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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO  1991

 

 

 

VENERDI’ 1 FEBBRAIO 1991

 

“Annunziava loro la Parola secondo quello che potevano intendere”. (Mc. 4,33)

E’ molto bella questa sottolineatura di Marco che ci fa vedere un Gesù talmente innamorato del Regno di Dio e talmente attento ai suoi uditori da scegliere anche il modo di annunciare il Regno per far sì che tutti, secondo le proprie capacità, possano comprendere. Mi vengono in mente certi libri di dotti teologi o di grandi esegeti spirituali o certe prediche ineccepibili dai punto di vista dottrinale che risultano per molti una gran noia e una gran perdita di tempo perché non possono arrivare al cuore se non si riesce neppure a capire il senso delle parole. Il Vangelo è buona notizia che giunge non per teste raffinate o per eletti: è un qualcosa che ti tocca nel centro della vita, segue sempre la logica dell’incarnazione concreta ed è per tutti. Mettiamoci con umiltà all’ascolto delle pagine del Vangelo: non importa il nostro grado di cultura: Gesù ha oggi la parola giusta per te.

 

 

SABATO 2 FEBBRAIO 1991

 

“Quando venne il tempo, Giuseppe e Maria portarono il Bambino a Gerusalemme, secondo la legge del Signore.

(Lc. 2,22)

In occasione dei suoi 70 anni, il giornalista Enzo Biagi, in una intervista dichiarava che i suoi maestri principali sono stati sua madre e il catechismo. E davanti all’incalzare dell’intervistatore che chiedeva il perché, Biagi rispondeva: “Perché mi hanno insegnato a distinguere il bene dal male e ad avere il coraggio di chiedere scusa, quando sbaglio.” Non so se noi potremmo dire altrettanto, ma certamente quello che ci è stato dato da ragazzi ed è poi cresciuto con noi, ci ha influenzato nel bene e nel male. E che cosa diamo noi ai giovani? Certamente non basta dire: “I tempi sono cambiati: ai miei tempi.. “ e neppure basta nascondersi dietro il facile alibi della incomunicabilità generazionale. Non dipende certamente tutto da due genitori o da un catechismo o un oratorio ben fatti: i ragazzi spesso trovano ben altri maestri! Ma la testimonianza cristiana, la missione non deve proprio cominciare da chi mi è vicino?

 

 

DOMENICA 3 FEBBRAIO 1991

 

“Erode da molto tempo sperava di vedere qualche miracolo fatto da Gesù”. (Lc. 23,8)

“Se vedessi qualche miracolo, crederei!” mi diceva una persona. Ma sono i miracoli, le apparizioni, le cose straordinarie che conducono alla fede? Una volta qualcuno si avvicinò a un discepolo del mistico musulmano Bahau-din e gli domandò: “Dimmi perché il tuo maestro nasconde i suoi miracoli. Ho raccolto personalmente dei dati che dimostrano in modo incontestabile che egli è stato presente in più luoghi diversi nello stesso momento; che ha guarito la gente con la forza della preghiera, ma dice loro che è stata opera della natura; che ha aiutato persone in difficoltà e poi lo ha attribuito alla loro buona sorte. Perché si comporta così?” “So perfettamente di che cosa stai parlando”, disse il discepolo, “perché anch’io ho notato queste cose, e credo di poter rispondere alla tua domanda. Prima di tutto, il maestro detesta essere al centro dell’attenzione. In secondo luogo, egli è convinto che quando la gente comincia ad avere interesse per i miracoli, non ha più alcun desiderio di imparare nulla che sia veramente valido dal punto di vista spirituale”.

 

 

LUNEDI’ 4 FEBBRAIO 1991

 

“Lo spirito immondo disse: Tornerà nella mia casa, da cui sono uscito...”(Mt. 12,43-45)

Questo breve racconto di Piero Gribaudi è un invito alla vigilanza; la prova e la tentazione sono sempre in agguato: bisogna fare attenzione alle piccole crepe!

Un giorno il diavolo ebbe fame. Prese con sé un sacco e decise di andar per anime. Naturalmente ambiva un bocconcino prelibato. Si acquattò dunque tra le fronde di un albero di fronte alla finestra di un sant’uomo. E aspettò. La giornata del sant’uomo trascorreva davvero nitida come il cristallo, fra preghiere, gesti di bontà e sentimenti di prim’ordine. Non una sbavatura. Non un cedimento. Tanto che anche il diavolo lo ammirò. E il suo appetito crebbe. Pareva davvero non ci fosse nulla da fare. Ma un giorno, mentre stava scrutando quell’anima tutta bianca, il diavolo notò che anch’essa, come tutte, aveva una piccolissima crepa: verso il tramonto, il sant’uomo s’affacciava alla finestra a guardare il sole sparire: e provava un breve attimo di malinconia. Al diavolo questo bastò. Concentrò tutti i suoi sforzi verso quell’attimo, lo scavò, lo dilatò e, quando divenne una buca profonda, vi riversò dentro tutti i suoi intrugli più efficaci: prima l’angoscia, poi l’amarezza, infine la disperazione. Così che non ebbe che allungar la mano per fare un ottimo pranzo.

 

 

MARTEDI’ 5 FEBBRAIO 1991

 

“La tua fede ti ha salvata”. (Lc. 5,34)

Gesù compie dei miracoli e poi dice: “La tua fede ti ha salvata.” Potrebbe certamente dire: “La mia potenza ti ha salvata”, perché è vero. Ma Gesù vuoi dirci che noi abbiamo in mano una leva talmente grande e importante che può smuovere addirittura Dio, cambiare il corso dell’esistenza. Gesù vuoi farci capire che la fede diventerà strada di salvezza, di ogni salvezza se la si eserciterà davanti a Dio. Noi sbagliando, pensiamo che fede sia un insieme di ragionamenti che ci permettono di credere, Gesù ci dice che è un atto di fiducia tale che ci permette di entrare in un rapporto con Dio da diventare vita e salvezza per noi e per gli altri. Diceva M. Delbrel: “Anche quando stiamo preparando da mangiare, bisogna che i nostri atti siano animati dalla fede, una fede altrettanto necessaria come se dovessimo risuscitare un morto.”

 

 

MERCOLEDI’ 6 FEBBRAIO 1991

 

“E Gesù si meravigliava della loro incredulità”.(Mc. 6,6)

Gesù aveva operato miracoli. La gente si stupiva della sua sapienza, ma c’erano delle persone (i suoi concittadini), che nonostante questo stentavano a credere. Avevano dei preconcetti: e chi è costui? Che cosa ha più di noi? Dice il proverbio che non c’è peggior cieco di chi non vuoi vedere. E questo succede anche a noi: quanti segni di amore di Dio nella nostra vita! E noi continuiamo a dire: “Se ci sei devi farmi questo miracolo, questa grazia; e poi anche se la grazia arriva ce ne dimentichiamo presto. Peggio ancora se questo succede a noi cristiani, “concittadini” di Gesù. L’incredulità parte dalla nostra incapacità di meravigliarci e di saper ringraziare. Occorre aver occhi di bambini per saper cogliere le meraviglie di Dio e cuore di bambini per lasciarci amare da Lui e per riporre in Lui ogni nostra speranza.

 

 

GIOVEDI’ 7 FEBBRAIO 1991

 

“Incominciò a mandarli a due a due, e ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio”. (Mc. 6,7-8)

Un missionario, Padre Raffaele, 33 anni di Brasile, leggendo questo brano sorrideva: “Quante volte avrei desiderato oltre il mio bastone di avere almeno un compagno, quando partivo in canoa per addentrarmi nei Mato Grosso!” La missione così come la indica Gesù è un puro atto di fede e di amore. Non ha nulla su cui contare, all’infuori della potenza divina. E qui mi esamino ed esamino la nostra chiesa che per parlare di Gesù ha bisogno dei più moderni ritrovati della tecnologia, che per decidere un’azione ha bisogno di fare cento riunioni per stabilire fine, mezzi, metodologie.., e che alla fine spende più energie su se stessa che per quelli che sono i veri bisogni umani e di evangelizzazione della gente. Dobbiamo riscoprire l’entusiasmo e l’amore che ci spingono più che le chiacchiere e i mezzi umani.

 

 

VENERDI’ 8 FEBBRAIO 1991

 

“Erode ascoltava volentieri Giovanni il Battista anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso”. (Mc. 6,20)

Erode ha incontrato Giovanni e non si è convertito. Ha incontrato Gesù e non si è convertito. Meditiamo oggi su questa moderna parabola.

“Un uomo desiderava conoscere il cristianesimo perché gli era stato riferito che si trattava di una religione venuta da Dio, ma aveva molti dubbi. Si recò in una chiesa e qui gli diedero il Vangelo perché lo leggesse. Lo lesse e ne rimase colpito, ma subito osservò che molti cristiani che lui conosceva lo praticavano male e rimase con i suoi dubbi. Tornò alla chiesa e fu invitato a partecipare a una liturgia molto bella. Vi partecipò e ne fu commosso ma c’erano molte cose che non capiva e restò con i suoi dubbi. Ritornò nuovamente alla chiesa dove gli dettero i documenti dell’ultimo concilio. Li lesse e ne fu impressionato, ma siccome aveva letto anche circa gli errori della Chiesa attraverso la storia, non si persuase nemmeno questa volta. Sconcertato, non ritornò alla Chiesa per molto tempo. Un bel giorno conobbe un santo e familiarizzò con lui. Ne rimase impressionato e di colpo capì il vangelo, la liturgia e la Chiesa. E si convertì.”

 

 

SABATO 9 FEBBRAIO 1991

 

“Era molta la folla che andava e veniva che non avevano neanche il tempo per mangiare. E Gesù disse loro: Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un Po’”. (Mc. 6,31)

Moltissimi di noi oggi vivono una vita “stressante”: mille impegni, mille corse... Anche certi preti e certi cristiani impegnati sono presi da molteplici impegni. Personalmente vedo che in certi periodi del])anno passo la mia giornata saltabeccando tra un servizio, un incontro, una persona che viene a trovarti per un problema, una preghiera comunitaria.., e a volte aspetti che venga la sera perché la giornata sia finita. Dopo un po’ di giorni così ti ritrovi a fare tutte queste belle cose senza più lo spirito o la motivazione vera per farle. “Fermati!” ci dice Gesù: non c’è forse bisogno di fare giornate di ritiro o esercizi spirituali ma c’è bisogno di riposo e di serenità per ritrovare le motivazioni dell’agire, c’è bisogno di ritrovare un momento Gesù per non portare agli altri delle cose ma per portarvi Lui.

 

 

DOMENICA 10 FEBBRAIO 1991

 

“Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni”. (Mc. 1,34)

Ci aiuta oggi nella riflessione un brano di Romano Guardini:

Il nostro tempo ha voluto scorgere in Gesù il grande riformatore sociale che vede le miserie e le sofferenze degli uomini e cerca di alleviarle. E’ vero, ma non è tutto. Chi ha uno spirito caritatevole e sensibile ai problemi sociali vorrebbe diminuire il dolore e se possibile sopprimerlo. Si impegna quindi perché si provveda adeguatamente ai bisogni degli uomini, si prevengano le disgrazie, si favorisca un’esistenza tranquilla ed ordinata in modo che la terra sia abitata da creature felici, sane, belle...Ma per Gesù la sofferenza è anche qualcosa di molto più profondo che arriva alle radici della vita stessa, identificandosi con il peccato e con l’allontanamento da Dio. Gesù la vede come conseguenza del peccato ma anche come un mezzo di purificazione e una via per ritornare a Dio.

 

 

LUNEDI’ 11 FEBBRAIO 1991

 

“in principio Dio...”. (Genesi 1,1)

Appare per la prima volta nella Bibbia, questa parola; Essa è la più carica di significati di tutto il linguaggio umano. Nessuna parola è stata mai tanto amata, invocata nella preghiera, essa per molti è diventata un “tu” capace di comprenderli. Ma essa è stata anche la parola forse più mistificata, insudiciata, lacerata. Chi è questo Dio? Il Dizionario italiano definisce così: “Lessero supremo” concepito come la causa di tutta la realtà. La risposta imparata a memoria nel catechismo di Pio X suona così: “Dio è l’essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra”. Ma non ci bastano queste definizioni: Dio per noi è il mistero, il totalmente altro, ma anche colui che si è rivelato; Dio non è una entità astratta, Gesù ci ha detto che è Padre.

 

 

MARTEDI’ 12 FEBBRAIO 1991

 

“In principio Dio creò...” (Genesi 1,1)

Il creato è segno del suo creatore. Voltaire diceva: “L’universo mette in dubbio la mia miscredenza. E’ difficile immaginare come questo orologio possa esistere senza il suo orologiaio”. Un commento ebraico della Bibbia così racconta: avvenne che un pagano chiese a Rabbi Aqivà: “Questo mondo da chi è stato creato?”. Rispose Rabbi Aqivà: “Dal Santo, Benedetto Egli sia”. Il pagano: “Cerca di essere più chiaro”. E Rabbi Aqivà: “Che cosa indossi?” “Un vestito”. “Chi lo ha fatto?”. “Il sarto”. Ribatte allora  il rabbino: “Non ci credo, cerca  di essere più chiaro”. “Ma che cosa ti devo dire, non sai che il sarto fa i vestiti?”. “E tu non sai che il Santo Benedetto Egli sia ha creato il mondo?”. Il pagano se ne andò; e gli allievi di Rabbi Aqivà gli chiesero: “Perché la cosa è chiara?”. Egli allora rispose: “Figlioli, come la casa rivela l’opera del costruttore, il vestito quella del sarto e la finestra quella del falegname, così il mondo ci rivela che il Santo Benedetto Egli sia lo ha creato”.

 

 

MERCOLEDI’ 13 FEBBRAIO 1991

 

“Convertitevi e credete al Vangelo”. (Mc. 1,15)

Quando bambino, mi mettevo in fila per ricevere le ceneri e sentivo quelle parole: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai” un certo qual brivido mi passava nella schiena: non avevo nessuna voglia di ricordarmi della morte e poi quaresima era una cosa buia, fatta di sacrifici. Oggi capisco un po’ di più che il pensiero della morte è non un atto di terrorismo psicologico ma un pensiero che può veramente guidare a scoprire la gioia e il vero senso della vita. Nella Bibbia, coprirsi la testa di cenere, vestirsi di sacco e digiunare sono segni di penitenza ed esprimono il pentimento dell’uomo peccatore che im­plora misericordia da Dio e che ha preso la risoluzione di convertirsi all’amore di Dio e del prossimo. Ricevere la cenere all’inizio della quaresima vuol dire riconoscersi peccatori, invocare il perdono di Dio su tutta la Chiesa e manifestare un desiderio sincero di conversione. La fede nella parola del Signore ci farà passare con Lui dalla morte alla vita eterna.

 

 

GIOVEDI’ 14 FEBBRAIO 1991

 

“Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde o rovina se stesso?”. (Lc. 9,25)

Una parabola di Segundo Galilea ci aiuta nella riflessione odierna:

“Un bel giorno Dio prese forma umana e venne sulla terra, perché si rese conto che molta gente non era felice ed egli voleva comunicare a tutti la felicità che lui stesso possedeva da sempre. Disceso sulla terra, vide che effettivamente poca gente era felice, ma si sorprese quando si accorse che ben pochi cercavano realmente la felicità. La maggioranza delle persone si divideva in due gruppi: quelli che erano “contenti” e quelli che non lo erano. Coloro che erano contenti erano riusciti a soddisfare i loro desideri principali. Guadagnavano molto denaro, vivevano tra gli agi, si prendevano quanti piaceri e vizi volevano. Alcuni avevano successo, influenza o potere... Ma non sembrava che interessasse loro essere felici, né che si domandassero seriamente se lo erano e in che cosa consistesse la felicità. Gli scontenti non erano, riusciti a soddisfare tutti i loro desideri e aspiravano continuamente a vivere come la gente che era felice. Ma nemmeno loro cercavano la felicità, a loro bastava essere contenti. Gli uni e gli altri erano sordi al messaggio della felicità. Dio si rese conto, allora, che finché i suoi figli uomini cercavano soltanto la loro “contentezza” non avrebbero potuto trovare la vera felicità. Allora si dedicò a predicare ai contenti e agli scontenti intorno alla felicita e alla vera beatitudine, cercando di interessarli per toglierli dalla cecità i della loro “contentezza”. Molta gente lo ascoltò, raggiunse la felicità e dette meno importanza al fatto di essere o no contenta”.

 

 

VENERDI’ 15 FEBBRAIO 1991

 

“Il digiuno che io voglio è sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi” . (Is. 58,8)

Non è ormai “fuori moda” la quaresima con i suoi inviti al digiuno e alla mortificazione? Perché mortificarsi ancora nella società dell’abbondanza e dei consumi anche se ne riconosciamo la menzogna e l’ingiustizia? La quaresima ci invita al digiuno per essere più presenti a noi stessi, per risvegliare la nostra coscienza. Ci invita a “fare l’elemosina” per essere più disponibili agli altri, per incontrarli in una condivisione veramente fraterna. Ci invita a rinnovare e ad approfondire la preghiera per essere più aperti a Dio, e per essere più consapevoli della nostra totale dipendenza da Lui, dalla sua parola, dal suo progetto su tutta la nostra vita. E tutto questo puntando alla Pasqua cioè alla scoperta in Cristo della nostra possibilità di risurrezione. Quindi non tempo di tristezza, di volti cupi, ma tempo di serio cammino di fede, ma con Cristo parola di liberazione dell’uomo.

 

 

SABATO 16 FEBBRAIO 1991

 

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”. (Lc. 5,31-32)

Dio ama tutti, senza esclusioni, ma predilige i suoi figli più deboli e oppressi. Una donna aveva cinque figli: quattro sani e uno malato. La madre amava molto i suoi figli, ma si preoccupava di più ed era più affettuosa con il bambino infermo, Inoltre aveva insegnato ai quattro figli sani ad avere la stessa preoccupazione e preferenza per il fratello malato. Tutti si volevano bene, ma il bambino più debole era il prediletto di tutti e nessuno si sentiva geloso.

 

 

DOMENICA 17 FEBBRAIO 1991

 

“Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto ed Egli vi rimase quaranta giorni tentato da Satana”. (Mc. 1,13)

Gesù prima di iniziare la sua vita pubblica, va nel deserto, cioè si ferma, entra in se stesso, ricerca nella preghiera la Forza di compiere la volontà di Dio. “Fare deserto” significa entrare nel più intimo di noi stessi, ritrovare il silenzio, la capacità di contatto con il mistero e con Dio. Ma Gesù nel deserto incontra anche Satana, il tentatore. E noi entrando in noi stessi incontriamo anche le radici del nostro male: l’egoismo, l’invidia, l’orgoglio. Quando siamo soli con noi stessi, scopriamo che è proprio dal di dentro di noi che viene il nostro bene e il nostro male. Dal di fuori ci vengono solo le occasioni per manifestarci. Ma l’incontro con noi stessi nel bene e nel male è necessario perché solo sapendo le nostre capacità di bene e le radici del male potremo poi lasciare spazio a Dio affinché operi in noi.

 

 

LUNEDI’18 FEBBRAIO 1991

 

“Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite be­nedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi... perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere...”. (Mt. 25,34-35)

C’è tanta fame nel mondo e in ognuno che ha fame, c’è Cristo. Sono allucinanti le immagini di bambini, di popolazioni intere che muoiono di fame. Anche queste sono, oggi, immagini del Cristo crocifisso. La fede non può essere che amore; allora credere in Cristo vuol dire lasciarsi disturbare, sconcertare nel proprio benessere, nel proprio desiderio di sicurezza e di quieto vivere e sentirsi coinvolti con amore e solidarietà nei drammi dell’uomo e del mondo. Non possiamo però tacitarci dentro soltanto con un modesto disagio di coscienza. La fame c’è e qualcosa bisogna pur fare, qualcosa che costi alla nostra tranquillità, al nostro benessere, alla nostra ricchezza. E ci sono altri modi di aver fame: c'é fame di amore, di amicizia, di libertà, di partecipazione, di sorriso. Cristo che va amato, adorato nel più piccolo dei suoi fratelli, lo troviamo anche in ogni uomo che ha fame.

 

 

MARTEDI’19 FEBBRAIO 1991

 

“Quando pregate non sprecate parole come i pagani. Voi dunque pregate così: Padre Nostro...”  (Mt. 6,7-15)

E’ interessante notare come, secondo Gesù, la preghiera non è fatta solo dai veri credenti, ma anche dai "pagani". Ciò che distingue i discepoli di Gesù è la fede sicura con cui si rivolgono a Dio, sapendo che non sarà il numero delle parole dette a convincere Dio a stare dalla loro parte. Ancora, è importante sottolineare come la preghiera del cristiano è anzitutto quella che si dice “insieme” a Gesù. Gesù stesso è l’esempio più evidente di cosa significhi pregare: vuoi dire mettere davanti a Dio, affidare alle sue mani la nostra vita, con i suoi bisogni più o meno “elevati”, ma comunque reali, riconoscendo così che ciò che sostenta la vita dell’uomo non può che essere dono del cuore misericordioso di Dio. Ma, oltre che essere fatta insieme a Gesù e sotto lo sguardo di Dio, la preghiera del cristiano è quella che aiuta a rendersi conto dell’esistenza di una moltitudine di fratelli; il Padre che preghiamo è il “Padre Nostro”, verso il quale, insieme, dobbiamo camminare.

 

 

MERCOLEDI’ 20 FEBBRAIO 1991

 

Cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona”. (Lc. 11,29)

Non sono soltanto “alcuni scribi e farisei” a chiedere a Cristo un segno, qualcosa di tangibilmente prodigioso per credere in lui. Siamo tutti in cerca di un segno: crediamo, ma spesso ci leghiamo a miracoli, ad apparizioni, a poteri straordinari. Anche per fidarci di autentici discepoli di Cristo, uomini e donne del nostro tempo, attendiamo da loro che ci stupiscano con l’impossibile. Gesù si è indignato di fronte a tale richiesta e non ha promesso altro segno che quello di Giona, il segno della sua resurrezione; l’episodio di Giona, per tre giorni nel ventre delta balene, ne è simbolo. La resurrezione del Signore opera in noi dandoci la forza, la certezza di risorgere quotidianamente in attesa della resurrezione finale nella gloria. “Resurrezione” è fiducia e coraggio di vivere, è liberante superamento del male che è in noi, è trasformazione di noi stessi in “uomo nuovo”, ogni giorno nuovo, li “segno” per la nostra fede è soprattutto sentire in noi la forza operante di Cristo risorto.

 

 

GIOVEDI’ 21 FEBBRAIO 1991

 

“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, chi cerca troverà e a chi bussa sarà aperto”. (Mt. 7,7-8)

Sembrano un sogno le parole del Signore, per noi che così spesso facciamo esperienza di porte chiuse, di ricerche inutili e di risposte deludenti. Il Signore ci richiama a questa speranza, ci assicura che chi cerca certamente trova; e lui non vuole certo favorire le nostre illusioni. Ci dice però che se siamo così spesso delusi, è perché non sappiamo con quale animo fare una ricerca vera e a quali porte dobbiamo picchiare. Se cerco amicizia, devo essere amico; se voglio giustizia, devo essere giusto. Troverò porte aperte quando anch’io saprò aprirmi agli altri. Lui stesso ascolta la nostra preghiera se veramente ci fidiamo di lui.

 

 

VENERDI’ 22 FEBBRAIO 1991

 

“Forse che io ho piacere della morte del malvagio dice il Signore o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?”. (Ez. 18,23)

I nostri tribunali terreni giudicano un uomo per quello che ha fatto. Non tengono conto che nel frattempo l’uomo può essere cambiato. D’altra parte lo scopo dei tribunali umani è spesso il punire e non tanto quello di ricostruire, di dare ancora una possibilità. Dio, giudice giusto, ha invece un’unica preoccupazione: quella di salvare l’uomo, quella di dargli ancora una possibilità. Il suo sguardo non è tanto rivolto al peccato passato ma alla possibilità futura. Dio, oggi, mi dà ancora, nonostante i miei peccati, una possibilità di conversione: perché non approfittarne?

 

 

SABATO 23 FEBBRAIO 1991

 

“Avete inteso che fu detto: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. (Mt. 5,43-44)

Tante volte mi capita di incontrare persone anziane sconcertate che mi dicono: “Sono cambiate tante cose nella Chiesa: una volta bisognava non mangiare carne al venerdì, si doveva fare il digiuno da mezzanotte per accostarsi alla Comunione... ora tutto è diverso... Ma qual’è la vera religione?” E’ vero che da alcuni anni, un certo numero di prescrizioni della Chiesa sono state soppresse. il Cristo ci ha insegnato un comandamento solo che tuttavia, nella sua semplicità, può richiedere un autentico eroismo: il comandamento dell’amore. Forse non siamo più obbligati a mangiar di magro il venerdì, ma questo deve spingerci ad aprire maggiormente la nostra vita all'essenziale della legge di Dio.

 

 

DOMENICA 24 FEBBRAIO 1991

 

Dio disse ad Abramo: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”. (Genesi 22,2)

Come può un padre pensare che Dio gli chieda la vita di suo figlio? L’atteggiamento di Abramo che ubbidisce non è strano se pensiamo ai sacrifici di bambini comunemente praticati in quei tempi. Ma Dio salva Isacco per mostrare al popolo che Egli condanna certe pratiche. Tuttavia lascia che Abramo giunga sino al limite della prova: l’erede che Dio gli ha dato, Abramo accetta di perderlo, per riceverlo una seconda volta dalla mano di Dio. La fede di Abramo raggiunge qui il. punto più alto: è pronto a donare quanto ha di più caro. Questo sacrificio, che Dio non ha voluto da Abramo, l’ha compiuto egli stesso per noi, nella persona del suo Figlio Gesù. Più che chiederci il perché di questo mistero impariamo a contemplare il dono immenso di amore di Dio per noi.

 

 

LUNEDI’25 FEBBRAIO 1991

 

“Salvaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome.” (Sal 78,9)

“E’ ora di smetterla con la troppa insistenza sul peccato. Il senso del peccato è stato usato troppe volte per creare paure, per ottenere obbedienze ed ha finito di far perdere il gusto della vita ed ha ridotto Dio ad un contabile della colpe”. In questa affermazione ci sono molte cose vere, ma dal riconoscere certe esagerazioni a voler bellamente travisare la realtà cancellando il peccato c’è una bella differenza. Se ci mettiamo davanti alla santità di Dio, penso sia evidente il riconoscere la nostra “non santità”. Questo non per scoprire che il trascendente, è inavvicinabile ma per fare la gioiosa scoperta che Dio non si lascia spaventare dal nostro peccato, anzi è lui per primo che ci viene incontro e attraverso Gesù “fatto peccato per noi ci tende la mano. E in questo sta la gioia cristiana: non nella coscienza di una nostra impossibile perfezione, ma nel divenire noi stessi umili e fragili testimoni della misericordia senza pentimento che Dio usa nei nostri riguardi.

 

 

MARTEDI’26 FEBBRAIO 1991

 

“Chi si esalta sarà umiliato”. (Mt. 23,12)

L’uomo si guardò nello specchio della fonte, si ammirò e disse: Io sono perfetto. Inseguì una cerva, la colpì e l’uccise, poi disse: lo sono forte. Salì su di un monte, si vide in alto e proclamò: Io sono grande. Fregò due selci e accese il fuoco e affermò: lo posso. Numerò le stelle del cielo, diede loro un nome e dichiarò: Io so. Poi in una triste giornata di pioggia si rintanò nel suo speco e, per ammazzare il tempo, si diede a ruminare i suoi crucci e sentenziò: Io penso, dunque Io sono! In una radiosa giornata di primavera conobbe l’amore e cantò: Io sono felice. Scavò nella terra e vi trovò l’oro e concluse: Io sono ricco e soddisfatto, non ho bisogno di alcuno, ho tutto da me. Passò un anno, due anni, tanti anni... l’uomo tornò alla sua fonte, si rispecchiò, ma la bellezza era svanita. Dunque, disse, non era mia: qualcuno me l’aveva prestata e poi l’ha ripresa. Scorse una cerva, volle inseguirla, ma non ne ebbe la forza. Volle salire sul monte, ma si fermò a metà strada, curvo e senza fiato. Fregò due selci e ne trasse la fiamma; ma prese fuoco tutta la foresta, e l’uomo corse il rischio di perire lui stesso. Tentò di ricontare le stelle del cielo, ma i suoi numeri non bastarono più e deluso mormorò: Chi sa! Si smarrì, ebbe paura e corse a bussare alla porta della Verità per cercarvi asilo, ma la padrona non era in casa, era partita lasciandovi soltanto un servo, sospettoso e inospitale, il Dubbio. Pover’uomo! si sentì solo, invocò: Amore! e non udì che l’eco che gli rispose: Muore! Anche la felicità era perduta. Dunque non era sua. Ma ebbe un’idea. Corse a casa, prese tutto l’oro che aveva e si precipitò al mercato: anche un etto di felicità gli sarebbe bastato... No, il prodotto naturale era introvabile, anche a pagarlo a peso d’oro. C’era soltanto qualche surrogato. E allora capì che anche le ricchezze sono miseria. Capì che in realtà egli non possedeva nulla, che aveva tutto ricevuto e tutto poteva essergli tolto. Sentì che anche la vita gli sfuggiva e che non gli sarebbe riuscito di trattenerla né un giorno, né un’ora di più. Capì allora che s’era sbagliato e che la prima e più grande illusione era stata nel dire: lo sono grande, io sono forte, io posso, io so... io ho tutto da me. (Giovanni Albanese)

 

 

MERCOLEDI’ 27 FEBBRAIO 1991

 

“Chi vorrà diventare grande tra voi si farà vostro servo, appunto come il Figlio dell’uomo” (Mt. 20,27-28)

Nella Chiesa ci sono molti compiti. Ad esempio chi è chiamato ad essere attento ai malati, chi è ministro di Eucaristia, chi è suora, chi prete, vescovo, papa... C’è il pericolo che questi ruoli siano considerati degli “onori”, dei posti di prestigio. Gesù invece parla unicamente di servizio. E ci dà il suo esempio: Lui, il Signore si è abbassato fino a noi, non ci fa pesare la sua grandezza, la sua potenza ma si avvicina con umiltà e bontà alle nostre ferite, ci lava i piedi, si carica sulle spalle le nostre croci, non punta il dito accusatore ma apre le braccia della misericordia. E dice a noi di fare lo stesso. li più grande onore per un cristiano è di essere servo.

 

 

GIOVEDI’ 28 FEBBRAIO 1991

 

“Se non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”. (Lc. 16,31)

Il diavolo, nelle tentazioni a Gesù gli diceva: “Se sei Figlio di Dio, dimostralo con qualche segno straordinario e tutti ti crederanno”. Qui il ricco all’inferno pensa che una apparizione di un morto metta una tale paura da produrre fede. Ma non è così. Dio non vuole imporsi all’uomo attraverso segni che riducono l’uomo o alla paura o all’annientamento della sua libertà. Dio è sempre una proposta, mai un’imposizione. Dio non lo si deve trovare per paura (sarebbe una proiezione delle nostre paure nel vano tentativo di superarle con Dio pasticca antipaura) ma lo si incontra con la fatica della ricerca, nella scoperta dell’amore, nell’atto fiducioso di abbandono a Lui. Proviamo in questa giornata a cogliere i segni normali della sua presenza in mezzo a noi.

 

 

 

 

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