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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GENNAIO 1992

 

 

Carissimi amici,  

Con questo numero della “Parola al Giorno” comincia il quinto anno di questo libretto, che con umiltà vuol cercare di renderci amici della Parola di Dio cercando di tradurre un piccolo seme ogni giorno della nostra vita. So che molti hanno trovato utile questo libretto e che per molte persone, specialmente malati e soli, è un piccolo buon compagno di cammino. Ringraziamo il Signore anche di questo. Avendo già più volte commentato i brani presi dalla liturgia di ogni giorno, ho pensato, quest’anno, di cercare di dedicare ogni mese ad un tema. E che cosa c’è di più bello cominciare dalla gioia? Da quella gioia che all’inizio dell’anno auguro a ciascuno di voi.   d. Franco

 

 

“GIOIA”

 

  MERCOLEDI’ 1 GENNAIO 1992

 

“Il Signore rivolga il suo volto su di te e ti conceda la pace”. (Num. 6,26)

Quale più bell’augurio di inizio d’anno che quello della Parola di oggi? Un volto amico che ti guarda, ti sorride, ti apre i suoi segreti è una gran gioia! Ma sapere che lo sguardo paterno di Dio è su di te è un conforto ancora più grande. Il suo sguardo non è su di te per scrutare i tuoi peccati, non è neppure lo sguardo del padrone interessato solo al buon rendimento del tuo lavoro; e uno sguardo pieno di affetto, incoraggiante, rassicurante di un Padre che si china sul figlio e gli dà un bacio di pace. Fa, Signore, che in questo anno spesso i miei occhi, sempre troppo bassi, possano alzarsi e, incontrando il “tuo sguardo di Padre benigno”, riposare in te, trovando la gioia di essere amati.

 

 

 

GIOVEDI’ 2 GENNAIO 1992

 

“Ad ogni giorno la sua pena”. (Mt. 6,34)

La gioia è soprattutto un qualcosa di interiore.

Aver gioia non significa non aver prove, essere esteriormente tranquilli ma aver trovato dentro di sé i motivi di semplicità, di fiducia, di serenità che permettono giorno per giorno di dar senso alla vita. Ricordo di aver trovato in ospedale un uomo già anziano con le due braccia ingessate e una gamba in tensione. Eppure quest’uomo era sempre allegro e scherzoso. Gli chiesi: “Quanto tempo pensa di dover rimanere così immobilizzato?” “Soltanto un giorno per volta” — rispose con semplicità.

 

 

 

VENERDI’ 3 GENNAIO 1992

 

“Siate ricolmi di gioia anche se dovete essere un po’ afflitti”. (1Pt. 1,6)

Racconta Blakhall, un uomo cieco:

Vent’anni fa, quando ero ancora nuovo alla condizione di cieco, la mia figlia più piccola, che allora aveva undici anni, mi fornì una dose di coraggio sufficiente per tutta la vita. “Papà”, mi chiese un sabato mattina, “mi faresti un telescopio?” Come richiesta era un po’ eccessiva, ed io risposi dondolandomi sui talloni che non avevo le lenti adatte. “Ma”, aggiunsi con molta imprudenza, “se vai al villaggio e compri un paio di specchietti, ti faccio un periscopio”. Andò e tornò prima che potessi cambiare idea, mi procurò cartone e nastro adesivo e in meno di mezz’ora il periscopio era bell’e pronto. Pochi minuti dopo sentii mia figlia che, nella stanza accanto, faceva vedere il nuovo giocattolo a un compagno. “Lo ha fatto il mio papà”, disse come per caso. “Il tuo papà?” le fece eco incredulo il ragazzo, ed io aspettai con il fiato sospeso ciò che avrebbe risposto la mia bambina. “Lo ha fatto lui”, ripeté mia figlia, e aggiunse poi le parole che rimisero di nuovo ordine nel mio universo: “Le sue mani non sono cieche”.

 

 

 

SABATO 4 GENNAIO 1992

 

“La tua carità è stata per me motivo di gioia”. (Filemone 7)

Un giorno un contadino si presentò alla porta di un convento con in mano un magnifico grappolo d’uva. Quando il frate portinaio aprì la porta, il contadino, sorridendo, gli disse:

— Tieni, ti voglio regalare il grappolo più bello della mia vigna.

— A me? — Il frate arrossì tutto per la gioia di quel dono. — Lo vuoi regalare proprio a me?

— Certo, perché mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai sempre aiutato quando te lo chiedevo.

E la gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del fraticello illuminava un po’ anche lui.

Il frate portinaio mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò per tutta la mattina. Ad un certo punto però gli venne un’idea: perché non portare il grappolo d’uva all’abate, per dare un po’ di gioia anche a lui? Prese così il grappolo e lo portò all’abate, il quale ne fu sinceramente felice. Ma si ricordò che c’era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò:

— Porterò a lui il grappolo, così si sentirà un po’ sollevato.

Così il grappolo d’uva emigrò di nuovo. Ma non rimase a lungo nemmeno nella cella del frate ammalato. Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia del frate cuoco, che passava la giornata a sudare sui fornelli, e glielo mandò. Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano, questi lo portò al frate più giovane del convento, che pensò bene di darlo a un altro. Finché, di frate in frate, il grappolo d’uva tornò al frate portinaio...

La gioia che gli portò fu molto più grande di quella che aveva provato ricevendolo per la prima volta.

 

 

 

DOMENICA 5 GENNAIO 1992

 

“L’anima mia magnifica il Signore”. (Lc. 1,46)

Se Maria avesse guardato la sua vita solo con occhi umani avrebbe potuto avere la gioia che manifesta nel suo canto di lode? Era una ragazza da sposare e si trova incinta; deve fidarsi delle parole di una visione; non sa bene quale sarà la sorte sua e di questo misterioso Figlio... Tanti motivi per essere nell’angoscia, nel turbamento, e invece ecco la lode e la gioia! Maria è contenta perché si fida di Dio, si e abbandonata in Lui, sa che Lui la accompagnerà nelle difficoltà inevitabili della sua missione, sa che Lui è fedele e fa “cose grandi” Se noi fossimo persone con un po’ più di fede, quanta tristezza in meno, quante preoccupazioni non ci abbatterebbero, quanta pace in più, quanta lode, quanta positività riusciremmo a dare agli altri, In un momento di difficoltà non hai mai provato a ringraziare, invece che chiedere?

 

 

 

LUNEDI’ 6 GENNAIO 1992

 

“Al vedere la stella, provarono una grandissima gioia”. (Mt. 2,10)

Antiche leggende attribuiscono ai magi tre colori: uno è bianco, uno giallo e uno nero. Sono state attribuite tre età: uno giovane, uno adulto e uno anziano, perché portano tre doni differenti: oro, incenso e mirra. Queste leggende hanno lo scopo di ricordarci che uomini provenienti da culture diverse, con esperienze di vita differenti, e percorrendo sentieri diversi possono raggiungere lo stesso Salvatore. Gli itinerari degli uomini sono molteplici: alcuni sono diritti, altri tortuosi. Vari sono anche i modi di procedere: alcuni sono esitanti, altri decisi... E tuttavia, misteriosamente, la stessa stella li guida verso l’unico Amore che è loro proposto e che tutti desiderano. Scoprire la luce di questa stella, nonostante il nostro buio, è ciò che riempie il cuore di gioia.

 

 

 

MARTEDI’ 7 GENNAIO 1992

 

“Egli ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia per amore del suo nome”. (Sal 23,3)

In fondo non è tanto difficile trovare il modo di ristorarci quando siamo stanchi, accaldati e assetati: un bel sedile in un angolo ombreggiato vicino ad una cascatella fresca... Ma c’è un ristoro, quello a cui aneliamo di più, che non troveremo mai anche se andassimo a cercarlo nei luoghi più belli della terra: è il ristoro dell’anima. Perché esso ci viene dal perdono completo e definitivo che Dio solo ci può concedere. E’ la consapevolezza che i nostri peccati sono stati lavati dal sangue di Cristo e la nostra comunione con Dio ristabilita, che spegne l’arsura del nostro cuore e dà riposo al nostro spirito affaticato: Gesù dà riposo agli stanchi e agli oppressi che vanno da Lui, è una promessa: “Venite a me, voi tutti affaticati e oppressi e io vi ristorerò”.

 

 

 

MERCOLEDI’ 8 GENNAIO 1992

 

“Gesù se ne stava a poppa della barca e dormiva”. (Mt. 4,38)

Gli studiosi del Vangelo si sono sprecati nel tentativo di spiegare questo versetto in cui si dice che Gesù dormiva nel bel mezzo della tempesta che si era scatenata sul lago attorno a quella piccola barchetta: Gesù è stanco della sua giornata; Gesù vuol mettere alla prova la fede dei suoi; Dio che sembra dormire mentre noi siamo in mezzo alle prove... Provo ad aggiungere anch’io un’interpretazione: Gesù che dorme non potrebbe essere anche la figura del giusto che, in pace con sé e con Dio, riesce a dormire sereno, anche in mezzo alle tempeste, perché sa di potersi fidare di Dio, suo Padre? Quante apprensioni, paure, tentativi di progetti a volte ci “fanno perdere il sonno”? Non è forse perché fidandoci più di noi stessi che di Lui, proviamo angoscia e paura per le nostre incapacità? Diciamo di fidarci di Dio ma poi in pratica, alla prima ondata, al primo soffio di vento, eccoci titubanti e angosciati. Signore, donaci di saper dormire in pace perché sicuri che se la barca la guidi tu, al tuo porto certamente arriverà!

 

 

 

GIOVEDI’ 9 GENNAIO 1992

 

“Cerca la gioia nel Signore”. (Sal 37,4)

La nostra vita è spesso una ricerca spasmodica della gioia. Ma la cerchiamo nella direzione giusta? Una donna si recò alla fontana: un piccolo specchio tremolante, limpidissimo, tra gli alberi del bosco. Mentre immergeva l’anfora per attingere, scorse nell’acqua un grosso frutto roseo, così bello che sembrava dire: “Prendimi”! Allungò il braccio per coglierlo, ma quello sparì, e ricomparve soltanto quando la donna ritirò la mano dall’acqua. Così per due o tre volte. Allora la donna si mise a estrarre l’acqua per prosciugare la fontana. Lavorò a lungo, sempre tenendo d’occhio il frutto misterioso; ma quando ebbe estratto tutta l’acqua, s’accorse che il frutto non c’era più. Delusa per quell’incantesimo, stava per andarsene via, quando udì una voce tra gli alberi (era l’Uccellino Belvedere, quello che vede sempre tutto):“Perché cerchi in basso? Il frutto sta lassù... La donna alzò gli occhi e, appeso ad un ramo sopra la fontana, scorse il bellissimo frutto, di cui nell’acqua aveva visto soltanto il riflesso. (Fiaba africana)

 

 

 

VENERDI’ 10 GENNAIO 1992

 

“Hanno occhi, ma non vedono; hanno orecchie, ma non ascoltano”. (Sal 115,5)

La felicità è il fine dell’uomo. Non facciamo altro che cercarla: nel vino o nell’amore, nel totocalcio o nella lettura, nel lavoro o nel riposo. Le nostre fuggevoli gioie sono baleni della felicità inalterata che cerchiamo. Ma la cerchiamo male, la cerchiamo fuori di noi mentre è in noi. Trovata una gioia, non la gustiamo nel presente, ma la dimentichiamo già spinti verso l’avvenire. E’ come chi decide una gita in automobile per vedere dei bei posti: parte, corre attraverso il paesaggio, guardando solo la strada, arriva e si chiude in trattoria a pranzare; bevuto il caffè riprende l’automobile, filando verso casa a gran velocità. Ha attraversato i bei posti ch’era andato a cercare, senza neanche vederli, Il primo segreto della felicità è sapersi fermare.

 

 

 

SABATO 11 GENNAIO 1992

 

“Dio fa uscire i prigionieri con gioia” (Sal 68,7)

Allorché tutto sembra andare a rotoli. Non te ne va bene una. Ti capitano guai a catena. Ecco, è il momento“giusto” per cantare. Allorché sei vittima di sospetti, di accuse ingiuste. Ti trovi invischiato in qualche trama d’invidia. Sei il bersaglio di maldicenze. Ecco, è il momento “favorevole” per costruire la tua pace interiore. Allorché conosci il sapore amaro della delusione e dell’ingratitudine. Vai a cozzare contro un muro d’indifferenza. Ecco, è il momento “adatto” per offrire agli altri qualcosa di più, qualcosa di bello.

 

 

 

DOMENICA 12 GENNAIO 1992

 

“Accontentatevi di quello che avete”. (Eb. 13,5)

E’ un prezioso consiglio per aver gioia piena, quello che la Parola di oggi ci suggerisce. Noi qualche volta pensiamo che gioia sia avere qualcosa di lontano e di perfetto: si può essere felici in qualunque situazione. Il defunto romanziere Both Tarkington aveva sempre ritenuto di saper sopportare qualunque cosa la vita potesse infliggergli, eccetto una: la cecità. Poi, superati i sessant’anni, cominciò a perdere la vista. Quando le tenebre lo avvolsero, a Tarkington disse: Ho scoperto di poter sopportare la perdita della vista, così come si può sopportare qualsiasi altra cosa. Se perdessi tutti e cinque i sensi, so che saprei continuare a vivere nella mia mente, poiché è nella mente che vediamo e viviamo.

 

 

 

LUNEDI’ 13 GENNAIO 1992

 

“Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia”. (Gv. 16,22)

La gioia è sempre una possibilità. Bisogna cogliere le occasioni. Ecco il racconto di una esperienza, ma prova oggi a pensare se non avrai qualche occasione da cogliere pure tu.

Quattro anni erano trascorsi dalla morte di papà per un incidente d’auto e quella era l’ultima udienza del processo. Mentre il giudice leggeva la sentenza — sei mesi di reclusione con la condizionale — l’investitore, sua moglie e il padre apparivano molto depressi: si capiva che soffrivano molto. Uscimmo tutti dall’aula, ma io non me la sentivo di andarmene così (....). Insieme a mia sorella raggiunsi quelle persone e ci presentammo a loro. Notai un atteggiamento di difesa nei nostri confronti, ma mi affrettai a rassicurarli. “Se questo può alleggerirle l’animo, sappia che non nutriamo rancore nei suoi riguardi”, dissi all’investitore, e ci stringemmo la mano con forza. Mi era stato detto da qualcuno che bisogna saper cogliere l’occasione per ascoltare la voce di Dio dentro di noi. La felicità che provavo in quel momento certo mi veniva dall’aver saputo,, in quel frangente, “cogliere l’occasione ‘‘ per guardare al dolore dell’altro dimenticandomi.

 

 

 

MARTEDI’ 14 GENNAIO 1992

 

“La gioia del cuore è vita per l’uomo”. (Sir. 30,22)

Siamo fatti per la gioia. Dio lo sa, lo desidera con noi, per noi diventa quindi un dovere gustare e cercare le piccole gioie quotidiane. E’ indubbio che ognuno di noi dovrebbe dedicare un po’ di tempo a qualche piacere particolare — non fosse che per cinque minuti al giorno —, come andare alla ricerca di un bel fiore, una nuvola o una stella, come leggere una bella poesia o rallegrare la vita monotona di un altro. A che pro tutta quella spaventosa diligenza dedicata a compiti e doveri così noiosi, se poi rimandiamo sempre a più tardi lo scambio di un sorriso con la bontà e la gioia? L’unico modo per non far stagnare sulla nostra vita una coltre di polvere grigia è quello di ammettere la presenza fresca e eterna di queste piccole gioie, quando ci è ancora possibile farlo.

 

 

 

MERCOLEDI’ 15 GENNAIO 1992

 

“Figlio, per quanto possibile, trattati bene!”. (Sir. 14,1)

Viviamo nell’affanno, nella ricerca di un senso, vogliamo essere felici, lavoriamo per il successo... ma ci ricordiamo di vivere? Un filosofo che attraversava un fiume su di un traghetto chiese al battelliere: — Conosci le matematiche? — No. E’ grave?

— Gravissimo. Hai sciupato almeno un quarto della tua vita. Conosci almeno l’astronomia?

— E’ qualcosa che si mangia?

— Stolto! Hai perso almeno metà della tua vita. E l’astrologia, la conosci?

— Neanche.

— Sei uno sciagurato. Hai sprecato tre quarti della tua vita. Il traghetto, in quel momento, affondò;  e il battelliere gridò al filosofo:

— Tu, sai nuotare?

— No!

— Allora perdi i quattro quarti della tua vita.

 

 

GIOVEDI’ 16 GENNAIO 1992

 

“Il Signore cambia il nostro lutto in gioia”. (Ester 4,17)

“E’ facile parlare di gioia, ma come si può essere nella gioia se al mattino leggi sul giornale di guerre, di violenze, di tragedie; se ogni giorno appena uscito di casa ti trovi immerso in una giungla dove vige la legge del più forte; se nel mondo continuano a morire migliaia di bambini?”. C’è una persona che tutti conosciamo, almeno per fama, una piccola, anziana suora, Madre Teresa che più di ogni altra, ogni giorno è a contatto per ore e ore, in ogni parte del mondo con tutte le sofferenze. Si è chinata su bambini abbandonati nell’immondizia, sulle piaghe dei lebbrosi, ha curato i feriti della ferocia di tante guerre... ma se guardi i suoi occhi vi trovi su il dolore dell’umanità, ma la speranza della serenità. Prova a riflettere da dove le verrà la gioia che le permette di continuare a chinarsi sulle sofferenze del mondo?

 

 

 

VENERDI’ 17 GENNAIO 1992

 

“Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. (Lc. 12,43)

“Non ho la possibilità di fare grandi cose, mi diceva un anziano. “Non si rattristi, gioisca nel fare quelle piccole, perché il Signore le vede”. Il servitore di un uomo ricchissimo entrò un giorno nella casa del suo padrone e stette rispettosamente in piedi in un angolo, in un atteggiamento di grande umiltà. Aveva fra mano un oggetto coperto da un velo. Il padrone gli chiese che cosa mai recasse con sé. il servitore sollevò il velo, e apparve una piccola mela rossa cotta nella crema, che l’uomo porse umilmente al suo signore sperando di vederlo sorridere di gioia. E in effetti fu così; perché quell’uomo ricchissimo aveva ricevuto un’infinità di regali preziosi da tutti, ma mai una piccola mela rossa offertagli con tanta umiltà. La grandezza di Dio è infinita, ma il suo occhio sa penetrare nelle intenzioni più minuscole del cuore umano.

 

 

 

SABATO  18 GENNAIO 1992

 

“Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”. (Sal 16,11)

Gioie a sazietà! Sembra un’utopia. Le gioie, come ogni genere di cose piacevoli, non sono mai sufficienti, non durano mai abbastanza. Alle gioie si alternano troppo spesso tensioni, delusioni, problemi. “Gioie a sazietà alla Tua presenza... cioè, “dopo”, nel cielo? Certamente, nel cielo per l’eternità; infatti leggiamo in Apocalisse 21 che Dio asciugherà tutte le lacrime dagli occhi degli uomini, e non ci sarà più né morte, né grido di dolore. Ma anche “gioie a sazietà” qui ed ora per coloro che hanno Dio nella loro vita, che vivono in armonia con Lui, che trascorrono ogni giorno del tempo a parlare con Lui in preghiera e a leggere ciò che Lui ci dice attraverso la Bibbia. Le gioie che ci vengono dalle cose belle della nostra vita sono dolcissime ma passano. La gioia che scaturisce dalla nostra pace con Dio crescerà sempre più.

 

 

 

DOMENICA 19 GENNAIO 1992

 

“I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. (Rom. 14,17)

A prima vista può sembrare strano questo accostamento tra gioia e Spirito Santo. La gioia ci sembra una cosa molto umana, lo Spirito Santo, Dio, molto serio. Gli Atti degli Apostoli invece segnalano la gioia come primo frutto dello Spirito. Lo Spirito è quello di Gesù e Gesù è la buona notizia di Dio. Ora una buona notizia non può non portare che gioia. Gli apostoli non hanno vita facile, ma lo Spirito assicura loro la presenza di Gesù che li accompagna nella loro opera e testimonianza e la consapevolezza di essere messaggeri di Gesù li incoraggia e li riempie di gioia. Se si ha lo Spirito di Gesù non. si può essere nella tristezza, nella paura. I martiri riuscivano ad essere gioiosi e sereni perfino in mezzo alle torture. Se per noi la fede diventa tristezza, peso, paura non è fede nello Spirito di Gesù.

 

 

LUNEDI’ 20 GENNAIO 1992

 

“Quando era ancora lontano, il padre lo vide, e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. (Lc. 15,20)

Un sacramento che sembra tutt’altro che gioioso è la confessione: riconoscere i propri peccati, doverli andare a dire ad un sacerdote è certamente una fatica. Sapere di non aver corrisposto all’amore di Dio, di aver rotto la nostra amicizia con Lui e con i fratelli è un dispiacere, una delusione. Ma sapere che invece di un bastone, ti aspettano due braccia aperte pronte ad accoglierti, e ridarti fiducia, speranza, sentire le parole che ti dicono: “lo ti perdono”, pensare a Gesù che ci dice “ho pagato io per te” non sono tutte cose che riempiono il cuore di gioia?

Il ragazzo della parabola era tornato a casa: la fame aveva vinto il suo orgoglio, aveva preparato anche il suo discorso, era speranzoso di essere accolto solo più come servo per aver da mangiare e scopre che l’amore del padre non lo aveva mai abbandonato, scopre festa per lui... Altro che sacramento della tristezza, la confessione!

 

 

 

MARTEDI’ 21 GENNAIO 1992

 

“Dio ama chi dona con gioia”. (2 Cor. 9,7)

Da un racconto di Archibald Cronin:

L’infermiera del distretto era una donna di una cinquantina d’anni, dal corpo robusto, dal viso segnato da rughe. Non bella, ma c’era una tale franchezza nel limpido sguardo dei suoi occhi grigi, che i suoi lineamenti, per quanto fossero comuni, ne erano illuminati. In tutti i casi difficili la sua presenza rassicurava la mia mancanza di pratica. Per vent’anni era stata sola a curare la gente della regione. Il suo compito era stato terribilmente duro: ogni giorno un giro di venti chilometri, senza parlare delle notti. Spesso ne ammiravo il coraggio, la pazienza, la severità e la gaiezza. La nota fondamentale del suo carattere sembrava essere un completo oblio di sé; non era mai troppo occupata per dire una parola di conforto, né troppo stanca per rispondere, di notte, ad un appello urgente. Beninteso, per quanto fosse adorata nel paese, il suo salario era dei più magri. Una sera, mentre prendeva il tè dopo un lavoro particolarmente spossante, mi azzardai a toccare questo argomento: — Perché non vi fate pagare di più? — le chiesi — E’ ridicolo lavorare per così poco... Alzò leggermente le sopracciglia stupita, poi sorrise: — Ho quel che mi abbi— sogna per vivere — rispose. — No — insistetti. — Dovreste guadagnare di più. Lo sa Dio se voi lo meritate. Ci fu un silenzio. — Dottore — disse — se Dio sa che lo merito, che cosa chiedere di più? Per me questo solo conta. Queste parole per se stesse erano poca cosa, ma l’espressione dei suoi occhi diceva molto di più. Bruscamente fui illuminato, sentii la ricchezza della sua vita e, in confronto, il vuoto della mia.

 

 

 

MERCOLEDI’ 22 GENNAIO 1992

 

“Cercate il bene e non il male”. (Amos 5,14)

Se vogliamo veramente la pace di certo non dovremo andarla a cercare dove c’é il male, la divisione, il possesso, l’egoismo. Sovente però, come dice anche S. Paolo, io conosco il bene ma mi trovo ad operare il male. Cercare il bene significa rifugiarsi nel bene, essere positivi al massimo nei confronti dei fratelli proprio perché naturalmente siamo più portati a vedere il male negli altri. Ma se davanti ad un fratello io parto già evidenziando tutto il presunto male che c’è in lui, se già lo giudico, come potrò essere positivo, costruttivo nei suoi confronti? In ogni uomo c’è il bene e il male: se non agisco sul bene, sull’ottimismo, sulla speranza ho molta probabilità di far emergere il male. Il male lo si può combattere accanitamente (spesso con il rischio di scornarsi) o lo si combatte indirettamente facendolo sparire nel bene: Gesù con i peccatori ha fatto così: non ha evidenziato il loro male ma ha fatto sorgere il bene donando il perdono e alla fine cercando il bene negli altri anche il nostro cuore sarà gioioso.

 

 

 

GIOVEDI’ 23 GENNAIO 1992

 

“Il Signore è con voi, quando voi siete con Lui”. (2 Cronache 15,2)

Il nostro cuore trova pace quando riposa in Lui, quando si ha la certezza che Lui ci accompagna. La Parola che meditiamo oggi è una antica profezia che fu rivolta ai Giudei. Essi erano il popolo eletto, possedevano le tavole della Legge di Dio e avevano dei sacerdoti per l’osservanza delle pratiche del culto. Ma questo non significava automaticamente che fossero con Dio. Anche noi, oggi, possediamo la Bibbia e forse la leggiamo, frequentiamo la Chiesa e forse anche preghiamo, ma siamo veramente con Dio? L’amore per Lui e per la sua Parola, la ricerca della sua volontà occupano il primo posto nella nostra vita,’ o sono solo una delle tante voce nella “lista delle cose da fare”?

 

 

 

VENERDI’ 24 GENNAIO 1992

 

“Oggi sarai con me in paradiso”. (Lc. 23,43)

Un rabbi famoso, Giuda il Patriarca, notava: “Vi sono coloro che si guadagnano l’eternità nel corso di tutta una vita, e altri che se la guadagnano in un breve attimo”.

Noi cristiani possediamo un esempio piuttosto convincente al riguardo: il minuto” del ladrone sulla croce. Un istante che vale una vita. Anzi, vale un’eternità. Nel quadrante di Dio i secondi e i secoli, le ore e le epoche, i giorni e i millenni non vengono misurati secondo i nostri criteri. Il quadrante di Dio scandisce l’intensità, la densità, il significato del tempo, non la quantità. Una sola ora buona può valere tutta una vita mediocre, insignificante. Un sospiro di pentimento può valere anni che si srotolano in una piatta abitudine. Il momento dell’abbraccio col padre fa recuperare al figliol prodigo tutto ciò che ha dissipato nel tempo della lontananza. Non si tratta, quindi, di avere “tanto tempo” a disposizione. Si tratta di vivere intensamente il tempo che ci viene dato. La preziosità della vita non dipende dalla sua lunghezza. Ma dalle illimitate possibilità che ci offre anche un singolo istante. Ogni momento e unico, ogni momento rappresenta un’occasione “unica”. Che non si ripeterà pia. Non è addizionando i singoli momenti pieni.., a metà, che possiamo illuderci di ottenere una somma passabile. Ogni momento va vissuto in pienezza. Ogni istante deve costituire un “totale” soddisfacente.

 

 

 

SABATO  25 GENNAIO 1992

 

“Indice di un cuore buono è una faccia gioiosa (Sir. 13,26)

Un sorriso non costa nulla, ma crea molto. Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dispensa. Dura un baleno e talvolta il suo ricordo rimane per sempre. Nessuno è tanto ricco da poterne fare a meno, né tanto povero, ma i benefici del sorriso arricchiscono l’uno e l’altro. il sorriso crea felicità nell’ambito familiare, dispone bene negli affari ed è il contrassegno dell’amicizia. E’ un riposo per chi è stanco, una luce per chi è scoraggiato, un raggio di sole per chi è triste e il migliore antidoto della natura contro le avversità. E tuttavia non può essere comprato od elemosinato, preso a prestito o rubato, perché non è un bene terreno per nessuno finché non è elargito. Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso quanto coloro che non ne hanno più da dispensare.

 

 

 

DOMENICA 26 GENNAIO 1992

 

“La nostra bocca si aprì al sorriso”. (Sal. 126,2)

Ecco una anonima poesia che potremo intitolare:

“L’importante è seminare”

Semina, semina: l’importante è seminare — poco, molto, tutto — il grano della speranza.

Semina il tuo sorriso perché splenda intorno a te.

Semina le tue energie per affrontare le battaglie della vita.

Semina il tuo coraggio per risollevare quello altrui.

Semina il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore.

Semina le più piccole cose, i nonnulla.

Semina e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo della terra.

 

 

 

LUNEDI’ 27 GENNAIO 1992

 

“Per un cuore felice è sempre festa” (Prov. 15,15)

Abbiamo intere miniere di gioia in noi stessi e attorno a noi!

Due uomini, seduti sotto un albero, osservavano la campagna circostante, piatta e arsa dalla calura.

Uno dei due, dallo sguardo duro e superbo, disse: — Che noia questo paesaggio tutto così uguale! Possiedo un puledro veloce; andrò a fare un viaggio per scoprire le meraviglie del mondo. L’altro uomo, minuto, tranquillo, sembrava pago di quella sosta e sorrideva con dolcezza guardando la pianura monotona. — Anch’io ho un cavallo veloce. Farò dieci, venti, cento viaggi. I due proposero di trovarsi dopo un anno sotto quell’albero, per raccontarsi le loro esperienze. Così avvenne. Parlò per primo l’uomo dallo sguardo altero. — Ho visto il mare infinito, le montagne che toccano le nuvole, le selve dalle ombre azzurre. Ho conosciuto uomini scaltri che mi hanno insegnato a guadagnare molto denaro. Ora sono ricco e potrò viaggiare sempre di più. E tu? — Sono stato lassù, nel cielo, nella città del Sole. — Tu vaneggi! Un cavallo non vola! — il mio cavallo ha le ali e mi porta dove voglio andare. Conosco tutto l’universo: i giardini tra le nuvole, le strade lucenti tra stella e stella. Le mie orecchie hanno udito la melodia dell’immensità, le mie mani hanno sfiorato il morbido raso della volta celeste. — Anche se così fosse — replicò sgarbatamente l’uomo superbo — che cosa hai guadagnato? Sei sempre lo stesso pezzente di un anno fa. — Non puoi capirmi. Per te la ricchezza consiste nel denaro. lo sono un poeta. E’ la fantasia che mi rende ricco.

 

 

 

MARTEDI’ 28 GENNAIO 1992

 

“Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia”. (Sap. 2,9)

Troppo affanno, troppa tristezza nel mondo, troppe risate stentate, costruite, forzate; abbiamo bisogno di santità gioiosa! Per fortuna s’incontra ancora qualche pazzo (qualche saggio!) che ha l’audacia di porre dei gerani alla finestra, di contemplare le stelle, di cantare e piangere senza nascondersi e anche, sì, di esultare davanti a Dio a causa della sua immensa gloria. Sono tuttavia così poco numerosi e in certi momenti si sentono così “stravaganti” che sono tentati di fare come tutti, di sfasciare la loro chitarra e di chiudere gli occhi, le labbra e il cuore.., per “agire” finalmente. Ah, se sapessero quanto ci sono necessari, ben più dei tecnici, dei politici, dei conferenzieri, dei teologi ed altri studiosi...

 

 

 

MERCOLEDI’ 29 GENNAIO 1992

 

“Fratelli miei, state lieti nel Signore (Fil. 3,1)

Un grande maestro di gioia e allegria fu proprio don Bosco che conquistava i suoi giovani con la serenità e la gioia. Adolescente a Chieri, Don Bosco fonda l’originalissima “Società dell’allegria”, un club di amici che si impegnano a vivere nella gioia. La Società dell’allegria ha un regolamento composto di due soli articoli, chiari come il sole.

Primo: “Ogni membro della società dell’allegria deve evitare ogni discorso e ogni azione che disdica a un buon cristiano”.

Secondo: “Esattezza nell‘adempimento dei propri doveri”. Più tardi, fatto prete, chiederà spesso a qualche ragazzo:

— Vuoi essere amico di don Bosco?

— Oh, sì.

— Allora devi essere a+b—c. Sai cosa significa a+b—c?

— No.

— Te lo dico io. Devi essere a, cioè allegro; più b, cioè buono; meno c, cioè meno cattivo.

 

 

 

GIOVEDI’ 30 GENNAIO 1992

 

“Rallegratevi con quelli che sono nella gioia”. (Rom. 12,15)

Può sembrare strano ma a volte è più facile aver compassione, piuttosto che gioire con gli altri. E’ facile, vedendo una persona che soffre, sentirci solidali, dire “poveretto”, magari fare anche qualcosa; un esempio: davanti alle persone che muoiono di fame ci sentiamo tristi, magari anche un po’ vergognosi, e spesso riusciamo perfino a mettere mano al portafogli per fare qualcosa, ma in fondo in fondo qualche volta diciamo “poveretto lui”, ben contenti che non sia capitato a noi. Gioire invece per l’avanzamento di un collega, per una famiglia che ha avuto una inaspettata fortuna, con quel mio compagno di classe che ha preso un bel voto, a volte é più difficile; gioca l’invidia: “Perché a lui e non a me?” Rallegrarsi con chi è felice richiede la purificazione dell’invidia, richiede riconoscere nell’altro un fratello, richiede di riconoscere il manifestarsi della bontà di Dio in ogni uomo.

 

 

 

 

VENERDI’ 31 GENNAIO 1992

 

“Un cuore tranquillo è la vita di tutto il corpo”. (Prov. 14,30)

Un racconto della tradizione musulmana:

Un uomo andò un giorno dal Profeta.

Prima che aprisse bocca, questi gli disse: — Sei venuto a chiedermi che cos‘è la gioia.

— Come fai a saperlo?

— Perché ti vedo teso ed inquieto. Ora ascolta. Per sapere cos’è la gioia, interroga il tuo cuore. La pace è ciò mediante cui l’anima gode del riposo e il cuore della tranquillità. Il peccato è ciò che porta turbamento all’anima e tumulto al cuore. Non perdere tempo a chiedere a destra e a manca che cos’è la gioia. Vivila. L’anima e il cuore ti risponderanno. (Tradizione musulmana)

 

     
 

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