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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1989

 

VENERDI' 1   SETTEMBRE

“Mai un uomo ha parlato Come parla quest’uomo”. (Gv. 7,46)

 

Le guardie dei Sommi Sacerdoti che non hanno arrestato Gesù si giustificano davanti a chi li ha mandati dicendo la propria e l’altrui meraviglia per la parola semplice, tagliente, Sincera, fattiva, unica di Gesù. Nella nostra vita spesso ci incontriamo con montagne di parole inutili, ci sono parole che fanno più male di uno schiaffo e parole che segnano per sempre con la forza distruttiva che ha in sé qualcosa di irrimediabile, parole che nascondono dietro l’altisonante la vacuità, l’imbecillità Oppure la falsità, parole suadenti, parole di circostanza parole che uccidono, parole che non avrebbero mai dovuto essere pronunciate Ma ci sono anche parole d’amore che trasformano una vita, parole di fiducia che rialzano dalla disperazione parole e silenzi che diventano solidarietà, incoraggiamento ci sono richiami definitivi che decidono una esistenza e determinano il cammino di una persona. Ogni tanto proviamo a fare un piccolo esperimento: analizziamo cinque minuti del nostro parlare e guardiamo quante parole potremmo salvare, proveremo un grande stupore e forse poco per volta impareremo a dir mero parole.

 

 

SABATO 2  SETTEMBRE

“Sta in silenzio davanti al Signore". (Sal. 36,7)

 

Correre, parlare, leggere... ma qual’è la verità della vita, del morire, del soffrire... Qualcuno chiese a Rinzai, un mistico Zen: “Dimmi ciò che è veramente essenziale, perché ho fretta. Sono un uomo d’affari e per me il tempo è prezioso. Dimmi in parole semplici: cos’è il fondamento, l’essenziale della religione?” Rinzai rimase in silenzio. Il commerciante si sentì a disagio. “Mi hai sentito?” disse, “ti ho chiesto di darmi la parola chiave della religione”. “Ed io te l’ho data”, disse Rinzai. “Ora te ne puoi tornare ai tuoi affari, “Sei pazzo? lo non ho sentito nulla “Ciò che può essere udito non è l’essenziale. lo ti ho dato la parola chiave. La chiave è iL silenzio. Ora vai. Hai fretta”. (Parabola buddhista)

 

 

DOMENICA 3  SETTEMBRE

“lo sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". (Gv. 8,12)

 

E’ ben difficile trovare nei nostri paesi persone ragionevoli che escludano per principio la figura di Gesù e un suo certo insegnamento morale. Ma anche tra i cristiani se poi si vuole andare un po’ più a fondo nella testimonianza di Gesù e si cerca di capire il suo messaggio — e la sua pretesa di essere la Luce del mondo e si viene a capire che Gesù ci chiede una fiducia incondizionata nella sua parola, allora cominciano le riserve. Insomma, si è disposti a seguire Gesù finché insegna cose che ci garbano; ma quando Gesù si propone come l’Unico Maestro, la Luce stessa!, e quando Gesù chiede obbedienza incondizionata alle sue parole e ai suoi comandamenti, allora si fa come fecero i discepoli della sinagoga di Cafarnao: ci si tira indietro e si abbandona Gesù. Quasi tutte le grandi firme dei nostri quotidiani così detti “indipendenti”, sanno fare molto bene la morale a Gesù: ben pochi lo accetterebbero, nei loro articoli, come “la Luce del mondo”. E noi per essere persone di “buon senso”, “equilibrati” ci adeguiamo e spesso (anche per comodo) seguiamo più questi piccoli zolfanelli, invece della grande luce di Cristo.

 

 

LUNEDI' 4  SETTEMBRE

“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso". (Lc. 9,24)

 

E’ una frase dura di Gesù, può sembrare addirittura una frase negativa. Rinnegare se stessi non vuol dire distruggere l’immagine di Dio impressa in noi. Vuol dire combattere contro la voglia di affermarci come “lo”, che comprime e soffoca quell’immagine divina che è in noi. Quell’immagine ci è data fin da quando Dio ci ha pensati, amati e scelti. Quell’immagine è l’incomprimibile bisogno di amore che è nel profondo del cuore di ciascuno di noi. “il regno di Dio è dentro di voi” ci ha detto Gesù. L’abbiamo già, dobbiamo solo riconoscerlo, e liberarne le energie profonde. In questo consiste il rinnegare noi stessi: impedire all’orgoglio, all’avarizia, alla sensualità, alla pigrizia, all’ira di soffocare la nostra prorompente voglia, e bisogno!, di amare.

                                                 

 

MARTEDI' 5  SETTEMBRE

“Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte e gli disse “seguimi”. Egli lasciato tutto si alzò e lo segui. Poi  Levi gli preparò un gran banchetto nella sua casa".  (Lc. 5,27—28)

 

Siamo talmente abituati a pensare che la sequela di Gesù sia una cosa dura e difficile che ci stupisce che un chiamato, come primo segno di sequela faccia una festa. E pensate bene: Gesù va a quella festa!

Sentirsi dire da Gesù “seguirii!” è l'inizio di una stupenda avventura, per la quale vale la spesa imbandire un grande banchetto.

Evangelizzare, annunziare Gesù è qualcosa di così straordinario, che non può non rivestire l’immagine di una grande festa. Evangelizzare vuoi dire invitare a festa! Così ha fatto Gesù con Levi Matteo, così ha fatto con Zaccheo. Per questo i giovani di oggi sono i più adatti a essere evangelizzati, e anche i più idonei ad evangelizzare. Da essi dobbiamo imparare a vedere il cristianesimo come gioia, come festa. Se riscopriamo questo segreto di gioia, le nostre Eucaristie ritorneranno a essere dei momenti gioiosi e non delle tristi abitudini o dei gesti compassati. Se riscopriremo questo far festa per una buona notizia anche i cosiddetti lontani capiranno che il Vangelo non e tristezza ma gioioso annuncio.

 

 

MERCOLEDI' 6  SETTEMBRE

“Non giudicate e non sarete giudicati". (Mt. 7,1)

 

Raccontano i “Padri del deserto”: Un monaco peccò con il pensiero; più tardi, durante la riunione dei monaci e per questo specifico caso, venne chiamato Abba Moisè. Ma questi si rifiutò di andare. Allora il superiore del monastero mandò qualcuno a dirgli: “Vieni, tutti i monaci stanno aspettando te”. L’asceta prese allora una cesta, la riempì di sabbia e si avviò verso la riunione. A chi, giunto per salutano, gli chiedeva spiegazioni di quel gesto, disse: “I miei peccati cadono come la sabbia dietro di me e non li vedo. Cosa vengo dunque a fare qui, per criticare i peccati altrui?”. Tra l’altro ricorda che perdonare significa anche evitare i versamenti di bile, scansare gli assalti dell’odio, risparmiare un gran dispendio di energie.

 

 

GIOVEDI' 7  SETTEMBRE

“Con il cuore si crede, per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza". (Rm 10,10)

 

La fede non nasce dal cervello, non è frutto di ragionamenti, non è il punto di arrivo di prolungare discussioni e riflessioni. La fede nasce dal cuore, è un bisogno prorompente che viene dal nostro profondo e che ha trovato la via libera per esplodere, per emergere. Non si può attribuire meriti a chi crede o demeriti a chi non crede. Sta però il fatto che le persone semplici e umili trovano più facilmente la via per liberare e far emergere questa fede. Allora, da questo prorompere interiore gravido di  gioia, sgorga la parola della “professione della fede”. La professione di fede non è la recita di una lezione e non è nemmeno l’esposizione di un ragionamento. La professione di fede è un inno di gioia, e una festa dello spirito, è una preghiera che sgorga umile dal cuore. Una fede vissuta così è contagiosa: in famiglia, a scuola, sul lavoro, tra i non credenti, con gli stranieri di altre religioni. Per evangelizzare basta credere! Se troviamo difficile annunciare Gesù e il Vangelo, se non troviamo le parole adatte, non è forse perché la nostra fede è angusta, cerebrale, spenta?

                                                 

 

VENERDI' 8  SETTEMBRE

“Dissero a  Tommaso: abbiamo visto il Signore. Ma egli disse: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e  non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. (Gv. 20,25)

 

Si fa in fretta ad appioppare delle definizioni sulle spalle della gente. Tommaso è stato definito l’incredulo, colui che non crede se “non fioca il naso”. Ma è proprio il solo? Come faceva a credere alla testimonianza degli altri 10 se anch’essi solo pochi giorni prima erano scappati, erano delusi e non avevano creduto alla risurrezione? E poi Tommaso non si sentiva defraudato? Perché agli altri Gesù era apparso e a lui no? Sì, Tommaso ha poca fede, ma è in buona compagnia! Quanta gente trova difficoltà a credere, non tanto per la misteriosità di Dio, quanto perché chi dovrebbe essere di esempio invece non lo è. Anche nelle nostre parrocchie, facciamo corsi di teologia, riunioni interminabili per “addetti ai lavori” per specialisti della fede e poi ci sentiamo dire: “Reverendo come faccio a credere se predichi bene e razzoli male” oppure “Dite di essere una comunità di risorti e poi vi fate la forca a vicenda, volete convertire gli altri e poi non li lasciate entrare nel vostro gruppo se non diventano ipocriti come voi. Le etichette di incredulo sono autoadesive: prima di attaccarle sulla fronte del nostro prossimo guardiamo se non hanno il loro ruolo naturale appiccicate sulle nostre mani.

 

 

SABATO 9  SETTEMBRE

“Guardate i gigli del campo... (Mt. 7,28)

 

Viviamo in un mondo “audiovisivo”. E’ facile grazie ai rnassmedia spaziare nel tempo e nei luoghi, la cultura sembra essere alla portata di tutti ma, sappiamo ancora guardare e vedere? Si narra che il Buddha mostrò un giorno un fiore ai suoi discepoli. A ciascuno di loro chiese di dire qualcosa sul fiore esibito. I discepoli osservarono un breve silenzio, ciascuno in cuor suo teso a rendersi merito con l’eloquenza. Infine il primo si alzò e pronunciò un discorso filosofico sul fiore. Il secondo recitò una poesia che sul fiore aveva composto. Un altro si dilungò nel descriverne la specie e la natura. Tutti cercando di superarsi a vicenda in profondità, acume e sapienza. Ma l’ultimo guardava ancora il fiore e in silenzio ne assaporava le forme e i colori. L’ultimo non disse niente. Solo lui aveva visto il fiore.

 

             

DOMENICA 10  SETTEMBRE

‘Siate santi perché io sono santo”. (Lv. 11 ,44)

 

Le parole “santo”, “santità” possono suscitare in noi idee e sentimenti opposti: l’esaltazione sperticata dei santi, tanto da considerarli qualche volta semidei, oppure lo sconforto: “Quello poteva farlo solo un santo, non un comune mortale!”.

Santo è Dio, Lui solo è perfetto. Ma Dio è amore e allora l’amore comunica se stesso e i suoi doni. Creandoci e poi salvandoci soprattutto attraverso Gesù ci rende partecipi della sua santità e ci invita a manifestare nella nostra vita le sue perfezioni: “Siate perfetti come il Padre vostro celeste”. Allora la santità diventa una cosa praticabile da parte di tutti. Non è l’atto glorioso (o vanaglorioso) di un perfetto, ma diventa il quotidiano vivere in Lui. Diventa non tanto un fare noi ma un lasciare fare a Lui. Troppe volte per una facile esaltazione delle persone, nel leggere la vita dei santi ci pare di incontrare degli extraterrestri, tutti pii e buoni: i santi erano come me e come te, con un caratteraccio da combattere, con il mal di pancia e la tosse, sono vissuti come noi in epoche ben precise, condizionati dalla loro cultura e dalla storia.., ma è proprio in quelle condizioni che fidandosi di Dio si sono abbandonati a Lui ed hanno lascia­to come Maria che Lui “guardando all’umiltà della sua serva operasse meraviglie”.

 

 

LUNEDI' 11  SETTEMBRE

‘Se guardo il cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che Tu hai fissato, che cos'é l'uomo?". (SaI. 8,4—5)

 

Quante volte, anche solo inconsciamente, pensiamo che se fossimo stati noi a fare il mondo avremmo fatto meglio, con più giustizia, con più “ordine”. Un proverbio cinese ci ricorda: “Quando la rabbia ti fa sputare contro il cielo, finisci sempre con lo sputarti in testa”. Un po’ di sano umorismo e un giusto prenderci in giro, ci aiutano a non montarci scioccamente la testa. Un contadino cinese riposava un giorno all’ombra di una quercia quando il suo sguardo cadde su di una enorme e rigogliosa zucca il cui gambo piegava meschino sotto il peso del magnifico ortaggio. L’uomo considerò per un istante quanto imperfetta e gratuita fosse l’opera della natura, come il tronco maestoso della quercia sbocciasse in frutti insignificanti ed un esile gambo reggesse invece tali delizie. Per sfizio, volle immaginarsi Creatore ed Artefice di meccanismi perfetti; fantasticando, pose così le zucche sulle fronde delle querce e fece germogliare ghiande da sottili cauli, segretamente inorgogliendosi di tali squisiti equilibri. Davvero non riusciva a capire la ragione di questa discrepanza tra fusti e frutti finché un impetuoso vento non fece grandinare ghiande sulla sua testa pensierosa. Non gli restò che scoppiare a ridere, beffandosi di se stesso ed in cuor suo ringraziando il Cielo dall’aver scampato una, pioggia di zucche!

 

 

MARTEDI' 12  SETTEMBRE

“Sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome". (Mt. 24,9)

 

Quando da ragazzo sentivo leggere le storie dei martiri, la mia fantasia si infervorava intorno a queste figure gloriose ed essi diventavano per me degli eroi della fede.

Senza nulla togliere alla loro testimonianza, oggi capisco sempre più che “martiri” e “martirio” sono realtà molto più “banali” ma concrete nel quotidiano. Penso a quelle forme di martirio tanto poco esaltanti e gloriose, ma quotidiane di chi, per essere fedeli ai propri principi di onestà, di giustizia, di sequela di Cristo, si trova ogni giorno ad affermare con le proprie scelte di vita un comportamento in un mondo che non solo non apprezza, ma prende in giro, combatte, deride chi si comporta in modo differente. “Fatti furbo” “Tutti si comportano così”, oppure: “E dopo che hai perdonato che cosa ne hai: ti prenderanno in giro un’altra volta”. “Anche il tuo Dio se ne sta comodo: tu soffri e i cattivi se la godono, e Lui non dice niente!

Allora mi rendo sempre più conto che se, guardando onestamente in me, non so se avrei il coraggio di testimoniare la mia fede dando la vita, pure ho l’opportunità di dare ogni giorno un po’ della mia vita per la fede.

                                                                              

 

MERCOLEDI' 13  SETTEMBRE
“Mosè supplicò il Signore, suo Dio e disse: “Perchè, Signore? Perché divamperà la tua ira Contro il tuo popolo...  Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo”. (Es. 32,7—14)

 

E’ commovente la preghiera che Mosè innalza a Dio, a difesa del suo popolo, che pure era di testa dura e aveva dato a Mosè tanti motivi di sofferenza e lo aveva impegnato in un opera sovrumana di guida politica, religiosa e sociale. Mosè poteva ritirarsi a vita tranquilla, e il Signore gli avrebbe conservato la sua amicizia: sarebbe diventato capo di un altro popolo, meno infedele. Ma no! Quello era il suo popolo, il popolo che Dio gli aveva affidato!

Mosè, per questo suo popolo, è disposto a ricominciare da capo, pur di salvarlo. Noi, invece, con troppa facilità troviamo motivi per il disimpegno, in parrocchia, nei gruppi, nel volontariato, nella nostra attenzione al prossimo. Anche la nostra preghiera è breve e fiacca, e non ci disturba il sonno... Proviamo anche noi a fare una preghiera eroica come quella di Mosè, per sostenere chi è nelle necessità e nel dolore.

 

 

GIOVEDI' 14  SETTEMBRE

“Volete andarvene anche voi?” (Gv. 6,67)

 

Gesu e una proposta difficile. Non rientra nei nostri schemi umani. Se da una parte attrae, dall’altra è sempre misterioso, ha delle richieste che ci lasciano interdetti, è tutt’altro che una dolce, futura, promessa. Agli apostoli ha appena detto che devono sperare non in un facile pane piovuto dal cielo, ma che dovranno mangiare la sua come offerta in sacrificio, che glorificazione coincide con croce, che vivere significa morire: “Volete andarvene anche voi?” Altri se ne sono andati. Gesù andava bene fino a quando era una promessa di gioia, di potere, di tranquillità, fino a quando era un “calmante”. Anche oggi Gesù ci rasserena con l’offerta della sua vita, con la mano sempre tesa per accompagnarci, cori il perdono sempre riproposto ma si presenta anche con le sue esigenze: “Se vuoi essere mio discepolo, prendi la tua croce e seguimi”... Non ci nasconde le difficoltà! Ma la sua è ancora una proposta: “Vuoi seguirmi o vuoi andartene anche tu?”. Pietro risponderà: "Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. E noi che cosa rispondiamo a Gesù?

 

 

VENERDI' 15  SETTEMBRE

“La gioia del cuore è la vita per l’uomo". (Sir. 30,22)

 

Non è da tutti saper sempre sorridere. Il sorriso, l’umorismo nascono da un cuore tranquillo che si fida unicamente del Signore.

Per i santi anche una cosa seria può avere un aspetto buffo e una situazione risibile può avere un lato serio. Nell’esempio che farò ci troviamo certamente davanti ad un estremo, ma l’insegnamento non manca di colpirci. Tommaso Moro, il martire della coscienza che fu decapitato il 5 luglio 1535 dal re d’Inghilterra cui rimproverava il divorzio dalla legittima consorte e il matrimonio con Anna Bolena. Quando si avvicinò ai palco della morte chiese gentilmente al boia: “Vogliate aiutarmi a salire, sir”. Poi aggiunse argutamente: “Per scendere ci penserò da solo”. Intonò il Miserere, poi abbracciò il carnefice con una battuta sorridente: “Coraggio, piuttosto ricordate che ho il collo corto, ne và del vostro onore.” Mise la testa sul ceppo, ma la rialzò subito per accomodare meglio la barba, dicendo in tono faceto: “Essa non ha tradito, quindi non deve essere tagliata”.

 

 

SABATO 16  SETTEMBRE

“Dicono gli empi tra sé, con ragionamenti errati: “Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta. E’ diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade”. (Sap. 2,12—15)

 

Il brano del libro della Sapienza ha una forma espressiva un po’ ingenua, ma è profondamente vero. Anche oggi, chi si sforza di vivere secondo la verità e la carità dei Vangelo deve scontrarsi con la malvagità e l’astuzia di chi non tollera che la propria condotta perversa sia anche solo tacitamente riprovata dalla condotta buona del giusto.

E il giusto si trova la strada sbarrata: carriera interrotta, disprezzo e denigrazione, calunnie, perdita degli “amici”, danni economici, incomprensioni nella stessa propria famiglia. Il Signore sembra a volte ignorare tali situazioni terribili, che mettono in crisi le coscienze più rette. E non di rado anche i buoni si tirano indietro, magari ammirano e lodano, ma non sanno compromettersi per sostenere la prova del giusto. Questa è la storia di oggi, attuale quanto mai!

Proviamo a vedere se attorno a noi c’é qualche giusto che soffre queste prove spossanti; e comunque cerchiamo di avvicinare chi sta combattendo qualche buona battaglia per la giustizia sociale, per l’aiuto a coloro che la società rifiuta... compromettiamoci anche noi!

                                                 

 

DOMENICA 17  SETTEMBRE

“Un amico fedele è come un rifugio sicuro, e chi lo trova ha trovato un tesoro". (Sir. 6,14)

 

AMICIZIA

Molti anni or sono, viveva in Persia un monarca che amava il suo popolo. Per conoscerlo meglio, aveva l’abitudine di mescolarsi ad esso nei più disparati travestimenti. Un giorno si recò come un miserabile ai bagni pubblici, prese posto in un angolo e fece la conoscenza dell’uomo addetto alle pulizie. Ogni giorno tornava a sederglisi accanto, ne condivideva i pasti e parlava a lungo con lui, tanto che il poveraccio si affezionò allo sconosciuto.

Finché un giorno l’imperatore gli rivelò la sua vera identità e gli chiese di scegliere un dono per suo ricordo. L’uomo lo guardò sbalordito, poi disse: “Voi avete lasciato il vostro sontuoso palazzo per venire qui ogni giorno a condividere la mia dura vita e la mia miseria. Ad altri avreste potuto fare ricchi doni, ma a me avete dato tutto voi stesso. Vi chiedo perciò soltanto una cosa: di non privarmi mai della vostra amicizia  (Favola Persiana)

 

 

LUNEDI' 18  SETTEMBRE

“Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito”. (Mt. 9,16)

 

Gesù, citando questo proverbio vuoi aiutarci a capire e vivere la novità gioiosa del messaggio che Lui è venuto a portarci.

Dio aveva già parlato: la scelta del popolo, la legge, ma ora parla e agisce attraverso suo Figlio. Le cose vecchie non sono da cancellare ma sono superate. Se l’osservanza delle norme della legge dava garanzia di “giustizia” per gli uomini dell’Antico Testamento, ora la novità di Gesù cambia le cose: non basta dire “lo ho osservato tutte le leggi” ma bisogna dire “Riconosco l’amore di Dio in Gesù? Vivo la libertà che Lui mi ha portato? Le norme le osservo perché sono un dono di amore di Dio e perché sono la mia risposta amorosa a Lui?”. Il vecchio è la tradizione, il nuovo è Gesù stesso. Chi accetta Gesù non lo rattoppa con le tradizioni ma lascia che sia Gesù a dare la sua novità alla legge e alle tradizioni.

 

 

MARTEDI' 19  SETTEMBRE

“Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde, ed egli dormiva”. (Mt. 8,23—24)

 

Qualche commentatore dice che quello di Gesù è il sonno del giusto che dopo aver lavorato per un’intera giornata, predicando, facendo miracoli, stanco, si concede il meritato riposo. Ma dico io aveva il sonno ben pesante se in una barca che fa acqua, squassata dalle onde, riesce a dormire beato! E allora comprendiamo che questo “dormire di Gesù” diventa un simbolo per noi. Quante volte nella nostra vita Dio sembra essere latitante, dormire. Siamo in mezzo ad un mare di guai umani e morali e Lui dov’è? Già nella Bibbia il popolo oppresso dai nemici che rovinavano il piano stesso di Dio, grida: “Signore, dove sei, perché dormi?”. Il “dormire” di Gesù non è tanto per riposarsi e non è neppure un meschino “facciamo finta di dormire per vedere come se la cavano” ma è un sonno per provocare la fede spesso addormentata davvero degli uomini.

Non è Gesù che dorme ma la fede degli apostoli che si è addormentata: avevano appena visto i miracoli e dubitano di affogare, come noi che abbiamo Gesù e pensiamo di essere soli. Anche per noi non si tratta di “svegliare Gesù” ma di svegliarci noi perché “l’ora della salvezza è già arrivata”.

                                                 

 

MERCOLEDI'  20  SETTEMBRE

“Gesù disse loro: andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. (Mc. 16,15)

 

Noi parliamo di primo, secondo e terzo (qualcuno addirittura quarto) mondo. Ma c’è un mondo solo, Dio ha voluto una famiglia sola. Siamo noi che abbiamo diviso il mondo tra ricchi e poveri e poi abbiamo fatto la graduatoria. E’ un’infamia! Noi cristiani siamo mandati a tutto il mondo: se c’è un primo, da privilegiare, saranno i poveri, i malati, gli indemoniati, perché a servizio di
questi Gesù ha stabilito che avvenissero i miracoli. Anche a noi Gesù dice “andate”. La Chiesa è missionaria perché mandata a tutti i paesi del mondo, compreso il nostro! Non importa se andiamo dal vicino di casa o dall’Australiano. Importa che andiamo!

Anche oggi possono avvenire i segni predetti da Gesù: e il segno fondamentale è l’amore. Nessuno si può ritenere inadatto a operare questi segni.., a cominciare dalla propria casa, dalla propria famiglia.

 

 

GIOVEDI'  21  SETTEMBRE

“Si radunò attorno a Gesù molta folla”. (Mt. 5,21)

 

C’è molta gente intorno a Gesù: Gesù attrae, Gesù è misterioso, Gesù ha parole di speranza, Gesù ha autorità, Gesù compie gesti che altri non sanno compiere. La curiosità, le speranze più disparate, il voler vedere come le cose andranno avanti radunano la gente attorno a questo rabbi della Galilea. Questa folla vede Gesù, lo urta, lo spinge, ma non lo tocca e non è toccata da Lui; continua a vedere solo le cose con i propri occhi.

E’ la folla, siamo noi che siamo curiosi, ma che tante volte non vogliamo uscire dal semplice ruolo di spettatori ben ancorati sui piedi di una realtà che non vogliamo leggere in altri modi se non con gli occhi della nostra ragione.

Siamo ancora noi che invochiamo la presenza del Signore, che chiediamo segni e miracoli ma che davanti a questi ci troviamo scettici e impenetrabili. alla grazia.

Siamo noi che riceviamo i sacramenti, segni di vita che possono cambiare ma non ci lasciamo cambiare, che vogliamo comprendere il senso della vita e che quando ci viene offerto rifiutiamo di accettano perché non rientra nelle nostre categorie o speculazioni filosofiche.

                                                 

 

VENERDI'  22  SETTEMBRE

“Tu solo hai parole di vita eterna”. (Gv. 6,68)

 

Ho un amico iraniano venuto in Italia per studiare medicina e per sfuggire a rappresaglie politiche dei Komoenisti. Ha lasciato in Iran la sua famiglia, qui ha pochi soldini. Lo vedo guardare nella cassetta delle lettere: aspetta notizie, aspetta un aiuto. Il suo aspetto è diverso dal mio: io sono abituato a ricevere posta, ma la mia non e normalmente una posta seria:

è fatta di abbonamenti, depliant, qualche cartolina e qualche volta anche una lettera. La sua è una lettera sola che quando arriva soppesa prima in mano, vede con occhi interessati, apre chiudendosi nella stanza (anche se l’Iraniano nessuno lo leggerebbe) e legge tre o quattro volte. Mi piacerebbe ricevere posta cosi dal buon Dio!

Eppure c’è una lunga lettera scritta da Dio e indirizzata proprio a me e a voi ed è la Sacra Scrittura. Ed è una lettera che Papà ha deciso di scrivermi cui tanti hanno posto mano, da antichi scrittori (saranno vecchi, ma chi meglio di loro sa raccontare) a poeti, a saggi, a uomini semplici: di qualcuno c’è solo una firma, di altri lunghe chiacchierate. Eppure è la posta di Papà, è la lettera attesa nei secoli ed è indirizzata a noi. Vorrei avere la trepidazione, nell’aprire questa posta, dello scoprire ricordi ancora vivi, dell’aver notizie per poi prendere anch’io la penna in mano e scrivere nell’amore quella risposta che la lettera di Papà propone e desidera.

 

 

SABATO  23  SETTEMBRE

“Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici". (Gv.5(13)

 

Non c’é parola più esaltante e parola più inflazionata e bistrattata che la parola “Amore". Ma che cosa vuol dire “amare”? Questo racconto non dice tutto ma...

L’innamorato bussò alla porta dell’amata.

“Chi è?”, disse l’amata da dentro. “Sono io” rispose l’innamorato. “Allora vattene. Questa casa non può contenere te e me”.

L’innamorato respinto se ne andò nel deserto. Là meditò per mesi, ponderando le parole dell’amata. Alla fine ritornò e bussò di nuovo alla porta.

“Chi é

“Sei tu”.

La porta si apri all’istante.

 

 

DOMENICA  24  SETTEMBRE

“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”. (Mt. 5,9)

 

“Principe della pace” e “re pacifico”: è così che ti chiamano, Signore Dio nostro. Tu governi la terra, e, da quando sono al mondo, gli uomini si battono sulla terra, ora sui campi di battaglia, in lotte ben ordinate, fa nazioni “civilizzate”, ora nelle guerriglie fra colonie che si emancipano e nazioni “civilizzatrici”, ora nelle officine, dove gli operai reclamano ciò che è loro dovuto...

Dappertutto infierisce la violenza che ti fa ingiuria. Di pace completa io non ne ho mai vista. Vi sono tregue, sì, durante le quali si preparano nuove armi. Ogni nuova scoperta scientifica ci dà la speranza d’un progresso del benessere. Ma essa finisce sempre per creare l’occasione d’inventare un’arma più perfezionata. Il progresso dei trasporti avrebbe potuto avvicinare gli uomini e fornire loro il mezzo di conoscersi e di amarsi. E gli aerei più rapidi servono per trasportare le bombe più micidiali. Signore Dio nostro, questo è il tuo mondo, abbine pietà. Non permettere che le tue creature si distruggano.

Spirito di Dio che colmi l’universo, sii in tutti gli uomini il legame misterioso che li indurrà ad amarsi mutualmente. Inculca nel cuore di ognuno l’amore per l’umanità, e che ciascuno si prenda cura dei propri fratelli. Donaci quell’amore che fa volere la giustizia, senza la quale non può esservi pace.  (T. Suavet)

 

 

LUNEDI'  25  SETTEMBRE

“Dio renderà il sorriso alla tua bocca (Gb. 8,21)

 

SORRIDERO’ AL MONDO

Nessuna creatura vivente, eccetto l’uomo, può sorridere. Gli alberi possono emettere linfa quando sono fertili, gli animali possono urlare di dolore e di fame, ma io solo ho il dono del sorriso e sta a me usarlo ogni qualvolta lo desidero. D’ora in poi coltiverò l’abitudine al sorriso.

Sorriderò e la mia digestione sarà migliore. Riderò tra me, e il mio fardello sarà più leggero; farò una bella risata e la mia vita diverrà più lunga, poiché questo è il grande segreto della longevità, ed ora e mio.

SORRIDERO’ AL MONDO.

Ma soprattutto riderò di me stesso, poiché l’uomo è assai ridicolo quando si prende troppo sul serio. Non cadrò mai in questo trabocchetto. Sebbene infatti io sia il più grande miracolo della natura, non sono forse soltanto un granello di sabbia in balia dei venti del tempo? Da qui a dieci anni non sembrerà sciocco il mio affanno per questo giorno? Perché dovrei permettere ai piccoli eventi di oggi di turbarmi? Che cosa può accadere prima che questo sole tramonti che non appaia insignificante nel fiume dei secoli?

 

 

MARTEDI'  26  SETTEMBRE

“Gesù spezzò i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero”. (Mc. 6,41)

 

Gesù sfama le folle. Gesù si farà addirittura pane per tutti perché la nostra fame di Dio, di bene, di giusto venga saziata. Ma Gesù ci invita anche a diventare gente che dà da mangiare, che si fa pane.

Ma anche nel dare Gesù ha da insegnarci: si può dare agli altri per voler ricevere, per sentirsi più buoni.

“Se do da mangiare a un fratello che ha fame, devo farlo innanzitutto perché ha fame, e perché la reazione istintiva di un uomo di cuore, insieme al precetto evangelico, lo esigono, e non perché l’uomo diventi cristiano. Un puro atto di carità senza calcoli, del resto sarà la migliore evangelizzazione: quando una persona dona con semplicità, senza una sfumatura di quell’impercettibile ricatto che anche l’uomo più ingenuo arriva sempre ad avvertire, è più facile riconoscere in essa la presenza di Gesù Cristo”.  (R. Girault)

 

 

MERCOLEDI'  27  SETTEMBRE

“C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e che tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta coperto di piaghe". (Lc. 16,19—21)

 

Gesù ha voluto giocare sul contrasto, nel raccontare la parabola. Oggi, il contrasto viene sfumato ad arte e in qualche modo sofisticato. Ma la realtà, la sproporzione è la stessa, anzi si è molto divaricata. Lo squilibrio tra ricchi e poveri è abissale e, umanamente, non solo incolmabile ma destinato a crescere indefinitamente. Finché saranno i ricchi a decidere le sorti del mondo, saranno sempre talmente miopi — perché egoisti — da non trovare una soluzione non dico giusta, ma almeno vivibile.

Ma è vero che anche i poveri, potessero decidere loro, rivelerebbero la stessa miopia dei ricchi... Occorrono altri poveri, quelli evangelici, quelli che amano (povertà in spirito) accontentarsi del necessario e non farsi schiavi delle cose. Con questi poveri è possibile ipotizzare una più armoniosa e giusta convivenza umana. Ma qui è necessario che ciascuno si metta in questione e faccia la scelta della povertà: in libertà e coerenza.

 

 

GIOVEDI'  28  SETTEMBRE

“Vegliate dunque perché non sapete in quale giorno il Signore verrà". (Mt. 24,42)

 

Problemi ecologici travagliano il mondo. Mai come oggi la pazzia dell’uomo ha arricchito la terra di veleni e di potenziali nucleari tali da distruggerla. E l’uomo si preoccupa, per la maggioranza del suo tempo di cose estremamente frivole. Racconta il filosofo Kierkegaard:

Un giorno in teatro il retropalco prese fuoco. Il comico s’affacciò alla ribalta per avvertire il pubblico. Si pensò che facesse dello spirito e l’applaudirono. Insistette, le risate raddoppiarono. E’ così — pensò — che perirà il mondo: nell’allegria generale della brava gente che crederà a una farsa.

 

 

VENERDI'  29  SETTEMBRE

“Date e vi sarà dato”. (Lc. 6,38)

 

Ho ritrovato in questi giorni un racconto di Turgenjeu che avevo letto nel sussidiario delle elementari e che aveva colpito la fantasia di ragazzo.

Nei pressi di una grande città, lungo una strada di transito, se ne andava un vecchietto cadente. Il suo passo era vacillante: le gambe magre lo reggevano a stento e si muovevano debolmente e a fatica, quasi non fossero le sue; il vestito che indossava era tutto a brandelli; il capo, scoperto, gli cadeva sul petto... Era stanco, sfinito.

Sedette sopra una pietra miliare, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, e si nascose il volto tra le mani; tra le dita discoste colavano giù lacrime sull’arida polvere grigia. Egli ricordava... Ricordava di essere stato un tempo sano e ricco; poi aveva perso la salute; aveva prodigato le proprie ricchezze a chiunque, amici e nemici... Ora non aveva un tozzo di pane, e tutti lo avevano abbandonato, gli amici ancor prima dei nemici... Doveva forse abbassarsi ancora fino a chiedere l’elemosina? Il suo cuore traboccava di amarezza e di sconforto. E le lacrime gli colavano giù senza posa, macchiando la sabbia grigia. Ad un tratto si sentì chiamare per nome; sollevò la testa stanca e vide davanti a sé uno sconosciuto. Aveva un viso tranquillo e grave, ma non rigido; occhi non sfolgoranti, ma chiari; sguardo penetrante, ma non cattivo.

— Tu hai prodigato tutte le tue ricchezze

— disse con voce uniforme.

— Ma dimmi, non ti penti ora di aver fatto del bene?

— Non mi pento — rispose il vecchio sospirando; — soltanto, adesso, io muoio...

— Se non ci fossero stati al mondo mendicanti che ti avessero steso la mano

— proseguì lo sconosciuto

— come avresti potuto dimostrare coi fatti la tua anima benefica? Il vecchio non rispose nulla, e rimase pensieroso.

— Così non essere neppure adesso superbo, pover’uomo!

— riprese lo sconosciuto.          

— Cerca, porgi la mano, e darai così ad altri buoni la possibilità di mostrare coi fatti che sono realmente buoni. Il vecchio trasalì, alzò gli occhi... ma lo sconosciuto era già scomparso. Lontano, nella via, vide un passante. il vecchio gli mosse incontro e gli tese la mano. li passante si voltò con viso arcigno e non diede nulla. Ma dopo di lui venne un altro, e questo fece al vecchio una piccola elemosina. E il vecchio, con la monetina ricevuta, si comprò del pane, e quel pezzo di pane, frutto di elemosina, gli parve dolce. Né egli provò vergogna di se stesso; al contrario, sentì und gioia serena.

 

 

SABATO  30  SETTEMBRE

“lo sono il Signore che ti chiamo per nome". (ls. 45,3)

 

“Dio ha tanto da fare che non ha tempo a pensare a me tra miliardi di uomini”, mi diceva un amico. E l’idea poco pei volta si insinuò in me: che valeva pregare, essere obbedienti, caritatevoli, Dio aveva ben altro da fare!

Diventava però enormemente triste essere solo più un numero...

Un uomo disperava dell’amor di Dio. Un giorno, mentre errava sulle colline che attorniavano la sua città, incontrò un pastore. Questi, vedendolo afflitto, gli chiese:

— Che cosa ti turba, amico?

— Mi sento immensamente solo.

— Anch’io sono solo, eppure mori sono triste.

— Forse perché Dio ti fa compagnia...

— Hai indovinato.

— lo invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com’è possibile che ami gli uomini uno per uno?

   Com’è possibile che ami me?

— Vedi laggiù la nostra città?

— gli chiese il pastore

— Ne vedi ogni casa? Vedi le finestre di ogni casa?

— Vedo tutto questo.

— Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la più nascosta, ogni giorno

   viene baciata dal sole, nell’arco della giornata. Forse tu disperi perché tieni chiusa la tua finestra.

     
     
 

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