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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GIUGNO  1991

 

 

 

SABATO 1 GIUGNO 1991

   

“Con quale autorità fai queste cose?”. (Mc. 11,28)

L’ordine costituito sia religioso che civile ha sempre bisogno di nomine, autorizzazioni, incarichi, ha sempre la necessità di aprire inchieste. Anche noi, nei confronti della Parola di Dio abbiamo sempre bisogno di sindacare; ad esempio: “Con quale autorità Gesù dici ‘beati i poveri” e “guai a voi ricchi”? perché il perdono proprio all’adultera?” oppure “Perché sei così benevolo nei confronti di  certe persone e perché tanta sofferenza per quell’altro uomo?”. L’autorità che Gesù ha gli viene da Dio suo Padre e dall’amore vero per tutti gli uomini. Allora, anche se è naturale chiederci tanti “perché” dovremmo veramente aver la fede di dire: “Signore, non capisco bene, ma mi fido che ogni cosa che mi chiedi e mi dici è il mio vero bene, perché mi ami!”.

 

 

DOMENICA 2 GIUGNO 1991

 

Disse loro: “Prendete, questo è il mio Corpo”. (Mc. 14,22)

La festa del Corpo e Sangue di Gesù e quella del dono prezioso di comune  unione con Lui, morto, risorto e comu­nicato a noi. Spesso nella storia passata si e talmente sottolineato il grande mistero dell’Eucarestia da renderlo inaccessibile, oggi si corre il rischio di banalizzarlo. Mentre c’è gente che “va a prendere Messa” si e no una volta l’anno (magari perché c’è una sepoltura o  un matrimonio) ci sono altri che mettono messe in ogni occasione, che hanno ridotto la messa a pia devozione, che vanno a far la Comunione anche due o  tre volte al giorno. Da quel che ci risulta dai vangeli, Gesù “ha detto messa” una volta sola in vita sua, ma ci ha chiesto di far memoria di Lui sovente. Ha fatto però spesso gesti di Eucaristia e comunione: ha spezzato il suo pane con chi aveva fame, ha lavato i piedi ai discepoli, ha dato abbondantemente la parola... Penso allora che oggi, se alcuni di noi devono chiedergli perdono per aver trascurato l’Eucarestia, in molti dobbiamo chiedergli perdono di aver celebrato troppe Eucaristie senza aver compreso che riceverlo era imparare da Lui a fare gli stessi suoi gesti di comunione Concreta.

 

 

LUNEDI’ 3 GIUGNO 1991

 

“Aveva ancora uno, il Figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo dicendo: avranno rispetto per mio Figlio!”. (Mc. 12,6)

Gesù, attraverso la parabola che ci racconta nel vangelo di oggi, rivela il mistero della propria persona e la grande bontà misericordiosa del Padre. In questi giorni è venuto a trovarmi un papà, disperato per il suo ultimo figlio che ha preso la brutta strada della droga, mi raccontava di tutti i suoi tentativi: prenderlo con affetto, cercare di essere più severo, aver cercato aiuto presso comunità...  Mi diceva che una sera al colmo della disperazione aveva persino pensato di cacciarlo di casa, ma poi si era detto: “E’ mio figlio: non posso!”. Dio che manda i profeti, i patriarchi e da ultimo il suo Figlio prediletto pur sapendo che i suoi figli non lo accoglieranno è proprio un Padre che dice: “Non posso voler male ai miei figli, li devo amare fino all’ultimo!”. Dio mi ama nonostante i miei peccati! Ma è giusta la mia ingratitudine? Posso ancora stancare la pazienza di Dio con i miei continui no?

 

 

MARTEDI’ 4 GIUGNO 1991

 

“Portatemi un denaro che io lo veda”. (Mc. 12,15)

Erano andati da Gesù per prenderlo in trappola, per parlargli di denaro, di potere, per vedere da che parte stava, quale tessera di partito aveva e trovano uno che in tasca non ha neppure una moneta, che per rispondere deve farsela dare. Per una volta Gesù ci sta a parlare di soldi, ma lui ne è sprovvisto. Anche tanti cristiani, e noi, che spesso sentenziamo sul denaro (altrui) avremo l’autorità di farlo se, come Gesù, dovessimo chiedere ad altri che cos’è il denaro. Anche per la comunità cristiana sarebbe bello fosse così; quanto sarebbe più credibile se la Chiesa parlasse di denari che non possiede, di prestigio, forza e onori che neppure la sfiorano.

 

 

MERCOLEDI’ 5 GIUGNO 1991

“A chi di loro apparterrà la donna?”. (Mc. 12,23)  

L’uomo, anche quando pensa alla vita futura, continua a ragionare solo in termini di possesso, di calcolo, di diritti, di appropriazione. Si ha quasi paura di essere defraudati di qualcosa. Ci interessiamo delle cose che Dio deve darci in paradiso e non badiamo a Lui. Vogliamo la ricompensa e non pensiamo a chi fa il dono. E non guardando a Lui proiettiamo solo noi stessi. Ma Dio non è forse il Dio della vita, il creatore, il Dio della gioia? Se ci ripetessimo in continuazione che “Dio non è un Dio di morti, ma di viventi” non ci preoccuperemo più tanto del come sarà il Paradiso con la proiezione dei piccoli piaceri umani ma ci fideremo di Lui che le co­se le ha fatte e le sa fare bene e che è un “Padre buono che sa dare cose buone ai suoi figli”.

 

 

GIOVEDI’ 6 GIUGNO 1991

 

“Amerai dunque il Signore Dio tuo e il prossimo come te stesso”. (Mc. 12,30.31)

Gesù ci insegna che l’amore del prossimo è la “direttissima” per andare a Dio. Ecco un significativo racconto di A. De Mello: “I fedeli erano incuriositi dal fatto che il loro rabbino ogni settimana spariva alla vigilia del sabato. Sospettavano che incontrasse in segreto l’Onnipotente e affidarono quindi ad uno di loro l’incarico di seguirlo. Ecco ciò che l’uomo vide: il rabbino si travestiva da contadino e andava a servire una donna paralizzata, pulendole la casa e preparandole il pranzo per il. sabato. Quando la spia tornò, i fedeli chiesero: “Dov’è andato il rabbino? E’ salito al cielo?”. “No, rispose l’uomo, è andato molto più in su

 

 

VENERDI’ 7 GIUGNO 1991

 

“Ma uno dei soldati gli colpì il Costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua”. (Gv. 19,34)

Oggi, festa del Cuore di Gesù, siamo invitati a contemplare l’amore di Gesù che si versa su di noi dal suo cuore umano e divino: possiamo farlo anche con l’aiuto di questa poesia - preghiera di P. Jouve:

 

Salve, vero corpo di Dio.

Salve luminoso corpo di carne, che è sceso nella tomba e che nasce corpo, sorgente di bontà e di vita;

salve, corpo tutto di luce!

Salve, vero corpo di Dio, splendente di lacrime, che rinasce,

salve vero corpo dell’uomo generato dallo Spirito per mezzo dell’amore.

Sei nato da una vergine e sei nato perché Dio ha posato la mano sul suo grembo, e sei nato per camminare sulle pietre del dolore, ed il tuo fianco morto fu trafitto, e scaturì, sotto la nube che oscurava il cielo, sangue ed acqua.

Quando giaceremo sul letto di morte, senza gioielli e a mani vuote e i paesaggi del mondo scompariranno sotto un cielo nero, e finalmente ci accosteremo a noi stessi, sorridi allora, donaci un sorriso del tuo corpo, permetti che ti gustiamo nel giorno della morte, che è un grande giorno di calma e di pace: il mondo felice, i figli riconciliati.

 

 

SABATO 8 GIUGNO 1991

 

“Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. (Mc. 12,43)

Il racconto della vedova che offre a Dio quanto ha (due monetine) conclude tutta una serie di discussioni che i “dotti” avevano ingaggiato con Gesù. Dopo tanto parlare, disquisire di teologia Gesù lascia che sia il gesto concreto di fede di questa donna a parlare. E il silenzio di questa donna, probabilmente analfabeta, parla più di tutte le affermazioni di scienza o di teologia. Non contano le parole, le manifestazioni altisonanti del culto e neppure i bigliettoni sbandierati di chi dà ma con la ricevuta fiscale detraibile dalle tasse degli uomini o da quelle presunte con Dio, conta questo gesto silenzioso ma di donazione totale nella fiducia che Dio è provvidenza. Chissà se al termine dei nostri incontri parrocchiali dove spesso si discute e sdottoreggia, o al termine delle nostre preghiere e celebrazioni, siamo capaci di terminare con un gesto simile a quello della vedova?

 

 

DOMENICA 9 GIUGNO 1991

 

“Il Signore Dio chiamò Adamo e gli disse: Dove sei?”. (Gen. 3,9)

Una riflessione di A. Pronzato: Di chi la colpa?

“Rispose l’uomo: “La donna che mi hai dato...” Rispose la donna: “Il Serpente mi ha ingannata”. Abbiamo cominciato presto a trovare i colpevoli. La colpa è del consumismo. La colpa è delle famiglie. La colpa è dei giovani. La colpa è del Concilio. La colpa è della gente che ha smarrito il senso del peccato. La colpa è dei preti che non parlano più dell’inferno. La colpa, naturalmente, è dei giornali. Ed è stato un gran brutto giorno quello in cui certa gente non ha più potuto dire: “La colpa è del comunismo. Già, La colpa è immancabilmente degli altri. “Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto. Mai una volta che l’uomo resista alla tentazione di nascondersi dietro alle colpe altrui. Le foglie di fico per coprire le proprie vergogne sono sempre a portata di bocca e di lingua. Di fronte a Dio che pone quella domanda semplicissima “Dove sei?”, dobbiamo imparare a presentarci nella verità nudità del nostro essere, senza sotterfugi, senza ridicole giustificazioni, senza alibi di comodo.

 

 

LUNEDI’ 10 GIUGNO 1991

 

“Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. (Mt. 5,7)

Gesù promette il Regno di Dio ai poveri in Spirito, agli afflitti, ai mansueti e agli affamati di giustizia. A tutti è comune questa caratteristica: la necessità non chiude, ma apre la loro vita. Lo stesso vale anche per i misericordiosi. Sono detti beati perché operano il bene, mettono la misericordia sopra la giustizia, non aggrediscono i]. prossimo ma ne alleviano le miserie e ne curano le ferite, e non tanto per la mitezza del loro temperamento, quanto piuttosto perché sono consapevoli di aver bisogno essi stessi della misericordia di Dio e di vivere incessantemente di essa. Se pensassi più sovente alla misericordia, alla pazienza di Dio nei miei confronti, quanta più pazienza, misericordia, carità, sarei disposto a dare ai miei fratelli!

 

 

MARTEDI’ 11 GIUGNO 1991

 

“Andando (a testimoniare) non prendete con voi né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone”.

(Mt. 10,10)

Quando Gesù manda gli apostoli a predicare il Regno di Dio esige da loro il. segno della povertà: non devono essere avidi di denaro, devono essere sobri nell’uso dei mezzi umani.., ma perché Gesù dice che non devono portarsi il bastone per i]. viaggio? Azzardo una interpretazione che forse non è troppo esegetica ma che mi sembra importante per il nostro essere cristiani: avere per le mani un bastone può essere una grande tentazione. Può venire in mente di non usarlo solo come mezzo di appoggio ma come arma per difendersi e per far sì, con la forza che altri accettino il nostro messaggio. E’ facile, in nome di Gesù, diventare prepotenti, esigere che altri la pensino come noi, non più offrire una proposta ma esigere un’adesione. La fede imposta con la forza, con la coercizione, con ricatti umani o religiosi non libera l’uomo e anche se accettata esternamente prima o poi viene considerata come un peso dal quale liberarci il più presto possibile.

 

 

MERCOLEDI’ 12 GIUGNO 1991

 

“Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”. (Salmo 15,11)

La gioia può diventare carità squisita, se comunicata. L’Irlandese della leggenda che, morto improvvisamente si avviò al tribunale divino, era un poco preoccupato: il. bilancio della vita gli si rivelava piuttosto magro. C’era una fila davanti a lui, e stette a vedere e a sentire. Dopo aver consultato il gran registro, Cristo disse al primo nella fila:

“Trovo che avevo fame, e tu mi hai dato da mangiare. Bravo! Passa in Paradiso!”. Al secondo: “Avevo sete e tu mi hai dato da bere”. A un terzo: “Ero in carcere e mi hai visitato”. E così via. Per ognuno, che veniva spedito in Paradiso, l’irlandese faceva un esame e trovava di che temere; lui, non aveva dato né da mangiare ne da bere, non aveva visitato né carcerati né malati. Venne il suo turno, tremava guardando Cristo, che stava esaminando il registro. Ma ecco che Cristo alza gli occhi e gli dice: “Non c’è scritto molto. Però qualcosa hai fatto anche tu: ero mesto, sfiduciato, avvilito: sei venuto m’hai raccontato delle barzellette m’hai fatto ridere e ridato coraggio.

 

 

GIOVEDI’ 13 GIUGNO 1991

 

Se dunque presenti la tua offerta Sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”. (Mt. 5,23-24)

Mi ha sempre fatto pensare questo esempio di Gesù: innanzitutto Gesù non lascia neppure il dubbio che un credente possa avere qualcosa con qualcun altro, un’ antipatia, un risentimento più o meno giustificato, o addirittura un sentimento di astio. Al contrario è sufficiente sapere che un altro ha qualcosa contro di me, perché io debba fare il primo passo verso la riconciliazione e andare a ristabilire la pace. Solo allora, la mia messa, la mia preghiera saranno gradite a Dio. La pace tra i fratelli è il presupposto della pace con Dio. Dovremmo davvero pensarci di più a questa chiara indicazione del Signore: le discordie, rendono la comunità incapace di presentare a Dio un culto gradito. Quando all’inizio della messa chiediamo perdono a Dio e ai fratelli, non è una semplice preghiera di rito! Da una messa veramente ben celebrata devo uscirne capace di gesti di perdono, di concordia, di pace.

 

 

VENERDI’ 14 GIUGNO 1991

 

“Se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te…” (Mt. 5,30)

Gesù ci chiede di essere eroici nella nostra fede.

Quando ero ragazzo per me l’eroe era come i personaggi di Salgari, sempre pronti a battersi per vincere qualche ingiustizia. Oggi penso che l’autentico “eroe”... L’autentico “eroe” è l’uomo qualunque che ha pazienza, è l’umile che accetta il mistero della vita, il mistero della fede, il mistero dell’eternità. Eroe è l’operaio flagellato dalla vita; è la madre ricca di paura per l’avvenire e di lacrime; è il prete solitario e amato solo da Dio, dimenticato da tutti, tormentato dalla sua solitudine e assetato di bellezza; è il giovane che si apre alla vita e la trova amara e malinconica... Eroe è colui che crede fino allo spasimo all’amore di Dio, al progetto infallibile della provvidenza, al mistero dell’infinito e dell’onnipotente; eroe è colui che ogni giorno accetta con pazienza e con sorriso la vita e aspetta l’incontro con Cristo.

 

 

SABATO 15 GIUGNO 1991

 

“L’amore di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per i tutti”. (2 Cor. 5,14)

S. Giuseppe Benedetto Cottolengo prese proprio questa frase di S. Paolo come motto per sé e per la sua istituzione a favore dei poveri e dei malati, Dovrebbe essere il motto di ogni cristiano: è solo guardando all’amore totale del Figlio di Dio che riusciamo ad amare: perché impegnare una vita per gli altri, per qualcuno che forse non ti dirà neanche grazie? Certo, se in quella persona tu non vedi tuo fratello e se non hai presente che Gesù è andato sulla croce per te, per lui, per tutti, diventa difficile. Tante volte rimpiango quei momenti di trasporto davanti alla croce di Gesù che avevano i santi perché se ne fossi capace e se con equilibrio e serenità sapessi trasportarli nella vita quotidiana, veramente l’amore di Cristo mi farebbe superare certe barriere che dividono dal fratello e che rendono la carità un dovere e non un atto di amore sincero,

 

 

DOMENICA 16 GIUGNO 1991

 

“Il Regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra, dormi o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce”. (Mc. 4,26-27)

PICCOLA STORIA DI DUE CHICCHI DI GRANO.

C’erano una volta due chicchi di grano. Un giorno furono mietuti contante altre spighe. Uno di essi finì in un sacco che fu messo da parte per la semina e, quando venne il momento adatto, fu gettato fra i solchi arati; al tepore della terra, morì come chicco, divenne seme, perse le sue vecchie caratteristiche, si aprì e diede luogo ad un piccolo germoglio che timidamente fece capolino, spuntò sotto l’azzurro del cielo e, pian piano, senza fare rumore, crebbe e divenne una spiga con tanti chicchi dorati. Fecondità di vita! L’altro chicco fu portato al mulino, macinato, frantumato, annullato in una polvere fine e bianca, la farina, e, così ridotto si trovò un bel giorno in un convento di clausura dove le monache, impastandolo con acqua pura, lo trasformarono in una candida ostia. Anche quel chicco, insieme ad altri, perse le sue caratteristiche per assumerne altre: diventò una particola che, in una parrocchia, come tante ce ne sono, ad una S. Messa, diventò Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo e trasmise la Sua nuova vita santa e feconda di bene ad una persona che..., a sua volta, sentì l’importanza di “morire” proprio come un piccolo chicco di grano per produrre molto frutto, con opere di carità.

 

 

LUNEDI’ 17 GIUGNO 1991

 

“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza”. (2 Cor. 6,2)

Si può dire che da parte di Dio, tutta la nostra vita trabocca di chiamate. La prima è senza dubbio la chiamata alla vita. Pur ammettendo e comprendendo tutto il peso della decisione dei genitori, io sono al mondo per un volere divino. Alla prima chiamata ne seguono altre: chiamata al Battesimo, ai sacramenti, al servizio, all’amore. Bisogna solo accorgersi del Signore che chiama. Oggi mi passerà vicino in mille modi ed è proprio oggi che devo rispondergli. Non devo aspettare la grande occasione, che forse non arriverà mai. Devo invece accoglierlo oggi, perché la sua chiamata di oggi è irripetibile.

 

 

MARTEDI’ 18 GIUGNO 1991

 

“Amate i vostri nemici e perdonate i vostri persecutori”. (Mt. 5,44)

Siamo davanti alla pagina più esaltante e più difficile di tutto il Vangelo, il culmine dell’insegnamento di Gesù, ma anche la regola più “inumana”. Sembra impossibile poter amare un nemico sul serio! E anche certi modi di amare i nemici proclamati da certi cristiani suonano “ipocrisie”: ti amo perché l’ha comandato il Signore, perché non posso farne a meno, ma se dipendesse da me...; oppure: ti amo, ti perdono.., ma stammi alla larga perché non so fino a quando tengo. “Signore, se sono onesto fino in fondo ti devo dire che non ne sono capace e che spesso "fingo di amare i nemici"; ma poi guardo a te, alla tua croce e al perdono sincero e amorevole che di là hai dato a chi ti crocifiggeva e allora... Portaci tu a questo amore che va al di là delle nostre forze e saremo veramente tuoi figli”.

 

 

MERCOLEDI’ 19 GIUGNO 1991

 

“Chi semina con larghezza, con larghezza mieterà”. (2 Cor. 9,6)

Come molti che lo hanno sperimentato personalmente, anch’io, nella mia vita posso affermare che è proprio così: più dai e più Dio ti dà. Oh, intendiamoci bene: Dio non fa di professione il banchiere e non è proprio detto che per il fatto che hai dato centomila a un povero, debba arrivarti a stretto giro un dono da duecentomila, o perché hai fatto una buona azione subito ti debba essere restituita da qualcun’ altro; dico soltanto di aver sperimentato più volte che il dare con gioia ha già una sua ricompensa insita nel fatto stesso che dai e che in un modo o nell’altro Dio ti ricompensa. E poi, se pensi ai doni che Dio ti ha già fatto non è forse proprio lui che è partito per primo nel donare gratuitamente?

 

 

GIOVEDI’ 20 GIUGNO 1991

 

“Dio ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione”. (2 Cor. 1,3-4)

Mi sembra che questa frase di S. Paolo esplichi molto bene la devozione semplice, popolare di quei tanti torinesi che passano al Santuario della Consolata. Nei due anni in cui quasi quotidianamente ho avuto l’opportunità di vivere all’ombra di quel santuario ho visto tante persone di ogni ceto sociale entrare alla “Consolata” per devozione a Maria, per cercare la consolazione del perdono nel sacramento della penitenza, per portare a Maria preoccupazioni di ogni tipo. E Maria, la consolata nel suo dolore diventa colei che consola, per spingerci verso la città dei soli per far loro compagnia. Ricordo particolarmente una persona a me cara e vicina che almeno una volta al mese andava alla Consolata per “portarvi la sua famiglia” e che quando tornava riportava alla sua famiglia la pace, la gioia, e la consolazione che vi aveva trovato.

 

 

VENERDI’ 21 GIUGNO 1991

 

“La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce”. (Mt. 6,22)

Vederci bene è una grande grazia di cui forse non ci rendiamo conto abbastanza fino a quando la nostra vista si indebolisce. Ma, se andiamo un po’ più a fondo, comprendiamo che nella vita non basta “vedere le cose”, anche le cose “viste” possono ingannare: per vederci bene bisogna guardare in alto! Un giorno una donna andò ad una fontana e vide in mezzo all’acqua un frutto roseo, maturo, polposo. Subito allungò la mano per prenderlo, ma agitando le acque il frutto sparì. Ritirò la mano e il frutto riapparve. Non si rendeva conto. Siccome la fontana con l’acqua era una piccola vasca, la vuotò per afferrare meglio il frutto. Quando l’acqua finì di scorrere, il frutto non c’era più. Delusa, stava per ripartire, quando sentì una voce: il frutto che vuoi cogliere in basso, sta in alto. Alza gli occhi. Difatti, dagli alti rami di un albero che si specchiava nella fonte pendeva il frutto che le acque riflettevano come in uno specchio.

 

 

SABATO 22 GIUGNO 1991

 

“Mi è stata messa una spina nella carne... A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed Egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia, lì mia potenza, infatti si manifesta nella debolezza”. (2 Cor. 12,7-9)

Avevo chiesto a Dio la forza per raggiungere il successo, egli mi ha reso debole, affinché impari umilmente a obbedire.

Avevo chiesto la salute per fare grandi cose, mi ha dato l’infermità perché faccia cose migliori.

Avevo chiesto la ricchezza per essere felice, mi ha dato la povertà perché possa essere saggio.

Avevo chiesto il potere per essere apprezzato dagli uomini, mi ha dato la debolezza per provare il bisogno di Dio.

Avevo chiesto un compagno per non vivere solo, mi ha dato un cuore per amare tutti i miei fratelli.

Avevo chiesto delle cose che potessero rallegrare la mia vita, ho ricevuto la vita per rallegrarmi di tutte le cose. Non ho ricevuto nulla di quanto avevo chiesto ma ho ricevuto quanto avevo sperato.

Mio malgrado le preghiere non formulate sono state esaudite. lo sono fra gli uomini il più soddisfatto. 

(Testo anonimo, inciso su una tavoletta di bronzo in un istituto di rieducazione a New York).

 

 

DOMENICA 23 GIUGNO 1991

 

“Si sollevò una grande tempesta di vento e gettava le onde nella barca e Gesù dormiva”. (Mc. 4,37)

Gesù comanda al mare e al vento, mentre esorta gli apostoli ad avere più fede. Sembra quasi una storiella fantasiosa per rassicurare i meno coraggiosi, ma è una parola evangelica per tutti coloro che si trovano nella tempesta con Gesù Cristo, e si accorgono spaventati che egli sembra dormire. Avere Cristo nella nostra barca non significa essere certi che tutto andrà bene, nonostante la tempesta. Significa essere convinti che tutto sta andando per il meglio in mezzo alla tempesta. Gesù non ci assicura contro i rischi dei viaggio, non ci garantisce il “bello stabile”. Ci chiede un posto e basta. ...Forse dimentichiamo che lo scopo, la destinazione del nostro viaggio è Lui. Gli apostoli non sono arrivati quando hanno toccato l’altra riva, ma nel momento stesso in cui hanno preso Gesù nella barca.

 

 

LUNEDI’ 24 GIUGNO 1991

 

“Il Signore dai seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome”. (Is. 49,1)

Chissà perché sono al mondo? Che senso ha la mia vita? ce lo siamo chiesti tutti in qualche momento! Le risposte della scienza, delle filosofie non riescono a convincerci totalmente. E’ solo credendo in un Dio che ci ama personalmente, che possiamo dare un senso al nostro esistere. Dio ha pensato a te dall’eternità. Sei sua creatura, suo figlio. Dio pensa a te, oggi. Ha un progetto proposta su di te, oggi. Dio pensa a te anche per il domani e il domani di Dio si chiama eternità. Se crediamo a questo, tutto ha un senso: la gioia della vita in tutti i suoi aspetti positivi e negativi diventa lode e ringraziamento; cerco di scoprire quale sia il progetto di Dio su di me, oggi; so che la misericordia del Padre è più grande di qualunque peccato; so che sono destinato all’eternità con Lui.

 

 

MARTEDI’ 25 GIUGNO 1991

 

“Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci”. (Mt. 7,6)

Gesù sa il valore delle cose: sa che l’amore che Dio ha per noi è prezioso, Lui lo ha pagato con il suo sangue; sa che i sacramenti che ci ha dato hanno in sé una grazia di valore incommensurabile e allora ci dice: “Attenti a non svendere a basso prezzo questi doni preziosi”. Quando si fanno battezzare i bambini perché “tutti fanno così”, quando ci si confessa senza conoscere i). proprio peccato o senza pentirsi; quando si riceve l’Eucaristia come abitudine e senza impegno, noi svendiamo, svalutiamo questi doni preziosi. Quando i sacramenti non ci portano a cercare di concretizzarli nel quotidiano, noi diventiamo dei ritualisti, consideriamo Dio come uno che fa facili miracoli, non lasciamo che la grazia penetri in noi. Vedete allora che i sacramenti non sono per i buoni (nessuno potrebbe accostarsi) ma sono per coloro che vogliono lasciare che la grazia di Dio operi. La responsabilità davanti ad essi non è tanto prima di riceverli ma dopo averli ricevuti, affinché portino in noi le cose preziose che in essi ci vengono regalate.

 

 

MERCOLEDI’ 26 GIUGNO 1991

 

“Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci”. (Mt. 7,15)

Questa frase di Gesù ha un doppio valore: metterci in guardia contro i falsi profeti e farci riflettere sul fatto se noi, chiamati, ad essere profeti, siamo buoni o falsi amici di Dio e testimoni della Parola.

Ecco una cruda, ma molto realistica descrizione dei falsi profeti di Charles Peguy:

Poiché non hanno la forza e la grazia di essere della natura, credono di essere della grazia.

Poiché non hanno il coraggio del temporale, credono di essere entrati nella penetrazione dell’eterno.

Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo, credono di essere di Dio.

Poiché non hanno il coraggio di scegliere uno dei partiti dell’uomo, credono di essere del partito di Dio.

Poiché non sono dell’uomo, credono di essere di Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare Dio.

 

 

GIOVEDI’ 27 GIUGNO 1991

 

“Non chiunque mi dice: “Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt. 7,21)

Proprio Gesù che ci ha insegnato a pregare, ora ci dice che la preghiera non basta: non basta scaricare i nostri problemi su Dio, anzi la preghiera deve renderci ancora più responsabili dell‘azione. Pensiamo un momento a questo semplice raccontino:

A un discepolo che pregava incessantemente il maestro disse: “Quando smetterai di appoggiarti a Dio e ti reggerai sulle tue gambe?”. Il discepolo era sbalordito: “Ma proprio tu ci hai insegnato a guardare Dio come Padre!”. “E quando imparerai che un padre non è qualcuno a cui appoggiarsi, ma qualcuno che ti libera, dalla tendenza ad appoggiarti?”.

 

 

VENERDI’ 28 GIUGNO 1991

 

“Signore, se vuoi puoi sanarmi”. (Mt. 8,2)

Questa invocazione del lebbroso è una frase che penso tante volte, in modi diversi, abbiamo gridato anche noi al Signore: è un atto di fede in chi può tutto ed un implorare abbandonandosi fiduciosamente, ma è anche una frase che il Signore rivolge a noi come aveva già rivolto a Caino: “Il male è sopra di te, ma se tu vuoi puoi dominarlo”. “Signore, se vuoi tu puoi guarirci, ma aspetti che anche noi lo vogliamo e questo non sempre ci risulta facile. Facci vedere la lebbra che corrode il nostro cuore perché nasca in noi il desiderio di venire a te, che puoi donarci la salvezza, nei secoli dei secoli”.

 

 

SABATO 29 GIUGNO 1991

 

“Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. (Mt. 16,18)

Chissà perché proprio Pietro? C’era Giovanni che amava sinceramente Gesù. C’erano tipi come S. Paolo con una cultura e una intelligenza più che notevole... Gesù sceglie Pietro: l’impulsivo, il timoroso, l’uomo dalla cultura limitata. lo però, istintivamente, sono d'accordo con Gesù. Forse perché in Pietro mi ritrovo più che in altri. Pietro mi è molto più vicino nella sua peccabilità, nella sua ottusità come nei suoi slanci, nel suo amare in modo concreto, nel suo non far troppe teorie.., e mi sembra, nel leggere questa scelta di Gesù, di vedere l’eterna chiamata adatta a ciascuno di noi. Gesù ci ama per quello che siamo, ci chiama là dove ci troviamo, costruisce non secondo le dotte teorie di teologi e moralisti ma con il materiale che trova in noi.

 

 

DOMENICA 30 GIUGNO 1991

 

“Ora una donna malata, venne tra la folla, e gli toccò il mantello”. (Mc. 5,27)

La folla sta schiacciando Gesù, ma tra tutti coloro che toccano, spingono, pregano, urlano è questa donna anonima che riesce ad avere con lui il  vero contatto. Nella mia vita, quanti contatti con il Signore. Quante preghiere, quante Comunioni eucaristiche, ma sono guarito dal mio male, dal mio peccato? Posso essere sempre addosso a Gesù, posso asfissiarlo con le parole delle mie preghiere, posso maneggiarlo in continuazione ma rimanere un estraneo. C’è una enorme differenza tra l’essergli tra i piedi e lo stargli vicino. E’ il toccare deciso, ma discreto, quasi timoroso della fede vera quello che conta e che può lasciar passare da Cristo a me il dono della grazia.

 

 

 

 

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