Archivio

 

 

 

 

 

 

 

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

NOVEMBRE  1990

 

 

 

GIOVEDI’  1  NOVEMBRE 1990  -  FESTA DI TUTTI I SANTI

La Chiesa ricorda in un sol giorno tutti i santi, quelli noti e la schiera innumerevole di santi sconosciuti, che hanno amato, servito, testimoniato il Signore. E’ un invito a guardare in alto, alla festa eterna a cui siamo invitati e anche a guardare in basso per scoprire che la santità è un qualcosa di praticabile anche da parte nostra.

 

PAROLA DI DIO: Ap. 7,2 - 4.9 - 14; Sal 23; 1 Gv. 3,1 - 3;Mt. 5,1 - 12.

 

“Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”.  

(Ap. 7,9)

Queste parole dell’Apocalisse, aprono davanti a noi la gioia dello spettacolo di tanti nostri fratelli in Dio e diventano figura e speranza della nostra eternità. Come noi, i santi sono passati per le nostre strade, hanno avuto debolezze e difetti ma si sono lasciati plasmare da Cristo nella fede e nell’amore. Si sono maturati, sono divenuti esper­ti nelle prove della vita, hanno patito emozioni e rinnovamenti e, alla fine, hanno consolidato nel bene la speranza. Ma alla santità siamo chiamati anche noi, non a quella formale delle statue e delle aureole ma a quella santità del quotidiano che attraverso una vita puntata all’imitazione evangelica fa risplendere la santità di Dio, l’unico del quale si può veramente dire con pienezza: “Santo, Santo, Santo, il Signore, Dio dell’universo

 

 

VENERDI’  2  NOVEMBRE 1990  -  COMMEMORAZIONE Dl TUTTI I FEDELI DEFUNTI

 

PAROLA Dl DIO: Is 25,6.7 - 9; Sal 24; Rom. 8,14 - 23; Mt. 25,31 - 46.

 

“Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga”.   (Sal 38,6—7)

In questi giorni è un po’ abitudine di tutti ricordare i nostri morti visitando i cimiteri, questa “cosa di tutti” che ha la forza di insegnarci il nudo cammino della vita. Qui i nostri morti sono entrati soli, senza titoli e senza ricchezze e vi entreremo noi che smaniamo per un posto e forse accantoniamo anche la giustizia pur di ottenere degli effimeri beni materiali. Le lapidi non contengono granché: un’espressione di speranza e di fede, o di lode; più spesso una foto, un nome e due date. Quello che resta delle vicende di ognuno è molto poco, quello che viene ricordato è ancora meno. Il giorno dei morti ci dice quindi la verità più necessaria: rimane ciò che resiste davanti a Dio. La vita vale se è conquista di vero amore, se è creazione di santità: “Preoccupatevi di fare tesori per il cielo, dove né ruggine né tignola distruggono.“I nostri morti ci insegnano a vivere nella serena luce del Risorto".

 

 

SABATO  3  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 1,18 - 26; Sal 41; Lc. 14,1.7 - 11

 

“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.  (Lc. 14,11)

Si narrava che un rabbino ogni mattina, prima della preghiera, salisse al cielo. Un non credente diceva che era tutto una burla e una mattina, prima dell’alba, si mise a spiare. Ed ecco il rabbino uscire dalla propria abitazione travestito da taglialegna e recarsi nel bosco. Il non credente lo seguì e vide il rabbino raccogliere   della legna, caricarsela sulle spalle portarla a Deborah, una povera vecchia malata che viveva solitaria, Il non credente guardò dalla finestra: il rabbino era inginocchiato per terra e accendeva il fuoco nel camino. Quando la gente chiese al non credente che cosa avesse scoperto a proposito della quotidiana ascensione in cielo del rabbino, egli rispose: “Sale molto più in alto che in cielo”.

 

 

DOMENICA  4  NOVEMBRE

 

PAROLA DI DIO: Ml 1,14 - 2,2.8 - 10; Sal 130;1Ts. 2,7 - 9.13; Mt. 23,1 - 12

 

“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo ed osservatelo, ma non fate secondo le loro opere”.   (Mt. 23,2 - 3)

Degni di stima per la loro fedeltà alla tradizione e per la passione con cui. si applicavano allo studio delle Scritture, i farisei divennero tuttavia simbolo della perversione religiosa. La loro sicurezza dottrinale li teneva immobili nella propria tranquillità di coscienza, il loro amore per il passato li chiudeva di fronte alle più innocenti novità; custodi della fede essi ne diventavano i gendarmi; erano i tristi professori della verità, gelosi della loro dignità. Tutte queste tentazioni permangono oggi nella Chiesa di Cristo, e mai viene meno la condanna di Gesù a un Sistema non solo sorpassato ma contrario in tutto al disegno di Dio.

 

 

LUNEDI’  5  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 2,5 - 11; Sal 21; Lc. 14,15 - 24

 

“E sarai beato perché non hanno da ricambiarti”.  (Lc. 14,14)

Nel Vangelo ci sono molte beatitudini: non soltanto quelle raggruppate nel discorso della montagna. Ma il senso è sempre lo stesso. Il mondo ti dice: “Beato se hai fatto un favore ad un potente perché così potrai sempre chiedergli qualcosa”, “beato te che sei riuscito a strozzare quel povero diavolo con un prestito al 20 al 30 per cento perché così i tuoi soldi rendono” e Gesù invece dice: “Beato perché hai aiutato quella persona che mai ti potrà fare un favore, che mai potrà renderti ciò che gli hai prestato”. Perché? Perché il favore, il prestito non lo hai fatto a lui, ma lo hai fatto a Dio, perché hai investito non in una banca o su una persona che può fallire ma in Dio che non solo non fallisce ma che per “un bicchiere d’acqua” è disposto a riconoscerti come suo figlio. Ma ancora più beato te se, senza calcoli neppure su Dio e sul suo paradiso, donando gratuitamente, hai saputo amare come Dio: la gioia del donare ha già il premio in sé di renderti uomo e uomo felice.

 

 

MARTEDI’  6  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 2,5 - 11; Sal 21; Lc. 14,15 - 24.

 

 “Un uomo diede una grande cena, e fece molti inviti. Ma tutti cominciarono a scusarsi”. (Lc. 14,16 - 18)

Essere invitati alla festa e non andarci, sapere di avere un posto nel luogo più desiderato e cercare scuse per non partecipare: un assurdo! Ma questo assurdo si ripete ancora oggi e in tanti modi: “Beati gli invitati alla mensa del Signore. “ Signore non ho tempo per venire a messa, vedi oggi mi è arrivata gente”. “Signore, perché andare a messa? per essere cristiani basta pregare nel cuore”. “Beati gli invitati alle nozze dell’Agnello” dice il libro dell’Apocalisse e noi lo sappiamo, desideriamo l’eternità con Dio, però non abbiamo tempo e voglia ora, e così rischiamo di “perdere il posto”. Non entrano nel regno di Dio le persone troppo prese da impegni, che si ritengono già troppo giuste, che non hanno “tempo da perdere” che si fanno scusare dalla propria segretaria. I poveri, i pezzenti, gli ultimi entreranno: nessuno li ha mai invitati qui in terra, hanno “tempo”, non hanno altri inviti da disdire e allora sono felici dell’invito del Signore.

 

 

MERCOLEDI’  7  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 2,12 - 18; Sal 26; Lc. 14,25 - 33.

 

“Chi non porta la propria croce non può essere mio discepolo”.  (Lc. 14,27)

Parole estremamente decise e dure, quelle che Gesù ci dice oggi; ma anche parole da meditare e da ben capire. Forse in epoche passate si dava alla croce un significato troppo negativo non sufficientemente inserito in una visione complessiva del mistero pasquale guastato a volte da un gusto abbastanza sospetto della sofferenza. Oggi invece si tende a minimizzare, scansare la presenza della croce. Gesù sa benissimo che il soffrire non e una cosa bella in se stessa, ma sa anche che, come per lui, se si va fino in fondo a certe scelte, c’è la croce. Per il cristiano però, come per il suo maestro la croce, la prova e la morte non sono la parola definitiva ma la chiave per entrare nella vita.

 

 

GIOVEDI’  8  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 3,3 - 8; Sal 104; Lc. 15,1 - 10.

 

“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”.  (Lc. 15,7)

Racconta Vauder Meersch: “Un soldato chiedeva ad un santo eremita se Dio poteva perdonare anche ad un peccatore indurito come lui. “Quando il tuo vestito è sudicio chiese di rimando il solitario, lo butti via?” “No, rispose lo lavo perché mi possa servire ancora”. “E allora come vuoi che Dio butti via la tua anima, per quanto sfigurata dal peccato, ma redenta con il suo sangue?”. Non dobbiamo proprio mai disperare della misericordia di Dio. Ricordiamoci che “se anche i tuoi peccati fossero rossi come lo scarlatto diventeranno bianchi come la neve.

 

 

VENERDI’  9  NOVEMBRE 1990  -  DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

 

PAROLA DI DIO: 1   Re 8,22 - 23.27 - 30; Sal 94;1Pt. 2,4 - 9; Gv. 4,19 - 24.

 

“Carissimi, stringendovi a Cristo, pietra viva, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale”.  (1 Pt. 2,4—5)

“Ma è poi proprio necessaria la Chiesa?” Una domanda che tante volte si sente fare o che noi stessi ci siamo fatti: “Non basta la fede, la carità?” Gesù poteva salvarci in mille modi diversi. Ha scelto la strada dell’incarnazione, è voluto entrare nella Storia, ci parla con un linguaggio umano, vuole che realizziamo la nostra salvezza qui nel mondo, concretamente; vuole che la sua grazia e la sua salvezza ci giunga attraverso mani di fratelli, poveri uomini come noi. Però tutto questo ci esalta: “Il Signore mi ha scelto perché anche attraverso me vuol portare salvezza ad altri.” Ed allora come dice S. Pietro: “Sono pietra viva”, destinato pur nella mia piccolezza a costruire, insieme a tanti altri fratelli l’edificio di Gesù. E allora ecco la Chiesa, necessaria perché voluta dal Signore, povera perché fatta da uomini poveri e peccatori, santa perché santificata da Dio, famiglia dove ognuno ha il suo posto e il suo ruolo. Questo tipo di Chiesa allora non solo non mi è più di fastidio nel cammino della fede ma diventa invece necessaria, luogo di incontro e di conforto, grazia mediatrice per essere sicuro di non correre a vuoto o individualmente.

 

 

SABATO  10  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fil 4,10 - 19; Sal 111; Lc 16,9 - 15.

 

“Nessun servo può servire a due padroni... Non potete servire a Dio e a mammona”.  (Lc. 16,13)

Lungo i secoli ed anche oggi sembra che la strada del compromesso, del “buon senso”, dell’accomodamento indolore, sia stata la più seguita: “Seguiamo Gesù, ma il denaro serve alla Chiesa per annunciare meglio il Salvatore” e quando poi si ha avuto il denaro, le maggiori preoccupazioni sono state per lui e il buon Dio, il suo annuncio sono passati in secondo piano. Quando in una parrocchia le maggiori preoccupazioni e i maggiori sforzi sono per mantenere le istituzioni, i muri, le comunità passa in secondo piano e il Signore pure. Quando in una famiglia, pur nel piccolo, ci si preoccupa troppo del conto in banca, del cambiare i mobili, del comprarsi l’alloggio o dei Bot e CCT. si rischia di lasciare poco spazio ai componenti e quasi niente a Dio. Ecco allora che la “pazzia dei santi poveri volontari” non è più pazzia, ma saggezza: Non lascio il denaro perché è “sterco del diavolo” ma amo il Signore, voglio lasciargli spazio e tempo, Lui riempie talmente la mia vita, che proprio il resto passa automaticamente in secondo piano, e poi, un cristiano sa che la ricchezza non è dei ricchi, dello Stato, o del popolo, ma che il mondo con tutti i suoi beni è di Dio e che noi al massimo dobbiamo essere buoni amministratori per il bene di tutti.

 

 

DOMENICA  11  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Sap. 6,12 - 16; Sal 62; 1 Ts. 4,13 - 18;Mt. 25,1 - 13.

 

“Le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio”.  (Mt. 25,3)

Bisogna essere proprio “stolte”,”distratte” per prepararsi ad una fiaccolata notturna preparando solo le lampade e dimenticando l’olio! Eppure succede a queste ragazze invitate a fare da damigelle d’onore allo sposo e succede tante volte ai cristiani. I cristiani sono invitati a una festa: è la festa di Gesù Redentore, vincitore della morte; sono invitati fin da adesso ad essere coloro che accompagnano e partecipano, ma proprio per partecipare non bisogna lasciarsi cogliere impreparati, distratti, “senz’olio” per le lampade. Un cristiano è “senz’olio” quando per lui la messa, i sacramenti sono dei doveri e non più momenti di gioiosa festa e di ricarica. Un cristiano è “senz’olio”, quando passa vicino ai fratelli ma li considera solo come potenziali nemici e disturbatori della sua quiete e non riesce a scoprire in essi il volto di Cristo Signore.

Ancora siamo “senz’olio” tutte le volte che ci addormentiamo, che perdiamo l’entusiasmo, che ci accontentiamo della mediocrità e allora a che serve avere la lampada se non possiamo accenderla per andare alla festa?

 

 

LUNEDI’  12  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Tt. 1,1 - 9; Sal 23; Lc. 17,1 - 6.

 

“Se tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli”.  (Lc. 17,3)

Giustizia e misericordia: sono due termini ai quali difficilmente si trova conciliazione, sia per quanto riguarda Dio che per quanto riguarda noi. Se si, pensa a Dio solo come giudice viviamo con la paura di Lui, se pensiamo solo alla sua misericordia spesso troviamo facili alibi per la nostra coscienza. Nei confronti del prossimo e la stessa cosa: o diventiamo giudici inflessibili privi di comprensione e di umanità o rischiamo di non vedere più il male confondendolo con il bene. Gesù ci dice di non essere conniventi con il peccato: il male è sempre male ma ci invita anche all’estrema misericordia verso il peccatore. Lui ha fatto così: il male lo ha sempre evidenziato e ci ha messi in guardia contro le sue tentazioni, ma per noi peccatori ha dato la sua vita.

 

 

MARTEDI’  13  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Tt 2,1 - 8.11 - 14; Sal 36; Lc. 17,7 - 10.

 

“Siamo servi inutili”.  (Lc. 17,10)

“Non riesco a capire, diceva una signora ad un credente, come sia possibile che una persona che si sia sforzata di vivere onestamente e religiosamente, non entri più facilmente nel cielo di un’altra dalla vita e condotta sregolate. Come può la Bibbia dire che non c’è distinzione?” Il credente rispose: “Cercherò di spiegarglielo con un paragone. Tutti e due desideriamo visitare un museo. L’ingresso costa duemila lire. Lei ha solo 4 mille lire ed io non ho denaro con me. Chi di noi ha il diritto di visitare il museo? Nessuno di noi. E’ giusto. Non c’è dunque alcuna differenza fra noi. L’uomo onorevole e religioso, benché la sua situazione sia molto meno triste di quella di un uomo depravato, non può da solo arrivare comunque all’altezza della gloria e della santità di Dio. Per il primo, come pure per il secondo, un’altra persona deve pagare, e anche a questo punto non c’è differenza fra i due. Gesù è colui che dando la sua vita dà a tutti la possibilità, se sappiamo coglierla di avere la salvezza eterna.

 

 

MERCOLEDI’   14  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Tt. 3,1 - 7; Sal 22; Lc. 17,11 - 19

 

“Gesù disse: Non sono stati guariti dieci lebbrosi? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio se non uno straniero”.  (Lc. 17,17 - 18)

Riconoscenza è saper dire grazie dei doni ricevuti e qui ci troviamo già abbastanza carenti: quante volte chiediamo e quante diciamo grazie. Ma riconoscenza è anche manifestare con i fatti il nostro grazie.

 

PIANTARE ALBERI PER I POSTERI

Era vicino l’inizio della stagione dei monsoni e un uomo assai vecchio scavava buchi nel suo giardino. “Che cosa stai facendo?”, gli chiese il vicino. “Pianto alberi di mango”, egli rispose. “Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?” “No, io non vivrò abbastanza a lungo, ma gli altri sì. L’altro giorno ho pensato che per tutta la vita ho gustato manghi piantati da altri. Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza.

 

 

GIOVEDI’  15  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Fm. 7 - 20; Sal 145; Lc. 17,20 - 25.

 

“Il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione”.  (Lc. 17,20)

C’è spesso molta confusione sul Regno di Dio, su quando verrà, so è già venuto, se sarà alla fine del mondo... Gesù intanto parla di una realtà, il Regno di Dio, che non può essere paragonato ai regni degli uomini. Non è un regno fondato sul potere, sulle forze umane: è il desiderio ultimo di Dio, l’Alleanza definitiva con gli uomini. Questo regno è già venuto: Dio lo ha preparato lungo i secoli e Gesù lo ha fecondato con la sua parola e con il suo sangue. Ma è anche un regno in continuo divenire e viene anche adesso come offerta di salvezza per noi, ma non è ancora totale, definitivo per tutti, quindi verrà con il Cristo alla fine dei tempi. L’atteggiamento del credente è quindi quello di chi gioisce e ringrazia di questo dono, di chi cerca di scoprire giorno per giorno la volontà di Dio e cerca di adeguarsi, di chi attende con serenità e fiducia il compimento di questo Regno.

 

 

VENERDI’  16  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: 2 Gv. 1,3 - 9; Sal 118; Lc. 17,26 - 37.

 

“Fate attenzione a voi stessi perché non abbiate a perdere ciò che avete conseguito”.  (2 Gv. 1,8)

Fanno paura quei cristiani che dicono: “lo ho la fede” e dicono questa affermazione quasi fossero sicuri di aver ormai raggiunto la fede definitiva. San Paolo con molto realismo, al termine della sua vita diceva: “ho conservato la fede” e a chi si sentiva troppo sicuro diceva: “Chi sta in piedi, badi a non cadere”. La fede non è un assegno da conservare nel caveau di una banca ma è una pianticella esposta al sole, al vento, alla pioggia. Una pianta da curare, potare; una pianta da proteggere, da concimare. “Solo con la perseveranza salverete le vostre anime” dice Gesù  (Lc. 21,19). Chiediamo al Signore il dono di poter giorno per giorno essere fedeli ai doni che ci sono stati fatti perché il Signore in qualunque momento giunga possa trovarci preparati.

 

 

SABATO  17  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: 3 Gv. 5 - 8; Sal 111; Lc. 18,1 - 8.

 

“Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi”.  (Lc. 18,1)

“Non c’è bisogno di dire tante cose: Dio sa già tutto!” “Bisogna dire il Rosario tutti i giorni: l’ha detto la Madonna”. “Chi lavora, prega”. “Noi chiediamo sempre impariamo a ringraziare!”. “La vera preghiera è quella contemplativa. “Gesù ha detto di pregare insieme: l’unica preghiera è quella comunitaria”... Quante frasi sulla preghiera, quanti trattati, quante contraddizioni. Ogni affermazione ha una parte di verità ma non dice tutto. E allora? La prima cosa è che è “necessario pregare sempre, senza stancarsi” quindi la preghiera non è un hobby, o per  “chi ha tempo”: è necessaria come il pane quotidiano. Ma come pregare? Quando ami una persona e stai bene in sua compagnia non ti chiedi: “Che cosa dirò? che cosa farò?” Anche le parole più semplici, come le riflessioni più profonde, le chiacchiere come i silenzi sono importanti perché tu sei con qualcuno che ti ama e a cui tu vuoi bene.

                                                              

 

DOMENICA  18  NOVEMBRE 1990  -  FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEl SANTI PIETRO E PAOLO

 La festa di oggi ricordandoci la dedicazione di queste due basiliche ci invita a guardare al pescatore di Galilea e all’Apostolo delle genti grazie ai quali è iniziata la Chiesa e sull’insegnamento dei quali si fonda il nostro essere Chiesa oggi.

 

PAROLA DI DIO: Prv. 31,10 - 13.19.20.30 - 31; Sal 127; 1Ts. 5,1 - 6; Mt. 25,14 - 30.

 

“Pietro scendendo dalla barca si mise a camminare sulle acque. Ma per la violenza del vento, cominciando ad affondare, gridò: Signore, salvami!”.  (Mt. 14,30)

Pietro vuole un segno personale: vuole camminare sulle acque. Ed è bello pensare al sorriso di Gesù che gli dice: “Vieni”. Ma qui cominciano i guai per Pietro: mettere il primo piede in acqua. In quel momento Pietro non pensa più a Gesù, pensa a se stesso, a far l’equilibrista sull’acqua e immancabilmente comincia ad affondare. Solo allora il suo sguardo si rivolge a Gesù: “Salvami!” E’ la nostra esperienza e l’esperienza della Chiesa quando vogliamo prendere il posto di Gesù: si parte con buone intenzioni ma poi vogliamo fare da soli, l’entusiasmo c’è ma a forza di guardare dove mettere i piedi dimentichiamo di guardare Gesù ed ecco che paura, peccato e colpi di vento ci fanno affondare. Fa, o Signore, che in quei. momento abbiamo ancora la forza di gridare: “Salvami, Signore, sto affogando”.

 

 

LUNEDI’  19  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 1,1 - 4;2,1 - 5; Sal 1; Lc. 18,35 - 43.

 

“Signore, che io riabbia la vista”.  (Lc. 18,41)

Gesù sta andando verso Gerusalemme, verso la sua morte e passa de Gerico, quella meravigliosa oasi di vacanza nel deserto di Giuda. In mezzo alle tante voci di lode, di critica, di curiosità egli ascolta il grido di questo povero cieco, si ferma e compie il miracolo. Gesù ascolta sempre il nostro grido quando, dettato dalla fede, sgorga dal profondo del cuore. Gli occhi del cieco erano chiusi ma il suo cuore e la sua fede gli facevano vedere già ben più lontano. La guarigione di questo cieco allora non è solo più un segno della bontà di Gesù ma è simbolo della salvezza che Lui ci ha portato: Egli vuoi renderci capaci di accogliere la luce di Dio per mezzo della fede.

 

 

MARTEDI’  20  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 3,1 - 6.14.22; Sal 14; Lc. 19,1 - 10

 

“Zaccheo, per poterlo vedere, salì su un sicomoro”.  (Lc. 19,4)

Zaccheo mi è sempre stato simpatico, non solo perché è come me piccolo di statura, ma perché ha il coraggio di perdere la faccia, di fare il matto, di arrampicarsi sulla pianta, lui,capo degli esattori e ricco, pur di veder Gesù. E questo gesto di “pazzia” viene premiato da Gesù che lo sceglie “per mangiare a casa sua”, ma soprattutto perché Gesù io aiuterà a fare una “pazzia” ancora più grande: liberarsi delle ricchezze, scoprire i poveri, vincere le ingiustizie con atti di Amore. Ci sono ancora dei Zaccheo nel nostro mondo? Io ho il coraggio di perdere la faccia per Gesù? Mi sembra che io e noi cristiani troppe volte siamo da “piano terreno”, marciamo con la massa, pensiamo con le idee di tutti, compromettiamo volentieri cristianesimo e nostri interessi. Ma dal basso non si vede Gesù, specialmente se piccoli e dietro le spalle di tanti altri: bisogna aver il coraggio di andare contro corrente, di “salire su una pianta”: di lì si vede Gesù e lì ti trova Gesù e si invita a casa tua. E se Lui entra ed è accolto, sta sicuro che cambierà qualcosa: ti farà fare altre “pazzie” ma “pazzie d’amore”.

 

 

MERCOLEDI’  21  NOVEMBRE  -  PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

L’origine di questa festa risale ad un Vangelo apocrifo secondo cui Maria sarebbe stata presentata e offerta a Dio al tempio di Gerusalemme. Ma la Chiesa ricordando questo gesto vuoi so­prattutto sottolineare il dono totale di sé che prepara la giovane donna di Nazareth a diventare, il giorno dell’annunciazione, il tempio vivente del Figlio di Dio e in seguito ad entrare, il giorno dell’assunzione, nel tempio eterno della gloria del Padre. Per l’offerta di tutto il suo essere a Dio, la Vergine è diventata il modello di ogni vita consacrata alla Chiesa.

 

PAROLA DI DIO: Ap. 4,1 - 11; Sal 150; Lc. 19,11 - 28.

 

“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.  (Mc. 3,35)

Maria ha compiuto la volontà di Dio nel silenzio. Ripensiamo oggi, in questa festa Mariana, ad alcune parole dette da Paolo VI proprio a Nazareth nel 1964. “A Nazareth s’impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato profondo e misterioso della manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è Gesù, In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri”.

 

 

GIOVEDI’  22  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 5,1 - 10; Sal 149; Lc. 19,41 - 44.

 

“Gesù, alla vista di Gerusalemme, pianse”.  (Lc. 19,41)

Gesù cerca con tutti i mezzi di strappare gli uomini all’indifferenza e alla durezza di cuore che li chiude al suo messaggio di salvezza. Predica, minaccia, e persino piange. Quante volte la tua tenerezza avrà pianto per me quando dopo avermi amato, sorretto, guidato, dopo aver profuso i tuoi doni ti sei trovato davanti alla grettezza, all’ingratitudine, al mio peccato. Quando anche noi rischiamo di fallire la nostra vita chiudendoci al tuo messaggio, abbi pietà di noi, rinnova il nostro cuore, aiutaci a prestare attenzione alla tua parola che dona la pace e insegnaci a riconoscere il tempo della tua visita.

 

 

VENERDI’  23  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA Dl DIO: Ap. 10,8 - 11; Sal 118; Lc 19,45 - 48.

 

“Gesù entrato nel tempio cominciò a scacciare i venditori”.   (Lc 19,45)

Gesù si “arrabbia” Penso ci faccia bene meditare su questo. Non tanto per rinfocolare le idee di coloro che vedono in Dio un castigamatti sempre pronto al minimo peccato a scagliare le sue frecce contro i cattivi, ma per comprendere che, quando si vuole nascondere il male dietro il bene, quando dietro al “religioso” si nasconde l’interesse, il lucro, l’egoismo, la falsità, il “buon” Gesù diventa colui che con la sferza in mano fa piazza pulita. Gesù è sempre disposto a perdonare il peccatore ma non sopporta l’ipocrisia di far passare per religioso ciò che è commercio. Non leggiamo questa pagina come il racconto di un fatto passato, ma come una lezione sempre attuale, valida per la Chiesa e per certi “cristiani” di oggi... forse anche per noi?

 

 

SABATO  24  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 11,4 - 12; Sal 143; Lc 20,27 - 40

 

“l nostri morti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli, ed essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio”.   (Lc 20,36)

Ho voluto raccogliere qui di seguito alcune “ultime parole” di moribondi. In alcuni casi sembrano contraddittorie ma sono da confrontare e meditare con la parola evangelica di oggi.

 

- Così poco di fatto, e tanto da fare.  (Cecil Rhodes)

 

- Dio mi perdonerà: è il suo mestiere.(Heine)

 

- Perché aver paura della morte? E’ la più bella avventura della vita.  (C. Frohman)

 

- Presto, una scala! (Gogol)

 

 

DOMENICA  25  NOVEMBRE 1990  -  NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO

L’ultima domenica dell’anno liturgico ricapitola il cammino che abbiamo, o avremo dovuto fare durante questo anno, presentandoci la figura di Gesù Re della storia e dell’universo, Signore dei vivi e dei morti.

 

PAROLA DI DIO: Ez. 34,11 - 12.15 - 17; Sal 22;1Cor. 15,20 - 26.28; Mt. 25,31 - 46

 

“Ed Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri”.  (Mt. 25,32)

Gesù parla di un giudizio non tanto per raccontarci per filo e per segno quello che avverrà alla fine, quanto piuttosto per presentarsi Lui al centro dell’ universo e della vita: è Lui la  discriminante della Storia: non possiamo fare a meno di stare con Lui o contro di Lui. Lui, il Giudice della fine dei tempi non farà altro che constatare il tipo di scelta che noi abbiamo fatto e che confermare le conseguenze: “Hai vissuto solo per te stesso? continua a vivere così, lontano da Dio. Hai cercato di riconoscere i diritti del tuo prossimo, hai visto nel sofferente, nel povero, nel diseredato il volto di Gesù? Continuerai a vederlo per l’eternità.

 

 

LUNEDI' 26 NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 14,1 - 3.4 - 5; Sal 23; Lc. 21,1 - 4.

 

“Vide una vedova, povera che gettava due spiccioli nelle offerte del tesoro”.  (Lc. 21,1)

A Gesù non sfugge nulla: poteva passare inosservata quell’ombra nera che quasi con vergogna metteva i suoi spiccioli nelle anfore delle offerte del tempio in mezzo a tuniche e mantelli sgargianti che ostentavano ricchezza e davano apparenza di giustizia e di generosità nello sbattere davanti a tutti un’offerta generosa. Quando hai cinquanta, cento milioni in banca, quando sei proprietario di alloggi che affitti a “equo canone” solo dopo compenso nascosto perché “Il denaro deve rendermi”, puoi permetterti il lusso di far la bella figura, di essere generoso. Quando hai l’armadio pieno di vestiti puoi anche permetterti di dare quelli usati ai poveri e dopo puoi anche cercare di ingannarti di essere buono. Quella vedova non aveva niente: dà, con un gesto “pazzo”, i suoi due ultimi spiccioli, diremo noi, ad un Tempio già ricco. Ma lei non fa questi ragiona menti e pensa di offrire tutto a Dio Nessuno la vede eccetto l’occhio di Gesù che capisce “la pazzia” e la ama profondamente.

 

 

MARTEDI’  27  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 14,14 - 19; Sal 95; Lc. 21,5 - 11

 

 “Alcuni parlavano del tempio, delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano”.  (Lc. 21,5)

 

UN GRANDE SACERDOTE

Al tempo degli emiri Kabil, viveva nel Tempio di Galad un Grande Sacerdote in fama di santità. Egli teneva cerimonie sontuose e ogni giorno cambiava sontuosi paramenti e splendide vesti. Si diceva che fosse uomo di grandissima fede, ma poiché non pronunziava mai parola nessuno riusciva a capire dove mai questa sua fede fosse nascosta e come si potesse capirne l’essenza. In una freddissima giornata d’inverno, mentre il Tempio era gremito di pellegrini, una voce si alzò dalla folla: “Grande Sacerdote, mostraci dov’è la vera fede”. Il Grande Sacerdote si tolse la corona d’oro dal capo. Poi depose il mantello di broccato e d’argento, poi la tunica di lino orlata d’oro e poi tutte le sottotuniche e le sottovesti frangiate, fino ai calzari tempestati di lapislazzuli. “La fede non è lì”, disse indicando il mucchio di vesti preziose gettato in un angolo. “La fede é qui”, e facendo un passo in avanti, nudo come era, fra lo stupore silenzioso dei presenti, rabbrividì.  

(Dal libro delle Leqqende di Al – bat - Kur)

 

 

MERCOLEDI’  28  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 15,1 - 4; Sal 97; Lc. 21,12 - 19.

 

“Benedite, sole e luna il Signore”.  (Dan. 3,62)

L’India indù ha trovato un’immagine incantevole per descrivere il rapporto tra Dio e la sua creazione. Dio “danza” la sua creazione. Lui è il danzatore, la creazione è la danza. La danza è diversa dal danzatore, tuttavia non può esistere senza di lui. Anche volendo, non potete portarvela casa in una scatola. Nel momento in cui il danzatore si ferma, la danza cessa di esistere. Nella sua ricerca di Dio l’uomo pensa troppo, riflette troppo, parla troppo. Anche quando guarda questa danza che chiamiamo creazione non fa altro che pensare, parlare (a se stesso e agli altri), riflettere, analizzare, filosofare. Parole, parole, parole. Rumore, rumore, rumore. Taci e osserva la danza. Non devi far altro che guardare: una stella, un fiore, una foglia che cade, un uccello, un sasso... Ogni frammento della danza va bene. Guarda. Ascolta. Odora. Tocca. Gusta. E non ti ci vorrà molto a vedere lui, il Danzatore stesso!

 

 

GIOVEDI’  29  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ap. 18,1 - 2.21 - 23;19,1 - 3.9; Sal 99; Lc. 21,20 - 28.

 

“Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’agnello”. (Ap. 18,9)

 

UNA LEZIONE IMPORTANTE

C’era una volta in Giappone un vecchio sapiente, governatore di una grande città. Questi, un giorno, invitò tutte le persone importanti della città a un grande banchetto che aveva preparato per loro. Sulle lunghe tavole erano preparati cibi variopinti e gustosi, ma la grande sala del banchetto restava silenziosa e un’aria di imbarazzo e di tristezza gravava sui convitati. Il governatore, infatti, aveva preparato cibi squisiti, ma si dovevano mangiare con i bastoncini e non erano stati preparati che bastoncini tanto lunghi che non era possibile adoperarli per portare il cibo alla propria bocca. L’imbarazzo andava crescendo e con esso la rabbia impotente degli invitati. Ad un tratto, però, uno di essi ebbe una idea geniale: con i suoi lunghi stecchetti, prese un bocconcino di carne e lo accostò alle labbra del commensale che gli stava davanti. Questi mangiò con gioia e fece altrettanto, offrendo da mangiare a un altro invitato. Tra risate ed approvazioni, tutti cominciarono a servire i commensali vicini. La gioia si diffuse rapidamente, e fu ben più grande di quanto sarebbe stata se ciascuno avesse pensato solamente a se stesso. Verso la fine del pranzo singolare, il governatore prese la parola e disse: Vi ho raccolti per darvi un grande insegnamento. La nostra vita assomiglia a questo banchetto: non troveremo la felicità che servendo il nostro prossimo, come voi non avete trovato la gioia del pranzo che servendovi gli uni gli altri.

 

 

VENERDI’  30  NOVEMBRE 1990

 

PAROLA DI DIO: Rm. 10,9 - 18; Sal 18; Mt. 4,18 - 22.

 

“Come potranno credere senza prima averne sentito parlare”.  (Rom. 10,14)

Oggi si dà per scontato, perlomeno in Europa, che tutti abbiano sentito parlare di Gesù. E quindi si pensa anche che si possa essere persone libere nelle proprie scelte religiose. Ma che scelta può fare un giovane, quando i suoi genitori, in nome di una futura ipotetica libertà scelta, non gli danno i sacramenti e soprattutto il catechismo e chiedono l’esonero dalla scuola di religione? Oggi molti non sono cristiani perché non sanno chi sia Gesù o pensano che sia “un affare da preti e da vecchiette beghine”. C’è bisogno di riscoprire la gioia del nostro incontro con Gesù Salvatore per poi fare come S. Andrea: lasciare le vecchie reti e andare ad annunciare non una idea, non una politica, non una determinata teologia, ma Gesù Cristo.

     
     
 

Archivio