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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

OTTOBRE  1991

 

 

 

MARTEDI’ 1 OTTOBRE 1991

 

“Giacomo e Giovanni dissero a  Gesù: Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?. Ma Gesù si voltò e li rimproverò”. (Lc. 9,54-56)

Gli apostoli davanti a dei Samaritani che non vogliono accogliere Gesù, non solo si sentono autorizzati a giudicarli ma, quasi fossero essi stessi il giudizio e la forza di Dio, vogliono impunemente mettersi al suo posto per bruciarli. Oggi rifletto e penso: meno male che Dio è diverso da me! Quanta gente nei miei pensieri ho giudicato e condannato; quanti nemici su cui ho gridato: “potessi bruciare!” o, imprestando il mio giudizio a Dio: “Ci penserà il Signore a punirti”. Meno male che il Signore non usa il mio metro!

 

 

MERCOLEDI’ 2 OTTOBRE 1991

 

“Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. (Mt. 18,3)

Due bambini attraversavano una vasta radura insieme al padre. Uno gli era in braccio, l’altro lo teneva per mano. Ad un tratto si alzò un aquilone. Vedendolo, il secondo batté con gioia le mani ma, distaccatosi dalla mano del padre, cadde e si ferì. Il primo invece, stretto nelle braccia del padre, poté esprimere la sua gioia senza alcun pericolo. Così, nella vita spirituale, il primo rappresenta il totale abbandono in Dio, il secondo la fiducia in se stesso. (Sri Ramakrishna)

 

 

GIOVEDI’ 3 OTTOBRE 1991

 

Diceva loro: Andate!... Non portate né borsa, né bisaccia... (Lc. 10,3—4)

In questi giorni, sia a livello diocesano che parrocchiale ho sentito tanto parlare (ed anch’io l’ho fatto) di programmazione pastorale, di piani per una buona strategia dell’annuncio. Si organizzano gruppi per meglio qualificare la comunità nell’annuncio evangelico. Si parla, si fanno organigrammi... e tutto “per il regno di Dio”! Gesù non ha perso molto tempo in queste cose. Prima ha detto: “Venite, fate esperienza di me”, poi ha detto “Andate” senza preoccuparvi troppo di borse, bastoni, Vibri, organizzazioni. Se Cristo ce l’hai dentro non puoi far a meno di annunciarlo, se non ce l’hai puoi fare tutte le parole che vuoi, ma non uscirai di casa.

 

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 1991

 

“In me non ci sia altro vanto che nella croce di nostro Signore”. (Gal. 6,14)

Caro Francesco d’Assisi, in vita pochi ti hanno capito: tuo padre, i tuoi stessi frati; e oggi? Molti dei tuoi stessi ammiratori e propugnatori, con una certa ipocrisia pensano di lodarti chiamandoti il pazzo di Assisi, o facilmente ti nascondono dietro un semplicistico ritorno ai valori della natura. Eppure il tuo messaggio che turba arriva ancora ai nostri cuori. C’è in te una possibilità diversa di vita, una proposta di santità che se da una parte attira, dall’altra ci lascia turbati. E’ la sorte dei profeti! Ma proprio in questo sta la tua grandezza: tu scompari ma lasci l’evidenza del segno che tu hai vissuto, hai scolpito nella tua carne e nel tuo spirito, quell’altro segno di contraddizione, di dolore e di salvezza che il Cristo in silenzio ci ha offerto: la sua croce.

 

 

SABATO 5 OTTOBRE 1991

 

“Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. (Lc. 10,23)

Un giovane drogato mi diceva: “Non credo più a niente, ma se Dio ci fosse e mi apparisse non potrei non crederci Ma quando Cristo è apparso sono  stati ben pochi a crederci. Allora non è tanto importante avere delle apparizioni ma avere occhi e cuore capaci di vedere e di amare. Dio c’è e ti è vicino sempre ma non è un Dio di presenza ossessionante, è una presenza materna ma non possessiva, è un richiamo che puoi ascoltare o ignorare, ma stai sicuro che se cominci a cercarlo con cuore semplice, lui si fa trovare, anzi, lui è già lì a cercarti, discretamente, ma con una fedeltà che non viene mai mano.

 

 

DOMENICA 6 OTTOBRE 1991

 

“L’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. (Mc. 10,9-10)

Oggi è molto facile sentire parlare con superficialità di tradimenti matrimoniali.

— Maestro, parlami della fedeltà disse un discepolo.

Un cane servì il suo padrone per tutta la vita, ne difese la casa e i beni e quando questi morì rimase per due mesi sulla sua tomba. Quando morì il cane, gli uomini gli eressero una piccola stele sulla quale scrissero: “Fedeltà”. Un uomo rimase fedele alla moglie per tutta la vita. Quando morì, dietro il suo feretro c’era solo la moglie, ed essendo egli un poveraccio, fu gettato nella fossa comune.

Perché questa differenza, maestro?

— Perché gli uomini ammirano la fedeltà degli animali, cui nulla costa essendo inscritta nella loro natura. Quanto a praticarla essi stessi, non vogliono pagarne il prezzo, conoscendone il costo. La fedeltà coniugale è virtù preziosissima, e ha quindi un Costo molto elevato.

 

 

LUNEDI’ 7 OTTOBRE 1991

 

“La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora”. (Gio 2,8)

Oggi, festa della Vergine del Rosario, il nostro pensiero si ferma su questa preghiera, semplice e difficile ad un tempo, amata e vituperata. Ripetere cinquanta volte l’Ave Maria è da una parte la preghiera dei poveri, di quelli che non hanno parole proprie, dall’altra può essere, se fatto formalmente, uno scaricare la propria individualità su una facile formula. Qualcuno poi dice che questa preghiera e troppo mariana lo credo che il rosario, pur nelle sue difficoltà, sia un dono prezioso attraverso il quale, nella semplicità di povere parole, si contemplano i misteri di Cristo e dove, attraverso l’intercessione di Maria che prega con noi, la nostra preghiera giunge fino a Dio. Se ti è difficile dire tutto il rosario, comincia da una decina, fermati un momento su un mistero e lascia che il succedersi delle “Ave Maria” diventi il respiro della tua anima: sarà per essa una buona boccata di energia spirituale.

 

 

MARTEDI’ 8 OTTOBRE 1991

 

“Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola”. (Lc. 10,39)

— Quante discussioni si sono fatte e si fanno ancora su Dio. Tu che ne pensi, Sri Ramakrishna?

chiese un giorno un discepolo al grande maestro.

— Vedi quell’ape? rispose il maestro.

— Senti il suo ronzio?

Esso cessa quando l’ape ha trovato il fiore e ne sugge il nettare.

Vedi quest’anfora? Ora vi verso dell’acqua. Ne senti il glu - glu? Cesserà quando l’anfora sarà colma.

Ed ora osserva questo biscotto che pongo crudo nell’olio. Senti come frigge e che rumore fa? Quando sarà ben cotto tacerà. Così è degli uomini. Finché discutono e fan del gran rumore su Dio, è perché non l’hanno trovato. Chi l’ha trovato tace adorando.

 

 

MERCOLEDI’ 9 OTTOBRE 1991

 

“Uno dei discepoli disse a Gesù: Signore, insegnaci a pregare”. (Lc. 11,1)

Un giovane chiese al suo maestro spirituale quanto e come dovesse pregare per riuscire gradito a Dio. L’anziano saggio sorrise, e iniziò col raccontare una storia.

Un contadino ricchissimo, al momento della morte, si sentì chiedere dai figli quali mezzi avesse impiegato per racimolare una così grande fortuna. Desideroso che i figli fossero zelanti nel lavoro, l’uomo rispose: “C’è un giorno dell’anno nel quale, se ci si è impegnati a fondo nel proprio lavoro, si diventa ricchi. E’ inutile tuttavia cercare di scoprire quale sia quello specifico giorno. Non siate dunque pigri, e lavorate sodo tutti i giorni dell’anno nel timore che quel giorno benedetto giunga senza che voi siate al lavoro. Le prove e la fatica di tutto l’anno andrebbero perdute...” Così è della preghiera, ragazzo mio; proseguì il maestro, Dio ci visita quando vuole e il momento della sua visita è assolutamente imprevedibile. Egli non ha soste nel suo amore per noi, Il nostro grazie deve essere continuo, la nostra adorazione ininterrotte, il nostro “sì” costante. Vivere nella preghiera tutta la vita è come immergerci nel cuore di Dio senza uscirne mai.

 

 

GIOVEDI’ 10 OTTOBRE 1991

 

“Il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”..(Lc. 11,13)

Gesù ci invita a chiedere al Padre. Noi però spesso chiediamo ma non otteniamo; ci sembra allora di essere traditi dal Padre. Se però ci pensiamo bene, spesso noi trattiamo Dio come una donna di servizio dalla quale si pretendono le sue prestazioni, o come il droghiere al quale diciamo: “ti ho pagato, devi darmi la merce corrispondente Che cosa chiedere dunque? Con la confidenza di figli possiamo chiedere ogni cosa, ma con la consapevolezza di essere bambini, lasciando a Lui la possibilità di manifestare la sua bontà fraterna attraverso il dono di ciò che Lui sa essere il meglio per noi. Per arrivare a questo atteggiamento di fiducia abbiamo bisogno dello stesso Spirito di Dio e quello possiamo domandarlo con la certezza che ci sarà dato.

 

 

VENERDI’ 11 OTTOBRE 1991

 

“Chi non raccoglie con me, disperde”. (Lc. 11,23)

C’era una volta una parrocchia dove tutti avevano il loro ruolo, gli anziani erano riconosciuti per la loro esperienza, dicevano il rosario e c’era anche qualche giovane che pregava con loro, senza arie di sufficienza i poveri venivano accolti ogni ora del giorno e, a parte qualche sbuffo per quelli un po’ troppo insistenti, si dava loro qualcosa e soprattutto, qualcuno li ascoltava; gli sposi trovavano cordialità in mezzo alle carte da preparare e riuscivano persino a capire, anche quelli che in Chiesa non ci mettevano piede da anni, che il matrimonio era un segno serio, gioioso, bello, in cui Dio c’entrava, I malati sapevano di non essere abbandonati e qualcuno andava a trovarli. La domenica si celebrava volentieri l’Eucaristia, e anche se non si conoscevano, tutti i partecipanti trovavano una parola che veniva da lontano e un Pane misterioso che dava forza nel presente. Ma successe che alcuni cominciarono a dire che la fede va organizzata, si riunivano per parlare degli altri, dimenticando gli altri, per parlare di fede, dimenticando Gesù; organizzarono la carità e i poveri trovavano ad orario i burocrati della carità. Gli sposi subivano il corso prematrimoniale, alla domenica si trovava la più bella teologia ma non più l’accoglienza. Vennero personaggi illustri, ma la gente comune se ne andò a vivere la sua povera fede, altrove.

 

 

SABATO 12 OTTOBRE 1991

 

“Date mano alla falce, perché la messe è matura”. (Gl 3,13)

Quando ancora ragazzino, in seminario, mi facevano fare una settimana di “Esercizi Spirituali” c’era sempre il penultimo giorno, prima della confessione e della riflessione finale sul paradiso, che mi riempiva di paura: si parlava del giudizio finale e dell’inferno e il predicatore, tanto buono e comprensivo negli altri giorni, amava calcare la mano e a me sembrava che spuntassero diavoli da tutte le parti e che in quel bailamme non ci fosse più posto per la misericordia di un Dio che ci ha amato fino a morire in croce per noi. Oggi forse non si parla più tanto di giudizio, o perlomeno le tinte e le immagini si sono affievolite. Con questo non dimentichiamo che saremo giudicati dal Signore, ma pensiamo invece al fatto che il giudizio di Dio come la sua misericordia, avvengono oggi per me. E’ adesso che Dio mi offre la sua salvezza, la possibilità di amare, l’invito a seguirlo e sono io, con le mie risposte di vita, che mi sto giudicando, che sto accettando o la sua misericordia o il mio allontanarmi da Lui, per sempre.

 

 

DOMENICA 13 OTTOBRE 1991

 

“Va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”. (Mc. 10,21)

L’Angelo della Morte bussò un giorno alla casa di un uomo.

— Accomodati pure — disse l’uomo. — Ti aspettavo.

— Non sono venuto per fare due chiacchiere disse l’Angelo ma per prenderti la vita.

E che altro potresti prendermi?

— Non so. Ma tutti, quando giungo io, vorrebbero che io prendessi qualsiasi cosa, ma non la vita. Sapessi quali offerte mi fanno!

— Non io. Non ho nulla da darti. Le gioie che mi sono state donate le ho godute. Gli affanni, li ho affidati al vento. I problemi, i dubbi, le inquietudini li ho bruciati per scaldarmi al fuoco della speranza. Dei beni terreni mi sono privato. Il sorriso, l’ho regalato a quanti me lo chiedevano, li mio cuore a quanti ho amato e mi hanno amato. La mia anima l’ho affidata a Dio. Prenditi dunque la mia vita, che altro non ho da offrirti. L’Angelo della Morte sollevò l’uomo fra le sue braccia e lo trovò leggero come una piuma. E all’uomo la stretta dell’Angelo parve tenerissima. Il Signore spalancò la porta del Paradiso perché stava per entrarvi un santo.

 

 

LUNEDI’ 14 OTTOBRE 1991

 

“Questa generazione cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona (Lc. 11,29)

Anche noi, a volte, vorremmo dei segni che ci garantissero la fede, o dei facili miracoli a seconda delle nostre esigenze, ma Dio non lo si comanda a bacchetta. Gesù dice alla generazione dei suoi contemporanei che non sarà dato alcun segno se non se stesso. Proviamo ad aprire gli occhi: anche noi abbiamo il segno di Gesù, il. Figlio di Dio, morto e risorto per noi: non ci basta questo? Non ci basta un Dio fatto uomo che soffre e muore come noi e per noi? Non ci basta il Cristo risorto che è testimonianza vivente di risurrezione e salvezza per noi?

 

 

MARTEDI’ 15 OTTOBRE 1991

 

“Date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo”. (Lc. 11,41)

Un uomo in fama di santità, mentre percorreva le strade di un villaggio, vide un poveraccio seminudo che tremava dal freddo. Si tolse allora il mantello, lo divise a metà e lo diede al poveretto. Poi, mentre soddisfatto se ne tornava a casa, vide sul bordo di un fossato un uomo che aveva in mano una pagnotta e ai cui piedi era accucciato un cane. Notò che l’uomo spezzava il pane e, un boccone dopo l’altro, lo dava da mangiare al cane, Finché tutta la pagnotta finì nelle sue fauci.

— O tu lo interpellò quanto pane guadagni al giorno?

— La pagnotta che era fra le mie mani, e che ho dato da mangiare al cane.

— Ma perché l’hai data a quest’animale invece di provvedere ai tuoi bisogni?

Perché questo cane ha le zampe sanguinanti. Viene da molto lontano. Probabilmente da molti giorni non ha toccato cibo. Dovevo forse tenermela per me Il sant’uomo riprese la strada, ma molto meno soddisfatto di sé.

 

 

MERCOLEDI’ 16 OTTOBRE 1991

 

“Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi, perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso, infatti,tu che giudichi, fai le medesime cose”. (Rom. 2,1)

Ero convinto di possedere una grande carità nel giudicare gli altri quando un giorno, camminando sulle rive di un fiume, vidi un uomo sdraiato accanto a una donna e, vicino a loro, un fiasco di vino.

Mi dissi: “Se solo potessi ricondurre quell’uomo sulla retta via. In quel momento vidi un battello che colava a picco e sette persone dibattersi disperatamente nell’acqua. L’uomo si gettò subito nel fiume e riuscì a condurre a riva sei dei sette passeggeri. Poi si rivolse a me:

Hasan, se sei migliore di me, in nome di Dio salva almeno l’ultimo passeggero! Ma io ero come paralizzato. Allora, come se avesse intuito quel che mi passava nell’animo, quel tale gridò guardandomi negli occhi:

Quella donna è mia sorella. E quel fiasco non contiene che acqua di sorgente. Ecco come tu giudichi! Ecco quello che sei! Mi gettai ai suoi piedi piangendo:

O tu che ne hai salvato sei su sette, salva anche me che sto piangendo nel mare dell’orgoglio camuffato da carità. L’uomo rispose: Dio ti aiuti.

 

 

GIOVEDI’ 17 OTTOBRE 1991

 

“Guai a voi che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi”. (Lc. 11,47)

Se vogliamo capire di più questa frase basta che pensiamo all’ipocrisia di certe nostre sepolture dove, emeriti mascalzoni (o almeno così venivano considerati in vita) diventano: “padri esemplari”, “lavoratori indefessi”, “persone unicamente dedite al bene della famiglia”. E nella Chiesa certe cause di beatificazione non dovrebbero far arrossire proprio quella gerarchia che ora magnifica ma che prima ha fatto sputar sangue proprio a quella persona? E’ comoda questa ipocrisia che, adesso che non ci danno più fastidio, che non disturbano più, sfrutta ancora a favore dei propri comodi, proprio le stesse persone osteggiate. Ma senza andar troppo lontano, non soffriamo anche noi di questa ipocrisia quando invece di amare, sfruttiamo le persone che ci circondano solo per i nostri fini?

 

 

VENERDI’ 18 OTTOBRE 1991

 

“Non vi è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto”. (Lc. 19,21)

Con un senso quasi di terrore penso a queste parole di Gesti. Se per un momento succedesse qui, sulla terra, quanto dice Gesù: quante sorprese! Quella persona cordialissima che opera solo per farsi vedere; quella amicizia che invece di essere sincera è solo interessata; quella persona così pia che nel suo segreto è egoista, passionale; quel moralista che si mostrava scandalizzato e che poi per conto suo cercava strane soddisfazioni; quella persona che tutti segnavano a dito e che invece, a modo suo, è una delle poche persone capaci di amare... Facciamoci coraggio! Al termine della nostra vita succederà proprio questo: non ci saranno più facciate esteriori e dalla misura di gioia o vergogna che proveremo per noi avremo il nostro inferno o il nostro paradiso.

 

 

SABATO 19 OTTOBRE 1991

 

“Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio”. (Lc. 12,8)

Quest’estate sono stato abbordato da una testimone di Geova. Era una donna già anziana, non molto culturalmente preparata, anche un po’ troppo sicura di se stessa che sparava tre o quattro citazioni di Bibbia imparate a memoria e aveva la presunzione di dire agli altri (anche a me) che erano ignoranti, che non conoscevano la Bibbia. Molto per orgoglio e anche nella speranza di dar testimonianza a Gesù mi sono buttato in una discussione religiosa che però, ben presto, è degenerata in accuse vicendevoli. Ripensandoci mi sono detto: qual’è la vera testimonianza che in quel momento Gesù voleva da me? Le parole per difendere una religione anche a rischio di mancare di carità, o la carità di un rapporto che testimoniasse il mio amore concreto per Gesù?

 

 

DOMENICA 20 OTTOBRE 1991

 

 

“Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. (Mc. 10,17)

Una richiesta poi non del tutto sbagliata, quella di’ questi due apostoli. E’ il desiderio di essere vicini al Signore, sempre. Ma una richiesta ancora troppo legata ad un ragionamento umano di potere che pensa alla gloria e che vuole sopravanzare gli altri. Gesù mette a posto le cose; accetta il desiderio di comunione dei due, ricorda le esigenze di Dio, invita al servizio dicendo che sta in questo il vero potere del cristiano. Anch’io vorrei sempre stare con te, Signore. Già qui sulla terra e poi, per sempre nell’eternità; aiutami allora a scoprire il servizio perché possa già fin d’ora incontrarti nei fratelli e poi essere riconosciuto tuo fratello per l’eternità.

 

 

LUNEDI’ 21 OTTOBRE 1991

 

“Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. (Lc. 12,13)

Tempo di dire: ‘Basta!”

La vita ci sembrerà bella soltanto quando smetteremo di desiderarne una migliore e quando avremo imparato a goderla così com’è. La smania di possedere sempre di più,inculcataci con tanta scaltrezza dal mondo consumistico moderno, é in realtà un virus che ci toglie il piacere di accontentarci di quanto abbiamo. Un uomo non guadagna mai abbastanza, una donna non è mai abbastanza bella, gli abiti non sono mai abbastanza alla moda, la casa non è mai abbastanza arredata, quel che mangiamo non è mai abbastanza gustoso. Ma la salvezza sta nel saper dire a un certo punto: “Basta! Quel che ho è sufficiente e quel che ne faccio dipende solo da me”.

(Harya Mannes)

 

 

MARTEDI’ 22 OTTOBRE 1991

 

“Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli, in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. (Lc. 12,37)

Stupisce la figura di questo padrone che prima tarda a tornare, poi desidera trovare i servi svegli e poi si mette a servire coloro che lo avevano atteso. Assurdo nella vita, ma proprio così nel piano di Dio. La storia della salvezza ha seguito questa logica; Dio si comporta così con noi, ci chiede una fede paziente, vigilante, una fede che si regga mentre il padrone non c’e, poi arriverà lui e si metterà a servizio di chi troverà disponibile; e questo nell’eternità, dove ci invita al banchetto di nozze di suo Figlio, ma anche qui sulla terra dove ci serve quotidianamente con la sua presenza, con i suoi sacramenti. Non sarà che la vigilanza richiesta da Gesù non sia tanto per accogliere uno che verrà, ma per aprire gli occhi e accogliere uno che c’è?

 

 

MERCOLEDI’ 23 OTTOBRE 1991

 

“A chi fu affidato molto, sara chiesto molto di più”. (Lc. 12,48)

Ciascuno di noi si esamini su questo: Dio ti ha affidato molte cose: una famiglia, un figlio, un lavoro responsabile... Ti ha affidato la fede, i sacramenti, la comunità cui partecipi, ti ha dato dei doni personali. Perché questo a te e non ad altri? Perché ad altri ha dato doni che tu non hai? Perché da te si aspetta quella risposta, perché Egli sa che tu puoi darla. Se ti tiri indietro tutto il mondo sarà più povero e Dio deluso nell’essersi fidato di te.

 

 

GIOVEDI’ 24 OTTOBRE 1991

 

“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”. (Lc. 12,49)

Un certo qual modo di pensare ha inteso il cristianesimo come una religione da donnette, come un facile modo per sfuggire la realtà rifugiandosi in future speranze come un sereno vestito da festa da indossare la domenica mattina. Non dimentichiamo che cristianesimo è amore della verità, della giustizia, delle esigenze di Dio che ha avuto intere generazioni di martiri, che non ti allontana dalla realtà ma che esige impegno concreto nel reale. Non dimentichiamo che il Dio dell’amore, proprio per amore ha accettato la croce.

 

 

VENERDI’ 25 OTTOBRE 1991

 

“Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”. (Lc. 12,57)

Una delle tentazioni del credente è quella del ricorrere sconsideratamente a Dio e del volersi quasi estraniare dalle proprie responsabilità. E’ molto facile dire: “Dio ha voluto così”, oppure ricercare nella morale cristiana delle norme che ti dicono in ogni momento della vita ciò che devi fare per sentirti sicuro con Dio, con i fratelli, con il prossimo. Gesù non è venuto a risolvere tutti i nostri singoli problemi (è inutile voler far dire a Gesù se la pillola anticoncezionale va bene o va male: il problema non esisteva neppure, allora), ma ci ha dato in se stesso tutto per poter diventare noi stessi i giudici della nostra storia e delle nostre scelte.

 

 

SABATO 26 OTTOBRE 1991

 

“Andarono a riferirgli circa quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici”. (Lc. 13,1)

Ci casco sempre: ogni mattina, quando sento il primo giornale radio della giornata o apro il quotidiano, mi lascio vincere dalla curiosità e passano così davanti a me, accavallandosi, una ridda di informazioni e di notizie che, quando ho finito o l’ascolto o la lettura mi lasciano come prima, o al massimo mi fanno dire: “Che razza di mondo”. Leggere il giornale, come fratello del mondo intero dovrebbe invece farmi incontrare con altre persone, dovrebbe rendermi sensibile ai problemi degli altri, dovrebbe informare la mia preghiera, dovrebbe aiutarmi a vivere la storia... E allora anche oggi rifaccio il mio proposito: o il giornale mi apre agli altri o non lo leggo più perché diventa solo una perdita di tempo.

 

 

DOMENICA 27 OTTOBRE 1991

 

“Coraggio, alzati, ti chiama. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. (Mc. 10,49-50)

Bartimeo, il cieco, non aveva il dono della vista, ma sapeva usare bene la voce e le gambe. Quante volte oppressi dai nostri peccati, dalle incapacità ad uscirne siamo tentati a non usare neppure più gli altri doni che abbiamo Fossimo anche nella tristezza più nera, nella più grande incapacità, ci resta sempre la capacità di gridare, di insistere, di provare ad alzarci, e tutto questo può generare la fede che permette al Signore di fare il miracolo della misericordia e della salvezza.

 

 

LUNEDI’ 28 OTTOBRE 1991

 

“Gesù passò la notte in orazione”. (Lc. 6,12)

A proposito di preghiera c’è chi la esalta fino ad assolutizzarla e chi la definisce alienazione, fuga, perdita di tempo. Forse basta far riferimento a qualche piccola esperienza umana per comprendere meglio il ruolo e il significato. Due sposi hanno bisogno di momenti profondi e anche lunghi di intimità e di dialogo e nessuno con un po’ di buon senso direbbe loro che sono solo smancerie, che una famiglia deve solo pensare al lavoro, alle cose concrete. D’altra parte proprio le cose concrete per risultare fatte non a singola capoccia, ma dalla famiglia, hanno biso­gno di essere confrontate. Gesù è venuto per fare la volontà del Padre, ma spesso ha bisogno di sprofondarsi in Lui per trovare nella sua intimità gioia, forza, capacità di continuare a dire il suo “sì” al Padre e ai fratelli.

 

 

MARTEDI’ 29 OTTOBRE 1991

 

“Il Regno di Dio i simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di forma”. (Lc. 13,21)

Sovente mi sono chiesto: ma come hanno fatto i santi ad operare cose così grandi? Come hanno fatto il Cottolengo, don Bosco, madre Teresa di Calcutta, padre Maschio dell’india, a far nascere e crescere opere così grandiose? Eppure, leggendo la loro vita, scopro che erano esseri mortali, deboli, poveri come lo sono io. Il segreto dei santi non sta in doti particolari, pur presenti. Non sta neppure nel particolare clima vissuto o nel dono di essere operatori di miracoli il loro segreto è semplice e alla portata di tutti: hanno preso un po’ di lievito (un po’ di Dio, del suo amore) e lo hanno nascosto nella farina (la loro povertà umana) e lo hanno lasciato lì finché tutta la pasta è stata fermentata.

 

 

MERCOLEDI’ 30 OTTOBRE 1991

 

“Ma Egli vi dirà: non vi conosco”. (Lc. 13,26)

Un grosso rischio che corriamo noi cristiani è la presunzione. Presunzione di sapere tutto di Dio, di voler eludere la sua grandezza e il suo mistero; presunzione di conoscere ogni scelta morale; presunzione di essere gli unici detentori della verità. E la presunzione, uccide la ricerca, la carità, ci fa credere più a noi stessi che a Dio. “lo non vi conosco” dirà Gesù ai presuntuosi: tu hai annunciato te stesso, non me. Tu hai lotta­to per la supremazia delle tue idee, non per il mio regno; tu hai giudicato con il tuo metro inflessibile e ti sei dimenticato della mia misericordia. Dio invece riconosce chi sa di essere debole, incapace, chi non ha certezze sue proprie ma ripone la sua fiducia unicamente in Lui, chi invece di operare da se stesso, lascia che sia Dio ad operare in Lui.

 

 

GIOVEDI’ 31 OTTOBRE 1991

 

“Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e non avete voluto.” (Lc. 13,34)

Una delle cose che maggiormente commuove leggendo la Bibbia e specialmente i Vangeli è scoprire la tenerezza di Dio. Egli si china su di noi, non è il grande che lascia cadere qualche grazia sul servo, è veramente il Padre che gioisce e soffre nell’accompagnare il cammino del proprio figlio, e proprio come un Padre che per voler bene sul serio lascia che ciascuno di noi trovi la propria strada in mezzo alle difficoltà, ma non ci abbandona, ci tiene d’occhio, freme per noi, è sempre disponibile quando noi lo cerchiamo. Il suo è un amore che previene, accompagna, è sempre disponibile; non corriamo il rischio di essere come quei pulcini che per curiosità o amore di indipendenza vogliono scappare: nella casa e nell’abbraccio del Padre si sta bene.

     
     
 

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