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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

APRILE  1990

 

 

 

DOMENICA 1  APRILE 1990  -  5^  DOMENICA DI QUARESIMA

 

PAROLA DI DIO : Ez. 37,12 - 14; Sal 129; Rm. 8,8 - 11;Gv. 11,1 - 45

 

Gli disse Marta: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. (Gv. 11,21)

Una recente inchiesta dice che meno del 60 per cento di coloro che si dicono credenti crede alla risurrezione dopo la morte, rimane dunque già un gran passo la fede di Marta che addolorata per le morte del fratello, in una società che allora meno di oggi credeva alla risurrezione dei morti, afferma di credere alla “risurrezione dell’ultimo giorno”. Non abbiamo prove materiali della nostra futura risurrezione. Gesù stesso nel racconto di Lazzaro e del ricco dice che se anche un morto ci apparisse vivo sarebbe ugualmente difficile credere alla vita che continua oltre la morte. L’unico modo per avere questa fede è abbandonarsi ad una fiducia illimitata in Gesù che dice: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno”. E’ il figlio di Dio che ci ha detto questo. E’ Lui che ha dimostrato di dare la vita ai morti. E’ Lui che risorto da morte è vivente per sempre. In Lui, con gioia, credo alla risurrezione dei morti.

 

 

LUNEDI’  2  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO : Dn 13,1 - 9.15 – 17.19 – 30.33  - 62;Sal 22; Gv. 8,1 - 11

 

“Chi di voi é senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.  (Gv. 8,7)

La grande tentazione in cui facilmente cade l’uomo “religioso” è quella di essere giudice inflessibile e senza misericordia contro coloro che non hanno raggiunto le sue “altezze”. Così, chi si ritiene di essere un grande uomo di preghiera disprezzerà facilmente quelli che non condividono la sua esperienza; chi si è spogliato di tutti i suoi averi sarà facilmente tentato di condannare chi non agisce come lui. Ma questo non è certo un atteggiamento da credente: ben altre cose ci insegna la parola di Dio. Davanti alla donna sorpresa in flagrante adulterio possiamo, come gli scribi e i farisei, esigere che le sia fatto quello che la legge prescrive: “sia lapidata” (il peccato degli altri dà fastidio perché ricorda il nostro quindi la soluzione più semplice è togliere di mezzo il peccatore) Oppure possiamo assieme a Gesù, tacere, condividere il vuoto e la paura che ogni peccato si porta dietro e perdonare, sapendo che anche noi abbiamo molto da farci perdonare.

 

 

MARTEDI’  3  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO : Num 21,4 - 9; Sal 101; Gv. 8,21 - 30

 

“Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono”.  (Gv. 8,27)

Il cartello che indica il precipizio da evitare, il faro che guida la nave nel mare in tempesta, la luce dell’aeroporto per l’aereo smarrito nella nebbia sono altrettanti segni con l’aiuto dei quali gli uomini possono aver salva la vita. Per noi il segno della salvezza è Gesù crocifisso.

Il peccato è un male che da soli non riusciamo a curare, a vincere, ma Gesù ci dà se stesso, il suo sacrificio.

Noi, nella nostra fretta, abbiamo perso l’abitudine di fermarci davanti all’immagine del crocifisso, ma è solo se sappiamo vedere in Lui il Salvatore che possiamo ritrovare la vera forza per sperare ancora nella misericordia di Dio che superando il nostro peccato ci riabbraccia nella sua misericordia.

 

 

MERCOLEDI’  4  APRILE 1990

  

PAROLA DI DIO: Dan 3,14 – 20.46–50–91–92. 95; Sal da Dan 3,52-56; Gv.8,31-42

 

“Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”.  (Gv. 8,36)

Il grande sogno dell’uomo e dell’umanità è quello di essere liberi. Tanti per la libertà hanno lottato, sofferto, si sono fatti uccidere. Occorre che ci interroghiamo: forse anche noi siamo convinti che libertà significhi poter fare quello che si vuole, essere liberi da ogni condizione; ma è sufficiente, per essere liberi poter camminare in qualunque direzione o è piuttosto necessario avere una meta verso cui camminare? Gesù che sarà presto imprigionato si dichiara in grado di dare una libertà che ci farà liberi per sempre: essere liberi interiormente dal male, dall’odio, dall’egoismo. Chiediamo al Signore che custodisca in noi il dono di questa difficile libertà.

 

 

 

GIOVEDI’  5  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO : Gn 17,3 - 9; Sal 104; Gv. 8,51 - 59

 

“Se uno osserva la mia parola non vedrà mai la morte”.   (Gv. 8,52)

Il sogno dell’immortalità è un mito ricorrente in tutte le culture proprio perché l’uomo sente di avere dei valori che superano la finitezza umana e forse anche perché vuole esorcizzare la cosa che più lo scandalizza e spaventa: la morte. D’altra parte, come per i contemporanei di Gesù, riesce difficile credere alle sue parole per chi quotidianamente vediamo la vittoria della morte. Qui però ci troviamo davanti a parole di Gesù. Non si tratta di una teoria, è il figlio di Dio che parla e promette e che poi testimonierà con la sua morte e risurrezione che Dio è il Dio della vita. Si tratta di fidarsi di lui oppure no!

 

 

VENERDI’  6  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ger 20,10 - 13; Sal 17; Gv 10,31 - 42

 

“I Giudei portarono pietre per lapidare Gesù”.  (Gv. 10,31)

C’è sempre qualcuno pronto a portare pietre. Gesù fa del bene, guarisce ma parla chiaramente a nome di Dio, mette in evidenza le sue esigenze e allora è più comodo starsene nelle proprie abitudini: un po’ di pietre risolvono la questione! Qualcuno non la pensa come noi? Il giusto ci è di rimprovero? Facciamolo fuori! E le pietre possono essere le nostre parole, la nostra ironia, il rovinare la reputazione. Diceva un saggio: “Fai attenzione a tirar pietre: esse vanno in alto ma ricadono e potrebbero colpirti”. Se invece di accumulare pietre per difendere sicurezze e ortodossie imparassimo ad ascoltare scopriremmo tante verità presenti in tutto e in tutti.

 

 

SABATO 7  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Ez 37,21 - 28; Sal da Ger 31,10 - 13; Gv. 11,45 - 56

 

UNA PAROLA AL GiORNO

“Caifa disse: considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo”. (Gv. 11,49)

Con questa espressione, Caifa, capo di coloro che hanno deciso la morte di Gesù fa una inconsapevole profezia: Gesù muore per tutto il mondo; il male diventa bene. Nelle mani di Dio, il male, la sofferenza diventano bene. E’ questa una certezza che ci conforta specialmente nei momenti bui. E’ anche la speranza della Chiesa quando è perseguitata o apparentemente in declino o peccatrice nei suoi uomini. Una certezza che non ci esime da una continua conversione e da un impegno missionario perché il peccato, la sofferenza, l’ingiustizia, il “male” del mondo, non ci siano più. E’ in fondo un’utopia che si nutre di fede.

 

 

DOMENICA  8  APRILE 1990

 

DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

La domenica che ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme ci mette davanti al re dei re che entra nella sua città senza etichette: egli avanza seduto su un asinello, in mezzo alla calca e al baccano. Così si presenta al suo popolo il re dolce e mite, che vuole servire e non farsi servire. E se noi ripetiamo in ogni messa l’ “Osanna” di quel popolo, dipende dal fatto che il Signore viene a noi sotto forme ancor più semplici: il pane e il vino, sostegno della nostra vita quotidiana. Il nostro Dio cura il suo prestigio nascondendosi.

 

PAROLA DI DIO: Is 50,4 - 7; Sal 21; Fil 2,6 - 11; Mt. 26,14 - 27.66

  

“Ecco il tuo Re viene a te, mite seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma”.  (Mt. 21,5)

Un’asina sale agli onori delle cronache. Per un ingresso trionfale nella città santa, saremmo portati ad immaginarci un corteo più imponente. Il Signore dei signori dovrebbe arrivare su un cavallo, come un prode. Gesù invece è un re pacifico, senza carri da guerra, è umile e mansueto. Mi piace quell’asina non abituata alle urla di guerra ma al massimo alle urla e bastonate del suo padrone, abituata a portare pesi e a lavori umili. Quanto abbiamo da imparare, anche come Chiesa, da questo animale. Non sono le grandi manifestazioni, le prove di forza che confermano la Chiesa. E’ il lavoro umile, nascosto, faticoso di ogni giorno che viene esaltato e che costituisce la vera identità del cristiano.

 

 

LUNEDI’  9  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Is 42,1 - 7; Sal 26; Gv. 12,1 - 11

  

“Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell‘unguento”.  (Gv. 12,3)

E’ il profumo dell’unguento che Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, da poco risvegliato dal sepolcro, versa sui piedi del Signore, ospite in casa sua. C’è in Luca un episodio analogo, ma là è un’anonima peccatrice cui Gesù ispira l’urgenza di una vita nuova e un amore senza peccato. Maria invece ha un nome, è sorella di un amico carissimo di Gesù e il suo gesto è per Gesù un presagio della sua sepoltura: il profumo della fede che attende la risurrezione. Le due donne sembrano tanto distanti tra loro; le accomuna però uno stesso gesto di onore e di amore. La fede di colei che è nella grazia dell’amicizia e il         pentimento della donna che è nel peccato, hanno lo stesso profumo “che riempie tutta la casa” perché di amore è piena la loro vita. Tutte e due trovano in Gesù la luce che salva. Difficile dire a noi stessi se ci sentiamo più partecipi dell’esperienza dell’anonima peccatrice o di quella di Maria, In noi c’è fede e grazia e c’è peccato e pentimento: che li illumini sempre la certezza di Cristo risorto.

 

 

MARTEDI’  10  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Is. 49,1—6; Salmo 70; Gv.13,21...33.36...38

“Uno di voi mi tradirà”. (Gv. 13,21)

E’ l’amaro dello scoprire un amore incompreso. Gesù ama Giuda, lo ha scelto, gli ha dato delle responsabilità; Gesù ama ancora Giuda, ma l’amarezza, oltre che per il tradimento è anche perché vede il buio di questo uomo del quale dice: sarebbe meglio per lui non essere mai nato”. Anche noi, forse, abbiamo provato l’amarezza del tradimento, magari non esasperato fino a questo punto ma altrettanto amaro, quando una amicizia è tradita, una confidenza usata male, un amore sbeffeggiato. Dovrebbe servirci da monito perché anche noi possiamo tradire in tanti modi sia Dio che i fratelli, Il tradire non porta gioia a nessuno ma amarezza sia in chi è tradito che in chi tradisce.

 

 

MERCOLEDI’  11  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO : Is. 50,4-9; Salmo 68; Mt. 26,14-25.

 

“Quanto mi volete dare perché ve lo consegni? E quelli fissarono a Giuda trenta monete d’argento”. (Mt. 26,15)

Gesù è venduto per trenta monete d’argento. Nella Bibbia era esattamente il prezzo di uno schiavo ed era anche il salario di un buon pastore. Quindi al di là dei loro intenti, sia Giuda che i sommi sacerdoti, con questa cifra sottolineano ancora due caratteristiche di Gesù: Lui, la Parola di Dio, si è fatto schiavo e venduto come tale per riscattare la nostra schiavitù al peccato e Lui è veramente il buon pastore che dà la vita per il suo gregge. In questi giorni della settimana santa dobbiamo proprio tacere e ammirare. La nostra meraviglia davanti all’amore di Gesù è la più bella lode che possiamo innalzare.

 

 

GIOVEDI’  12  APRILE 1990

 

LA CENA DEL SIGNORE

Oggi il Signore Gesù ci invita allo stupendo banchetto nel quale si dà a noi come cibo e bevanda e anticipa Così quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Offre a noi il suo corpo e il suo sangue perché noi diventiamo capaci di fare ciò che lui ha fatto. “Fare memoria” di ciò che ha fatto significa metterci a servizio: “Lavarci i piedi a vicenda”. Ma per essere capaci di servire occorre assolutamente aver sperimentato il servizio per noi di Gesù: se non ci lasciamo “lavare i piedi” da Gesù, non potremo Condividere la sua vita e la sua missione.

 

PAROLA Dl DIO: Es. 12,1—8.11..14; Salmo 115; 1 Cor.11,23—26; Gv. 13,1—15.

 

“Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. (Gv. 13,15)

Ripensando al mistero che celebriamo in questi giorni, questa frase mi spa­venta. Suona con la stessa intensità di quell’altra che Gesù aveva detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro dei cieli”. E io so di non farcela: essere disposto a lavare i piedi ma proprio a tutti, saper accettare il tradimento, farsi cibo, versare il sangue per gli altri mentre non capiscono è una cosa estremamente ardua. Devo ancora e sempre mangiare il tuo pane, Signore, per assimilarmi a te e per lasciare che la tua forza mi spinga là dove da solo non so arrivare.

 

 

VENERDI’  13  APRILE 1990

 

LA PASSIONE DEL SIGNORE

Una notizia triste percorre oggi la terra: Il Signore della vita è morto; gli uomini l’hanno appeso ad una croce e li, dopo tre ore di orrenda agonia, dopo aver amato ancora i suoi persecutori e dopo un’ultima parola di fiducia al Padre, ha reso lo spirito. Come abbiamo potuto? Se anche noi ci riconosciamo debitori, di fronte a Gesù, stringiamoci con Giovanni intorno alla Madre: insieme a Lei teniamo viva la memoria del Figlio amato, ora che, deposto dalla croce, viene posto in un sepolcro.

 

PAROLA DI DIO: Is. 52,13—53.12; Salmo 30; Eb. 4,14—16; 5,7—9; Gv. 18,1—19,42.

 

“Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato Lui stesso provato in ogni cosa”. (Eb. 4,15)

Il salvatore che oggi contempliamo è un uomo che soffre, divorato dall’angoscia, torturato e beffeggiato, provato in tutto, come noi. Non solo egli non ho evitato questa vergogna e questa morte, ma le ha volute, accettate. Ogni uomo può partecipare al venerdì santo con le sue umiliazioni e sofferenze. Dinnanzi al volto di Cristo, nessun povero si vergogna della propria miseria. Sia oggi giornata di silenzio e contemplazione. Mettiamoci davanti alla Croce e alle croci, al Volto e ai volti e lasciamoli parlare.

 

 

SABATO  14  APRILE 1990

 

VEGLIA PASQUALE

C’è un grande silenzio oggi sulla terra. Gesù riposa nel sepolcro, dopo aver portato a compimento la sua opera. Le chiese oggi sono spoglie e silenzio... se; non ci sono celebrazioni Tutti siamo invitati a fissare lo sguardo su ciò che è Successo ieri per poter dire, guardando Gesù morire, “veramente costui è Figlio di Dio”. Con questa certezza nel cuore, attendiamo sereni la venuta della notte in cui risuonerà l’annunzio della vittoria di Cristo sul male e sulla morte.

 

PAROLA DI DIO:

Gen. 1,1—2,2; Gn. 22,1—18; Es. 14,15— 15,1; Is. 54,5—14; Is. 55,1—11; Bar.

3,9 -15.32—4,4; Ez. 36,16—28; Rom.6,3—11 Salmo 117; Mt. 28,1—10.

 

“Se Siamo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con Lui”. (Rom. 6,8)

Un pensatore cristiano dei primi secoli racconta che una notte fece un sogno. Miriadi di uccelli svolazzavano sotto una rete tesa a una certa distanza dal suolo. Tentavano continuamente di prendere il volo, ma urtavano nella rete e ricadevano a terra. Era uno spettacolo triste, angoscioso. Ma ad un certo punto un uccello si ostinò a lottare contro la rete finché, ferito e sanguinante , riuscì a spezzarla e prese il volo verso l’azzurro. Un alto grido si levò dal popolo degli uccelli, e con un fruscio di innumerevoli ali tutti si precipitarono attraverso la fenditura verso lo spazio senza limiti. Gesù, ricoperto di sangue, ha spezzato la rete del destino. L’impossibile è ormai al centro della fede cristiana e dell’umanità. Non come una facile certezza che intorpidirebbe gli uomini. Non è nello stile di Gesù evitare all’uomo di essere uomo. Il suo grido, come d’uccello inafferrabile, vuole aprire a tutti lo spazio...(O. Bessière)

 

 

DOMENICA  15  APRILE 1990

 

PASQUA — RISURREZiONE DEL SIGNORE

Corri presto, Maria, a radunare i miei discepoli. Ho in te una tromba dalla voce potente: suona un canto di pace alle orecchie timorose dei miei amici nascosti, svegliali tutti come dal sonno perché mi vengano incontro con le fiaccole accese. Va’ a dire loro: “Lo sposo si è destato, uscendo dalla tomba, e trascinando ogni cosa dalla morte alla vita. Scacciate, apostoli, la tristezza mortale, poiché si è ridestato colui che offre agli uomini caduti la risurrezione”. (Romano, il Melode)

 

PAROLA DI DIO: Atti 10,34.37—43; Salmo 117; Col.3,1—4 (o Cor. 5,6—8); Gv. 20,1—9 (o Lc. 24,13—35)

 

“Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù”. (Col. 3,1)

E’ veramente difficile incontrare il Risorto nella corsa della vita. Nell’affannoso rincorrersi delle nostre vicende quotidiane ci troviamo spesso soli con le nostre paure. Nel voler stare al passo frenetico del mondo che ci circonda, prima o poi avvertiamo il vuoto e l’inutilità del nostro correre; e nella sconfortante sensazione d’esserci allontanati da Dio improvvisamente tentiamo di reagire incolpando gli altri: “Hanno portato via il mio Signore”. Ma in realtà siamo noi ad esserci allontanati dal sepolcro per la paura di restare coinvolti in un fatto nuovo e sconvolgente: la Risurrezione di Cristo. Basterebbe un momento di sosta per considerare la parola di speranza che Dio ha seminato in noi; basterebbe un momento di attenzione ai segni della presenza viva del Signore nella nostra vita, nella comunità cristiana, basterebbe un po' di fiducia nei fratelli che, nella fede, oggi continuano l'annuncio pasquale: “Cristo è risorto”, noi siamo testimoni. Allora comprenderemmo la novità e l’invito di questo giorno: “Facciamo festa nel Signore”. Dio, Padre nostro, fa’ che in questa festa delle feste scopriamo la nostra vita legata a quella del Cristo. Se moriamo con lui, con lui anche vivremo.

 

 

LUNEDI’  16  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 2,14.22—32; Sal. 15; Mt. 28,8—15.

 

“Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli”.(Mt. 28,8)

“Timore e gioia”: due sentimenti che sembrano contrastanti ma che esprimono bene ciò che passa nel cuore delle donne testimoni della risurrezione e ciò che dovrebbe essere nel nostro cuore davanti a questo grande evento. Timore perché il fatto della risurrezione è più grande delle nostre capacità per essere capito. Risponde alle nostre attese ma le supera. Gioia perché siamo contenti che Gesù è vivo e che un nostro fratello ha vinto la morte come preludio e possibilità di vittoria sul male anche da parte nostra. Sono questi sentimenti con cui in ogni istante della nostra vita dobbiamo metterci davanti alla Parola di Dio che è sempre più grande di noi ma che è anche la parola di un Dio nostro Padre che viene per salvarci.

 

 

MARTEDI’  17  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 2,36—41; Salmo 32; Gv. 20,11—18.

 

Le disse Gesù: donna perché piangi? Chi cerchi? (Gv. 20,15)

Maria Maddalena piange. Ha pianta ai piedi della croce con Maria, la mamma di Gesù. Ha pianto quando hanno deposto il corpo di Gesù in una tomba. Piange ora, ancor di più, perché le sembra che sia. stato fatto l’ultimo disprezzo a quell’uomo buono che ha capito il suo amore. E queste lacrime le riempiono talmente gli occhi che non riesce a vedere e  scopri re il Cristo vivo davanti a lei. Ma Gesù la chiamerà per nome e allora riconoscerà il “Maestro buono”. Qualche volta i nostri occhi sono talmente pieni di lacrime, di desolazione, di dolore, di sofferenze fisiche e morali che la speranza sembra morte. Ancora i nostri piedi vagano alla ricerca di un qualcosa che non vuol morire ma i nostri occhi a volte non ci permettono di vedere. Occorre essere chiamati per nome. E Dio, il Padre buono, il tuo nome Io conosce da sempre. E’ scritto nel suo cuore ed egli Io pronuncia per chiamarti alla, fede, per asciugare le tue lacrime, per riempire il tuo cuore di gioia.

 

 

MERCOLEDI’  18  APRILE 1990

 

PAROLA Dl DIO: Atti 3,1—10; Salmo 104; Lc. 24,13—35.

 

Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, cammina!”.

(Atti 3,6)

In quante occasioni ci troviamo poveri, più poveri di coloro che ci chiedono qualcosa. E’ l’impotenza che proviamo davanti alla sofferenza, al dolore, a situazioni di povertà cronica. Di una cosa non dovremmo mai trovarci poveri: della fede. Con essa forse non riusciamo a fare miracoli come guarigioni ma certamente dando Gesù ci sentiremo ancor più coinvolti a fare come ha fatto lui, donando interamente la nostra povera vita. La gioia più grande sarà accorgerci che Dio si serve di noi per donare misericordia e amore.

 

 

GIOVEDI’  19  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 3,11—26; Salmo 8; Lc. 24,35—48.

 

“La fede in Gesù ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi”. (At 3,15)

Una di queste sere ho ricevuto una telefonata strana che grosso modo diceva Così: “Scusi, è lei che riceve i malati per guarirli?” Mi è scappato da ridere e poi ho chiuso il discorso con una battuta. Rileggendo però il brano della guarigione dello storpio negli atti degli apostoli mi accorgo di aver sbagliato. E’ chiaro che non bisogna aiutare una “fede miracolistica”, è chiaro che nessun uomo sulla terra “fa miracoli” di energia propria, ma avrei dovuto, pur con tutte le cautele, ricordare come la fede in Gesù può veramente tutto e che la fede, anche se non ci guarisce dalla malattia può veramente “guarirci dalla malattia”, liberarci dal male che ci fa pensare solo secondo le nostre categorie, darci un senso diverso della vita.

 

 

VENERDI’  20  APRILE 1990

 

PAROLA Dl DIO: Atti 4,1—12; Salmo 117; Gv. 21,1—14.

 

“Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. (Gv. 21,12)

Un Gesù risorto che si fa cuoco per dare da mangiare ai suoi amici! Ma è proprio facendo così che Gesù vuoi convincere gli apostoli che la sua risurrezione non i solo un fatto straordinario, miracoloso, ma i anche la realizzazione dell’amore fraterno. Questi pescatori che per due volte Sono stati pescati da Gesù (la vocazione ed ora la riconferma) sono chiamati a vedere in Gesù non solo il risorto ma anche colui, che proprio in virtù della sua risurrezione chiama mila fratellanza, alla compartecipazione, alla solidarietà. Quante volte la nostra Chiesa dovrebbe essere uno stare insieme più che un insieme di riti, di teologie, di parole. Dovremmo ai di là di tutte queste cose riuscire ancora a mettere insieme un po’ di pane, un po’ di pesce intorno al fuoco preparato da Gesù.

 

SABATO  21  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 4,13—21; Salmo 117; Mc. 16,9—15.

 

“Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.(Atti 4,20)

E’ stata troppo sconvolgente l’esperienza della Risurrezione per essere facilmente dimenticata. E’ stato troppo sorprendente quell’incontro col Risorto perché le autorità riescano a frenare la gioia e l’entusiasmo dell’annuncio. E’ la forza prorompente della vita in Cristo che come rovescia il masso del sepolcro, cosi scuote la quiete dei benpensanti. E quel nome di Cristo che ha inquietato le folle e le autorità, ora che tutti lo pensano sepolto, diventa un tormento ancor più scomodo. Com’è forte tutt’ora la tentazione di imbavagliare la Chiesa, di soffocare la voce di coloro che nel nome di Cristo promuovono l’uomo o difendono la vita. Altrettanto forte è la tentazione del cristiano di evitare ogni noia assecondando il potere che di volta in volta porta vari nomi: il partito, la stampa, l’opinione pubblica... Ma la Chiesa sa che questo annuncio non è suo, e l’insistenza con cui lo rivolge al mondo non nasce da un bisogno umano ma da una missione.

 

 

DOMENICA  22  APRILE 1990  -  2^ DOMENICA Dl PASQUA

 

PAROLA Dl DIO: Atti 2,42—47; Salmo 117; 1 Pt. 1,3—9; Gv. 20,19—31.

 

“Se non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. (Gv. 20,25)

Tommaso, uomo tutto d’un pezzo, si sente defraudato: Gesù è apparso agli altri e non a lui! E poi lui dovrebbe credere sulla parola di altri che come lui sono peccatori? Penso che molti di noi si sentono vicini a Tommaso nel cammino della fede: abbiamo sete di vedere, di toccare con mano, le ideologie e le parole degli altri staccate da] concreto ci lasciano dubbiosi. Gesù capisce questo e otto giorni dopo va incontro alle esigenze di Tommaso. Anche per noi finché la fede resterà una teoria, una ipotesi, una ideologia, continueranno i dubbi, dobbiamo aspirare a vedere la potenza della risurrezione manifestarsi nella nostra vita personale e collettiva; dobbiamo volere che La forza del Signore guarisca le ferite dei nostri fratelli, risvegli gli oppressi, strappi dalla morte uomini e donne ancora sprofondati nel peccato. Ma per far questo dobbiamo dare anche il nostro contributo.

 

 

LUNEDI’  23  APRILE 1990

 

PAROLA Di DIO: Atti 4,23—31; Salmo 2; Gv. 3,1—8.

 

“Un uomo chiamato Nicodemo andò da Gesù di notte”.(Gv. 3,1—2)

Quest’uomo importante, un capo dei Farisei, va da Gesù di notte. Forse per non farsi vedere. Forse anche perché c’é la notte dentro di lui. Ha intravisto delle luci, ha visto Gesù, i suoi miracoli. E’ un uomo di fede, aspetta la venuta del Messia, però la sua Legge, la sua posizione sociale, il suo mondo, gli dicono che forse Gesù può essere solo una falena notturna senza significato. Allora va a parlargli. Mi piace il temperamento di quest’uomo che, anche se i notte, va a cercare la verità. Quante volte nella nostra vita, noi intravediamo qualcosa, ma poi, forse perché é troppo notte, forse perché abbiamo troppa paura, non abbiamo il coraggio di confrontarci con essa e ci nascondiamo nelle nostre tradizioni, nelle nostre abitudini, o peggio, nel nostro star comodi. Gesù si fa trovare ad ogni ora del giorno, ma Gesù i pronto a farsi incontrare anche ad ogni ora della notte. Se lo hai sentita bussare al tuo cuore, e se pur in esso c’é ancora notte, non perdere l’occasione di incontrarla: potrà diventare per te luce e forza.

 

 

MARTEDI’  24  APRILE 1990

 

PAROLA Dl DIO: Atti 4,32—37; Salmo 92; Gv. 3,7—15.

 

“(Tra i primi cristiani) ogni Cosa era tra loro comune”. (Atti 4,32)

Forse, la nostra fede è talmente debole da ritenere utopia che i Cristiani riescano a “mettere in comune” tutto, compresi i soldi e le proprietà. Ma la realtà del comando di Cristo non è un solo e generico “vogliamoci bene” tenendoci quello che abbiamo. Forse è inutile vagheggiare una solidarietà da “chiesa primitiva” ma ci aiuti il Signore a non dimenticarci che non possiamo considerarci cristiani se non sappiamo essere concreti nel nostro condividere ed essere solidali.

 

 

MERCOLEDI’  25  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: 1Pt. 5,5—14; Salmo 88; Mc. 16,15—2O

 

“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. (Mc. 16,15)

E’ un comando questo e non un invito. Chi ha visto, chi ha sentito, chi ha creduto pur con tutta la debolezza delle proprie perplessità, non può starsene tranquillo, deve andare nel mondo, deve annunciare il Cristo risorto. Mi ha sempre stupito molto il fatto che in pochi anni, la fede cristiana, con i mezzi di allora, senza autostrade e automobili, radio e televisioni, computer e realizzazioni tecniche, sia riuscita ad entrare fino a Roma, il cuore dell’impero Romano. Eppure erano periodi di persecuzione, di prova; era difficile dirsi cristiani. Oggi i cosiddetti popoli cristiani, sembra non abbiano più niente da dire, anzi altre sette, altri gruppi, riescono a portare via cristiani dalla loro fede. Che cosa manca? Ai di la del dono dello Spirito che viene da noi nascosto, penso manchi il coraggio di andare. Siamo cristiani seduti che discutono, che parlano, che fanno mille riunioni, ma che non hanno nel cuore La gioia di Cristo risorto e il coraggio del suo Spirito che li fa andare con fantasia per le strade del mondo.

 

 

GIOVEDI’  26  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 5,27—33; Salmo 33; Gv. 3,31—36.

 

“Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa”.(Gv. 3,35)

Penso ci abbiate fatto caso: tutte le preghiere ufficiali della Chiesa terminano con la frase: “Te lo chiediamo per mezzo di Cristo...”; la parte centrale della preghiera Eucaristica poi termina con le parole che accompagnano l’offerta del corpo e sangue di Cristo: “Per Cristo, con Cristo, in Cristo.. .“ Gesù non è solo un grande uomo, un profeta, un mito: è il Figlio di Dio che ha tutto nelle sue mani. E questo Figlio di Dio è venuto per ”servire e non per essere servito”, per “dare la sua vita in riscatto di molti”, ci ha chiamati “noi servi ma amici”, ci ha detto che il suo desiderio è che “là dove sono io siano anche i miei amici Veramente, come dice la lettera agli Ebrei, in Lui “noi abbiamo in cielo un gran sacerdote che intercede per noi”. Affidiamoci interamente nelle sue mani!

 

 

VENERDI’  27  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 5,34—42; Salmo 26; Gv. 6,1—15.

 

“Gesù disse a Filippo: dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. (Gv. 6,5)

Incoraggia e piace anche a noi questo Gesù che si prende cura della gente e procura del cibo alla folla nel momento della necessità. La folla ne è subito conquistata e pensa che sia la persona ideale da scegliere come re. Così Gesù appare anche a noi: colui che interviene nel momento del bisogno e modifica la situazione, risolve un grosso problema materiale: il cibo. La nostra mentalità utilitaristica ci porta a considerare l’aspetto materiale cioè di Gesù che vale in quanto risolve situazioni di crisi. Quello che ci sfugge è il come Gesù interviene. E’ importante capire come Gesù agisce, come Gesù sfama, come Gesù guarisce, come Gesù salva. Gesù moltiplica quei pani immedesimandosi nella situazione della gente. Gesù si cala nell’esperienza umana che lo circonda, coinvolge la folla: “dove possiamo comprare il pane...?’. Il Signore si serve del poco che abbiamo per far nascere dalla nostra povertà il prodigio della sua grazia. Senza il nostro apporto, benché misero e debole, il Signore non salva; ma se il poco che abbiamo lo deponiamo nelle sue mani, la nostra disponibilità diventerà benedizione per noi stessi e per i fratelli.

 

 

SABATO  28  APRILE 1990

 

PAROLA DI DIO: Atti 6,1—7; Salmo 32; Gv. 6,16—21.

 

“Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola”.  (Atti 6,4)

Gli Apostoli, oberati da molti impegni di servizio si accorgono di non aver più tempo sufficiente per la preghiera e l’apostolo della parola. E’ il dramma e il desiderio di ogni sacerdote: aver tempo per pregare, per meditare, per annunciare la parole. Non dover perdere tanto tempo per le pastoie burocratiche, amministrative, per riunioni che più che incontri di cristiani sanno semplicemente di riunione di condominio. La chiesa di oggi sta riscoprendo il diaconato, i ministeri: ben venga questo cammino in cui ogni cristiano riscopre il proprio ruolo e il proprio ministero ordinato o no, nella chiesa. Tutti,, secondo la nostra vocazione siamo chiamati, nel rispetto dei compiti degli altri a rendere il nostro servizio alla comunità e a Dio.

 

 

DOMENICA  29  APRILE 1990  -  3^ DOMENICA Dl PASQUA

 

PAROLA Dl DIO: Atti 2,14.22—33; Salmo 15; i Pt.1,17—21;Lc. 24,13—35.

 

“Due discepoli erano in cammino verso un villaggio di nome Emmaus”. (Lc. 24,13)

E’ forse il brano che a livello sentimentale mi colpisce di più in tutto il Vangelo: à la storia di quel. cammino che tutti noi stiamo facendo. Abbiamo incontrato Cristo, l’abbiamo seguito con entusiasmo; ma poi: una croce, una tomba, tanta paura... “Noi speravamo Ed ecco la delusione diventa cammino che porta lontano da Gerusalemme. E quel Cristo che credi ti abbia deluso si fa pellegrino con te. Non usa parole facili: “Teste dure”, ma forse proprio per questo ti senti smuovere dentro tutte quelle radici che credevi ormai tagliate per sempre. “Resta con noi perché si fa sera”. E’ l’unica luce trovata dopo giorni di buio. Non perderti d’animo, riaggrappati a questa speranza e qui i tuoi occhi, fissali nel volto di quei pellegrino, osserva bene i suoi gesti, smettila di pensare a te, riscopri il valore dello spezzare il pane e troverai il Cristo che ti riempie il. cuore e che ti mette le ali ai piedi per correre e gridare al mondo la Gioia.

 

 

LUNEDI’  30  APRILE 1990

 

PAROLA Dl DIO: Atti 6,8—15; Salmo 118; Gv. 6,22—29.

 

“Voi mi cercate, non perché avete visto dei segni ma per chi avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”.

(Gv. 6,26)

Insieme alla folla che va a cercare Gesù perché Lui moltiplicando i pani, ha dato loro da mangiare, ci siamo spesso anche noi cristiani tiepidi e spesso opportunisti che ricorriamo a Dio nel momento del bisogno o quando scorgiamo la possibilità di venir appagati nella esigenza di un momento, o quando, come i bambini guardiamo di più al dono ricevuto che a colui che ce lo ha donato. Eppure dovremmo saperlo, l’esperienza dovrebbe avercelo insegnato che non sono le cose di questa terra a dare una soddisfazione piena: esse si desiderano, si cercano; quando le hai ne provi gioia e poi cominci a desiderare dell’altro. E questo ti dimostra solo la tua sete di infinito che nulla potrà saziare se non Dio stesso, quel Dio che per indicarci il suo amore che calma ogni desiderio non ha esitato in Gesù a farsi pane spezzato per noi.

 

 

 

 

 

 

 

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