|
|
|
|
|
|
|
UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a
cura di don Franco LOCCI
GENNAIO
1992
Carissimi
amici,
Con
questo numero della “Parola al Giorno” comincia il quinto anno di questo
libretto, che con umiltà vuol cercare di renderci amici della Parola di Dio
cercando di tradurre un piccolo seme ogni giorno della nostra vita.
“GIOIA”
“Il
Signore rivolga il suo volto su di te e ti conceda la pace”. (Num. 6,26)
Quale
più bell’augurio di inizio d’anno che quello della Parola di oggi? Un volto
amico che ti guarda, ti sorride, ti apre i suoi segreti è una gran gioia! Ma
sapere che lo sguardo paterno di Dio è su di te è un conforto ancora più
grande. Il suo sguardo non è su di te per scrutare i tuoi peccati, non è
neppure lo sguardo del padrone interessato solo al buon rendimento del tuo
lavoro; e uno sguardo pieno di affetto, incoraggiante, rassicurante di un Padre
che si china sul figlio e gli dà un bacio di pace. Fa, Signore, che in questo
anno spesso i miei occhi, sempre troppo bassi, possano alzarsi e, incontrando il
“tuo sguardo di Padre benigno”, riposare in te, trovando la gioia di essere
amati.
GIOVEDI’
2 GENNAIO 1992
“Ad
ogni giorno la sua pena”. (Mt. 6,34)
La
gioia è soprattutto un qualcosa di interiore.
Aver
gioia non significa non aver prove, essere esteriormente tranquilli ma aver
trovato dentro di sé i motivi di semplicità, di fiducia, di serenità che
permettono giorno per giorno di dar senso alla vita.
VENERDI’
3 GENNAIO 1992
“Siate
ricolmi di gioia anche se dovete essere un po’ afflitti”. (1Pt. 1,6)
Racconta
Blakhall, un uomo cieco:
Vent’anni
fa, quando ero ancora nuovo alla condizione di cieco, la mia figlia più
piccola, che allora aveva undici anni, mi fornì una dose di coraggio
sufficiente per tutta la vita. “Papà”, mi chiese un sabato mattina, “mi
faresti un telescopio?” Come richiesta era un po’ eccessiva, ed io risposi
dondolandomi sui talloni che non avevo le lenti adatte. “Ma”, aggiunsi con
molta imprudenza, “se vai al villaggio e compri un paio di specchietti, ti
faccio un periscopio”. Andò e tornò prima che potessi cambiare idea, mi
procurò cartone e nastro adesivo e in meno di mezz’ora il periscopio era
bell’e pronto. Pochi minuti dopo sentii mia figlia che, nella stanza accanto,
faceva vedere il nuovo giocattolo a un compagno. “Lo ha fatto il mio papà”,
disse come per caso. “Il tuo papà?” le fece eco incredulo il ragazzo, ed io
aspettai con il fiato sospeso ciò che avrebbe risposto la mia bambina.
SABATO
4 GENNAIO 1992
“La
tua carità è stata per me motivo di gioia”. (Filemone 7)
Un
giorno un contadino si presentò alla porta di un convento con in mano un
magnifico grappolo d’uva. Quando il frate portinaio aprì la porta, il contadino,
sorridendo, gli disse:
—
Tieni, ti voglio regalare il grappolo più bello della mia vigna.
—
A me? — Il frate arrossì tutto per la gioia di quel dono. — Lo vuoi
regalare proprio a me?
—
Certo, perché mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai sempre aiutato
quando te lo chiedevo.
E
la gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del fraticello illuminava un
po’ anche lui.
Il
frate portinaio mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò per tutta la
mattina. Ad un certo punto però gli venne un’idea: perché non portare il
grappolo d’uva all’abate, per dare un po’ di gioia anche a lui? Prese così
il grappolo e lo portò all’abate, il quale ne fu sinceramente felice. Ma si
ricordò che c’era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò:
—
Porterò a lui il grappolo, così si sentirà un po’ sollevato.
Così
il grappolo d’uva emigrò di nuovo. Ma non rimase a lungo nemmeno nella cella
del frate ammalato. Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia
del frate cuoco, che passava la giornata a sudare sui fornelli, e glielo mandò.
Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano, questi lo portò al frate più
giovane del convento, che pensò bene di darlo a un altro. Finché, di frate in
frate, il grappolo d’uva tornò al frate portinaio...
La
gioia che gli portò fu molto più grande di quella che aveva provato
ricevendolo per la prima volta.
DOMENICA
5 GENNAIO 1992
“L’anima
mia magnifica il Signore”. (Lc. 1,46)
Se
Maria avesse guardato la sua vita solo con occhi umani avrebbe potuto avere la
gioia che manifesta nel suo canto di lode? Era una ragazza da sposare e si trova
incinta; deve fidarsi delle parole di una visione; non sa bene quale sarà la
sorte sua e di questo misterioso Figlio... Tanti motivi per essere
nell’angoscia, nel turbamento, e invece ecco la lode e la gioia! Maria è
contenta perché si fida di Dio, si e abbandonata in Lui, sa che Lui la
accompagnerà nelle difficoltà inevitabili della sua missione, sa che Lui è
fedele e fa “cose grandi” Se noi fossimo persone con un po’ più di fede,
quanta tristezza in meno, quante preoccupazioni non ci abbatterebbero, quanta
pace in più, quanta lode, quanta positività riusciremmo a dare agli altri, In
un momento di difficoltà non hai mai provato a ringraziare, invece che
chiedere?
LUNEDI’
6 GENNAIO 1992
“Al
vedere la stella, provarono una grandissima gioia”. (Mt. 2,10)
Antiche
leggende attribuiscono ai magi tre colori: uno è bianco, uno giallo e uno nero.
Sono state attribuite tre età: uno giovane, uno adulto e uno anziano, perché
portano tre doni differenti: oro, incenso e mirra. Queste leggende hanno lo
scopo di ricordarci che uomini provenienti da culture diverse, con esperienze di
vita differenti, e percorrendo sentieri diversi possono raggiungere lo stesso
Salvatore. Gli itinerari degli uomini sono molteplici: alcuni sono diritti,
altri tortuosi. Vari sono anche i modi di procedere: alcuni sono esitanti, altri
decisi... E tuttavia, misteriosamente, la stessa stella li guida verso l’unico
Amore che è loro proposto e che tutti desiderano. Scoprire la luce di questa
stella, nonostante il nostro buio, è ciò che riempie il cuore di gioia.
MARTEDI’
7 GENNAIO 1992
“Egli
ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia per amore del suo
nome”.
In
fondo non è tanto difficile trovare il modo di ristorarci quando siamo stanchi,
accaldati e assetati: un bel sedile in un angolo ombreggiato vicino ad una
cascatella fresca...
MERCOLEDI’
8 GENNAIO 1992
“Gesù
se ne stava a poppa della barca e dormiva”. (Mt. 4,38)
Gli
studiosi del Vangelo si sono sprecati nel tentativo di spiegare questo versetto
in cui si dice che Gesù dormiva nel bel mezzo della tempesta che si era
scatenata sul lago attorno a quella piccola barchetta: Gesù è stanco della sua
giornata; Gesù vuol mettere alla prova la fede dei suoi; Dio che sembra dormire
mentre noi siamo in mezzo alle prove...
GIOVEDI’
9 GENNAIO 1992
“Cerca
la gioia nel Signore”. (Sal 37,4)
La
nostra vita è spesso una ricerca spasmodica della gioia. Ma la cerchiamo nella
direzione giusta?
VENERDI’
10 GENNAIO 1992
“Hanno
occhi, ma non vedono; hanno orecchie, ma non ascoltano”. (Sal 115,5)
La
felicità è il fine dell’uomo. Non facciamo altro che cercarla: nel vino o
nell’amore, nel totocalcio o nella lettura, nel lavoro o nel riposo. Le nostre
fuggevoli gioie sono baleni della felicità inalterata che cerchiamo. Ma la
cerchiamo male, la cerchiamo fuori di noi mentre è in noi. Trovata una gioia,
non la gustiamo nel presente, ma la dimentichiamo già spinti verso
l’avvenire. E’ come chi decide una gita in automobile per vedere dei bei
posti: parte, corre attraverso il paesaggio, guardando solo la strada, arriva e
si chiude in trattoria a pranzare; bevuto il caffè riprende l’automobile,
filando verso casa a gran velocità. Ha attraversato i bei posti ch’era andato
a cercare, senza neanche vederli, Il primo segreto della felicità è sapersi
fermare.
SABATO
11 GENNAIO 1992
“Dio
fa uscire i prigionieri con gioia” (Sal 68,7)
Allorché
tutto sembra andare a rotoli. Non te ne va bene una. Ti capitano guai a catena.
Ecco, è il momento“giusto” per cantare. Allorché sei vittima di sospetti,
di accuse ingiuste. Ti trovi invischiato in qualche trama d’invidia. Sei il
bersaglio di maldicenze. Ecco, è il momento “favorevole” per costruire la
tua pace interiore. Allorché conosci il sapore amaro della delusione e
dell’ingratitudine. Vai a cozzare contro un muro d’indifferenza. Ecco, è il
momento “adatto” per offrire agli altri qualcosa di più, qualcosa di bello.
DOMENICA
12 GENNAIO 1992
“Accontentatevi
di quello che avete”. (Eb. 13,5)
E’
un prezioso consiglio per aver gioia piena, quello che la Parola di oggi ci
suggerisce. Noi qualche volta pensiamo che gioia sia avere qualcosa di lontano e
di perfetto: si può essere felici in qualunque situazione. Il defunto
romanziere Both Tarkington aveva sempre ritenuto di saper sopportare qualunque
cosa la vita potesse infliggergli, eccetto una: la cecità. Poi, superati i
sessant’anni, cominciò a perdere la vista. Quando le tenebre lo avvolsero, a
Tarkington disse: Ho scoperto di poter sopportare la perdita della vista, così
come si può sopportare qualsiasi altra cosa. Se perdessi tutti e cinque i
sensi, so che saprei continuare a vivere nella mia mente, poiché è nella mente
che vediamo e viviamo.
LUNEDI’
13 GENNAIO 1992
“Nessuno
vi potrà togliere la vostra gioia”. (Gv. 16,22)
La
gioia è sempre una possibilità. Bisogna cogliere le occasioni. Ecco il
racconto di una esperienza, ma prova oggi a pensare se non avrai qualche
occasione da cogliere pure tu.
Quattro
anni erano trascorsi dalla morte di papà per un incidente d’auto e quella era
l’ultima udienza del processo. Mentre il giudice leggeva la sentenza — sei
mesi di reclusione con la condizionale — l’investitore, sua moglie e il
padre apparivano molto depressi: si capiva che soffrivano molto. Uscimmo tutti
dall’aula, ma io non me la sentivo di andarmene così (....). Insieme a mia
sorella raggiunsi quelle persone e ci presentammo a loro. Notai un atteggiamento
di difesa nei nostri confronti, ma mi affrettai a rassicurarli. “Se questo può
alleggerirle l’animo, sappia che non nutriamo rancore nei suoi riguardi”,
dissi all’investitore, e ci stringemmo la mano con forza. Mi era stato detto
da qualcuno che bisogna saper cogliere l’occasione per ascoltare la voce di
Dio dentro di noi. La felicità che provavo in quel momento certo mi veniva
dall’aver saputo,, in quel frangente, “cogliere l’occasione ‘‘ per
guardare al dolore dell’altro dimenticandomi.
MARTEDI’
14 GENNAIO 1992
“La
gioia del cuore è vita per l’uomo”. (Sir. 30,22)
Siamo
fatti per la gioia. Dio lo sa, lo desidera con noi, per noi diventa quindi un
dovere gustare e cercare le piccole gioie quotidiane. E’ indubbio che ognuno
di noi dovrebbe dedicare un po’ di tempo a qualche piacere particolare — non
fosse che per cinque minuti al giorno —, come andare alla ricerca di un bel
fiore, una nuvola o una stella, come leggere una bella poesia o rallegrare la
vita monotona di un altro. A che pro tutta quella spaventosa diligenza dedicata
a compiti e doveri così noiosi, se poi rimandiamo sempre a più tardi lo
scambio di un sorriso con la bontà e la gioia?
MERCOLEDI’
15 GENNAIO 1992
“Figlio,
per quanto possibile, trattati bene!”. (Sir. 14,1)
Viviamo
nell’affanno, nella ricerca di un senso, vogliamo essere felici, lavoriamo per
il successo... ma ci ricordiamo di vivere? Un filosofo che attraversava un fiume
su di un traghetto chiese al battelliere: — Conosci le matematiche? — No.
E’ grave?
—
Gravissimo. Hai sciupato almeno un quarto della tua vita. Conosci almeno
l’astronomia?
—
E’ qualcosa che si mangia?
—
Stolto! Hai perso almeno metà della tua vita. E l’astrologia, la conosci?
—
Neanche.
—
Sei uno sciagurato. Hai sprecato tre quarti della tua vita. Il traghetto, in
quel momento, affondò; e il battelliere gridò al filosofo:
—
Tu, sai nuotare?
—
No!
—
Allora perdi i quattro quarti della tua vita.
GIOVEDI’
16 GENNAIO 1992
“Il
Signore cambia il nostro lutto in gioia”. (Ester 4,17)
“E’
facile parlare di gioia, ma come si può essere nella gioia se al mattino leggi
sul giornale di guerre, di violenze, di tragedie; se ogni giorno appena uscito
di casa ti trovi immerso in una giungla dove vige la legge del più forte; se
nel mondo continuano a morire migliaia di bambini?”. C’è una persona che
tutti conosciamo, almeno per fama, una piccola, anziana suora, Madre Teresa che
più di ogni altra, ogni giorno è a contatto per ore e ore, in ogni parte del
mondo con tutte le sofferenze. Si è chinata su bambini abbandonati
nell’immondizia, sulle piaghe dei lebbrosi, ha curato i feriti della ferocia
di tante guerre... ma se guardi i suoi occhi vi trovi su il dolore dell’umanità,
ma la speranza della serenità. Prova a riflettere da dove le verrà la gioia
che le permette di continuare a chinarsi sulle sofferenze del mondo?
VENERDI’
17 GENNAIO 1992
“Questa
vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. (Lc. 12,43)
“Non
ho la possibilità di fare grandi cose, mi diceva un anziano. “Non si
rattristi, gioisca nel fare quelle piccole, perché il Signore le vede”. Il
servitore di un uomo ricchissimo entrò un giorno nella casa del suo padrone e
stette rispettosamente in piedi in un angolo, in un atteggiamento di grande
umiltà. Aveva fra mano un oggetto coperto da un velo. Il padrone gli chiese che
cosa mai recasse con sé. il servitore sollevò il velo, e apparve una piccola
mela rossa cotta nella crema, che l’uomo porse umilmente al suo signore
sperando di vederlo sorridere di gioia. E in effetti fu così; perché
quell’uomo ricchissimo aveva ricevuto un’infinità di regali preziosi da
tutti, ma mai una piccola mela rossa offertagli con tanta umiltà. La grandezza
di Dio è infinita, ma il suo occhio sa penetrare nelle intenzioni più
minuscole del cuore umano.
SABATO
18 GENNAIO 1992
“Mi
indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza
fine alla tua destra”. (Sal 16,11)
Gioie
a sazietà! Sembra un’utopia. Le gioie, come ogni genere di cose piacevoli,
non sono mai sufficienti, non durano mai abbastanza. Alle gioie si alternano
troppo spesso tensioni, delusioni, problemi. “Gioie a sazietà alla Tua
presenza... cioè, “dopo”, nel cielo? Certamente, nel cielo per l’eternità;
infatti leggiamo in Apocalisse 21 che Dio asciugherà tutte le lacrime dagli
occhi degli uomini, e non ci sarà più né morte, né grido di dolore. Ma anche
“gioie a sazietà” qui ed ora per coloro che hanno Dio nella loro vita, che
vivono in armonia con Lui, che trascorrono ogni giorno del tempo a parlare con
Lui in preghiera e a leggere ciò che Lui ci dice attraverso la Bibbia. Le gioie
che ci vengono dalle cose belle della nostra vita sono dolcissime ma passano. La
gioia che scaturisce dalla nostra pace con Dio crescerà sempre più.
DOMENICA
19 GENNAIO 1992
“I
discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. (Rom. 14,17)
A
prima vista può sembrare strano questo accostamento tra gioia e Spirito Santo.
La gioia ci sembra una cosa molto umana, lo Spirito Santo, Dio, molto serio. Gli
Atti degli Apostoli invece segnalano la gioia come primo frutto dello Spirito.
Lo Spirito è quello di Gesù e Gesù è la buona notizia di Dio. Ora una buona
notizia non può non portare che gioia. Gli apostoli non hanno vita facile, ma
lo Spirito assicura loro la presenza di Gesù che li accompagna nella loro opera
e testimonianza e la consapevolezza di essere messaggeri di Gesù li incoraggia
e li riempie di gioia. Se si ha lo Spirito di Gesù non. si può essere nella
tristezza, nella paura. I martiri riuscivano ad essere gioiosi e sereni perfino
in mezzo alle torture. Se per noi la fede diventa tristezza, peso, paura non è
fede nello Spirito di Gesù.
LUNEDI’
20 GENNAIO 1992
“Quando
era ancora lontano, il padre lo vide, e, commosso, gli corse incontro, gli si
gettò al collo e lo baciò”. (Lc. 15,20)
Un
sacramento che sembra tutt’altro che gioioso è la confessione: riconoscere i
propri peccati, doverli andare a dire ad un sacerdote è certamente una fatica.
Sapere di non aver corrisposto all’amore di Dio, di aver rotto la nostra
amicizia con Lui e con i fratelli è un dispiacere, una delusione. Ma sapere che
invece di un bastone, ti aspettano due braccia aperte pronte ad accoglierti, e
ridarti fiducia, speranza, sentire le parole che ti dicono: “lo ti perdono”,
pensare a Gesù che ci dice “ho pagato io per te” non sono tutte cose che
riempiono il cuore di gioia?
Il
ragazzo della parabola era tornato a casa: la fame aveva vinto il suo orgoglio,
aveva preparato anche il suo discorso, era speranzoso di essere accolto solo più
come servo per aver da mangiare e scopre che l’amore del padre non lo aveva
mai abbandonato, scopre festa per lui... Altro che sacramento della tristezza,
la confessione!
MARTEDI’
21 GENNAIO 1992
“Dio
ama chi dona con gioia”. (2 Cor. 9,7)
Da
un racconto di Archibald Cronin:
L’infermiera
del distretto era una donna di una cinquantina d’anni, dal corpo robusto, dal
viso segnato da rughe. Non bella, ma c’era una tale franchezza nel limpido
sguardo dei suoi occhi grigi, che i suoi lineamenti, per quanto fossero comuni,
ne erano illuminati. In tutti i casi difficili la sua presenza rassicurava la
mia mancanza di pratica. Per vent’anni era stata sola a curare la gente della
regione. Il suo compito era stato terribilmente duro: ogni giorno un giro di
venti chilometri, senza parlare delle notti. Spesso ne ammiravo il coraggio, la
pazienza, la severità e la gaiezza. La nota fondamentale del suo carattere
sembrava essere un completo oblio di sé; non era mai troppo occupata per dire
una parola di conforto, né troppo stanca per rispondere, di notte, ad un
appello urgente. Beninteso, per quanto fosse adorata nel paese, il suo salario
era dei più magri. Una sera, mentre prendeva il tè dopo un lavoro
particolarmente spossante, mi azzardai a toccare questo argomento: — Perché
non vi fate pagare di più? — le chiesi — E’ ridicolo lavorare per così
poco... Alzò leggermente le sopracciglia stupita, poi sorrise: — Ho quel che
mi abbi— sogna per vivere — rispose.
MERCOLEDI’
22 GENNAIO 1992
“Cercate
il bene e non il male”. (Amos 5,14)
Se
vogliamo veramente la pace di certo non dovremo andarla a cercare dove c’é il
male, la divisione, il possesso, l’egoismo. Sovente però, come dice anche S.
Paolo, io conosco il bene ma mi trovo ad operare il male. Cercare il bene
significa rifugiarsi nel bene, essere positivi al massimo nei confronti dei
fratelli proprio perché naturalmente siamo più portati a vedere il male negli
altri. Ma se davanti ad un fratello io parto già evidenziando tutto il presunto
male che c’è in lui, se già lo giudico, come potrò essere positivo,
costruttivo nei suoi confronti? In ogni uomo c’è il bene e il male: se non
agisco sul bene, sull’ottimismo, sulla speranza ho molta probabilità di far
emergere il male. Il male lo si può combattere accanitamente (spesso con il
rischio di scornarsi) o lo si combatte indirettamente facendolo sparire nel
bene: Gesù con i peccatori ha fatto così: non ha evidenziato il loro male ma
ha fatto sorgere il bene donando il perdono e alla fine cercando il bene negli
altri anche il nostro cuore sarà gioioso.
GIOVEDI’
23 GENNAIO 1992
“Il
Signore è con voi, quando voi siete con Lui”. (2 Cronache 15,2)
Il
nostro cuore trova pace quando riposa in Lui, quando si ha la certezza che Lui
ci accompagna. La Parola che meditiamo oggi è una antica profezia che fu
rivolta ai Giudei. Essi erano il popolo eletto, possedevano le tavole della
Legge di Dio e avevano dei sacerdoti per l’osservanza delle pratiche del
culto. Ma questo non significava automaticamente che fossero con Dio. Anche noi,
oggi, possediamo la Bibbia e forse la leggiamo, frequentiamo la Chiesa e forse
anche preghiamo, ma siamo veramente con Dio? L’amore per Lui e per la sua
Parola, la ricerca della sua volontà occupano il primo posto nella nostra
vita,’ o sono solo una delle tante voce nella “lista delle cose da fare”?
VENERDI’
24 GENNAIO 1992
“Oggi
sarai con me in paradiso”. (Lc. 23,43)
Un
rabbi famoso, Giuda il Patriarca, notava: “Vi sono coloro che si guadagnano
l’eternità nel corso di tutta una vita, e altri che se la guadagnano in un
breve attimo”.
Noi cristiani possediamo un esempio piuttosto convincente al riguardo: il minuto” del ladrone sulla croce. Un istante che vale una vita. Anzi, vale un’eternità. Nel quadrante di Dio i secondi e i secoli, le ore e le epoche, i giorni e i millenni non vengono misurati secondo i nostri criteri. Il quadrante di Dio scandisce l’intensità, la densità, il significato del tempo, non la quantità. Una sola ora buona può valere tutta una vita mediocre, insignificante. Un sospiro di pentimento può valere anni che si srotolano in una piatta abitudine. Il momento dell’abbraccio col padre fa recuperare al figliol prodigo tutto ciò che ha dissipato nel tempo della lontananza. Non si tratta, quindi, di avere “tanto tempo” a disposizione. Si tratta di vivere intensamente il tempo che ci viene dato. La preziosità della vita non dipende dalla sua lunghezza. Ma dalle illimitate possibilità che ci offre anche un singolo istante. Ogni momento e unico, ogni momento rappresenta un’occasione “unica”. Che non si ripeterà pia. Non è addizionando i singoli momenti pieni.., a metà, che possiamo illuderci di ottenere una somma passabile. Ogni momento va vissuto in pienezza. Ogni istante deve costituire un “totale” soddisfacente.
SABATO
25 GENNAIO 1992
“Indice
di un cuore buono è una faccia gioiosa (Sir. 13,26)
Un
sorriso non costa nulla, ma crea molto. Arricchisce chi lo riceve senza
impoverire chi lo dispensa. Dura un baleno e talvolta il suo ricordo rimane per
sempre. Nessuno è tanto ricco da poterne fare a meno, né tanto povero, ma i
benefici del sorriso arricchiscono l’uno e l’altro. il sorriso crea felicità
nell’ambito familiare, dispone bene negli affari ed è il contrassegno
dell’amicizia. E’ un riposo per chi è stanco, una luce per chi è scoraggiato,
un raggio di sole per chi è triste e il migliore antidoto della natura contro
le avversità. E tuttavia non può essere comprato od elemosinato, preso a
prestito o rubato, perché non è un bene terreno per nessuno finché non è
elargito. Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso quanto coloro che non ne hanno
più da dispensare.
DOMENICA
26 GENNAIO 1992
“La
nostra bocca si aprì al sorriso”. (Sal. 126,2)
Ecco
una anonima poesia che potremo intitolare:
“L’importante
è seminare”
Semina,
semina: l’importante è seminare — poco, molto, tutto — il grano della
speranza.
Semina
il tuo sorriso perché splenda intorno a te.
Semina
le tue energie per affrontare le battaglie della vita.
Semina
il tuo coraggio per risollevare quello altrui.
Semina
il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore.
Semina
le più piccole cose, i nonnulla.
Semina
e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo della terra.
LUNEDI’
27 GENNAIO 1992
“Per
un cuore felice è sempre festa” (Prov. 15,15)
Abbiamo
intere miniere di gioia in noi stessi e attorno a noi!
Due
uomini, seduti sotto un albero, osservavano la campagna circostante, piatta e
arsa dalla calura.
Uno
dei due, dallo sguardo duro e superbo, disse: — Che noia questo paesaggio
tutto così uguale! Possiedo un puledro veloce; andrò a fare un viaggio per
scoprire le meraviglie del mondo. L’altro uomo, minuto, tranquillo, sembrava
pago di quella sosta e sorrideva con dolcezza guardando la pianura monotona.
MARTEDI’
28 GENNAIO 1992
“Lasciamo
dovunque i segni della nostra gioia”. (Sap. 2,9)
Troppo
affanno, troppa tristezza nel mondo, troppe risate stentate, costruite, forzate;
abbiamo bisogno di santità gioiosa! Per fortuna s’incontra ancora qualche
pazzo (qualche saggio!) che ha l’audacia di porre dei gerani alla finestra, di
contemplare le stelle, di cantare e piangere senza nascondersi e anche, sì, di
esultare davanti a Dio a causa della sua immensa gloria. Sono tuttavia così
poco numerosi e in certi momenti si sentono così “stravaganti” che sono
tentati di fare come tutti, di sfasciare la loro chitarra e di chiudere gli
occhi, le labbra e il cuore.., per “agire” finalmente. Ah, se sapessero
quanto ci sono necessari, ben più dei tecnici, dei politici, dei conferenzieri,
dei teologi ed altri studiosi...
MERCOLEDI’
29 GENNAIO 1992
“Fratelli
miei, state lieti nel Signore (Fil. 3,1)
Un
grande maestro di gioia e allegria fu proprio don Bosco che conquistava i suoi
giovani con la serenità e la gioia. Adolescente a Chieri, Don Bosco fonda
l’originalissima “Società dell’allegria”, un club di amici che si
impegnano a vivere nella gioia. La Società dell’allegria ha un regolamento
composto di due soli articoli, chiari come il sole.
Primo:
“Ogni membro della società dell’allegria deve evitare ogni discorso e ogni
azione che disdica a un buon cristiano”.
Secondo:
“Esattezza nell‘adempimento dei propri doveri”. Più tardi, fatto prete,
chiederà spesso a qualche ragazzo:
—
Vuoi essere amico di don Bosco?
—
Oh, sì.
—
Allora devi essere a+b—c. Sai cosa significa a+b—c?
—
No.
—
Te lo dico io. Devi essere a, cioè allegro; più b, cioè buono; meno c, cioè
meno cattivo.
GIOVEDI’
30 GENNAIO 1992
“Rallegratevi
con quelli che sono nella gioia”. (Rom. 12,15)
Può
sembrare strano ma a volte è più facile aver compassione, piuttosto che gioire
con gli altri. E’ facile, vedendo una persona che soffre, sentirci solidali,
dire “poveretto”, magari fare anche qualcosa; un esempio: davanti alle
persone che muoiono di fame ci sentiamo tristi, magari anche un po’
vergognosi, e spesso riusciamo perfino a mettere mano al portafogli per fare
qualcosa, ma in fondo in fondo qualche volta diciamo “poveretto lui”, ben
contenti che non sia capitato a noi. Gioire invece per l’avanzamento di un
collega, per una famiglia che ha avuto una inaspettata fortuna, con quel mio
compagno di classe che ha preso un bel voto, a volte é più difficile; gioca
l’invidia: “Perché a lui e non a me?” Rallegrarsi con chi è felice
richiede la purificazione dell’invidia, richiede riconoscere nell’altro un
fratello, richiede di riconoscere il manifestarsi della bontà di Dio in ogni
uomo.
VENERDI’
31 GENNAIO 1992
“Un
cuore tranquillo è la vita di tutto il corpo”. (Prov. 14,30)
Un
racconto della tradizione musulmana:
Un
uomo andò un giorno dal Profeta.
Prima
che aprisse bocca, questi gli disse: — Sei venuto a chiedermi che cos‘è la
gioia.
—
Come fai a saperlo?
—
Perché ti vedo teso ed inquieto. Ora ascolta. Per sapere cos’è la gioia,
interroga il tuo cuore. La pace è ciò mediante cui l’anima gode del riposo e
il cuore della tranquillità. Il peccato è ciò che porta turbamento
all’anima e tumulto al cuore. Non perdere tempo a chiedere a destra e a manca
che cos’è la gioia. Vivila. L’anima e il cuore ti risponderanno.
(Tradizione musulmana)
|
||