UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a cura di don Franco LOCCI
LUGLIO 1989
SABATO 1 LUGLIO 1989
“Sia Santificato il tuo nome" “ho fatto conoscere loro il tuo nome”.(Gv. 17,26)
La missione di Gesù è stata quella di “glorificare il nome di Dio” ed Egli ha fatto questo Compiendo la Sua volontà e accettando per intero il piano di Dio anche quando passava attraverso la croce. E Gesù ci ha fatto conoscere così il nome di Dio. Nella mentalità biblica conoscere il nome di qualcuno non è mettere una etichetta ad una persona ma il nome fa tutt’uno con la persona, esprime la sua vera natura, “dice” che è, la rivela in profondità. Ancora nella Bibbia conoscere il nome di qualcuno significa in un certo modo, avere Potere su di lui. Cristo ci “consegna"; il nome del Padre. Ce lo mette, per così dire, nelle mani. E noi, così, “Possiamo” molto su Dio, perché teniamo la chiave del suo nome. Chiunque si sa amato da qualcuno ha Potere su di lui. Dio non Pone resistenza si arrende a Coloro che ama. E noi, pur nella nostra debolezza, ci sentiamo forti grazie al suo nome. Concludendo: con questa prima petizione, noi chiediamo a Dio che manifesti il suo volto autentico, e che noi sappiamo riconoscerlo e annunciano, al di là di tutte le nostre deformazioni e delle immagini caricaturali che ci siamo fabbricati e che abbiamo posto in circolazione.
DOMENICA 2 LUGLIO
“Sia santificato il tuo nome”
Grazie, Padre, per aver pronunciato il tuo nome in una lingua di uomini. Grazie, perché ci consenti di santificarlo nella nostra lingua di uomini. Grazie, per il dono del linguaggio con cui possiamo invocarti e comunicare tra di noi. Grazie, per il coraggio di quelli che, nel tuo nome, gridano giustizia e pagano le loro parole con il sangue. Grazie, per i martiri di ieri e di oggi disposti a morire per non rinnegare il tuo nome e non tradire la causa dei poveri. Grazie, per chi onora il tuo nome dando voce a chi non ha voce. Padre, ti chiedo anche che io non profani mai il linguaggio con la falsità, l’adulazione dei potenti, la futilità, l’abitudine, le facili prediche della rassegnazione. Fa che le mie parole non siano sassi scaraventati sui volto del fratello. Che le mie parole non gelino il cuore di nessuno. Padre, dammi parole per benedire e non per disprezzare, per dare coraggio e non per avvilire, per onorare e non per diffamare, per dare gioia e non per abbattere e umiliare. Padre, dammi le parole per tenere aperta una porta, per ravvivare una fiamma smorta, per alleviare il carico di chi non ce la fa più. Padre, dammi le parole per dire amore, dire perdono, dire accoglienza, annunciare la festa. E fa che la Chiesa tutta santifichi il tuo nome pronunciando parole che guariscono e non parole di durezza, parole di misericordia e non di condanna, parole di verità, ma anche di pietà, piccole, umili parole che lasciano intravedere la grandezza e la dolcezza dei tuo nome. Padre, fa capire a tutti i tuoi figli che per pronunciare il tuo nome santo bisogna avere un cuore.
LUNEDI' 3 LUGLIO
“Sia santificato il tuo nome” “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”. (Lv.19,2)
Come posso santificare il nome di Dio?
Riconoscendo la sua grandezza e lodandolo per le cose meravigliose compiute da Lui.
Lo santifico quando con la mia vita comunico agli altri la gioia di essere figlio di un Dio che ama.
Lo santifico quando rispetto il suo mistero.
Lo santifico quando non mi piego ad alcuna idolatria, non mi lascio abbagliare da nessuna falsa grandezza umana.
Lo santifico quando vivo nella logica e nella prassi dell’amore, quando rispetto la sua immagine e somiglianza presente in ogni creatura, quando mi batto a viso aperto per la giustizia.
Lo santifico soprattutto quando... mi lascio santificare, non combatto contro il suo progetto, non mi oppongo all’azione dello Spirito santificatore.
MARTEDI' 4 LUGLIO
“Sia santificato il tuo nome”. “Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno”. (Mt. 7,21)
E’ vero che santificare il nome di Dio significa anche ,on nominarlo invano ma è anche un invito a non nascondere i nostri problemi dietro il nome di Dio. Il ricorso al suo nome non può mai dispensare dallo sforzo quotidiano. Il nome di Dio non va mai “compromesso”. E’ questo il rischio che corrono soprattutto coloro che danno a vedere di avere molta familiarità con Dio. Il suo nome santo, anche se viene pronunciato devotamente, può essere profanato con atteggiamenti e parole non conformi a quella santità. Dobbiamo essere consapevoli che si può bestemmiare Dio non soltanto cori le parole, ma con i fatti. E il peggio è che, in questi casi, nessuno si sente offeso, indignato, e si preoccupa di riparare.
MERCOLEDI' 5 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Venga il tuo Regno, o Signore dell’ universo e della storia, specialmente là dove i figli ti hanno rifiutato. La nostra attesa della tua venuta definitiva diventi forte passione, volontà decisa di lavorare nella tua vigna nell’ora puntuale, del tuo invito. Metti nel nostro cuore una pazienza attiva perché il tuo ritorno, ci trovi con le mani operose, gioiosi anche se stanchi per la fatica di restare fedeli sulla breccia della tua Chiesa. Donaci occhi per discernere i segni del tuo Regno ovunque; ma soprattutto donaci un cuore aperto verso i più miseri, in cui la tua immagine è sfigurata; insegnaci a scoprirti nei panni sporchi degli uomini poveri, nelle vesti o nel cuore. Ridesta in noi la coscienza del nostro gioioso destino, per essere nella storia salvata i servi inutili e, insieme, i testimoni della speranza che il tuo Regno verrà.
GIOVEDI' 6 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Per capire questa richiesta del Padre nostro è bene prima comprendere che cosa sia il Regno di Dio. Non è un regno come quelli di questa terra. E’ un regno spirituale, e non ha niente a che vedere con i regni di questo mondo. Inoltre, l’ingresso nel Regno non è garantito dalla appartenenza a un popolo, ma sarà determinato da una risposta personale (conversione, scelta, decisione, impegno, capacità di sacrificare tutto alle sue esigenze radicali). Se ci sono privilegiati, questi sono i deboli, i piccoli, peccatori, poveri, stranieri. Pur trovando nel futuro il suo compimento, quando Dio sarà tutto in tutti (1 Cor. 15,28); il Regno è già presente nella persona e nell’opera di Gesù, i cristiani chiamati a continuare l'opera del maestro fanno si che il Regno cresca e Dio possa opporsi a tutte le potenze cattive che gli si oppongono (malattie, povertà, peccato, morte, Satana, male in tutte le sue forme). Si tratta di una potenza che agisce già nel nostro cuore e nell’umanità intera, ma tende sempre più a espandersi, progredire, abbracciare tutti, consolidarsi soprattutto in una dimensione di profondità interiore.
VENERDI' 7 LUGLIO
“Venga il tuo Regno” “Voi siete un regno di sacerdoti e una nazione santa”. (Es .19,6)
Quando Gesù parla di regno non annuncia un’idea nuova. Già il popolo di Israele aveva scoperto che tutti i popoli sono proprietà di Dio, ma che esso era stato scelto in modo particolarissimo per diventare popolo di Dio. Tuttavia, per vivere degnamente come “regno di sacerdoti” consacrati a Dio, Israele avrebbe dovuto osservare i suoi comandamenti. Ciò che non fu capace di fare per molto tempo. Rimase invece disperso, distrutto, esiliato e allora aspirò alla restaurazione del suo regno. Dio gli apparve allora come il pastore che raduna le pecore disperse in un solo gregge. Proprio per rispondere all’attesa di queste persone Gesù proclamò la sua Buona Notizia nel momento più indicato della storia: “il tempo della salvezza è venuto: il Regno di Dio è vicino. Cambiate vita e credete in questo lieto messaggio!” (Mc. 1,15). Se anche in noi c’è la consapevolezza di essere chiamati, in virtù del nostro Battesimo, ad essere “sacerdoti, profeti, re”, allora anche per noi la Buona Notizia ci fa popolo di Dio, regno in cammino verso il compimento delle promesse del “Dio fedele”.
SABATO 8 LUGLIO
“Venga il tuo Regno” “11 Regno di Dio è simile ad un mercante di perle preziose: trovata una perla di gran valore, va a vendere tutto quello che ha e la compra”. (Mt. 13,45—46)
Noi facciamo parte del Regno di Dio? Chiediamolo a Gesù. Sulla terra è difficile sapere chi appartiene al Regno. Il grano è mescolato alla zizzania fino al momento della mietitura. Il piano di Dio lascia crescere entrambi. Ma per l’uomo, entrare in questo Regno è il più grande tesoro. Per fare propria tale grazia, l’uomo deve dimostrarsi pronto a sacrificare tutto. Ecco alcune condiziOni di Gesù per entrare nel Regno:
Bisogna fare affidamento soltanto su Dio, avere un cuore di povero (Mt.5,3);
Bisogna ritornare a essere come bambini (Mt. 18,1—4);
Bisogna accettare di essere perseguitati per la giustizia (Mt. 5,10);
Bisogna essere disposti a sacrificare ogni cosa per farlo proprio (Mt. 10,37— 39; 19,23);
Bisogna superare la morale legalistica dei farisei (Mt. 5,20);
Bisogna compiere la volontà del Padre (Mt. 7,21), il che include la fede nel Vangelo (Gv. 6,40; Mc. 16,15— 16);
Bisogna aiutare coloro che soffrono (Mt. 25,40).
DOMENICA 9 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Il Regno di Dio non assomiglia per niente ai regni di questa terra.
Non è potenza. Al suo centro è stata piantata, una volta per sempre, la Croce, espressione di un amore fedele e di solidarietà con tutte le vittime. Parlare di potenza e di forza, per il cristiano, significa obbligatoriamente fare riferimento èsclusivamente alla potenza della Croce e alla forza dell’amore. Non è ricorrendo neppure alle leggi che si afferma più facilmente la sovranità di Dio sul mondo. Semmai è il riconoscimento, nella fede, della signoria di Dio, che questa diventa “legge” per la coscienza. Il Regno non è neppure materia per “competenti”. Gli esperti ti spiegano il Regno, te lo illustrano dottamente a colpi di citazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ma il Regno di Dio è il mistero. E per penetrare nel mistero c’è bisogno solo di amore. L’antagonista principale della sovranità di Dio è il denaro. Esiste inconciliabilità assoluta tra il servizio a Dio e il servizio reso a questo idolo tirannico. “Non potete servire a Dio e a mammona” (Mt. 6,24).
LUNEDI' 10 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Scrive V.Benecchj: “Questa richiesta del Padre Nostro dice che ci è stata restituita la libertà di sperare. Una società in cui prevalgono la pace, la giustizia, la serenità, è in fondo l’aspirazione della gente di ogni paese, di ogni popolo. Un’umanità più giusta, una vita che non sia continuamente minacciata. E’ l’aspirazione di noi tutti, ma non sappiamo più bene su chi fare affidamento per riuscire a soddisfarla.. Ci sembra anzi un’utopia, che si allontana sempre di più. Io penso che se l’annuncio del Regno di Dio non fosse stato così indebitamente spiritualizzato, e quindi privato di tutto il suo spessore storico, oggi sapremmo in che direzione guardare e muoverci. Il Regno può essere visto come l’offensiva della grazia di Dio contro tutto ciò che si oppone al suo progetto di vita per noi, contro tutto ciò che impedisce che la storia sia veramente uno spazio in cui sia possibile essere uomini e che il mondo sia veramente un luogo per vivere e non per morire. Il Regno di Dio è una speranza a dimensione d’uomo, perché è per l’uomo”.
MARTEDI' 11 LUGLIO
“Venga il tuo Regno” “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”. (Lc. 23,42)
Quanti discorsi e parole su chi è cristiano, sul Regno, su come farvi parte: bisogna essere impegnati in molte associazioni? Bisogna conoscere a menadito il Vangelo? Bisogna essere presenti là dove si prendono le decisioni importanti? Preferisco pensare al “buon ladrone”. Lui, sì, ha saputo essere presente al momento giusto e nel modo giusto dove si prendevano “le decisioni che contano. Facciamo nostra la sua supplica: “Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo Regno”. Non ho la presunzione di mettere le mani sul tuo Regno, di progettarmelo, accaparrarmelo, annettermelo. So che vi faccio parte, ma so che non e opera mia. Mi accontento che tu ti ricordi. Per entrarci, mi fido più del tuo ricordo che dei miei titoli. Gesù, fammi capire che “le decisioni che contano” sono quelle che prendi Tu a mio favore.
MERCOLEDI' 12 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Per un mistero d’amore noi siamo chiamati ad essere collaboratori del Regno di Dio. Questo ci sconcerta, è tanta la nostra povertà! Ci sembra di essere in un tunnel.., e i risultati non si vedono.., e qualche volta subentra lo scoraggiamento. Ricordo di aver letto di un gruppo di minatori che, murati da una frana, tentano di scavare un passaggio e picchiano per ore ed ore contro la parete, e misurano quanto poco avanzano, è spontaneo che si chiedano se il loro sforzo servirà a qualche cosa. E viene il momento in cui si fermano, esausti. Allora alzano il capo in silenzio, stanno in ascolto, e odono, deboli, lontani, ma fedeli e regolari, altri colpi, che lentamente, si affrettano con fatica verso di loro. Ritrovano subito il coraggio di riprendere il lavoro nella fatica e nella notte. Ogni volta che non ne potranno più, si fermeranno un secondo per ricominciare ad ascoltare e a credere. Anche noi ogni tanto dobbiamo cessare di battere, cercare una pausa per riudire la voce che ci ha chiamati a questo compito; per lasciar giungere a noi l’eco sottile di quell’altro mondo verso il quale ci siamo posti in cammino, di quel Regno del Padre dove tutti sono in attesa di noi; per ricordarci che abbiamo ancora la fede. “Abbiate fiducia, — dice Gesù — io ho vinto il mondo".
E Gesù ha vinto il mondo ed ha “attirato tutto a sé” quando è stato innalzato sulla croce. La Chiesa non sarà mai umanamente un trionfo, quaggiù. La strada del Regno passa attraverso la via dolorosa. Ma è proprio questa che porta alla resurrezione e al regno definitivo.
GIOVEDI' 13 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
Nella fede e nella perseveranza: venga il tuo Regno, Signore!
Nella speranza e nella pazienza: venga il tuo Regno, Signore!
Nella carità sincera: venga il tuo Regno, Signore!
Nel servizio fraterno: venga il tuo Regno, Signore!
Nella lode perenne: venga il tuo Regno, Signore!
Nella comprensione e nella benevolenza degli uni verso gli altri: venga il tuo Regno, Signore!
Nell’umiltà di sapersi riconoscersi bisognosi di salvezza: venga il tuo Regno, Signore!
Nella sofferenza fisica o morale accolta come seme che accetta la legge della morte per la vita: venga il tuo Regno, Signore!
Nella povertà della nostra esistenza sottoposta a tanti condizionamenti: venga il tuo Regno, Signore!
In tutto quello che accade, in tutto quello che si compie, in tutto quello che si dice, in tutto quello che rimane nel silenzio: venga il tuo Regno, Signore!
Venga malgrado tutto ciò che lo ostacola in noi e attorno a noi; venga la manifestazione della tua signoria sul mondo.
VENERDI' 14 LUGLIO
“Venga il tuo Regno”
E per concludere le nostre riflessioni sul Regno vi ripropongo una preghiera molto conosciuta di Raul Follereau:
è una preghiera che si può dire in chiesa, ma che manda nel mondo.
Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri.
Cristo non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d’oggi.
Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé.
Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora.
Siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole.
SABATO 15 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà”
Diciamocelo chiaramente: spesso abbiamo inteso male questa richiesta e le abbiamo dato un senso unico. Quando non c’è più niente da fare, allarghiamo le braccia sconsolati, chiniamo la testa, ingoiamo le lacrime e “concediamo”: Sia fatta la tua volontà. Questa preghiera è diventata così una specie di dolorosa, talvolta lacerante ratifica, da parte nostra, di un fatto spiacevole, irrimediabile, di cui addebitiamo a Dio la responsabilità. Facciamo una considerazione sul versante opposto. Ti è mai venuto in mente, dopo aver ricevuto una bella notizia, di esclamare: “Sia fatta la tua volontà”?
E dopo un’operazione chirurgica conclusa felicemente, ottenuto un aumento di stipendio, nel constatare improvvisamente la realizzazione di un sogno a lungo accarezzato, nell’apprendere che il figlio ha superato brillantemente gli esami, verificando che una certa situazione scabrosa si è risolta in maniera insperata, ci siamo mai sorpresi a mormorare, inghiottendo le lacrime (di gioia): “Sia fatta la tua volontà”?
DOMENICA 16 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà”
Come per ogni domanda della preghiera, dobbiamo precisare che cosa chiediamo e a chi ci rivolgiamo. E allora: La volontà che noi chiediamo “Sia fatta” non è la volontà di un tiranno, di un despota autoritario, di un aguzzino insensibile, e neppure di un sovrano indifferente, preoccupato unicamente di imporre a qualsiasi costo il suo volere. E’ la volontà di un Padre. Un Padre non può che “volere” il bene dei propri figli, la loro felicità, la vita, la salute, la piena realizzazione di tutti i sogni più belli. Volontà del Padre è la “riuscita” dei figli, non il fallimento. La “crescita”, non l’immaturità. L’espressione “volontà di Dio” non deve suggerire l’idea di un archivio sterminato e inquietante, dove c'é la nostra casella, la nostra scheda personale con tutte le scadenze specialmente le più dolorose e costose accuratamente segnate. “Volontà di Dio” è, prima di tutto, il progetto, il disegno che il Padre ha concepito a favore dell’umanità. Si tratta di un piano di salvezza, ma anche di fraternità, di pace, di giustizia, di riconciliazione. Nella volontà di Dio sono incluse le sue promesse, oltre che le sue attese. I suoi doni, oltre che le sue esigenze. L’eliminazione di tutto ciò che minaccia la vita dell’uomo, e non solo i sacrifici richiesti. Non tanto le imposizioni e i divieti, quanto gli inviti e le sollecitazioni a vivere nell’armonia e nella pienezza.
LUNEDI' 17 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà”
Ma se Dio è un Padre Buono, come mai la croce, le sofferenze, i dolori? Il piano di Dio è essenzialmente un disegno di amore, di salvezza, e di conoscenza da parte dell’uomo di questa salvezza. Che poi in questo progetto sia inserita la realtà “scandalosa” della croce, è un fatto incontestabile. Il Figlio che è venuto appunto per realizzare il progetto del Padre, ha dovuto imboccare la strada del Calvario. Tuttavia il dolore non è fine a se stesso, ma è in funzione, a servizio di quella volontà universale di amore. La croce, però, è soltanto un aspetto (anche se essenziale, ineliminabile) del mistero pasquale. Quindi io faccio la volontà di Dio quando accetto, in uno slancio di amore (che non esclude la ripugnanza), il dolore. Ma faccio la volontà di Dio anche quando lotto contro la malattia, la miseria, contro tutto ciò che si oppone a una vita degna dell’uomo. Compio la volontà di Dio quando mi faccio trovare all’appuntamento del Calvario ma anche quando accolgo l’annuncio della resurrezione. Dire “sia fatta la tua volontà” in rapporto alla croce, non significa necessariamente capire e aver ottenuto una risposta soddisfacente a tutti i perché. La croce sia la sua, come la nostra affonda le radici nel terreno del mistero. Per quanto lo scavi in quel terreno aspro non troverò mai la spiegazione. La fede mi aiuta semplicemente a scoprire che anche quella zona, “maledetta’ secondo una logica umana, sta sotto il segno dell’amore. Ma l’amore non costituisce una spiegazione razionale. Resta la notte, il buio, il dubbio più tormentoso, la paura, l’angoscia. Se mi fido dell’amore, non ho tanto bisogno di chiarezza, quanto di rafforzare il legame nel momento in cui ho l’impressione di camminare sfiorando il precipizio.
MARTEDI' 18 LUGLIO
"Sia fatta la tua volontà”
Ci sono persone che vorrebbero far credere che loro hanno il privilegio di conoscere a colpo sicuro qual’è la volontà di Dio. E, di fatto, te la traducono, te la offrono, e perfino ti costringono ad acquistarla, in disposizioni precisi, ordini secchi, programmi dove tutto è già stato previsto e deciso. Non c’è più spazio per il dubbio, non viene presa in considerazione nessuna difficoltà reale. Sono persone pericolose perché pretendono di sostituirsi a Dio. La storia è zeppa di imprese sciagurate compiute arruolando persone al grido di “Dio lo vuole”. Vorrei essere tranquillo che la volontà di Dio non costituisce la facile scorciatoia per imporre la propria volontà, i propri interessi, per mascherare manovre poco limpide, per riciclare comportamenti e stili di comando di dubbia provenienza. Non è corretto contrabbandare come volontà di Dio ordini che tradiscono mentalità e finalità molto umane. Insomma, se corre l’obbligo di non nominare il nome di Dio per motivi futili, c’è pure il dovere, e il pudore, di non chiamare in causa la volontà di Dio quando proprio non è il caso. Conoscere la volontà di Dio non è impresa agevole. Ci vuole tempo, pazienza, delicatezza. Per arrivare a intravedere quel progetto, e le sue implicazioni per una singola persona, occorre una grande familiarità con la preghiera, l’adorazione, la contemplazione. In chi si fa mediatore (sia pure non unico) della volontà di Dio, è necessaria una dose notevole di umiltà, discrezione, e un immenso amore e rispetto nei confronti di coloro che vanno aiutati, prima che a fare, a scoprire quella volontà.
MERCOLEDI' 19 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà” “Avvenga di me secondo la tua parola”(Lc. 1,38)
Maria è un esempio di come fare la volontà di Dio. Si è fidata totalmente di Dio e del suo piano su di Lei. Questo non ha tolto le sue umane perplessità: “Tu, o Dio, mi chiedi di diventare la madre del tuo Figlio ed è un mistero. lo diventerò madre, ma non sono sposata ed è un altro mistero. Elisabetta è anziana e tu mi dici che diventa madre, il vecchio Simeone mi dice che una spada trafiggerà la mia anima. Gesù muore sulla croce, Lui, il Salvatore del mondo. Ma dopo questo si butta nelle braccia di Dio. Senza capire accettava con fiducia. Ogni giorno della sua vita dovette conoscere Dio in una forma diversa da quella che aveva previsto. Momento per momento, sempre, continuò a credere che queste erano le meraviglie che il Signore compiva nella bassezza, nell’umiltà, nel dolore della sua serva. “I miei pensieri non sono i vostri pensieri” dice il Signore, ma se io sono convinto che Lui è “un Padre buono che non può dare una serpe al Figlio che gli chiede un pane”, mi abbandono alla sua volontà, anzi la cerco giorno per giorno perché come per Gesù anche per noi deve diventare ‘‘mio cibo" il fare la volontà del Padre.
GIOVEDI' 20 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà”
In che cosa consiste questa volontà del Padre? Che cosa si aspetta da noi il Padre? Qual’è il suo piano? Questa volontà di Dio non consiste in alcuni ordini meschini intesi a dominare l’uomo. Consiste invece in un grande piano di salvezza che riguarda non solo l’umanità, ma l’intero universo. “Egli vuole che tutti gli uomini arrivino alla salvezza e alla conoscenza della verità” (1Tim. 2,4). Questa volontà di Dio non è anzitutto scritta nei libri, per quanto santi, ma sta scritta e si rivela anzitutto nella storia di un popolo, Israele, e in quella di un uomo, Gesù, il cui destino è unico, e infine negli avvenimenti che scandiscono la vita dell’uomo. Devo scioperare o no? Per chi devo votare?... Anche leggessi tutta la Bibbia, non troverei una risposta completa su questi argomenti. Essa invece mi dirà: “Se un uomo riesce a guadagnare il mondo intero, ma perde la sua vita, che vantaggio ne avrà?” (Mt. 16,26) o anche: “Non abbiate paura, voi valete più di molti passeri” (Mt. 10,31). Un simile messaggio illuminerà certamente la scelta che dovrò fare, ma non me la imporrà.
VENERDI' 21 LUGLIO
“Sia fatta la tua volontà”
Padre buono, sia fatta la tua volontà malgrado la mia propria volontà, malgrado la fragilità del mio essere che vorrebbe talvolta limitare lo spazio da te cercato in me per espandere il tuo Regno. Fammi passare interamente nel sì del tuo Figlio, affinché anch’io possa giungere a quel totale abbandono filiale che è fonte di pace e di vera gioia. Fa che nella comunione con te, mediante l’obbedienza, io possa entrare in comunione con tutti i fratelli che mi hai dato. Fa che sottomettendomi ad essi nella carità, per servirli, io possa conoscere la gioia di fare quello che a Te piace, la dolcezza di abitare insieme nella tua casa, cercando il tuo volto, cooperando umilmente e con crescente entusiasmo al compiersi del tuo disegno di salvezza per ogni uomo che vive sulla faccia della terra. Eccomi, che io sappia stare contento e fedele al posto che mi assegni per non essere una nota stonata nella mirabile sinfonia delle creature che rispondono al tuo appello, brillando di gioia come le stelle dal loro posto di sentinelle, nel cielo.
SABATO 22 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Anche se, allargando il concetto, intendiamo per “pane” le cose necessarie alla vita di ogni giorno, si tratta pur sempre della base dell’esistenza, della nuda realtà che dobbiamo affrontare ogni giorno. Perché il pane è il centro di tutte le fatiche, di tutte le questioni sociali, di tutti i conflitti di categoria. E’ il centro degli scioperi e delle serrate, delle programmazioni di ogni genere, di tutti gli sforzi per instaurare una più grande giustizia. Tutto, infatti, nasce dalla necessità di procurarsi il necessario alla vita, tutto è compreso in questa grande invocazione del Padre Nostro. Gesù conosce bene questa necessità fondamentale dell’uomo. Egli, infatti, si è guadagnato faticosamente il suo pane nella bottega di Nazareth, ha visto la sua gente arrabattarsi per i campi e nelle vigne, o passare le notti sul lago con una barca da pesca. Ha trepidato per la siccità, per la grandine, per la scarsità del lavoro, Il problema del pane, dunque, lo conosce a fondo, e lo presenta al Padre. Ma mettendolo al posto giusto, secondo una gerarchia illuminata di valori: prima Dio, il suo Regno, la sua volontà. Poi l’esistenza umana, con le sue fatiche, le sue necessità, le sue preoccupazioni che devono essere affidate con fiducia alle mani del Padre.
Così è aperta la strada alla speranza che sarà più forte delle preoccupazioni. E ci sarà un tempo per pregare e uno per lavorare., e si potrà assoggettare la terra senza perdere di vista il cielo. Ma nell’insegnarci a chiedere il pane quotidiano implicitamente Gesù ci dice di domandare anche quell’altro Pane, il. suo più grande dono alla Chiesa: l’Eucaristia. Pane vivo che si trasforma, che ti strappa dalle comodità e dall’egoismo, che ti fa dimenticare te stesso, che ti spinge ad annunciare a tutti la gioia della sua presenza, la certezza del suo amore, la forza del suo aiuto.
DOMENICA 23 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Abbiamo già detto che, nella preghiera di Gesù, il pane è assunto come simbolo di tutto ciò che è necessario per la vita dell'uomo. Quindi non si tratta esclusivamente.; di quel prodotto che viene fabbricato dal fornaio e che noi acquistiamo in panetteria. Bisogna soddisfare la farne di pane, ma anche la fame di giustizia, dignità, libertà. Pure l’amore è indispensabile per vivere e così anche l’amicizia, la fiducia, il rispetto. Il povero ha bisogno di pane ma, insieme, ha bisogno di istruzione, di una casa, di un lavoro, del riconoscimento dei propri diritti. Chiedere il pane significa inoltre chiedere la giusta ricompensa per la propria fatica. “Dacci il nostro pane”. Ossia “Nutri il nostro corpo, la nostra intelligenza, il nostro spirito”. In una parola: “Dacci ciò che è necessario a tutti i livelli, perché conduciamo un'esistenza degna dell'uomo, fatto a tua immagine e somiglianza. Soddisfa tutte le nostre esigenze, anche quelle che non avvertiamo o tendiamo a soffocare, perché possiamo diventare veri uomini
LUNEDI' 24 LUGLIO
“Dacci il nostro pane quotidiano”
Dacci oggi il nostro pane, il pane di ogni giorno.
Sei tu che ci nutri e che possiedi le sorgenti della vita. Da Te attendiamo nutrimento e bevanda, vestiti e casa. Tu conosci bene il nostro bisogno di salute e certamente provvederai. Donaci il necessario per vivere e per agire in tutta questa giornata. Ci hai chiesto di guadagnare il nostro pane con il sudore della fronte, ma il frutto del lavoro lo riceviamo ancora da Te. Nel pane che ci doni vi è il nostro sforzo, ma prima di tutto il tuo amore. Al pane del corpo aggiungi il pane del nostro spirito, i doni spirituali, i soli che ci permetteranno di dare in questo giorno tutto quello che attendi. E soprattutto donaci il Pane Eucaristico, carne viva del Cristo, perché in quèsto témpo che scorre possiamo vivere una vita eterna.
MARTEDI' 25 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Noi chiediamo a Dio con un imperativo:
“dacci”, ma non possiamo dimenticare le condizioni per poter richiedere Dio. Il dare è la condizione essenziale per ricevere. Il pane che Dio ci dà è un pane da dare. Il “nostro” pane dev’essere un pane condiviso, ossia riscattato dall’avidità del possesso, dall’appropriazione egoistica, per diventare segno, sacramento di fraternità, In tal modo il pane, oltre a recare il marchio della fatica, deve avere quello dell’amore. Diversamente, anche se la mia tavola è ricca io rimango con la mia fame. “Sono affamato di tutto il pane che mangio da solo e povero di tutti i beni che non offro” (Thibon).
Il pane che è “mio” attraverso il lavoro, diventa “nostro” attraverso la spartizione. Per avere il diritto di rivolgerci al “Padre nostro” e chiedergli il “pane quotidiano”, occorre appunto che il pane non sia esclusivamente “mio”, ma diventi “nostro”.
MERCOLEDI' 26 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Scrive Michael Quoist:
“Ho mangiato troppo, Signore, mentre nello stesso momento, nella mia città, più di 1 .500 persone con la gavetta, facevano coda alla cucina popolare; mentre quella donna mangiava in soffitta quello che la mattina aveva raccolto nelle immondizie; mentre quei ragazzi stranieri ammassati nel garage dividevano gli avanzi freddi del magro pasto dei vecchi del ricovero; mentre dieci, cento, mille infelici, nello stesso istante, nel mondo, si contorcevano di dolore, morivano di fame davanti ai parenti disperati”.
Prega Raoul Follereau:
Signore, insegnaci a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri cari, a non amare soltanto quelli che ci amano.
Insegnaci a pensare agli altri ad amare anzitutto quelli che nessuno ama. Concedici la grazia di capire che ad ogni istante, mentre noi viviamo una vita troppo felice, protetta da Te, ci sono milioni di esseri umani, che muoiono di fame senza aver meritato di morire di fame, che muoiono di freddo senza aver meritato di morire di freddo. Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo. E non permettere che noi viviamo felici da soli. Facci sentire l’angoscia della miseria universale e liberaci dal nostro egoismo.
GIOVEDI' 27 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Scriveva Josuè de Castro:
Chiesi agli uomini: “Che cosa state portando avvolto in quella coperta, fratelli?”. Mi risposero: “Portiamo un corpo morto, fratello”. Chiesi: “E’ stato ucciso o è morto di morte naturale?”. “E’ una domanda difficile, fratello! Ha tutta l’aria di essere stato un assassinio”, mi risposero. “Com’è stato ucciso quest'uomo! Con un coltello o una pallottola, fratelli?”, chiesi. “Non è stato né un coltello né una pallottola. Si è trattato di un delitto perfetto, un delitto che non lascia tracce”. “Ma allora come è stato ucciso quest’uomo?”, insistetti, ed essi mi risposero con calma: “Quest’uomo è stato ucciso dalla fame, fratello”.
Ci ricorda San Basilio:
“ il pane che a voi sopravanza è il pane dell’affamato;
a tunica appesa nel vostro armadio è ½ tunica di Colui che è nudo;
le scarpe che voi portate sono le scarpe di chi è scalzo;
il denaro che tenete nascosto è il denaro del povero;
e opere di carità che voi non compite sono altrettante ingiustizie che voi commettere.”
VENERDI' 28 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Cristo ci ha assicurato che tutto ciò che chiediamo, in suo nome, il Padre ce lo concederà. Ora noi, nella preghiera chiediamo con le sue stesse parole. Come mai, allora, di pane non ce n’e per tutti su questa terra? In che modo possiamo conciliare la certezza dell’esaudimento con il fatto incontestabile, di milioni di persone che muoiono di fame? C’è qualcosa che non va, evidentemente. Perché in troppi giochiamo a fare i furbi anche quando preghiamo. So che, per ottenere il pane, devo implorarlo come”nostro”. Dicessi: “Dammi il mio pane quotidiano”, il Padre si volterebbe dall’altra parte. Invece dico correttamente "nostro”. E Dio, che mantiene le promesse, offre il pane, abbondante, sufficiente per tutti. Il guaio si è che, quando lo richiedo, è “il nostro pane”. Ma quando appare sulla tavola diventa “il mio pane”. Tutto ciò che mi viene donato dalla generosità del Padre e che dovrebbe essere destinato a tutti, si trasforma in “mio”. Il mio pane, i miei soldi, il mio giardino, i miei vestiti, le mie vacanze, i miei regali, il mio benessere. Tutte cose “intoccabili”. E allora, ecco il paradosso scandaloso: c’è chi muore di fame, e chi di indigestione. Chi ha la pancia spropositatamente gonfia per il troppo cibo ingerito, e il bambino africano che ha il ventre orribilmente gonfio per la denutrizione. Chi è disperato per la mancanza di pane e chi in angustie per abbondanza di colesterolo. Di chi la colpa? Del Padre che ci delude, o dei figli che non hanno ancora imparato il mestiere di fratelli?
SABATO 29 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Negli arsenali atomici delle grandi potenze mondiali c’è un quantitativo di megatoni che, tradotto in tritolo, dà questa cifra: venti miliardi di tonnellate. il che vuoi dire che ciascuno dei circa cinque miliardi di uomini che vivono sulla terra ha a disposizione 4.000 chilogrammi di tritolo.
Un poeta ha scritto che per ogni bambino che nasce, Dio fa trovare un grande mazzo di fiori: i prati, le foreste, ossia il creato con tutte le sue bellezze. I “grandi” delle nazioni non vogliono essere da meno. E, ad ogni bambino che nasce fanno trovare un pacco dono colossale con quattro tonnellate di tritolo. Preoccupati, non a garantire il pezzo di pane indispensabile per la vita, ma ad assicurare l’abbondante razione di morte. Si discute, soltanto, tra studiosi esperti in materia, se i venti miliardi di tonnellate bastano per distruggere trecento o soltanto settanta volte i centri abitati della terra. E continuano a chiamarlo “uomo sapiente”. E qualcuno ha la faccia tosta di sostenere che Dio non esaudisce le preghiere, perché lascia mancare il pane sulla mensa dei suoi figli.
DOMENICA 30 LUGLIO
‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Ogni giorno gli italiani sprecano 1.500 tonnellate di pane. Un milione e mezzo di chilogrammi di pane buttato nella spazzatura. Sono stati fatti anche dei calcoli: circa 800 miliardi di lire l’arino. Ci sono, purtroppo, le bestemmie che ci tocca ascoltare. Ma ci sono anche le bestemmie che ci tocca vedere. Quelle contro il pane appartengono a questa seconda categoria. Perché non sono soltanto i soldi che finiscono in pattumiera, è il dono di Dio, è l’uomo stesso che finisce tra i rifiuti. Gli operai della nettezza urbana sono condannati, ogni mattina, a “vedere” questa sconcia bestemmia. Contro Dio e contro gli uomini. E intanto qualcuno continua a insinuare che non vale pregare, se poi il Padre è Sordo alle richieste dei figli che chiedono pane...
LUNEDI' 31 LUGLIO
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Dobbiamo riconoscere che il verbo condividere è uno dei più difficili da coniugare. Arriviamo facilmente ad affermare “questo pane è mio”, e perfino a riconoscere “questo è tuo”, ad ammettere “questo è suo”. Ma siamo restii a compiere l’ultimo passo, il più costoso, che ci porta a dire: “Questo è nostro”.
Due musulmani del Bangladesh hanno scritto una lettera ai “cristiani d’Occidente”, dove troviamo espressioni che hanno lo schiocco di una frustata che dovrebbe lasciare il segno sulla nostra pelle delicata e devota:
“Vi perdoniamo la vostra ricchezza e gli sprechi, e di averci rinnegati come fratelli, per non darci la nostra eredità nel mondo di Dio.
Vi perdoniamo tutto, ma non diteci di credere nel vostro Cristo: perché un Cristo che ha insegnato a un terzo degli uomini a mangiarsi il pane di tutti gli altri in questo piccolo mondo, non può certo essere Dio!”
Non so se qualcuno ha avuto l’umiltà di rispondere che la colpa non é del Maestro, ma degli scolari distratti e “tardi” a capire, prima ancora che a credere.