UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a cura di don Franco LOCCI
PAROLA Dl DIO: Gn. 1,26 - 2,3 opp. Col. 3,14 - 15.17.23 - 24; Salmo 89; Mt. 13,54 - 58
“Dio portò a termine il lavoro che aveva fatto”. (Gn. 2,2)
Ci sono persone che cercano disperatamente lavoro: ne va della loro sopravvivenza! Ci sono persone che non vedono l’ora di andare in pensione: non hanno trovato nel lavoro che fatica e umiliazione; altri che considerano il lavoro un male necessario, altri che hanno fatto del lavoro un idolo a cui tutto si può immolare: la salute, la famiglia... Il lavoro, la fatica sono una realtà quotidiana. La Bibbia nel suo linguaggio concreto considera anche la creazione come un “lavoro di che indica il lavoro dell’uomo come continuazione di questa creazione. Dove saranno finiti i tavoli, i carretti fatti dal lavoro di S. Giuseppe? Saranno serviti a qualcuno e poi saranno stati gettati! Giuseppe, però, con il suo lavoro non finalizzato a se stesso ha assicurato che si compisse la volontà di Dio per se stesso, per Maria, per Gesù e quindi anche per noi, ha quindi collaborato veramente alla creazione di Dio.
MERCOLEDI’ 2 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At 8,1 - 8; Salmo 65; Gv. 6,35 - 40.
“Quelli che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la Parola di Dio”. (At 8,4)
Da un male (la persecuzione) ne nasce un bene (i cristiani escono da Gerusalemme e diffondono la testimonianza per il mondo). Nelle mani del Signore anche una prova diventa un bene. E’ normale che durante una prova noi piangiamo e a volte addirittura ci lamentiamo con Dio, ma sapessimo anche solo fidarci di Dio, comprenderemo che le sofferenze non sono mai inutili per noi e per gli altri. E nella vita della Chiesa non è forse vero che un po’ di “persecuzione” forse la purificherebbe da certe pastoie inutili e rafforzerebbe fede e testimonianza? Sembra una crudeltà veder potare gli alberi, ma il. tronco si rafforza e a primavera sboccia la vita più piena.
GIOVEDI’ 3 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: Cor. 15,1—8; Salmo 18; Gv. 14,6—14.
“Chi crede in me compirà le opere che io compio”. (Gv. 14,12)
Gesù ci invita alla fiducia in Lui. E’ attraverso Lui che noi giungiamo al Padre. Ma questa confidenza in Lui non è una formula magica attraverso la quale ottenere facili miracoli.
Un campione di sci, durante un’intervista, si è sentito porre la domanda se ricorresse alla preghiera prima di una gara importante. La risposta, anche se un po’ sbarazzina, resta comunque degna di un maestro spirituale: Ma lei crede che Dio abbia tempo di occuparsi dei miei sci? Ci penso io! Ammesso pure che Dio si occupi degli sci, resta il fatto che ci deve pensare soprattutto l’interessato. Pregare Dio non vuol dire per nulla sentirsi dispensati dai proprio mestiere, dal proprio duro lavoro, dalla propria preparazione condotta con serietà.
VENERDI’ 4 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 9,1 - 20; Salmo 116; Gv. 6,52 - 59.
“Chi sei o Signore?” E la voce: “Sono Gesù che tu perseguiti”. (At. 9,5)
Saulo buttato giù da cavallo interroga la “forza” che lo ha fermato. E’ la domanda che da sempre si sono posti gli uomini. Una malattia, una sofferenza, un qualcosa ti ha fatto capire la tua povertà, la tua finitezza: improvvisamente, i tuoi occhi alteri che sempre avevano “visto lontano”, avevano giudicato, ora ti paiono coperti di scaglie che non ti permettono più di “vedere”: ti accorgi di essere piccolo, steso a terra e allora cerchi di guardare in su e di vedere... Qualche volta vorresti. vedere il Dio Immenso, altre volte il Giudice che finalmente mette a posto le cose... E invece trovi, come Saulo, un Dio che avevi già incontrato ma che nella tua persecuzione non avevi riconosciuto, quei Dio che ha fame, ha sete, è nudo, è ammalato, quel Dio dai mille volti quotidiani, quel Dio che se ti specchi è anche già nel tuo volto e nel tuo cuore perché ti ama, quel Dio che se ti sbatte giù da cavallo lo fa perché da terra tu puoi guardare negli occhi e non dall’alto, e gli occhi del fratello ti parleranno di Dio.
SABATO 5 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At 9,31 - 42; Salmo 115; Gv. 6,60 - 69.
“Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui”. (Gv. 6,66)
Gesù è venuto per salvare, per portare la Parola di Dio, eppure davanti a delle persone che se ne vanno, non corre loro dietro, non rende più facile il suo linguaggio, non addolcisce la pillola. Carità, misericordia, attenzione ai prossimo non devono diventare tradimento della Verità, accondiscenza, connivenza. Troppo spesso, motivandolo con altruismo e carità, noi scendiamo a compromessi con la fede, mascherando la durezza del Vangelo con un Dio fatto su misura delle nostre necessità che poi non ci soddisfa ma solo ci addormenta. “Volete andarvene anche voi?” dice Gesù “o con me o contro di me”.
DOMENICA 6 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At 2,14.36 - 41; Salmo 22; 1 Pt.2,20 –25; Gv. 10,1—10.
All’udire questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli apostoli: “Che cosa dobbiamo fare?”.
(At 2,37)
Chissà se qualche volta è capitato anche a noi, dopo aver sentito una predica, di sentire “trafiggerci il cuore” e di sentire contemporaneamente il desiderio di far qualcosa per metterla in pratica? Normalmente, dopo aver ascoltato la parola di Dio, ciascuno di noi sa perfettamente che cosa dovrebbero fare gli altri. Quando è così, vuoi dire che non ci siamo lasciati toccare. Troppo facile a volte commentare: “Che predica bella!”. Se non ho sentito il bisogno di convertirmi è stato un sermone inutile.
PAROLA Dl DIO: At. 11,1 -18; Salmo 41 e 42; Gv.10,11 -18
“Quello che Dio ha purificato non considerarla profano”. (At. 11,9)
Già ai tempi degli Apostoli era difficile accettare fino in fondo l’universalismo del messaggio cristiano. Anche ai giorni nostri ci sono difficoltà ad accettare che Dio sia per tutti. Nella sua autobiografia, Mahatma Gandhi racconta di come quand’era studente in Sudafrica avesse nutrito un profondo interesse per la Bibbia, soprattutto per il discorso della Montagna. Si convinse che il cristianesimo era la risposta al sistema delle caste, che per secoli avevano costituito una piaga per l’india, e pensò seriamente alla possibilità di diventare cristiano. Un giorno si recò in chiesa per partecipare alla Messa e farsi dare le istruzioni necessarie. All’ingresso lo fermarono e gli spiegarono gentilmente che se desiderava ascoltare la Messa poteva farlo in una chiesa riservata ai negri. Egli se ne andò e non ritornò mai più.
MARTEDI’ 8 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 11,19 - 26; Salmo 86; Gv. 10,22 - 30.
“Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani”. (At. 11,26)
Impressiona sentire per radio che “Nel Libano le truppe cristiane hanno attaccato...” Al di là dei motivi storici, vedere persone che si dicono cristiane con armi, mortai, carri armati e missili, stona profondamente. Ma non c’è bisogno di andare neppure molto lontano quando vediamo ogni giorno cristiani che per un pezzetto di potere o di onore, fanno bellamente le scarpe ad altri, preti che per “far carriera” si dimenticano del loro gregge, persone che dicono “io sono cristiano” e poi dimostrano di non conoscere Gesù, di infischiarsene bellamente dei sacramenti, di usare nella famiglia e nella vita tecniche che sono la chiara logica dello “scansati che qui ci sono io”.
Ad Antiochia non sono stati i cristiani a mettersi da soli quel nome; sono stati gli altri a chiamarli così perché vedevano nel loro modo di agire la presenza di Cristo vivo in loro!
MERCOLEDI’ 9 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 12,24 - 13,5; Salmo 66; Gv. 12,44 - 50
“Chi vede me, vede colui che mi ha mandato”. (Gv. 12,45)
Sovente incontriamo persone che ‘dicono: “Io credo in Dio” e questo mi basta! Se è vero che a Dio si può giungere per mille strade diverse ed è ancor più vero che nessuno può giudicare la fede di un altro, noi però dobbiamo tenere presente le parole di Gesù: Egli è la trasparenza dei Padre. Le parole che ci ha detto, sono quelle del Padre. Noi possiamo arrivare al cuore del Padre tramite il suo “Figlio prediletto”. La Chiesa, nella celebrazione della Messa ci ricorda questo quando, dopo aver messo tutte le nostre intenzioni e preghiere, dopo aver fatto memoria della cena di Gesù, alziamo il corpo e sangue di Cristo e diciamo che la nostra lode, la preghiera, la vita avviene solo e unicamente “Per Cristo, con Cristo e in Cristo”.
GIOVEDI’ 10 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 13,13 - 25; Salmo 88; Gv. 13,16 - 20.
“Chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato”. (Gv. 13,20)
L’uomo cerca ciò che lo può rendere felice, ciò che può dare senso al suo vivere; e, se siamo onesti, nella nostra ricerca non ce umanamente nulla di così definitivo da appagare in pieno questo desiderio. Solo Dio può essere il riposo del desiderio del nostro cuore. Noi, dunque, “vogliamo accogliere Dio. Ma non un Dio tappabuchi che risponda solo alle nostre esigenze, ma Dio così com’é. E chi può darcelo se non il Suo Figlio che con Lui e uno?” Ecco allora il senso delle parole di Gesù: se accogliamo Lui accogliamo il Padre. E come facciamo ad accogliere Gesù? E’ ancora Gesù stesso che ce lo indica: accogliere la sua Parola, spezzare il suo pane, accoglierlo servendo i fratelli... Oggi abbiamo e avremo numerose occasioni per accogliere Gesù; fa, o Signore, che non ti passiamo vicino senza vederti.
VENERDI’ 11 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 13,26 - 33; Salmo 2; Gv. 14,1 - 6.
“Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”. (Gv. 14,2)
L’aldilà ci interessa. Ci chiediamo come sarà. Abbiamo tutti più o meno negli occhi e nelle orecchie Giudizi universali alla Michelangelo, paradisi, inferni e purgatori alla Dante. Gesù non si preoccupa tanto di dirci luoghi e situazioni del nostro futuro; addirittura nel suo parlare presente e futuro non hanno neppure contorni ben definiti. Ci dice però chiaramente di non aver paura ma solo fede in Lui che desidera ardentemente che noi siamo dove Egli è. La fede non si misura dalla paura che noi abbiamo per il nostro futuro ma dalla fiducia attiva in Colui che per salvarci ci dà la vita.
SABATO 12 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 13,44—52; Salmo 97; Gv. 14,7-14.
“Chi crede in me compirà le opere che io compio”. (Gv. 14,12)
Aver fede ed essere attenti a cogliere qual’è la volontà di Dio che si manifesta nel prossimo, e poi tutto diventa possibile. Tetsugen, uno studente zen, decise di intraprendere un’impresa grandiosa: la stampa di settemila copie dei sutra che a quell’epoca erano disponibili soltanto in cinese. Viaggiò in lungo e in largo per tutto il Giappone per raccogliere i fondi necessari al progetto. Ci furono delle persone ricche che gli offrirono anche cento pezzi d’oro, ma per lo più riceveva monete di poco valore dalla gente delle campagne. Tetsugen esprimeva la stessa gratitudine a ciascun benefattore, indipendentemente dalla somma elargita. Dopo dieci lunghi anni di peregrinazioni, finalmente raccolse il denaro necessario all'impresa. Proprio allora, però, il fiume Uji straripò e migliaia di persone restarono senza cibo e senza riparo. Tetsugen spese tutto il denaro che aveva raccolto per il suo amato progetto, per aiutare quella povera gente.
In seguito ricominciò a raccogliere fondi. Passarono di nuovo parecchi anni prima di riuscire a trovare tutto il denaro di cui aveva bisogno. Poi scoppiò un’epidemia in tutto il paese e, Tetsugen diede via tutto quanto aveva raccolto per aiutare i sofferenti. Ancora una volta ripartì e, venti anni dopo, finalmente poté realizzare il suo sogno di stampare le scritture in giapponese. La pressa che produsse la prima edizione dei sutra è conservata presso il monastero di Obaku, aKyoto.
i giapponesi raccontano ai loro figli che Tetsugen pubblicò in tutto tre edizioni dei sutra e che le prime due sono invisibili e di gran lunga superiori alla terza.
DOMENICA 13 MAGGIO 1990
Ricordiamo la Vergine Maria sotto il titolo di Madonna di FATIMA
Nel 1917 tre pastorelli portoghesi, Lucia, Francesco e Giacinta (10, 9 e 7 anni), intenti a custodire il gregge a Cova d’Iria, presso Fatima, a mezzogiorno in punto videro in cielo un lampo improvviso e, impauriti, scapparono giù dalla collina. Ma un secondo lampo li fermò ed essi, impietriti dallo stupore, si trovarono di colpo di fronte a una bellissima Signora splendente di luce che, con voce dolcissima, comunicò loro il suo messaggio. Un messaggio che venne rivelato in occasione di altre cinque apparizioni e che, in breve, diceva: “Pregate molto e fate sacrifici per i peccatori... La guerra sta per finire, ma se non si smette di offendere il. Signore ben presto ne ricomincerà una peggiore. Combattete il peccato in voi stessi e negli altri... Collaborato con il vostro operato alla redenzione del Salvatore”.
PAROLA DI DIO: At. 6,1 - 7; Salmo 32; 1 Pt. 2,4 - 9;Gv. 14,1 - 12.
“Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa”. (1 Pt. 2,9)
Bisogna fare ben attenzione ad interpretare queste parole: è facile, leggendole malamente, giustificare per noi una supremazia sugli altri. S. Pietro invece voleva ricordarci la gratuità e l’impegno di questo dono. Dio ci ha scelti in Cristo, senza alcun merito particolare da parte nostra, ma ci ha scelti per darci un incarico: quello di testimoniare a tutti l’amore di Dio. Lungi da noi, allora, il pensiero di sentirci migliori di altri. Deve essere nostro invece un sentimento di ringraziamento perché Dio mi ha fatto suo ministro e un senso di responsabilità: con la mia vita devo essere testimone di Cristo, della santità di Dio e della sua universale chiamata alla salvezza.
LUNEDI’ 14 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 1,15 - 17.20 - 26; Salmo 112;Gv. 15,9 - 17.
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. (Gv. 14,16)
Prova ogni tanto a riflettere: hai scelto tu di essere messo al mondo? Hai scelto tu di nascere in Italia, da una famiglia cristiana? Hai del merito per queste cose? Eppure se hai la vita, se hai conosciuto Gesù, se hai ricevuto i sacramenti, se stai vivendo in questi giorni quella determinata situazione gioiosa o triste, un motivo ci sarà. lI Signore ci ha scelto, ci ha chiamati, ci ha affidato un compito. Però sta anche a noi dargli urta risposta: possiamo essere tentennanti come gli Apostoli prima della discesa dello Spirito Santo, possiamo tradire la nostra missione come Giuda, possiamo affidarci a colui che ci ha scelto e dire come Maria il nostro “si incondizionato.
MARTEDI’ 15 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 14,19 - 28; Salmo 144; Gv. 14,27 - 31.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. (Gv. 14,27)
Pace è un’altra di quelle parole usate e strausate che alla fine hanno perso il loro vero significato. Pace diventa allora sinonimo di “non ammazziamoci”, di compromesso, di generico “vogliamoci bene”. Questo saluto che Gesù sovente fa ai suoi apostoli è invece denso di significati molto profondi: è l’augurio di pienezza di vita, di salute ma è soprattutto mettere Dio al suo posto, al primo posto. Quando l’uomo avrà veramente pace? Quando si costruirà nel modo giusto: quando cioè porterà i suoi valori non sull’effimero, sul passeggero, ma su chi lo ha pensato, creato, amato. Allora il cuore dell’uomo, le sue attese non diventeranno più orgoglio che divide, si appropria, uccide, ma gioia, perdono, riconciliazione profonda con il fratello non più visto come un rivale da superare ma come un amico con cui camminare e costruire il Regno che il Signore stesso ha chiamato a realizzare.
MERCOLEDI’ 16 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 15,1 - 6; Salmo 121; Gv. 15,1 - 8.
“(Il Padre) ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto”. (Gv. 15,2)
Spesso noi facciamo questo ragionamento profondamente umano ma anche molto distante dalla logica di Dio: “Se io fossi un degenerato che vivesse nell’ozio e nei delitti, se io fossi un egoista e un parassita che vivesse sfruttando il lavoro e il sacrificio degli altri, se io fossi un disonesto che vivesse di intrigo e di corruzione, o un aguzzino che dissanguasse il povero e l’operaio, allora comprenderei perché Dio mi colpisce e adorerei la sua mano che mi castiga. Ma io vivo nella giustizia, non conosco il rimorso dei delitti, cammino nella sua legge e il dovere è il mio pane quotidiano, mi sacrifico per i miei figli e le mie gioie le cerco nella mia casa; perché dunque Dio mi percuote? Perché mi ripaga con tante avversità? Più faccio del bene e più si moltiplicano le mie sventure. Come va che i buoni devono sempre tribolare, quando invece i malvagi ridono?
Proviamo a riflettere: Perché il contadino lascia intatta la quercia e il frassino e invece sembra accanirsi contro l’ulivo e la vite?
La pianta fruttifera se non la si monda inselvatichisce, se la si pota diventa feconda. L’albero che non fruttifica, invece, si tiene finché ci pare, ma presto o tardi finirà nel fuoco.
GIOVEDI’ 17 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 15,7 - 21; Salmo 95; Gv. 15,9 - 11.
“Vi ho detto questo perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. (Gv. 15,11)
Diceva John Wu: “La gioia dipende dall’amore. Se avete un grammo di amore avrete un grammo di gioia. Se il vostro amore supera ogni misura, così sarà anche la vostra gioia.” La gioia del cristiano è sapersi amato da Dio e amarlo. Questo racconto di Blakall, un cieco ci suggerisca oggi gioia e ci insegni a donarla.
Vent’anni fa, quando ero ancora nuovo alla condizione di cieco, la mia figlia più piccola, che allora aveva undici anni, mi fornì una dose di coraggio sufficiente per tutta la vita. “Papà”, mi chiese un sabato mattna, “mi faresti un telescopio?” Come richiesta era un po’ eccessiva, ed io risposi dondolandomi sui talloni che non avevo le lenti adatte. “Ma”, aggiunsi con molta imprudenza, “se vai al villaggio e compri un paio di specchietti, ti faccio un periscopio”. Andò e tornò prima che potessi cambiare idea, mi procurò cartone e nastro adesivo e in meno di mezzora il periscopio era belle pronto. Pochi minuti dopo sentii mia figlia che, nella stanza accanto, faceva vedere il nuovo giocattolo a un compagno. “Lo ha fatto il mio papà”, disse come per caso. “Il tuo papà?” le fece eco incredulo il ragazzo, ed io aspettai con il fiato sospeso ciò che avrebbe risposto la mia bambina. “Lo ha fatto lui”, ripeté mia figlia, e aggiunse poi le parole che rimisero di nuovo ordine nel mio universo: “Le sue mani non sono cieche!”.
VENERDI’ 18 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 15,22 - 31; Salmo 56; Gv. 15,12 - 17.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. (Gv. 15,13)
Vorremmo essere capaci di amare, ma spesso siamo solo capaci di amare noi stessi. Quando scoprendo il Cristo lo seguiamo anche nel dare la vita scopriamo l’amore e noi stessi.
Un uomo era così poco sicuro della propria esistenza che si stabilì sulle sponde di un lago per potervi vedere riflessa, ogni giorno, la propria immagine. Un giorno, sull’altra sponda del lago venne ad abitare una giovane donna. L’uomo la sentiva cantare, ed il cuore gli batteva nel petto. Avrebbe dato chissà cosa per trovare il coraggio di andarla a trovare; ma per raggiungere l’altra sponda del lago avrebbe dovuto inerpicarsi per un lungo tratto sulla montagna, oppure passare sotto una grande cascata, e in un modo o nell’altro avrebbe perso di vista la propria immagine per troppo tempo. Sicuramente ne sarebbe morto. O divorato dal nulla. E non sarebbe riapparso. Mai più. Ma un giorno il canto della donna era troppo dolce. E il cuore dell’uomo batteva a tal punto che, in un attimo, quasi senza accorgersene, lo portava con sé per boschi e dirupi. L’uomo giunse davanti alla donna stupito del suo ardire. Ma fu ancora più stupito quando, guardandola in viso vicino vicino, si vide riflesso in quegli occhi che gli sorridevano e si riconobbe. (Piero Gribaudi)
SABATO 19 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 16,1 - 10; Sal 99; Gv. 15,18 - 21
“Poiché non siete del mondo, per questo il mondo vi odia”. (Gv. 15,18)
Qualche volta l’odio contro il rappresentante di Gesù, diventa indifferenza, e qualche volta questa è peggiore ancora dell’odio perché rischia di uccidere l’entusiasmo e la buona volontà.
Un giorno il profeta si spinse fino alla città per convertirne gli abitanti. All’inizio la gente ascoltava rapita le sue parole, e quei sermoni da riempire una piazza. Poi anche la novità finì per scemare. A poco a poco non ci fu più nessuno ad ascoltare il profeta quando parlava. Un forestiero udì quelle verità riecheggiare nel vuoto di un cortile. “Perché Continui a predicare?” chiese al profeta: “Non capisci che la tua missione è vana?” “All’inizio speravo di cambiarli”, rispose pallido il profeta. “Ma se continuo a predicare ora, se parlo nel vento e nel buio, è solo per impedire a loro di cambiare me" (Parabola Buddhista)
DOMENICA 20 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 8,5 - 8.14 - 17; Salmo 65; 1 Pt. 3,15 - 18; Gv. 14,15 - 21.
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. (Gv. 14,15)
Se mi amate... Non dice: se siete bravi, se capite, se vi mostrate intelligenti.., e neppure: se siete ubbidienti, se non volete andare all’inferno... Se mi amate... La spinta, la motivazione, lo stile della condotta, non può che essere l’amore per Lui. Gesù nei discorsi di addio, non ci lascia una dottrina, un manuale di istruzioni, e nemmeno un codice di diritto canonico... Se mi amate.., posso partire tranquillo. Posso fidarmi di voi. Perché farete cose giuste. Perché farete la sola cosa gradita a Dio.
LUNEDI’ 21 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 16,11 - 15; Salmo 149; Gv.15,26 - 16,4
“Chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio”. (Gv. 16,2)
Gesù è venuto a portare la pace di Dio, ma non come tranquillità. Egli è segno di contraddizione. La sua presenza e quella degli apostoli che parlano e agiscono in suo nome scatena le ire di un mondo che vuole essere lasciato tranquillo nel suo egoismo e nel suo culto agli idoli. Se siamo veri cristiani, siamo votati alla persecuzione. Gesù ci ha avvertito! Ci ha però anche detto che non dobbiamo assumere atteggiamenti di difesa e di “legittima” difesa come aggrapparci alla guerra di religione, o addirittura alla guerra santa, per difendere i diritti del Dio morto indifeso sulla croce. Gesù però ci assicura che anche in quel momento non ci lascerà soli, ma ci darà il suo Spirito, il Consolatore che ci suggerirà parole e testimonianza e soprattutto ci darà quel coraggio che così sovente ci manca.
MARTEDI’ 22 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 16,22 - 34; Salmo 137; Gv. 16,5 -11.
“Signore, che cosa devo fare per essere salvato?”. (At. 16,30)
Il racconto degli Atti degli Apostoli che ci viene presentato oggi ci aiuta a comprendere come agisce lo Spirito Santo. Paolo e Sila, sbarcati a Filippi, cominciarono subito ad annunciare il Vangelo, suscitando le prime conversioni, ma attirandosi nel contempo le ire di alcuni commercianti del luogo. La Parola di Dio sembra subire una battuta d’arresto, perché essi sono bastonati e messi in prigione. Ma Dio stesso interviene per liberare i suoi messaggeri, e anzi il carceriere stesso si converte e con lui tutta la famiglia.
Il cristianesimo é il gioioso annuncio che Dio si è riconciliato con il mondo attraverso la passione e morte del Figlio suo Gesù Cristo, e ora offre a tutti la possibilità di una vita nuova. All’uomo è richiesto però di pentirsi; riconoscendo il proprio peccato, e di aprirsi con umiltà al dono dello Spirito. Conferitoci per la prima volta nel battesimo, esso è il vero maestro interiore che, se ascoltato, ci conduce verso la Verità sempre più piena e ci spinge a testimoniarla con la nostra vita.
MERCOLEDI’ 23 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 17,15.22 - 18,1; Salmo 148; Gv. 16,12 -15.
“Quello che voi adorate senza conoscere io ve lo annuncio”. (At. 17,21)
Questa frase di Paolo agli Ateniesi mi ha fatto venire in mente una storia che per questioni di spazio vi devo riassumere. Letta in un certo modo può insegnarci qualcosa.
L’abate di un monastero andò a trovare un santo eremita e gli raccontò che il suo monastero una volta fiorente di monaci e di opere buone ora languiva: poche vocazioni, tristezza, abbandono. Quello che l’abate voleva sapere era questo: “E’ a causa di un nostro peccato che il monastero si è ridotto in questo stato?” “Sì”, rispose il sant’uomo, “un peccato di ignoranza “E di che peccato si tratta?” “Uno di voi è il Messia sotto false spoglie e voi non lo sapete”. L’abate al suo ritorno, radunò i monaci e li informò di ciò che aveva scoperto. Essi si guardarono l’un l’altro increduli. Il Messia? Qui? Incredibile! Ma a quanto pare era lì in incognito. Allora, forse... E se fosse stato il tale? O il talaltro, laggiù? O... Una cosa era certa: se il Messia era lì sotto false spoglie, non sarebbe stato facile riconoscerlo. Così si misero a trattare chiunque con rispetto e considerazione. “Non si può mai sapere”, pensavano dentro di sé quando avevano a che fare con i loro confratelli, “magari è questo”. Il risultato fu che l’atmosfera del convento divenne tutto un vibrare di gioia. Presto dozzine di aspiranti vennero a chiedere di entrare nell’ordine, e la chiesa tornò a riecheggiare dei santi e lieti canti dei monaci, i quali irradiavano lo spirito dell’Amore.
24 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 18,1 - 8; Salmo 97; Gv. 16,16 - 20.
“Ancora un poco e non mi vedrete: un po’ ancora e mi vedrete”. (Gv. 16,16)
Nulla è più tormentoso della vibrazione di un cuore che teme di perdere un amato. E’ lo stato d’animo dei discepoli, quasi completamente smarriti dopo le parole di Gesù che vuole prepararli al distacco del Calvario. Anche per noi in certi giorni giunge la notte della fede, il momento in cui non “vediamo” non “tocchiamo” in cui abbiamo paura di perdere o di aver perso il Signore. Ma il Signore non ci lascia soli, ci dice “ancora un poco” e i tre giorni sono passati: la croce ora è albero fiorito, il chicco di grano è morto e dalla sua morte è nata la vita.
VENERDI’ 25 MAGGIO 1990
PAROLA Dl DIO: At. 18,9 - 18; Salmo 46; Gv. 16,20 - 23
“Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere”. (At. 18,9)
Una delle tentazioni ricorrenti del mio sacerdozio è quella di star zitto:
“Sta zitto perché annunci delle cose che sono più grandi di te e tu non riesci a viverli, pienamente”. “Davanti a certe persone vale ancora la pena parlare? non è come dice Gesù un gettar le perle ai porci?” . “Quando hai parlato, ti sei dato da fare per anni con un giovane e in un momento te lo vedi allontanare, portare via da una parola futile, ti viene voglia di stare zitto”.
Ma un cristiano non può stare zitto, deve parlare con la lingua e con le opere. il messaggio che ti è stato affidato non é tuo, è più grande delle tue povertà umane, è qualcosa che ti cambia mentre lo annunci. Tacere è vigliaccheria, è nascondersi, è cercare di far tacere Dio e allora parlerò a “proposito o a sproposito, a tempo o fuori tempo” chi sono io per far tacere Dio?
SABATO 26 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 18,23 - 28; Salmo 46; Gv. 16,23 - 28.
“Finora non avete chiesto nulla nel mio nome”. (Gv. 16,24)
Il bambino protagonista del film Capitani coraggiosi entra in chiesa. Deve fare qualcosa per ricordare il suo amico Manuel, il pescatore che l’ha salvato e che, successivamente, è stato inghiottito dall’oceano. Un candeliere, due candele accese, ha i dollari sufficienti per tutto ciò. Fin qui agisce con sufficiente disinvoltura, avvolto dallo sguardo compiaciuto di un prete.
Poi, all’improvviso, si trova imbarazzato.
“E adesso, che cosa devo fare”?
“Mettiti a pregare”
“lo ammonisce paternamente il sacerdote.
Ma il ragazzo non é a suo agio.
”Tu rimani qui?”
“No”.
“Io vado via”.
“E...posso dire tutto ciò che voglio”?
“Si, figliolo, puoi dire tutto ciò che vuoi al Signore”.
L’imbarazzo del bambino esprime l’imbarazzo di tanti uomini che provano il desiderio, almeno qualche volta, di pregare. Fino alle candele accese, al segno di croce furtivo, tutto bene. Ma quando si vorrebbe uscire fuori dal convenzionale, dall’abitudine, spuntano le difficoltà. Non sarà forse perché Dio non è diventato ancora un “Tu”? e Gesù il mio vero fratello?
DOMENICA 27 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO : At. 1,1 - 11; Salmo 46; Ef. 1,17 - 23; Mt. 28,16 - 20.
“Uomini di Galilea perché stato a guardare il cielo?”. (At. 1,11)
Che voglia di cielo c’è negli occhi e nel cuore di quegli apostoli che continuano a guardare chi sa dove è sparito il loro Signore. E’ il desiderio di perfezione di purezza di amare che c’è nel cuore di ognuno e che in questa terra non trova mai l’appagamento completo. Ma gli angeli dicono agli apostoli di camminare: il cuore è là e deve essere là dove è la nostra speranza, ma le nostre gambe devono portare gioia e speranza nel mondo. Ora Cristo non c’è più con la sua presenza corporea ma continua la sua presenza reale nei sacramenti e negli uomini, e anche se a volte è più difficile riconoscerlo continua ad essere tra noi. E poi la consolazione è anche un’altra: “vado a prepararvi un posto” e quando le cose le fa Lui, le fa bene. E allora con gli occhi in sù e le gambe sulla terra camminiamo verso la nostra speranza, una speranza che non delude perché è Cristo stesso.
PAROLA DI DIO: At. 19,1 - 8; Salmo 67; Gv. 16,29 - 33.
“Io ho vinto il mondo!”. (Gv. 16,33)
Questa è la grande notizia che deve risuonare nel nostro cuore, sulle nostre labbra, per le strade che percorriamo ogni giorno. Sì, il Signore ha vinto il mondo; quel mondo che non l’ha accolto, che non l’ha amato, che lo ha crocifisso. Sì, il Signore Gesù ha vinto il mondo, la luce ha vinto le tenebre,l’amore ha vinto l’egoismo, la vita ha vinto la morte. “lo ho vinto il mondo... perché il Padre è con me”: la comunione ha vinto la divisione, ha spezzato le barriere dell’odio e della discordia. Allora noi possiamo vivere riconciliati noi siamo in pace, nella pace di Dio; noi possiamo avere fiducia in Dio. E quando le tenebre sembrano avvolgerci, e la tristezza e la sfiducia entrano in noi, e la nostra fede vacilla, e non sappiamo più riconoscere il volto di Dio e la sua presenza tra noi, quando il mondo sembra più forte di Dio, ecco, in quest’ora dobbiamo guardare a colui che hanno crocifisso! Egli sembra solo, sconfitto; eppure lui, lui solo ha vinto il mondo. Non abbiamo certezze, non possiamo confidare sulle nostre forze; il nostro amore è fragile, la nostra fede è debole; ma la nostra pace e la nostra fiducia è in lui, nella sua croce.
MARTEDI’ 29 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 20,17 - 27; Salmo 67; Gv. 17,1 -11.
“Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”. (Gv. 17,3)
MERCOLEDI’ 30 MAGGIO 1990
PAROLA DI DIO: At. 20,28 - 38; Salmo 67; Gv. 17,11 - 19.
“Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. (At. 20,35)
Due fratelli, uno scapolo e l’altro sposato, possedevano una fattoria dal suolo fertile, che produceva grano in abbondanza. A ciascuno dei due fratelli spettava metà del raccolto. All’inizio tutto andò bene. Poi, di tanto in tanto, l’uomo sposato cominciò a svegliarsi di soprassalto durante la notte e a pensare: “Non è giusto così. Mio fratello non è sposato e riceve metà di tutto il raccolto. Io ho moglie e cinque figli, non avrò quindi da preoccuparmi per la vecchiaia. Ma chi avrà cura del mio povero fratello quando sarà vecchio? Lui deve mettere da parte di più per il futuro di quanto non faccia ora, è logico quindi che ha più bisogno di me”. E con questo pensiero, si alzava dal letto, entrava furtivamente in casa del fratello e gli versava un sacco di grano nel granaio. Anche lo scapolo cominciò ad avere questi attacchi durante la notte. Ogni tanto si svegliava e diceva fra se: “Non è affatto giusto così. Mio fratello ha moglie e cinque figli e riceve metà di quanto la terra produce. Io non ho nessuno oltre a me stesso da mantenere. E’ giusto allora che il mio povero fratello, che ha evidentemente molto più bisogno di me, riceva la mia stessa parte?” Quindi si alzava dal letto e andava a portare un sacco di grano nel granaio del fratello. Un giorno si alzarono alla stessa ora e si incontrarono, ciascuno con in spalla un sacco di grano!
GIOVEDI’ 31 MAGGIO 1990
Due donne si incontrano; entrambe stanno per essere madri, sebbene una sia vergine, e l’altra avanzata negli anni. Perché Luca riferisce questo incontro? Perché, nel grembo della Vergine, il Cristo già si rivela attraverso la gioia che suscita. Giovanni, che sarà il precursore di Gesù, esulta di gioia nel grembo di sua madre, e l’anziana Elisabetta proclama che in Maria è presente il Signore. La Vergine allora canta la sua azione di grazie per la salvezza che verrà donata agli uomini dal suo figlio.
PAROLA DI DIO: Sof. 3,14 - 18; Salmo dal Cantico 2,8.10 - 14; Luca 1,39 - 56.
Allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore”. (Lc. 1,46)
Con la festa della visitazione termina il mese di maggio che la Chiesa tradizionalmente dedica a Maria. Con lei magnifichiamo il Signore per le sue grandi opere. Come Lei impariamo che l’umiltà e la piccolezza sono i valori più importanti, sul suo esempio impariamo anche noi a dire il nostro “si” al mistero, un “sì” difficile perché quotidiano, ma gioioso, perché riposa nella volontà del Padre. E’ ancora Lei che, come Madre, ci accompagna, ci sostiene e presenta al Padre le nostre preghiere intercedendo per i suoi figli. “A te ci affidiamo in questo nostro cammino, e tu, Madre di Misericordia, mostraci il volto del tuo Figlio Gesù.