto il mondo che mi aiutate a vivere, a
realizzarmi. Quello che riceviamo ci rende automaticamente debitori. Verso Dio,
anzitutto, del quale saremo sempre insolvibili. Purtroppo oggi la gratitudine
fiorisce sempre meno nel giardino degli uomini. Si parla molto di diritti, di ciò
che ci spetta, che ci è dovuto, ma assai poco dei doveri, dimenticando che a
ogni diritto corrisponde un dovere. Tutti siamo chiamati a corrispondere,
secondo le nostre possibilità, al progresso e al benessere degli altri.
MERCOLEDI’
19 FEBBRAIO 1992
“Dicevano
a Gesti: Siamo forse ciechi anche noi?”. (Gv. 9,40)
Convertire
un pagano è relativamente facile: la luce, la verità, l’amore, trovano
sempre uno spiraglio per fare breccia nel cuore dell’uomo. Convertire un
cristiano è difficile. Chi è persuaso di sapere, di praticare, di
essere a posto con la propria coscienza, non si lascia convincere facilmente da
chi vorrebbe fargli comprendere come non tutte le sue idee, i suoi
comportamenti, sono in linea con la dottrina e la morale di Cristo. Convertire
un cattolico impegnato è quasi impossibile. Per questo attualmente gran parte
del clero si sforza di convertire i così detti “praticanti” e questi a loro
volta si danno da fare per convertire i preti alle loro idee, con risultati
molto scarsi da ambo le parti. Si sa: “Non c’é peggior cieco di chi non
vuoi vedere, né peggior sordo di chi non vuoi ascoltare. Penso che la strada
migliore sarebbe quella di provare a convertire noi stessi, l’unico tentativo
di sicuro successo, se ci impegniamo sul serio.
GIOVEDI’
20 FEBBRAIO 1992
“Il
Signore pensa a me, povero e misero”.
(Sal . 40,18)
“Reverendo,
ragioniamo: l’universo è immenso, solo sulla terra ci sono più di 5 miliardi
di uomini... figuriamoci se Dio va a pensare proprio a me!... con tutto quello
che avrà da fare... Innanzitutto, se credo in un Dio creatore e onnipotente non
posso io impedirgli di manifestare la sua onnipotenza pensando a tutti e a
ciascuno. Ma perché Dio pensa proprio a me? Sono suo figlio! Sono creato a sua
immagine e somiglianza. Gesù ha versato il suo sangue anche per me. “Ma io
sono un peccatore!” proprio per questo Dio mi è ancora più vicino e non mi
abbandona. Gesù è venuto non per coloro che si ritengono giusti ma per i
peccatori. Dio pensa a me non per fare l’elenco dei miei peccati ma per
offrirmi la possibilità della salvezza.
VENERDI’
21 FEBBRAIO 1992
“Siamo
predestinati ad essere figli adottivi del Padre per opera di Gesù Cristo”. (Ef.
1,5)
Si
racconta di un vecchio artista italiano che aveva perso in parte la sua capacità.
Una sera era seduto scoraggiato davanti a un quadro che aveva appena terminato.
Si rendeva conto che aveva perduto in parte il suo tocco. La tela non sprizzava
di vita come un tempo, ed egli se ne andò tristemente a dormire. In seguito il
figlio, artista anche lui, esaminò l’opera del padre, e anch’egli ne notò
la manchevolezza. Prendendo la tavolozza, lavorò fino a notte fonda,
aggiungendo un piccolo tocco qui, una macchia lì, un po’ di colore da un
lato, e un’ombra dall’altro. Egli lavorò finché il dipinto non soddisfece
quello che suo padre aveva immaginato. Venne il mattino, e quando il padre entrò
nello studio, fu pienamente felice di fronte alla tela perfetta ed esclamò:
“Ho lavorato meglio di quanto credessi Noi spesso siamo scontenti della nostra
vita, del nostro modo di vivere la fede. Ma Gesù opera in noi. E il Padre al
termine della vita non guarderà tanto alle nostre opere, quanto a ciò che è
stato compiuto da Gesù e vedrà il quadro ormai portato a termine.
SABATO
22 FEBBRAIO 1992
“Vi
ho dato l’esempio perché quello che ho fatto io lo facciate anche voi”.
(Gv. 13,15)
Molti
sono persuasi di amare il prossimo, ma non è sufficiente dirlo e neppure
sentirlo, occorre viverlo, condividere la gioia, le preoccupazioni, il dolore di
chi ci sta accanto. Finché non riuscirò a godere con chi gode, a soffrire con
chi soffre, non posso illudermi di amare veramente. Ogni uomo deve sentirsi
unito, solidale con gli altri, come un membro è strettamente unito al suo
corpo. La mano, il piede, l’occhio, vivono se collegati alle altre membra,
dalle quali ricevono aiuto e vita: tutti per uno, ognuno per tutti. Staccati non
potrebbero esistere e il corpo rimarrebbe mutilato. Nessun uomo può vivere da
solo o per se stesso, ma si realizza con l’aiuto di tutti, a servizio di
tutti. Ogni uomo è utile, anzi necessario, dal momento che Dio lo ha creato.
E’ come una goccia d’acqua nel mare, ma il mare è fatto di tante
gocce d’acqua, ognuna delle quali arricchisce tutte le altre. Condividere vuol
dire lasciarsi coinvolgere, immedesimarsi nei problemi altrui. Cristo,
l’Uomo—Dio, l’essere perfettamente libero, ha volontariamente accettato di
condividere in tutto l’esperienza umana, eccetto il peccato: dalla povertà di
Betlemme alla nudità della Croce, per liberarci dal peccato e dalla morte e
vivere sempre accanto a noi durante il pellegrinaggio terreno e renderci così
degni di partecipare alla sua vita immortale. Il
cristiano deve essere sempre e ovunque, un testimonio capace di far rivivere
Cristo nel modo di pensare, parlare, agire, operare. Una vocazione che esige da
tutti uno stato permanente di conversione!
DOMENICA
23 FEBBRAIO 1992
“Ogni
giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa
prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore”. (At 2,46)
A
sentire certi preti, certi teologi sembra che per essere cristiani bisogna
essere sempre terribilmente seri, impegnati, sempre pronti a macinare idee una
sull’altra. I primi cristiani non si comportavano così. Avevano fede in Gesù,
nella sua parola e questa fede dava loro la forza della testimonianza fino al
martirio, ma vivevano la loro realtà con semplicità. Sapevano benissimo che
Dio non li estraniava dal loro vivere quotidiano, ma, anzi, era proprio nella
realtà di ogni giorno che veniva loro incontro. Leggendo la semplicità del
Vangelo, credo di aver imparato a diffidare da tutti coloro che lo hanno fatto
diventare una spiritualità che allontana l’uomo dalla sua realtà. Dio non ha
voluto estrarre l’uomo dai suoi problemi, anzi, Lui ci si è incarnato dentro.
LUNEDI’
24 FEBBRAIO 1992
“Il
suo volto somigliava al sole”. (Ap. 1,16)
Un
uomo, venuto di lontano a visitare una grande città, notò con dolore che i
volti dei suoi abitanti erano grigi e i loro occhi senza luce. Alcuni uomini lo
avvicinarono, attratti dalla luminosità del suo sguardo e dal suo aspetto
rubizzo.
—
Di dove vieni, straniero? — gli chiesero.
—
Vengo
dal deserto di Dio — rispose l’uomo.
—
E
che cosa è mai? — lo interrogarono.
—
E’ un luogo in cui si. prega, si ringrazia e si adora Dio.
Gli
uomini divennero di colpo ancora più grigi nel volto e nello sguardo.
—
Dio,
noi l’abbiamo abbandonato —disse uno di loro. — Ci era di
peso, di fatica e d’ingombro.
—
Forse
è per questo che i vostri volti hanno perso ogni luce — osservò
l’uomo. Poi azzardò: — Vogliamo provare a richiamarlo?
—
Ma
è difficilissimo! — esclamarono in coro gli uomini. — Figurarsi se
si ricorda di noi...
—
Al
contrario — rispose l’uomo del deserto di Dio. — Non aspetta che questo.
Sulle mura della città l’uomo pronunciò una preghiera, e gli altri si
unirono a lui. Fu allora che un raggio di sole spazzò via un po’ di grigiore
dai loro visi e la nebbia dai loro occhi.
—
Che
meraviglia! — esclamarono guardandosi gli uni gli altri. — Andiamo
a far pregare tutta la città! Ma l’uomo del deserto li fermo:
—
Non
è così facile come pensate. Voi siete venuti da me perché, vedendomi, avete
ricordato l’aspetto che avevate prima. Ma gli altri? E’ necessario che i
vostri volti emanino una tale luce che colpisca anche i più indifferenti. Per
questo è necessario che veniate con me nel deserto di Dio. Gli uomini lo
seguirono e per parecchi anni, vivendo in semplicità nella mano di Dio, Lo
pregarono, ringraziarono e adorarono. Quando ritornarono in città, i loro occhi
erano splendenti come gemme, e il loro viso luminoso come brace. Non avevano
bisogno di parlare, non avevano bisogno di spiegare, non avevano bisogno di
discutere, perché gli uomini s’interessassero a loro. Era sufficiente che
mostrassero il loro volto.
MARTEDI’
25 FEBBRAIO 1992
“Io
sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me
non avrà più sete”. (Gv. 6,35)
La
mancanza di appetito è sempre un segno preoccupante per la salute fisica o
morale di una persona. L’uomo nasce affamato: ha fame di sua madre, del latte
che essa gli offre, di conoscenza, dell’affetto delle persone che lo
circondano... Ha bisogno di essere amato e di amare. Va incontro alla vita
portando con sé tutte queste fami. Gesù si presenta come il Pane della vita:
non il pane che soddisfa una delle tante fami dell’uomo, ma che viene a dare
una risposta totale e definitiva a tutte le fami dell’uomo. E’ Lui che
dobbiamo cercare se vogliamo davvero saziarci.
MERCOLEDI’
26 FEBBRAIO 1992
“I
miseri e i poveri cercano acqua, ma non ce n’è” (Is. 41,17)
Bisogna
fare attenzione ad un errore che certa predicazione spiritualistica qualche
volta ci porta a fare: la povertà in se stessa non è una cosa bella. Gesù ha
scelto la povertà per essere vicino ai poveri; ci invita a spogliarci delle
nostre cose ma per essere più disponibili al Regno di Dio; ci invita a
condividere le nostre cose per aiutare gli altri. Non corriamo il rischio di
pensare o dire degli spropositi come quella ricca e impellicciata signora della
S. Vincenzo che diceva ad una povera madre, vedova con quattro figli: “Beata
lei, signora, che è povera, lei sì che è benedetta da Dio”. La povertà può
essere una condizione che può avvicinarci a Dio, ma può anche essere motivo di
allontanamento da Lui e dal bene. Solo la povertà scelta, vissuta con amore può
avvicinarci alla ricchezza di Dio.
GIOVEDI’
27 FEBBRAIO 1992
“I
tuoi giudizi sono difficili da spiegare”. (Sap. 17,1)
L’uomo
da solo non riesce a capire i piani di Dio. Solo una fede totale ci apre alla
sua Sapienza divina. Ecco un “difficile” ma significativo racconto
musulmano:
Un
giorno Allah comandò ad un suo angelo: — Scendi sulla terra e porta in
paradiso quella povera vedova, madre di quattro bambini! L’angelo partì. Trovò
la donna che allattava il suo bambino più piccolo. Restette dubbioso, guardando
Allah, quasi per pregarlo di ritirare l’ordine. Ma Allah tacque. L’angelo
allora portò la povera vedova in cielo e lasciò quattro bambini in pianto
sulla terra. Come godere il paradiso con quella tristezza nel cuore? Vedendolo
triste, Allah fece chiamare l’angelo, lo condusse in una scogliera deserta,
gli mostrò un masso enorme e gli intimò: — Spezzalo! L’angelo ubbidì. Nel
cuore del grande macigno c’era un piccolo verme vivo! Allora esclamo: — O
Altissimo Signore, che mistero grande è la tua creazione! Se la tua somma
sapienza e il tuo infinito amore non dimenticano un verme in un sasso, certo
avrai cura dei quattro piccoli orfani, che sono anche tuoi figli!
VENERDI’
28 FEBBRAIO 1992
“Donna,
ecco tuo figlio (Gv. 19,26)
Mi
sono soffermato sovente a osservare un bimbo che cammina, mano nella mano,
accanto alla mamma, o mentre, cullato tra le sue braccia, la guarda con i suoi
occhioni innocenti, accarezzandole il volto con le sue manine vellutate. Solo
accanto a lei si sente protetto, sicuro da ogni pericolo, da ogni minaccia.
Mamma è certamente la più grande invenzione di Dio. Lo stesso suo Figlio
divino volle nascere da una donna, trascorrendo ben trent’anni della vita
accanto a lei, con la gioia di chiamarla mamma. E’ il primo nome che affiora
sulle labbra del bimbo che si schiude alla vita, l’ultimo che forse
pronunceremo prima di chiudere gli occhi alla luce del tempo per spalancarli a
quella dell’eternità. Dio, conoscendo questo insopprimibile bisogno del cuore
umano, oltre la mamma terrena, da cui un giorno le circostanze della vita e la
triste realtà della morte, ci avrebbero separati per sempre, volle darci una
madre che vivesse sempre accanto a noi e, mano nella mano, ci accompagnasse nel
difficile cammino terreno, proteggendoci dai tanti pericoli che ci minacciano.
Da quel momento Maria cominciò ad amare ciascuno di noi con lo stesso amore con
cui ha amato il Figlio divino, perché ha compreso e provato a quale prezzo egli
ci riscattava dal peccato, rendendoci figli del Padre e fratelli suoi. in quel
momento Maria è diventata realmente nostra madre! Con una simile mamma accanto,
ora possiamo camminare sereni e sicuri, come ogni bimbo vicino alla propria
mamma.
SABATO
29 FEBBRAIO 1992
“Loderò
il Signore con tutto il cuore e annunzierò
tutte le sue meraviglie”. (Sal
9,2)
E’
incredibile quanta gente, alzandosi al mattino, inforca subito un paio di
occhiali affumicati: pare ci provi un gusto matto a veder tutto oscuro, anche
quando splende il sole. Somigliano a quella persona che piangeva quando era
brutto tempo e piangeva anche quando faceva bel tempo perché sicura che dopo le
belle giornate sarebbero arrivate quelle cattive. Conosco persone che godono un
mondo a parlare di cose tristi: delitti, disgrazie, tradimenti... Forse anche la
radio, i giornali, la televisione ci hanno abituati ad ascoltare ogni giorno
racconti di violenze, rapine, sequestri di persona, guerre fratricide per cui ci
lamentiamo in continuazione del governo, della società, della natura, dei
parenti, degli amici, persino di Dio, come se la nostra vita fosse condannata a
subire solo disgrazie. Proviamo a mettere, fin dal mattino, occhiali
trasparenti, per contemplare la luminosità del giorno che nasce, il. sorgere
del sole in un tripudio di luce, la bellezza di un fiore, il sorriso di un
bimbo, lo sguardo radioso di due innamorati... Tutto il creato, e ogni uomo in
particolare, è un capolavoro, un dono di amore di Dio.
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