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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MARZO  1991

 

 

 

VENERDI’  1 MARZO 1991

 

“I fratelli per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto". (Gen. 37,28)

Giuseppe venduto dai suoi fratelli è figura di quanto succederà a Gesù che sarà consegnato dai suoi nelle mani degli stranieri ed è anche simbolo del fatto che Dio da un male prepara e fa scaturire un bene. Certe prove nella nostra vita ci sfiancano e sono terribilmente misteriose. Noi ci lamentiamo con Dio e gridiamo “Perché?”; non vediamo lo scopo di certe sofferenze, quasi pensiamo che Dio si sia dimenticato di noi. Dio ha un piano di amore che va ben più in là dei nostri piccoli e a volte meschini progetti. Bisogna fidarci! Puntiamo il nostro sguardo Su Gesù specialmente in questa quaresima. Dio lascia che Gesù sia tradito, abbandonato, ucciso dalla perfidia di pochi uomini. Gesù stesso trova difficile questo e prima di dire non la mia ma la tua volontà sia fatta” suda sangue, ma Dio, attraverso la morte di suo Figlio, darà a tutti i suoi figli la salvezza. Se provassimo a vedere le nostre prove e sofferenze in questo senso non avremmo forse più speranza e forza nell’affrontarle?

 

 

SABATO 2 MARZO 1991

 

“Il padre gli disse: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che é mio è tuo”. (Lc 15,31)

Nella parabola del Figliol prodigo mi ha sempre colpito la figura del Figlio maggiore. Tanti predicatori lo hanno fatto diventare un figlio degenere. Mi pare che nelle intenzioni di Gesù non sia così. E’ un figlio che non è scappato di casa. E’ un figlio che torna dal lavoro dei campi: è un figlio buono. L’unico difetto, grave se vogliamo, è che non ha capito il perché del suo agire. Insomma è uno che fa bene ma non ama. Ama poco il padre: è interessato agli averi, ha poca confidenza con lui: non gli ha mai neppure chiesto un capretto per far festa, non vede nel fratello un fratello ma solo un peccatore e uno che ha dilapidato dei soldi del padre che forse avrebbero potuto essere suoi. Gesù ci ama quando vede che facciamo il nostro dovere. Il premio non ci mancherà: “quello che è mio, è tuo” ma ci chiede di amare: amare Lui, la sua volontà, vedere negli altri dei fratelli amati, non essere invidiosi per il perdono accordato ma gioiosi per i doni che Dio riversa su tutti. Se pensiamo di essere un po’ come questo figlio maggiore, ringraziamo Dio di non essere scappati di casa, ma non chiudiamo la porta di casa perché “Nella casa del Padre mio ci sono molti posti” e solo insieme con altri la festa sarà più completa.

 

 

DOMENICA 3 MARZO 1991

 

“Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi”. (Gv. 2,15)

E’ facile, davanti all’episodio della cacciata dei venditori del tempio, dire: “Ben gli sta!” e magari rincarare la dose “Se Cristo oggi intervenisse davanti a certi commerci anche religiosi”. Ma senza nulla togliere al bisogno di purificazione del religioso da tutto ciò che è commercio, penso i che non possiamo starcene in un cantuccio a guardare. Gesù con questo gesto vuole invitarci a purificare la nostra religiosità. Non è forse vero che spesso anche noi i mercanteggiamo con Dio? “Io ti faccio questa preghiera ma tu devi...” Non è forse vero che qualche volta usiamo la religiosità come ipocrita maschera alla nostra incapacità e non volontà di voler bene al prossimo? Dio non accetta le genuflessioni di chi calpesta la giustizia. Non consente di sostituire con un “omaggio religioso” ciò che è dovuto al prossimo. Gesù viene oggi a buttar per aria certe nostre bancarelle. Lasciamoci mettere un po’ in crisi... e, attenti: dopo poche ore al tempio di Gerusalemme, i venditori sono certamente tornati!

 

 

LUNEDI’ 4 MARZO 1991

 

“In quel tempo Gesù giunse a Nazareth”. (Lc. 4,23)

Gesù ritorna al suo paese dove ha trascorso l’infanzia, conosce tutti, dove abita sua madre.., e invece di trovare un’accoglienza gioiosa, comprensiva, attenta trova solo curiosità, desiderio di miracoli facili, avversione. Proviamo a pensare: Gesù oggi verrà da noi con la sua parola, forse con l’Eucaristia, dalle pagine del giornale, dalle persone che incontreremo... Penserà: “Mi troverò bene da quel mio amico, accolto con gioia da colui al quale ho fatto tanti doni, mi ascolterà, gioirà con me... Ed io che cosa gli do? Una preghiera fatta in fretta? Un “ripassi domani, oggi ho impegni”? O addirittura nella mia indifferenza non mi accorgerò neppure della sua venuta? Ricordiamoci delle parole del libro dell’Apocalisse: “Tu non sei né caldo né freddo, perciò io ti vomiterò da me”.

 

 

MARTEDI’ 5 MARZO 1991

 

“Trattaci secondo la grandezza della tua misericordia”. (Dan. 3,42)

Può sembrare quasi fuori luogo commentare questa bellissima preghiera con una poesia d’amore scritta da una ragazza americana, ma penso ci aiuterà oggi a riflettere sulla grande misericordia che Dio ha con noi e sulle tante occasioni di gratitudine che noi perdiamo.

“Ricordi il giorno che presi in prestito la tua macchina nuova e l’ammaccai?

Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l’hai fatto.

E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?

Credevo che avresti esclamato: “Te l’avevo detto”. Ma tu non l’hai fatto.

Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?

Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l’hai fatto.

Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?

Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l’hai fatto.

E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans? Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l’hai fatto.

Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.

Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.

C’erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam.

Ma tu non sei tornato.”

 

 

MERCOLEDI’ 6 MARZO 1991

 

“Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti”. (Mt. 5,17)

Abituati a forme di stretto legalismo spesso ci è comodo pensare che Gesù ci esima da ogni legge e osservanza. Ma le norme dell’Antico Testamento, vissute con amore sono come una lampada. Nei tempi remoti, in Giappone, si usavano lanterne di carta e di bambù con le candele dentro. Una notte, a un cieco che era andato a trovarlo, un tale offrì una lanterna da portarsi a casa. “A me non serve una lanterna”, disse il cieco. “Buio o luce per me sono la stessa cosa”. “Lo so che per trovare la strada a te non serve una lanterna”, rispose l’altro, “ma se non l’hai, qualcuno può venirti addosso. Perciò devi prenderla”. Il cieco se ne andò con la lanterna, ma non era ancora andato molto lontano quando si sentì urtare con violenza. “Guarda dove vai!”, esclamò il cieco allo sconosciuto. “Non vedi questa lanterna?. “La tua candela si è spenta, fratello”, rispose lo sconosciuto.

 

 

GIOVEDI’ 7 MARZO 1991

 

“Gesù stava scacciando un demonio che era muto”. (Lc. 11,14)

Penso che tutti abbiamo notato che la maggioranza dei miracoli nel Vangelo riguardano muti e ciechi. Gesù, chiaramente, vuole indicarci qualcosa con questo. L’incontro con una persona che non può sentire né vedere è sempre un’esperienza sconvolgente. Si avverte dolorosamente quello che gli manca per avere con gli altri un rapporto più profondo. Ma è ancora più doloroso il contatto con una persona che ha chiuso il proprio cuore al prossimo e a Dio, condannandosi a un isolamento che minaccia la sua stessa umanità. L’ultima scoperta in fatto di malattie si chiama “sindrome dell’uomo invisibile”. Una persona ci è davanti tutti i giorni, a tavola, in salotto, a letto. Ne avvertiamo la presenza fisica, eppure non la vediamo. Ci rifiutiamo, si direbbe di guardarla. Buscaglia racconta di un uomo e una donna che si erano sposati, avevano avuto quattro figli, li avevano cresciuti bene, li avevano aiutati a sposarsi. La sera del matrimonio dell’ultima figlia, quando si ritrovarono loro due, soli, nella casa ritornata vuota, si sedettero uno di fronte all’altra. Lui guardò a lungo lei. Poi disse: “Chi diavolo sei, tu?”.

 

 

VENERDI’ 8 MARZO 1991

 

“Torna, Israele, al Signore tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità”. (Os. 14,2)

Ritornar può essere una delle cose più difficili. Quando ho affermato, magari con foga una determinata cosa, anche se me ne accorgo che non è la più giusta, è difficile tornare indietro: ne va della mia faccia! Altre volte tornare indietro significa chiedere scusa ed anche qui è difficile: ci si sente umiliati, giudicati... e lo stesso orgoglio che ci ha fatto sbagliare ci impedisce di tornare, di ricostruire e così spesso la spaccatura diventa più larga della prima. Ma se tra gli uomini, chiedere perdono e ricominciare umilmente è uno degli atti più difficili ma più nobili che si possa compiere, davanti a Dio dovrebbe essere più facile e ancora più gioioso. Dio non ti giudica se ritorni, ma ti aspetta a braccia aperte. Dio non ti sbatte mai la porta in faccia ma è disposto a far festa per “un figlio che si era perduto ed è ritornato, che era morto ed è tornato alla vita”.

 

 

SABATO 9 MARZO 1991

 

“Il vostro amore è come una nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce”. (Os. 6,4)

“Ti amo con tutto il cuore”. Ogni volta che recito il “Vi adoro” questa frase diventa per me un richiamo ed un rimprovero. Mi accorgo giorno per giorno della mia povertà di amore. E’ facile in certi momenti della vita amare il Signore, sentire il cuore riempirsi di tenerezza pensando a Lui, ma spesso basta un nonnulla, basta passare dall’adorazione davanti al tabernacolo alla persona che magari con impazienza esige da te qualcosa per accorgersi come questo amore tanto conclamato si sia già sciolto come rugiada ai primo tepore dell’alba. Non so se sia una fuga, ma vedo che mi aiuta allora il cambiare le parole del “Ti adoro” dicendo e pensando: “Tu mi ami con tutto il cuore”.

 

 

DOMENICA 10 MARZO 1991

 

“La luce è venuta nel mondo”. (Gv. 3,19)

C’è chi desidera la luce e c’è chi odia la luce. Gesù con la sua venuta, le sue parole, le sue testimonianze è la potente luce che illumina il nostro essere e il nostro agire. Noi invochiamo la luce dello Spirito ma poi qualche volta abbiamo paura di quello che questa luce mette in evidenza. Quando ci sono di mezzo le nostre magagne preferiamo il buio o almeno la penombra, questo perché difficilmente abbiamo il coraggio di riconoscere i nostri torti. Siamo un po’ come Nicodemo che andato di notte a cercare Gesù, trova la luce, ma esita ad aprirsi al dono di Dio, a fare il salto della fede che potrebbe salvarlo. La luce di Dio illumina un mistero difficile ma l’unico che può salvare: la croce di Cristo.

 

 

LUNEDI’ 11 MARZO 1991

 

“Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. (Gv. 4,48)

Si è sentito molto parlare in questi ultimi tempi di gruppi di preghiera dove le guarigioni sono all’ordine del giorno. Da parte di qualcuno c’è perplessità, da parte di altri gioia del ritrovato carisma delle guarigioni, da parte di altri la corsa al facile miracolo. La preghiera è già un miracolo. Gesù stesso ha detto che avrebbe accompagnato l’opera degli apostoli con segni e miracoli, ma facciamo attenzione alle parole che Gesù ci dice oggi: la fede non dipende dai miracoli. Gesù nella sua vita terrena non ha sanato tutti i malati, non ha risorto tutti i morti (ed anche i pochi fatti risorgere da Lui sono poi morti di nuovo), ha invece chiesto all’uomo di fidarsi della volontà del Padre, anche quando questa ci pare incomprensibile. Chiediamo pure, con fede in Dio, tutto ciò che ci pare buono per noi e per i nostri fratelli, consci che se è cosa buona Dio ce la darà, ma fidiamoci che se anche non siamo esauditi nell’immediato, il Signore che ascolta le nostre preghiere sempre, saprà darci Lui quello che è veramente buono e giusto per noi.

 

 

MARTEDI’ 12 MARZO 1991

 

“Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita”. (Gv. 5,7)

Suor Enrica Ederle, che fa parte di un’equipe di Missionarie Comboniane incaricate dal governo della cura della lebbra in una vastissima zona del Sudan meridionale, ha confidato ad un redattore dell’Aimis una sua esperienza in un villaggio di lebbrosi nel distretto di Yrrol (Rimbèk): “Avevamo distribuito medicine, sapone, latte e vestiti perché faceva freddo. Per i lebbrosi è sempre festa quando arrivano le suore. Ma quando si deve partire e bisogna lasciarli così lontani, soli, senza risorse, ti senti veramente triste ed impotente davanti a tanta miseria. Prima di salutarli sostiamo con loro per una preghiera. Il capo, lui pure lebbroso, così prega con i moncherini alzati: ‘O Dio grande, noi ti ringraziamo per tutto quello che le suore ci hanno portato. Ti ringraziamo perché hai dato loro le mani ed i piedi e glieli hai lasciati, così ci vengono a trovare e ci portano i tuoi doni. Grazie, o Dio, per le loro mani e per i loro piedi perché noi non li abbiamo più... Forse tu ce li hai tolti in punizione dei nostri peccati”. In quel momento — commenta la suora —mi sono sentita veramente piccola e miserabile. Chissà se io potrei avere ancora mani e piedi se Dio mi avesse punita per i miei peccati... Da allora mi sento molto più povera dei malati di lebbra perché meno capace di capire ed apprezzare i doni di Dio”.

 

 

MERCOLEDI’ 13 MARZO 1991

 

“Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma i passato dalla morte alla vita”. (Gv. 5,24)

“Come sarà il giudizio finale?”, “Dio farà l’esame di tutti i miei peccati?”. A volte, quasi sgomenti, viene da pensare all’esame finale quasi come a un qualcosa che dovesse sorprenderci, stupirci. Gesù invece ci dice che il giudizio non sarà altro che la ratifica di quanto noi abbiamo già scelto e operato in vita. Chi crede in Lui è già entrato nella vita eterna. Ogni nostro atto, vissuto nel tempo ha già sapore di eternità, e il nostro essere e il nostro agire determinano l’eternità. Ci hanno insegnato i nostri vecchi a meditare sui “Novissimi” (morte, giudizio, inferno e paradiso) ed hanno ragione ma non tanto per metterci paura pensando al futuro, quanto piuttosto perché ogni mio momento è scelta che vale per l’eternità. Faccio un esempio: io mi accorgo che oggi il. perdonare mi costa, ma se lo vedo come scelta di eternità non lo farò più volentieri ed anche con più forza?

 

 

GIOVEDI’ 14 MARZO 1991

 

“Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza”. (Gv. 5,39)

Specialmente in quest’ultima parte del secolo c'é stata da parte dei cattolici una grande riscoperta della Bibbia. Tutti i credenti vogliono essere consci delle proprie origini e tutti giustamente vogliono attingere direttamente alla fonte della fede. Ma molti dopo aver aperto la Bibbia, specialmente l’Antico Testamento, restano perplessi: “Un libro strano... lontano da noi... parla di storia, di guerre.. certe pagine poi sono proprio poco edificanti”.  Nella Parola al giorno di oggi, Gesù ci dà l’unica chiave per poter leggere la Sacra Scrittura e interpretarla cor­rettamente: è Lui il centro della storia della salvezza; tutto quello che è avvenuto prima era in vista di Gesù e tutto quello che è avvenuto nella storia della Chiesa è conseguenza di Gesù Salvatore del mondo. Leggiamo dunque sovente questa nostra storia di salvezza ma pensandola per Cristo, con Cristo, e in Cristo e allora ci apparirà come un lungo filo d’amore che Dio ha intessuto per noi.

 

 

VENERDI’ 15 MARZO 1991

 

“Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni”. (Sap. 2,12)

La morte di un innocente suscita un senso di profonda ribellione, ma può essere conseguenza di un errore giudiziario commesso da giudici in buona fede. Ben più grave è la condanna consapevole di un giusto riconosciuto come tale. La decisione di sopprimerlo non può che derivare dal fatto che gli uomini non sopportano che qualcuno, con l’esempio e la parola li ponga inesorabilmente di fronte all’esigenza di cambiar vita. Così è successo per Gesù: dava fastidio, metteva in evidenza l’ipocrisia. Anche oggi capita a noi di trascurare il Signore, di “chiuderlo in chiesa” perché ci dà fastidio, ci scombina i programmi, ci propone dei cambiamenti drastici e allora, pur non escludendolo, cerchiamo mille modi per neutralizzarlo, per renderlo il più innocuo possibile. Ma Gesù pur nella sua mitezza e misericordia continua a gridarci con tutto se stesso: “Non si può servire a due padroni”.

 

 

SABATO 16 MARZO 1991

 

“Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo”. (Gv. 7,46)

La gente, perfino i soldati incaricati di arrestano, sono stupiti dalle parole di Gesù: parole di attenzione, di liberazione, di gioia, di richiamo ai valori di Dio... Come sono le nostre parole? Ci aiuta in questa breve riflessione R. Guelluy:

“Ci sono parole che fanno più male di uno schiaffo e parole che segnano per sempre, con una forza distruttiva che ha in sé qualcosa di irrimediabile... ci sono parole che uccidono, parole che non avrebbero mai dovuto essere pronunciate. Ma ci sono parole che trasformano una vita, parole di fiducia che rialzano dalla disperazione. Ci sono richiami definitivi che decidono un’esistenza e determinano il cammino di una persona”.

 

 

DOMENICA 17 MARZO 1991

 

Domandarono a Filippo: “Vogliamo vedere Gesù”. (Gv. 12,21)

E’ questa l’esigenza, la richiesta più urgente del mondo d’oggi nei confronti dei cristiani. Sembra che l’uomo d’oggi abbia tutte altre preoccupazioni, ma il suo correre continuo, la sua frustrazione e insoddisfazione lo portano a questa sete di Dio. Ma l’uomo non vuole ‘‘dimostrazioni” di Dio, non ha bisogno di discorsi eruditi su di Lui, ha sete di incontrano personalmente. E noi siamo chiamati ad essere trasparenza di Dio. Se qualcuno oggi ci abbordasse e ci domandasse come a Filippo: “Vorrei vedere il Signore...” lo accompagneremo in una biblioteca religiosa, in una chiesa, da un prete, oppure...

 

 

LUNEDI’ 18 MARZO 1991

 

“Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”. (Gv. 8,7)

Oggi si è così indulgenti verso l’adulterio, che l’atteggiamento di Gesù non ci sorprende più. Ma c’è forse un malinteso tra il suo modo di fare e il i nostro? Se noi siamo indulgenti, non dipenderà dal fatto che prendiamo il peccato meno sul serio? Gesù da parte sua non relativizza il peccato dell’adultera. Non cerca di rassicurarla dichiarandole, per esempio, che tutto ciò è senza importanza. Al contrario le dice: “d’ora in poi non peccare più”. Tuttavia non vuol rinchiudere gli uomini nel loro peccato; crede nella possibilità di conversione per ciascuno di noi. Gesù non tranquillizza, ma chiama ad una vita rinnovata, ad un amore ricostruito al di là degli egoismi e delle incomprensioni reciproche.

 

 

MARTEDI’ 19 MARZO 1991

 

“Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo”. (Mt. 1,24)

Di San Giuseppe non sappiamo molto. Non ci è stata tramandata neppure una frase di quest’uomo silenzioso e disponibile alla parola di Dio che si fa udire nel suo cuore. Più volte è invitato a compiere, al di là del rischio e dell’incertezza, delle scelte che impegnano la sua coscienza di credente. Senza pretendere garanzie per la propria azione, egli accetta innanzitutto di vivere i problemi e le domande che gli si pongono, fidandosi. Giuseppe mi indica la strada vera dell’amore umano e divino: fidarsi; mi indica la strada della risposta alla vocazione: lavorare umilmente; mi indica la strada della testimonianza: il silenzio denso di Dio

 

 

MERCOLEDI’ 20 MARZO 1991

 

"Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”. (Gv. 8,38)

La libertà—liberazione è certamente il problema che più assilla gli uomini del nostro secolo. Prima si è sentito il bisogno di liberare tanti popoli dalle dittature, poi si è sentita la necessità di garantire a ogni nazione una vera indipendenza da altre nazioni o blocchi; ora si sente il bisogno di sottrarsi alla schiavitù dei poteri economici (intere popolazioni affamate e incapaci di attuare una politica economica adeguata); infine si avverte la necessità di essere liberati dal controllo delle informazioni.

Ci sono poi tante altre forme minori, ma non meno nocive, di schiavitù: la non—libertà di coscienza, di opinioni, di culto, di associazione, eccetera. Giustamente, si cerca oggi, da parte degli spiriti onesti, di garantire a ogni uomo e a ogni comunità tutte.. le libertà legate ai diritti umani. Ma si dimentica facilmente che tutte quelle libertà non si realizzano veramente, se non sono sostenute e garantite dalla libertà interiore, di fronte al peccato, all’egoismo, all’errore. Dobbiamo cominciare ciascuno da se stesso, a liberarci dalla schiavitù del peccato. Ed è proprio a questo livello, che sentiamo il bisogno di Gesù Cristo, Verità e Vita, Luce e Via: Lui ci libera dal peccato, e ci fa veri liberatori dei nostri fratelli.

 

 

GIOVEDI’ 21 MARZO 1991

 

“Essi però insistevano a gran voce chiedendo che venisse crocifisso”. (Lc. 23,23)

Stupiscono questo accanimento, questa mancanza di misericordia, questo fanatismo. Qui non risuona alcuna voce a favore della giustizia e del Giusto: Colui che non era venuto a giudicare il mondo, ma a salvarlo, viene condannato da tutti. Mi scandalizzo davanti a questo, ma poi ripenso: e le mie condanne? e i miei giudizi inappellabili nei confronti degli altri? il mio modo spiccio di “liquidare” gli altri appiccicandogli addosso un’etichetta superficiale e indelebile? E il mio accodarmi agli altri? l’andare con la maggioranza? il rincarare la dose? E allora non mi stupisco più perché neppure io ho il coraggio di alzare la mia voce in difesa del giusto. Fammi capire, Signore, che non basta scandalizzarci del silenzio e della incomprensione di altri, ma che devo cominciare ad aver compassione io, che devo cominciare almeno a non diventare connivente con il silenzio.

 

 

VENERDI’ 22 MARZO 1991

 

“Essi allora presero Gesù ed Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio”. (Gv. 19,17)

Mi ha sempre stupito quella legge ingiusta che, oltre a condannare a morte costringeva il condannato anche a portarsi il legno del patibolo fino al luogo dell‘esecuzione. Ma anche in questo Gesù ci è di esempio: la croce non è solo il momento finale: è anche il cammino della vita: “Se qualcuno mi vuol seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt. 8,34). La croce non è un “optional” è il quotidiano per chi vuol essere cristiano. E se è vero ed anche giusto che uno le croci non se le deve andare a cercare, è altrettanto vero che esse ti piombano sulle spalle o sono la conseguenza di certe scelte. Convincimi, o Signore, che la salvezza non è fuggire la croce, che non è possibile seguirti al Calvario da turista, da osservatore. E’ un mistero, non lo capisco, ma se tu lo hai accettato, e io mi fido di te, non posso tirarmi indietro.

 

 

SABATO 23 MARZO 1991

 

“Mentre lo conducevano via, requisirono un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù”. (Lc. 23,26)

Simone di Cirene è uno che “non c’entra” ma e uno che in un modo o nell’altro “porta sollievo”. Quante volte noi non c’entriamo. Che cosa mi riguarda la malattia, la fame, la solitudine, l’abbandono, i problemi economici, le difficoltà familiari degli altri? E come Caino rispondiamo a Dio: “Sono forse io il guardiano di mio fratello?” Eppure le spalle di Simone Cireneo, magari brontolante hanno per lo meno alleviato le spalle doloranti del Salvatore. E’ vero che non sono io a risolvere il problema della fame nel mondo, ma è vero che posso dare almeno un panino e una coperta al marocchino che muore di fame e di freddo. E’ vero che non so far miracoli per guarire gli ammalati, ma un sorriso, un atteggiamento di condivisione, possono dare fiducia.

 

 

DOMENICA 24 MARZO 1991

 

“Andate nel villaggio di fronte, entrando troverete un asinello legato; scioglietelo, e portatelo qui”. (Lc. 19,31)

Gesù per il suo ingresso in Gerusalemme non ha scelto la cavalcatura del condottiero che entra trionfante nella città conquistata ma un umile asinello. Scrive Pranzato: Il Signore ha bisogno di te. Ha bisogno di un asino per qualche ora. Nient’altro che questo. Se ne fossimo convinti, saremmo sempre disponibili, senza tuttavia prenderci troppo sul serio e senza darci arie da padri eterni. Un asino, tra l’altro, ha il grosso merito di stare zitto. Ma se il Signore ha bisogno di un asino per qualche ora dobbiamo ben metterci in testa che noi non possiamo fare a meno di Lui neppure per un istante.

 

 

LUNEDI’ 25 MARZO 1991

 

“Lo schernivano dicendo: Ha salvato altri, salvi se stesso se è il Cristo di Dio”. (Lc. 23,35)

Proprio nel momento cruciale della sua vita ritorna per Gesù la tentazione che aveva siglato l’inizio della sua vita pubblica: “Se sei Figlio di Dio, dì a questo sasso che diventi pane, buttati giù dal pinnacolo del tempio. Anche qui il Diavolo, servendosi dei capi del popolo tenta Gesù: “Non è più facile convincere il popolo con un miracolo grandioso che ti salvi dalle sofferenze e che porti la gente a crederti; oltretutto eviterai la delusione dei tuoi discepoli e le sofferenze di tua madre!”. E’ sempre la stessa tentazione che ritorna anche per noi: “Perché faticare tanto per il Vangelo? perché morire senza vedere frutti? Non è meglio smussare le pagine più difficili della parola di Dio, dare alla gente ciò che vuole secondo la moda, apparire più che essere Gesù resta in croce. Vince la tentazione, con la sofferenza, per amore. Preferisce la fedeltà a Dio anche nel buio, piuttosto che l’apparenza trionfante. Signore, aiutami a non essere l’eterno uomo in fuga davanti alla sofferenza, alle responsabilità, all’annuncio. Fammi comprendere che le mie mani, a volte ti servono di più inchiodate che non facendo cose che sono apparenza ma che non hanno lo spessore di un amore donato.

 

 

MARTEDI’ 26 MARZO 1991

 

“Stava presso la croce di Gesù, sua Madre”. (Gv. 19,25)

Maria è presente al momento della sofferenza del Figlio. Lei, modello di ogni credente, non può non ripercorrere l’itinerario del Figlio. Come una madre che inghiotte per prima una medicina amara in modo da incoraggiare il bambino, così Maria ha vissuto in anticipo questa esperienza fin dalla presentazione al tempio quando Simeone le aveva predetto: “Una spada ti trafiggerà l’anima”. Maria, la madre è vicina a tutte quelle madri che soffrono per e con i propri figli: le madri degli handicappati, dei minorati psichici, dei drogati, dei condannati... La Madonna sa dove incontrare suo Figlio. Lungo la via dolorosa l’appuntamento è sicuro. Non sempre invece riesce a trovare noi. Non ci trova là dove dovremmo essere, non ci trova come dovremmo essere. Quanti appuntamenti mancati nella nostra vita, nella nostra testimonianza cristiana. Appuntamenti con la santità, la storia, la preghiera... Maria aiutami a non fuggire sempre, davanti a tuo Figlio che mi chiama.

 

 

MERCOLEDI’ 27 MARZO 1991

 

“Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. (Lc. 23,34)

Questa frase di Gesù sulla croce può essere interpretata in tanti modi: Gesù è venuto per perdonare e non per giudicare. L’estremo atto eroico di perdono. Una pia bugia in quanto alcuni sapevano bene di voler far fuori un giusto... A me piace leggerla così: Gesù sa che ci sono alla sua crocifissione dei responsabili coscienti e sa che c’è una folla sobillata, sa che ci sono esecutori di ordini, sa che c’è gente che vorrebbe dissentire ma o ha paura o si trova impotente. Ma per tutti ha una parola di misericordia e di preghiera: sono il suo popolo; è venuto apposta per loro; offre la sua vita per loro.

Anche per noi si presenta spesso la stessa circostanza.

Certe volte vogliamo far a meno di Gesù (= farlo fuori) perché la sua parola ci dà fastidio, disturba i nostri piani; altre volte perché ci lasciamo trascinare dalla mentalità del mondo; altre volte ancora per rispetto umano, per paure, per poca fede. Gesù ci ama nella nostra povertà, il suo dito non si punta accusatore nei nostri confronti, invoca e offre ancora il suo sacrificio per ottenerci misericordia. Ma non possiamo neppure rimanere indifferenti davanti a tanto amore: se abbiamo capito quanto Gesù ci ama, ora “sappiamo quello che facciamo”.

 

 

GIOVEDI’ 28 MARZO 1991

 

“Fate questo in memoria di me”. (1 Cor. 11,25)

Aspetto sempre con gioia, quelle due o tre domeniche di vacanza in cui Posso mettermi in fila con la gente comune per “andare a Messa”. Non che non apprezzi il dono di officiare la messa, ma qualche volta mi piace entrare in chiesa per poter celebrare da semplice fedele, senza l’apprensione dei riti, non dovendo “far prediche ad altri”, ma con il desiderio di ascoltare. Mi ero preparato bene: avevo letto e meditato le letture prima di partire di casa; mentre mi avvicinavo alla chiesa pensavo a tutti quei miei fratelli con i quali e per i quali Gesù offriva la sua morte e risurrezione e poi... poi mi hanno rapinato la messa: Un disco intonava canti che nessuno cantava, un impianto di microfoni mal piazzato non lasciava capire le già stentate letture; un prete che doveva avere mille impegni perché vi ha tirato una messa festiva in 27 minuti  compresi i 5 minuti degli avvisi del parroco. “Signore, non si fa così! ... Almeno in questo, nella nostra parrocchia..”. E intanto la messa andava avanti veloce e all’uscita mi sono accorto che, se qualcuno aveva fatto di tutto per “rovinarmi la messa”, ero io che pensando a tutte queste cose vere mi ero  però perso l’unica cosa importante per cui dovevo essere andato in chiesa: Gesù e il suo mistero di Incarnazione e di Comunione.   

 

 

VENERDI’ 29 MARZO 1991

 

Gesù disse: “Tutto è compiuto”. (Gv. 19,30)

Charles Peguy in questa pagina poetica prova a far scorrere i pensieri che devono essere stati in Gesù al momento della crocifissione: allora cominciò a ripensare la sua vita. Tutta la sua vita a Nazareth. E si chiedeva come aveva potuto farsi tanti nemici. Era una follia. Era una sfida. Quelli della città, quelli dei sobborghi, quelli delle campagne. Tutti quelli che erano lì, che erano venuti che si erano radunati. Come ad una festa. A una festa odiosa. Cristiani, voi sapete il perché: Egli era venuto ad annunciare il Regno di Dio. E tutta quella gente non si era sbagliata. Era la grande festa della salvezza del mondo. Soltanto che era Lui a pagarne le spese.

 

 

SABATO 30 MARZO 1991

 

“Fatti un serpente in bronzo e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita”.  (Num.21,8)

Gli Israeliti dell’esodo, peccatori e brontoloni erano incappati nei serpenti e Dio davanti alle suppliche di Mosè dà un segno, il serpente di bronzo, e chiede loro per poter essere salvi, un atto di fede. Il cartello che indica il precipizio da evitare, il faro che guida la nave nel mare in tempesta, le luci dell’aeroporto per l’aereo smarrito nella nebbia sono altrettanti segni con l’aiuto dei quali gli uomini possono aver salva la vita. Anche Dio pone sulla nostra strada dei segni di salvezza. E il segno fondamentale è la croce di Gesù, fonte di salvezza universale. Quando facciamo il segno della croce lasciamoci quasi avvolgere da questo segno di misericordia e di amore di Dio e impariamo a guardare a Lui in ogni momento della vita. Leggendo la vita dei santi, colpisce il fatto che quasi tutti morendo abbiano voluto vedere un crocifisso: avevano capito che solo rivolgendo lo sguardo a Colui che è stato trafitto per noi si ottiene la salvezza.

 

 

DOMENICA 31 MARZO 1991

 

“Hanno portato via il mio Signore”. (Gv. 20,2)

E’ veramente difficile incontrare il Risorto nella corsa della vita. Nell’affannoso rincorrersi delle nostre vicende quotidiane ci troviamo spesso soli con le nostre paure. Nel voler stare al passo frenetico del mondo che ci circonda, prima o poi avvertiamo il vuoto e l’inutilità del nostro correre; e nella sconfortante sensazione d’esser ci allontanati da Dio improvvisamente tentiamo di reagire incolpando gli altri: “Hanno portato via il mio Signore”. Ma in realtà siamo noi ad esserci allontanati dal sepolcro per la paura di restare coinvolti in un fatto nuovo e sconvolgente: la Risurrezione di Cristo. Basterebbe un momento di sosta per considerare la parola di speranza che Dio ha seminato in noi; basterebbe un momento di attenzione ai segni della presenza viva del Signore: nella nostra vita, nella comunità cristiana, basterebbe un po’ di fiducia nei fratelli che, nella fede, oggi continuano l’annuncia pasquale: “Cristo è risorto”, noi siamo testimoni. Allora comprenderemmo la novità e l’invito di questo giorno: “Facciamo festa nel Signore”. Dio, Padre nostro, fa’ che in questa festa delle feste scopriamo la nostra vita legata a quella del Cristo. Se moriamo con Lui, con Lui anche vivremo.

 

 

 

 

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