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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GIUGNO 1989

 

 

GIOVEDI'  1 GIUGNO 1989

“Quando pregate dite: Padre Nostro “. (Mt. 6,9)

 

Gli Apostoli impressionati dalla preghiera di Gesù erano andati da Lui per chiedergli di insegnare loro a pregare. E Gesù, dopo aver parlato loro del valore della preghiera (Mt. 5-8) insegna il Padre Nostro. Quante volte le nostre labbra hanno ripetuto questa preghiera! Se andiamo, ciascuno nella propria vita, alla ricerca di dove e quando ci è stata insegnata, ci vengono in mente, forse, le labbra della mamma, le suore del catechismo. Molti di noi, forse, legano questa preghiera ai ricordi remoti di certe confessioni, al termine delle quali il prete ci diceva: “Dica tre Padre Nostro”, una penitenza ragionevole per peccati abbastanza modesti. Oppure pensano a quel “Padre Nostro” finale “secondo le intenzioni del Sommo Pontefice’’ che dopo una certa pratica ci spalancava le porte dell’indulgenza plenaria. Ma il Padre Nostro è tutto qui? Il Padre Nostro è essenzialmente ed esclusivamente la preghiera dei “figli”. Figli che “riconoscono” di avere un Padre, si scoprono con gioia e libertà  dipendenti da Lui, e trattano con Lui nell’orazione gli “affari di famiglia”. Il Padre Nostro lo si può recitare in tutte le lingue della terra, lo si può usare in tutte le occasioni ma non ha senso se non si adotta il linguaggio dei figli, che non può venire imparato in nessuna scuola specializzata, ma solo essere suggerito dallo Spirito (cfr. Rm. 8,14—17).

 

 

VENERDI' 2  GIUGNO

“Quando pregate dite: Padre Nostro”. (Mt. 6,9)

 

Fin da bambini abbiamo imparato diverse preghiere: invochiamo Dio, la Madonna, i Santi, l’Angelo custode, ricordiamo i nostri morti, i malati... Ma la preghiera del Padre Nostro ha qualcosa di profondamente diverso dalle altre. Non nasce da un semplice desiderio di spiritualità di uomini che balbettano qualche parola ad una divinità più grande di loro, Il Padre Nostro ci è stato insegnato da Gesù, il Figlio di Dio. E’ una preghiera familiare. E’ facile scoprire in essa i volti della nostra famiglia: quello di Gesù, il Maestro e il fratello che ce l’ha insegnata, quello di un Dio che ci è Padre, il nostro, quello di figli e quindi di discepoli di Cristo, quello del fratello da accettare e perdonare e di cui occuparsi, e infine a faccia di un mondo “possibile”: un mondo disinquinato dall’egoismo e dall’ingiustizia, disinfestato dal male, liberato dal potere dell’avversario; un mondo “riconciliato”, reso fraterno dalla condivisione e dal perdono; un mondo più umano, una terra più abitabile, grazie all’apporto decisivo del cielo.

 

 

SABATO 3  GIUGNO

“Dite: Padre Nostro”. “Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”. (Mt. 6,8)

 

Quando Gesù ha insegnato ai suoi discepoli la preghiera del Padre Nostro non ha tanto voluto insegnare una formula di preghiera ma ha voluto insegnarci a pregare. Quando uno impara una preghiera non ha ancora imparato a pregare. Il Padre Nostro è una scuola di preghiera. Non è una serie di richieste. Dio non ha bisogno di essere informato puntigliosameNte su ciò che ti occorre. Semmai gradisce essere informato sulla tua fede-fiducia. Avere notizie sul tuo amore. Più che metterlo al corrente su tutti i tuoi guai più minuscoli e ragguagliarlo su tutti i tuoi desideri, devi manifestargli, nella preghiera, la tua confidenza filiale, il tuo sereno abbandono. Devi comunicargli la tua esigenza più profonda: che Lui si dimostri Padre. Aver fede, ancora una volta più che dare adesione ad una persona, significa essere sicuri che Lui “sa”.

                                                        

 

DOMENICA  4  GIUGNO

“Dite: Padre Nostro” “Uno dei discepoli gli disse: Insegnaci a pregare". (Lc. 11,1)

 

Tutti i grandi cristiani hanno proclamato il valore della preghiera. Il riformatore inglese George Whitefield si alzava al mattino alle quattro per pregare.

Martin Lutero, pioniere della riforma protestante, ricorreva alla preghiera per sapere come orientarsi nella vita. “Se non passo due ore in preghiera ogni mattina”, era solito dire, “il diavolo ha la meglio durante la giornata. Ho tanti affari da sbrigare che non riuscirei a cavarmela senza tre ore di preghiera ogni giorno”. Ma in realtà che significa pregare? Significa suggerire a Dio delle idee a cui non pensava? Certamente no! E nemmeno significa convincerlo a fare qualcosa che era incerto se fare o no. Siamo infatti noi che abbiamo bisogno di essere convinti a fare il bene. Nella preghiera ci occupiamo degli interessi di Dio. Nella preghiera abbiamo il privilegio di collaborare con Dio. La preghiera è indispensabile per il nostro sviluppo spirituale.

Diceva Michael Ramsey: “Se hai un amico intimo, cerchi di stargli insieme più che puoi. Non calcoli il tempo che passi con lui, ma puoi scambiare notizie, chiedere un favore, esprimere dispiaceri, ringraziare, scambiare opinioni, qualche volta parlando e ascoltando, qualche altra volta in silenzio. Stare con Dio con sentimenti di meraviglia è adorazione. Stare con Dio con sentimenti di riconoscenza è ringraziamento. Stare con Dio presentandogli le necessità degli altri è intercessione, Il segreto    sta nel cercare la presenza di Dio: “Signore, cercherò il tuo volto!".

 

 

LUNEDI' 5  GIUGNO

“Dite: Padre nostro” “Quando preghi, entra nella tua stanza...”. (Mt. 6,6)

 

Quando e dove pregare?

Ci sono tanti modi di pregare quanti sono coloro che pregano. Una cOsa è certa: non c’è un unico metodo di pregare che vada bene sempre per tutti. Come nelle nostre relazioni con gli amici, così anche in quelle con Dio è di regola la varietà. Forse che gli innamorati o gli amici del cuore si incontrano solo e sempre nello stesso luogo e alla stessa ora ogni giorno e parlano sempre delle stesse cose? Nemmeno per sogno! La varietà dà gusto alla preghiera. Qualche volta possiamo improvvisare le nostre preghiere, se le cose che vogliamo dire a Dio ci vengono spontanee sulle labbra. Qualche altra volta abbiamo bisogno di distillare le preghiere, scegliendo con cura e perfino scrivendo le parole che vogliamo dire. Qualche volta possiamo anche servirci di preghiere composte da altri, oppure trasformare in preghiera lo studio della Bibbia, servendOci dei Salmi o degli insegnamenti di Gesù o dell’Apostolo Paolo per ispirare e nutrire le nostre relazioni con Dio. Possiamo usare le preghiere dei libri di devozione, rifugiarci nel silenzio, e possiamo anche pregare cantando! Quanto alla posizione da adottare nella preghiera, dipende da noi. Possiamo sederci, inginocchiarci, camminare, correre o danzare. Qualunque cosa facciamo, dobbiamo avere il solo scopo di esprimere l’amore e le aspirazioni del nostro cuore per Dio e di essere aperti ai suoi piani di amore per la nostra vita.

 

 

MARTEDI' 6  GIUGNO

“Dite: Padre Nostro”. “Quando pregate non moltiplicate le parole come i pagani.. ’’.(Mt. 6,7)

 

Si racconta di un monaco, padre della Chiesa che, la sera, al tramonto del sole iniziava la sua preghiera. Mentre il sole calava diceva: “Padre Nostro”.

I monaci suoi confratelli lo ritrovavano al mattino ai sorgere del sole mentre stava dicendo le parole “liberaci dal male”. Il Padre Nostro non è una serie di parole ripetute o da ripetersi in cantilena. Il Padre Nostro non è neppure voler addomesticare la preghiera alle nostre esigenze. Proviamo, pensando al Padre Nostro, a pensare se qualche volta non lo abbiamo pregato più o meno cosi: Voglio che il mio nome sia noto, riverito, non bistrattato. Pretendo che i miei piani si realizzino tutti. Ho bisogno dell’aiuto del cielo perché sia sempre e comunque fatta la mia santissima e insindacabile volontà. Non deve mancare il “mio” pane, e va garantito anche per domani e oltre. Tengo nota, accuratamente, di tutti i debiti e i torti che gli altri hanno nei miei confronti. Mi impegno a resistere tenacemente alla tentazione di essere diverso, di migliorare la mia faccia. ... E che Dio mi liberi dallo star male”. Forse sorridiamo davanti a questa versione del Padre Nostro, ma se noi lo consideriamo solo una formula di preghiera, forse qualche volta lo abbiamo ridotto proprio così.

 

 

MERCOLEDI' 7  GIUGNO

“Dite: Padre Nostro”. “Se rimanete uniti a me, e le mie parole sono radicate in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato".

(Gv. 15,7)

 

Queste parole di Gesù sono una promessa quasi incredibile che ci trasporta in un mondo incantato dove ogni desiderio diventa realtà, purché lo si esprima nel nome di Gesù. Se però vogliamo studiare meglio l’insegnamento di Gesù, vediamo che “pregare in Cristo” non vuol dire affatto servirsi del suo nome come se fosse un talismano. Gesù dice che Lui è la vite e noi i tralci. Vite e tralci sono una sola pianta, crescono insieme, e il ceppo centrale dà linfa e vita ai rami affinché producano frutti. Dio Padre, poi è come un vignaiolo che si preoccupa di coltivare la sua vite, potando i rami secchi per ottenere uva migliore e più abbondante. Perciò, quando Gesù ci dice le parole che meditiamo oggi, Egli indica le condizioni della vera preghiera. La nostra vita deve inserirsi completamente in quella di Gesù, deve dipendere da Lui in ogni cosa. Spesso questa promessa di Gesù è stata capita male e usata peggio da cristiani che vogliono miracoli immediati ma che non hanno né tempo né voglia di “dimorare in Cristo” e di riprodurre nella loro vita i frutti della sua. La promessa di Gesù esprime il desiderio di Dio di vedere crescere in noi la vita di Gesù, ma ciò esige da parte nostra seri impegni e dolorose rinunce. Solo conformandoci totalmente alla volontà di Dio e trasformando quindi la nostra vita in conformità a quella di Cristo, riusciremo a volere ciò che vuole Dio. Solo allora vorremo che il suo Regno si diffonda, che tutti gli uomini ricevano il lieto messaggio di Gesù, e che la potenza e l’amore di Dio, la sua opera di guarigione e di pace si manifestino più chiaramente nella nostra vita, non per nostro vantaggio ma per la sua gloria. Naturalmente allora potremo chiedere tutto ciò che desideriamo, perché vorremo le stesse cose che Dio vuole.

                                             

 

GIOVEDI' 8  GIUGNO

“Dite: Padre Nostro”.

 

Ed ecco oggi alcune citazioni sulla preghiera: ognuno trovi la sua per maggiormente arricchire oggi il proprio rapporto con Dio.

 

 

VENERDI' 9  GIUGNO

“Quando pregate dite: Padre Nostro”. (Mt. 6,9)

 

Se vogliamo avere l’idea di Dio così come ce la presenta Gesù, dobbiamo disfarci di alcune immagini mentali che forse ci accompagnano da troppo tempo.

 

SABATO 10  GIUGNO

“Quando pregate dite: Padre Nostro”. (Mt. 6,9)

 

Anche molti popoli antichi hanno usato la parola Padre per indicare Dio. Presso gli indiani la parola Padre indica il cielo e la parola Madre la terra. Tra gli antichi greci Zeus era chiamato Padre. Nell’Antico Testamento per ben quattordici volte è usato in modo metaforico il nome di padre per indicare Dio. Gesù, invece, indica la paternità non più in senso metaforico ma reale. Egli usa un termine familiare: ABBA’ che vuol dire papà. Ma Gesù stesso dice: “Padre, il mondo non ti ha conosciuto” (Gv. 17,25). L’uomo si è fatto un’idea di Dio in base ai propri comportamenti. Voltaire ha detto una parola terribile: “Dio ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma l’uomo gli ha reso il contraccambio”. L’uomo è naturalmente idolatra. Si costruisce continuamente un Dio a sua immagine. Ognuno è tentato di pensare a un Dio lontano, vagamente scontento, indifferente, distratto, aschioso, brontolone. Poiché non abbiamo molto amore per Lui, pensiamo che Egli non possa averne molto per noi. La rivelazione ci dice che Dio non è come noi. Ma quando Dio si è rivelato, quando ha voluto mostrare veramente chi Egli era, si è rivelato amore, tenerezza, effusione di sé, infinita compiacenza in un altro, affetto, dipendenza. Dio si è rivelato obbediente, obbediente fino alla morte.

 

 

DOMENICA  11   GIUGNO

“Quando pregate dite: Padre Nostro”. (Mt. 6,9)

 

Che cosa significa essere Padre? Essere padre e un iniziativa d’amore. Essere padre è donarsi, è amare qualcuno prima che vi ami, quando non vi ama ancora, quando ancora non esiste. E’ amare qualcuno senza motivo, senza che egli abbia fatto nulla per voi. Quando si mette al mondo un bambino, quale assicurazione abbiamo che egli sarà buono, felice, generoso, riconoscente, amante, onesto? Una sola: l’amerò così tanto, soffrirò per lui pazientemente, gli perdonerò così sovente che arriverà un giorno che mi amerà come io lo amo. Dio ci ama così, fedelmente, con una pazienza infinita, poiché è infinitamente Padre. Dio può essere rinnegato, dimenticato, ma non può dimenticarci, rinnegarci. L’uomo può stare senza Dio; Dio non può stare senza l’uomo. L’uomo può cessare di essere figlio, ma Dio non può cessare di essere Padre.

 

 

LUNEDI' 12  GIUGNO

“Padre Nostro”. (Mt. 6,9)

 

Dio è lo sconosciuto, il misterioso, il “totalmente altro”. L’uomo si sforza di capire Dio. Studia. Riflette. Ma si trova ad essere piccolo. Mi sembra giunga a proposito questa riflessione di Alessandro Pronzato:

“A pensarci bene è una cosa stupefacente. Centinaia di migliaia di volumi su Dio. Dotti trattati per sviscerare il suo mistero. Dispute teologiche aggrovigliate. Elucubrazioni filosofiche, itinerari mistici, dottrine esoteriche. Prove, confutazioni, dimostrazioni, negazioni, definizioni, eresie. Se si entra in una biblioteca si rimane sconcertati, intimiditi. Si è colti da un senso di vertigini, perfino di scoraggiamento. Dunque, Dio è racchiuso là dentro? Per arrivare a Lui, è proprio necessario passare attraverso tutta quella carta polverosa? Per saperne qualcosa corre l’obbligo di consultare quelle pagine indigeste? Per fortuna, no. La strada della preghiera non passa attraverso una filza di libri poderosi. Dio non ti costringe ad una prolungata anticamera in una biblioteca, prima di dedicarti un po’ di attenzione. Se hai imparato a dire “Padre”, anzi “Abbà”, hai imparato tutto quello che c’era da sapere.

 

 

MARTEDI' 13  GIUGNO

“Padre Nostro” “Non chiamate nessuno Padre sulla terra, perché uno solo è il  Padre  vostro, quello del cielo”.(Mt. 23,9)

 

Gesù per farci scoprire la verità profonda di Dio, ci suggerisce l’immagine familiare del Padre. Tuttavia non si tratta di partire dall’esperienza della paternità umana per arrivare alla paternità divina, Il cammino è proprio quello inverso, I nostri padri di quaggiù sono un pallido riflesso (quando lo sono) della paternità divina ma è questa che sta all’origine. Noi spesso usiamo anche il nome di padre per regalare paternità “abusive”. E ciò spiega anche perché sovente ci fabbrichiamo una immagine sbagliata e distorta di Dio. A furia di distribuire superficialmente certificati di paternità, finiamo per imprestare a Dio i lineamenti deformati di coloro che ne usurpano il nome. Quando si parte dalla caricatura, non si arriva all’immagine autentica, ma si finisce per non riconoscerla più, perché deturpata, oscurata, guastata irrimediabilmente dalle copie infedeli. Allorché si è conosciuto l’originale, si possono anche sopportare le copie (ossia le cattive imitazioni). Comunque, non risultano pericolose. La stoltezza imperdonabile consiste nel pretendere di “ricostruire” l’originale.... imitando la copia non conforme.

 

 

MERCOLEDI' 14  GIUGNO

“Padre Nostro” “Abbà, Padre! Tutto ti è possibile, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio ma ciò che vuoi Tu”. (Mc. 14,36)

 

Gesù usa la parola Padre nella drammatica preghiera del Getzemani. E ciò dovrebbe immunizzarci dal pericolo di usare questa preghiera con un dolciastro intimismo.

“Abbà” non è la formula magica che ci dispensa dall’angoscia, dal dubbio, dal gelo paralizzante, dalla solitudine più amara.

“Abbà” non ci garantisce che tutto va bene, che ogni cosa procede nella direzione dei nostri desideri.

“Abbà” vuol esprimere che ci fidiamo. Anche delle cose che non comprendiamo e degli avvenimenti indecifrabili e delle vicende assurde.

“Abbà” è resistenza e resa allo stesso tempo (resistenza allo sconforto, e resa all’amore). Più che un sospiro,

“Abbà” è un grido. Di una persona ferita e guarita insieme. Pacificata nella lotta. Vittoriosa nella disfatta. Rasserenata in mezzo alla bufera. Che scopre una presenza attraverso l’assenza. No, non mi sento rassicurato quando invoco.

“Abbà”. Ma mi ritrovo capace di vivere nell’insicurezza, nel provvisorio, aggrappato a quel nome...

 

 

GIOVEDI' 15  GIUGNO

“Padre Nostro” “E il figlio gli disse: Padre ho peccato contro di te”. (Lc. 15,21)

 

Padre, anche noi come il figliol prodigo, prima di rientrare a casa e di ricevere il tuo abbraccio, vogliamo fare una confessione liberatrice. Siamo i tuoi figli, ma un po’ troppo complicati. Il nostro divertimento preferito è quello di ingarbugliare le cose semplici, esasperare, drammatizzare le vicende più normali. Inquieti, angosciati, molesti, ronziamo come i mosconi rumorosi e fastidiosi alla periferia delle cose, senza mai affrontare il problema di fondo. Diamo a vedere di sapere tante cose. Ma diamo anche a vedere di non sapere veramente che cosa vogliamo.

Padre, aiutaci a scoprire la semplicità. Siamo tuoi figli ma un po’ troppo seri, accigliati, cupi, dal sorriso difficile. Uno stile da... condannati a vivere. Siamo troppo presi dalla improbabile parte di salvatori del mondo.

Padre, fa che non ci prendiamo troppo sul serio. Rendici consapevoli che Tu, Padre, gradisci dei figli gioiosi, distesi, sereni, amanti della vita, disponibili al lavoro, ma che non abbiano disimparato a giocare. Insegnaci la risata liberatrice, quella che scrolla dalle nostre spalle la pesantezza che ci impedisce di scorgere il tuo volto di Padre. Padre, siamo tuoi figli ma un po’ troppo primi della classe, malati di perfezionismo, ostinati a dimostrare la propria superiorità sugli altri. Piuttosto abili a scoprire le colpe altrui, ma riluttanti ad ammettere le proprie malefatte.

Padre, rassicuraci che Tu non ti vergogni di avere dei figli capaci di combinare guai in serie. Mettici dentro il sospetto che Tu non ci attendi sulla via della perfezione come intendiamo noi, ma sulla strada della conversione.

Padre, facci capire che non basta osare dire “Abbà...” occorre osare essere figli non sprovvisti di coraggio e fantasia.

 

 

VENERDI' 16  GIUGNO

“Padre nostro” “E che voi siate figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida “Abbà, Padre”. (Gal 4,6)

 

Dire “Padre” ci fa riconoscere che noi siamo figli, e figli suoi riscopriamo allora anche la nostra vera dignità. Il che significa  la possibilità, anzi il dovere di camminare a testa alta. Troppi individui nella nostra società si rivelano ossessionati dal desiderio di far carriera. E cominciamo a salire gradino dopo gradino, a prezzo di sacrifici inenarrabili, compromessi inconfessabili, e la coscienza costretta a sempre più vergognosi cedimenti, per arrivare più in su, lungo quella scala posticcia. Non sono pochi coloro che si rassegnano a strisciare vergognosamente pur di dare la scalata a una posizione. E non si esita a rifilare gomitate e a scalciare in direzione dei concorrenti. Il cristiano non ha proprio bisogno di partecipare a questa ridicola competizione. Lui, al momento della nascita, non comincia a salire. Per il semplice motivo che col battesimo raggiunge subito il vertice della carriera, acquista immediatamente il titolo insuperabile: figlio di Dio. Quando uno è “riconosciuto”, adottato da quel Padre, non ha più bisogno di altri riconoscimenti umani. Onori e titoli risultano riduttivi, derisori, rispetto alla dignità di chi sa di essere “figlio”.

 

 

SABATO 17   GIUGNO

“Padre Nostro” “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. (Gv. 14,9)

 

Chiamare Dio padre significa riconoscerci figli e quindi il primo nostro dovere è di essere dei figli buoni. Abbiamo un esempio da imitare, Gesù. Se vogliamo imparare come si fa a essere figli e comportarci di conseguenza, è necessario che guardiamo a quel modello insostituibile; dobbiamo imprimerci nella memoria e nella vita i gesti, gli atteggiamenti, la mentalità, le scelte, le azioni di Gesù. In modo particolare dobbiamo seguire il Cristo sulla strada della croce: non è possibile arrivare al Padre evitando il calvario. Gesù poi ci insegna la strada dell’amore. Il segno che ci distingue in quanto figlio non è il nome scritto nel registro del Battesimo, ma l’amore manifestato nei fatti. il Padre più che pretendere figli intelligenti,si gloria di figli che imparano ad amare. Cristo dichiara che la sua è una vita offerta e noi abbiamo il dovere di imitarlo. Paul Claudel diceva: “Che valore ha la vita se non per donarla?” I figli dimostrano di aver capito il valore della vita soltanto quando, imitando il fratello Gesù mettono la loro vita a disposizione degli altri.

 

 

DOMENICA  18  GIUGNO

“Padre Nostro” “Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste”. (Mt. 5,48)

 

Questa frase mi è sempre sembrata una esagerazione. E’ impossibile per noi imitare il Padre! Ma questa frase impossibile ci fa capire che l’essere figli non è un fatto acquisito una volta per sempre. E’ un titolo che viene guadagnato cercando di rassomigliare al Padre nella sua generosità verso tutti, compresi i nemici. “Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt. 5,44—45). Il Padre ci riconosce come figli allorché sul nostro volto, nelle nostre azioni, appaiono i tratti caratteristici della sua bontà infinita. Il Padre ci riconosce se la nostra condotta presenta i sintomi della malattia ereditaria da cui nessun membro della famiglia può ritenersi immune: un amore folle, senza confini. Essere figli è una cosa stupenda, ma anche una grossa fatica, un impegno interminabile. Inutile cullarci in facili illusioni. Il Padre non ci perde di vista solo se gli lanciamo regolari segnali di presenza sulla strada ardua, impossibile della “rassomiglianza ...

                                                                                                                                                                                                                                    

 

LUNEDI' 19  GIUGNO

“Padre Nostro” “Guardate gli  uccelli del cielo... Il  Padre vostro li   nutre”. (Mt. 7,26)

 

Abbiamo dunque un Padre che è nostro, un Padre che ci appartiene e al quale apparteniamo. Dio è Padre di tutti. Ogni uomo perciò è uguale davanti a Lui. Anzi, Dio predilige i poveri, i deboli, i malati, gli emarginati (rileggiamo le beatitudini). Quindi non rimane indifferente di fronte alle nostre necessità. Gesù ha detto: “il Padre vostro si preoccupa di sfamare gli uccelli del cielo e di vestire i fiori dei campi. Maggiormente si occuperà di voi che valete molto più di queste piccole creature. Perché allora spesso sembra che Dio non ci ascolti, non ci aiuti, non ci conforti? La risposta è solo questa: noi non riponiamo in Lui una fiducia assoluta. Scopriremo la provvidenza del Padre in rapporto al nostro abbandono in Lui. Dio è fedele nel suo amore e nelle sue promesse.

 

 

MARTEDI' 20  GIUGNO

“Padre Nostro”

 

Terminiamo le nostre riflessioni sulla parola “Padre” con due preghiere. La prima di Enrico Masseroni, la seconda molto bella e conosciuta di Charles de Foucauld.

“Dio della vita e dell’amore, Tu, nel Figlio, ci hai svelato il tuo volto e ci fai provare la gioia della tua vicinanza. Nel tuo Spirito gridiamo il tuo nome e avvertiamo il confidente anelito di darti del Tu. Nel tuo amore sentiamo la voce e il cuore degli uomini estranei divenire fratelli, come noi chiamati alla gioiosa esperienza di una filialità nuova; perché tutti, nessuno escluso, sono “tuoi”. Il tuo nome, Padre, sia la parola più vera nella dolce fatica della fede, e l’ultima, sulla nostra bocca, prima di chiamarti così nella casa della tua luce.” “Padre mio, io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Qualunque cosa Tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le creature. Non desidero altro, Dio mio. Rimetto l’anima mia nelle tue mani; te la dono, Dio mio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me un’esigenza d’amore il darmi, il rimettermi nelle tue mani, senza misura, con una confidenza infinita, perché Tu sei il Padre mio.”

 

 

MERCOLEDI' 21  GIUGNO

“Padre Nostro”

 

Colpisce il fatto del plurale. Gesù non insegna una preghiera intimistica. La preghiera che Gesù insegna, la preghiera filiale, deve essere necessariamente fraterna. Per essere figli bisogna essere fratelli. Guardiamo a Dio: in Dio vi sono tre persone che si amano. Dio è una comunità di persone. Ora, gli uomini sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, quindi l’uomo non può mai essere da solo. I pagani si convertivano vedendo il comportamento dei primi cristiani e la più grande testimonianza che questi davano era l’amore vicendevole: “Guardate come si amano!”. E’ per questo che anche la nostra preghiera non deve mai essere un gesto disincarnato dalla vita e dalla comunione con i fratelli. Anche il monaco o la suora di clausura se si ritirano in un convento esclusivamente per “essere soli con Dio”, sono ancora dei pagani. Ricordiamo le parole della prima lettera di Giovanni (4,20): “Colui che dice di amare Dio che non vede e non ama il proprio fratello che vede è un bugiardo”. Anche quando preghiamo il Padre Nostro da soli, se non vogliamo vanificare questa preghiera, dobbiamo aver sempre uno sguardo d’amore per Dio e il cuore aperto a tutti gli uomini.

 

 

GIOVEDI' 22  GIUGNO

“Padre Nostro” “Dov’è Abele, tuo fratello?” (Gn. 4,9)

 

Questo racconto di Caino interrogato da Dio su suo fratello Abele e la risposta di Caino: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”, ci danno ancor meglio il significato di quel “nostro”. Ciascuno di noi, lo gradisca o meno, viene inchiodato da quella domanda, non può sfuggire quell’interrogatorio: “Dov’è tuo fratello?”. Se non sappiamo dove sta il nostro fratello, se ci rifiutiamo di dar conto di lui, se non vogliamo “rispondere” di lui, è certo che non sapremo mai dove sta il Padre. Non si arriva a Dio isolandoci dal fratello, staccandoci da lui. Rifiutare la comunione con gli altri, significa separarsi dalla comunione col Padre. Dio non si fa trovare da chi non si fa trovare dal fratello. Dio non risponde a chi non risponde del fratello.

 

 

VENERDI' 23  GIUGNO

“Padre Nostro” “Vi sono diversità di doni, ma uno solo è lo Spirito". (1Cor. 12,4)

“Ora voi siete il Corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”.(1 Cor. 12,27)

 

Si arriva a Dio insieme, tenendoci per mano. Ma recando ciascuno le proprie particolarità, la propria unicità, le proprie differenze. Ecco perché il Padre Nostro trova la sua collocazione più naturale nella celebrazione eucaristica, ossia quando comunichiamo con Dio e facciamo comunione tra di noi. Allora manifestiamo che, percor­rendo strade diverse, essendo portatori di valori diversi, senza rinunciare al proprio nome e al proprio volto “unico”, ci dirigiamo verso la stessa meta. Dichiariamo che le divergenze di idee, di mentalità, di opinioni, di scelte, non ci impediscono di essere concordi. lo amo veramente il fratello quando gli riconosco il diritto di essere diverso da me. lo accolgo l’altro solo quando sono contento che sia se stesso, e non come lo vorrei io. Vivo lo spirito di famiglia unicamente se mi trovo a mio agio nella varietà, se rispetto la diversità se godo per le “dissomiglianze”.

 

 

SABATO 24  GIUGNO

“Che sei nei cieli”

 

Parlare solo di cieli può generare degli inganni. Qualcuno pensa che Dio c’è ma Lui è là e io sono qua, qualcun altro pensa solo ad un Dio che guarda dall’alto con il suo libro su cui scrive le nostre cose buone e cattive. Ecco alcune definizioni del Dio di molti, secondo Louis Evely:

“Per molti, Dio è il Dio farmacia (la borsa di pronto soccorso con i rimedi di urgenza!) o il Dio paracadute (da aprirsi all’ultimo momento; si spera molto di non dover giungere a quel punto) o anche un Dio estintore (“in caso di incendio, rompete il vetro”; dopo la disgrazia lo si rimette al suo posto, cori un buon vetro nuovo). Infine Dio ci è molto utile, a volte, come un utensile, per le pompe funebri. Al funerale, ad un tratto, tutti parlano di Dio, del cielo... “pregherò per voi”, “sta bene lassù”, “il buon Dio l’ha ripreso”. Viene fuori di tutto. Un’ora dopo, lo si sa bene, si mettono del tutto da parte queste lugubri idee.” Sono questi tutti tentativi di accaparrarci Dio e certamente non ci aiutano a capire il Dio di Gesù che è il “totalmente diverso” ma anche la pienezza della paternità.

 

 

DOMENICA  25  GIUGNO

“Che sei nei cieli ’’ “Dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute, con la sua eterna potenza e divinità”. (Rm. 1,20)

 

Parlando di cieli ci viene in mente il Dio creatore. La paternità e la onnipotenza di Dio si manifestano nella creazione. Tutte le creature, compreso l’uomo, sono uscite “buone” dalle sue mani. Attraverso le creature possiamo intuire la bontà, la bellezza, la provvidenza di Dio. li creato ci rivela il Creatore, Il creato è, in qualche modo, Parola di Dio. Gesù stesso ci invita a contemplare la spensieratezza dei passerotti e l’eleganza dei gigli perché vi scorgiamo la provvidenza del Padre che nutre i primi e veste i secondi. La nostra vita, dunque non è affidata al caso. Noi valiamo più dei passerotti e dei gigli. Anche nella sofferenza Dio ci è sempre vicino. Ogni creatura, anche la più piccola, sta nelle mani di Dio come se fosse la sua unica preoccupazione.

 

 

LUNEDI' 26  GIUGNO

“Che sei nei cieli”

 

“Che sei nei cieli” non è certo una indicazione di luogo. i primi astronauti russi al ritorno dopo aver orbitato intorno alla terra dicevano: “Siamo stati nei cieli ma di Dio neanche l’ombra”. Peccato che guardando le meraviglie dei cielo e quelle della terra non abbiano visto anche aldilà di esse colui che le ha create. L’espressione vuoi dire che Dio è l’Altissimo ma vicino. Altrove, ma non estraneo. Non si lascia “afferrare” da noi, né possiamo illuderci di “tenerlo”, di disporne a piacimento. Ma è presente. Attraverso il suo amore di Padre è prossimo agli uomini. Li accompagna nel loro cammino terrestre. Noi abbiamo difficoltà a comprendere cosa significhi esattamente l’espressione “nei cieli”, in compenso, siamo certi che Lui sa dove e come ci troviamo, sa che noi siamo sulla terra, ci dibattiamo in un garbuglio di problemi, imprevisti, speranze, delusioni, stanchezze, slanci, smarrimenti, e quindi è il Dio—con—noi, il    Dio—per—noi insomma, Colui—che—c’è, sul quale sempre possiamo contare. Una grande mistica, Santa Teresa d’Avila diceva cosi: “Dove c’è Dio, li è il cielo. San Agostino dice di aver cercato Dio in molti luoghi e di averlo infine ritrovato dentro di sé. Vi pare che importi poco, ad una persona, comprendere questa verità e sapere che per parlare col suo Eterno Padre non ha bisogna di salire in cielo, che per godere della sua compagnia non è costretta ad alzare la voce pregando perché, per quanto sommessamente parli, Egli la udrà, che per raggiungerlo non le occorrono le ali? Per trovare Dio basta ritirarsi nel raccoglimento, contemplano dentro se stessi e non estraniarsi da un ospite così buono; basta parlargli con umiltà come a un padre, rivolgergli le nostre preghiere come a un padre, goderne la compagnia come di una persona che veramente amiamo con tutta l’anima. E’ essenziale tener ben scolpita in mente questa verità: il Signore sta dentro di noi. E’ nel nostro intimo che dobbiamo tenergli compagnia.”

 

 

MARTEDI' 27  GIUGNO

“Che sei nei cieli”

 

Ho trovato in un brano di Pronzato questa riflessione e questi esempi che condivido e che trascrivo anche per voi:

“Padre, devo dirti una cosa. Non so se sbaglio. Ma non mi convincono certi esseri spirituali, che si dichiarano frequentatori del tuo cielo, assumono pose misticheggianti, si assentano dalla terra e relativi ruvidi impegni, per dedicarsi a pratiche vaporose, scomparendo alla vista e diventando evanescenti soprattutto quando c’è da piegare la schiena e sporcarsi le mani e aprire gli  occhi sulle miserie di quaggiù. Ritengo ci sia un colossale equivoco: quelli non frequentano il cielo, ma le nuvole, che è tutt’altra cosa. io, se permetti, Padre, non mi fido di costoro, soprattutto quando si atteggiano a maestri sussiegosi nelle vie dello spirito. Mi viene in mente una storiella divertente, ambientata al tempo dei Padri del deserto.

Un giovane monaco egiziano, che si era illuso di passare alle ali trascurando la funzione dei piedi, mentre era immerso in contemplazione nell’aspro deserto di Nitria, venne abbordato da un viandante sbandato: Per favore, pio giovane, mi puoi indicare la strada per arrivare ad Alessandria? Mi sono smarrito. No — rispose brusco il ... quasi alato. — Non conosco la strada per Alessandria, se è per questo che mi hai disturbato. [n compenso, potrei insegnarti la strada per arrivare in cielo. E come posso fidarmi, per la direzione del cielo, di uno che non sa neppure la strada per Alessandria? — ribatté perentoriamente il viaggiatore. Mio padre, quando ero fanciullo e pretendevo un paio di scarpe nuove, dovendo fare i conti con un portafoglio sottile, esaminava quelle vecchie che indossavo. Quindi, con un tono che non ammetteva repliche né capricci mi ingiungeva: Prima, devi consumare queste. Soltanto allora vedremo di procurartene due nuove. Ho l’impressione che tu, Padre che sei nei cieli, mi dica qualcosa del genere: Prima di aver diritto alle ali, vedi di consumare a dovere i piedi sui sassi di questa terra. Non mi fido di ospitare lassù chi si rivela incapace di camminare quaggiù. Nell’alto dei cieli non soffrono di vertigini solo quelli che hanno imparato a stare in piedi come si deve “nel basso dei cieli

 

 

MERCOLEDI' 28  GIUGNO

“Sia santificato il tuo nome”

 

Il nome è molto importante, si identifica con la persona. Quando Adamo diede un nome a tutte le cose, ne dichiarava l’intima natura proprio per mezzo di esso. Ma poiché Dio è l’infinito, l’ineffabile, il totalmente altro, è chiaro che non può essere indicato con alcun nome. Nel Padre Nostro noi lo preghiamo di indicarci sempre, chiaramente la santità del suo nome per poterlo lodare. in altre parole gli chiediamo di manifestarsi nella sua pura bellezza, nella sua maestà, nella sua infinitezza. E’ la preghiera del salmista che cantava con profonda nostalgia: “ il tuo volto, Signore, io cerco — non nascondermi il tuo volto”. Per San Francesco d’Assisi era come se tutte le cose fossero trasparenti, perché tutto gli faceva scorgere il volto di Dio, lo portava a Lui, lo faceva innamorare di Lui: sole e luna, vento e pioggia, carità e morte. Nella preghiera di Gesù noi chiediamo al Padre che si riveli nella parola della Chiesa, negli avvenimenti della storia, nella nostra stessa vita di ogni giorno. Perché tutto sia lode di Lui, fino al giorno in cui canteremo la santità del suo Nome, insieme con gli angeli.

 

 

GIOVEDI' 29  GIUGNO

“Sia santificato il tuo nome”

 

Gesù mette al primo posto l’esigenza che il nome di Dio sia santificato da tutti gli uomini. Perché è tanto importante questa richiesta? Il nome di Dio è Dio stesso. Santificare il suo nome significa proclamare che Egli è buono e santo e merita lode, adorazione, ringraziamento. Considerando il male e il dolore presenti nel mondo, è difficile immaginare un Dio buono e santo. Ma il. male non l’ha inventato Dio. Il male esiste proprio perché gli uomini rifiutano Dio. Ed Egli non può opporsi alla malvagità dell’uomo perché l’ha creato libero. Dio però ha voluto condividere la nostra stessa sofferenza. Incarnandosi in Gesù si è fatto solidale con noi. Dio stesso è la prima vittima del male che l’uomo, con il peccato, ha introdotto nel mondo. Chi crede in Gesù continuerà a patire, però sa che la croce non è il destino finale dell’uomo. Sa che ogni lacrima sarà asciugata, ogni ingiustizia riparata. Gesù è risorto proprio per garantirci che alla fine il bene trionferà.

 

 

VENERDI' 30  GIUGNO

“Sia santificato il tuo nome”

 

Questa richiesta del Padre Nostro ci invita alla preghiera della lode. Si può lodare Dio in molti modi diversi: partendo dalla contemplazione, con riconoscenza per i suoi doni, lodandolo attraverso le sue creature, San Francesco fu un uomo semplice che nell’umiltà fece della sua vita una lode perenne. Chi non ricorda il suo cantico delle creature? Voglio però oggi proporvi una preghiera di San Francesco, forse meno conosciuta, ma che può diventare anche per noi lode al Signore:

 

Tu sei santo, Signore Dio, il solo che operi meraviglie.

Tu sei forte. Sei grande. Sei Altissimo. Tu sei onnipotente, Padre Santo, Re del cielo e della terra.

Tu sei uno e trino, Signore Iddio, ogni bene.

Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero.

Tu sei carità, amore. Tu sei sapienza.

Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei sicurezza.

Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei sufficiente ricchezza. Tu sei bellezza.

Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore. Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede.

Tu sei la nostra grande dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande, ammirabile.

Signore, Dio onnipotente, pio, misericordioso, Salvatore.

     
     
 

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