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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

OTTOBRE 1989

 

 

DOMENICA 1 OTTOBRE 1989

“In principio...”. (Gn. 1,1)

 

La nostra vita è una continua ricerca.

Cerchiamo il nostro “principio” e ci interroghiamo sul nostro “fine”.

Due libri di quella grande biblioteca che è la Bibbia cominciano con questa parola: “In principio”. Il primo, la Genesi, è la sintesi della ricerca dell’uomo e della rivelazione di Dio sul principio della nostra vita. Il secondo è l’evangelo di Giovanni che, alla luce dell’esperienza di Cristo, ci ricorda che in principio era il Verbo, la Parola, Gesù.

La Bibbia non dà una risposta scientifica all’indagine sulle nostre origini ma diventa risposta di vita e di fede a chi accetta che all’inizio della propria storia ci sia Dio, come principio di ogni cosa. Questo “in principio” allora non è come il “c’era una volta” delle favole ma viene a dirci che alla base della nostra vita non ci sono solo teorie ma c’è un Dio che ama.

Mi chiedo: La mia e la nostra vita rispecchia il Principio della nostra origine?

 

 

LUNEDI' 2 OTTOBRE

“Maledetto sia il suolo per causa tua". (Gn. 3,17)

 

Quante volte abbiamo provato meraviglia di fronte ad un paesaggio alpino o davanti alla potenza del mare che tocca l’orizzonte. E quante volte le meraviglie di un fiore o l’innocenza di un bimbo ci hanno toccato il cuore e parlato della grandezza del Creatore.

Ma questa stessa natura ci ha parlato altre volte in maniera diversa: il falco è dotato di artigli, la terra quando si muove distrugge, il mare inghiotte, il fiore avvizzisce... Tutto nella natura ci parla di Dio. Di un Dio immenso, creatore, ma anche di un Dio misterioso. L’uomo ha portato in tutte le cose il suo male. Dirà S. Paolo che “la creazione geme come nelle doglie del     parto in attesa di Colui che la libererà”. Geme la terra, gemono gli animali, geme l’uomo. Mentre con la nostra esistenza testimoniamo l’esistenza di Dio, con il nostro dolore esprimiamo il nostro desiderio di Lui perché” venga presto a liberarci”.

 

 

MARTEDI' 3  OTTOBRE

“Lo scriba disse a Gesù: E chi è il  mio prossimo?”. (Lc. 10,25—37)

 

E’ uno scriba, uno studioso, colui che si rivolge a Gesù, uno abituato ad interrogarsi, a farsi dei problemi, uno che vuoi trovare delle risposte, che vuoi fare “teoria”. La domanda è lecita, giusta ma chi la pone vuole una risposta che lo appaghi intellettualmente o che dia dei confini ben precisi sulle cose da are o da non fare per appropriarsi del Regno di Dio. Gesù cambia le carte in tavola a questo scriba: non gli dà una formula: racconta la parabola di un uomo incappato nei briganti, ferito. Qui non c’è più da discutere, c’è una esigenza concreta. Il problema non è più una teoria, è un uomo ferito. Solo risolvendo il problema concreto di quel ferito verrà anche risolto il problema dello scriba.

Lo scriba voleva “sapere”, Gesù gli dà qualcosa da fare. Molti dei nostri problemi intellettuali si risolverebbero proprio partendo dalla concretezza. Ma per fare questo occorre cambiare prospettiva: il centro non devono più essere i miei problemi ma il problema reale dell’altro che mi interpella.

 

 

MERCOLEDI' 4  OTTOBRE

“Il sacerdote lo vide (l’uomo ferito) ma passò oltre”. (Lc. 10,25—37)

 

Nella parabola del buon samaritano colpisce il fatto che Gesù abbia scelto proprio un sacerdote e un levita per indicare due persone che “vedono” ma non sanno ‘‘avere compassione".

Per realizzare il loro programma religioso, il sacerdote e il levita attraversano la strada, stanno dalla parte sicura, per non correre il rischio di inciampare nelle necessità del fratello. Il loro itinerario spirituale non tollera ritardi, i doveri legali stanno al di sopra del cuore, dell’umanità, della tenerezza. E’ la grande illusione: arrivare a Dio scavalcando il prossimo. incontrare Dio senza aver bisogno di incontrare il fratello. Occuparsi di Dio senza accorgersi che ciò che sta a cuore a Dio sono “le cose degli uomini”, suoi figli. Dimostrarsi ossessionati dall’osservanza della legge e considerare la misericordia come una debolezza dimenticando che essa invece è la grande, stupefacente “debolezza di Dio”.

Io, prete e voi laici impegnati non dovremmo farci un grosso esame di coscienza su questi argomenti? E non dovremmo forse lucidarci gli occhi e ammorbidire il cuore e fare anche solo due passi, ma nella direzione giusta, verso chi ha bisogno?

 

 

GIOVEDI' 5  OTTOBRE

“Al vedere Gesù restarono stupiti e sua Madre gli disse: Figlio perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”. (Lc. 2,48)

 

Maria si trova in imbarazzo e non sa bene quale sia la strada giusta. Come madre ha sentito l’angoscia di aver perso suo figlio. Lo ha ricercato per tre giorni. Si sente rispondere in questo modo che umanamente potremmo quasi dire “impertinente”. Che cosa fare?

Quante volte ho sentito genitori rivolgere questa domanda: “Nostro figlio si droga... Abbiamo provato in tutte le maniere ad aiutarlo. Abbiamo sentito psicologi, comunità terapeutiche: chi ci ha suggerito di seguirlo, di amarlo ancora di più, di capire la sua difficoltà a venirne fuori, di aver pazienza; chi invece ci ha detto di minacciarlo, di diffidarlo, di chiudere la porta di casa finché non dimostri di aver cambiato... Che cosa fare?”

La risposta giusta non sempre c’è. Maria ha amato, come madre (cercando Gesù e riportandolo a casa) e come donna di fede (credendo in suo Figlio e conservando tutte queste cose in sé, meditandole). Quando rimane il buio di una scelta penso che la cosa più importante dopo essersi informati, aver chiesto aiuto, sia lasciare che il cuore e l’amore guidino le nostre scelte, continuando a meditarle e disposti sempre a cambiarle quando la luce che chiediamo arriverà.

 

 

VENERDI' 6  OTTOBRE

“Si ritirò in un luogo deserto e lì pregava”. (Mc. 1,35)

 

Si fanno spesso confusioni sul fatto della necessità della preghiera. Capita di sentire: “Che bisogno c’è di fermarsi a pregare, quando nella nostra giornata il pensiero corre già diverse volte al Signore?”. Se non è sbagliato pretendere di fare di tutta la nostra vita una preghiera continua, è invece sbagliato pensare che la preghiera possa diventare inutile. Chi più di Gesù Cristo ha vissuto sempre alla presenza del Padre? Eppure, nei vangeli vediamo che Gesù quando può, non si lascia sfuggire l’occasione di ritirarsi nel deserto, nel silenzio e nella solitudine della preghiera pura.

E’ vero che due sposi non hanno bisogno continuamente di dirsi “ti amo” per vivere la concordia: se lo dimostrano in mille modi, con l’attenzione, il perdono, la gioia, l’impegno, la condivisione.., ma è anche vero che se ogni tanto non si fermano, parlano, si rivelano l’un l’altro, presto si correrà il rischio di dare per scontata una conoscenza che è invece solo presupposto   e la routine quotidiana livella, abbassa, banalizza tutto.

                                                      

 

SABATO 7   OTTOBRE

“Quando verrà Io Spirito Santo vi guiderà verso tutta la verità”. (Gv. 16,13)

 

Lo Spirito non investe soltanto le cime: si china propizio anche nelle fondi valle, scopre i casolari e gli eremi e vi pone talvolta, compiacendosene, la sua abitazione. Non è sempre un Ospite tranquillo. Ecco: spalanca i cuori, come il vento cui assomiglia; spalanca le finestre e consuma, fuoco invisibile, le cinte e le palizzate d’una piccola coltura di manuali. Certo, chi sta in alto sulla nave, vede meglio, vede tutto. La rotta della nave è nel suo sguardo che spazia. Ma pure il marinaio della stiva, il mozzo, il faccendiere, l’ultimo colui che non ha diritto di mostrarsi sul ponte di coperta, può avvertire degli scricchiolii. Non è necessario che gli diano retta quelli di lassù. Tu sogni, straparli. Avete ragione: torno laggiù. Se ci sarà una falla ci metterà l'anima a chiuderla perché la Chiesa è anche un po' sua, perché egli è di Cristo.(Primo Mazzolari)

 

 

DOMENICA  8  OTTOBRE

“Se dunque presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con tuo fratello e poi  torna ad offrire il tuo dono”. (Mt. 5,23—24)

 

Ci sono anche oggi nel mondo molte comunità cristiane che ripetono il cammino di fede delle prime comunità descritte da Luca. E’ la Parola che, sotto la spinta dello Spirito, vissuta senza riserve, cresce dentro, si immerge nel quotidiano, si espande e diviene fermento di trasformazione per una vita nuova. Ecco uno dei tanti fatti significativi. Dona Lourdes, sempre assidua agli incontri di preghiera, è da un po’ che non compare più in chiesa. Un'amica va a vedere che cosa le è successo.

“Sei ammalata? Perché non vieni più in chiesa?”

“La mia vicina ha litigato con me”, risponde Lourdes.

“Ma che colpa ne hai tu, se è stata lei a litigare?”.

Dona Lourdes scuote la testa: “Non posso proprio venire. Non ricordi ciò che dice Gesù? Se tuo fratello ha qualche cosa contro di te, va a riconciliarti con lui prima di avvicinarti all'altare. lo sono andata, ma lei non ha voluto ascoltarmi. Vedi tu se puoi fare qualche cosa per aiutarmi”. L’amica, preoccupata, cerca allora il Padre perché intervenga a pacificare le due donne.

Quando Lourdes torna alla chiesa non è più sola, ma a braccetto della vicina riconciliata.

 

 

LUNEDI' 9  OTTOBRE

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e di intemperanza”. (Mt. 23,25)

 

E’ facile cadere nell’ipocrisia di ritenere assoluto ciò che invece è relativo. Questa novella buddista con la sua storia di gatti legati ci fa riflettere su tradizioni diventate leggi. Quando il santone si apprestava per le funzioni religiose, immancabilmente ogni sera arrivava il gatto del tempio e distraeva i fedeli. Così il Santone dispose che durante le funzioni serali il gatto venisse legato. Molto tempo dopo la morte del Santone si continuava a legare saldamente il gatto al momento delle funzioni serali. E quando anche il gatto, ormai vecchissimo, morì, alcuni sacerdoti si affrettarono a portare al tempio un altro gatto da legare, come di consueto durante le funzioni serali. Passarono gli anni, costumi e credenze scavarono un solco nella storia di quel pensiero religioso. Secoli dopo, i discepoli del Santone scrivevano dotti trattati, e discutevano con fervore, sul ruolo essenziale di un gatto legato in ogni funzione correttamente condotta.

 

 

MARTEDI' 10 OTTOBRE

“La gioia del cuore e la vita per l’uomo”. (Sir. 30,22)

 

Cercare la gioia è cercare Dio; per questo possiamo paragonare la nostra vita simile al cammino dei Magi verso Betlemme, dove essi provarono una “grandissima gioia”. E’ un cammino lungo, pieno di pericoli, di fatiche, di incertezze (quando la stella scompare), ma porta diritto all’incontro con Gesù. Da Lui si attinge la gioia in un rapporto personalissimo che ce ne fa riconoscere la divinità, ammirare la bontà di venirci incontro con l’infinito cammino della incarnazione, comprendere l’immenso amore di Colui che dà la vita per i suoi amici. E questa fede, stima, gratitudine, fa sorgere dentro di noi un rapporto profondo, intimo, unico, ed è subito gioia. Si vive nel clima sereno di un’alleanza voluta da Dio, e finché vi rimaniamo fedeli, rimane la gioia. Sono contento perché mi sento amato da Lui con un amore puro, fede]e, eterno, pieno di benevolenza, pazienza, misericordia, per i limiti ed i peccati della sua creatura. Sono contento perché mi sento collegato alla sorgente della vita che attenua e ridimensiona il dramma della morte fisica, e mi consente di guardare lontano, oltre il tempo. La mia esistenza non è un folle volo che si tuffa nel nulla. lo sono atteso (“Vado a prepararvi un posto” Gv. 14,2).

 

 

MERCOLEDI' 11  OTTOBRE

“Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo”. (Gn. 11,4—7)                

 

Quante volte si ripete nel mondo questo errore! “Venite, costruiamoci una città...” E’ quel “ci” che rovina tutto perché sottolinea che si vuoi costruire solo fra noi, solo per noi, solo da noi. Si esclude ogni ingerenza, ogni realtà extra umana. Dio è un intruso di cui non abbiamo bisogno e che, comunque, non deve introdursi nelle nostre cose. La mentalità laicista pensa di poter benissimo far a meno di Lui. Vogliamo essere indipendenti, tenere stretta nelle nostre mani la consapevolezza dei nostri valori, delle nostre capacità. Si vuoi fare a meno dell’impronta religiosa presente nella creazione per costruire un mondo che sia solo dell’uomo. Dio non è la controparte, è il nostro tutto! Il mondo, sempre più orgoglioso del progresso della scienza e della tecnica, quasi inebriato dai traguardi sempre più arditi cui lo fa giungere l’umana intelligenza, capace ora di manipolare la stessa natura delle cose, continuerà a dire: “Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo. Ma il cristiano continuerà a ripetere: “Se non è il Signore a costruire la città, faticano invano i costruttori". (Salmo 126), costruiranno sulla sabbia. Soltanto con Dio si edifica sulla roccia della sua Sapienza, della sua Alleanza, del suo Amore. Con Lui non c’è bisogno di costruire una torre che tocchi il cielo, perché il Cielo stesso sarà dentro di noi facendoci toccare il livello più alto pensabile per una creatura: quello di figli di Dio!

 

 

GIOVEDI' 12  OTTOBRE

“Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”. (Eb. 12,1—2)

 

Chi è appassionato di “formula uno” sa l’importanza della posizione di partenza e come ogni pilota si dia da fare per conquistare la “pole position”: mette così una seria ipoteca sulla corsa, sulla vittoria. Altrimenti è molto difficile che occupi un

buon posto in classifica. Ognuno di noi è pilota di se stesso, ha una grossa responsabilità. Ogni giorno, ogni anno, ci troviamo alla griglia di partenza, davanti ad una delle gare che ci classificheranno di fronte a Dio.

E’ una corsa che si svolge nel circuito dello spirito, ed impegna tutte le nostre energie. Non è in discussione la tecnica della velocità, quanto la tecnica della vita, il come valorizzarla. Nella “formula uno” il pilota vuol far vedere al mondo di quali prestazioni straordinarie sia capace il suo motore, qui è l’uomo che vuol far vedere a Dio che cosa sa fare con il grande motore della vita. In questo parallelo c’è una diversità: tra noi non c’è antagonismo; vogliamo arrivare tutti, vogliamo arrivare insieme. La cattiva corsa di uno è uno smacco, un insuccesso per gli altri. Il ritiro di uno è una sconfitta per tutti. Corriamo infatti per la stessa “Casa”, con lo stesso stemma cristiano di fronte al mondo. Vogliamo quindi partire bene, insieme, dandoci una mano nel corso della gara per meritare tutti il premio.

 

 

VENERDI' 13  OTTOBRE

“Mostrami la tua gloria”. (Es. 33,22)

 

Anche noi come Mosè sovente chiediamo di poter vedere la “gloria di Dio”. Ed Egli ci risponde: “I cieli narrano la mia gloria” (Salmo 19). Sappiate vedere!

 

Basta aprire gli occhi insieme alla mente e al cuore per vedere la gloria di Dio. E’ che spesso mente e cuore sono distratti, assenti. Nello sguardo di un bimbo, nella bontà di una persona, nell’intelligenza di un uomo, nella pazienza di una mamma, nell’amore del coniuge, in un gesto affettuoso, nella fedeltà di un amico, nella generosità di un perdono, nell’altruismo di un sacrificio, nel soccorrere un povero, nel tacere quando potremmo umiliare chi ci offende... In tutte queste cose può brillare la Gloria di Dio perché in esse, come nella natura c’è qualcosa di Lui. E’ presente nell’incontro con quella persona che deciderà del nostro futuro. E’ li accanto nel dramma di quell’insuccesso, nella tragicità della scomparsa di una persona amata. Ci è vicino quando apre il nostro cuore all’amore, quando ci chiama a gustare le gioie e le soddisfazioni del nostro cammino. E’ presente anche al momento del peccato con l’inquietudine, il rimorso, la disillusone, la sete di pace e di perdono, il disagio di un vuoto che nessuno può riempire... Basta aprire gli occhi e il cuore e “vedremo la Gloria di Dio”.

 

 

SABATO 14  OTTOBRE

“Dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore”. (Lc. 12,34)

 

Le idee vogliono accaparrarsi il cuore per aver la certezza di essere realizzate. Chi occupa il cuore, occupa un posto di comando. Le persone vogliono conquistarlo perché con esso avranno tutto il resto: la nostra disponibilità, il nostro servizio, i nostri beni. Il demonio, anche lui, cerca d’impadronirsene per farci totalmente suo. Ecco perché spesso il cuore non ha pace e noi dobbiamo aiutarlo con la vigilanza, con la ragione e con la Fede. Ma c’è un altro che desidera il cuore dell’uomo: Dio. Lo ha fatto per sé, lo chiede per sé, tutto: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore,, .“ dice il primo comandamento. Il Signore però non è un ladro, un prepotente che vuole entrare ad ogni costo. Non viene per prendere, viene per dare: “il ladro non viene se non per rubare, io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. (Gv. 10,10).

Non entra dalla finestra, non sfonda l’uscio: “Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante” (Gv. 10,1).

Sta alla porta e bussa, dobbiamo essere noi ad aprirgli (Ap. 3,20).

Nel nostro cuore Dio vuol costruire la sua alleanza, la sua dimora. Qui avvertiamo la sua presenza o la sua assenza; qui ascoltiamo la sua voce e viviamo la pienezza del nostro rapporto con Lui.

 

 

DOMENICA  15  OTTOBRE

“Ciascuno si procuri un agnello per famiglia. Preso un po’ del suo sangue lo porranno sugli stipiti delle case in cui lo potranno mangiare”. (Es. 11,10—12)

 

Ricordo che molti anni fa mi aveva impressionato una signora che poi seppi essere malata che, mentre il sacerdote diceva: “Ecco l’Agnello di Dio” si alzò dal banco gridando: “E’ ora di smetterla, Gesù non è né un agnello né una pecora!”.

Sotto un certo punto di vista è vero: Gesù è vero Dio e vero uomo e basta. Come mai allora si dice che è l’agnello immolato per noi? Il sangue dell’agnello ucciso dagli Ebrei nella loro prima Pasqua era stato il segno di salvezza sugli stipiti delle porte per evitare la morte dei loro primogeniti; la carne dell’agnello era stato il primo sostentamento del lungo viaggio verso la libertà. Il sangue di Gesù è versato al posto del nostro e ci salva; il corpo di Gesù ci è dato come “vìatico” (pane lungo la via) per sostenerci nel nostro cammino. Gesù è dunque, stando al simbolo l’Agnello, che Dio ha precostituito per la nostra Pasqua. Non stanchiamoci dunque di lodarlo e invocarlo: “Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi”.

 

 

LUNEDI' 16  OTTOBRE

“Non avrai altri dei di fronte a me".(Es. 20,3)

 

Chiaramente questa parola ci invita a far piazza pulita di ogni idolo di ieri e di oggi ed è un invito a fuggire il male, ma è pure un invito a saper cogliere in tutto ciò che è buono, il suo dono, la sua presenza, qualcosa di Lui. Non succederà dunque che le cose create ce lo facciano dimenticare, anzi ce lo ricorderanno continuamente, richiamandoci la sua bontà, la sua provvidenza, la sua bellezza, il suo amore, la sua intelligenza e sapienza infinita.

Se separo il fiume dalla sorgente, diventa pozzanghera. Così avviene se separo da Dio tutto quello che la vita mi offre di bello e di buono, di attraente e di interessante. Dietro c’è sempre Lui, ed il sapercelo vedere con gli occhi della fede, renderà pulito, sereno, giusto ogni mio contatto con le attrattive della creazione. Allora potrò dire con S. Paolo che niente mi potrà separare dall’amore di Dio e tutto mi potrà servire per amarlo.

 

 

MARTEDI' 17  OTTOBRE

“Siano le tue orecchie attente e i tuoi occhi aperti”. (Ne. 1,6)

 

Parlando di vacanze, alcuni giorni fa, una signora mi raccontava della bellezza solitaria e un po’ selvaggia dell’isola di Santa Margherita di Lerins. Mentre parlava cercavo nella mia memoria: c’ero stato anch’io. Ma mi veniva in mente solo una giornata fatta di treno, di orari, di traghetti, uno di quei terribili pranzi alla francese (menù turistico, naturalmente)... Non ero riuscito a veder niente. Avevo collezionato un’altra meta ma non ero riuscito a meravigliarmi per tutte quelle cose che questa signora invece aveva visto. E’ proprio vero che spesso si sfiorano le cose, si collezionano luoghi e cartoline, si immagazzinano emozioni e “souvenirs” senza entrare in comunione con nulla.

 

Chesterton diceva: “Il mondo non perirà certo per mancanza di meraviglie, piuttosto per mancanza di meraviglia”.

Senza meraviglia, si spegne il canto, si interrompe la celebrazione della vita. Impariamo, almeno noi cristiani, a saperci ancora meravigliare davanti alte cose e soprattutto a scoprire ogni giorno la meraviglia di un Dio che ci ama.

 

 

MERCOLEDI' 18  OTTOBRE

“Il Signore parlava a Mosè, faccia a faccia, come un uomo parla ad un altro uomo". (Es. 33,11)

 

Qualche volta vorremmo poter incontrare Dio faccia a faccia. Ma noi possiamo incontrano tutte le volte che vogliamo nella preghiera. Un esempio: Il curato d’Ars passava lunghe ore in preghiera e questi momenti gli davano la capacità di affrontare i suoi non facili problemi: la solitudine, la malattia, la povertà, le tentazioni, le difficoltà pastorali.

Dalla preghiera usciva contento, sereno, illuminato come Mosè quando scendeva dal monte dopo l’incontro con Dio. Se gli fosse stato chiesto che cosa facesse, che cosa dicesse in tutto quel tempo avrebbe risposto semplicemente: “Io lo guardo, Lui mi guarda”. E sotto questo sguardo è riuscito ad essere guida illuminante non solo per la gente del suo villaggio ma per la Francia, l’Europa, il mondo intero. Diceva: “La preghiera è per l’anima ciò che la pioggia è per la terra. Lavorate, concimate pure il terreno quanto volete, se manca la pioggia tutto quello che fate non servirà a niente”.

 

 

GIOVEDI' 19  OTTOBRE

“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.  (Lc.10,38—42)

 

Eccoci davanti ad un’altra apparente contraddizione del Vangelo. Gesù che invita spesso a fare: “Va e fa lo stes­so”, “non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”, qui invece dice a Marta che la parte migliore è quella dell’ascolto. Viene da domandarsi: “Insomma, che cosa vuole il Signore?”

Ma per scoprire che cosa vuole bisogna fermarsi. Ma se non ti fermi, se non hai tempo di ascoltare, se continui ad essere esagitato e a impartire ordini, invece che riceverli da Lui, se ti ostini ad assumere iniziative a getto continuo e a organizzare festeggiamenti in suo onore, senza interpellare l’interessato, non comprenderai mai qual’è, realmente, la volontà di Dio. A furia di correre per far piacere a Lui, senza fermarti per domandarti seriamente che cosa gli sia gradito, c’è il pericolo di scoprire alla fine che, in realtà cercavi qualcos’altro o qualcun altro. Chiediamoci: al centro della casa c’è il Signore o ci sono io?

 

 

VENERDI' 20 OTTOBRE

“Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. (Ez. 36,26)

 

Capita spesso di trovare persone deluse, stanche: “Sono vecchio ormai... o persone sfiduciate, senza speranza: “Che cosa vuoi ancora sperare in questo mondo che si vota all’autodistruzione Chi crede in Dio ha sempre un futuro e chi ha un futuro è sempre giovane. Così diceva il Cardinal Sunens: “Io sono un uomo di speranza, non per ragioni umane o per ottimismo naturale, ma semplicemente perché credo che lo Spirito Santo è all’opera nella Chiesa e nel mondo: che questi lo sappia o no.

lo sono un uomo di speranza perché credo che lo Spirito Santo è sempre creatore e dà ogni mattina a chi lo accoglie una libertà nuova, una nuova provvista di gioia e di fiducia”.

Un aneddoto napoletano racconta che il Generale si fermò davanti ad un veterano e gli chiese: “Quanti anni hai?” “Non so, rispose, so che ho vinto tante battaglie”.

Non importa quanti anni abbiamo. La giovinezza è un valore che si conserva così: vincendo tante battaglie, perché essa ha tanti nemici ma ha la fortuna di aver come alleato Dio e questo basta a salvarla se gli restiamo fedeli.

 

 

SABATO 21 OTTOBRE

“Mentre Gesù stava a mensa una donna ruppe un vasetto di alabastro e lo versò sul suo capo”. (Mc. 14,3—9)

 

C’è un banchetto, nella casa di Simone il lebbroso, anche Gesù siede a mensa e sta conversando con i presenti. Ed ecco giungere una donna. Ha con se un vasetto di alabastro “pieno di olio profumato di nardo genuino, di grande valore.” I commensali lo valuteranno poi per trecento denari. Inaspettatamente quella donna lo rompe e versa il contenuto sul capo di Gesù. Poteva evitare di romperlo. Avrebbe potuto semplicemente aprirlo, invece lo spacca. Probabilmente quel gesto sanzionava una scelta: voleva "rompere" con un tipo di vita di cui il vasetto era simbolo. Ha deciso che non le servirà più, perché la terrebbe lontana da Colui che ha scelto di seguire. E’ un gesto radicale, pubblico, che parla della sua volontà di cambiare il suo comportamento. Anche noi se vogliamo andare veramente a Gesù dobbiamo aver il coraggio di “rompere” con quei piccoli fili che ci tengono legati al passato e allora sarà vera libertà.

 

 

DOMENICA  22 OTTOBRE

“Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”.

(Mc. 8,35)

 

“Perdere” e una parola che non piace a nessuno. Anche nell’agonismo sportivo, letterario, scientifico, commerciale, suscita reazioni. Eppure tutti sono d’accordo nel dire che bisogna essere capaci anche di perdere. E’ segno di maturità. E’ un allenamento duro, faticoso, perché è un rinunciare a quello che preferiremmo. E la vita ci abitua a rinunciare a tante cose che pure ci piacerebbero. La giornata è piena di rinunce grandi o piccole che hanno il loro peso ed insieme il loro valore perché ci allenano, ci abituano a quella più importante: la rinuncia alla nostra volontà per fare quella di Dio. “Padre, non come voglio io ma come vuoi Tu”. “Sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra”. Sono le espressioni della più alta religiosità insegnateci da Gesù. Allora la Religione ci allena a perdere? No. Ci allena a donare qualcosa di nostro per il bene dell’altro, ci fa riportare le vere vittorie: “Chi perde la sua vita per me, la salverà”.

 

 

LUNEDI' 23 OTTOBRE

“A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio, a quelli di fuori, invece, tutto viene esposto in parabole perché guardino ma non vedano, ascoltino ma non intendano...” (Mt. 4,11)

 

Quante cose che ad altri è difficile e faticoso capire, riesce ad intenderle il santo e chiunque è amico di Dio!

Capire il valore del servizio, della povertà, della castità, dell’obbedienza, del perdono, dell’umiltà, della contemplazione.., non è da tutti. Un vecchio assioma dice:

“Parlare è un dono di molti, tacere è una capacità di pochi. Ascoltare: una generosità di pochissimi”.

Chissà che anche Dio non la pensi così. Comunque è certo che lega alla generosità dell’ascolto il vero successo di una vita. Tempi privilegiati di ascolto sono i momenti di preghiera, di adorazione, i ritiri spirituali, la meditazione quotidiana, la S. Messa. Ma si ascolta ugualmente la voce del Signore davanti alla gioia o al dolore, con la lettura di un buon libro, con una buona conversazione. L’ascolto illumina, dona saggezza, arricchisce il cuore. Il nostro comportamento rivela subito se siamo stati attenti ascoltatori di Dio. Chiunque ci vive accanto se ne accorge, perché sente che qualcosa di Lui, della sua Pace, della sua verità, del suo amore è passato in noi.

 

 

MARTEDI' 24  OTTOBRE

“Ascoltate oggi la sua voce, non indurite il vostro cuore". (Salmo 95,8)

 

Ascoltare è un segno d’interesse, d’amore. Tutti sentono ma non tutti ascoltano perché non fanno scendere nel cuore quello che odono con gli orecchi. La parola di Dio scende con lo stesso amore su ogni uomo, che a volte è “strada”, a volte e sassi , a volte è“spine”, a volte è terreno buono. Sono strada quando sono distratto da mille altre cose: il lavoro, lo studio, la famiglia, lo sport, le preoccupazioni della vita.

Non mi resta tempo per ascoltare la parola di Dio. Quelle realtà, pur buone, sono divenute in me degli idoli che non lasciano spazio al Signore. Sono "pietra" quando sono superficiale, non assorbo in profondità, quando prendo alla leggera la mia religiosità, accontentandomi di una infarinatura che non regge al momento della prova. Pretendo che un catechismo lasciato a livello infantile, sostenga le battaglie della mia giovinezza, i problemi della mia maturità.

E la pianticella, anche se era spuntata nel tempo della fanciullezza, secca ineluttabilmente. Il mio rapporto Con Dio non può essere affrontato alla meglio, come un passatempo quando non sono impegnato in cose più importanti; è un’esperienza unica, profonda, che esige tutta l’attenzione delle mente e del cuore.

Sono “spine” quando mi sono lasciato soffocare dalle mie passioni: il piacere, il denaro, l’egoismo, l’orgoglio, l’ira, l’accidia.., queste hanno preso talmente il controllo della mia persona, fanno tanto “chiasso” in casa mia, da non consentirmi l’ascolto di Dio. Ma se il terreno rimane buono, se in esso ci sono ancora i valori umani dell’onestà, lealtà, bontà, allora il “seme” gettato nel momento del Battesimo compie un lavoro meraviglioso (Mc. 4,26).

Sia che l’uomo dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce, “come, egli stesso non lo sa!". E la parola di Dio, cercata ed ascoltata, comincia a produrre frutto: prima lo stelo della Fede, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.

 

 

MERCOLEDI' 25  OTTOBRE

“Venne a Gesti un lebbroso, lo supplicava in ginocchio...”.(Mc. 1,40)

 

Ogni epoca ha la sua lebbra e si affretta a cacciar fuori dall’accampamento quanti ne sono affetti: i drogati, i malati di Aids, i diversi per razza, colore della pelle, mentalità, gli omosessuali, i malati di mente, gli ex carcerati, i vecchi inabili e non più autosufficienti. E non è difficile catalogare tra quanti sono messi “fuori dall’accampamento”, anche coloro che sono privi del diritto di lavoro: come i disoccupati; del diritto della casa: come gli sfrattati; del diritto alla vita: come le vittime dell’aborto; del diritto alla speranza: come quanti tentano il suicidio; e, per certe zone del mondo, quanti sono privi del diritto alla cultura:

come gli analfabeti; del diritto al nutrimento, come quelli che soffrono la farne. E’ tutta gente in ginocchio che va aiutata a rimettersi in piedi. Gesù, di fronte al lebbroso, non fugge, stende la mano, lo tocca, lo guarisce. Vale qui la pena notare che si guarisce più avvicinando che emarginando, anche se è tanto difficile capirlo. Ma questo benefico contatto è possibile solo a chi ha un cuore aperto a Dio, a chi si rivolge a Lui con Fede, con la forza di una preghiera che esprima tutta la fiducia dell’uomo che sa di non aver altra ancora di salvezza. Signore, se vuoi puoi guarirmi!”.

 

 

GIOVEDI' 26 OTTOBRE

“Colui che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone”.

(Mt. 25,18)

 

La paura è spesso una cattiva consigliera, ma sempre è uno sbaglio nei riguardi di Dio. Un Padre non vuole questo clima per i suoi figli. Essa blocca ogni sviluppo del bene, non comprende l’amore di Dio, ci rende uomini di poca fede, sconfitti prima di affrontare la battaglia. La paura è capace di ‘scavare una buca” per l’unica cosa che non va sepolta: i talenti di Dio. Si seppellisce la libertà, quando se ne abusa per fare il male; si seppellisce l’intelligenza, quando si va consapevolmente contro la verità; si seppellisce l’amore, quando lo si chiude in noi stessi e lo si nega a quanti ce lo chiedono; si seppellisce la giustizia, quando si fa preferenza di persone; si seppellisce la bontà, quando si sceglie la via dell’egoismo; si seppellisce la fede, quando non la si coltiva, non la si approfondisce e non la si comunica agli altri, chiudendola nel nostro privato, soffocandola con gli scandali della nostra vita; si seppellisce la pace e la fraternità, quando se ne distruggono le condizioni; si seppellisce la vita, quando se ne comprime la crescita; si seppelliscono tutte le nostre abilità, quando si orientano al solo nostro interesse.

Tutto ciò che non è donato, è sepolto ed attira il giudizio di Dio.

 

 

VENERDI' 27  OTTOBRE

“Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. (Mt. 18,26)

 

Ogni giorno è buono per rivolgere a Dio queste parole.

Non è certo difficile convincerci di quanto bisogno abbiamo della pazienza di Dio, ma è ancor più importante capire che a questa pazienza, così a noi necessaria, deve corrispondere da parte nostra una volontà di riparazione ti restituirò ogni cosa

 

 

SABATO 28  OTTOBRE

“Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo...". (Mt. 13,44)

 

L’uomo sente che la sua vita ha bisogno di essere ancorata ad un valore, ad un tesoro. C’è chi pensa: Mio primo valore è la salute, quando ho questa, ho tutto. Con essa affronto la mia giornata, risolvo i miei problemi. E fa tutto il possibile per difenderla, conservarla. Finché la possiede, è tranquillo, sicuro. C’è chi dice: Mio tesoro è la ricchezza, il denaro, il possedere.

Con questo posso fare tutto ciò che voglio, tutto è ai miei piedi, ai miei ordini, tutto mi è possibile, tutte le porte mi si aprono.

E spende la sua vita, la sua intelligenza, il suo lavoro, tutto quello che ha, per raggiungere questo tesoro. Sogna di poter dire, come nella parabola evangelica: “Godi, anima mia, hai tutto ciò che ti serve, i tuoi granai sono pieni...”. C’è chi segue altri sentieri: mio tesoro è il sapere, il lavoro, la professione, il successo... E per te, qual’è il tuo tesoro?

 

 

DOMENICA  29  OTTOBRE

“Il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto". (Salmo 27,9)

 

Questa espressione biblica dice tutto il desiderio, tutta la sete che la creatura ha di Dio; la volontà di mettersi di fronte a Lui e attendere che parli, per delinearci il suo volto di sapienza, di misericordia, di bontà, di giustizia, di paternità. Posso ascoltare Dio nella Parola rivelata, nella voce dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, soprattutto in Gesù Cristo: Parola eterna del Padre. Posso ascoltare Dio nella vita e nell’insegnamento dei santi, nel Magistero della Chiesa, ed anche nella voce dell’amico, del povero, dei malato, dell’artista, nei “segni” dei tempi, nelle vicende quotidiane: Dio ha un’infinità di canali per farsi ascoltare! Ci parla nella gioia e nel dolore, nei successo e nel fallimento, sul Tabor e sul “Calvario”. L’ascolto è la più alta forma di preghiera. Le condizioni che lo rendono possibile, sono: la semplicità del cuore, l’onestà dell’anima, il silenzio interiore.

Il profeta Isaia ce lo ricorda: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito, su chi teme la mia parola” (Is. 66,2). Un cuore orgoglioso e superbo, ascolta soltanto se stesso. Dio lo respinge (Lc. 1,51), non gli vuole parlare. Per questo motivo Gesù ci ricorda che se non diverremo come bambini, non entreremo nel Regno. La semplicità pone al giusto posto la creatura di fronte a Dio.

 

 

LUNEDI' 30  OTTOBRE

“Perché avete paura, uomini di poca fede?” (Mt. 8,26)

 

Il discepolo di Cristo, che pur conosce la paura, non è un uomo di paura, non si lascia dominare da essa; impara dal suo Maestro a trasformarla da pagina di morte in pagina di vita, a superarla, a vincerla. Essa lo rende consapevole della sua fragilità, del suo bisogno di Dio, ma lo sollecita anche ad essere un buon soldato che sa combattere le sue battaglie.

La paura cessa quando, sostenuti dalla Grazia, si ha il coraggio di affrontare il dolore con dignità, con speranza, con serenità, con la certezza che serve a costruire, a far crescere, a salvare. Non è raro il caso che proprio dalla sofferenza nascano le cose più belle, gli affetti più forti, le amicizie più profonde, i progressi più validi. Quando uno “paga” con il proprio sacrificio, s’impone al rispetto del mondo, feconda la terra per il buon seme sparso da Dio, la bonifica, toglie spazio al male. La mia goccia di sangue, unita al sangue di Cristo, contribuisce a salvare l’uomo, anche il più lontano, il più sconosciuto. Non importa se non so chi sia, è sempre mio fratello: Dio Padre ci conosce bene tutti e due ed approva questa solidarietà veramente cristiana.

                                                    

 

MARTEDI' 31 OTTOBRE

“Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,  si prostrarono ad un’ immagine di metallo fuso, scambiarono  la  loro gloria con la figura di un toro che mangia fieno".  (Salmo 106,19)

 

Anche oggi si perde la testa e ci si prostra davanti alla ricchezza, alla sensualità, all’orgoglio, al potere, alla superstizione, al divertimento, alla scienza, alle realtà più disparate, di fronte alle quali si dice: ecco il. tuo dio!... e su questi altari si è disposti ad offrire i sacrifici più grandi, a compiere le rinunce più difficili, mentre ci sembra sempre troppo quanto ci viene chiesto dall’unico Signore. “Ecco il tuo dio!...” cioè quello che ha il primo posto nella tua vita, che costituisce il tuo massimo interesse, assorbe il tuo impegno, ti trova pronto al sacrificio, ti vede capace di donare quello che non è disponibile per altri.

“Ecco il tuo dio!...” è Un’espressione che diventa bestemmia, tradimento, quando si rivolge a realtà create, fossero pure le più oneste, le più belle, Il posto di Dio è unico nel nostro cuore, ed è ovviamente il primo. Offrirlo ad altri, è distruggere l’alleanza, segno della bontà e della predilezione divina, un’alleanza che esalta l’uomo chiamandolo alla familiarità con Dio, e chiede in cambio solo gratitudine e fedeltà per il suo stesso bene.

     
     
 

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